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Catalogo Le Passanti 2014

Apr 06, 2016

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Daniele Bellesi

Catalogo della Mostra Le Passanti del CFFM - Circolo Fotografico Fermoimmagine Montespertoli
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Mostra itinerante foto letteraria

“Le Passanti”

Progetto in collaborazione con l’artigiana scrittoraGiovanna Vanninihttp://artigianascrittora.blogspot.ithttps://it-it.facebook.com/giovanna.vannini.5

“Passers - by” stories translated by Karen [email protected]

Progetto grafico e impaginazione catalogo diDaniele Bellesiwww.danielebellesi.it

Circolo Fotografico Fermoimmagine Montespertoliwww.cffm.it - [email protected] https://it-it.facebook.com/CFFM2009

Location mostra 2013 Le Botti di Aspasia - Montespertoli2014 Caffè Letterario Giubbe Rosse - Piazza Repubblica Firenze

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Potremmo dedicare la mostra foto let-teraria a “tutte le donne pensate come amore in un attimo di libertà” citando “le passanti” di Fabrizio De André.Giovanna, la nostra artigianascrittora, ha fatto suoi i nostri scatti, costruendo-ci sopra brevi racconti mai banali, pie-ni di mille sfumature e giochi di parole, argute e profonde.Donne meravigliose, donne che aspet-tano, disperate, indaffarate, sognanti, tristi, sexy, semplici, diverse, innamo-rate, sole... donne che passano e spari-scono lasciando dietro di sé un “vuoto di felicità” nel breve incontro con i nostri occhi, nella consapevolezza che “non c’era tempo” ma che forse “va-leva la pena di perderci un secolo in più”.De André e la sua immensa interpre-tazione degli amori impossibili e man-cati, degli “occhi mai più rivisti”, che fu originariamente scritta e cantata dal grande sublime chansonnier francese Georges Brassens ispirato a sua volta da alcuni versi ritrovati quasi per caso in un libretto di Antoine Pol dimenti-cato in un mercatino. De André, Brassens e le loro passan-ti piene di passione contrapposte alla poesia più crudele e cinica “a una pas-sante” di Baudelaire: “Un lampo... poi la notte! Bellezza fugace, il cui sguardo m'ha ridato vita a un tratto, nell'eterni-tà solamente potrò rivederti?”.De André rende umane, vicine le pas-

santi cogliendo con loro “felicità intra-viste” che sono speranza, curiosità e anche amore verso chi ci passa accanto.Nella sua passante coglie la malinco-nia, quanto mai necessaria a carpire la poeticità dell’attimo. I “baci che non si è osato dare” sono per Fabrizio la solitudine, il rimpianto per tutti gli incontri che la vita conti-nuamente ci propone, per “tutte le belle passanti che non siamo riusciuti a trattenere”. L’attimo fugge e con lui la bellezza del-la persona incontrata, “gli occhi mai più rivisti”.Faber coglie nell’incontro con “le pas-santi” una straordinaria libertà perso-nale, il poter scegliere anche di “deci-dere” un sorriso non corrisposto. Fabrizio De André e la sua bellissima e necessaria nostalgia per un amore incompiuto, per un incontro di anime appena sfiorato, per tutti gli incontri che “riscaldano la memoria” ma che non abbiamo coltivato e che non tor-neranno mai più.Fabrizio, le passanti incontrate per caso e “acchiappate” dalla luce dei no-stri obbiettivi e poi i racconti “blues” pieni di poesia della nostra scrittrice sensibile e graffiante che, sono sicuro, sarebbero piaciuti a De André, a Bras-sens, a Pol, a Baudelaire... a tutti quel-li che pensano ad una donna “come amore”.

Giovanna Vannini & CFFMMostra foto letteraria

Le PassantiIntroduzione mostra di

Alessandro Fontani

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NASCITA - Il CFFM nasce nel luglio del 2009 da un piccolo gruppo di amici di Montespertoli, il circolo conta oggi più di 50 soci.

