Capitolo I – L’italiano lingua straniera fuori dall’Italia Definizioni: Genericamente, nell’ambito della didattica, distinguiamo: -Lingua straniera o LS -Lingua seconda o L2 -Lingua non materna Intendendo con queste espressioni una lingua che è obbiettivo di apprendimento in una fase successiva a quella della prima infanzia; ma, per alcuni, un ulteriore differenziazione andrebbe posta in relazione ad altri parametri quali quello spaziale e quello socio-culturale: -Italiano lingua straniera o LS: italiano appreso fuori dall’Italia; -Italiano lingua seconda o L2: italiano appreso in Italia -Italiano lingua d’origine: appresa da parte degli emigrati italiani all’estero -Italiano lingua di contatto: appresa da parte degli immigrati stranieri in Italia Quel che è certo è che parlare di italiano LS ci rimanda ad una situazione passata nella quale la lingua italiana veniva appresa degli stranieri soprattutto fuori dall’Italia e perlopiù in contesti culturali. Questa realtà si è trasformata. La promozione della lingua e della cultura italiana all’estero: L’italiano all’estero è parte delle offerte formative di istituzioni locali pubbliche e private come: scuole dell’obbligo, università, aziende. Una peculiare rete che offre la possibilità di studio dell’italiano LS è quella delle Università Popolari per la formazione degli adulti (soprattutto in Nord Europa) e quella delle scuole private di lingua, anche specializzate solo in italiano LS. Abbiamo anche offerte formative finanziate dal governo italiano, Scuole italiane all’estero, Istituti italiani di cultura (IIC), lettori universitari e il comitato della Società Dante Alighieri. Cenni storici: Dal mito del grand tour sappiamo che per secoli gli stranieri sono approdati alla lingua italiana data la sua importanza culturale. Ma, oltre a questi studiosi, sappiamo che nei secoli si sono approcciati alla lingua anche religiosi, militari e commercianti; in un Italia dialettofona sono loro ad aver rilevato le prime differenze tra norma e uso. Nell’800 le spinte migratorie dall’Italia verso i paesi del Nord Europa e oltreoceano, è cambiata la fisionomia della circolazione dell’italiano all’estero. Dopo la metà del 900 i grandi cambiamenti sociali dell’Italia e il suo sviluppo economico hanno rallentato la spinta migratoria e anzi favorito l’arrivo di molti cittadini dell’est europeo, della Cina, dell’Africa rendendo l’Italia un paese multiculturale. Infine importanti cambiamenti sono stati dati dall’avvento di Internet e dalle collaborazioni economiche con la Cina. Profili degli apprendenti: L’italiano è ben presente nel “mercato delle lingue”, troviamo infatti: -Bambini e adolescenti stranieri che seguono corsi di italiano curriculare nelle scuole dell’obbligo del proprio paese; -Bambini e adolescenti stranieri (non di origine italiana) che seguono insieme a bambini di origine italiana i corsi di lingua e cultura italiana in istituti finanziati dal MAE (Ministero degli Affari Esteri) nei paesi meta dell’emigrazione italiana all’estero; -Bambini e adolescenti stranieri iscritti nelle Scuole Italiane all’estero: -Studenti universitari fuori dall’Italia; -Giovani adulti con progetto di emigrazione;
34
Embed
Capitolo I L’italiano lingua straniera fuori dall’Italia · apprendere l’italiano e anche alla sua spendibilità sociale. Tra le lingue preferite, l’italiano è spesso alla
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
Capitolo I – L’italiano lingua straniera fuori dall’Italia
Definizioni: Genericamente, nell’ambito della didattica, distinguiamo:
-Lingua straniera o LS
-Lingua seconda o L2
-Lingua non materna
Intendendo con queste espressioni una lingua che è obbiettivo di apprendimento in una fase successiva a quella
della prima infanzia; ma, per alcuni, un ulteriore differenziazione andrebbe posta in relazione ad altri parametri
quali quello spaziale e quello socio-culturale:
-Italiano lingua straniera o LS: italiano appreso fuori dall’Italia;
-Italiano lingua seconda o L2: italiano appreso in Italia
-Italiano lingua d’origine: appresa da parte degli emigrati italiani all’estero
-Italiano lingua di contatto: appresa da parte degli immigrati stranieri in Italia
Quel che è certo è che parlare di italiano LS ci rimanda ad una situazione passata nella quale la lingua italiana
veniva appresa degli stranieri soprattutto fuori dall’Italia e perlopiù in contesti culturali. Questa realtà si è
trasformata.
