flesoconti Parlamentari 589 — Assemblea Regionale Siciliana Vili Legislatura CCCIX SEDUTA 27 Marzo 1979 CCCIX SEDUTA (Antimeridiana) martedì 27 MARZO 1979 Presidenza del Presidente DE PASQUALE indi del Vice Presidente D’ALIA indi del Vice Presidente PINO INDICE Commemorasdone dell’onorevole Domenico Cuf- faro: PRESIDENTE ........................................................... Discussione sulle dichiarazioni del Presidente regionale (Seguito) : Pag. 589, 590 PRESIDENTE PULLARA . CAGNES fede amata ^ ................................................. 590, 615 . 590, 591, 592, 593, 594 594, 595,596, 597. 598, 599, 600, 601, 602 . 602, 603, 604, 605, 606, 607 607, 608,609, 610, 611, 612, 613, 614, 615 (*) Intervento corretto dall’oratore. La seduta è aperta alle ore 10,20. ' messana , segretario ff., dà lettura del Pi'ocesso verbale della seduta precedente, che, sorgendo osservazioni, s’intende appro- :.vato. ri ! *'”*®Kiemorazione dell’onorevole Domenico Cuf» taro. ; Onorevoli colleghi, il gior- 'ti questo ■ rhese è morto a Trieste I ^ enico Cuffaro. ® stato deputato regionale nelle prime due legislature della Assemblea regionale ed aveva legato il suo nome ad una tra le piu provvide e lungimiranti leggi della no- stra Regione. Cuffaro era nato a Cianciana da famiglia di lavoratori ed alla causa dell’ emancipazione civile e sociale di questi egli ha dedicato tutta la sua esistenza, fin dalla giovinezza. A quasi venticinque anni subisce una con- danna a sette anni di reclusione per avere svolto propaganda antimilitarista contro l’in- tervento deiritalia nella prima guerra mon- diale. Cuffaro era andato esponendo allora, con la passione con la quale ha vissuto tutto il suo impegno di militante e di dirigente del movimento popolare, le ragioni antioperaie ed antimeridionaliste delTentrata in guerra del nostro Paese. Venne posto in libertà due armi dopo a seguito di una amnistia ma il periodo di tempo trascorso in carcere fu vissuto da lui per approfondire le ragioni ideali della sua scelta di militante e per verificare inte- riormente la sua tensione rispetto ai sacri- fici che questa scelta comportava. La sua coscienza ne fu irrobustita e subito egli si gettò freneticamente nella organizzazione at- tiva del movimento operaio. A Cianciana fonda la sezione socialista e dirige iniziative sindacali che portarono gli zolfatari aH’occnpazione delle miniere. La sua generosità nell’impegno politico e sinda- cale lo espone a pericoli gravi per la sua vita tant’è che, ripetutamente minacciato dalla mafia che difendeva gli interessi di latifondisti locali, deve riparare prima a Pa- ne, ’soconti, f. 84 (500)
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flesoconti P arlam entari 589 — A ssem blea R egionale Siciliana
Vili Legislatura CCCIX SEDUTA 27 Marzo 1979
C C C I X S E D U T A(Antimeridiana)
m a r t e d ì 27 M A R Z O 1979
Presidenza del Presidente DE PASQUALE indi
del Vice Presidente D’ALIA indi
del Vice Presidente PINO
I N D I C E
Commemorasdone dell’onorevole Dom enico Cuf- faro:
P R E S ID E N T E ...........................................................
Discussione sulle d ichiarazion i del Presiden te regionale (Seguito) :
; Onorevoli colleghi, il gior-'ti questo ■ rhese è morto a Trieste
I enico Cuffaro.® stato deputato regionale nelle prime
due legislature della Assemblea regionale ed aveva legato il suo nome ad una tra le piu provvide e lungimiranti leggi della nostra Regione. Cuffaro era nato a Cianciana da famiglia di lavoratori ed alla causa dell’ emancipazione civile e sociale di questi egli ha dedicato tutta la sua esistenza, fin dalla giovinezza.
A quasi venticinque anni subisce una condanna a sette anni di reclusione per avere svolto propaganda antimilitarista contro l ’intervento deiritalia nella prima guerra mondiale. Cuffaro era andato esponendo allora, con la passione con la quale ha vissuto tutto il suo impegno di militante e di dirigente del movimento popolare, le ragioni antioperaie ed antimeridionaliste delTentrata in guerra del nostro Paese.
Venne posto in libertà due armi dopo a seguito di una amnistia ma il periodo di tempo trascorso in carcere fu vissuto da lui per approfondire le ragioni ideali della sua scelta di militante e per verificare interiormente la sua tensione rispetto ai sacrifici che questa scelta comportava. La sua coscienza ne fu irrobustita e subito egli si gettò freneticamente nella organizzazione attiva del movimento operaio.
A Cianciana fonda la sezione socialista e dirige iniziative sindacali che portarono gli zolfatari aH’occnpazione delle miniere. La sua generosità nell’impegno politico e sindacale lo espone a pericoli gravi per la sua vita tant’è che, ripetutamente minacciato dalla mafia che difendeva gli interessi di latifondisti locali, deve riparare prima a Pa
ne,’soconti, f. 84 (500)
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lermo e poi a Torino dove partecipa, negli anni tristi della terribile crisi economica che il conflitto aveva determinato, all’occupazione delle fabbriche.
Nel 1921, dopo il Congresso di Livorno, aderisce al Partito comunista e ritorna in Sicilia dove ha avuto parte decisiva nella fondazione del partito e del sindacato ad Agrigento ed in provincia fino all’awento del fascismo quando, per sfuggire alTarresto, è costretto alla latitanza.
E tuttavia, malgrado ciò, il suo impegno non si affievolisce, anzi è moltiplicato dalla consapevolezza che, nelle condizioni di clandestinità nelle quali il partito è ormai costretto ad operare, ogni militante dev’essere allo stesso tempo individuo ed organizzazione; deve, cioè, farsi carico quanto più possibile di problemi che in tempi ordinari investono la responsabilità e la capacità di risposta di un intero apparato.
Per Cuffaro, eletto segretario della federazione del Partito comunista italiano di Agrigento poco prima della sua chiusura ad opera del fascismo, iniziano lunghi anni di sacrifici. La commovente dedizione alla sua scelta di vita lo conduce a girovagare di città in città, di paese in paese, tra i contadini e gli artigiani nei quali teneva desti gli ideali che animavano la sua fede di militante del movimento operaio. Per vivere raccoglieva commissioni per conto di rappresentanti di fabbriche di tessuti tra le botteghe dei sarti.
Caduto il fascismo e finita la guerra, è prima segretario della Camera del lavoro di Agrigento, poi, subentrando all’onorevole Cesare Sessa, è deputato della nostra Assemblea. Viene rieletto nella seconda legislatura, durante la quale svolge un’intensa attività in favore dei vecchi lavoratori privi di assistenza di qualsiasi tipo.
Egli condusse una memorabile battaglia perché l ’Assemblea approvasse una legge capace di assicurare ai vecchi lavoratori un sussidio per vivere. Fu quella un’occasione di riprova delle capacità di intuizione politica e di lungimiranza che contraddistinsero l ’intensa attività di Domenico Cuffaro. Sebbene sostenuto dal suo gruppo, egli si ritrovò solo a fare la sua battaglia.
Oltre venti anni dopo, sulla base di una corretta lettura della Carta costituzionale, che sancisce l’assistenza come diritto del
cittadino, anche lo Stato ha introdotto nel suo ordinamento giuridico un provvedimento analogo a quello che era stato adottato in Sicilia sulla scorta della lucida intuizione di Domenico Cuffaro.
A Trieste, dove egli si era trasferito, ha proseguito, quasi fino alla morte, nella sua infaticabile attività, con la stessa tensione degli anni giovanili, con accresciuta carica di energie morali e civili e con un costante attaccamento alla nostra Assemblea. Ricordo agii onorevoli colleghi che fu presente anche in quest’Aula in occasione della celebrazione del trentennale dell’Autonomia siciliana.
La Presidenza, certa di interpretare i sentimenti dell’intera Assemblea regionale siciliana, esprime al figlio di Domenico Cuffaro, deputato al Parlamento e segretario regionale del Partito comunista italiano del Friuli - Venezia Giulia, ai parenti, al Partito comunista, il più profondo cordoglio per la morte di un tale nobile e generoso dirigente del movimento popolare siciliano.
Seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente regionale.
PRESIDENTE. Si passa al punto secondo delTordine del giorno: Seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente regionale.
PULLARA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PULLARA. Onorevole Presidente, onorevoli colleglli, la crisi politica apertasi a' cuni giorni fa per iniziativa del comunista italiano, la quale ha interro quel processo autonomo di rapporti portato avanti in questi ultimi anni classe politica dirigente siciliana, non sen , fatica ed anche con costi pagati da tuw partiti, ivi compreso il Partito comunis ; processo che ha raggiunto, in forma anticipatrice rispetto ad altri modelli, ris ^ tati significativi sul piano politico' e su lo dei contenuti, si è risolta in una^co nuazione dell’attività di governo che, V avendo come caposaldo il programma yes dato a suo tempo da tutti i partiti deldella solidarietà democratica, prosegue il suo
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iter per evitare brusche interruzioni del cammino avviato da alcuni mesi e che deve continuare neH’interesse precipuo dell’eco- nomia delle nostre popolazioni.
Ieri sera abbiamo ascoltato le dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione che ha voluto, come era giusto, celebrare un rito ripetendo in sostanza, con aggiornamenti, i concetti di una dichiarazione programmatica di grande valore politico e tecnico resa in quest’Aula alcuni mesi fa.
Le dichiarazioni programmatiche di ieri sera contengono, aggiornati, alcuni dati che evidenziano maggiormente la drammatica situazione in cui si trova reconomia siciliana; in esse si fa inoltre un consuntivo dell’opera svolta da questo Governo e per buona parte da questa maggioranza, in cui è stato determinante l ’apporto del Partito comunista italiano, e ci si ripromette di continuare 1’ azione governativa iniziata alcuni mesi fa con una « politica » dallo stesso Presidente Mattarella definita « del confronto e della continuità », evitando in cjuesto modo « la politica dello scontro ».
I problemi che ci stanno innanzi sono È grande rilevanza politica ed un’interru- àone od un vuoto di potere avrebbe creato in Sicilia danni incalcolabili. In relazione a ciò non ■ si possono mettere sullo stesso piano, per esempio, la pubblicazione delle norme per la sanatoria dell’abusivismo, impugnate purtroppo dal Commissario dello tato, e la legge di riforma amministrativa olla Regione che il Presidente della Re
sone si è ripromesso (ribadendo il concetto ondamentale della prosecuzione dell’azione politica e governativa) di portare avanti al
presto, prevedendo cosi Papplicazione di ino dei dettati costituzionali del nostro Sta-
fissa l ’abolizione delle province in
1 repubblicani rilevano, inoltre, come in osto momento particolarmente travagliato
fisi Paese e della Regione assu- particolare significato politico la ricon-
Polh' if ''volontà del Governo e delle forze , iche di volere procedere aH’attuazione
® riforma amministrativa.Noi
altr repubblicani non ci nascondiamo d’Iti alcune preoccupazioni, soprattutto
liti y^lutazione della tenuta del quadro rapporto agli avvenimenti politici
aali che condurranno fatalmente allo
scioglimento delle Camere; in tal senso uno scontro delle posizioni politiche potrebbe acuire anziché avvicinare i rapporti politici fino ad oggi maturati in quest’Aula.
La classe dirigente siciliana ha dimostrato in questi anni di avere saputo costruire autonomamente rapporti politici nuovi nell’ambito della Regione siciliana, che hanno portato successivamente a soluzioni politiche che non trovavano riscontro, né nei tempi né nei modi, in altre portate avanti nel resto del Paese.
L orgoglio per queste autonome soluzioni politiche, non certamente prive di resistenze, ostacoli e prezzi politici già pagati, ha prodotto tali effetti positivi, per la Sicilia, nel quadro generale di un rinnovato clima di collaborazione, da porre, a nostro avviso, in secondo piano obiettive carenze e opposizioni (qui denunciate anche dal documento del Partito comunista nei famosi sei punti) frapposte dalle irriducibili forze della conservazione. Tanto era ed è storicamente importante l ’obiettivo politico raggiunto grazie alla convinta collaborazione fra le forze politiche dell’arco della solidarietà democratica, le quali, sebbene diverse per impostazioni ideologiche, sono state accomunate dall ’unico intendimento di trarre la Sicilia fuori dalle secche del sottosviluppo e dalla profonda crisi socio-economica che la travaglia da anni.
Questo era il dato politico importante che noi repubblicani abbiamo evidenziato in quest’Assemblea; tutto il resto lo abbiamo ritenuto di secondaria importanza, anche se fondamentale, per il corretto funzionamento di una democrazia parlamentare.
La rottura degli equilibri nella Regione, oggi, volenti o nolenti, non può portare, a giudizio dei repubblicani, a nessuna positiva ed autonoma evoluzione della situazione politica siciliana, che potrebbe, qualunque sia la nostra volontà, essere influenzata da quella nazionale, provocando, quindi, presumibilmente, più che un avanzamento un forte arretramento politico in Sicilia.
Il Presidente della Regione nelle sue dichiarazioni programmatiche ha sottolineato l’apertura di una fase politica nuova nella vita della Regione, la quale, secondo le sue affermazioni, è stata il frutto di un difficile e travagliato, ma comunque positivo, mo-
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mento del confronto tra le forze politiche isolane.
Tale risultato, anche secondo il giudizio espresso dalTonorevole Mattarella a nome di tutto il Governo e dell’intera maggioranza, non va disperso e per questo motivo le linee programmatiche del Governo, secondo le dichiarazioni rese in quest’Aula, si fondano sulle analisi, le intuizioni e gli impegni che avevano già registrato un largo consenso di forze politiche, sociali, culturali e sindacali. Siffatto patrimonio, a parere del Presidente della Regione, non solo non va delapidato ma bisogna strenuamente e attivamente incrementarlo.
Sulla base di queste considerazioni tutti i partiti dell’arco della solidarietà democratica convenivano sulla necessità di sostenere una coerente e chiara linea politica, che consentisse di affrontare l ’emergenza guardando ad una prospettiva di globale ed armonico sviluppo della Regione.