DEBUTTO - Dopo una prima breve fase di studio strutturale il circolo è partito alla grande organizzando corsi fotografici, eventi e tante mostre collet-tive, ben 15 in 5 anni di vita. Il nome, Circolo Fotografico Fermoimmagine Montespertoli (CFFM) è stato scelto dopo un piccolo concorso interno.

GRANDI MOMENTI - La prima mostra fotografica collettiva ha avu-to come soggetto gli ospiti della Casa di Riposo del paese, grandi emozioni durante la realizzazione degli scatti e grande risposta di pubblico con ben 1600 visitatori. Un successo enorme che ci ha spinto ad esplorare con la fotografia nelle mostre successive tutte le realtà locali legate al sociale (scuola, sport, lavoro..) cercando di catturarne lo spirito che le anima. Abbiamo aper-to anche un progetto interessante in di-venire con una scrittrice di Poppiano, Giovanna Vannini, che ci ha regalato brevi intensi racconti ispirati da alcuni nostri scatti a tema con una prima mo-stra/evento dedicata a “le passanti” di De André. Dal paese vorremmo arriva-re a rendere la mostra itinerante crean-do in futuro qualcosa che unisca foto, musica, recitazione. Prima tappa per questo progetto in divenire , lo storico caffè letterario di piazza Repubblica a Firenze “Le Giubbe Rosse”.

Altro momento culturalmente impor-tante è stato quello che ci ha permesso, tramite l’associazione 46° Parallelo, di organizzare nel 2012 una doppia im-portante mostra fotografica “L’odore della guerra” a Firenze (Palazzo Me-dici Riccardi) e a Montespertoli (Sala Consiliare Comune) dedicata agli in-credibili scatti fatti in Libia dal fotore-porter pluripremiato nel mondo Fabio Bucciarelli.

IL FUTURO - Abbiamo intenzione di proseguire con altre mostre a tema e corsi di fotografia utili anche a reclu-tare nuovi soci, nuove menti ed idee per il circolo. Il progetto più importan-te e ambizioso è però quello di creare un grande laboratorio della fotografia legato al recupero della memoria dei nostri luoghi, partendo dagli archivi fotografici privati. Uno spazio dove poter esporre foto documentali legate alla storia di Montespertoli, territorio e famiglie. Un punto d’incontro nel centro del paese legato alla fotografia dove realizzare mostre, fare salotto e laboratorio. Il LOFT19 situato nel centro storico di Montespertoli è oggi realtà e siamo pronti a renderlo vivo e operativo.

Il circolo è in grande crescita, il nostro scopo è esplorare ed approfondire per dare luce a ciò che riusciamo a cattu-rare con i nostri obbiettivi. Vorremmo negli anni diventare un punto di riferi-mento culturale nel paese dove vivia-mo ed operiamo, Montespertoli.

CFFM 2014 2009-2014

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Nata a Firenze nel 1964, risiede da cir-ca sedici anni a Montespertoli, nella piccola frazione di Poppiano. E’ qui che tra vigne e oliveti ha ripreso la sua passione per la scrittura, abbandonata in età adolescenziale. Nel 1982 consegue il Diploma profes-sionale di segretaria d’albergo presso l’Istituto alberghiero “A. Saffi” di Fi-renze.Nel 2009/2010 partecipa a tre corsi di scrittura creativa “Fa bene scrivere” tenuti da “L’officina del talento” di Empoli.Nel 2010 inizia a pubblicare vari rac-conti all’interno di antologie.Nel 2011 consegue un V° posto al Concorso “In poche parole parco…” con il racconto “Vengo sempre qui…” pubblicato all’interno dell’omonima antologia. Nello stesso anno due Menzioni d’O-nore: una con il racconto “Coupe de théâtre”, per il Concorso di poesia e narrativa Dino Ariasetto di Bardonec-chia, l’altra con il racconto “Ho pre-so la scala” per il Concorso di poesia e narrativa “Un verso per salvare una vita” di Torino.Ha collaborato con la rivista on-line “Io come autore” con la rubrica “...pennellate di parole...” (brevi racconti ispirati a dipinti di varie correnti arti-stiche).Dal 2012 gestisce un suo blog persona-le: “Scritture in attesa”.Per passione recensisce libri, mostre, spettacoli di cinema e teatro.