La promozione della lingua e della cultura italiana all’estero: L’italiano all’estero è parte delle offerte formative di
istituzioni locali pubbliche e private come: scuole dell’obbligo, università, aziende. Una peculiare rete che offre la
possibilità di studio dell’italiano LS è quella delle Università Popolari per la formazione degli adulti (soprattutto in
Nord Europa) e quella delle scuole private di lingua, anche specializzate solo in italiano LS. Abbiamo anche offerte
formative finanziate dal governo italiano, Scuole italiane all’estero, Istituti italiani di cultura (IIC), lettori
universitari e il comitato della Società Dante Alighieri.
Cenni storici: Dal mito del grand tour sappiamo che per secoli gli stranieri sono approdati alla lingua italiana data
la sua importanza culturale. Ma, oltre a questi studiosi, sappiamo che nei secoli si sono approcciati alla lingua
anche religiosi, militari e commercianti; in un Italia dialettofona sono loro ad aver rilevato le prime differenze tra
norma e uso. Nell’800 le spinte migratorie dall’Italia verso i paesi del Nord Europa e oltreoceano, è cambiata la
fisionomia della circolazione dell’italiano all’estero. Dopo la metà del 900 i grandi cambiamenti sociali dell’Italia e
il suo sviluppo economico hanno rallentato la spinta migratoria e anzi favorito l’arrivo di molti cittadini dell’est
europeo, della Cina, dell’Africa rendendo l’Italia un paese multiculturale. Infine importanti cambiamenti sono stati
dati dall’avvento di Internet e dalle collaborazioni economiche con la Cina.
Profili degli apprendenti: L’italiano è ben presente nel “mercato delle lingue”, troviamo infatti:
-Bambini e adolescenti stranieri che seguono corsi di italiano curriculare nelle scuole dell’obbligo del proprio
paese;
-Bambini e adolescenti stranieri (non di origine italiana) che seguono insieme a bambini di origine italiana i corsi di
lingua e cultura italiana in istituti finanziati dal MAE (Ministero degli Affari Esteri) nei paesi meta
dell’emigrazione italiana all’estero;
-Bambini e adolescenti stranieri iscritti nelle Scuole Italiane all’estero:
-Studenti universitari fuori dall’Italia;
-Giovani adulti con progetto di emigrazione;
-Professionisti, pensionati, appassionati, compagni di un italiano/a;
-Funzionari plurilingui;
-Cibernauti.
Motivazioni e bisogni di apprendimento: Quali sono i fattori di attrattività dell’italiano LS? Le prime indagini
motivazionali vertevano sul prestigio della cultura italiana o alle origini delle famiglie emigrate all’estero. Nel 1999
con il progetto/indagine Italiano 2000 vediamo che ancora oggi per la maggior parte la motivazione è culturale ma
a questa si aggiunge anche la novità delle famiglie bilingui e, il dato più nuovo, l’emergere di due motivazioni
cosiddette strumentali: il lavoro e lo studio. In questi ultimi casi i bisogni saranno strettamente ancorati ad un
ambito (es. studenti di legge o funzionari turistici). L’italiano LS è quindi oggi caratterizzato da una certa
disomogeneità motivazionale da cui deriva anche una pluralità di bisogni formativi legati soprattutto al piacere di
apprendere l’italiano e anche alla sua spendibilità sociale. Tra le lingue preferite, l’italiano è spesso alla quarta
scelta negli apprendenti il che denota che chi si avvicina alla lingua ha di solito già un bagaglio di capacità
interlinguistica.