Qual è stato il risultato? Le priorità fissate negli incontri e nel programma concordato in materia di mobilitazione di risorse intorno ad un piano di emergenza furono poi effettivamente concretizzate nella legge 10 agosto 1978, numero 34. Altra tappa importante per la vita socio-economica della Sicilia fu quella deH’intervento integrativo della Regione nei confronti dei provvedimenti statali sull’occupazione giovanile (la legge 18 agosto 1978, numero 37).
Altro traguardo conseguito è stato quello deU’adozione dei metodo della prograimna- zione economifca, che mai si era potuto ottenere non soltanto nell’ambito dell’Assemblea regionale siciliana, ma, consentitemi di dire, anche a livello nazionale, in quanto si era trascurato il postulato fondamentale che una economia va legata certamente a modelli di carattere europeo e non di diversa ispirazione. Ebbene la Regione siciliana, grazie ad un accordo politico di ampie dimensioni, ha varato il Comitato per la programmazione economica con la legge del 10 luglio 1978, numero 16.
Un largo decentramento di funzioni ai comuni, anche questo postulato fondamentale della Costituzione italiana, che si ispira ai principi filosofici di don Luigi Sturzo, di La Malfa e di altri grandi padri della Repubblica italiana, ha trovato, con la legge numero 1 del 2 gennaio 1979, pratica attua
zione. Sono state in questo modo esaltate le autonomie degli enti locali con una normativa che dà ai comuni la effettiva potestà di controllo sul proprio territorio.
L’esigenza, avvertita da tempo, di una legislazione urbanistica che si adeguasse alla legge nazionale numero 10 si è trasrusa nella legge numero 71 del 27 dicembre 1978, e non è certo da ascriversi a colpe del Go- , verso o dell’Assemblea regionale se il Com- ; missario dello Stato, in analogia a quanto fatto su tutto il territorio nazionale, ha impugnato parte degli articoli e precisamente quelli riguardanti la sanatoria.
Credo che la legge urbanistica numero 71 del 27 dicembre 1978 contenga già in sé tali di quegli aspetti innovativi e positivi da potere, anche nella stesura attuale, nonostante sia « claudicante » per la mancanza di uno dei capitoli più importanti che rispondeva ad una grande esigenza di carattere sociale, rappresentare un successo di carattere amministrativo, tecnico e legislativo.
Tutte le indicazioni programmatiche, senza eccezione, si sono quindi rapidamente trasformate in legge e sono divenute realtà per ;
l la vita della Regione mediante la loro eoe- | rente e precisa attuazione. D’altronde non va dimenticato l ’attivismo del Governo regionale, che, con hausilio deH’Assemblea e, voglio aggiungere, con un apporto diverso, piu costruttivo, efficiente ed intelligente delle Commissioni, le quali in maniera oscura e buia, ma comunque importante, hanno dato un’impronta a tutta l ’attività armninistrativa regionale, ha adottato una serie di deliuO' razioni collegiali quantificate ieri sera da Presidente della Regione nelle sue dicnia razioni programmatiche in 400, numero c e non ha precedenti nella vita e nella aL' vità del Governo.
Questo, è frutto, certamente, del cllin nuovo istauratosi ah’Assemblea regionale chiana, clima che si è voluto, in un |_ senso, interrompere, anche se la volontà la maggioranza che sostiene l’attuale no ritiene di dovere conservare, non tanto secondo i postulati programmatici^
le medesime intese e collaboraziom n'la precedente Giunta, ma anche ricefeand
3ÌlÌ|convergenza sui singoli problemi, jgiando, come noi repubblicani sostenia contenuti sulle formule. Per il nostro
nell®sforzo di trovare sempre una possibili
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tito hanno maggiore importanza, rispetto agli accordi fra le forze politiche, d problemi da risolvere.
E’ certamente necessario in questa direzione, quindi, l ’impegno del Governo. Per esempio è opportuno che esso ponga attenzione al settore degli enti economici regionali, su cui noi repubblicani in quest’Aula più volte ci siamo soffermati perché costituisce una vera « piaga » per tutta la comunità siciliana, una « idrovora » che « pompa » decine e decine di miliardi senza costituire un sol posto di lavoro in più, offendendo in certo qual senso i centoventimila giovani siciliani iscritti nelle liste speciali di collocamento. E’ un problema che il Governo, le forze politiche, tutti i gruppi politici devono porsi con serietà, con coraggio, per esaminare le soluzioni da adottare; infatti non si possono stanziare soltanto 120 miliardi per la riforma amministrativa, con tutte quelle competenze che la Regione ha decentrato ai comuni, e dall’altro lato dare 110 miliardi per pagare il salario di sei mesi ai dipendenti dei cosiddetti enti economici che occupano soltanto circa 5.000 lavoratori. Noi difendiamo la occupazione dei lavoratori, noi siamo strenui difensori del mantenimento del posto di lavoro, ma non a costo dell’intera comunità siciliana.
E’ un tema importante che il Presidente della Regione si è impegnato ad analizzare con maggiore attenzione. Unitamente a c[uelio del settore zolhfero, prossimamente sarà trattato dalle commissioni e dal Governo per trovare una giusta prospettiva di soluzione.
Il Governo si è impegnato a procedere ulteriormente nella ricerca di rapporti « in positivo » con la società, evitando ripiegamenti. E ’ certamente necessario continuare in direzione di un movimento che, andando Verso le componenti produttive e le realtà che più consapevolmente esprimono l’ansia di realizzare una società più giusta, hnisca pnn l’accrescere la partecipazione di tutti i cittadini alla vita delle istituzioni.
Questo ha detto il Presidente della Regione nelle sue dichiarazioni programmati- che che noi ci sentiamo di sottoscrivere integralmente. La realtà politica deU’Assem- dlea deve trovare ogni giorno momenti di saldatura con la società reale, con la base operaia, con i sindacati, con i giovani, con ia classe dirigente e produttiva di questo
mondo siciliano, in modo che la nostra legislazione sia il momento di sintesi dei reali interessi della Sicilia e non soltanto di problemi calati dal vertice che impediscono alla normativa approvata di trovare facile applicazione. Il Governo promette in questo senso un suo maggiore impegno e quindi ribadisce il rapporto preferenziale con i sindacati dei lavoratori purché in essi ritrovi, come è ragionevole dovere e poter pretendere, il momento di coesione di battaglie che non siano corporative, che lasciano il segno nella vita economica di un paese, come quella cui stiamo assistendo in questi giorni con lo sciopero degli assistenti di volo che ha paralizzato non soltanto l ’attività aviatoria in Italia, ma soprattutto l ’economia delle Isole che sono state più duramente colpite da questa barbara azione di rappresaglia sindacale.
Quindi, noi chiediamo ai sindacati collaborazione, la fine della corsa agli aumenti salariali indiscriminati, ma specialmente il raggiungimento di una pace sociale che realizzi un equilibrio fra tutte le classi lavoratrici anche a costo di duri sacrihci da parte degli stessi lavoratori in modo da ricreare un processo di accumulazione che è la base per effettuare investimenti soprattutto nel sud, ed in Sicilia in particolare, e di conseguenza per creare nuovi posti di lavoro.
Onorevole Presidente e onorevoli colleghi, la via della più ampia unità possibile su questi temi, della continuità che discende coerente dalla conferma delle analisi e della piattaforma programmatica a suo tempo approvata è stata una scelta del Governo che noi condividiamo integralmente. Non possiamo ritornare in Sicilia alla politica dello scontro, ma dobbiamo ricercare coesione e collaborazione tra tutte le forze politiche in modo che alcuni partiti che hanno operato delle discriminazioni, allo stato attuale, nei confronti dell’ingresso nel governo del Partito comunista italiano (discriminazione che non ci riguarda e non ci appartiene) possano nel frattempo maturare, senza spinte di diverso tipo, ma democraticamente sia dal punto di vista politico che culturale, 1’ eventuale inunissione del Partito comunista anche neh’ambito dell’esecutivo.
Potevamo e dovevamo quindi evitare prolungate interruzioni ed è soltanto questo lo scopo che si ripromette il secondo Governo
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Mattarella che conta senz’altro suH’appoggio incondizionato delle forze politiche che gli hanno espresso i propri consensi affinché possa rappresentare, come ha affermato lo stesso Presidente Mattarella, un momento non contraddittorio con il processo unitario sviluppatosi in questi amii in Sicilia, tale da consentire di mantenere le condizioni di convergenza più ampie fra i partiti presenti nella Giunta di Governo nei confronti dei partiti democratici ed autonomistici ed in particolare del Partito comunista.
Ciò è stato affermato ieri sera dal Presidente della Regione e lo riconfermiamo noi repubblicani con la sincera convinzione che una forza popolare come il Partito comunista non può passare aH’« opposizione per 1’ opposizione ».
Di fronte alla scelta dei partiti che hamio dato vita a questo Governo, che definirei di transizione politica non temporale, come prosecuzione della linea di unità, che ha costituito e costituisce un patrimonio di tutti — appartiene al Governo, come a tutti i partiti, nonché al popolo siciliano, ed è una esperienza che non intendiamo buttare alle ortiche — è questo Timpegno del Partito re- pubblicano che sento di esprimere a conclusione del mio intervento sulle dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione, onorevole Mattarella.
Allo stesso Presidente della Regione auguro d’altronde un caimnino spedito all’insegna della massima efficienza, che lo contraddistingue, in modo da ottenere l ’immediata utilizzazione delle risorse disponibili dando cosi una risposta all’emergenza che ha coinvolto tutta la comunità isolana in un momento eccezionale per la vita del Paese.
Anche se nella diversa valutazione di alcuni problemi il Partito repubblicano distinguerà la propria posizione da quella delle altre forze politiche, e lo farà con spirito costruttivo, al contempo assicurerà al Governo il leale ed incondizionato appoggio per la realizzazione del programma concordato.
E ’ questo, ripeto, l ’augurio che noi re- pubblicani esprimiamo e nello stesso tempo il senso della nostra battaglia che rinnova, nell’impegno di oggi, una lotta che viene da molto lontano, dagli anni della Resistenza e della lunga lotta di liberazione, per fare del nostro un Paese di sicura e salda democra
zia civile e politica, cosi come lo ha sognato sempre l ’onorevole Ugo La Malfa.
Presidenza del Vice Presidente D’ALIA
CAGNES. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAGNES. Signor Presidente e onorevoli colleghi, credo che si possa essere d’accordo sulle premesse di carattere generale della relazione programmatica resa ieri dal Presidente della Regione sia per quanto attiene il giudizio di estrema gravità sulla situazione complessiva della nostra Regione sia per quanto riguarda le preoccupazioni avanzate sui pericoli cui le regioni meridionali vanno incontro ove le scelte nazionali, attraverso una reale modifica della ratio del piano triennale e le scelte europee, non terranno conto dei punti di partenza diversi e lontani del meridione d’Italia e quindi della nostra Regione, rispetto alle altre regioni d’Italia.
Forse l ’analisi fatta dal Presidente della Regione poteva essere più approfondita esaminando anche le cause politiche e sociali delle disfunzioni economiche denunciate ed in questo caso la relazione sarebbe stata certamente più interessante, più viva, piu « graffiante ». In questo modo si sarebbe evitata l ’impressione che le dichiarazioni facessero parte del doveroso cliché di una relazione programmatica.
Per quanto riguarda la mia parte politica, non mi pare che si possa essere d’accordo sulle conclusioni concrete della relazione e ciò è derivato non solo da quello che è stato detto ma soprattutto da quello che non è stato detto. Si tratta di conclusioni chiaramente contraddittorie con le promesse. In sostanza, se ho capito bene, schematizzando al massimo, per motivi ovvii, il Presidente ha detto: « La situazione economica della nostra Regione neH’ultimo amie non è mutata, resta grave nonostante qualche sintomo di contraddittorietà. La stessa cosa è da dire per c|uanto riguarda la zione politica che ha tutte le caratteristich® della estrema gravità, drammatizzata d a ' tronfie dall’attività ”a ventaglio” delle
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della sovversione destabilizzante e terroristica. Vi è quindi la necessità di un’ampia politica unitaria di tutte le forze autonomi- ste e democratiche e l ’accettazione, di fatto, delle antiche scelte politiche portate avanti dai comunisti ».
Le prospettive, secondo il Presidente della Regione, sussisterebbero in quanto resperimento di una maggioranza unitaria realizzato l’anno scorso si sarebbe rivelato positivo e può continuare. Se oggi, quindi, quel quadro politico si è rotto, ciò sarebbe dovuto ad una decisione unilaterale del Partito comunista il quale, pur essendo stato sostenitore ed estimatóre della scelta unitaria che si concretò nel 1978 con la formazione di un Governo di maggioranza comprendente gli stessi comunisti, avrebbe modificato quel risultato avanzando la richiesta di una sua partecipazione al Governo nonostante sapesse che era astratta, velleitaria e inaccettabile da parte della Democrazia cristiana. Quindi la scelta del Partito comunista italiano sarebbe stata, di fatto, pretestuosa.
Naturalmente, i motivi di tale richiesta e della conseguente inaccettabilità non sono stati espressi dal Presidente della Regione, né poteva farlo perché avrebbe dovuto mettere in discussione persino lo stesso concetto di democrazia costituzionale.
Il nuovo Governo, comunque — sostiene il Presidente della Regione — , non sarebbe una riedizione del centro-sinistra, anche se le apparenze sono tali; vorrebbe essere un Governo aperto che intende muoversi in direzione della strategia del confronto e delle convergenze, già concordata nel primo Governo di unità autonomistica, nella speranza ' lie i comunisti si ravvedano e che possa, quindi, in ogni momento, effettuarsi la ripresa di una unità più completa.
A riprova della buona volontà dell’attuale Governo, viene portato il fatto che il pro- §ranuna presentato per il voto di fiducia alla Assemblea regionale siciliana è il medesimo
quello definito l’anno scorso in occasionedelsto
primo Governo Mattar ella. Tutto que- viene affermato, naturalmente, con il
pieno e responsabile consenso del Partito socialista italiano, il quale in Sicilia con- Jariamente a quanto avviene sul piano na- lonale, accetta a chiare lettere la immoti-
discriminazione dal Governo del Parti
to comunista italiano e si rende cogarante degli impegni democristiani, ove arrivasse l’atto di pentimento da parte del Partito comunista italiano.
Il programma riproposto anche per il Partito socialista italiano rappresenterebbe la prova della continuità della politica di unità e della autenticità di un impegno politico della nuova maggioranza senza i comunisti, se non proprio contro i comunisti.
