1 LE TANGENTI NON SONO ALLARME SOCIALE? IL PROCURATORE AGUECI: “NON HO PAROLE” Questo il commento del magistrato alla notizia del parere dell’Avvocatura e alla conseguente mancata costituzione di parte civile della Regione al processo contro un proprio dipendente accusato di corruzione di Alberto Samonà “Non ho parole”. Questo il commento del procuratore aggiunto Leonardo Agueci alla notizia della mancata costituzione di parte civile della Regione siciliana al processo contro un proprio dipendente infedele accusato di corruzione. Mancata costituzione dovuta a un parere dell’Avvocatura distrettuale dello Stato. “Non ho proprio parole – ha detto il magistrato – proprio perché l’Avvocatura dello Stato di Palermo è sempre stata sensibile su questi temi. Ho sperimentato la sensibilità dimostrata in altre occasioni, ecco perché questa notizia mi ha lasciato di stucco. Devo leggere le motivazioni”. Eppure, in tal caso la sensibilità non si è tradotta in un orientamento conseguente. La vicenda è quella relativa al procedimento penale a carico del funzionario dell’assessorato al Territorio,Gianfranco Cannova, arrestato mesi fa con l’accusa di avere intascato tangenti e usufruito di soggiorni in lussuosi alberghi, per “oliare” una pratica nel settore dello smaltimento dei rifiuti e delle discariche. Il dipendente regionale è attualmente alla sbarra davanti al tribunale di Palermo ma, male che gli vada, potrà incassare una condanna penale, mentre non vi sarà alcuna provvisionale, alcun risarcimento in favore della Regione, in quanto questa non si è costituita parte civile. Un dietro-front, dovuto al fatto che l’Avvocatura distrettuale dello Stato, investita della questione, ha spiegato che se il danno provocato all’ente pubblico non è eccessivo, allora non è il caso che questo si costituisca parte civile. Una decisione, motivata con parole che lasciano di stucco, soprattutto nella parte in cui viene definita «inopportuna» l’eventualità della Regione di costituirs i al processo per far valere il proprio ruolo di parte offesa. La stessa Avvocatura aveva motivato il proprio orientamento con «l’esiguità del danno provocato dal singolo caso al patrimonio pubblico» e per il «non particolare allarme sociale connesso alle fattispecie concrete contestate». Tanto è bastato per convincere la Regione Siciliana a non costituirsi in giudizio quale parte offesa. http://www.loraquotidiano.it/2015/02/06/le-tangenti-non-sono-allarme-sociale-il-procuratore-agueci- non-ho-parole_24348/ Le mazzette? “Non provocano allarme sociale” E la Regione siciliana non si costituisce parte civile Le mazzette “non sono un fattore di particolare allarme sociale” dice l’Avvocatura distrettuale dello Stato in un parere consegnato alla Regione siciliana. E questo è bastato all’amministrazione regionale per decidere di non costituirsi parte civile nel processo per corruzione a un proprio funzionario. Il processo è cominciato lo scorso 19 gennaio nei confronti di Gianfranco Cannova, dipendente dell’assessorato al Territorio, che ha ammesso di aver preso tangenti (denaro e soggiorni gratis in alberghi di lusso), in cambio di autorizzazioni ad alcuni imprenditori titolari di discariche. La notizia è stata pubblicata da Repubblica. Eppure, dopo l’arresto di Cannova, avvenuto lo scorso luglio, il governatore Rosario Crocetta tuonò contro la nuova tangentopoli. Ma l’Avvocatura ha giudicato “inopportuna” la costituzione di parte civile, “attesa la esiguità del danno e il non particolare allarme sociale connesso alle fattispecie concrete
150
Embed
Cannova gianfranco tangenti e rifiuti la regione nel processo grande assente (7)
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
1
LE TANGENTI NON SONO ALLARME SOCIALE? IL PROCURATORE AGUECI: “NON HO PAROLE” Questo il commento del magistrato alla notizia del parere dell’Avvocatura e alla conseguente
mancata costituzione di parte civile della Regione al processo contro un proprio dipendente
accusato di corruzione
di Alberto Samonà
“Non ho parole”. Questo il commento del procuratore aggiunto Leonardo Agueci alla notizia della
mancata costituzione di parte civile della Regione siciliana al processo contro un proprio dipendente
infedele accusato di corruzione. Mancata costituzione dovuta a un parere dell’Avvocatura
distrettuale dello Stato. “Non ho proprio parole – ha detto il magistrato – proprio
perché l’Avvocatura dello Stato di Palermo è sempre stata sensibile su questi temi. Ho sperimentato
la sensibilità dimostrata in altre occasioni, ecco perché questa notizia mi ha lasciato di stucco. Devo
leggere le motivazioni”.