Caratteristiche dell’input: L’apprendimento dell’italiano LS si svolge, per definizione, in un contesto non italofono
ma questo non significa che vi sia totale assenza di comunicazione in lingua italiana e infatti gli input sono
ampiamente diffusi. Il tipo di italiano che circola è un neo standard di media formalità: prodotti made in Italy, nomi
delle insegne di negozi e dei prodotti, nelle aree di turismo italiano (Egitto, Croazia) o nelle aree di imprese italiane
o dove sono immigrati lavoratori italiani (Canada) e anche nei poli universitari, diplomatici o internazionali
(Ginevra, New York, Bruxelles). A queste si aggiungono le zone di frontiera (Savoia, Austria, Albania, Grecia).
L’italiano è lingua ufficiale a San marino, nel Vaticano e nel Canton Ticino (Svizzera); lingua coloniale nel Corno
d’Africa. È presente anche in due forme di comunicazione internazionale: come lingua franca in Svizzera e come
lingua “ponte” fra funzionari ed interpreti di nazionalità diverse. Tuttavia, è la classe il luogo in cui si realizza di
solito l’apprendimento guidato dell’italiano LS, in contesti formali e con docenti non nativi. Un ulteriore input è
allora il contatto con i propri pari, con i compagni di classe. Il rischio comunque è che questo tipo di input sia
povere a livello di lessico, variazione pragmatica e temi. Oltre all’apprendimento formale/guidato esiste anche un
tipo di apprendimento misto.
L’input è necessario ma non sufficiente per l’apprendimento. Per trasformarlo in intake (cioè acquisizione duratura)
è necessario che venga affiancato dalla pratica, cioè dall’output.
Caratteristiche dell’output e tipi di interazione: La possibilità di sviluppare una competenza linguistica e culturale
in italiano dipende spesso dalla professionalità del docente. In un apprendimento in contesto guidato e isolato è
possibile che gli apprendenti siano esposti ad input limitato così il lor output sarà ristretto e monitoriale.
Capitolo II – L’italiano lingua seconda in Italia
Definizioni: Nella glottodidattica l’italiano come “lingua seconda” o “seconda lingua” (L2) è inteso genericamente
come una lingua appresa dopo la madrelingua, cioè “italiano per stranieri” o “italiano lingua non materna”. In altri
casi si usa “italiano L2” per sottolineare la distanza temporale di apprendimento o la secondarietà della
competenza. Si parla di italiano L2 anche se quest’ultimo è appreso come terza o quarta lingua. Dal punto di vista
della linguistica acquisizionale si utilizza L2 per indicare la lingua non materna appresa spontaneamente o in
maniera guidata nel paese in cui è parlata. Qui useremo L2 per dire la lingua appresa nell’ambiente in cui si parla
cioè evidenziando il contesto diatopico. Se prima era maggiormente netta la differenza tra una situazione di
apprendimento guidato (LS) e una di apprendimento spontaneo (L2) ora i contorni sono sfumati e l’apprendimento
misto sembra essere il contesto ideale. Per “azione” si intende l’interazione verbale e con “competenza di azione” si
intende la capacità di interagire linguisticamente con altri individui in modo partecipativo. Una didattica orientata
all’azione è una didattica che:
-Accetta sorprese, imprevisti e sfide;
-È una didattica ecologica;
-Supera la dicotomia classe/extraclasse;
-Riconosce l’importanza del contesto non linguistico;
-Supera la dicotomia individuo/società;
-Propone forme di apprendimento euristico.
Caratteristiche degli apprendenti - Cenni storici: Nel corso dei secoli l’apprendimento dell’italiano da parte di
stranieri in Italia nei secoli passati era essenzialmente riferito ad alcune categorie di apprendenti nonostante la non
uniformità linguistica del territorio.
-Studenti universitari;
-Artisti, intellettuali, viaggiatori;
-Commercianti;
-Prelati cattolici, pellegrini e soldati.