Lucia Menchini, affermata mosaici-sta, ha utilizzato le sue “impressioni in penna”, scritte per lei in occasione di una sua mostra personale presso “Le Murate” di Firenze, per presentarsi all’interno del volume “Donne dell’Ar-te in Toscana”. Nel giugno 2014 è testimonial di scrit-tura della pittrice Rita Pedullà per la mostra (con pubblicazione) “Effetto Frana” (arte, pensiero, persone) a cura di Maria Giovanna Carli, tenutasi pres-so la Sala Consiliare del Comune di Montespertoli (FI).Con la stessa artista aveva già collabo-rato accompagnando con un racconto i suoi dipinti per la Mostra “Pathos”, presso la biblioteca comunale di San Casciano Val di Pesa (FI).Per l’Associazione Culturale “Plan-tago”, con sede alla Torre dei Sogni Empoli (FI) ha tenuto con il profilo facebook di “Capitano Iovaniga” un “Diario di bordo” per la loro stagione estiva 2014 di eventi e spettacoli. Dal 2012 ha intrapreso una collabo-razione foto letteraria con il CFFM (circolo fotografico fermoimmagine di Montespertoli), di cui è socia “scrit-tora”. Da questa è nata la mostra qui pubblicata dal titolo “Le passanti”.

Giovanna Vannini

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Le PassantiTesti di

Giovanna Vannini

Foto diGiacomo Bagnoli

Francesca BellucciEleonora BianchiniSamuele Calamassi

Valentina CanutiArianna Cinelli

Ilaria CorsiGiuliano CortiSara Ferrari

Alessandro FontaniEva Franceschi

Francesco La CollaFederico MarrangoniFrancesca OlmastroniFernando Palmerini

Aristide PolettiMarco Pucci

Claudia RussoVittorio Vesce

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Si commuoveranno, rivedendosi in quei passi in stivali, coi pantaloni attillati, con le chiome grano lun-ghe. Con il tempo, il loro, avverrà conoscenza. Si accavalleranno le voci, sarà tutto un ricordarsi: del giorno, dell’ora, la stagione, la via, e poi sarà silenzio per dargli forza. Una ruga sulla fronte, due fili bian-chi tra i capelli, tre chili di troppo. Identico, il volersi bene.

They were touched, looking at them-selves in those boots, with the tight trousers, their long blond hair. In time, their own time, they’d know. Their voices would overlap, it’d be one long reminiscence: the day, the time, the time of year, the street, and then silence, to give them strength.A wrinkle on their foreheads, the odd strand of grey in their hair, tho-se pounds too many. Still the best of friends. Exactly the same.

Foto di Giacomo Bagnoli

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Prova a concludersi l’estate, prova la burrasca il mare, un tappeto di impronte in fuga la sabbia. Si con-tano i bagnanti sulle sdraio aperte apposta, accanto agli ombrelloni incappucciati. Aria di tempo già andante in passato si respira. Teresa armeggia, sapiente. Sotto la tesa di paglia blu le cantano le lab-bra una canzone, sotto la camicia rosa le si confronta la pelle bianca con quella abbronzata. Nessuna paura di solitudine in agguato…

The summer is trying to come to an end, the sea trying to whip up into a storm, the sand a carpet of fleeing footprints. You can count the bathers on the sunbeds, opened specially, alongside the hooded umbrellas. Breathing air already beginning to smack of the past.Teresa’s hands are working, skilful-ly. Under the blue straw hat, her lips are singing herself a song, below the pink top white skin contrasts with tan. No fear of solitude lying in wait…

