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173 Documentare L’isola di Skyros galleggia sui miti: qui si conclude la vicenda di Teseo, spinto a tradimento giù da una rupe per ordine di re Licomede (o caduto accidentalmente secondo altre versioni del racconto), qui la dea Teti nasconde il figlio Achille, nel tentativo di scongiurare il fatale destino che lo avrebbe atteso a Troia, e qui giunge Ulisse convincendo invece l’Eroe a partecipare alla guerra. Dai miti alla storia: Skyros, appartenente all’arcipelago delle Sporadi nell’Egeo settentrionale, è di pertinenza ateniese in epoca classica, in seguito sarà latina e poi bizantina, per passare in mano veneziana (1453-1537) e in ultimo subire l’occupazione turca (fino al 1829). Oggi ospita una piccola comunità di circa 2900 abitanti dediti all’agricoltura, alla pastorizia, alla pesca, all’artigianato (del legno, della ceramica, del cuoio, dei tessuti) e, specialmente nei mesi estivi, al turismo. Il centro maggiore – anch’esso denominato Skyros – è situa- to sul lato orientale a poca distanza dal mare, lungo le pen- dici della collina sovrastata dal castello edificato sulle pietre dell’antica acropoli (immagine 1). All’interno delle sue mura si trovano il santuario e il monastero di San Giorgio, fondato nel 963 dall’imperatore bizantino Niceforo II Foca. Linaria è il porto principale, sul versante opposto del- l’isola a circa 11 chilometri dal capoluogo. Lo spazio urbano è segnato da stradine lastricate in pietra su cui si affacciano candide abitazioni a due piani con porte e finestre dipinte prevalentemente di azzurro e di verde. Scale esterne, terrazze, loggiati, pergolati e porti- ci ad arco movimentano le squadrate architetture delle costruzioni, a volte separate da piccoli orti e giardini. Nella parte più antica del paese ci si muove soltanto a piedi: sali- te e discese si intrecciano in un labirinto non facile da deci- frare per i visitatori occasionali. Ormai rari sono gli incon- tri con i quadrupedi che, contribuendo al trasporto di quanto necessario per il lavoro e la vita domestica, fino a un recente passato alleviavano la fatica degli uomini. Il tempo è invece ancora scandito dalle campane delle chie- se e dai sìmandra dei papades che invitano i fedeli alla pre- ghiera, dalle voci di giovani e anziani che nei tanti locali bevono, chiacchierano, giocano a carte e fanno musica, con strumenti più o meno “tradizionali” (bouzouki, liuto, chitarra, clarinetto, violino, fisarmonica, ecc.). I suoni si propagano limpidi in questo teatro di pietra: a volte cullano l’anima, altre volte la confondono, pervaden- dola oltre misura. È particolarmente negli ultimi tre giorni del Carnevale che la quiete di questo ameno borgo egeo viene scardinata dall’irruzione per le sue vie di maschere inquietanti: scure e irsute, immense e frastornanti. Sono i Ghèroi (sing. Gheros, lett. “Vecchi”), che indossano costumi in parte coincidenti con gli abiti impiegati in passato dai pastori nei mesi invernali: giaccone nero in lana grezza dota- to di cappuccio ( koukoùla), braghe e lunghe calze chiare in lana spessa (panovratsi e trochadokaltses ), calzature a sandalo tuttora prodotte artigianalmente ( trochàdia). Il loro volto è celato da una maschera costituita da un’intera pelle di capretto (mutsouna), preferibilmente di colore scuro. Dal collo pende un grande fazzoletto ( mavro mandili) collegato al cappuccio da un nastro bianco. Intorno alla vita portano due o tre file di campanacci pendenti da robuste corde ( lipà- ri) a formare enormi collane sonore, il cui peso complessi- vo può raggiungere i 50 chili (immagini 5-12). Sono le stes- se campane appese di norma al collo delle pecore e delle capre che pascolano sull’isola e si distinguono in tre tipi: kambanes (a forma canonica di campana), trokània (più ton- deggianti), plakarà (più schiacciate). Il costume è completa- to dal tipico bastone sagomato a uncino ( stravoravdi ) tuttora utilizzato dai pastori del luogo, che i Ghèroi agitano in vario modo nel corso della loro lunga e articolata azione cerimo- niale, costantemente scandita dal risuonare dei campanacci che si portano addosso. A volte procedono in gruppo, con andature cadenzate, innalzando e oscillando il bastone, esi- bito come un enorme fallo. Ogni tanto si fermano e rotea- no il bacino usando il bastone come perno, in modo che questo movimento ( sisimo) induca i campanacci a produrre un suono caratteristico (vedi immagini 27 e 32). Oppure si scontrano in “duelli” tanto vigorosi da provocare lo scintil- lio delle campane nell’urto. Girano per i vicoli del centro, concentrandosi lungo la strada principale (nel tratto fra lo slargo del mercato e la piazza), ma salgono anche a gruppi fino al monastero di San Giorgio. Per riposarsi passano il bastone dietro il collo, poggiandolo sulle spalle, esattamen- te come tuttora fanno i pastori appresso alle greggi (imma- gini 33 e 34). Questi paradossali Vecchi, che esprimono una quantità impressionante di energia, non agiscono però da soli. Altre due figure partecipano all’azione, componendo insieme a loro delle triadi mascherate: la Korela (Fanciulla) e il Frangos (Franco, lo straniero nordeuropeo). Carnevale a Skyros * Sergio Bonanzinga - Maria Caracausi
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Carnevale a Skyros