Il discorso del Presidente della Regione è, a mio parere, sillogistico: se la premessa è sbagliata tutto il resto è sbagliato. In questo sillogismo è sbagliata la premessa: la rottura unilaterale ed artificiosa da parte del Partito comunista italiano dalla maggioranza; di conseguenza è sbagliato lo spirito con cui si interpretano il concetto di unità autonomistica e i rapporti tra i partiti della maggioranza e. sono sbagliate le conclusioni politiche a cui la nuova maggioranza è pervenuta, a cominciare dal « feticcio » del programma, inteso come carta stampata e come elencazione di formali atti legislativi da approvare.
E ’ ovvio, almeno mi pare, che una dichiarazione programmatica non può essere una semplice o composita elencazione di « cose » da fare o di questioni da risolvere. Né si può prescindere da ehi, da come e dal perché si debbono operare quelle realizzazioni. Un programma non è mai un fatto tecnico a sé stante e quindi un qualsiasi Governo può espletarlo, un qualsiasi blocco di forze politiche può farlo proprio; ogni atto amministrativo è un atto politico ed è, quindi, una scelta politica che, appunto perché tale si differenzia da altre, contrasta con altre, lede interessi di altri, comporta uno sforzo conseguente e una lotta politica ben determinata, mai facile, mai indolore.
Il Presidente della Regione pare che questa verità (confortata dalla esperienza di tutta la storia politica di tutti i tempi) l ’abbia dimenticata o si illude di poterla eludere; comunque, è certo che non tiene conto degli avvenimenti di questi ultimi due anni e, soprattutto, del perché gli sia venuta meno una maggioranza politica. Non tiene soprattutto in considerazione i motivi delle gravi inadempienze rispetto a quel programma, che avrebbero dovuto unire, in un comune intento, le forze della maggioranza che lo aveva eletto.
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V ili L egislatura CCCIX SEDUTA 27 Marzo 1979
La dichiarazione programmatica resa ieri dall’onorevole Mattarella — lo ha detto lui stesso — si presenta come la edizione riveduta, aggiornata e corretta di quella di un anno fa. Permangono alcune ambiguità che possono preoccupare, delle zone d’ombra che riflettono riserve politiche, delle mancanze significative, tuttavia nel complesso si muove nella direzione indicata nel 1978.
Per quanto riguarda i rapporti con noi comunisti, sembra che voglia dire su per giù questo: il fatto che il gruppo parlamentare comunista non faccia parte della maggioranza è da considerarlo un incidente occorso sulla strada, determinato da fatti esterni e transitori, per certi aspetti un errore politico dei comunisti, dovuto ad astrattezza di visione o ad esigenze di adeguamenti meccanicistici della situazione siciliana alla situazione nazionale e a tante altre « cose » le quali fanno parte del sottofondo della dichiarazione programmatica dell’onorevole Mattarella e che sono state abbondantemente spiegate dall’onorevole Nicoletti nel dibattito apertosi a seguito delle dimissioni del primo Governo Mattarella.
Per altri aspetti, questa nostra presa di posizione sarebbe un colpo grave inferto alla politica di unità autonomistica in un momento cosi pesante e delicato della situazione complessiva del nostro Paese, della nostra Regione e delle nostre istituzioni allorché alcune prime modifiche si stavano realizzando sulla via delle riforme e della programmazione proprio nell’ambito siciliano.
Identica impostazione, sostanzialmente, ha seguito poco fa l ’onorevole Pullara.
La tesi sostenuta dalla Democrazia cristiana ci sembra paradossale: una sorta di « sceneggiata da teatro dell’assurdo »; infatti tutta la storia della Regione siciliana è contrassegnata dallo scontro permanente fra la volontà antiunitaria, discriminatoria e anticomunista della Democrazia cristiana e dei suoi occasionali alleati e lo sforzo certamente unitario dei comunisti per una politica di reale autonomia della Regione volta al superamento, in senso avanzato e progressista, di una realtà politica, economica, sociale, culturale fortemente arretrata e degradata. Da questa situazione sono partite le grandi lotte contadine, i grandi movimenti unitari contro la mafia, contro le sudditanze politiche ed economiche, contro i ritardi col
pevoli nell’attuazione dello Statuto, contro il centralismo statale, contro i potentati regionali, il malcostume e anche il malaffare.
Tutto ciò per una Regione diversa, capace di costruire il suo avvenire democratico con il consenso di tutte le forze autonomistiche in un rapporto corretto ma fermo con lo Stato e sulla base di una programmazione democratica delle sue risorse e di una organizzazione amministrativa decentrata e massimamente partecipativa. I segni di questa linea politica, di questa tensione ideale sono « consegnati » alla storia antica e recente.
Gli effetti si sono avuti e sono stati vari e numerosi; uno di essi è rappresentato dalla nascita dello stesso primo Governo Mattarella di unità autonomistica, che ebbe vita l ’anno scorso. Allora noi comunisti decidemmo di far parte della maggioranza sulla base di un programma concordato con tutte le forze democratiche, programma che restava la nostra unica garanzia mancando una nostra partecipazione al Governo.
Il programma concordato non era ambizioso ma realistico, teneva conto del grado di compatibilità delle varie forze politiche, si muoveva verso precise direzioni, sia per quanto riguardava i rapporti con lo Stato, sia in relazione alla necessità di un’adeguata programmazione, di una democratica riforma della Regione, di una inequivoca moralizzazione della vita pubblica nel quadro di un diverso modo di governare.
Se siamo usciti dalla maggioranza ciò è avvenuto perché le inadempienze sono state quantitativamente e qualitativamente (e diremo quali) tali da trasformare quel programma in « pagine di carta scritta » e « 1’ anima » di quel programma giorno per giorno, nella pratica di Governo, veniva « intiSichita » per dare corso alla vecchia « anima » del centro-sinistra, fatta delle solite lunghe promesse di mediazione lottizzatiice, di rinvii, di svuotamenti ideali e legislativi, di inadempienze clamorose, di riflussi moderati, di discriminazioni ottuse ed ingiustificate nei confronti dei comunisti (la stridente è quella della Democrazia cristiana sulla impossibilità per i comunisti di assumere presidenze nelTambito delle commissioni provinciali di controllo).
La nostra richiesta di partecipazione f Governo regionale non è stata la trasposi' zione meccanica in Sicilia di una richiesi
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del nostro partito su scala nazionale. E ’ stata ed è considerata una necessità per garantire la corrispondenza tra la politica ed i suoi contenuti di unità autonomistica e la sua concreta realizzazione nell’ amministrazione attiva ed inoltre per dare sostegno a quelle forze, che ci sono, che hanno creduto e credono nella necessità del cambiamento; se fosse stato diversamente, onorevole Matta- rella, se cioè la nostra richiesta fosse stata collegata a quella avanzata dal nostro partito sul piano nazionale, non avremmo avuto preoccupazione a motivarle in tal senso; infatti siamo un partito nazionale, una grande forza democratica, una potenza culturale del nostro Paese che combatte anche per abbattere una discriminazione politica inaccettabile sul piano costituzionale e politico quale quella portata avanti da un partito come la Democrazia cristiana che a Roma, a Palermo, a Cagliari, a Reggio Calabria ha la stessa posizione discriminatoria. Ma nel fatto specifico non è cosi.
Siamo usciti dalla maggioranza perché crediamo nella politica di unità autonomistica, perché vogliamo tener fede al programma concordato, perché non potevamo accettare responsabilmente la pratica di una politica che si discostava ogni giorno di più da quella concordata. Per queste considerazioni ci sembra non credibile la riproposizione di un programma, il quale non è stato attuato in hrtte le sue parti quando noi eravamo presenti nella maggioranza mentre dovrebbe essere realizzato adesso senza di noi e, di fatto, contro di noi.
Marx ci ha insegnato che la verità è nei fatti. Quali i fatti? L ’elenco delle inadempienze potrebbe essere lungo e circostanziato ® ciò a dimostrare che non tutte le scadenze e gli impegni sono stati mantenuti; tuttavia ne indichiamo le più significative.
Naturalmente noi non sottovalutiamo c[uel- che è stato fatto, anzi lo consideriamo
H portante , e sommamente positivo; diciamo 'b più: alcune delle leggi esitate dall’Assemblea hi questo anno, o negli ultimi due
dalla maggioranza, era impensabile che ossero approvate alcmii anni addietro. Mi ! crisco alle leggi sul decentramento, sul lordino urbanistico, sui beni culturali, sul omitato di programmazione, sull’occupazione
siovanile, sulla tutela dell’ambiente, sull’ Siicoltura ed anche ad alcune altre leggi.
cosiddette minori, che rappresentano però delle novità dal punto di vista politico e legislativo in direzione di una democrazia partecipativa.
Ma anche per queste normative si è costretti a sottolineare una costante: sono applicate solo ed in quanto costituiscono leggi di finanziamento, ma non decollano o trovano forti ostacoli quando intendono modificare una struttura esistente o una politica antica. Nel momento in cui è necessaria una decisa volontà politica in senso riformatore risaltano gli esempi più clamorosi; l ’applicazione della legge statale e della legge regionale sull’occupazione giovanile.
La prima è stata applicata male, parzialmente, in maniera scopertamente assistenziale (i colleghi lo sanno, avendo tutti protestato in quest’Aula in tal senso); tale attuazione ha creato malcontenti, proteste, discriminazioni, favoritismi, trattamenti differenziati fra i giovani. L’immobilismo del Governo, giustificato con la teorizzazione della incompetenza istituzionale, è stato, a mio parere, anche interessato.
La normativa regionale è stata totalmente e dolorosamente inapplicata; decine e decine di cooperative di giovani sono lasciate allo « sbando »; onorevole Sciangula, come lei sa, migliaia di giovani, i quali potrebbero trovare l ’occasione per qualificarsi, vengono frustrati nelle loro attese.
Nonostante ciò, il problema della disoccupazione rimane gravissimo se è vero che nel marzo del 1979 i disoccupati iscritti nelle liste di collocamento hanno raggiunto il numero di 215 mila, contro i 203 mila del 1978 e i 180 mila del 1977. Sono questi i dati forniti dall’ufficio regionale del lavoro, che risultano più reali e credibili di quelli deiristat.
Se è vero che i giovani disoccupati sono in numero maggiore rispetto al 1977 (120 mila), è altrettanto vero che fino al settembre 1978 quelli avviati al lavoro sono solo :3.632, quasi tutti con una cattiva utilizzazione, negli enti locali e nelle amministrazioni statali. Inoltre è a tutti noto che gli iscritti nelle liste di collocamento ordinarie e speciali sono soltanto una parte dei giovani disoccupati.
Eppure il Presidente della Regione, nelle sue dichiarazioni programmatiche del 3 aprile 1978, aveva scritto e affermato che quello
Resoconti, f. (500)
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deU’occupazione era da considerarsi « il problema dei problemi », che in particolare l ’occupazione giovanile costituiva un impegno prioritario del Governo, che un rilievo particolare e un’adeguata azione di sostegno dovevano essere svolti verso le cooperative dei giovani e che bisognava disporre i finanziamenti integrativi per la piena attuazione dei programmi specifici previsti dal titolo IV della legge.
Di tutto questo non si è realizzato molto: per insensibilità politica o per inettitudine? Non mi azzardo a dare giudizi, comunque forse per l ’una e per l ’altra. Tuttavia venivano fuori responsabilità politiche che noi comunisti non potevamo continuare ad assumerci, perché non erano nostre, perché non eravamo al Governo e perché per quella parte per cui potevamo contribuire, lo abbiamo fatto.
Per quanto riguarda il Piano di emergenza, nei fatti, è in itinere, sia per le parti per le quali i programmi sono stati redatti ed approvati dalle competenti commissioni, sia per le parti per le quali i programmi 0 non sono stati formulati o sono in corso di elaborazione. Tuttavia l ’approvazione rapida e la esecuzione del Piano erano state considerate fondamentali per affrontare l’emergenza, la piena utilizzazione delle risorse, eccetera.
Perché tanto ritardo? Per motivi obiettivi? Non credo, o comunque hanno potuto incidere solo in minima percentuale. Anche in questo caso è evidente l’assenza di quella necessaria tensione politica che permettesse di considerare il problema incandescente, impedendo di impigliarsi in complicati interessi particolari da dosare e da far prevalere.
La stessa legge sul decentramento — per cui noi comunisti (è bene ricordarlo nel momento in cui si afferma che le scadenze sono state rispettate) siamo stati costretti nell’ottobre del 1978 a porre ufficialmente Vaut-aut fra la sua approvazione ed il nostro voto contrario sul bilancio 1979 — parte male, essendo già stata sabotata, se si tiene conto che i finanziamenti del fondo dei comuni sono stati assegnati in parte, in modo incredibilmente ridotto, la qualcosa creerà, oltre alle difficoltà obiettive della prima applicazione della legge, certamente caos nella vita amministrativa degli enti locali, sfiducia ne
gli amministratori, fenomeni di rigetto i quali saranno estremizzati da chi ha interessi contrastanti col processo di riforma.
Questi esempi riguardano le leggi già approvate di cui conosco maggiormente le vicende; la situazione non è diversa, anzi piu grave, negli altri settori deU’agricoltura, della sanità, del turismo, dei lavori pubblici, dove il vecchio modo di amministrare « spadroneggia ed impazza » alcune volte disgustosamente; in tal senso non faccio affermazioni misteriose ma soltanto mi adeguo a quelle correnti.
Tuttavia soffermiamoci sulle inadempienze totali del programma, a cominciare dalla riforma amministrativa: era uno dei puntiqualificanti, articolato in scadenze precise e con contenuti ben definiti.
Entro il 1978 avrebbe dovuto essere definito il disegno di legge sui comprensori, in modo che venissero costituiti entro il 1980, evitando il rinnovo degli attuali consigli provinciali. Il comprensorio avrebbe dovuto sostituire l’attuale ente intermedio ed era stato concordato che fosse prevalentemente un decisivo strumento di programmazione territoriale.
L’impegno non è stato mantenuto e non certo per difficoltà di ordine tecnico quanto piuttosto per problemi di ordine politico, essendo evidenti le resistenze antiriformatrici, la qualcosa, d’altronde, è naturale.
