Top Banner
Gianluca Bascherini Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano Volendo sintetizzare le ragioni che, in tema di diritto e letteratura, inducono a riflettere su quella che è l’opera migliore di Ippolito Nievo, si può dire che questo romanzo offre un affresco utile ad una miglior conoscenza giuridica (non del diritto) della transizione dall’antico regime all’unità d’Italia e della disordinata complessità di quell’arco di tempo, utile dunque una «miglior consapevolezza della coscienza sociale» e della «qualità dell’esistenza» (Spantigati) che caratterizzarono quel processo. Riesce a rendere visibile il movimento della storia, l’influsso del tempo sui destini individuali e collettivi, i reciproci influssi tra queste differenti durate. Mostra uno spaccato dei problemi che allora si posero (anche sul piano giuridico- istituzionale) e delle contrastanti ipotesi di soluzione che si prospettarono, senza pretendere di ridurle a sistema. Narra la parabola di quella borghesia protagonista del processo di unificazione italiana, con tutte le sue specificità e tutti i suoi limiti, così come l’emergere e l’affermarsi di nuovi valori e dei conflitti che hanno accompagnato queste affermazioni. Le Confessioni dunque come un affresco che testimonia dell’importanza della letteratura nell’interpretare, con una certa ironia, l’esperienza reale, le dinamiche sociali. Un affresco che si caratterizza per la sua “mobilità”, responsabile, tanto degli alti e bassi dell’opera, quanto della sua composita ricchezza; una mobilità che 1
29

Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

Mar 01, 2023

Download

Documents

Welcome message from author
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
Page 1: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

Gianluca Bascherini

Carlino’s way.

Appunti su Le confessioni d’un italiano

Volendo sintetizzare le ragioni che, in tema di diritto e

letteratura, inducono a riflettere su quella che è l’opera

migliore di Ippolito Nievo, si può dire che questo romanzo offre

un affresco utile ad una miglior conoscenza giuridica (non del diritto)

della transizione dall’antico regime all’unità d’Italia e della

disordinata complessità di quell’arco di tempo, utile dunque una

«miglior consapevolezza della coscienza sociale» e della «qualità

dell’esistenza» (Spantigati) che caratterizzarono quel processo.

Riesce a rendere visibile il movimento della storia, l’influsso

del tempo sui destini individuali e collettivi, i reciproci

influssi tra queste differenti durate. Mostra uno spaccato dei

problemi che allora si posero (anche sul piano giuridico-

istituzionale) e delle contrastanti ipotesi di soluzione che si

prospettarono, senza pretendere di ridurle a sistema. Narra la

parabola di quella borghesia protagonista del processo di

unificazione italiana, con tutte le sue specificità e tutti i suoi

limiti, così come l’emergere e l’affermarsi di nuovi valori e dei

conflitti che hanno accompagnato queste affermazioni. Le Confessioni

dunque come un affresco che testimonia dell’importanza della

letteratura nell’interpretare, con una certa ironia, l’esperienza

reale, le dinamiche sociali. Un affresco che si caratterizza per

la sua “mobilità”, responsabile, tanto degli alti e bassi

dell’opera, quanto della sua composita ricchezza; una mobilità che

1

Page 2: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

ci rimanda una immagine mossa dei percorsi pubblici e privati che

narra, ma proprio per questo più viva e reale.

Molti temi interessanti i rapporti tra diritto e letteratura

avrebbero potuto indagarsi a partire da questo romanzo o da altri

lavori di Nievo: si sarebbe potuta approfondire la ricostruzione

che questi offre delle diverse vicende costituzionali che si

produssero allora; così come si sarebbe potuta indagare la lettura

che Nievo offre, nel romanzo e soprattutto nel successivo Frammento

sulla rivoluzione nazionale, della questione contadina e/o di quella

religiosa; si sarebbe potuto comparare le Confessioni ai Promessi sposi

alla ricerca delle diverse immagini che queste opere rimandano

della borghesia del tempo; si sarebbero potute approfondire le

allusioni più o meno esplicite ai diversi protagonisti del

risorgimento e dell’unificazione italiana che compaiono nel libro;

o ancora, secondo un “paradigma indiziario” (C. Ginzburg), si

sarebbero potuti guardare più da presso alcuni personaggi minori

del romanzo (penso ad es. al padre di Carlino, ma anche al figlio

di questi, Giulio, e a tanti altri comprimari) i quali- magari

artisticamente meno riusciti- avrebbero potuto dirci qualcosa di

più a proposito dell’autore e delle sue convinzioni.

Qui si è stati portati a concentrare lo sguardo su altri

elementi, quali: le varie coordinate spazio/temporali del romanzo;

la polifonia che lo caratterizza; la generazione che narra; le

particolarità dei suoi principali protagonisti; il potersi leggere

le Confessioni come il romanzo di formazione di un individuo e di una

nazione- scritto peraltro quando il genere (tipico delle borghesie

in ascesa) era già in crisi nel resto d’Europa.

Si è scelto di concentrare l’attenzione su alcuni piuttosto

che su altri percorsi di lettura per diverse e sicuramente più o

2

Page 3: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

meno valide ragioni, a partire dal fatto che la brevità

dell’intervento da cui questo scritto trae spunto imponeva delle

scelte e dunque delle esclusioni. Ma ci sono altre due e forse

prevalenti ragioni che hanno indotto chi scrive a queste scelte.

Innanzitutto perché alcune cose e non altre hanno colpito,

suggestionato, chi scrive durante la lettura del romanzo nieviano:

perché, potrebbe dirsi con le parole di Riccardo Orestano, si

sconfina dai nostri «orticelli giuridici» per il piacere, il gusto

e il divertimento che ci dà (e «di questa colpa»- scrive ancora

Orestano- «non posso scusarmi … e … meno ancora promettere di non

farlo più»). Per rubare una (sconveniente) citazione a Nievo si

potrebbe dire «Cosa volete? Non tento né scusarmi, né nascondere. Peccai» [XIX,

825]. Secondo poi perché a chi scrive quegli elementi sono apparsi

più interessanti ai fini di un discorso che non voglia andare alla

ricerca del diritto nella letteratura, ma che piuttosto ritiene che

la letteratura e le altre forme d’arte aiutano a comprendere, a

vedere il farsi del diritto costituzionale dal basso più che

dall’alto: dalle trasformazioni della cultura, della coscienza

sociale, dell’economia e della società. Che l’interesse, la

curiosità per l’arte (come anche per la storia, la filosofia,

l’economia, la sociologia …) possa dare un apporto fecondo alla

conoscenza giuridica quando si indaghino tali relazioni in una

prospettiva eminentemente culturale, quando si acquista

consapevolezza che questi campi del sapere non sono complementari

alla conoscenza giuridica ma sono necessari a tale conoscenza e

che «[i]ncludere la conoscenza dell’arte nella formazione

giuridica … non è … solo porre un altro serbatoio di dati a

disposizione del giurista. È capovolgere il rapporto tra giurista

e società rispetto al diritto borghese classico» (Spantigati).