Questi cercavano di mediare tra la lingua scritta e quella parlata. Solo nel 1917 a Siena nasceranno i primi “Corsi di
lingua e cultura italiana per stranieri” seguiti, nel 1921, da quelli di Perugia. Queste due città saranno i poli
principali; dopo il boom economico degli anni ’60, nascono a Firenze e Roma varie scuole private di italiano per
stranieri e nel 1981 viene istituito un “livello soglia” per l’italiano, un documento che offre ai docenti e agli autori
di materiali didattici un sillabo con i contenuti essenziali per lo sviluppo delle competenze. Nel 1992 vengono
istituite ufficialmente l’Università per Stranieri di Siena e l’Università per Stranieri di Perugia destinate ad una
formazione accademica. L’Italia propone dunque al mondo una propria politica di promozione dell’italiano per
stranieri privilegiando il settore universitario. Molti sono gli studenti americani che soggiornano nella tradizione
degli “Italian Study Abroad”. Dal 2000 si inseriscono a tutti questi anche i programmi Erasmus/Socrates e dal
2006-2007 le università accolgono un numero non indifferente di studenti cinesi (Programma Marco Polo). Un
altro campo da ricordare è quello delle Università Pontificie. A differenza dell’italiano all’estero, l’apprendente
tipico di italiano L2 (non immigrato) è un giovane adulto tra i 18 e i 30 anni nel pieno compimento di esperienze
formative/lavorative. In Italia abbiamo inoltre le comunità alloglotte; minoranze linguistiche storicamente presenti
in Italia, come quelle franco-provenzali della Valle d’Aosta e del Piemonte.
Caratteristiche degli apprendenti – Profili degli apprendenti:
-Bambini e adolescenti stranieri in vacanza studio in Italia;
-Bambini e adolescenti stranieri inseriti nelle scuole internazionali e bilingui;
-Adolescenti stranieri del Programma Intercultura, Studenti Erasmus, studenti Marco Polo;
-Seminaristi e sacerdoti cattolici stranieri;
-Adulti che decidono di trascorrere un periodo di studio dell’italiano in italia per motivi culturali o personali;
-Professionisti o impiegati che lavorano in Italia;
-Carcerati stranieri;
-Cittadini italiani di madrelingua diversa, limitatamente alle minoranze storiche presenti in Italia.
Motivazioni e bisogni di apprendimento:
-Periodo di permanenza in Italia: in questi casi la motivazione principale è di tipo affettivo, cioè si sceglie l’Italia
perché piace. Un altro tipo di motivazione è quella strumentale, cioè per raggiungere specifici obiettivi, molti con
una motivazione integrativa (immigrati).
-Motivazioni estrinseche, imposte.
Caratteristiche dell’input: L’ambiente per l’apprendimento è ideale in quanto si presta ad un apprendimento misto e
si può disporre di un insegnante madrelingua che gli espone un primo input orale; inoltre, si dispone di molteplici
materiali didattici in classe.
Caratteristiche dell’output:
-Un contesto privilegiato è quello del tempo libero (turismo, sport, cultura);
-Un altro è il contesto formale e settoriale, relativo al proprio ambito di interesse (universitario, religioso,
professionale);
-Infine, le maggiori occasioni di output in Italia sono offerte agli stranieri presenti sul territorio nei contesti
informali e spontanei di interazione. Immigrati, studenti, turisti; trovano tutti occasione di praticare la lingua.
Capitolo III – L’italiano lingua d’origine
Definizioni: Tra il pubblico che frequenta i corsi di lingua italiana all’estero troviamo anche oriundi italiani per i
quali l’apprendimento si realizza nella prospettiva di quello della lingua di origine. Per designare la lingua
impiegata ed appresa nell’ambito famigliare e nella comunità da oriundi è usata l’espressione lingua etnica o
community language. Alcuni non riconoscono uno status specifico per questa situazione e la assimilano alla L1 ma
visto che gli apprendenti si trovano in un contesto culturale e di contatto estraneo è bene analizzarli come
apprendenti di L2.