Jan 30, 2023

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Enzo Bivona
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L’isola di Skyros galleggia sui miti: qui si conclude lavicenda di Teseo, spinto a tradimento giù da una rupe perordine di re Licomede (o caduto accidentalmente secondoaltre versioni del racconto), qui la dea Teti nasconde il figlioAchille, nel tentativo di scongiurare il fatale destino che loavrebbe atteso a Troia, e qui giunge Ulisse convincendoinvece l’Eroe a partecipare alla guerra. Dai miti alla storia:Skyros, appartenente all’arcipelago delle Sporadi nell’Egeosettentrionale, è di pertinenza ateniese in epoca classica, inseguito sarà latina e poi bizantina, per passare in manoveneziana (1453-1537) e in ultimo subire l’occupazioneturca (fino al 1829). Oggi ospita una piccola comunità dicirca 2900 abitanti dediti all’agricoltura, alla pastorizia, allapesca, all’artigianato (del legno, della ceramica, del cuoio,dei tessuti) e, specialmente nei mesi estivi, al turismo. Ilcentro maggiore – anch’esso denominato Skyros – è situa-to sul lato orientale a poca distanza dal mare, lungo le pen-dici della collina sovrastata dal castello edificato sulle pietredell’antica acropoli (immagine 1). All’interno delle suemura si trovano il santuario e il monastero di San Giorgio,fondato nel 963 dall’imperatore bizantino Niceforo IIFoca. Linaria è il porto principale, sul versante opposto del-l’isola a circa 11 chilometri dal capoluogo.

Lo spazio urbano è segnato da stradine lastricate inpietra su cui si affacciano candide abitazioni a due pianicon porte e finestre dipinte prevalentemente di azzurro edi verde. Scale esterne, terrazze, loggiati, pergolati e porti-ci ad arco movimentano le squadrate architetture dellecostruzioni, a volte separate da piccoli orti e giardini. Nellaparte più antica del paese ci si muove soltanto a piedi: sali-te e discese si intrecciano in un labirinto non facile da deci-frare per i visitatori occasionali. Ormai rari sono gli incon-tri con i quadrupedi che, contribuendo al trasporto diquanto necessario per il lavoro e la vita domestica, fino aun re cente passato alleviavano la fatica degli uomini. Iltempo è invece ancora scandito dalle campane delle chie-se e dai sìmandra dei papades che invitano i fedeli alla pre-ghiera, dalle voci di giovani e anziani che nei tanti localibevono, chiacchierano, giocano a carte e fanno musica,con strumenti più o meno “tradizionali” (bouzouki, liuto,chitarra, clarinetto, violino, fisarmonica, ecc.).