3

Page 4: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

Le Confessioni come Bildungsroman individuale e generazionale

Le Confessioni d’un italiano narra ottanta anni fondativi della

storia italiana, costituzionale e non solo. Gli anni della fine

della feudalità, che segnano un tentativo di concretizzazione del

“momento machiavelliano”, di quel civismo repubblicano di origine

medievale e comunale: anni in cui «diedero primo frutto di fecondità reale

quelle speculazioni politiche che dal milletrecento al millesettecento traspirarono dalle

opere di Dante, di Macchiavello, di Filicaia, di Vico e di tanti altri che non soccorrono ora

alla mia mediocre coltura e quasi ignoranza letteraria» [I, 4]. Quelli delle

rivoluzioni giacobine che finiscono in repubbliche napoleoniche;

della «pressura austriaca» negli anni della restaurazione; i moti della

prima metà di Ottocento e poi il biennio 48/49, giù fino alle

soglie dell’unità nazionale.

Narrando di quell’arco di tempo, Nievo narra al contempo la

generazione che costituì lo scarto, il senso critico di quel

processo che prese il volo sul «magico soffio della rivoluzione francese» e

che si avvitò nel cesarismo napoleonico, che colse l’importanza

storica di Napoleone pur non subendone il fascino, il quale, «colla

sua superbia, coi suoi errori, colla sua tirannia, fu fatale alla vecchia Repubblica di

Venezia, ma utile all’Italia. Mi strappo ora dal cuore le piccole ire, i piccoli odii, i piccoli

affetti. Bugiardo, ingiusto, tiranno, egli fu il benvenuto» [XV, 672 s.]. E che di

Napoleone Nievo non subisca il fascino è esemplarmente illustrato

dal dialogo che Carlino ha con Napoleone ad Udine, dopo

l’insurrezione di Portogruaro, mentre il barbiere lo rade [X, 482]

e ancora, successivamente, quando- per descrivere e criticare la

deriva imperiale di Napoleone- scrive «L’imperatore s’era fatto grasso, e

s’avviava allora alla vittoria di Austerlitz, io me lo ricordava magro e risplendente ancora

delle glorie d’Arcole e di Rivoli» [XIX, 813].

4

Page 5: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

Il romanzo attraversa dunque le grandi tappe del pensiero e

della pratica del costituzionalismo preunitario ed al contempo

narra di una generazione (o di quella sua frazione di esuli

sicuramente democratici, talvolta giacobini ma non supinamente

filofrancesi) alla ricerca di una soluzione democratica alla

questione nazionale, con tutti i limiti e le confusioni che

caratterizzarono questa ricerca- «L’uomo è così legato al secolo in cui vive che

non può dichiarare l’animo suo senza riveder le buccie anche alla generazione che lo

circonda» [V, 203]. La generazione, ad es., di Vincenzo Cuoco e di

tanti degli autori dei saggi inviati al “celebre concorso” della

Cisalpina. Il viaggio di Carlino dopo il crollo della repubblica

napoletana coincide con quello di Cuoco e di altri esuli del ’99

e, come Cuoco, anche Carlino per vivere cercherà un lavoro presso

l’amministrazione napoleonica della Cisalpina [XVIII, 775, 780 …].

Una generazione che peraltro frequentemente mescola la prassi alla

teoria e, nella teoria, il diritto e la politica alla letteratura,

vivendo- potrebbe dirsi- una sorta di doppia indistinzione: da una

parte la loro vita è una “vita politica” (A. De Francesco),

segnata da continui e reciproci rimandi tra riflessione teorica ed

impegno militante; dall’altra, la loro riflessione usa

indifferentemente lo strumento del saggio come quello del testo

letterario: strumenti diversi per lo stesso fine. Indistinzioni

che in fondo caratterizzano una buona parte della

costituzionalistica “pre-orlandiana”, caratterizzata da un

approccio non formalista caratterizzato da una profonda

sensibilità ai profili storico-sociali, dalla tendenza ad

approfondire la comparazione (diacronica e sincronica) tra diverse

esperienze costituzionali, da una apertura agli apporti degli

altri saperi sociali.: Compagnoni fu in stretti rapporti con Monti

5

Page 6: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

e con Leopardi (C. Dionisotti); Zanichelli inseriva poesie nelle

sue trattazioni di diritto costituzionale; Melegari che

intrattenne un fitto scambio epistolare con Mazzini e che ospitò

nella sua casa un importante salotto letterario. Un’indistinzione,

quella tra diritto e letteratura, e quindi una apertura sul piano

del metodo, tanto più necessaria nei momenti di transizione, sui

crinali della storia costituzionale. Quando vengono sul proscenio

nuovi soggetti e nuovi interessi e le ricostruzioni consolidate,

le spiegazioni univoche, autosufficienti e sistematiche non

bastano più. Ed allora si allarga lo sguardo, si apre la

riflessione verso altre direzioni, altri saperi ed altre

esperienze (la comparazione, il dialogo tra le varie scienze

sociali, il diritto che si mescola alla letteratura). Nievo narra

dunque la parabola di quella generazione, e con essa la parabola

del Risorgimento italiano: il suo progressivo attestarsi su

posizioni moderate, la marginalizzazione e la sconfitta delle tesi

e delle istanze più democratiche.

Inoltre, il riconoscimento Nievo dei positivi apporti della

rivoluzione per un rinnovamento delle coscienze- «[e]ra il trionfo del Dio

ignoto, il baccanale dei liberti che senza saperlo si sentivano uomini. Che avessero la virtù

di diventar tali io non lo so; ma la coscienza di poterlo di doverlo essere era già qualche

cosa» [X, 460]- non toglie comunque una notevole ironia allo

sguardo di Nievo sulle rivoluzioni e sui facili entusiasmi

suscitati dalle proclamazioni delle repubbliche napoleoniche- si

veda, ad es., quando Carlino scopre, avendo a che fare con poco

esemplari militi cisalpini, «che con una carta stampata, e una festa nel

campo della Federazione si può bensì avviare ma non compiere il rinnovamento dei

costumi» [XV, 680]; la stessa rappresentazione della rivoluzione di

Portogruaro [X, 460 ss.], inoltre, è in fondo una parodia delle

6

Page 7: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

rivoluzioni italiane di fine Settecento. Peraltro se il sarcasmo

dell’autore si indirizza prevalentemente contro il mondo di antico

regime ed i partigiani della conservazione, ciò nondimeno Nievo

non manca neppure, nel corso del romanzo, di ironizzare anche

pesantemente a proposito dei “puritani” [XXII, 1004]

dell’oltranzismo mazziniano e dei repubblicani irriducibili ad

intese, pur strategiche e temporanee con il partito moderato

monarchico, ma più in generale nei confronti di ogni astrattismo

ideologico. L’avversione di Nievo agli astrattismi di ogni

estremismo, conservatore o democratico che sia, emerge chiaramente

nella doppia conversione di Carlino, dapprima sedotto da Padre

Pendola, che lo vorrebbe arruolare tra le fila della reazione, e

subito dopo conquistato dall’amico Amilcare Dossi, che lo

trasforma in un fervente democratico [capp. VIII e IX]. Due

conversioni antitetiche e studiatamente parallele, indotte con

discorsi, toni, retoriche simili tra loro, quasi indistinguibili e

permutabili. La patria, le leggi e la tradizione cui fa

riferimento padre Pendola («La patria, figliuol mio, è la religione del cittadino, le

leggi sono il suo credo. Guai a chi le tocca! Convien difendere colla parola, colla penna,

coll'esempio, col sangue l'inviolabilità de' suoi decreti, retaggio sapiente di venti, di trenta

generazioni!» [VIII, 389 s.]) non sono tanto diverse dalle fiere

cittadinanze, dalle altrettanto immutabili leggi e dai retaggi

analogamente antichi e sapienti invocati da Lucilio («Licurgo che ha

fatto per ridonare a Sparta la sua potenza? Le ha ridonato colle leggi i robusti costumi.