Una riforma amministrativa che configun una regione diversa, senza gli antichi connotati di organo erogatore di « mance », di discrezionalità e trasformata in decisivo organismo di promozione, di programmazione e, se necessario, di controllo, era nella stessa realtà delle cose che avrebbe provocato accanite resistenze; tuttavia rappresentava una delle occasioni che avrebbe dovuto mettere alla prova la buona fede della volontà pou' tica del Governo di unità. Infatti ha costituito una inadempienza politicamente sig®' ficativa ed un banco di prova per « partite* di uomini abituati a concepire il potere n in termini di strumento per la costruzio di un certo modello di società, pinttos come occasione per costruire reti elettor ed eserciti di clientes.
Il problema dell’emigrazione nella regione è da considerarsi tra i più gravi, _ per Tentità numerica degli emigranti in P ,tenza e in rientro, sia per il costo soloialc
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ed umano che esso rappresenta. Il Presidente della Regione lo considerò emblematico della preoccupante e drammatica situazione economica della nostra Isola; s’imponeva di conseguenza una legislazione nuova che sostituisse 1’esistente, ormai superata, e per alcune parti di difficile applicazione. Invece non è successo niente nonostante le richieste della consulta, le proteste degli emigranti, il lavoro delle altre regioni.
Il motivo di questo comportamento ci sembra evidente: le migliaia di lavoratori emigrati 0 di quelli in rientro, con la loro ansia di reinserimento nella produzione, cosi come le migliaia di giovani disoccupati o i 250 mila lavoratori adulti disoccupati, non eccitano troppo la sensibilità politica del Governo.
Nel 1977 l ’Assemblea regionale ha approvato una legge concernente la tutela dell’ ambiente e la lotta contro l ’inquinamento: fu considerata positiva, utile, sia per il modo come affrontava il gravissimo problema della degradazione ambientale e deH’inquinamento marino, atmosferico, delle acque, sia per la scelta di partecipazione e di controllo democratico che essa conhgurava.
Anche per cjuesto problema gli impegni programmatici furono chiari e definiti. In quella sede si affermò che la legge doveva essere prontamente attuata, addirittura in via prioritaria, essendo già stata approvata. Fino ed oggi, a distanza di due anni, non ha trovato applicazione e intanto l’ambiente degrada, i casi clamorosi di Augusta, di Gela, dei fiumi trasformati in collettori di fogne a cielo aperto, dei mari sempre più sporchi, occupano le pagine dei giornali e le denunce costanti dei cittadini democratici trovano ingresso nelle aule giudiziarie.
La notizia che alcuni docenti universitaiù dell’Università di Venezia si siano sentiti in dovere di presentare denunzia all’autorità giudiziaria per quanto si constatava ad Augusta e nel siracusano è clamorosa ma è anche ' 11 gesto doloroso per noi.
SCIANGULA. Se i veneziani pensassero ® lo loro acque luride del Canale sarebbe
LAGNES. Insieme ed in collegamento con qmp ° problema si sarebbe dovuto affrontare
® lo della realizzazione del piano delle ac
que al fine della ricerca, individuazione e sfruttamento delle risorse idriche che nella nostra Regione esistono, in modo da elevare la qualità della vita civile delle nostre popolazioni e dello sviluppo agricolo ed industriale della nostra economia.
Non sono parole mie queste, ma del Presidente della Regione pronunziate nel 1978. Anche quest’impegno, onorevole Presidente della Regione, venne considerato uno degli obiettivi di maggiore rilievo politico; non si poteva risolvere in un anno ma è stato eluso anche a livello d’iniziativa.
Il problema della cultura, inteso come lotta all’analfabetismo (la Regione siciliana ha il 10 per cento degli analfabeti di tutta la popolazione scolastica italiana) ed all’evasione scolastica, come educazione permanente, come diritto allo studio, come diffusione della cultura, come tutela, valorizzazione, fruizione dei beni culturali, come formazione professionale, come elevazione delle capacità scientifiche e tecnologiche isolane nel quadro del potenziamento dell’Università, era stato giudicato momento qualificante e riferimento di fondo di tutta l ’azione regionale.
Parole suggestive, ma rimaste soltanto parole. Nessuno può dire che questa sia l ’iniziale linea di fondo che ispira l ’azione del Governo in questo settore, nonostante l’ausilio di buone leggi regionali che, se utilizzate bene, potrebbero di per sé dare un notevole contributo.
I problemi del diritto allo studio, dell’edi- lizia scolastica e della formazione professionale, dei beni culturali restano aperti insieme a quelli della liquidazione di un clientelismo esasperato che alcune volte ha punte di ridicolo.
Emblematica è la sorte della legge sui beni culturali. Approvata nel 1977, prevede un modo nuovo ed originale di tutela e di valorizzazione del bene culturale, ampliato nella sua accezione a tutto ciò che rappresenta testimonianza della civiltà umana. Da qui la nuova ristrutturazione delle Sovraintenden- ze, l ’istituzione di Centri regionali strumentali, la costituzione di consigli locali, l ’obbligo di un piano regionale e di alcune leggi conseguenti sulle biblioteche, sulle attività teatrali e musicali, sugli archivi comunali nonché di programmazione dei contributi da destinare ad enti ed istituzioni pubblici.
Nonostante lo stato di « sfascio » dei beni
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culturali, le difficoltà di vita e di attività delle istituzioni collegate (vedi le Sovrain- tendenze), l ’appassionata richiesta di un’attività regolatrice in tale direzione, la legge resta per i nove decimi inapplicata, soprattutto nelle parti più significative e riformatrici.
Un impegno di fondo era stato concordato per i livelli socio-assistenziali-sanitari; assistenza e sanità avrebbero dovuto essere coraggiosamente riformate per dare luogo ad un modo diverso, più moderno, più « garantista », più efficiente, di erogare l’assistenza e la sanità.
Da questa situazione è scaturito l ’impegno della riforma dell’assistenza, dell’elaborazione di un piano socio-sanitario, la cui stesura « si trascina » dall’altra legislatura, il quale si dovrebbe ricollegare alle linee della riforma sanitaria, diventata ormai legge dello Stato.
Nessuno può giurare che sia cambiata qualcosa in questa direzione e soprattutto nel « modo di essere » dell’Assessorato della sanità.
Si è parlato del grosso problema della sanatoria edilizia. Credo che in questo caso la questione diventi molto più delicata. L’inadempienza (perché cosi noi la definiamo) va al di là del fatto formale; diventa una grave violazione degli impegni assunti, non solo a livello dei partiti facenti parte della maggioranza, ma anche nei confronti di tutta la popolazione siciliana.
Le possibilità sono due: o la Democrazia cristiana e, purtroppo, anche i compagni socialisti non erano d’accordo a dare una soluzione al problema dell’abusivismo ed in tal caso avrebbero dovuto sostenere questa loro posizione, tirandone le conseguenze del caso ed assumendosi tutte le responsabilità politiche, 0 la Democrazia cristiana era completamente d’accordo con la soluzione legislativa adottata ed in tal caso era suo dovere reagire ad una decisione che tutti consideriamo sbagliata sia nelle motivazioni di fatto che di diritto, del Commissario dello Stato o pubblicando gli articoli impugnati o apprestando strumenti legislativi tali da dare una soluzione immediata e corrispondente, sempre nello spirito della legge sul riordino urbanistico, alle esigenze dei cittadini interessati.
Il rifiuto unilaterale della Democrazia cri
stiana di discutere le nostre proposte non poteva essere considerato un fatto di ordinaria amministrazione in una maggioranza di eguali. Le conseguenze sono quelle che oggi conosciamo. Una nuova ondata di abusivismo, un nuovo colpo al prestigio delle istituzioni, un vuoto normativo pericolosissimo.
Le dichiarazioni programmatiche del Presidente ieri ancora una volta sono state di chiusura su questo problema, riconfermando le scelte politiche assunte e stemperandole con la possibilità di un vago, ipotetico, eventuale disegno di legge suU’argomento.
Noi non comprendiamo come i compagni socialisti abbiano potuto accettare una siffatta decisione della Democrazia cristiana. Loro, come noi, sanno quanto vasta e viva è l ’esigenza di una normalizzazione urbanistica presso i lavoratori, gli emigrati, la povera gente; loro che da sempre hanno condotto una battaglia senza alcuna limitazione contro la legge Bucalossi, esprimendosi a favore della sanatoria, non riusciamo a capire, ripeto, come abloiano potuto accettare una decisione del genere. « Potenza del potere » direbbe uno scrittore umorista!
L ’elenco delle inadempienze rispetto al programma potrebbe continuare. L ’onorevole Amata concentrerà la sua attenzione sul fondamentale problema dell’agricoltura e sulle inadempienze scandalose in questo settore non solo per quello che non si è voluto realizzare di quanto era stato concordato ma anche per il modo con il quale si è operato nei casi in cui si è, in qualche modo, realizzato quanto stabilito.
E qui sorge il problema del modo di governare. La legge numero 2 del 1978, A" guardante nuove norme per l ’ordinamento del Governo e cleirAmministrazione delb Regione, §i pose il problema, in attesa della riforma amministrativa, di una pratica diversa di governo, meno personalizzata e p'O collegiale; meno discrezionale e con un mag' giore senso della cosa pubblica; meno assistenziale e con una maggiore partecipazion®-
Da questo punto di , vista, credo, sig”® Presidente, che Lei non può non convenm con noi che il fallimento degli accordi e tale. L’attività di tutti gli Assessori, chi P’chi meno, tranne rarissime eccezioni, è P® manentemente informata al raggiungine® di obiettivi clamorosamente clientelari, ®
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toralistici e, qualche volta, anche personalistici, tanto maggiori, quanto minori sono i limiti in cui gli Assessori sono costretti ad operare.
Questi i motivi e non altri per cui siamo usciti dalla maggioranza di governo; una diversa filosofìa del concetto politico di unità autonomistica ci divide. Noi eravamo nella maggioranza per razionalizzare 1’esistente e per cambiare il modo di essere della Regione e per costruire un nuovo modello economico, sociale e culturale e questo resta il nostro assunto.
In questa direzione sarà caratterizzata la nostra opposizione che non sarà, onorevole Pullara, l ’opposizione per l’opposizione, perché mai abbiamo operato in tal senso, ma piuttosto servirà a muoversi in direzione di quanto abbiamo concordato.
Per voi il governo di unità autonomistica, abbiamo l’impressione che abbia significato, invece, un mezzo che dovesse servire a cambiare qualche cosa per non mutare niente e forse con la riserva mentale, non espressa, di considerarci forza di copertura e di farci perdere credibilità nei confronti dei lavoratori e dei democratici.
In fondo la storia mutatìs mutandis sì ripete. Cosi avvenne per il centro-sinistra sul piano nazionale. Dopo i primi due anni di claudicante attività riformatrice si pose il problema per i compagni socialisti di scegliere tra il cosiddetto mantenimento del quadro politico, svuotato di ogni carica riformatrice, ed il loro passaggio all’opposi- zione. I compagni socialisti scelsero la priora alternativa con le conseguenze che conosciamo per tutta la società italiana e anche per il Partito socialista italiano.
Ci dispiace, sinceramente, che i compagni socialisti della Regione siciliana non si rendano conto che anche in questa contingenza 1 accettazione della rottura di fatto della nnità a sinistra non aiuta processi di unità autonomistica, non limita l ’arroganza della Democrazia cristiana, non rafforza il loro ''Uolo ed il loro prestigio politico di partito popolare di sinistra.
fu una settimana si è passati da un go- ' erno di maggioranza con i comunisti ad
governo, con tutte le caratteristiche del centro-sinistra, senza i comunisti, quasi come osse un fatto di ordinaria amministrazione.Io credo che questo sia Tavvenimento più
grave che si è verificato. Ciò è grave, signor Presidente, più per voi che per noi. Per noi è il chiarimento di un equivoco ed è uno stimolo, per certi aspetti entusiasmante, a continuare in modo diverso, ma con gli stessi obiettivi, quella battaglia di unità autonomistica e di riforme che abbiamo combattuto in passato; per voi è il manifestarsi di una antica vocazione integralista, mai sopita, a cui bisogna aggiungere l ’affermazione vittoriosa, anche se temporanea, della controffensiva delle forze moderate che esistono nella Democrazia cristiana.
Questo significato hanno i voti di Democrazia Nazionale, siano o no stati contrattati; comunque il Presidente della Regione ieri sera non li ha né respinti né denegati. In teoria potrebbero essere stati contrattati; alcune agenzie di stampa lo affermano, ma noi non ci crediamo, anche perché ciò non avrebbe significato politico. Resta il fatto che il voto di Democrazia Nazionale costituisce la spia di uno spostamento a destra di questo governo; non si capirebbe altrimenti la spregiudicatezza di un Presidente che, nel giro di otto giorni, può passare, senza apparente perplessità, da una maggioranza con i comunisti ad una senza i comunisti.
La scelta che i partiti della maggioranza hanno operato crediamo che sia un errore politico molto grave e non tanto perché si apre un periodo difficile della nostra Assemblea, quanto piuttosto perché viene ad incrinarsi un processo democratico che aveva già fatto la sua strada, che aveva già cominciato a far superare lo storico distacco delle istituzioni dalla società, oltre a far nascere, elemento egualmente importante, un rapporto più vivo, più democratico, più civile, più pluralistico nel tessuto sociale delle nostre popolazioni.
In questo quadro le dichiarazioni del Presidente diventano per lo meno poco credibili, anche se possiamo pensare che siano sincere; sanno di liturgia e l ’onorevole Pullara ha sostenuto che ciò che sta avvenendo in quest’Aula è, appunto, un rituale. Costituiscono un rito, un atto formalmente dovuto il cui valore, certo, sarà dimostrato dagli avvenimenti successivi.
Per quanto ci riguarda noi continueremo nella nostra politica di unità, non modificheremo la nostra linea, anche se la no
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stra posizione è diversa ed anzi, la porteremo avanti con la serietà, il rigore e la puntigliosità necessaria nell’interesse degli istituti autonomistici e del progresso complessivo del popolo siciliano.
FEDE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FEDE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, premettiamo una nota tranquillizzante per il Partito comunista e per l ’onorevole Cagnes. Pare che i rappresentanti del Governo si siano allontanati momentaneamente dall’Aula e ciò, anche figurativamente, può dare l ’idea di che cosa sia diventato il secondo governo Mattarella. Alle consultazioni non è stato invitato a partecipare soltanto il Movimento sociale italiano, sia come partito e sia anche come gruppo parlamentare, la qual cosa è veramente grave.