I suoni si propagano limpidi in questo teatro di pietra: avolte cullano l’anima, altre volte la confondono, pervaden-

dola oltre misura. È particolarmente negli ultimi tre giornidel Carnevale che la quiete di questo ameno borgo egeoviene scardinata dall’irruzione per le sue vie di ma schereinquietanti: scure e irsute, immense e frastornanti. Sono iGhèroi (sing. Gheros, lett. “Vecchi”), che indossano costumiin parte coincidenti con gli abiti impiegati in passato daipastori nei mesi invernali: giaccone nero in lana grezza dota-to di cappuccio (koukoùla), braghe e lunghe calze chiare inlana spessa (panovratsi e trochadokaltses), calzature a sandalotuttora prodotte artigianalmente (trochàdia). Il loro volto ècelato da una maschera costituita da un’intera pelle dicapretto (mutsouna), preferibilmente di colore scuro. Dalcollo pende un grande fazzoletto (mavro mandili) collegato alcappuccio da un nastro bianco. Intorno alla vita portanodue o tre file di campanacci pendenti da robuste corde (lipà-ri) a formare enormi collane sonore, il cui peso complessi-vo può raggiungere i 50 chili (immagini 5-12). Sono le stes-se campane appese di norma al collo delle pecore e dellecapre che pascolano sull’isola e si distinguono in tre tipi:kambanes (a forma canonica di campana), trokània (più ton-deggianti), plakarà (più schiacciate). Il costume è completa-to dal tipico bastone sagomato a uncino (stravoravdi) tuttorautilizzato dai pastori del luogo, che i Ghèroi agitano in variomodo nel corso della loro lunga e articolata azione cerimo-niale, costantemente scandita dal risuonare dei campanacciche si portano addosso. A volte procedono in gruppo, conandature cadenzate, innalzando e oscillando il bastone, esi-bito come un enorme fallo. Ogni tanto si fermano e rotea-no il bacino usando il bastone come perno, in modo chequesto movimento (sisimo) induca i campanacci a produrreun suono caratteristico (vedi immagini 27 e 32). Oppure siscontrano in “duelli” tanto vigorosi da provocare lo scintil-lio delle campane nell’urto. Girano per i vicoli del centro,concentrandosi lungo la strada principale (nel tratto fra loslargo del mercato e la piazza), ma salgono anche a gruppifino al monastero di San Giorgio. Per riposarsi passano ilbastone dietro il collo, poggiandolo sulle spalle, esattamen-te come tuttora fanno i pastori appresso alle greggi (imma-gini 33 e 34). Questi paradossali Vecchi, che esprimono unaquantità impressionante di energia, non agiscono però dasoli. Altre due figure partecipano all’azione, componendoinsieme a loro delle triadi mascherate: la Korela (Fanciulla) eil Frangos (Franco, lo straniero nordeuropeo).

Carnevale a Skyros *

Sergio Bonanzinga - Maria Caracausi

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Le Fanciulle fino a pochi decenni addietro erano esclusi-vamente impersonate da uomini, secondo la tipica in -versione dei ruoli che caratterizza tutti i Carnevali delmondo. Oggi anche le ragazze si travestono, sempre nelrispetto della tradizione che prevede il ricorso agli elaboratiabiti nuziali skyriani. Il capo è coperto da un colorato fou-lard che scende sulle spalle (mandili) e il volto nascosto dauna leggera maschera di cartapesta a cui è applicata unaveletta di merletto che pende fino alla base del collo (maskame toulpani). Elementi importanti del costume sono anche ilcorpetto (medenès), il grembiule ricamato (podià) e la specialecintura provvista di fibbia preziosa (zoni). In mano tengonoun fazzoletto bianco che sventolano mentre procedonodanzando intorno al proprio Vecchio, mentre nei momenti disosta gli rivolgono canti elogiativi (immagini 13-18, 23-24).