Imitiamolo, imitiamolo! Leggi nuove, leggi valide, leggi universali, chiare, severe senza

scappatoie senza privilegi! Ricordiamoci degli avi nostri che si chiamarono Bruti, Cornelii e

Scipioni!» [IX, 408]). Una doppia conversione dunque che somiglia ad

una sorta di vaccinazione contro opposti estremismi e che lo

condurrà a individuare la strada a lui più congeniale, quella in

7

Page 8: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

dolce pendio di un “borghesissimo” realismo progressivo, «la gran via

maestra del miglioramento morale, della concordia, dell’educazione». E lungo

quella strada Carlino presto si accorgerà di essersi lasciato

dietro tanto il prete retrogrado quanto l’amico enragé: il primo

destinato ad un rapido oblio («Dopo una settimana non se ne parlava già piú,

e di tanta ambizione null'altro era rimasto che un vecchio e marcio carcame ravvolto in

una tonaca e inchiodato fra quattro assi d'abete. Nemmeno gli avean lustrato la cassa

come si usa ai morti di rilievo! Che ingratitudine!... In fin dei conti poi credo che la Curia

patriarcale fu contenta di essere liberata dal pericoloso aiuto d'un sí furbo zelatore della

gloria di Dio e dei proprii interessi»[XIX, 877]) e il secondo ad un furore

scriteriato e parolaio, che lo condurrà ad una «fine miseranda»,

(«immischiato nella guerra abruzzese del ventuno, e carcerato, era giunto a fuggire, ma

… poi passato in Sicilia, dopo una vita piena di sventure e di delitti, avea terminato sul

patibolo arringando fieramente il popolo, e imprecando sui suoi carnefici la giustizia di

Dio» [XXII, 1025]).

Nievo peraltro è perfettamente cosciente delle legature tra le

varie dimensioni- tra la storia degli individui e la storia degli

ordinamenti- e anzi ne fa l’ordito della sua trama. Che le Confessioni

voglia essere Bildundgsroman, oltre che di un individuo e di una

generazione, anche di una nazione, Nievo lo dichiara sin

dall’inizio del romanzo: la vita di Carlino è una parabola del

processo di unificazione nazionale ed a quegli eventi Carlino

partecipa- anche mediante la progressiva messa a fuoco di alcuni

valori etico-politici- alla ricerca di una identità individuale

che è poi la ricerca di una identità nazionale: «l’attività privata di un

uomo […] mi pare debba […] riflettere l’attività comune e nazionale che la assorbe; come il

cader d’una goccia rappresenta la direzione della pioggia. Così l’esposizione de’ casi miei

sarà quasi un esemplare di quelle innumerevoli sorti individuali che dallo sfasciarsi dei

8

Page 9: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

vecchi ordinamenti politici al raffazzonarsi dei presenti composero la gran sorte nazionale

italiana» [I, 5]. Questo mescolarsi di pubblico e privato, di lunga e

breve durata danno visibilità al tempo ed ai suoi influssi su

individui e società ed al contempo sottolineano l’intima

relazionalità di ogni esistenza («l’uomo d’ogni lato si perde nell’umanità»

[V, 203]). La storia del singolo diventa storia di una e di più

generazioni. E di una comunità nazionale in formazione. «Gli è della

storia della mia vita, come di tutte le altre credo. Essa si diparte solitaria da una cuna per

frapporsi poi e divagare e confondersi coll’infinita moltitudine delle umane vicende […] i

casi miei sarebbero ben poco importanti a raccontarsi, e le opinioni e i mutamenti e le

conversioni non degne da essere studiate, se non si intralciassero nella storia di altri

uomini che si trovarono meco sullo stesso sentiero, e coi quali fui temporaneamente

compagno di viaggio per questo pellegrinaggio nel mondo» [V, 202]

Le Confessioni dunque anche come romanzo di formazione- e, come

ogni romanzo di formazione, organico ad una borghesia in ascesa

(F. Moretti)- ma nel quale la Bildung è un prodotto, più che della

società, della storia (Mengaldo). E che questo tipo di romanzo

arrivi in Italia quando ormai- dopo il biennio ‘48/49 è già in

crisi nel resto d’Europa, testimonia delle peculiarità della

borghesia italiana rispetto al contesto europeo, e dei limiti del

suo orizzonte assiologico e della sua azione. Di questo genere

narrativo le Confessioni presenta del resto molti dei limiti- a

partire dalla sua capacità di indagare una parte del mondo (quella

euro-occidentale) una epoca (la prima metà di Ottocento), una

classe (la borghesia), un sesso (quello maschile)- e delle

caratteristiche.

Innanzitutto la gioventù. Per paradossale che possa apparire le

Confessioni di un ottuagenario narra in gran parte vicende legate alla

gioventù. Una gioventù che costituisce la cifra dei tempi nuovi

9

Page 10: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

perché di questi mette in luce dinamismo ed instabilità. E questo

elemento dinamico aiuta a capire perché, come in ogni romanzo di

formazione che si rispetti, il protagonista, oltre che giovane, è

esponente di una classe media. Perché se le condizioni sono di

norma più stabili agli estremi della scala sociale (basti vedere

le descrizioni nieviane del mondo aristocratico e di quello

contadino), nel mezzo tutto è più magmatico, dipendente da merito

e concorrenza: ci si può fare da sé (come Carlino) o da sé

perdersi (come ad es. Amilcare). Una mobilità peraltro non solo

sociale ma anche geografica, quasi che non si possa fare storia

senza geografia. In secondo luogo la passione calma del protagonista

e la capacità del romanzo di padroneggiare il tempo storico: di

intrecciare il quotidiano con la storia e, per dirla con Bachtin

«l’uomo diviene insieme con il mondo, riflette in sé il divenire

storico dello stesso mondo». Ancora, il romanzo, la vicenda che

narra, può collocarsi al punto di passaggio tra classi, una sorta di

tentativo di compromesso, dopo la frattura originatasi con le

rivoluzioni europee di fine Settecento. Il borghese Carlino (come

altri protagonisti dei romanzi di formazione) è una curiosa

mescolanza di vecchio e nuovo, una identità ancora incerta e

molteplice. Un ulteriore elemento, avvicina le Confessioni al

paradigma del romanzo di formazione: anche questo romanzo infatti

non si lega organicamente ad una specifica ideologia e/o teoria

politica: pur nella molteplicità dei rimandi, più o meno

espliciti, ai protagonisti ed alle principali opzioni politiche

caratterizzanti il campo unitario risorgimentale, il romanzo

appare ideologicamente spurio, alla ricerca di un compromesso

adeguato alla transizione in atto.

10

Page 11: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

Tempi e luoghi

Il romanzo di Nievo, peraltro, prima e oltre che un romanzo di

lotta politica, racconto del processo di unificazione nei suoi

passaggi salienti e rivoluzionari, è in realtà narrazione di una

pluralità di storie individuali, a loro volta calate nella più

vasta dimensione delle storie sociali che le contengono. Le

Confessioni dunque anche come romanzo del tempo: del tempo storico e

di quello intersoggettivo, del tempo che condiziona le esperienze

dei singoli. Al tempo istantaneo e puntiforme, Nievo contrappone

il tempo duttile ed esteso proprio dell’esistenza del

protagonista. Una narrazione che si distende in certo modo su di

una lunga durata (Braudel) e che al contempo si svolge attraverso una

serie di giochi specchi tra i differenti piani temporali, con un

andamento discontinuo fatto di dilatazioni e di brusche

accelerazioni, con repentini cambi di velocità. E la lunga durata

ci restituisce le tensioni, i conflitti che connotano il dipanarsi

del romanzo e il mutare degli ordinamenti che questo racconta; va

oltre il tempo breve, per andare in profondità e in complessità,

senza tuttavia perdere mai un punto di vista ironico, mantenendo una

certa distanza dai materiali su cui si lavora. La lunga durata,

così come la letteratura e le altre forme d’arte, possono dunque

aiutare a ritrovare il piano ed il punto di vista umano nel

dinamico dipanarsi delle esperienze costituzionali, «il molteplice

gioco della vita: i suoi movimenti, le sue durate le sue

variazioni» e anche le possibilità non realizzate (“la storia come

somma di tutte le storie possibili”).