Proprio in questo momento sono ritornati in Aula i rappresentanti del Governo e quindi mi esimo dal dare anche un significato politico alla diserzione dai banchi, dal momento che siamo in fase non di discriminazione ma di « onorata esclusione dalla vostra compagnia », che, con accenti preoccupanti, è stata definita dal Partito comunista addirittura spostata a destra. Di destra ne esiste una sola ed è quella rappresentata dal Movimento sociale italiano; quindi do atto che il Governo non si è spostato a destra in base ad altre presunte consultazioni ed in questo modo tranquillizziamo il Partito comunista su questa presunta virata.
In tal senso, semmai, potrebbe essere interpretata Tadesione o il voto favorevole del Partito liberale, ma è quest’ultima formazione politica che si rifiuta di definirsi di destra, preferendo la denominazione di gruppo politico del centro, legato alle tradizioni cavouriane del centro-destra e del centro- sinistra e da ciò, evidentemente, ne discende che non c’è alcuno spostamento a destra. Tuttavia c’è, sul piano delle formule di governo e di programma, da stabilire che cosa è la Democrazia cristiana, quando dice di scegliere la continuità, termine dominante nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione, anche se non parla a proposito di questa compagine di centro- sinistra e nega che si tratti di una riedi
zione di quella famosa formula politica. Al contempo la stessa Democrazia cristiana non si definisce di centro, né però ha il coraggio di qualificarsi come un partito di sinistra; d’altronde non vedo come sì possa definire partito di centro dal momento che rifiuta ogni dialogo alla sua destra; essa potrebbe, caso mai, configurarsi, in senso classico, come partito di destra. Altrimenti, se crede in questo schematismo, il partito di maggioranza relativa dovrebbe cercare di porsi nell’ambito del secondo Governo Mattarella alla destra di tutti gli altri gruppi che lo compongono.
Tuttavia noi rifiutiamo di riconoscere la Democrazia cristiana come partito di destra, teso quindi ad occupare lo spazio politico che è stato lasciato al Movhnento sociale italiano, e neghiamo che la Democrazia cristiana possa, con questi programmi e con queste dichiarazioni rese daH’onorevole Mattarella, presentarsi all’opinione pubblica siciliana, e fra non molto italiana, come un movimento politico che ha riacquistato la sua verginità anti-comunista.
Per queste considerazioni cjuando si svolgerà, se si svolgerà, il dibattito sulla violenza, ascriveremo tra gli episodi, ben più importanti a volte di quelli di vera e propria violenza fisica, questa violenza usata dal Presidente della Regione, onorevole Mattarella, nei confronti di se stesso, delle sue idee, delle tradizioni presunte della democrazia e del pluralismo, che ha comportato l ’esclusione dalle consultazioni del Movimento sociale italiano non soltanto come partito, ma anche come gruppo parlameli tare, che rappresenta, oltre ai 305 mila siciliani che hanno votato per questa formazione politica, anche il punto di riferimento di un’area anti-comunista che va ben al di là dei consensi conseguiti dal Movimento sociale italiano nel 1976.
Non voglio con ciò affermare che nel Pr®' sidente della Regione si sia agitata la « bile », « la secrezione della sua cistifellea anti-fù' scista » per discriminare il Movimento sociale italiano; è stata una tattica aprioristica studiata a tavolino, che stamattina non ha dato però i suoi frutti. In sostanza na voluto presentarsi al Partito comunista com® il Presidente di un Governo che non lo cetta nel suo ambito ma che al contempi è capace di fare la faccia feroce al
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mento sociale italiano per rimarcare il suo carattere antifascista. Si tratta della solita « politica del bilancino » (mal copiata alla Regione siciliana), che tenta in ogni caso di far considerare il nuovo Governo come interlocutorio, dal momento che nessuno potrà sostenere che esso sia definitivo.
Tuttavia la differenza tra la discriminazione (presunta) nei confronti del Partito comunista e quella (velleitaria) operata nei confronti del Movimento sociale italiano sta nel fatto che il Partito comunista si è lagnato in quesfAula di tale differenziazione, ritenendo che per le sue prospettive costituisce una posizione politicamente « r i- . voluzionaria » la partecipazione al governo con gli altri partiti, mentre il Movimento sociale italiano, onorevole Mattarella, non si lagna ed, anzi, la ringrazia di questa discriminazione. Noi siamo veramente contenti e le raccomandiamo di comportarsi sempre cosi. Quando una classe dirigente arriva a tale stato di degradazione e ad un simile livello di violazione della concezione democratica e pluralistica non deve mai consultare il Movimento sociale italiano, perché quest’ultimo si onora di essere distinto da tutto il vostro panorama politico, essendo sicuro che il rimanere isolato nei banchi di quest’Aula significa essere maggiormente collegato con la opinione pubblica che di questi « giochi » di potere non ne può più e non vi ritiene uomini politici all’altezza di risolvere la crisi che attanaglia tutta la società italiana e siciliana in particolare.
Pertanto, l’esame del vostro programma sarebbe, veramente, in quest’Aula una recita dal momento che le dichiarazioni rese dal Presidente Mattarella non sono altro che in ripetizione di quelle pronunziate in occasione del varo del governo del compro- niesso storico che sanziona l’alleanza fra la Democrazia cristiana ed il Partito comunista. Certamente la logica congressuale spinge il Partito comunista a fingere di essere Passato aU’opposizione e quella elettoralistica sollecita la Democrazia cristiana, che vorrebbe ancora una volta carpire i voti dell’ slettorato anti-comunista, a far credere di aver rotto la sua alleanza con il Partito comunista, ma i contenuti cui si appellava 1’ onorevole Pullara, stamattina, sono gli stessi del governo del compromesso storico. Non
c’è nulla nei punti fondamentali che sia stato trascurato e non sia stato ribadito, tranne le inadempienze che costituiscono un dato oggettivo e non certamente intenzionale del secondo governo dell’onorevole Mattarella.
D’altra parte, noi non possiamo che promettere (e prendiamo un impegno in tal senso valido certamente non soltanto in Aula ma soprattutto davanti alla pubblica opinione, che sarà chiamata, fra poco, a giudicare il vostro operato) che faremo circolare le sue dichiarazioni programmatiche tra gli elettori, ai quali dimostreremo che la Democrazia cristiana non afferma; ora basta con il Partito comunista; non possiamo più accettare compromessi che collettivizzano la vita politica nazionale e che danno soluzioni ai problemi economici e sociali in base a concezioni cooperativistiche le quali non valorizzano la personalità umana; noi non possiamo più continuare sulla strada di un compromesso che inesorabilmente porterebbe, anche se nell’ambito del pluralismo democratico, la società italiana ad essere una società massificata, ma al contrario dichiara: « noi ci separiamo momentaneamente dal Partito comunista e ci impegniamo a realizzare quanto avevamo contrattato con quest’ultimo ».
Questa continuità dovete sottolinearla durante la campagna elettorale sulle piazze; dovete essere coerenti con quello che avete detto in quest’Aula, anche perché avete inserito, e potevate anche farne a meno, nelle dichiarazioni programmatiche persino i punti squalificanti, i quali dimostrano la inconcludenza, specialmente sul piano operativo, del programma del governo del compromesso storico e di conseguenza del secondo governo Mattarella che ne riprende i contenuti.
Non vi siete vergognati, dopo due anni e mezzo, di riparlare del « problema Sicilia », che, dopo il fallimento della « vertenza Sicilia », avete trasformato in problema (d’altronde non si poteva parlare più di vertenza dal momento che, secondo voi, non esisteva più l’opposizione). Allo stato attuale il problema, dopo tanto tempo è rimasto inalterato sicché si potrebbe definire una sorta di problematica senza vie di uscita.
Questo annoso « problema Sicilia » non è
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stato neppure rettificato in quei punti qualificanti di cui sono emerse le contraddizioni in questi ultimi due mesi e precisamente quando alcune leggi, in modo particolare quella sul decentramento recentemente approvata, hanno dimostrato tutta la loro impossibilità ad essere attuate almeno per determinati aspetti. Per ovviare a queste deficienze si sono dovute approvare anche normative di rettifica, mentre non si è tenuto conto che la legge sul decentramento persegue un’impostazione di fondo sbagliata in quanto il decentramento e la riforma amministrativa sono fatti con gli stessi mezzi, strumenti, criteri e mentalità con cui si è proceduto all’accentramento.
Una legge che voglia trasformare le strutture, e non soltanto i contenuti ideologici, deve sempre prevedere la partecipazione di nuove forze, rendendosi conto che nella realtà siciliana queste ultime non sono più soltanto i partiti politici e le organizzazioni sindacali confederali, ma sono anche le grandi categorie professionali e dei produttori che vengono invitate a discutere i problemi semplicemente in assemblee pletoriche, dove ovviamente non si conclude nulla.
Ad esempio, nelle dichiarazioni programmatiche per quanto riguarda l ’agricoltura, settore in cui si sarebbero dovuti verificare elementi di novità se questo secondo Governo non fosse una riedizione della Giunta del compromesso storico e del centro-sinistra, si ha il coraggio addirittura di accennare che si rimane ancorati alla linea della conferenza dell’agricoltura, mentre proprio quest’assise non ha espresso alcuna linea e non avete potuto approvare neppure un documento finale per l ’impossibilità di raggiungere un compromesso con il Partito comunista.
Certo la nostra non è, come ha detto l ’onorevole Nicoletti, un’opposizione preconcetta, ma al contrario è il vostro un governo cosi preconcetto nei confronti dell' unica opposizione, ancora una volta rappresentata dal Movimento sociale italiano, da non voler dialogare formalmente con essa nel momento in cui procedete alle consultazioni di tutti i gruppi parlamentari.
Partendo da tale considerazione sul vostro governo, se le dichiarazioni programmatiche avessero comportato (cosi come voi intendete far credere agli elettori), almeno in alcuni punti, una novità, un cambiamento.
una svolta, avrebbero dovuto riconsiderare il tema del rapporto associativo in agricoltura che né in quest’Aula né alla conferenza dell’agricoltura è riemerso.
Tuttavia in quella sede non vi siete neppure messi d’accordo sul problema del collettivismo dal momento che l ’argomento, investendo dei principi, rendeva impossibile qualsiasi compromesso; in questi casi bisogna scegliere, però nel momento della scelta è necessario il coraggio che voi non avete. Certo questa sarebbe stata un’occasione utile per esprimere il proprio coraggio e la nostra, a quel punto, non sarebbe stata un’ opposizione preconcetta, come voi la definite.
E’ il vostro immobilismo che ci rende impossibile persino un esame effettivamente serio dei contenuti programmatici delle dichiarazioni dell’onorevole Mattarella.
L’onorevole Cagnes ha parlato di inadempienze, ma non si tratta tanto di inadempienze quanto piuttosto di impossibilità oggettiva a predisporre validi disegni di legge che, ad eccezione di qualcuno, sono il frutto di tendenze opposte, una positiva ed una negativa, che si escludono a vicenda raggiungendo, per riprendere termini fisici, il punto di neutralizzazione. Se una forza politica « tira » per la proprietà privata ed un’altra per la sua disgregazione, su tutta la problematica è impossibile arrivare ad una soluzione chiara e si ottiene l ’indifferenza tra le due spinte contrastanti.
Voi siete arrivati proprio all’immobilismo generato dall’indifferenza per cui queste dichiarazioni, ad esempio, non dicono assolutamente nulla su una delle strutture principali del programma concordato con il Partito comunista: il Comitato della programmazione. Che cosa sta realizzando? Avete, per caso, nelle dichiarazioni programmatiche accennato alle* prospettive di questo organismo burocratico, e non più di partecipazione, elio avete creato? E ’ stato semplicemente il frutto di un compromesso con il Partito comunista e quindi il Comitato di programmazione (e in tal senso le sue dichiarazioni non avevauo necessità di ribadirlo), con la sua struttura burocratizzata, resta immobile senza alcuna possibilità di funzionamento. , ^
Doveva invece emergere dalle sue dicluo razioni programmatiche, onorevole Mattar la, a prescindere dalla fase interlocutore che questo Governo esprime l ’attenzione
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SO alcuni problemi che « esplodono » nella realtà, malgrado i vostri programmi a lunga scadenza e le prospettive aprioristiche che avete abbracciato.
Sulla questione primordiale della casa dovreste fare un esame di coscienza perché l’Italia è l ’unico paese dove non esiste una seria ed effettiva politica della casa; infatti stiamo assistendo allo « spiazzamento » dei piccoli proprietari e dei risparmiatori ed alla contemporanea impossibilità per gli affittuari di diventare proprietari di un’abitazione.
Qual è la politica della casa del secondo Governo Mattarella, sia che lo si definisca 0 no di centro-sinistra? Da dove si evince nelle dichiarazioni programmatiche resistenza di un discorso complessivo che possa consentire a chi non possiede un’abitazione di acquistarla ed ai proprietari che l ’hanno comperata con i frutti del proprio risparmio di mantenerla con la discrezionalità tipica del principio di proprietà? Non esiste nessuna strategia in tal senso. Infatti, da un lato vi sono i pianificatori che intendono l ’equo canone come « coabitazione » e non prendono nessuna posizione nei confronti di questa situazione che ogni giorno diventa sempre più esplosiva e dall’altro vi è chi vuole giungere ad un libero mercato delle abitazioni. Quando manca sulla piazza il prodotto non possiamo impostare una libera politica di mercato, facendo determinare il prezzo degli alloggi unicamente dal gioco della domanda e dell’offerta.
Data questa situazione che cosa può fare immediatamente la Regione siciliana? Sono problemi urgenti la cui soluzione non può essere rinviata al comportamento del suo fecondo Governo, ma deve essere espressa nelle sue dichiarazioni programmatiche soprattutto in presenza delle iniziative dei pregni d’assalto che però, a volte, sollevano problemi reali. Infatti, davanti agli specu- atori che trasformano le strutture abitative ® studi professionali, per far salire alle . i fitti mentre si sa benissimo che ®Véee sono adibite a case per le famiglie, guai è la programmazione portata avanti dal overno regionale? Ricorrerete, come sem-
P alle cooperative indivise oppure, come nrebbe giusto, mettete nelle condizioni chi
alloi possiede il denaro per racquisto di un’Sgio di ottenere le somme mediante un
■Putuo agevolato in modo da permettere que
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sta trasformazione da affittuari in proprietari?