La maschera del Frangos non si presenta rigorosamenteformalizzata come le altre due, anche se deve essere carat-terizzata dall’uso esclusivo di capi di vestiario considerati“estranei” rispetto alla tradizione locale, a iniziare dai pan-toloni di foggia occidentale, molto diversi dalle ampie bra-ghe al ginocchio del tipico costume skyriano (vedi a esem-pio immagine 5). Il Franco, più che un “europeo settentrio-nale” in senso stretto, pare essere un out sider, un fou o uno“straniero” che può svolgere funzioni ambivalenti. L’aspet-to più interessante è il suo evidente valore di doppio paro-dico del Gheros: anche i Fràngoi hanno il volto coperto da unamaschera, ma improvvisata in base alle disponibilità; anzi-ché l’imponente bastone pastorale impugnano stampelle obastoni da passeggio; se indossano un giubbotto pastorale èdi pelo bianco anziché nero; invece del fragoroso corredocostituito da svariate decine di campanacci, si accontentanodi una sola campana o ne simulano la massa per mezzo dibarattoli di latta (vedi le immagini 19-22). Procedonoappresso alle coppie formate da Ghèroi e Koreles, come a sor-vegliarne l’azione e annunciarne il passaggio: oggi suonan-do le campane delle chiese che incontrano lungo l’itinerario(come si vede nell’immagine 20), in passato anche impie-gando una tromba di conchiglia (bourou).

I preparativi dei tanti Skyriani che si travestono a Car-nevale si svolgono subito dopo pranzo, con la collabora-zione di amici e parenti. Nel primo pomeriggio le triadimascherate si riuniscono e iniziano a percorrere le vie delpaese, proseguendo fino alle dieci di sera circa. Molti sonoanche i bambini che si mascherano soprattutto da Ghèroi(vedi a esempio immagine 35). Il canto delle Koreles sidispiega durante le soste, in luoghi prestabiliti, dove si puòverificare l’offerta di vino o altre bevande. Lungo le vie leKoreles invece danzano, anche tra loro quando si incontra-no nei pochi slarghi presenti nel piccolo centro (immagine23), ma la “musica” è sempre quella fornita dal risuonaremartellante dei campanacci indossati dai Vecchi.

Questi Ghèroi egei rientrano in una tipologia molto dif-fusa nel calendario festivo dell’Europa tradizionale: si trattadi quelle maschere zoomorfe (capre, orsi, cervi, ecc.) cheostentano comportamenti aggressivi e comunque intesi amanifestare la più pregnante energia vitale, anche per mezzo

di evidenti allusioni erotiche (come le oscillazioni del baci-no o i movimenti del bastone nell’azione dei Ghèroi skyria-ni). Altri Vecchi si trovano nei Carnevali della Tracia e dellaMacedonia (cfr. a es. Dawkins 1906) e maschere di conno-tazione “caprina” legate all’universo agro-pastorale sonotuttora diffuse in diverse aree italiane, dalle Isole maggiorialle regioni dell’Arco Alpino, ed europee, dalla Spagna allaBulgaria (per un quadro generale si vedano tra gli altriAlford 1978, Bachtin 1979, Premoli 1986, AA.VV. 1989,Caro Baroja 1989, Castelli-Grimaldi 1997, Bonanzinga-Sarica 2003, Grimaldi 2003, Scaldaferri 2005).