L’ottuagenario narratore simbolizza in sé diverse generazioni

e momenti storici; il passaggio tra un mondo che finisce ed uno

che comincia e costituisce a sua volta un espediente per dipanare,

11

Page 12: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

partiti da quella lontana società oligarchica, il filo di uno

storia che si vuole far giungere sino ai tempi attuali e farne uno

strumento per l’azione futura. Si potrebbe dire le Confessioni

“romanzo storico contemporaneo” (Lukàcs), che parte da un’epoca

vicina a quell’autore per infine raggiungerla. La narrazione delle

memorie di Carlino, si ferma al biennio 48/49. Qui i ricordi del

padre lasciano la parola al diario del figlio, la voce della

memoria lascia spazio alla voce dell’attualità: l’ultima decina di

anni è narrata attraverso il diario di Giulio, figlio di Carlino e

coetaneo di Nievo, e si noti anche che quei due lustri coincidono

da una parte con i nove anni che l’ottuagenario sostiene di avere

impiegato nella stesura delle Confessioni ed al contempo con quel

decennio preunitario che, dopo i fallimenti del 48/49, condurrà

all’unità nazionale.

Il romanzo dunque, sotto apparenze memorialistiche e senili, è

invece un’opera estroversa, espansiva, un appello alla propria

generazione ed alle successive. La “voce del vecchio” non solo

permette a Nievo di intrecciare pubblico e privato, ma crea una

costitutiva ambiguità nell’opera. Il narratore ottuagenario si

pone in un rapporto complesso con il sé stesso più giovane,

caratterizzato da più o meno esplicitate solidarietà e complicità.

Un narratore che rimanda ad un patto narrativo complesso, con

molti doppi fondi seppur apparentemente piano: che veste

contemporaneamente i panni del testimone storico, dell’osservatore

malizioso e divertito e della parte in causa. Un romanzo, inoltre,

scritto da uno scrittore ventisettenne (e morto giovane) che

sceglie un narratore ottuagenario il quale a sua volta si sdoppia

in un io narrato ben più giovane e che quindi appare al contempo

immerso nei ricordi e proiettato in avanti. Le vicende che segnano

12

Page 13: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

la vita di Carlino escono dal romanzo come sdoppiate: quel che

sono state e come vengono rivissute e interpretate dalla “memoria

etica” dell’ottuagenario narrante. A ricordarci l’importanza del

passato, della storia nella comprensione del presente e

nell’immaginazione di un futuro; la storicità delle vicende umane

e dunque anche di quelle giuridiche; il dialogo tra generazioni

che attraversa la storia dello stato costituzionale e che

contribuisce a fare- assieme al pluralismo delle voci viventi- di

ogni costituzione un racconto, o meglio la narrazione ed al

contempo l’oggetto di un racconto (De Nitto).

Come il tempo, anche lo spazio dell’azione del romanzo muta

continuamente seguendo le peregrinazioni del protagonista,

disegnando una sorta di geografia ideale dell’Italia unita:

Carlino Altoviti viene dalla provincia rurale, si mette in

viaggio, si ferma nelle metropoli e alla fine torna alla campagna

di origine. L’Italia delle Confessioni non è più il concetto ideale

che ancora era ad es. nell’Ortis di Foscolo, ma una concreta

molteplicità geografica che i protagonisti percorrono, anche se è

innegabile un che di sbrigativo nella descrizione dei luoghi,

salvo di quelli dell’infanzia, spesso resi con veloci appunti

visivi, schizzi d’ambiente. Le città in cui sosta sono in genere

senza un volto ed una topografia. I due anni che Carlino trascorre

a Londra sono narrati pressoché interamente “in interni” e per di

più rendendo Carlino temporaneamente cieco.

La varietà di luoghi che si incontra nelle Confessioni

delinea tre grandi scenari storico-sociali: dal tramonto di un

«mondo vecchio» [V, 176] all’incompiuto formarsi di un «mondo nuovo

affatto» [XXIII, 913]. Il mondo di Fratta, dell’antico Regime è

13

Page 14: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

luogo di una stasi sonnacchiosa, di una sopravvivenza del passato.

Teatro decrepito abitato da non-vivi. Compendio di una nobiltà,

quella veneziana, e dei suoi ordinamenti attardati e corrotti ed

oramai in declino. Una nobiltà inacidita e inerte chiusa nei

castelli a sperperare i suoi ultimi patrimoni. Né miglior figura

ci fa il clero legato a quella struttura feudale. Il ghiotto

monsignor Orlando, il cappellano pavido, l’ipocrita e intrigante

padre Pendola. Nessun cardinale Federigo, nessun padre Cristoforo,

poca o nessuna pietà verso i don Abbondio. Il «mondo della cipria, dei

buli e delle giurisdizioni feudali» [XIII, 456] ed anche il periodo della

Restaurazione e della dominazione austriaca è un periodo di «lunga

sonnolenza d’Italia» [XIX, 750] interrotta dai moti del ’20 e del ’30 e

di una lenta ripresa morale che inizierà solo con il ’48. Lo

spazio della repubblica veneta è peraltro ritratto con attenzione

nelle sue diverse componenti: Fratta ne è l’anima rurale,

Portogruaro quella provinciale, e Venezia e Padova ne

rappresentano invece quella più prettamente urbana. Nievo si

sofferma approfonditamente sulla fine della millenaria Serenissima

repubblica, «corpo già infermo e paludoso» da lungo tempo [I, 30],

lasciandoci un memorabile affresco della società, della cultura,

degli ordinamenti di un mondo feudale al tramonto (v. il cap. II,

20 ss. sulle giurisdizioni feudali veneziane e il capitolo XI

sulla riunione del Maggior Consiglio e la fine delle Serenissima),

restituendoci la fine di un mondo e l’inizio di un altro, i

mutamenti della coscienza sociale e delle istituzioni che

accompagnarono quel passaggio. E spesso alla narrazione del luogo

Nievo sostituisce la rappresentazione collettiva dei soggetti che

lo popolano, offrendo in questo modo vividi spaccati di società

(si veda la descrizione che offre della società feudale veneziana

14

Page 15: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

nel quadro della gente di Fratta riunita per la messa [II, 66 s.]

o al momento del pasto [II, 70 ss.], ove la topografia

dell’ambiente riproduce i rapporti di potere che legano gli

abitanti del castello e le relazioni spaziali corrispondono a

quelle sociali).