Per fare tutto ciò ci vuole una programmazione. Non possiamo attendere il ritorno dei comunisti al potere o addirittura al Governo in modo che questi ultimi vi impongano una pianificazione di questo settore. Non vi rendete conto che questo è un problema essenziale che deve essere assoluta- mente evidenziato a prescindere da qualsiasi posizione sulla nostra vita sociale?
Il problema dell’occupazione è arrivato a punte di esasperazione davvero aberranti e tuttavia nelle sue dichiarazioni programmatiche, onorevole Presidente ed onorevoli colleghi, non vedo che cosa si preveda per risolvere questa situazione. Possiamo ricorrere a giochi statistici (in questo caso ritorna il discorso di Petrolini sulla statistica) come quello da lei fatto sull’occupazione giovanile che è pregevole, intelligente, furbo, anzi molto furbo, dal momento che si è riportato addirittura ai quindicimila occupati in tutto il sud in base alla normativa sull’occupazione giovanile per dimostrare che in Sicilia si è raggiunto il 27 per cento deH’intera cifra, cioè 4.000 giovani occupati, mentre ha dimenticato (si fa per dire) di rapportarsi al numero dei disoccupati meridionali. Questo significa volere nascondere il sole con la rete!
Si tratta di una dichiarazione che non fa onore a tutta l’impostazione, sia pure non da condividere, della sua relazione. Infatti non significa nulla considerare in quest’Aula come risultato positivo il fatto che 4.000 giovani sui 15.000 occupati in tutto il Sud sono stati avviati al lavoro dalla Regione siciliana; questa può costituire una soddisfazione all’ interno delle forze della sua maggioranza, e quindi del potere, ma dinanzi aH’opinione pubblica lei deve ammettere che sui 125 mila disoccupati siciliani ce ne sono soltanto 4.000 occupati in lavori a tempo determinato (che bel successo è da considerare questo!).
Non avrei neppure citato un simile dato, perché a questo punto non ci possiamo assolutamente accontentare di simili dichiarazioni, in mancanza tra l’altro di prospettive occupazionali per i giovani, se si esclude la legge numero 37 sull’occupazione giovanile. In Sicilia il problema è veramente drammatico, onorevole Presidente, anche perché
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l ’applicazione della legge sulla cooperazione giovanile, in modo particolare quella parte riguardante il settore cooperativistico, malgrado le intenzioni (anche in questo caso abbiamo dimostrato che la nostra non è un’ opposizione preconcetta tanto che stiamo approntando anche noi qualche cooperativa giovanile), si impantana in determinate farraginose pastoie burocratiche.
Onorevole Nicita, io so perfettamente che lei cerca di evitare tutto questo, sciogliendo i grovigli creatisi; ma tutto questo può essere una spiegazione data all’opposizione neU’am- bito di quest’Aula, ma dinanzi alle aspettative della grande opinione pubblica giovanile la legge numero 385 è fallita; però la numero 37, che certamente è migliore della numero 385, pur nei limiti delle sue possibilità di integrazione, non deve avere la stessa sorte. Dalle dichiarazioni programmatiche non si evince un piano operativo che possa effettivamente dare una speranza ai 120 mila giovani disoccupati, a cui vanno aggiunti coloro i quali sono in cassa integrazione.
In queste provvisorie e ripetute dichiarazioni programmatiche era necessario indicare un piano globale che stabilisse, una volta per tutte, se in Sicilia gli insediamenti industriali petrolchimici devono essere considerati un successo o al contrario un fatto negativo; se le acciaierie del Tirreno, trasformatesi in semplici laminatoi, possono rappresentare delle soluzioni alternative rispetto allo sviluppo turistico che in quella zona si doveva favorire; se la centrale elettronucleare che si vuole installare in Sicilia è un fatto positivo tale da originare un dibattito politico oppure una semplice enunciazione. Non si trova nelle sue parole, onorevole Mattarella, qualche cosa che possa delineare la posizione del Governo.
Quindi quello da noi pronunziato è l ’unico discorso di opposizione, perché il Partito comunista ha si avanzato delle critiche, ma che rimangono tuttavia ancora all’interno di una maggioranza, come conferma d’altra parte il fatto che questa forza politica è stata da lei consultata; l ’essere stati esclusi da questi incontri preliminari ribadisce che noi siamo l’unica vera opposizione rimasta in quest’Aula e fuori di quest’Aula. Le rappresaglie, cui eventualmente si ricorrerà, non possono certamente fermare la nostra co
sciente presa di posizione su tutti questi problemi che non sono per niente sfiorati anche per dare qualche elemento di novità| dalle dichiarazioni programmatiche. La nostra, ripeto, non è una opposizione precon- cetta, lo sono semmai il vostro Governo e la vostra maggioranza.
Per quanto riguarda la seconda espressione adoperata dall’onorevole Nicoletti prima delle dimissioni del Goveimo Mattarella, il quale aveva parlato di opposizione preconcetta e senza contenuti, siamo andati a cercare i contenuti, che non esistono, nella relazione programmatica del Presidente della Regione. Noi invece abbiamo proposto le nostre soluzioni alternative. Ad esempio, senza tema di smentite, siamo in condizioni di affermare che possono non essere accettate, anzi è possibile condannarle e sostenere che la nostra interpretazione di programmazione corporativa e integrata è dettata da una visione distorta e da una concezione sbagliata del concetto di corporativismo, ma non si può dichiarare che nei confronti degli enti economici e della spesa pubblica che doveva essere ridotta non abbiamo prospettato soluzioni alternative.
A nostro avviso, anche in questo caso il problema è vostro; se, infatti, vi chiedessimo qual è la vostra politica nei confronti degli enti economici (dimenticando anche per qualche minuto, con un certo sacrifìcio, d> ricordarvi gli scandali e di rinfacciarvi che erogate continuamente miliardi a questi enfi parassitari per pagare i salari ai dipendenti che non lavorano) voi, che invece siete ricchi di contenuti, non sapreste quale soluzione indicarci per risolvere il problema.
Noi ve ne potremmo proporre una: la pr>' vatizzazione degli enti e delle aziende regionali e la loro contemporanea socializ®' zione mediante la partecipazione alla gestione e al profitto da parte dei lavoratori.
In questo modo si attuerebbe un coraggio ® invito alla corresponsabilità per tutti i pendenti; infatti, se li si fa protestare senr plicemente per il varo di ulteriori leggi ® rifinanziamento mediante delle manifestaZJO' ni di piazza in cui si ricorre pure al suono dei tamburi, questi lavoratori non si r®®' deranno mai responsabili e consapevoli on il processo produttivo attualmente non ste più nelle aziende collegate.
Quindi discutiamo almeno su una proP®
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sta chiara, precisa, che può anche non essere accettata, in modo da bloccare l ’eccessiva spesa pubblica che ha completamente depauperato le finanze della Regione siciliana. Non capisco come non consideriate questi dei contenuti, mentre voi, invece, siete soltanto fautori della ordinaria amministrazione, della continua politica del giorno per giorno. Forse considerate questi ultimi dei contenuti?
Come potremmo definire l ’attuale formula dal momento che non è né di compromesso storico, né di centro-sinistra, né di sinistra, né di destra? Potremmo dire che il secondo governo dell’onorevole Mattarella è un governo qualunquista.
Tuttavia vi dico che il qualunquismo ha maggiori contenuti dei vostri perché coglie un aspetto non superficiale, forse fuori dagli schemi ideologici, presente in certe parti del popolo italiano sia di destra che di sinistra. Come substrato politico ed ideologico siete inferiori allo stesso qualunquismo.
Siete semplicemente il potere! Tuttavia il potere di per sé non costituisce un contenuto ma ha bisogno di una sua filosofia, magari deteriore, e, se volete, di una vera e propria arte che voi neppure avete quando, molto apertamente e a volte sfacciatamente, per restare al vostro posto cercate senza fantasia di ripetere le vecchie formule del 1948, riprese nelle altre campagne elettorali e che verranno riesumate anche in questa, nel tentativo di far capire ai « gonzi », che per fortuna sono sempre meno Ilei nostro Paese, che avete riacquistato una vostra verginità ideologica per poter meri- tare ancora una volta i loro voti.
Quindi, onorevole Mattarella, il suo sesondo Governo non è il frutto di una fase interlocutoria proiettata verso un periodo di Maggiore sviluppo, ma è un Governo che non esprime niente, che nei suoi contenuti nipote il precedente e che dunque non può apportare alcuna novità che sia degna di èssere sottoposta alla nostra riflessione.
Pertanto non siamo noi con i paraocchi n® intendiamo rimanere cristallizzati nelle nostre posizioni, ma piuttosto siete voi che non vi muovete, che non riacquistate la nntra identità sul piano ideologico e sul pia- ° politico, tanto che, quando volete cam
biarisfrutti
qualcosa, avete bisogno persino di'ire, nei momenti drammatici, episodi
dolorosi, come sta avvenendo con la morte dell’onorevole La Malfa.
Non possono essere confuse le situazioni; voi dovete prendere una chiara posizione politica indipendentemente dalla emozione dettata dagli affetti, dichiarando esplicitamente ai siciliani in quale contesto il vostro Governo, che è un centro-sinistra sia dal punto di vista formale che dei contenuti, intende muoversi e quale significato assume la partecipazione in Sicilia del Partito socialista, fenomeno che non si verifica nel resto dell’ Italia. Dovete spiegare questa situazione, perché la incomprensione del linguaggio crea sempre di più una frattura tra la classe dirigente e la pubblica opinione. Tutte le discriminazioni non possono che rafforzare questo iato, oltre il quale però si colloca il Movimento sociale italiano. Per queste considerazioni ancora una volta, come abbiamo già fatto in apertura del nostro intervento, la ringraziamo, onorevole Mattarella, e le raccomandiamo di non consultare mai il Movimento sociale italiano tutte le volte che Ella presiederà un governo di questo tipo.
AMATA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
AMATA. Signor Presidente, onorevoli colleglli, la crisi di governo che sta per chiudersi è la più breve che la Sicilia ha vissuto negli anni della sua autonomia.
Il modo fulmineo con cui i quattro partiti, che componevano il precedente governo, si sono accordati per ricostituirne uno nuovo, che poi nuovo non è, ma che è la copia esatta del precedente, non costituisce una prova di solidità e di compattezza dei partiti che formano la maggioranza di governo: è invece esattamente il suo contrario, è cioè una prova evidente di fragilità politica e di debolezza.
Se questo Governo si è potuto formare cosi rapidamente (e paradossalmente non è stato impallinato già al momento della sua elezione da un fuoco di sbarramento dei franchi tiratori assai più intenso di quello che, pur notevole, c’è realmente stato, essendo stati alcuni dei suoi componenti salvati dal voto della pattuglia di « compie-
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mento » di Democrazia nazionale) ciò è avvenuto perché è considerato e definito generalmente, e all’interno della stessa maggioranza, come un Governo transitorio, di parcheggio che dovrebbe vivacchiare in attesa degli sviluppi della situazione.
Presidenza del Vice Presidente PINO
Da un governo che nasce sulla base di tali presupposti non sarà molto verosimilmente possibile aspettarsi grandi svolte nel modo di operare, ma una gestione sciatta e ancora più di corto respiro. Congelato il governo, anche in alcuni dei suoi membri più chiacchierati, congelato il programma con qualche piccolo aggiornamento e qualche dichiarazione di buona volontà, come abbiamo sentito dalle parole del Presidente della Regione, sembra di poter vedere già nascere da questi fatti il leit-motiv che sentiremo riecheggiare spesso in quest’Aula e fuori di qui.
Insomma, ci si dice, e qualcuno lo ha già detto: stesso programma (e per di più aggiornato) della maggioranza politica democratica che comprendeva anche il Partito comunista, stesso Governo, rispetto a quello eletto con i voti comunisti, ma allora che coerenza è mai quella del Partito comunista che ha votato contro il secondo governo Mat- tarella in tutto e per tutto identico al primo e che voterà contro le dichiarazioni programmatiche?
E’ questo un ragionamento che potrà soddisfare solo chi è rimasto arenato sulle secche della logica formale, non chi, come noi, ritiene che la storia si muova lungo vie non cosi lineari e più precisamente lungo le vie del materialismo storico e dialettico.
Relativamente all’obiezione che si tratti dello stesso governo, appunto, signor Presidente, onorevoli colleghi, proprio quel governo, sulla cui composizione, pur votandolo, esprimemmo serie riserve, ha pesanti responsabilità nello svuotamento che si è andato verificando delle scelte che l ’Assemblea regionale andava compiendo, ora appiattendole in una gestione distorta e dispersiva (le circolari assessoriali), ora immiserendole in accanite faide di potere, ora guardando, più che alla grande prospettiva autonomista, ai
più corposi e concreti problemi di una logica mercantile.
Proprio perché questo Governo aveva dato in molti suoi componenti una simile prova, bisognava avere il pudore di non ripresentarlo senza avervi operato prima quelle operazioni di bonifica che erano necessarie. Non si è avuto il coraggio di cambiare ed è questo uno dei tanti motivi che ci hanno indotto a passare all’opposizione.
Relativamente aU’obiezione che si tratti dello stesso programma, che senso politico ha riproporre, con qualche « imbellettamen- to », un programma che è di un anno fa, che in alcuni suoi aspetti è stato tradotto già in norme legislative importanti e ancora in parte inattuate, che in altri è reso obsoleto dall’incalzare dei fatti economici, che in molti dei suoi passaggi più importanti non si è realizzato per resistenze ostinate e accanite di ampie zone degli stessi partiti che formano il Governo?
Si può realisticamente pensare che un programma, che avrebbe dovuto reggersi f attuarsi sulla volontà politica dei partiti democristiano, socialista, socialdemocratico, re- pubblicano e comunista, che richiedeva un grande sforzo e una decisa determinazione, al contempo nella concordia e nella dialettica, per attuarlo integralmente, che avrebbe potuto realizzarsi a condizione che si ottenesse un saldo fronte unitario di forze politiche e di masse sociali, deciso a procedere sulla stessa strada della più completa unita autonomistica, avrete la forza e ancora pi> la volontà politica di attuarlo, basandovi, come fate, su un quadro di riferimento politico che è certamente assai più debole, contraddittorio e arretrato rispetto a quello pr ' cedente?