Foto di Francesca Bellucci

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Cantava racconti, accompagnando il flusso delle anime sulla scalina-ta. Qualcuna, dopo il rito ricevu-to, trovava all’uscita un altro buon motivo per sentirsi davvero in pace. Lei, la sua melodia, rinnovato mi-scelato incontro con le corde, voce rauca, intensa, sempre in affido a quel microfono che nell’oltre la spingeva. Come in una favola moderna passò un giorno chi di lei s’avvide. Riempie le sue platee ora, restano orfane le anime, muto l’oltre…

She sang stories, accompanying the flow of souls on the steps. Giving some of them, after mass, another good reason to feel truly in peace.She, her melody, altering, mixing, meeting the chords, voice hoarse, intense, always reliant on that mi-crophone to push it afar.Then, like a modern fairytale, one day a passer-by noticed her.Now she fills seats, but the souls are orphaned, afar it is silent…

Foto di Eleonora Bianchini

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Passano, attraversano, s’illumina-no. Prenderanno in prestito le lettere dei grandi per scrivere di sé, e no-zioni di scienze per provare a ca-pire cosa muta nel loro corpo in crescita. Passano, attraverso le mura del tempo, sbirciando ogni giorno più in là nel futuro che nasce. Prenderanno la sapienza per matu-rare e l’istinto per disfarsene. Quando di me non resterà che que-sto scatto, saranno me.Altre, loro nell’obiettivo catturano.

They pass by, they go through, they light up.They’ll borrow from the great men of letters to write of themselves, and notions of sciences to try to under-stand their changing bodies.They pass by, through the walls of time, everyday peeping further into the coming future.They’ll gain the knowledge to grow up and the instinct to cast it aside.When nothing of me remains but this shot, it’ll be me.Others, them captured by the lens.

Foto di Samuele Calamassi

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Non sopportava se ne andassero. Non reggeva a chiusura la visione di quelle pareti disadorne. Nean-che l’incasso, tintinnante di moneta e frusciante di banconote, riusciva a sopperire a quel quotidiano serale abbandono. Si coricava tardi, dor-miva poco e male, e in quel poco, sognava di loro. Quali le teste, gli ovali, i tondi e gli spigolosi volti avrebbero abbellito? Così, prima dell’alba, dopo un thermos di caffè e una brioche, rimpinguava le pa-reti con nuovi modelli, nuovi colo-ri, come se quell’evocarli durante la notte, gli avesse dato vita. Alle dieci, apertura d’esercizio, gli Elfi, di là in cappelleria, ronfavano beati…

She couldn’t stand them going. At closing time she couldn’t bear seeing those walls bare. Not even the day’s earnings, the jangling of coins and the rustle of notes, managed to sub-due that daily abandonment of an evening. She went to bed late, slept little and badly, and in that little, dreamt about them. What heads, which oval, round and angular faces would they embellish? So, before dawn, after a thermos of coffee and a brioche, she plumped up the wal-ls again with new models, new co-lours, as if dreaming of them at night had brought them to life.At ten o’clock, opening time, the el-ves, there in the hat shop, were sno-ring away blissfully…

Foto di Valentina Canuti

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Nei minuti di una sigaretta lascia andare i cattivi pensieri. Sotto il ca-pello le ride la nuca, al ritmo delle parole si animano le rughe intor-no agli occhi. Clelia, colorato caos sempre in fuga, dalla valigia spalan-cata sul domani. Non ha un indiriz-zo Clelia, e coi bagagli transuma. Una collezione di nidi abbandonati il suo curriculum vitae. Nemmeno il mio ne è indenne. Ho smesso di attenderla ma non di amarla, nascosto inseguo tutti i suoi passi. Lei ride, io rido a lei, lei non a me.

The few minutes for a cigarette, and she lets her nasty thoughts go. Un-der her hat the nape of her neck is laughing, the wrinkles around her eyes coming to life to the rhythm of the words. Clelia, colourful, chao-tic, always on the run, her suitcase thrown open to tomorrow. Clelia, of no fixed abode, bags in hand, forever moving onto pastures new. Her past record a collection of abandoned ne-sts. Nor is mine untouched.I’ve stopped waiting for her, but lo-ving her no. I follow all her moves, hidden from view.She’s laughing. I’m laughing at her. But she’s not laughing at me.