Queste maschere, che non a caso quasi sempre agisco-no in gruppo durante le feste invernali (specialmente Nata-le, Epifania, Capodanno e Carnevale), rappresentano le for-ze ctonie che periodicamente tornano sulla terra per in-staurare il caos originario in modo da rinnovare la fertilità na-turale e umana. I loro atteggiamenti sono costantemente ca-ratterizzati da eccessi sonori (grida, fischi, suoni percussivi),gestuali (corse, salti, balli, aggressioni, percosse, mimicheoscene) e verbali (ingiurie, scurrilità): una trasgressione ne-cessaria all’affermarsi del nuovo ordine. Assumendo l’isoto-pia della transizione dal caos al cosmos per la comprensionedei fenomeni carnevaleschi, è necessario ricordare che que-sti due poli si presentano nei più diversi sistemi mitici comerelazione fra principi creativi e distruttivi reciprocamenteimplicati (cfr. in particolare Buttitta 2003a e Giallombardo2003). Per riaffermare e rigenerare la vita, il caos deve esse-re infatti periodicamente debellato, ma nel contempo accol-to e addomesticato. Per questo le figure che entrano in gio-co nella rappresentazione di questa catena transitiva parte-cipano in qualche misura l’una dell’altra. L’agone è tra for-ze contrarie (positive/negative, benefiche/malefiche) ma in-tese a ottenere un obiettivo comune, nel segno della pre-servazione e della riproduzione dei cicli vitali.

Di questo paradigma interpretativo la mascherata diSkyros si può ritenere un caso esemplare, poiché riflettecompiutamente un sistema di correlazioni oppositive chevede disporsi ai suoi estremi due figure chiaramente riferi-bili a principi “caotici” e “cosmici”. Al primo polo appar-tengono i Ghèroi, con la loro azione aggressiva, scompostae frastornante, mentre all’altro polo si situano le Koreles,che attraverso la misura del canto e della danza medianoquesta ferinità in vista della restaurazione dell’ordine. Daqui anche la peculiare qualità dei Vecchi skyriani che, diver-samente – a esempio – dai Nanni (Nonni) siciliani, nonsono affatto metafore del “tempo consumato”, funziona-li a marcare la fine di un ciclo: infatti non “muoiono” enon sono accompagnati da lamentatrici ma da fanciulle inabito da sposa. Al contrario, sono manifestazioni potentidel vigore germinativo, incontrollabile perché non addo-mesticato: signori incontrastati del labile confine che uni-sce e separa il regno sotterraneo dalla terra degli uomini.Una forza primigenia, selvaggia e “naturale”, che esce dal-l’ombra per acquistare senso e forma grazie alla presenzafemminile, garante e custode, nel Terzo Millennio comenel Paleolitico, delle ragioni segrete della vita.

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S. Bonanzinga - M. Caracausi, Carnevale a Skyros S. Bonanzinga - M. Caracausi, Carnevale a Skyros

Il Gheros e i suoi campanacci: a) trokani; b) plakarò; c) kambana

a

b

c

Il FrangosLa Korela

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Ricognizione documentaria

Apòkreos o Apokriès (con una vasta gamma di varian-ti in lingua dotta e popolare) si chiama il Carnevalegreco: propriamente il termine indica l’astinenza dallecarni, che secondo la tradizione si limita agli ultimi gior-ni della festa, ormai preludio alla Quaresima (Lawson1899-1900: 125; Coulentianou 1977: 8). I festeggiamen-ti carnascialeschi hanno una durata particolarmente es -tesa, sviluppandosi per tre settimane che comprendonoben 4 domeniche: tou Teloni kie tou Fariseou (del Pubblica-no e del Fariseo), tou Asotou (del Prodigo); tis Kreofagou(della Carne), tis Tyrofagou (del Formaggio): quest’ultimacostituisce il culmine del Carnevale (Tsotakou-Karveli1985: 38; Megas 1958: 59-60). Ultimo giorno di festeg-giamenti, nonché celebrazione del ritorno all’equilibrio(che coincide con l’inizio della Quaresima) è Katharà Def-tera, “Lunedì Puro”, giorno in cui si ripuliscono le casedalle tracce del Carnevale, ma ci si dedica anche a scam-pagnate e riunioni conviviali caratterizzate da canti edanze (Konstantinidis 1901: 74; Mavrikou 1977: 73;Tsotakou-Karveli 1985: 49-50).