Eppure, in tal caso la sensibilità non si è tradotta in un orientamento conseguente. La vicenda è
quella relativa al procedimento penale a carico del funzionario dell’assessorato al
Territorio,Gianfranco Cannova, arrestato mesi fa con l’accusa di avere intascato tangenti e usufruito
di soggiorni in lussuosi alberghi, per “oliare” una pratica nel settore dello smaltimento dei rifiuti e
delle discariche.
Il dipendente regionale è attualmente alla sbarra davanti al tribunale di Palermo ma, male che gli
vada, potrà incassare una condanna penale, mentre non vi sarà alcuna provvisionale, alcun
risarcimento in favore della Regione, in quanto questa non si è costituita parte civile.
Un dietro-front, dovuto al fatto che l’Avvocatura distrettuale dello Stato, investita della questione,
ha spiegato che se il danno provocato all’ente pubblico non è eccessivo, allora non è il caso che
questo si costituisca parte civile. Una decisione, motivata con parole che lasciano di stucco,
soprattutto nella parte in cui viene definita «inopportuna» l’eventualità della Regione di costituirsi
al processo per far valere il proprio ruolo di parte offesa. La stessa Avvocatura aveva motivato il
proprio orientamento con «l’esiguità del danno provocato dal singolo caso al patrimonio pubblico»
e per il «non particolare allarme sociale connesso alle fattispecie concrete contestate».
Tanto è bastato per convincere la Regione Siciliana a non costituirsi in giudizio quale parte offesa.
Le mazzette? “Non provocano allarme sociale” E la Regione siciliana non si costituisce parte civile
Le mazzette “non sono un fattore di particolare allarme sociale” dice l’Avvocatura distrettuale dello Stato in un parere consegnato alla Regione siciliana. E questo è bastato all’amministrazione regionale per decidere di non costituirsi parte civile nel processo per corruzione a un proprio funzionario. Il processo è cominciato lo scorso 19 gennaio nei confronti di Gianfranco Cannova, dipendente dell’assessorato al Territorio, che ha ammesso di aver preso tangenti (denaro e soggiorni gratis in alberghi di lusso), in cambio di autorizzazioni ad alcuni imprenditori titolari di discariche. La notizia è stata pubblicata da Repubblica. Eppure, dopo l’arresto di Cannova, avvenuto lo scorso luglio, il governatore Rosario Crocetta tuonò contro la nuova tangentopoli. Ma l’Avvocatura ha giudicato “inopportuna” la costituzione di parte civile, “attesa la esiguità del danno e il non particolare allarme sociale connesso alle fattispecie concrete
contestate”. Secondo l’Avvocatura, la Regione può esimersi dal chiedere un risarcimento “perché è sufficiente l’impulso accusatorio del pubblico ministero”, si legge in una nota del 10 novembre scorso, firmata dall’avvocato distrettuale Massimo Dell’Aira e dall’incaricato Pierfrancesco La Spina. L’assessore regionale al Territorio, Maurizio Croce, spiega di aver saputo dai giornali della mancata costituzione come parte civile: “È grave la nostra posizione – dice – e vergognosa la motivazione fornita dall’Avvocatura”. E Crocetta aggiunge: “Non so cosa sia successo. Disporrò un’inchiesta interna”. 5 febbraio 2015
Sono fatto così. Quando gli altri parlano taccio. Quando gli altri tacciono, scrivo. Non mi
interessa prendere parte a contese sulla pelle dell’antimafia (ho già scritto e detto che non sta a me
difendere Montante) ma provare a capire fino in fondo esercitando e sublimando l’arte del dubbio
(si veda anche link a fondo pagina con precedente articolo) .