Caratteristiche degli apprendenti – Le condizioni di emigrazione italiana all’estero: L’emigrazione è un fenomeno
storico complesso che ha assunto notevole consistenza nel periodo che va dalla metà dell’800 alla metà degli anni
’70 del secolo scorso. 27 milioni di italiani hanno lasciato il territorio nazionale tra il 1876 e il 1976 principalmente
verso il continente americano. Una seconda ondata si è avuta nel 1947 fino al 1973 sta volta verso i paesi europei
più sviluppati (Francia, Belgio, Germania) o verso mete molto lontane come Canada o Australia. La differenza
principale sta nell’atteggiamento maggiormente aperto che i nostri connazionali hanno trovato negli USA e nel
tempo maggiore che vi hanno trascorso nonché l’importanza della distanza e dei minori contatti possibili sia con i
connazionali che con la lingua di origine. La lingua utilizzata nelle interazioni con i connazionali non è l’italiano
standard ma una varietà sub-standard definita italiano di emigrazione che è caratterizzato dalla presenza di
espressioni dialettali e da prestiti della lingua del paese ospitante.
Caratteristiche degli apprendenti – La differenza tra le fasce generazionali: L’italiano di emigrazione subisce
un’evoluzione con il passaggio da una generazione all’altra, caratterizzata da una lenta erosione che Saltarelli
divide in quattro stadi:
-Stadio 0 – Standard;
-Stadio 1 - Fading il contatto con la lingua del paese ospitante trasforma l’italiano di emigrazione in un sistema
in dissolvenza, contraddistinto da una riduzione del lessico e da una semplificazione generale;
-Stadio 2 – Pidgin è quello della seconda generazione, si riduce il lessico e la morfologia;
-Stadio 3 – Fragment è quello della terza generazione, la produzione è frammentaria e limitata lessicalmente;
-Stadio 4 – Loss.
Questo modello non è però adattabile a tutte le situazione, nella seconda fase infatti si aprono un ventaglio di
possibilità.
Caratteristiche degli apprendenti – Profili di apprendenti di origine italiana:
-Apprendenti non competenti, cioè esponenti della terza o quarta generazione di emigrati caratterizzati da un basso
grado di mantenimento dell’italiano che, pur non possedendo alcuna competenza linguistica nella lingua d’origine,
decidono di studiare la lingua italiana per recuperare la propria identità linguistica;
-Apprendenti parzialmente competenti, cioè coloro che desiderano approfondire le conoscenze già possedute;
-Adulti o giovani adulti con competenza variabile dell’italiano che vengono a studiare in Italia, sovvenzionati o non
dalle associazioni di italiani all’estero;
-Studenti universitari;
-Adolescenti e bambini che scelgono come lingua straniera l’italiano nel curriculum didattico del paese ospitante o
che frequentano scuole bilingue o italiane all’estero;
-Adolescenti e bambini che seguono corsi offerti dagli Istituti Italiani di Cultura, dalla Società “Dante Alighieri” o
di scuole private.
Motivazioni e bisogni di apprendimento:
-Motivazioni affettive, identitarie, maggiormente sentite dalla seconda generazione;
-Motivazione strumentale, data anche dal fatto di possedere già una base di competenze;
-Bisogni di apprendimento legati all’uso quotidiano.
Caratteristiche dell’input: L’apprendimento può essere (come nel caso delle terze o quarte generazioni) guidato
oppure misto. La mancanza di contatto diretto può essere attutita da mezzi tecnici come cd audio. Inoltre,
l’apprendente italiano può provenire da una realtà regionale o locale e quindi da un italiano popolare che
comprende forme non più attuali. In alcuni casi invece, specie nei paesi limitrofi, l’esposizione all’italiano non si
limita alle varietà standard ma si estende all’italiano neo standard e a quello colloquiale di tv e radio. Per quanto
riguarda i sussidi occorre specificare che i libri di testo sono pochi e poco aggiornati. Caratteristiche dell’output:
Quando la lingua viene appresa in ambito formale maggiori opportunità sono offerte dallo sviluppo dalla
produzione scritta. Un ausilio importante sono i mezzi tecnici per la produzione orale. Se l’apprendimento è invece
misto si possono creare positive opportunità fuori dall’ambiente linguistico; anche l’estensione del gruppo
famigliare in questo caso fa la differenza (es. anziani) si possono creare produzioni mistilingue attraverso la
commutazione dei codici che è però spesso guardata negativamente. Si è parlato spesso di semilinguismo o
bilinguismo fallito per i figli degli emigrati italiani. In ambito didattico la mescolanza non va evitata ma compresa.