Se l’allestimento degli scenari d’antico regime è accurato nei

particolari, le cose cambiano quando Nievo passa a narrare gli

anni della transizione. L’Italia giacobina e napoleonica è

ritratta nel romanzo come spazio della velocità, del disordine e

dell’imprevisto, proscenio sul quale i personaggi sono «profughi,

esuli, morti, vaganti qua e là» [XVIII, 793]. Ad alcuni momenti storici

Nievo collega a dimensioni temporali peculiari. Basti qui come

esempio la rappresentazione che offre delle vicende della

repubblica napoletana: «Napoli è rimasto per me un certo paese magico e

misterioso dove le vicende del mondo non camminano ma galoppano, non s’ingranano

ma s’accavalcano, e dove il sole sfrutta in un giorno quello che nelle altre regioni tarda un

mese a fiorire. A voler narrare senza date la storia della Repubblica Partenopea ognuno,

credo, immaginerebbe che comprendesse il giro di molti anni, e furono pochi mesi! Gli

uomini empiono il tempo, e le grandi opere lo allargano» [XVIII, 764].

Rispetto allo spazio dedicato alla morente Serenissima

repubblica, ben minore spazio è dedicato alle vicende della

repubblica veneziana del 1848/49, e l’attenzione è rivolta più ai

combattenti venuti da fuori a proteggerla (i Pepe ed i Rossarol ad

es.) che non ai patrioti, ai politici locali ed ai loro

particolarismi. Si ricordi a questo proposito la scena, feroce,

della morte del cavalier Alfonso Frumier il quale, al sentire che

è tornata la repubblica e che in piazza si grida “Viva San Marco”,

si scuote per un attimo soltanto da un «torpore semisecolare»,

chiedendo che gli si portasse la toga e la parrucca, prima di

15

Page 16: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

«stramazzare al suolo» e di morire «per un eccesso di consolazione» (XXII,

1027 s.). Una sproporzione che vuole forse testimoniare della

maturazione di una coscienza nazionale in Nievo e nella sua

generazione. Venezia, nonostante i suoi antichi fasti non sarà più

la “Patria”, pur rimanendo un elemento dialettico permanente dello

sviluppo italiano, come emerge chiaramente dallo scritto Venezia e la

libertà d’Italia.

Carlino e Pisana

C’è un’ulteriore chiave di lettura dei rapporti tra dimensione

individuale e dimensione sociale del romanzo che merita qualche

parola: quella delle influenze che la seconda esercita sulla

prima: sulla vita, sul carattere e sulla fisionomia dei

personaggi. Protagonisti plausibili e mutevoli delle più ampie

vicende in cui sono calati ed al contempo incarnazione,

personificazione di altri soggetti (individuali e collettivi). Lo

svolgersi del rapporto tra Carlino e la Pisana si intreccia

indissolubilmente allo svolgersi delle vicende storiche nel corso

dell’opera: nel cadente microcosmo di Fratta e nel crollo della

millenaria repubblica la sola cosa “viva” è il rapporto, anche

ambiguo, perturbante che lega i due bambini; il loro rapporto tra

l’allontanamento di Carlino da Venezia ed il suo matrimonio con

l’Aquilina [XIX] si dipana sullo sfondo delle vicende delle

rivoluzioni italiane di fine secolo ed in seguito tra la

burocrazie borghesi delle intendenze della repubblica e del regno

italici. Una passione infine dolente e spirituale nell’esilio

londinese. Più in generale può dirsi che nel romanzo c’è un

evidente legame tra le vicende sociali e la psicologia, il

comportamento dei personaggi: nella Venezia della Restaurazione si

16

Page 17: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

sviluppa l’involuzione dell’Aquilina sempre più confinata al ruolo

di anti-Pisana, ma anche l’ipocrisia della Pisana e gli sviamenti

dei figli di Carlino. Per riprendere quanto detto da Francesco

Cerrone circa l’unheimlichkeit che caratterizzerebbe la letteratura-

quel qualcosa in essa (come nelle altre forme artistiche) che una

volta, come giuristi, ci era familiare e che ora, avendone fatto

oggetto di un processo di rimozione, spaventa, strania, è

estraneo, non è più heimlich-, potrebbe dirsi che delle Confessioni

perturba il mescolarsi di passione politica e di passione amorosa,

senza alcuna idealizzazione dell’una o dell’altra, ma anzi

squadernando sensualità e torbidezze di entrambi, a memento

dell’importanza delle umane passioni nello svolgersi delle

esperienze giuridiche.

Carlino è attivo, onesto, civicamente impegnato, ma senza

vocazioni d’eroismo e di martirio, ironico, passionale e concreto,

laicamente religioso, al contempo radicale e moderato (o forse,

meglio, prudente). Candido senza essere ingenuo, Carlino fa le

cose seriamente senza prendersi troppo sul serio e- leggendo tra

le righe- si nota che il resoconto che fornisce delle proprie

vicende è meno trasparente di quanto appare inizialmente. Figura

al contempo solidale e divaricata, dalla personalità franta ed in

divenire, Carlino mostra un’identità articolata, mutevole nel

tempo. Cittadino di un tempo costitutivamente ibrido, Carlino è

l’italiano di un’Italia che ancora non c’è e che richiede, al

patriota come al letterato, uno sforzo di immaginazione. L’esponente

della borghesia che avanza e sulla quale Nievo poggia le sue

speranze di costruzione nazionale e democratica, ma la “medietà”

di Carlino, come già s’è accennato, è mediazione più che

17

Page 18: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

moderazione, non è un dato statico quanto piuttosto il punto

problematico di incontro e di un fascio di contraddizioni, sforzo

di convivenza e di bilanciamento tra fedeltà ai valori e progetti

di rinnovamento. La scelta di interrompere la componente

memorialistica del romanzo al biennio 48/49 e di concludere il

romanzo lasciando la parola al diario del figlio Giulio forse non

ha solo ragioni di ordine narrativo. La medietà, non fa dunque di

Carlino un moderato, la sua è una moderazione strategica più che

politica, disposta a sospendere le contese e le prese di distanza

politiche ed a collaborare con chi aveva la forza di raggiungere

l’obbiettivo dell’indipendenza. Privato e pubblico, famiglia e

partecipazione contribuiscono alla pari alla equilibrata

costruzione del soggetto. La galleria delle occupazioni che svolge

e le sue diverse fortune sociali ne fanno un paradigma della

borghesia agli albori. Con tutte le caratteristiche e i limiti di

quella che fu la borghesia italiana del tempo, alla quale la nuova

ricchezza non aveva ancora tolto il portamento contadino ed ancora

profondamente impastata di valori e riferimenti aristocratici.

Nelle azioni e nei pensieri di Carlino si ritrovano molti valori

tipicamente borghesi, ma anche valori tipici invece dell’orizzonte

aristocratico e di quello popolare. Della borghesia Carlino ha il

senso della propria autonomia («oh bella! A nessuno appartengo», replica

il Carlino bambino allo Spaccafumo [III, 106]), la pragmatica

operosità, ma anche la duttilità, il senso della famiglia, la

predisposizione all’ironia, quella passione calma tipica dei

protagonisti dei romanzi di formazione. Aristocratica è invece la

ricorrente esaltazione della magnanimità, dell’orgoglio e

dell’eroismo, mentre decisamente popolari sono le qualità della

pazienza e della speranza, che infatti Carlino incontra per la

18

Page 19: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

prima volta nel libricino di devozioni di Martino. Le Confessioni

offrono dunque una sorta di breviario laico, una costellazione di

valori e riferimenti di diversa origine sociale, culturale e

politica ma ritenuti dall’autore utili al fine di guidare

l’italiano nuovo in quei tempi di transizione.