E così il dubbio mi porta a scavare in una parola: delegittimazione, che declino in alcune delle
varianti possibili in quel della provincia nissena.
Forse abbiamo perso di vista un fatto apparentemente secondario ma invece di primaria importanza.
Questa vicenda nasce nella culla di Cosa nostra, quel “vallone” nisseno dal quale nobiluomini
(spero si arguisca l’ironia) quali Giuseppe Genco Russo e Calogero Vizzini dettavano legge alla
Sicilia intera e apparecchiavano la tavola (rectius: le battigie) agli alleati “ammerrecani”.
In altre parole, come si direbbe nella mia amata Roma, «quando voi eravate ancora sugli alberi, noi
eravamo già froci», che tradotto vuol dire: a Cosa nostra nissena nessuno può insegnare nulla.
E nessuno, dunque, può dimenticare che nel 2007, subito dopo l’approvazione del codice etico, la
sede di Confindustria di Caltanissetta (proprio laddove nacque la rivolta contro i “prenditori”, in
casa propria, nella classe industriale siciliana) fu rivoltata come un calzino per leggere (e
fotocopiare e duplicare?) atti e documenti anche riservati. Guarda tu la vita, proprio quando, nei
tempi in cui la rivolta suonava, alcuni notabili dell’associazionismo e della vita economica nissena
erano dediti a profondissime e minuziose attività di dossieraggio ad uso di capi mafia dal colletto
bianco e dall’anima nera.
Non ricordavo a memoria – per riportarlo alla mente ho dovuto ricomporre le tessere di un puzzle
che ho ricostruito anche grazie a quella potenziale fonte che è Internet – che in questi anni, ogni
qual volta c’è stato un passo avanti decisivo della genia industriale e imprenditoriale che si è mossa
all’unisono (sarebbero dunque tutti potenziale amici di presunti amici dei mafiosi? La domanda a
me pare legittima) dietro a Lo Bello eMontante e al loro grido di rivolta contro l’omertà mafiosa (il
primo nemico di Cosa nostra è la parola, dopo vengono, di conseguenza, gli atti), c’è stata una
reazione uguale e contraria a quella alla quale pare di assistere in questi giorni. Pare: come vedete
dubito.
Un’escalation che non poteva portare (all’epoca) a omicidi per un riflesso condizionato e per una
ragione pratica. Il riflesso condizionato risiede nel fatto che ai pupi di Cosa nostra manovrati dalle
menti raffinate sembrava impossibile ricevere un “no” a richieste che fino a quel momento non
potevano essere rifiutate (pizzo e protezione) e che addirittura sfociava in denunce in sede penale
degli affamatori aguzzini. Che succede? si saranno chiesti pupi e pupari.
La ragione pratica è che uccidere chi si opponeva a Cosa nostra tra gli imprenditori era difficile: le
scorte, che talvolta sono messe a protezione degli inutili, questa volta erano messe a disposizione di
qualcuno utile alla causa di civiltà sociale ed economica.
Bisognava fare, dunque, troppo rumore. Meglio lanciare la scia lunghissima e distillata della
delegittimazione.
Volete due-esempi-due dell’escalation diffamatoria e delegittimante di questi anni? Quando
l’imprenditore che opera nel settore dell’ambiente Giuseppe Catanzaro, attuale numero 2 di
Confindustria Sicilia, denunciò ad Agrigento i suoi carnefici, partì la crociata non contro – si badi
bene – le sue battaglie ma contro il suo passato e le presunte ombre che lo avvolgevano. Quella scia
non si è ancora spenta.