Capitolo IV – L’italiano lingua di contatto
Definizioni: A partire dall’800 in Italia si è visto crescere il numero di cittadini stranieri che necessitano di
apprendere la lingua per soggiornare in Italia e sostenere il proprio progetto migratorio. La richiesta di formazione
linguistica si è quindi modificata ed ampliata. In Italiano la parola migrante (migrant in inglese si riferisce ad una
persona che si sposta per trovare lavoro, temporaneamente) si sta affermando per il prestigio tecnico mentre
immigrato ha un accezione non positiva. Le indagini dimostrano la crescente tendenza alla stabilità di residenza che
include tra i migranti molti bambini ed adolescenti che hanno bisogno di formazione linguistica. Molti di questi
bambini sono figli di situazione complicate che non si possono includere nella generica categoria di “italiano L2”
(es. figli matrimoni misti) e si è preferito riferirsi all’italiano insegnato ed appreso dai figli dei cittadini immigrati
in Italia con la denominazione italiano lingua di contatto con cui si evidenzia la natura composita della competenza
individuale di questi apprendenti che comprende l’italiano e la lingua d’origine, producendo attraverso il contatto
sollecitazioni relative alla definizione della propria identità linguistica e culturale. L’espressione lingua in contatto
è stata introdotta da Weinreich per riferirsi alle lingue parlate alternativamente da uno stesso individuo, che
costituisce così il luogo del contatto tra le lingue. In ambito glottodidattico l’espressione compare in Freddi, con un
significato diverso, visto come quello che si realizza in risposta a motivazioni culturali generiche. Tullio De Mauro
e Vedovelli rinviano alla nozione sociolinguistica degli immigrati stranieri ed in particolare dei loro figli. Questa
prospettiva permette di cogliere l’incidenza dei fattori psico-affettivi, identitari e socioculturali nel processo di
apprendimento dell’italiano, al fine di progettare un’azione didattica derivata dalla conciliazione della storia
linguistico-culturale pregressa dell’alunno e del bambino/adolescente migrante con l’incontro con la cultura e la
lingua italiana.
Caratteristiche degli apprendenti – L’immigrazione cambia la scuola: Migliaia di alunni con nazionalità non
italiana fanno il loro ingresso nella scuola e formano il variegato scenario di apprendenti che sono utenti di italiano
come lingua di contatto. La scuola italiana è ormai un ambiente multietnico, multiculturale e plurilinguistico in cui
la composizione della popolazione scolastica è profondamente cambiata. Per quanto riguarda la distribuzione
geografica, la concentrazione maggiore di bambini/adolescenti migranti si rileva nel nord-est e si è estesa anche ai
piccoli comuni. Per quanto concerne la distribuzione degli alunni nei diversi ordini di scuola, mentre nel primo
periodo si concentravano nelle scuole primarie ora l’apprendimento dell’italiano come lingua di contatto ha
coinvolto anche gli istituti secondari. Gli alunni stranieri presenti nella scuola italiana provengono da circa 180
paesi, prevalentemente europei. A questi si aggiungono gli alunni nomadi e di etnia rom.
Profili degli apprendenti dell’italiano come lingua di contatto:
-Bambini/adolescenti nati all’estero da genitori stranieri;
-Minori adottati con procedure internazionali dopo la prima infanzia;
-Bambini/adolescenti nati in Italia da genitori stranieri;
-Figli di matrimoni misti;
-Bambini/adolescenti di etnie nomadi, di recente immigrazione o di antico insediamento;
-Adolescenti immigrati non accompagnati e minori richiedenti asilo;
-Minori dimorati (es. figli diplomatici).