Per quanto concerne i riferimenti più propriamente politico-

culturali dell’opera, qui non interessa ascrivere Nievo al campo

dei democratici o dei moderati, dei mazziniani o dei giobertiani,

né ci si soffermerà particolarmente sulle evoluzioni nel tempo

della sua identità politica (Maffei, Casini, Della Peruta). Qui

interessa piuttosto registrare le oscillazioni di Carlino, i

diversi rimandi più o meno esplicitati ai protagonisti del campo

unitario- Mazzini, Gioberti, Cattaneo, D’Azeglio, Balbo …-, che

possono restituire meglio di tanta saggistica la fluidità e

magmaticità del decennio durante il quale le Confessioni vennero a

maturazione. Le Confessioni vanno dunque contestualizzate nel tempo

in cui furono scritte, al crepuscolo di quel decennio preunitario

che cominciò nella delusione delle speranze accese dal biennio

‘48/49, e che presto si caratterizzò come un tempo di

convalescenza, di riflessione realistica sui limiti e gli errori

delle teorie e delle pratiche politiche sino ad allora messe in

campo. Un periodo al contempo dialogicamente denso, di assiduo e

vario dibattere, anche se di quel dibattito, causa censura, non ne

rimase su carta (negli stampati e negli epistolari) che una parte.

Di questo clima dà conto lo stesso Nievo nelle primissime pagine

delle Confessioni, quando fa riferimento a quei «nove anni nei quali a sbalzi

e come suggerivano l'estro e la memoria venni scrivendo queste note», anni che

iniziano con la disfatta di Novara- «[l]e quali incominciate con fede

pertinace alla sera d'una grande sconfitta e condotte a termine traverso una lunga

19

Page 20: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

espiazione in questi anni di rinata operosità, contribuirono alquanto a persuadermi del

maggior nerbo e delle piú legittime speranze nei presenti, collo spettacolo delle debolezze

e delle malvagità passate» [I, 5]. O ancora, quel che Nievo scrive di

quel tempo in Venezia e la libertà d’Italia (1859), quando «[s]i tralasciarono le

astratte discussioni, e la rigenerazione Italiana divenne il tema di tutte le opere, di tutti i

pensieri. Nella sfera industriale e nella letteraria e drammatica, nella politica e nella

pedagogia d’altro non si trattava. Era la nazione che raccoglieva tutte le sue forze in un

solo conato e si preparava per la seconda volta in dieci anni a tentare la prova» (IV,

p. 77).

Opera per molti versi politica, crogiuolo di incontro e

confronto di tante voci della cultura e della politica

preunitaria, le Confessioni risulta un testo difficilmente riducibile

agli schieramenti in campo, all’una o all’altra delle principali

proposte politiche risorgimentali. Obbiettivo di Nievo è

contribuire alla formazione di un uomo nuovo capace di

attraversare il complicato mondo della transizione italiana e di

preparare l’unificazione. Nievo si propone di allargare la base

del moto risorgimentale e di offrire un modello di comportamento

ed una serie di valori etico-intellettuali legati a ceti diversi

più che di comportamenti politici specifici attorno ai quali

questo uomo nuovo deve articolarsi, dando in tal modo alle Confessioni

un orientamento (politicamente) unitario e lasciando in secondo

piano le divisioni interne allo schieramento risorgimentale, a

smorzarne le differenze, a subordinare strategicamente le istanze

più democratiche e repubblicane all’obbiettivo dell’unità

nazionale: una posizione allora condivisa da molti democratici non

mazziniani. E forse quella che Federico Spantigati, nell’incontro

che ha dato impulso a questo scritto, ha definito con icastica

sintesi caciara può intendersi come riferita a quella magmaticità

20

Page 21: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

del dibattito politico e culturale nel decennio preunitario, alla

mancanza di una bussola, innanzitutto assiologica, capace di

orientare i comportamenti di Carlino e di quella borghesia

protagonista dell’unificazione italiana.

La Pisana invece è spiazzante. È una intollerabile infrazione

al moralismo e al conformismo dell’epoca. Impone a Carlino un

rapporto freudianamente sadomasochistico, fatto di continui

abbandoni e ritrovamenti, compie atti contro la sua vera natura e

volontà fino a negarsi come compagna per darsi come sorella.

“Ossimoro vivente” (M. Colummi Camerino) è espressione di una

vitalità, di una drammatica volontà di divenire persona,

rivendicazione di dignità personale, di un processo di costruzione

di una identità civica (processo al contempo di liberazione e di

disciplinamento) che passa attraverso una autoeducazione, una

presa di parola ed una messa in campo (se non fosse un aggettivo

inflazionato, potrebbe dirsi biopolitica) del suo stesso corpo; icona

di una irrazionalità irriducibile alla razionalità della storia

che traversa il romanzo. Mentre gli altri personaggi vengono

generalmente descritti “singolativamente”, forse non è un caso che

lei sia l’unico personaggio che viene “continuamente ridescritto”

nel corso del romanzo, rispetto alla quale il narratore sente

ripetutamente il bisogno di razionalizzarne le azioni con giudizi

a posteriori molto spesso inadeguati (Mengaldo), quasi a

riconoscimento di una complessità costitutiva della soggettività

femminile.

Come romanzo “d’amore” il romanzo procede per opposizioni di

personaggi e di coppie di personaggi: Carlino vs Lucilio,

Carlino/Pisana vs Lucilio/Clara. Il destino dei due grandi amori del

21

Page 22: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

libro, quello di Carlino e della Pisana e quello di Lucilio e

Clara, per quanto differenti, sono legati da un filo: il primo si

realizzerà pienamente, seppur nella sua sregolatezza, al di fuori

di un matrimonio, ma senza avventure e/o adulteri. Il secondo si

nega per l’ostinazione di Clara (ostinazione eguale e contraria a

quella di Lucilio)- succube di un voto da falsa crociata impostole

per motivi ideologici e politici ben più che religiosi. Clara,

capace di rivoltarsi ai propri genitori rifiutando il marito che

avevano scelto per lei, ne accetterà poi la punizione

sottoponendosi ad una negazione della sua stessa vita, fino al

tragico destino che la storia le riserva, quando si ostinerà a non

voler lasciare il convento e solo una legge “civile” la farà

ridiventare donna, ma lei ormai non sarà altro che una ex monaca.

Ma in questo romanzo amore e matrimonio sono parallele che non si

incontrano: anche la Contessa ha sposato il Conte di Fratta per

interesse, ma conserva racchiuso il ritratto di un suo amore

passato. L’unico matrimonio che funziona è quello tra Spiro e

Aglaura, a lungo credutisi fratello e sorella in un rapporto dai

tratti a volta incestuosi (ad es. la gelosia del primo verso la

seconda). Va detto inoltre che se è sulla Pisana che converge

l’attenzione a proposito di tali tematizzazioni, è anche vero che

forse è la figura di Aglaura (la figlia degli Apostulos) il

personaggio che meglio verbalizza la consapevolezza dei

condizionamenti che quel mondo esercita sulle donne e al contempo

la consapevolezza del possibile ruolo attivo che queste potrebbero

avere nella famiglia e nella società. Rimarca lucidamente la

diversa condizione loro riservata in famiglia («noi femmine siamo pei

padri un bene passeggiero, un trastullo per alcuni anni; ci considerano, credo, come roba

d’altri» [XV, 656 s.]); rivendica orgogliosamente l’irrilevanza del

22

Page 23: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

genere nella partecipazione alla vita civile e politica («sia donna o

uomo che importa? … Gli adoratori della libertà non hanno differenza di sesso. Sono tutti

eroi» [XV, 669]).