Fra le tradizioni del Carnevale tuttora vitali in Grecia,soprattutto in ambiente rurale, una delle più interessanti sirileva nell’isola di Skyros. La testimonianza più antica relati-va a questo Carnevale sembra essere quella del viaggiatoretedesco Karl Gustav Fiedler, che ricorda – senza però forni-re descrizioni dettagliate – le pratiche musicali degli skyriotie la loro abitudine di mascherarsi (Fiedler 1840: II, 83).

Le testimonianze successive risalgono agli inizi del XXsecolo, anzitutto a James C. Lawson, che descrive con dovi-zia di particolari il travestimento di numerosi giovani dan-zanti simili a capri (Lawson 1899-1900: 125-127). Signifi-

cativa anche le notizie fornite da Richard M. Dawkins,primo a menzionare la triade di personaggi mascherati(Gheros, Korela, Frangos) in azione proprio negli ultimi tregiorni del Carnevale, e a descriverne accuratamente l’abbi-gliamento, anche con l’ausilio di schizzi (Dawkins 1904-5:72-73). Concordano sostanzialmente con quelle diDawkins le interessanti osservazioni del viaggiatore tede-sco Carl Fredrich (Fredrich 1915: 154-155).

Tradizionalmente tutti e tre i personaggi sono interpre-tati da uomini: i ruoli non sono fissi, ma possono alternarsie scambiarsi nei vari giorni della festa (Coulentianou 1977:30). Solo in anni recenti si è registrata anche un’attiva parte-cipazione femminile ai travestimenti (Coulentianou 1977:34; Lambrou 2004: 134). La descrizione più chiara ed esau-riente – anche a motivo del ricco corredo di materiale foto-grafico – dell’abbigliamento e delle movenze dei protagoni-sti della festa si trova nel volume di Joy Coulentianou (1977:11-25; 29-40), già collaboratrice del regista Pandelìs Vulga-ris nella realizzazione del film O choròs ton tragon [La danzadei capri] (Iridanòs Film, 1971).

Secondo alcune testimonianze di studiosi greci dei primianni del XX secolo Gheros, Korela e Frangos erano accompa-gnati da altre figure mascherate: Nifades (uomini vestiti dasposa) e Ghianitsari armati (Papagheorghiou 1910: 36-7, condocumentazione fotografica; Konstantinidis 1901: 172-173).

Dawkins avvicina le usanze skyriane a quelle dellaTracia, regione nord orientale della Grecia, ipotizzando –anche sulla base di caratteristiche linguistiche – un’origi-ne nordica degli abitanti di Skyros (Dawkins 1906: 205),smentita però con argomentazioni convincenti dal lingui-sta Stamatis Karatzas (Karatzas 1974: 7-12).

Un repertorio di resoconti di viaggiatori occidenta-li a Skyros si deve al dotto skyriota Xenophon Anto-

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L’isola di Skyros nel Mare Egeo

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S. Bonanzinga - M. Caracausi, Carnevale a Skyros S. Bonanzinga - M. Caracausi, Carnevale a Skyros

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niadis (1970: 396-410 e 1977), il quale però, purtroppo,riporta tutti i testi in traduzione greca, senza riprodur-re l’originale a fronte.