Usciamo dunque dal facile nominalismi’; i punti chiave di questo programma, che , una copia sfocata del precedente, sono i nòdi veri della crisi sui quali abbm® dovuto registrare la vostra totale chiusum Altro che ridurre tutto a banali esempli"^, zioni della nostra linea politica del comunisti chiedevano di entrare nel goyet | la Democrazia cristiana ha risposto di d®- comunisti hanno messo in crisi gover'co maggioranza. Ben altra sostanza, ben respiro autonomistico c’è stato nella decisione di uscire dalla maggioranza; et . oggi e si noterà ancora nei nostri coOP ,
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tamenti di intransigenza e di costruttività verso gli atti del governo e dei partiti che lo sostengono.
La rottura della maggioranza autonomista, quindi, si è determinata in primo luogo proprio su alcuni dei punti programmatici, che ora, genericamente, si ritrovano nelle dichiarazioni del Presidente Mattarella, i quali, introducendo i primi decisi elementi di una programmazione democratica dell’ economia, restringendo l ’area dell’accentramento e della discrezionalità, allargando l’area dei poteri democratici, del controllo e della partecipazione democratica e popolare, avrebbero potuto portare, se realizzati, colpi possenti al sistema ed al blocco di poteri esistenti, responsabili in primo luogo di gran parte dei problemi che travagliano il popolo siciliano.
11 programma quindi non è lo stesso: nella sostanza, almeno, se non addirittura nella forma, non è il progranuna della maggioranza autonomistica. Il Governo, questo si, è identico: sembra proprio che in questo caso si possa dire che è un abito buono per tutte le stagioni. E’ fin troppo evidente che con questo governo, con questo programma, con questo quadro politico, non vi sarà possibile affrontare e combattere efficacemente l ’emergenza che nella realtà siciliana ha ancora aspetti di eccezionale gravità.
Dicevo in precedenza che la fase di grave arresto del processo autonomistico si è prodotta, ancora prima del rifiuto democristiano al governo dell’autonomia, sui contenuti del programma concordato, sulla mai sopita volontà del partito della Democrazia cristiana in primo luogo, ma anche degli altri partiti di governo, di non applicare e, in alcuni casi, di sabotare quanto di positivo, e on era poco né di poco rilievo, si veniva
realizzando. La crisi si è prodotta fondamentalmente sulla pratica dilatoria e, nei fatti, ®al rifiuto di volere dare risposte positive,
equivoche né tanto meno elusive sui aodi programmatici e politici che noi chiedevamo venissero sciolti.. questi problemi che non si sono voluti
‘’jsolvere, quello riguardante la politica agra- ha della Regione e la definizione di altri li- dtli istituzionali di gestione è uno dei più ecisivi. E ’ stato questo uno dei punti più cuti dello scontro politico anche durante la
fase della maggioranza autonomistica. E ’ stato questo uno dei punti di più acuto contrasto nelle discussioni e nel dibattito che hanno preceduto la crisi. E ’ questo uno dei punti sui quali vi inviteremo a dare, innanzitutto ai lavoratori delle campagne ed alla società siciliana nel suo complesso, risposte che non abbiano più i tratti del clientelismo, del parassitismo, dello spreco, della corruzione.
La questione agraria è certo un problema centrale nel futuro economico e sociale della Sicilia e dell’intero Paese. Ma anche in questo caso, onorevole Mattarella, guardiamo alla sostanza del problema fuori da ogni nominalismo verbale su cui l ’accordo non è difficile mentre l ’equivoco e l ’ambiguità sono invece certi. Sulla centralità deH’agricoltura siamo d’accordo. Ma come si realizza qui in Sicilia e ora, nei prossimi mesi, nei prossimi anni questa centralità? Attraverso quali atti politici concreti? Su quali forze sociali operanti in agricoltura si intende prevalentemente puntare? Su quale struttura agraria? Su quale architettura istituzionale? A quale modello di sviluppo economico dovrà richiamarsi? Con quali priorità? Chi dovrebbe gestirla cjuesta centralità? Ancora l ’Assessorato deH’agricoltura, nella sua attuale struttura, e questo Assessore, del quale il meno che si possa dire è che non sembra essere in grado di potere gestire nemmeno una minuscola azienda agricola? Ancora con gli Ispettorati provinciali per l ’agricoltura cosi come sono e con i Consorzi di bonifica?
Di tutto questo non c’è traccia nelle dichiarazioni dell’onorevole Mattarella e quando vi è si tratta di risposte che lasciano intuire la volontà di difendere tenacemente Desistente, allorché si sa fin troppo bene che quello che esiste, quando non è fallimentare, è certamente inadeguato a far fronte ai nuovi compiti.
Si è detto che è necessaria una rigorosa programmazione ed un’altrettanto rigorosa finalizzazione delle risorse. Ma anche in questa ipotesi, onorevole Mattarella, bisogna andare fuori dal nominalismo e dalle astratte petizioni di principio. Noi siamo d’accordo con quanto da lei dichiarato nella relazione introduttiva della recente Conferenza dell’ agricoltura; è vero, infatti, come lei dice che: « La Sicilia è una regione che ha scelto il metodo della programmazione in via definitiva e ove siede un apposito comitato
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in atto impegnato nella stesura del documento di linee, principi ed obiettivi, che dovrà divenire la base del piano di sviluppo e il punto di riferimento del bilancio poliennale della Regione, di cui alla legge numero 47. Tutte queste sono le sedi nelle quali le scelte dell’agricoltura, come quelle degli altri settori, dovranno trovare collocazione e insieme opportuno coordinamento fra loro ». Siamo d’accordo con l ’altra sua affermazione fatta nel corso delle sue conclusioni della conferenza che è necessario « che una programmazione di sviluppo agricolo sia saldamente connessa con la programmazione di uno sviluppo complessivo della nostra Regione ». Tuttavia affermare questi intenti non basta; ci vogliono indicazioni assai più concrete, meno sfuggenti e soprattutto atti politici e comportamenti amministrativi conseguenti e coerenti con quelle affermazioni di principi.
A tal proposito, le chiedo, onorevole Presidente: ritiene che vada nel senso della programmazione quella delibera portata dall’ Assessore Aleppo al Comitato per la programmazione, che tenta di sottrarre a qualsiasi controllo democratico un monte di stanziamenti pari ad oltre un quinto deU’intero bilancio della Regione? Delibera talmente impresentabile da essere da lei stesso ritirata in un primo tempo, ma che poi, per evidenti e facilmente intuibili ripensamenti, che costituiscono di per sé un fatto politico assai grave, è stata riproposta tale e quale.
Oppure sono nel senso della programmazione i programmi della legge numero 23 del 1978 o quelli relativi agli articoli 4, 34 e 35 della cosiddetta legge di emergenza, che, con un ritardo enorme, sono stati predisposti dall’Assessore all’agricoltura ed approvati dal suo Governo?
Non le sembra, invece, che tali programmi, che è bene ricordare mobilitano la somma non indifferente di oltre 111 miliardi, costituiscano un esempio palmare di dispersione in mille rivoli della spesa pubblica in agricoltura, la prova concreta che non si vuole affatto cambiare il modo di governare e quindi non le pare che le sue affermazioni di muoversi nel senso della programmazione sono solo pure e semplici affermazioni verbali che i fatti si incaricano di smentire ampiamente?
Certo, sappiamo bene che questi, anche
se in negativo, sono aspetti rilevanti, ma certo non decisivi rispetto alle esigenze di una programmazione generale dell’economia e in particolare dell’agricoltura. Sappiamo bene che molto non dipende da noi; che la nostra agricoltura vive in un sistema dualistico e squilibrato tra aree forti ed aree deboli, tra industria e agricoltura, tra agricoltura forte e protetta e agricoltura debole e svantaggiata.
Sappiamo pure che il quadro di riferimento europeo e nazionale non ci è favorevole; mi riferisco alla politica della Comunità economica europea, al sistema monetario europeo ed ai suoi effetti perversi nei confronti dei sistemi agrari più deboli; mi riferisco in campo nazionale alle scelte antimeridionaliste compiute nel piano triennale, che penalizzano il Mezzogiorno e l ’agricoltura, limitandosi alle vecchie ricette dell’intervento straordinario e dell’assistenzialismo, a causa delle quali le popolazioni meridionali hanno pagato cosi grandi tributi in termini umani e materiali.
Tutto ciò è acquisito per chi come noi, qui, aH’Assemblea regionale, ha votato di recente quel documento cosi critico sul Piano triennale ed è acquisito, sembra, anche dal Governo della Regione, se è vero che il Presidente della Regione lo ha ribadito, e in termini che abbiamo apprezzato, alla Conferenza deU’agricoltura e anche ieri sera nel corso delle sue dichiarazioni programmatiche.
Tutto ciò è vero, signor Presidente, onorevoli colleghi, ma per quello che dipende dalla Regione, quale può essere il giudizio che si può dare sul concreto operare non certo programmato ma disarticolato, pragmatistico e dispersivo con cui si è proceduto e si intende procedere? L’onorevole Mattarella ha ragione quando sostiene, come ha fatto alla Conferenza dell’agricoltura, che si impongono « scelte rigorose in fatto di programmazione agricola, ma allo stesso tempo uno stretto collegamento fra questa e gli obiettivi della programmazione regionale, la cui adozione definitiva come metodo è stata consacrata dalla legge numero 16 del 1978 ». Ma quali e quante sono state queste scelte rigorose, onorevole Mattarella’ Qual è il disegno di programmazione agricola che propongono i partiti della maggio' ranza?
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Pare a noi evidente che questo disegno non ci sia, che non si proponga alcuna programmazione e finalizzazione degli interventi, che non ci sia la volontà di convogliare le risorse e gli interventi della Regione in direzione di investimenti produttivi, che emerga invece con chiarezza la volontà di limitarsi a gestire resistente e a gestirlo con le distorsioni e le incapacità di sempre. Non esiste alcun disegno di riforma istituzionale dell’intervento pubblico nell’ agricoltura e della sua gestione democratica e non poteva esserci, se è vero che alla Conferenza per l’agricoltura lo scontro più acuto si è manifestato proprio sui temi del decentramento.
Non esiste alcun progetto di programmazione strutturale e infrastrutturale in agricoltura; in primo luogo per quanto riguarda la realizzazione delle grandi infrastrutture a servizio dello sviluppo agricolo; mi riferisco alle dighe e ai piani per l ’irrigazione, a quel settore, cioè, in cui l’intreccio e10 scontro di interessi mafiosi e clientelari, differendo continuamente negli anni la possibilità di irrigare molte decine di migliaia di ettari di terreno, ha avuto ed ha effetti assai pesanti per lo sviluppo della nostra agricoltura, con un prezzo altissimo per i contadini.
In questo caso, valga per tutti un esempio, quello della diga Nicoletti, che conosco meglio perché si è verificato nella mia provincia: conquistata dalle lotte dei contadini e dalle popolazioni di una vasta area della provincia, è ancora assolutamente inutilizzata, perché la rete irrigua, costata vari miliardi, all’atto del collaudo è saltata integralmente per vizi di progettazione o di realizzazione, su cui la Magistratura sta indagando e ci auguriamo possa accertare definitivamente e in modo inequivocabile le responsabilità da colpire in modo esemplare.11 primo grave effetto di tutto ciò è che 1 invaso è pericolosamente stracolmo d’acqua lie i contadini non possono utilizzare.Per quanto riguarda la riforma del cre
dito agrario, che è uno dei nodi centrali, una delle condizioni di base per un diverso ® realistico sviluppo dell’agricoltura sici- duna, anche in questo caso noi condividiamo, 'Unite delle affermazioni del Presidente Mat- urella alla Conferenza per l ’agricoltura, ma ®li affermazioni sono rimaste fino ad ora
lettera morta. Dov’è, onorevole Mattarella, il disegno di legge governativo sul credito agrario? E quanto dovremo ancora attenderlo?
Altrettanto grave è la situazione per quanto riguarda l ’iniziativa della Regione nei confronti dello Stato per una ben maggiore incentivazione della ricerca scientifica in agricoltura; per quanto riguarda iniziative concrete da adottare in Sicilia per la diffusione nel mondo contadino delle conoscenze culturali e delle acquisizioni tecnologiche che pur si vanno avendo; per quanto riguarda un serio progetto di assistenza tecnica ai contadini, latitanza maggiormente significativa in quanto l’Assemblea regionale già da tempo ha approvato una legge importante sull’argomento, che l ’Assessore si dà ampiamente da fare per non applicare.
In questo quadro di assenza di un disegno organico e unitario di intervento in agricoltura si inserisce e sostanzia il nostro giudizio negativo causato dalle inadempienze e dai seri ritardi che hanno caratterizzato l ’azione del Governo. Abbiamo ascoltato nelle dichiarazioni del Presidente della Regione affermazioni che avevamo più volte sentito: all’atto della costituzione del suo primo governo, nella relazione e nelle conclusioni della Conferenza dell’agricoltura. Quegli impegni, ripetutamente assunti, non sono stati mai mantenuti.
Qui l ’elenco delle cose non fatte è lungo. Proverò per grandi linee a ricordare le inadempienze più gravi.
1) Per quanto riguarda le direttive Cee, la Regione siciliana ha ormai accumulato in questo campo un ritardo assai lungo, quantificabile in termini di anni, non di mesi. Il Parlamento nazionale ha già provveduto a recepire le quattro note direttive comunitarie che mobilitano varie decine di miliardi, già nel 1975 con la legge numero 153 e nel 1976 con la legge numero 352. Molte altre regioni hanno approvato leggi di rece- pimento; la Sicilia ha varato solo la legge numero 73 del 1977 sulla assistenza tecnica, peraltro, come detto, assolutamente inapplicata. Il danno che questo ritardo comporta per l’agricoltura di montagna, per le zone depresse, per l ’agricoltura in genere è enorme e non è più ulteriormente tollerabile.
2) Per quanto riguarda la legge Quadrilo-
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glio, anche in questo caso il ritardo del Governo è assai grave ed ha l’effetto di tenere congelati oltre 50 miliardi, che, se investiti rapidamente e proficuamente, avrebbero di certo effetti benefici su molti e importanti comparti produttivi. Il Presidente Mattarella non ha fatto cenno, se non di sfuggita, a tutto ciò.
Non ha fatto nemmeno cenno a quello che è lo stato attuale dell’applicazione delle leggi agrarie; la numero 24, la numero 36 e la numero 88. In questo campo sembra a noi di potere affermare che non è ipotizzabile solo un puro e semplice rifinanziamento di queste leggi, che sono certo leggi assai importanti, che hanno avuto vaste rifluenze positive sull’agricoltura siciliana, ma che alla luce deH’esperienza di questi anni necessitano di sostanziaii revisioni in assenza delle quali rischiano di vedere nel futuro vanificati gli effetti che si intendono produrre.