Motivazioni e bisogni degli apprendenti: Si dividono in due ordini; la competenza linguistico-comunicativa che gli
consentono di socializzare con i pari e i livelli di competenza più elevata per poter comprendere le lezioni e
svolgere le verifiche scritte ed orali. Cummins distingue tra un aspetto più superficiale della competenza
comunicativa definito Basic Interpersonal Communication Skills (BICS – sfera di azione personale, conseguito in
circa due anni a seconda della differenza con la L1) ed uno più complesso Cognitive Academic Language
Proficiency (CALP – acquisito in più tempo, serve per svolgere con profitto gli studi nella L2). L’attenzione delle
istituzioni si è rivolta fino ad oggi principalmente al primo aspetto e questo ha fatto sì che gli esiti scolastici dei
migranti siano peggiori di quelli dei compagni italiani. Su questo incidono vari fattori come il ritardo scolastico, la
carenza di adeguati strumenti ecc. Nell’insegnamento dell’italiano come lingua di contatto, l’attenzione ai bisogni
dei discenti deve estendersi alla fase successiva durante la quale l’alunna necessita di transitare da uno stadio di
sopravvivenza a quello di padronanza di modalità espressive più complesso. Cummins spiega il complesso legame
tra sviluppo della L1 e della L2 ricorrendo al principio di interdipendenza linguistica: una volta attivati, i processi
cognitivi sono disponibili per la decodificazione in entrambe le lingue, dato che il meccanismo comune presiede al
funzionamento dei due sistemi linguistici. La motivazione dell’alunno straniero non è però sempre forte,
intrecciandosi con problematiche affettive, connesse alla sua condizione di migrante.
Caratteristiche dell’input: Lo sviluppo dell’italiano come lingua di contatto si realizza in situazione di
apprendimento misto. La quantità e la qualità dell’input esterno alla scuola varia notevolmente in relazione
all’ambiente famigliare e sociale dove l’apprendente viene a contatto con diverse varietà della lingua italiana:
dall’italiano colloquiale a quello televisivo come pure a quello regionale o al foreigner talk. Si tratta però sempre di
un input contestualizzato e la sua comprensibilità varia anche dall’equilibrio tra informazione linguistica ed
extralinguistica. Inoltre, in ambiente spontaneo le difficoltà di comprensione possono essere risolte ricorrendo alla
negoziazione dei significati. Durante i laboratori di lingua italiana, l’input riguarda generalmente situazioni di
comunicazione quotidiana e l’esposizione viene sostenuta controllata e guidata. Nelle ore curricolari, l’alunno entra
invece in contatto con le modalità espressive dell’esposizione didattica, relativa alle discipline oggetto di
insegnamento.
Caratteristiche dell’output e tipo di interazione: Dopo l’accoglienza nell’ambiente scolastico, gli alunni stranieri
neoarrivati attraversano una fase di silenzio, dove si limitano ad ascoltare. Con l’esposizione alla lingua, il piccolo
bagaglio iniziale si arricchirà secondo questa scala:
-Fase prebasica: l’output dell’apprendente è basato su elementi lessicali e vocabolario minimo;
-Fase basica: il vocabolario si arricchisce, incomincia a delinearsi l’appartenenza delle parole a classi, compaiono
gli avverbi;
-Fase postbasica: si amplia la morfologia e si strutturano i bari paradigmi, consentendo la coniugazione dei verbi, si
presenta la subordinazione (prima con connettivi testuali);
-Fasi di sviluppo avanzate: compaiono composizioni scritte, costruzioni nominali.
Nel percorso evolutivo di acquisizione, la L1 rappresenta un insieme di conoscenze da cui l’apprendente attinge sia
per processare la L2, sia per esprimersi. Nelle produzioni degli alunni sono dunque rintracciabili transfert della L1.
L’interazione non è un compito semplice ma promuove l’acquisizione linguistica e in questa il discente presta
attenzione alle forme linguistiche usate e si esercita a costruire le strutture sintattiche, nello scambio comunicativo
infatti, si crea una struttura verticale cioè un insieme di articolati di frasi, somma dei diversi turni dei partecipanti.