Riguardo all’interpretazione delle usanze carnasciale-sche di Skyros, la tradizione – riportata da gran parte dellefonti, ma anche viva e presente alla coscienza della popola-zione – riconduce l’uso di mascherarsi alla drammatica leg-genda di un pastore. Costui, avendo trovato morto, inseguito al freddo, gran parte del gregge, avrebbe prelevatodalle carcasse degli animali le campane che portavano, perpoi mettersele addosso e recarsi al villaggio in compagniadella moglie, probabilmente al fine di avvertire i compae-sani dell’accaduto (Dawkins 1904-5: 74; Antoniadis 1979:91; Mavrikou 2008: 31-32). Successiva mente i due sareb-bero stati ricordati dalle figure del Gheros e della Korela, conl’aggiunta di una terza figura, quella del Frangos.

Mentre il Gheros si aggira con la sua caratteristica anda-tura danzante per le vie del villaggio, la Korela incoraggia ilcompagno dedicandogli canti epenetici, tuttora in uso(Tsianis 2003: 61-70; 307-316; Lambrou 2004: 130-131;137-154): in questo modo, di fatto, gli permette di riposaree riprendere le forze tra un ballo e l’altro. Il Frangos, oltre adadombrare un possibile ruolo di figlio, servo o guardia delcorpo (Frangulis 1959: 136), costituisce, col suo abbiglia-mento una parodia di quella moda occidentale (Antoniadis1979: 90), importata in Grecia successivamente alla costi-tuzione dello stato nazionale (Svoronos 1974: 44-50) esempre intesa come un che di estraneo e artificioso.

Naturalmente la “leggenda del pastore” va presa conbeneficio d’inventario (Mavrikou 2008: 31-32). Non a caso

diversi studiosi riconducono le usanze del Carnevale di Sky-ros a rituali generali (cornice pastorale, elemento fallico,maschera animale etc.) – riscontrabili in situazioni anche ete-rogenee, dalle culture orientali a quelle “classiche” dell’Oc-cidente (Lawson 1899-1900: 127; Faltaits 1972: 5-6). È notoinfatti che il Carnevale costituisce, praticamente ovunque,un rituale festivo che celebra la sconfitta dell’inverno e larinascita della natura (cfr. Buttitta 2003a: 24-26).

Manos Faltaits pone in relazione gli elementi caprinidel travestimento del Gheros con l’elemento totemico,identificato a Skyros appunto con il caprino, affermatosidopo la sconfitta del bovino (Faltaits 1972: 7-8). Riferen-dosi a testimonianze precedenti (K. Faltaits 1931 e 1936),relative però ad altre regioni della Grecia, ravvisa analogi-camente nei riti del Carnevale skyriota il retaggio di lottesanguinose tra gruppi sociali contrapposti (Faltaits 1972:9-10; Faltaits 2008: 13-19).

L’ultimo giorno di festa del Carnevale coincide, datempo immemorabile (Konstantinidis 1901: 172; Dawkins1904-1905: 74), con il primo giorno di Quaresima: la cita-ta Katharà Deftera (equivalente al nostro “Mercoledì delleCeneri”). Allora gli abitanti di Skyros, indossati i più begliabiti tradizionali, sfilano per le vie del paese e poi suonanoe danzano in piazza (Coulentianou 1977: 57-58). Il culmi-ne della giornata consiste nella Trata, una sorta di spetta-colo popolare che si svolge all’aperto con l’intento di eser-citare una satira più o meno pungente nei confronti dieventi e personaggi legati all’attualità (alcuni testi del pas-sato sono riportati in Perdika 1940: 233-238; testi recentisi trovano in Mavrikou 2008: 78-176).