Foto di Arianna Cinelli

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Il corridoio di casa Corsani a Por-ta a Prato misurava trentacinque metri, refrigerio d’estate, polare in inverno perché l’unica stufa a che-rosene dell’appartamento si trova-va in fondo, in prossimità di camere e cucina. Rossella, figlia più piccola dei proprietari de “Il vecchio Car-lino”, trattoria accanto al portone del palazzo, dalle sorelle Ada e Ida Corsani ci andava spesso, specie la domenica, quando il locale straboc-cava di coperti da servire e i genito-ri faticavano ad accudirla. Col suo triciclo percorreva avanti e indietro il lungo corridoio, lascian-dosi timorosa la porta d’ingresso alle spalle, pedalando fiduciosa di nuovo verso la cucina dove il vol-to sereno delle due sorelle e il loro abbraccio accogliente la attendeva-no. Ma, almeno una volta durante la giornata, parcheggiava il triciclo, prendeva una delle due per la mano conducendola davanti a quelle due foto. Allora, il racconto sulla Dina, sorella minore, partita per Nova-iorche un giorno, cominciava di nuovo. Di uguale ogni volta solo la data: 25 giugno 1953…

The corridor of the Corsani family home in the Porta al Prato district of Florence measured 115 feet. Bringing cool relief in the summer, it was icy cold in the winter as the one kerosene heater in the flat was right at the end, near the bedrooms and kitchen. Rossella, the youngest daughter of the owners of “Il vecchio Carlino”, the trattoria next door, would often go up to sisters Ada and Ida Corsani, especially on a Sunday when the restaurant was overflowing with customers to serve, making it hard for her parents to look after her.She would do lengths up and down the corridor on her tricycle, shyly leaving the door behind her to then pedal confidently back towards the kitchen where the two sisters’ calm faces and their warm embrace were awaiting her. But, at least once during the day, she would park her tricycle, and lead one of them by the hand to those two photos. And so the story would begin again, about Dina, their younger sister who one day had left for Niu Yorrke. And the only thing that stayed the same each time was the date: 25 June 1953....

Foto di Ilaria Corsi

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“Bisogna camminare di fretta, se si vuole che le luci della sera giochino con le nostre ombre.” L’altra, accanto, sbarrò gli occhi sui suoi passi, evitando dell’amica lo sguardo tanto quelle parole le parevano insensate, fuori di testa addirittura. Quella capì di non essere stata in-tesa, le succedeva spesso, non se ne ebbe a male e proseguì, portando ancora alle labbra il suo pensiero: “ Vedi come cambia se rallento? A fatica riconosco se sono io che ar-rivo prima o l’ombra che mi segue, mi si affianca. E’ un vivere di fret-ta il nostro, si mozzica l’attimo, si smania per sapere l’avvenire.” A quel punto l’altra si stoppò di colpo e la fermò prendendola de-cisa per le braccia, puntando le pupille nelle sue. Fu una risata a due, uno scricchiolio d’ossa in un abbraccio. Immobili intanto le om-bre su di loro…

“We’ve got to walk quickly if the evening light’s going to play with our shadows.” The other, alongside, fixed her eyes on her footsteps, avoiding her friend’s gaze as well as those words that seemed crazy, mad even.She sensed that she had not been understood. It happened often; she wasn’t offended. She carried on, the thought still on her lips:“Can you see how it changes if I slow down? I can hardly tell if it’s me who arrives first or the shadow that’s following, catching me up. Our lives are such a hurry, we don’t really sa-vour the moment, always hankering after the future like we do.”At that point the other suddenly came to a halt. I stopped her, taking her firmly by the arms, directing my pupils at hers. It was a shared laugh, bones cracking in a hug. Meanwhile, the shadows rested, unmoving, upon them…