Se la Pisana è espressione di una ribellione, tanto ai ruoli

esterni che la società in cui vive riservava per le giovani di

buona famiglia, quanto alle coazioni interiori che quel mondo le

aveva costruito dentro, questo stesso discorso vale, rovesciato,

anche per altre figure femminili del libro (Clara, Aquilina):

contro/esempi, narrazioni di strategie perdenti in quanto muovono

dalla negazione del proprio sé, incarnazioni di quella esclusione

femminile, di quella diseguaglianza. Clara è una vittima senza mai

avere della vittima gli atteggiamenti. Vittima delle imposizioni

familiari prima e di una forma estrema di ritorno reazionario

dopo. Considerata un oggetto dalla propria famiglia: oggetto di

contrattazione e poi di un sacrificio espiatorio. Anche la figura

dell’Aquilina, nella sua involuzione, non è certo priva di

interesse. Ragazza non bella ma simpatica; sposa imposta a Carlino

dalla Pisana, spera a lungo di far innamorare di sé Carlino, madre

apprensiva ma comprensiva delle ragioni che spingono il

primogenito a partecipare alla lotta per l’indipendenza della

Grecia. Dopo la morte del figlio Donato si trasformerà

progressivamente in una donna acrimoniosa, chiusa in una

intransigenza bigotta, sempre più gretta e preda di eccessi che

sboccheranno in vere e proprie crisi isteriche fino a perdere ogni

ragione e sentimento. Ma più che la morte del figlio è il rancore

verso il marito a condurla in questo stato, a questa tragedia

sotterranea.

La Pisana e le altre figure femminili del romanzo rimandano ad

un crinale nella storia della cittadinanza, ad un insieme di

23

Page 24: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

tensioni e valori centrali nella rimessa in discussione di un

discorso giuridico della cittadinanza connotato anche da strategie

di esclusione femminile. Raffigurazioni di strategie più o meno

efficaci di lotta per i diritti e al contempo di una “critica”,

sul piano letterario, di questa esclusione. “Critica” da

intendersi nel senso che a questo termine assegna Michael

Foucault, come «arte di non essere governati in questo modo, in nome

di questi principi, in vista di tali obiettivi e attraverso tali

procedimenti”.

Polifonia

All’ampiezza e complessità dell’arco temporale ed alla varietà

dei luoghi d’azione delle Confessioni si aggiunge la massa di

personaggi e di eventi che affollano il romanzo e che accompagnano

le vicende dei maggiori protagonisti. Una narrazione dunque

decisamente polifonica, che esprime una pluralità di punti vista. E

forse anche questo pluralismo di voci che accompagna il soggetto

narrante rimanda ad una transizione ancora aperta, ai conflitti

tra le diverse istanze e possibilità in campo, alle oscillazioni

della condizione umana ed alle non composte contraddizioni della

società. Il titolo stesso dell’opera, Le confessioni di un italiano fa di

Carlino un testimone più che il protagonista: compagno di viaggio

che a volte si confonde in mezzo alle altre varie voci del

romanzo, ma che non perdiamo mai di vista, su di una strada sulla

quale camminano tanto i singoli quanto la storia e lungo la quale

l’uno muta incessantemente l’altro. «Nel racconto della mia infanzia i

personaggi mi si sono moltiplicati intorno che è un vero spavento … è una vera falange

che pretende di camminar di fronte con me, e col suo strepito e colle sue ciarle rallenta di

molto quella fretta ch’io avrei d’andar innanzi» [V, 203]

24

Page 25: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

Il romanzo, in altri termini, nella multiforme polifonia che

lo caratterizza, in quell’«intenzionale disordine», mostra una

apertura nei confronti della varietà del reale- varietà tanto di

voci, di opinioni, quanto di strumenti per interpretarle- che può

costituire un utile richiamo per un giurista che voglia migliorare

la proprio “conoscenza giuridica” di quella transizione. Il

ricorrere dell’immagine della “matassa”, del “viluppo” sembra

ricordarci che le dinamiche sociali, e dunque anche giuridiche,

all’interno delle quali gli individui sono calati non hanno forme

lucidamente geometriche. Racconto di una vita, il libro ne

mantiene tutta l’irregolarità e l’approssimazione (B. Falcetto).

Significativa al contempo è invece l’assenza del mondo

contadino, assenza cui lo stesso autore allude nell’episodio delle

rivolta di Portogruaro, alla quale infatti i contadini

parteciperanno per così dire dall’esterno, per poi ritrarsene. Una

estraneità alla quale Nievo dedicherà di lì a poco il Frammento sulla

rivoluzione nazionale, dove si insiste sull’importanza di coinvolgere

direttamente le masse contadine affinché, dopo la rivoluzione

politica determinata dall’adesione alla nascente Italia sabauda,

possa aversi anche la rivoluzione nazionale ed evitarsi al contempo

quella sociale. Per Nievo, prevalgono nel «volgo campagnolo»

sentimenti di «inerte opposizione» e di «muta indifferenza» e le «menti

elevate» [III, 159] potranno coinvolgere le popolazioni contadine

nel processo di costruzione nazionale non «col sangue», ma con una

maggiore giustizia sociale e con l’educazione. «Prima di istruire, prima

di educare bisogna procurare quell’assetto di vita comoda, indipendente, dignitosa che

rende possibili istruzione e educazione. Mal s’insegna l’abbiccì ad uno che ha fame; mal si

presenta l’eguaglianza dei diritti a chi subisce continuamente gli improperi di un fattore.

Sono sforzi che aggiungono la ridicolaggine all’impotenza» [VII, 164]. A tal fine

25

Page 26: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

Nievo sostiene una pragmatica alleanza con «il clero delle campagne» per

aprire un dialogo con quelle masse insensibili alle opinioni delle

«menti elevate», riconoscendo in questo modo l’oggettiva limitatezza

di una strategia e di un discorso interno solo alle élites colte e

dunque la necessità di non cedere all’illusione di una minoritaria

rivoluzione degli intellettuali. Nievo riesce a superare «a forza

di senso storico, alla Cuoco, le astrattezze giacobine e

illuministiche di certa borghesia italiana che, generalizzando la

propria avversione al clero e alla chiesa, misconoscevano la forza

del sentimento religioso nelle masse popolari» (G. Petronio).

Nievo è consapevole della ineludibilità di una ricomposizione

della frattura tra popolo e classi dirigenti risorgimentali, della

necessità di «ricostruire l’unità nazionale; di ricongiungere la mente con il braccio;

(di puntellar la rivoluzione politica già in via di essere compiuta colla rivoluzione nazionale

che sola può darle appoggio durevole); di indurre cioè nelle opinioni del volgo rurale un

cambiamento che le colleghi alle opinioni della classe intelligente» [X, 169]. La

posizione dell’autore è dunque quella di un liberale aperto che

consapevolmente si pone il problema delle masse rurali, ma sempre

dal punto di vista delle classi proprietarie, non esente da

paternalismo, e che propone, quasi cinicamente, di usare il

sentimento religioso e il basso clero rurale quale freno alle

rivendicazioni sociali dei contadini. «Il tempo né è maturo né è opportuno

[per una rivoluzione sociale che renda l’agiatezza cosa comune nel volgo campagnolo].