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Veduta dalla Chiesa di San Pantaleone (colline del versante nord-orientale di Skyros)

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Note

* I materiali qui presentati sono stati raccolti nell’ambito di un “viag-gio di istruzione” da me coordinato grazie a fondi assegnati dall’U-niversità degli Studi di Palermo. La ricerca è stata condotta nel perio-do 1-12 marzo 2008, ultima fase del Carnevale greco legato allaPasqua ortodossa, con la partecipazione di 15 studenti appartenentia corsi di laurea triennali (Beni Demoetnoantropo logici, LettereClassiche) e specialistici (Musicologia, Antropologia e Etnologia)della Facoltà di Lettere e Filosofia: Veronica Boschi, AlessandroCastelli, Giuseppa Conigliaro, Anna Corona, Laura Damiano, MariaEmmolo, Giuseppe Giordano, Rita Iocolano, Vito Lazzara, CristinaLombardo, Giuliano Scalisi, Michele Segretario, Cristina Siddiolo,Maddalena Storlesi, Valeria Trapani. Oltre alle tradizionali azioni car-nevalesche della triade Gheros-Korela-Frangos, della Trata (una rappre-sentazione satirica di ambientazione marinara, la trata è infatti un tipod’imbarcazione da pesca) e dei balli e banchetti in piazza eseguiti nelgiorno conclusivo del Katharà Deftera (Lunedì Puro), sono stati docu-mentati diversi momenti della vita quotidiana e rituale dell’Isola (atti-vità pastorali e alieutiche, lavoro al telaio tradizionale, momenti disvago nelle vie del paese e in taverna, funzioni liturgiche). I generipoetico-musicali rilevati sono i seguenti: canti della Korela legati alCarnevale, canti devozionali, ninnananne, canti narrativi di varioargomento, canti d’amore, canti associati al mondo dei pescatori,canti della liturgia di San Giovanni Crisostomo. Per le musiche stru-mentali sono stati attestati repertori di danza eseguiti con bouzouki,liuto, clarinetto, chitarra e violino. Sono stati inoltre documentatirichiami pastorali a voce e a fischio e segnali effettuati con trombe diconchiglia. La documentazione prodotta consiste in 25 ore di video-riprese, 20 ore di audioriprese e circa 4000 fotografie. Grazie allamediazione linguistica offerta da Maria Caracausi (docente di Neo-greco presso la stessa Facoltà e co-tutore del viaggio di istruzione) èstato possibile integrare i rilevamenti attraverso numerose intervisteai protagonisti del Carnevale e della vita locale. È stata inoltre orga-nizzata una visita al museo etnostorico “Manos Faltaits” e reperitiutili materiali in greco e in inglese riguardanti le tradizioni, la musicapopolare e il Carnevale di Skyros.Ai fini dell’attribuzione delle varie parti del testo si specifica cheMaria Caracausi è autrice della Ricognizione documentaria. Queste lereferenze delle immagini selezionate: Veronica Boschi (foto 5-11,13-16, 24-26, 34-35), Laura Damiano (foto 23, 30), Maria Emmolo(foto 19, 28-29, 32), Valeria Trapani (disegni a pag. 175, foto pp. 177,179 e nn. 1-4, 12, 17-19, 21-22, 27, 31, 33).Si ringrazia la comunità di Skyros che con generosa disponibilità hareso possibile la realizzazione di questa indagine.

Riferimenti

AA.VV.1989 Il Carnevale in Sardegna, introduzione di D. Carpitella, 2D

Editrice Mediterranea, Cagliari.

Alford, Violet1978 The hobby horse and other animal masks, a cura di M. Dean-

Smith, Merlin Press, London.

Bachtin, Michail1979 L’opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa

nella tradizione medievale e rinascimentale [1965], trad. it.Einaudi, Torino.

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Portico a Skyros

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1-4. Vedute di Skyros

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5-12. Fasi del mascheramento di un Gheros

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13-16. Fasi del mascheramento di una Korela

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17-18. Korela e Gheros in azione

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19-22. Fràngoi in azione

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24. Gheros, Korela e Frangos

23. Danza di Koreles

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25-28. Ghèroi in azione

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29-31. Volti di Ghèroi

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32-33. Ghèroi in azione

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34-35. Gli anziani e i bambini: la tradizione continua

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