La soluzione metodologica è quella di un modello cooperativo di apprendimento che consenta si inserire l’alunno
straniero nella partecipazione ad attività interazionali con cadute positive sullo sviluppo della lingua.
Capitolo V – Coordinate per l’apprendimento di una lingua non materna
Nella prospettiva attuale non è più l’insegnamento a determinare l’apprendimento ma sono le modalità di
acquisizione linguistica ad orientare le scelte metodologiche e le pratiche didattiche. Per progettare un percorso
formativo, occorre conoscere e tenere presenti le modalità attraverso cui l’apprendimento si realizza.
Dalla prospettiva comportamentista a quella cognitivista: Il comportamentismo è la prima teoria
dell’apprendimento alla quale la didattica delle lingue ha fatto esplicitamente riferimento ed è stata introdotta nella
didattica dal linguista Bloomfield che, intorno al 1945, basò un metodo per l’insegnamento sul modello di
descrizione teorica della lingua e dell’apprendimento: il metodo audio-orale, che si fonda sugli assunti della teoria
comportamentista. Nella prospettiva comportamentista l’apprendimento di una L1 o di una L2 consiste
nell’acquisizione di abitudini senso-motorie di carattere inconscio, derivate dall’associazione di una particolare
risposta ad un determinato stimolo dell’ambiente. L’acquisizione di un abitudine è favorita dall’imitazione, dalla
frequenza e dal rinforzo (cioè il comportamento che segue la risposta). Nella pratica didattica l’accento è posto
sulla discriminazione di suoni e sulle strutture, presentate attraverso i pattern drills, cioè esercizi in cui le forme
linguistiche sono manipolabili con tecniche di sostituzione e trasformazione; il lessico ha un ruolo di secondo
piano. Le abitudini che si acquisiscono con la lingua madre possono costituire una fonte di interferenza, tanto più
probabile, quanto più L1 E L2 divergono strutturalmente. Il transfert tra le due lingue può essere positivo o
negativo e per il docente è possibile prevedere e guidare lo studente al superamento degli effetti negativi del
transfert della L1 tramite un analisi contrastiva.
Chomsky afferma invece che non si può ridurre il tutto alla mera formazione di abitudini. Secondo questo autore
che a partire dagli anni ’70 sviluppa un modello alternativo fondato su principi cognitivisti, l’apprendimento è il
risultato di un processo mentale creativo dovuto alla predisposizione, specificatamente umana, di imparare una
lingua; un meccanismo innato che Chomsly definisce LAN (Language Acquisition Device) e che consente
all’individuo, tramite i dati linguistici a cui è esposto, di formulare ipotesi sul funzionamento del sistema linguistico
e verificarle operando un confronto con l’input ottenuto dall’ambiente. Il cognitivismo non costituisce una scuola
psicologica collocabile spazio-temporalmente ma una prospettiva di studio volta ad indagare il funzionamento della
mente umana che raccoglie diversi esponenti. Nel modello chomskiano gli influssi ambientali rivestono importanza
solo come insieme di opportunità offerte all’apprendimento che si verifica perché i dati linguistici vengono messi in
relazione agli universali, cioè ai principi comuni a tutte le lingue e ai parametri che costituiscono la G.U.
(Grammatica Universale). Con l’acquisizione di una L2 l’apprendente ha già in mente un esempio di realizzazione
dei principi universali e per questo l’apprendimento della L1 e della L2 differiscono, inoltre l’individuo che
apprende una L2 è in uno stato di sviluppo cognitivo più avanzato. Mettendo a confronto i due principi vediamo:
-Modello di acquisizione secondo il comportamentismo : l’Output non si discosta dai dati forniti
Input (frasi di stimolo) Capacità di apprendimento Output (frasi di risposta) – Input = Intake
-Modello di acquisizione linguistica secondo il modello della GU: prevede una elaborazione dei dati input
da parte del dispositivo mentale innato dando come Output la conoscenza implicita di un sistema di regole
linguistiche. Input e Intake (ciò che viene ritenuto dalla memoria a lungo termine come il risultato dei processi di