Foto di Giuliano Corti

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S’inventavano ogni giorno una fa-vola per ridere alla vita, fasciate nei colori che la pelle d’ebano risalta. Odio e violenza vegliavano sui loro corpi in fiore…promesse spose da infanti, proprietà dei consorti. Abusate nel silenzio riservato a chi non conta, si levò un grido. Si riem-pirono le strade, si pronunciarono i nomi. Non basteranno i giorni del mondo per rendere loro giustizia…

Every day they invented a fairytale so they could laugh at life, wrapped in colours set off by their ebony skin. Hate and violence watched over their blossoming bodies…betrothed since childhood, their consorts’ pro-perty. Abused in the silence reserved for those who don’t count, a shout rang out. Filling the streets, they called out their names. All the days in the world won’t be enough to do them justice.

Foto di Sara Ferrari

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Lei abitava nel colore, e io non potevo fare altro che rubarle di nascosto il riflesso. Anche quando pareva distante, e uno scuro pen-siero ingrigiva tutto il resto, lei lo colorava con la natura d’intorno presa in prestito. Come un fanciul-lo che adora una madre non sua, mi nascondevo tra i rami, mi acquat-tavo tra l’erba prima di renderle il riflesso, prima che il colore di lei si nutrisse…

She lived in colour, and all I could do was hide and steal her reflection. Even when she seemed far away, and a dark thought had dimmed all the rest, she coloured it, borrowing from the nature around her. Like a boy who adores another’s mother, I hid among the branches, crouched in the grass, before giving back her reflection, before the colour consu-med her…

Foto di Alessandro Fontani

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“Ah! Si, si, questa la mi garba pa-recchio!!! Età giusta, sola, bona cultura ( guarda che librone l’ha su i’ tavolino…) e se c’ho un po’ di fortuna, ci sta che la viva in campa-gna, con qualche pratino al bisogno e due o tre stradine poco trafficate pe’ potessi sgranchire senza troppi impicci. La deve essere anche una con di suo, pe’ poté fa la turista di questi tempi e permettesi la be-vuta in un localino così in centro. Bah! Va a sapè da dove la viene… Oddio, magari, speriamo, la un sia una… di molto girellona eh… per-ché io, quando la va a zonzo, da su’ parenti o a pensione… eh… un se ne parla via!!! Oh, la s’ è mossa, la sta pe sveglias-si. Bisogna mi dia una rassettata, mi faccia trovare coi musino a contem-plalla, con quell’aria tra i’ tenerone e l’affranto che la mi viene tanto bene… Forza Ettore, vai di sco-dinzolamento e tira fori la tu’ vena attoriale, che se va bene, da oggi, e tu desini in casa!”

“A-ha! Aye, I like this one!!! Right age, by ’ersel, educated (jus’ look at that great book she’s got ont’ table…) and if I’m in luck, she mi-ght just live int’ country, wi’ a bit o’ garden fo’ me doins and a couple o’ lanes wi’ not s’ much traffic then I can stretch me legs wi’out too much hassle. She must ’av a bit o’ dosh if she can get around in these ’ard ti-mes and be ’aving a drink in a place right int’ centre like that. Not bad eh? Wonder where she’s from… Oh, flippin’ ’eck, let’s hope she’s not one… who gets around too much… ’cos me, when she’s off on ’er travels, tot’ relatives or on ’er ’ols…ooh no, none o’ that!!!Eh, look, she’s moved, she’s wakin’ up. Better pull mesel’ together. I’ll be ’ere wi’ me sweet little face, lo-oking at ’er, wi’ that look I’m s’ good at, little cutie and all forelorn, all at’ same time… Come on Ettore, get that tail wagging and bring out the actor in ya. If it all goes t’ plan, from now on you’ll be eatin’ in!”

Foto di Eva Franceschi

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Gambe nude sulla coda di un’estatesulla primavera che bussa. Con il volto a riparo dalle ciocche frugatra rimasugli di ore trascorsedi ricordi in schegge. Propositi prossimi nelle mani nervose di vita.

Legs bareAt the end of the summerWith spring at the doorFace curtained behind her hairSearchingThrough the remains of hours gone bySplintered memoriesFuture intentions.