3) Per quanto riguarda le terre incolte, anche in questo caso siamo in presenza di una latitanza grave del Governo che, dopo vari mesi dall’approvazione della legge nazionale numero 440 dell’agosto del 1978 sulle terre incolte, abbandonate o insufficientemente coltivate, non ha predisposto nessun disegno di legge. Ed è questo un settore nel quale, al di là di facili illusioni e di amplificazioni che noi non abbiamo mai né coltivato, né contribuito a diffondere, esistono tuttavia consistenti aree agrarie della Sicilia, soprattutto nelle zone della Sicilia interna, che possono essere rimesse a coltura e ricondotte a produttività.
C’è in questo campo, oltre all’evidente volontà politica di non intervenire con una legge della Regione per non turbare la quiete di certa proprietà fondiaria assenteista, un tentativo altrettanto evidente da parte del Governo e del suo Presidente di minimizzare l ’ampiezza del fenomeno. Quest’assenza legislativa costituisce per molti aspetti una grossa remora all’attuazione della nostra legge numero 37 sull’occupazione giovanile, che sulla cooperazione agricola e sul recupero produttivo di certe zone della Sicilia riponeva molte delle sue possibilità di risposte positive alla domanda di lavoro che ci viene dalle nuove generazioni.
Ritengo a questo proposito di dire, anche se sommariamente e per inciso, che la
gestione grigia e burocratica che il Governo ha fatto di questa legge importante e positiva, cosi come della legge nazionale, e il modo impacciato, contraddittorio e non convinto che ha caratterizzato l ’azione del Governo costituiscono un fatto politico assai grave e una risposta miope e autolesionista fornita ai giovani che chiedono lavoro e che si organizzano per costituire strutture produttive. Di queste inadempienze assai gravi vi chiameremo a rispondere non solo a noi qui nell’ambito dell’Assemblea regionale, ma nei confronti delle masse giovanili della nostra Isola.
4) Per cjuanto riguarda la riforma degli incentivi e l ’unificazione della legislazione, si trattava di impegni già assunti daH’ono- revole Mattarella all’atto della costituzióne del suo primo Governo: non sono stati mantenuti. Erano impegni ribaditi dall’onorevole Mattarella alla Conferenza per l ’agricoltura: sono passati quasi due mesi e non si è visto nulla.
Per quanto concerne il nostro Partito noi condividiamo — ed è stata, del resto, sempre una nostra posizione — l’impostazione che l ’onorevole Mattarella ha dato a questo problema alla Conferenza per l’agricoltura. Diceva il Presidente Mattarella testualmente; « La riforma degli incentivi è cosa che possiamo realizzare subito». Ma ancora oggi perfino lo stesso disegno di legge governativo in materia è di là da venire. -
Diceva ancora l ’onorevolé Mattarella: « Riordino della legislazione non vuol dire ovviamente unificazione in termine letterale...; riordino significa semplificazione della legislazione, significa revisione della stessa in direzione della classificazione dei beneficiari della legislazione agricola, significa renderla più accessibile, renderla più attuabile, renderla ‘più semplice nella sua esecuzione perché gli effetti voluti e le scelte realizzate a livello legislativo possano rapidamente pervenire a quella che è la realtà viva ed operante dell’agricoltura ed anche perché qrie- sto dia certezza a chi opera in agricoltura *■
Si imponeva, quindi, come indispensabile un’urgente iniziativa (sto riportando aiicfie in questo caso le sue parole); ebbene, è avvenuto nulla nemmeno in questo cainpe’ Il silenzio del Governo è assoluto.
5) Per quanto riguarda rassociazionisi®® dei produttori agricoli, è dell’ottobre scoi
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la legge nazionale numero 647 che detta norme ed eroga provvidenze e contributi a favore delle associazioni dei produttori. Il Governo della Regione non ha ancora predisposto il disegno di legge di recepimento e di attuazione.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, non credo sia possibile, occupandoci dello stato dell’agricoltura in Sicilia e delle sue prospettive, non rilevare la lentezza esasperante dei flussi di spesa e della dispersione clientelare delle ingenti risorse che la Regione mobilita nel settore. Gravano sulla nostra agricoltura e sulle sue prospettive il peso e le remore di una gestione dell’Assessorato dell’agricoltura che già molte altre volte, ultimamente anche nelle dichiarazioni del nostro capogruppo compagno Russo sulle dimissioni del precedente Governo, abbiamo definito in termini assai duri di denuncia politica e di denuncia del molto di torbido che vi si svolge.
Ribadiamo che non è più tollerabile che l’organo che dovrebbe presiedere al Governo dell’agricoltura siciliana non abbia le caratteristiche di un centro rigoroso di programmazione di spesa ed abbia invece assunto i tratti di un « foro boario », in cui vengono combinati affari, in cui le pratiche non vengono istruite se non per una sorta di predestinazione, ih cui alcuni e pochi progettisti hanno la singolare fortuna, che dovrebbe esserci. davyafb’ spiegata, di trovare sempre per i loro progetti tutti i semafori verdi nei ''ari passaggi che vanno dalla progettazione al finanziamento.
E' noto a tutti e lo è soprattutto ai piccoli coltivatori che le provvidenze previste dalle ''arie leggi agrarie hanno già binari prefe- fifi su cui corrono e che portano sempre '’erso alcuni gruppi privilegiati, frequente- ®'ente e abbondantemente beneficiati.
Cito ancora il Presidente Mattarella: « Il Problema è cfuello di far si che le ingenti risorse raggiungano il fruitore finale ». A
parere, non è esattamente questo, onorevole Mattarella, il problema vero, per- pé non mi pare ci sia dubbio sul fatto che e ingenti risorse arrivino al « fruitore fì- ale », ma spesso anche al «fruitore melano ». p problema politico vero è quello
far si che cambi o che almeno, si allar- g |1 campo di coloro che sono i « fruitori ®riali » in modo che le somme non solo ar-
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rivino anche ai piccoli coltivatori, ai contadini, alla piccola e media imprenditoria agraria, ma che vi giungano senza intermediazioni e con altrettanta celerità di quella che per ora esiste nei confronti delle grandi aziende agrarie e dei grossi proprietari terrieri.
L ’agricoltura siciliana ha bisogno di tante cose: di diventare davvero problema politico centrale del nostro sviluppo economico, di una seria programmazione delle risorse e degli interventi, di riforme del sistema degli incentivi, di semplificazioni legislative e procedurali, di riforma del sistema burocratico e amministrativo, di decentramento in direzione dei comuni e del nuovo ente intermedio.
Ma ha bisogno anche di competenza e di correttezza, di trasparenza amministrativa, di liberarsi di un sistema clientelare e dispersivo, che costituisce fertile terreno su cui può attecchire e svilupparsi la pianta della corruzione. La risposta che a tutto ciò ci viene riproposta è ben lontana dall’essere accettabile e rivela l’ostinata volontà di procedere sulla strada fallimentare e dagli effetti perversi che è stata fin qui seguita. Contro questa logica e questo modo di governare noi ci batteremo con grande energia e con il necessario rigore.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, il quadro fin qui tracciato, in genere negativo e preoccupante, costituisce una prima chiara smentita all’accusa rivoltaci di avere ricercato forzature evidenti ed adeguamenti meccanici alla situazione nazionale e di avere provocato la crisi sollevando solo questioni di formule. E ’ di tutta evidenza, almeno per chi è immune da tentazioni propagandistiche, che non è cosi e che la crisi si è determinata anche ed in larga misura per le chiusure vostre ai problemi di contenuto profondo e riimovatore che noi ponevamo.
Questa chiusura al nuovo, questa vostra ostilità a fornire risposte serie, rigorose, progressive ai problemi che ci vengono dalla realtà siciliana sono, state ribadite ancora ieri sera dal Presidente della Regione. E la chiusura è netta, inequivocabile, al di là di qualche buona intenzione e di qualche petizione di principio che non modificano la sostanza delle cose. ,
E ’ questa la ragione vera della crisi e della
(SOO)
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nostra uscita dalla maggioranza. E’ questa vostra paura del nuovo, è questa vostra te' nace difesa di tutto resistente, anche quam do è palesemente indifendibile, che ha provocato questa attuale grave battuta d’arresto del processo autonomistico, che è vivo e radicato nella società siciliana e di cui noi non abbiamo smarrito né l’ispirazione, né le direttrici, né lo spirito unitario. Abbiamo la preoccupazione che tale ispirazione e tale spirito unitario abbiano subito un brusco offuscamento negli altri partiti autonomistici.
Il nostro modo di stare all’opposizione, lo spirito costruttivo che ci animerà, lo stesso rigore che avremo sempre nei confronti di ogni vostro atto politico e amministrativo, la stessa intransigenza che manifesteremonel combattere ogni eventuale tendenza alledegenerazioni che hanno sempre caratterizzato maggioranze politiche che escludevano pregiudizialmente il nostro Partito, saranno animati da una profonda ispirazione autonomistica, tesa a cancellare questa fase negativa, che ci auguriamo breve, del processo unitario ed a recuperare un quadro di rapporti realmente unitari fra i partiti autonomisti, nel quale siano sconfitte tutte le discriminazioni e si affermi realmente la pari dignità di tutti.
L’onorevole Nicoletti, nel corso del suo intervento, durante il dibattito sulle dimissioni del precedente governo, sosteneva che il nostro Partito, ponendo la richiesta di una sua partecipazione diretta al Governo, avesse anticipato troppo i tempi della maturazione di una tale prospettiva e nel porre questo problema il nostro partito avrebbe dimostrato, secondo Nicoletti, di avere smarrito il respiro storico del disegno autonomistico.
Ora, a parte la considerazione che i tempi storici dell’onorevole Nicoletti e della Democrazia cristiana sono cosi lontani e indefiniti e proiettati in un futuro che appare assai remoto, sembra a noi evidente che i tempi storici della Democrazia cristiana siciliana non possono pretendere di coincidere sempre e comunque con i tempi della realtà siciliana, delle sue esigenze, dei suoi problemi, del suo stato di emergenza, oggi e, forse, nei prossimi anni.
Queste esigenze del presente e dell’im- mediato futuro, oltre che delle prospettive di più lungo periodo, noi abbiamo avuto ed abbiamo presente e ad esse bisogna dare oggi.
e non proiettandole nei « tempi epocali » dell’onorevole Nicoletti, risposte complessive ed adeguate. Mi sembra che, proprio perché noi vi crediamo fermamente e anzi ci batteremo per non disperdere le motivazioni originali che hanno caratterizzato il nostro processo politico, proprio perché difendiamo e valorizziamo tutto quello che di positivo, nel clima politico e nelle realizzazioni, si è ottenuto in Sicilia in questi anni di sviluppo del processo unitario al quale abbiamo dato il nostro contributo costante, costruttivo ed appassionato, non può esserci rimproverato di avere smarrito la prospettiva autonomista. Noi non l ’abbiamo smarrita. E ’ la nostra prospettiva anche oggi, allorché ne registriamo una grave battuta diarresto.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Presidente della Regione ieri sera, parlando della caratterizzazione politica del suo governo ha evitato, con una certa abilità, di pronunziare quella definizione che, avendo ormai assunto pregnanza unanimemente negativa, sembra quasi sconveniente: centro- sinistra. Ci ha assicurato che il suo governo non ha i tratti di un governo di centro- sinistra, perché non si può dare — ha detto nella sostanza — la medesima connotazione a fatti che, pur presentandosi apparentemente simili, in effetti hanno sostanza politica ben diversa, perché diverse ne sono le condizioni storiche e politiche in cui si sono prodotti.
Anche noi pensiamo che ciò non sia corretto, anche perché rifuggiamo da facili identificazioni che, appunto, in quanto facili, P°' irebbero rivelarsi superficiali ed errate. Cer to, questo governo non può essere sbrigati' vamente catalogato come un governo di centro - sinistra, in consideraziione del solo che è formato dai medesimi quattro partiti; Ma l’onorevole Mattarella ci consentirà rilevare che nel governo che Lei presieda e nello schieramento politico che lo sostieni sono presenti tutte le condizioni, pregiudj' ziali anticomuniste comprese, perché tal® identificazione, che per ora è solo formalfi’ possa diventarlo anche nei fatti.
Sappiamo bene che varie tentazioni questa direzione sono ben presenti airintei”®® della maggioranza, ed anche corposamefltS’ ma siamo altrettanto consapevoli che in sta maggioranza e nella Democrazia cristia
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ci sono forze che non intendono smarrire il filo del rapporto unitario con il nostro partito e con quella parte del popolo siciliano che si riconosce in noi, che non sono disponibili ad affossare per molti anni la grande prospettiva della rinascita autonomistica, che sanno bene che per realizzarla non si può prescindere dal contributo decisivo, pieno e paritario del Partito comunista. A loro noi guardiamo con attenzione e faremo di tutto perché riescano a prevalere sulle forze della divisione e della contropposizione.
Guarderemo con grande attenzione al Partito socialista italiano che in questa maggioranza ha un ruolo decisivo come d’altronde nello sviluppo e nel processo politico unitario in Sicilia. Dai suoi concreti atteggiamenti, dalle sue posizioni politiche, noi pensiamo possa venire un grande contributo a riprendere nella sinistra la strada di un rapporto unitario non formale airinterno del quale, se non si può certo prescindere dalle diversità che caratterizzano i nostri due partiti, tuttavia si può e si deve ricercare ed esaltare tutti i momenti unitari, tutte le convergenze, tutto ciò che può unirci, proprio per affei'mare pienamente la validità della prospettiva autonomista.
Nuovi rapporti nella sinistra, al di là delle divergenze e delle difficoltà ed anche dei
passaggi contraddittori come l’attuale, sono le condizioni essenziali per dislocare in avanti e fare avanzare il quadro di riferimento politico in Sicilia, per spostare a favore degli interessi delle masse popolari le scelte politiche ed economiche che si adotteranno, per segnare altri momenti positivi, dopo quelli fin c]ui raggiunti, nella nostra lotta di rinnovamento, di progresso e di rinascita autonomistica della Sicilia.
PRESIDENTE. La seduta è rinviata al pomeriggio di oggi, martedi 27 marzo 1979, alle ore 16,30, con il seguente ordine del giorno:
I — Comunicazioni.
II — Seguito della discussione sulle dichiarazioni del Presidente regionale.