Adunque in questo caso io che non sono religioso […] vi consiglio a mantenere nel

popolo quel freno religioso che rende mutola quell’invidia [di beni materiali] per mezzo

del dovere e sopperisce in parte a quei beni che non potete dargli. Costretti a lasciargli la

maggior parte della sua miseria, lasciategli quella speranza che gli fa vedere in questa la

promessa di una felicità eterna» [XIII, 173]. Qui emerge il limite

sostanziale dell’analisi di Nievo e di tanta parte dei democratici

26

Page 27: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

e dei moderati italiani del tempo, la sproporzione tra l’acuta

percezione del problema e della sua urgenza e quelli che sono

invece i rimedi che suggerisce. Il suo interesse ed il suo impegno

a favore dei contadini non bastano a farlo andare oltre l’angolo

visuale “borghese”. I suoi contadini sono nonostante tutto

“oggetto” più che “soggetto” della storia e il problema del

coinvolgimento di queste masse finisce per essere ricondotto su

quel terreno pedagogico che lo stesso Nievo poco prima aveva

tacciato di astrattezza (F. Della Peruta). «Prima condizione di ottener

ciò [la rivoluzione nazionale, la «fusione del volgo campagnolo nel gran partito

liberale»], è l’educazione». Pur riconoscendo che «prima condizione per rendere

l’educazione possibile è l’alleviamento della miseria, e il retto soddisfacimento dei

bisogni», lascia al contempo che tale alleviamento e soddisfacimento

vengano da graziose concessioni dei proprietari: «migliorate … subito

finché c’è tempo la condizione del volgo rurale se volete avere un’Italia» [XI, 170].

Forse l’interesse della posizione di Nievo rispetto al mondo

contadino risiede anche in questa irrisolta contraddittorietà, in

questo conflitto non composto tra istanze conservatrici, o

quantomeno moderate, ed istanze radicali, talvolta più avanzate di

quelle sostenute dalle componenti più democratiche- basti pensare

alle sue rivendicazioni di suffragio per i contadini- «Possibile che

nessuna legge elettorale si degni di scendere fino a lui?» [XII, 172] «Date una

rappresentanza ai contadini … fateli in qualche maniera … partecipare

all’amministrazione comunale, alla legislatura del paese» [XVI, 177].

Nota bibliografica

27

Page 28: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

Le citazioni delle Confessioni d’un italiano sono tratte dall’edizione A.

Mondadori, coll. Oscar Grandi classici, Milano, 2001, le cifre romane indicano i

capitoli e quelle arabe le pagine. Per gli scritti Venezia e la libertà d’Italia e

Frammento sulla rivoluzione nazionale, si è fatto riferimento alla raccolta curata da G.

SCALIA, I. NIEVO, Scritti politici e storici, Cappelli, Rocca San Casciano, s.d. (ma

1965), rispettivamente 67 ss. e 158 ss. Inoltre, tra le introduzioni e le

prefazioni alle varie edizioni del romanzo nieviano, si segnalano: quella di S.

ROMAGNOLI, al volume delle Opere nieviane per la collezione Ricciardi

“Letteratura italiana – Storia e testi”, Milano-Napoli, 1965, IX ss. quella di

G. MANACORDA, all’edizione curata da Editori Riuniti, 1968, V ss.; quella di M.

GORRA nell’edizione Mondadori supra cit.; e infine quella di S. CASINI

all’edizione curata dalla Fondazione Pietro Bembo, Milano, Guanda, 1999, VIII

ss.

Le citazioni di F. SPANTIGATI sono tratte da: ID., L’attenzione del giurista alla

letteratura, in questo fascicolo. Il riferimento al “paradigma indiziario” rimanda al

bel lavoro di C. GINZBURG, Spie. Radici di un paradigma indiziario, in A. GARGANI (a cura

di), Crisi della ragione, Torino, Einaudi, 1979, 53 ss. Il richiamo a R. ORESTANO è

al suo Lasciando la cattedra che riprende il testo della sua ultima lezione (19

maggio 1979), apparso in Foro it., 1979, 5141 ss. e successivamente in ID., ‘Diritto’

Incontri e scontri, Bologna, il Mulino, 1981, 57.

Di “vita politica” parla A. DE FRANCESCO a proposito di V. Cuoco nel suo

Vincenzo Cuoco una vita politica, Laterza, Roma-Bari, 1997. Sui rapporti tra Compagnoni

e Leopardi v. C. DIONISOTTI, Leopardi e Compagnoni, in ID., Appunti sui moderni

cit.,103 ss. Sulle caratteristiche del romanzo di formazione: F. MORETTI, Il

romanzo di formazione, Torino, Einaudi, 1999, di cui v. in particolare la Prefazione,

VII ss. Le citazioni diV. MENGALDO è tratta da Storia e formazione nelle “Confessioni”, in

F. MORETTI, P.V. MENGALDO, E. FRANCO (a cura di), Il romanzo. Vol. V Lezioni, Torino,

Einaudi, 2003, 255, mentre quella di M. Bachtin da Il romanzo di educazione e il suo

significato nella storia del realismo, in L’autore e l’eroe, Torino, Einaudi, 1988, 210 s.

Riguardo la riflessione di F. BRAUDEL sulla longue durée qui ci si limita a

rimandare ad alcuni dei saggi contenuti nel volume Scritti sulla storia, Milano,

Bompiani, 2001, tra cui in particolare si vedano: Posizioni della storia nel 1950; Storia e

scienze sociali. La “lunga durata”; Il presente spiega il passato; La storia delle civiltà: il passato spiega il

presente. Al “romanzo storico contemporaneo” G. LUKÁCS si riferisce ne Il romanzo

storico, Einaudi, Torino, 1965. Il richiamo a A. DE NITTO deve intendersi a

28

Page 29: Carlino’s way. Appunti su Le confessioni d’un italiano

Introduzione: Consuetudine con la libertà, in C. RUPERTO, La costituzione in mezzo a noi,

Giuffrè, 2005, XXIII ss.

Sulla collocazione di Nievo tra i giobertiani o i mazziniani v.

rispettivamente i lavori di G. MAFFEI, Nievo e la «dialettica»: Gioberti in Nievo, in S.

CASINI, E. GHIDETTI e R. TURCHI, Ippolito Nievo tra letteratura e storia, Bulzoni, Roma,

2004, 75 ss. e di S. CASINI, Nievo e Mazzini: le rivoluzioni del 1849 tra biografia e finzione, in

ivi 117 ss. F. DELLA PERUTA invece- in ID., Ippolito Nievo e la questione contadina, in G.

GRIMALDI (a cura di), Ippolito Nievo e il Mantovano, Venezia, Marsilio 2001, 368 ss.-

individua tre momenti del percorso politica nieviano: mazziniano seppur distante

dalla linea del partito d’azione nei primi anni Cinquanta; criticamente

moderato, giobertian/cavouriano ai tempi della guerra di Crimea e dell’alleanza

franco-piemontese; infine, dopo l’armistizio di Villafranca del 1859,

democratico radicale, antimoderato e antigovernativo, militarmente e

politicamente garibaldino. La citazione di M. COLUMMI CAMERINO è tratta da

Introduzione a Nievo, Bari, 1991, 79; quella di M. FOUCAULT da Illuminismo e critica,

Roma, Donzelli, 1997, 37.

La citazione di B. FALCETTO da ID., L’esemplarità imperfetta. Le «Confessioni» di

Ippolito Nievo, Marsilio, 1998, 10; quella di di G. PETRONIO da Nievo e la letteratura

popolare, in Società 1956, 1100 e, infine, quella di F. DELLA PERUTA da Ippolito Nievo

e il problema dei contadini, in Rinascita 6/1952, 356.

29