Foto di Francesco La Colla

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Prima che la luce provasse ad ac-compagnarli in quel sempre, si bisbigliarono sciocchezze da mo-menti importanti. Oltre la porta si affacciava la storia di loro da scri-versi nei giorni. Il tempo dell’uno si faceva due, il velo riposto, i polsi della camicia liberati dai gemelli. Respiri lievi, nello stesso rettangolo d’aria…

There they were, whispering the trifles of important moments before the light tried to draw them into that ever after. On the other side of the door the start of their story, which would be written, day after day. The time of one about to become two, veil lain down, cufflinks released, breathing light in the same rectangle of air.

Foto diFederico Marrangoni

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Al cinema “Origami” quella sera proiettavano un film d’essai: “In-trecci in abbraccio”. Consapevole della pellicola, definita in gergo artistico “da addetti ai lavori”, il gestore della sala aveva già previsto una scarsa affluenza di pubblico, ma non fino al punto di ritrovarsi a strappare due unici biglietti, ren-dendo quella proiezione di assoluta intimità. Silvia e Roberto presero posto e aspettarono che il silenzio andasse in buio. Un susseguirsi di bianchi, di neri e di grigi in scalatura animò lo schermo, mentre un’orchestra d’archi li avvolgeva in un abbrac-cio. Due amanti dettero parole al tem-po.

That evening at Cinema Origami they were showing an auteur movie: “Intertwining Embraces”. Acquainted with the film, defined in the lingo as “for connoisseurs”, the cinema manager had already expected few customers. But not to the point of only tearing off two tickets, for an absolutely intimate showing.Silvia and Roberto took their places and waited for the silence to turn to darkness. A series of whites, blacks and a scale of greys lit up the screen, while a string orchestra wrapped them in an embrace.Two lovers set time to words.

Foto di Francesca Olmastroni

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Il vaso le stava dicendo qualcosa e lei rideva. Dentatura in sorriso, con le mani di dita dipinte, tinteggiava di linee e colore quelle labbra par-lanti. Avevano osato entrare nel loro mondo d’arte e di fiaba, il vetro rotto lo raccontava. A Camelia le ci volevano quei chiac-chiericci da allegre comari a metà pomeriggio di sole pieno, con le sue creature. Un modo per scrollarsi di dosso la gioia e l’impegno del cre-are, per scordarsi il volto cupo del mondo che, in certi giorni, fuori dal suo si svelava. Intanto la bocca del vaso mutava in occhio, si ritrasformava in conteni-tore di segreti sussurrati, ritornava a spettegolare, riaccendendole di riso la dentatura in sorriso…

The vase was saying something to her, and she was laughing. Teeth smiling, her hands with fingers painted, colouring those speaking lips with lines and hues.They’d dared to enter her world of art and fairytales, the broken glass told it all.Mid-afternoon on a sunny day, Camelia needed that merry chatter with her little ones. It was a way of shaking off the joy and involvement of creating, to forget the dark face of the world which, on certain days, revealed itself outside of hers.In the meantime, the mouth of the vase was becoming an eye, changing back into a container of whispered secrets, then back to its gossip, making the smiling teeth laugh once more.

Foto diFernando Palmerini

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In quegli occhi posati lontano: il suo puzzle di orari, fatica, poco denaro, tanta dignità. Avrei potuto ogni mattina prendere in uno scat-to quella stessa malinconica espres-sione, per rispetto e pudicizia non lo feci, accontentandomi dell’unico rubatole, di rivedermelo volte e più volte. In una sera di ritorno salì sul mio autobus ad un orario non suo, per-corse a passi svelti il corridoio tra i seggiolini, si fermò, mi sedette ac-canto. Un sorriso così immenso che pensavo non potesse appartenerle, mi infuocò il volto. Poi, parlammo…

The distant gaze in her eyes: inter-locking timetables, hard graft, little pay, lots of dignity. Every morning I could have captured that same me-lancholic expression. I didn’t, out of respect and decency, making do with the only one I had stolen from her, looking at it time and time again.One evening, on the way home, she got on my bus at a different time from usual. Hurrying down the ai-sle between the seats, she stopped, and sat down next to me. A smile so immense that I thought couldn’t belong to her lit up my face.Then, we spoke…

Foto di Aristide Poletti

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Stagioni in passeggio, si prendono il passo, dividono lo spazio. Dalle crespe grigie spruzzi di salsedine s’annidano sulla fronte, intorno agli occhi posati sul molo. Andranno le sciarpe, si riporranno i cappotti, nell’azzurro del verde si rifarà il mare. Passeggio in stagioni, negli abiti a fiori, con i piedi nei sandali. Nella tinta di sole che i giorni d’estate co-lora, scambieremo i loro volti.

Seasons strolling, measuring their stride, dividing the space. From the grey crests, sea spray burrows into their foreheads, around their eyes fixed upon the pier. Come summer, they’ll take their shoes off, lay down their coats, the sea azure once more. Strolling through the seasons, wea-ring flowery dresses, feet in sandals. Suntanned, coloured by summer days, we’ll struggle to tell their faces apart.

Foto di Marco Pucci

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Mi portava sulla pelle, nella fatica del volto, nelle forme ancora ap-pesantite del corpo. Orgoglioso, a casa, l’aspettavo tra un biberon di latte non buono come il suo e un cambio di pannolino un po’ mal-destro di mio padre. Ivana è il suo nome. Non si lascia mai sorprende-re, è una che sa, già prima di pri-ma, come e quanto si può spingere ancora. Me lo ha insegnato, ho rac-colto. Nella scatola dei “non ti scordar di me”, ho trovato questa foto. Non l’avevo mai vista. Ha la mia età la mamma, sembra me, io sono lei. Con la sua forza mai potrò compe-tere.

She carried me on her skin, in the fatigue on her face, in the yet rounded forms of her body. Proudly, at home I was waiting for her between a bottle of milk that wasn’t as good as hers and a slightly clumsy change of nappy by my father. Ivana is her name. She’s not one who gets caught out, she knows, way before, how and how much more she can push herself. She taught me that, I took it in.I found this photo in the box of “forget-me-nots”. I’d never seen it. In it my mum’s the same age as me, she looks like me, I am her. But her strength is something I’ll never be able to compete with.

Foto di Claudia Russo

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“Permetti che ti aiuti?...- scuote-rebbe la testa abbozzando magari un sorriso- Continuerei:“ Davvero, mi fa piacere nessun di-sturbo, giusto fino al portone…non vorrei tu pensassi che…”Che scusa banale, ovvia, scontata. Ma come faccio a dirle di quel suo viso porcellana dalla linee meste, di quel suo dondolare sui tacchi come canna al vento, di quella fantasia astratta che la copre e non vorrei, della voglia di raccoglierle i capelli tra le dita? Non posso è troppo, mi prende-rebbe per pazzo. Trovò qualcuno ad aprirle la porta, con un leggero inchino della testa ringraziò. Si voltò poi dove io ero…Ma questa forse, sarà la storia…

“May I help you?” She’d shake her head, maybe hinting at a smile. I’d go on: “Really, I’d like to, no wor-ries, just as far as your door…I woul-dn’t want you to think…”What a banal excuse, obvious, pre-dictable. But how could I bring up her porcelain face with those melan-choly lines, her swaying on her heels like reeds in the wind, the abstract pattern covering her that I wish she wasn’t wearing, how I’d love to gra-sp her hair between my fingers? I can’t. It’s too much. She’d think I was mad.

She found someone to open the door for her. A slight bow of her head said thank you. Then she turned round to where I was standing… Well, that could be what happens…

Foto di Vittorio Vesce

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...Immagini care per qualche istante sarete presto una folla distante

scavalcate da un ricordo più vicino per poco che la felicità ritorni è molto raro che ci si ricordi degli episodi del cammino...

Le Passanti - Fabrizio De André