Lo schema – mutatis mutandis – si ripropose con Ivanhoe Lo Bello, attuale vicepresidente
nazionale di Confindustria, che nel 2010, stufo della cappa di omertà e ipocrisia che gravava (e
grava oggi più di ieri) su Catania, scoperchiò anche con un’intervista al Corriere della Sera il
maleodorante pentolone delle aree industriali, del movimento terra, dei trasporti e dell’edilizia. A
Palermo ci furono, in manifestazioni pubbliche, slogan, cori e striscioni contro colui il quale voleva
contribuire a cambiare, con i fatti, le cose. E i fatti (non le chiacchiere) dicono che fu Lo Bello a
mettere nero su bianco una frase sconcertate (non per chi, come me, segue l’evoluzione delle mafie)
nella nota riservata di Confindustria per il vertice nazionale della sicurezza svolto a Caltanissetta il
21 ottobre 2013 finita nelle mani del ministro dell’Interno Angelino Alfano. Con riferimento ad un
settore nel quale oggi sono ancora in piena evoluzione le indagini della magistratura, (non lo cito
14
per non dare vantaggi a chi deve sentire invece il fiato sul collo della Giustizia) Lo Bello scrisse
testualmente e Montante controfirmò, che «il territorio della provincia di Catania ha un ruolo
ancora più rilevante, in quanto Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra lavorano congiuntamente e
regolano il mercato a livello nazionale». Precedevano e seguivano nomi e cognomi. Quella scia non
si è ancora spenta.
Credo che la delegittimazione (l’ho scritto mille volte su questo umile e umido blog con
riferimento a tante altre vicende inquietanti) sia la culla della morte. Più della morte fisica la
delegittimazione è in grado di uccidere, perché colpisce il luogo di una vita: la purezza
dell’anima.
Ma attenzione: quando la delegittimazione fallisce dopo aver usato, nella sua escalation, armi
estreme e radicali, quando non riesce nel proprio intento e quando la corsa non si può arrestare, non
resta che la morte. Quella fisica. Quella che uccide un uomo per educare un popolo come, in Sicilia
e nel Sud, è stato troppo spesso educato.
Non sono solo io a pensarlo. A meno che nella genia dei soggetti pericolosi dell’antimafia parolaia
non rientri anche il presidente della Corte di appello di Caltanissetta, fu proprio lui, Salvatore
Cardinale, il 24 gennaio 2015, in apertura di anno giudiziario, ad affermare: «…in tal senso, da
parte degli investigatori, sono stati interpretati gli attacchi contro i nuovi vertici confindustriali
siciliani e nisseni, spesso aggrediti attraverso il metodo subdolo della diffamazione e del discredito
mediatico, e l’accentuata campagna di delegittimazione condotta a tutto campo contro vari
protagonisti dell’antimafia operativa, mirati a riprodurre una strategia della tensione che potrebbe
tradursi in azioni eclatanti. Su tale linea strategica sembrano porsi i due “avvertimenti”, uno dei
quali consumato a Caltanissetta, posti in essere contro il Presidente dell’Irsap(Alfonso Cicero,
ndr)».
Arrestate Montante, indagate Lo Bello, braccate Cicero, crocifiggete chi si è schierato per
tornaconto con loro o fate l’esatto contrario, smontate le accuse e riabilitate un corso ma, vi prego,
fatelo presto, e mi rivolgo alla magistratura, perché, senza Giustizia rapida, ci scapperà il morto. Il
primo nome è già sulla lista. Per educare un popolo. [email protected]
si legga anche http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/02/13/antonello-montante-battaglie-ignorate-denunce-dimenticate-di-ministri-e-magistrati-e-parole-calate-dei-pentiti/ http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/02/17/montante-confindustria-e-la-fine-innaturale-e-mortale-della-lunga-corsa-alla-delegittimazione/
IL GRANDE INGANNO DELL'ANTIMAFIA SICILIANA: COSÌ L'EROE DELLA LEGALITÀ
METTE LE MANI SULL'EXPO
Montante, indagato assieme all'ex governatore Lombardo, condannato, sono i creatori di
Caltanissetta "zona franca" anti-pizzo. Tra collusioni e fiumi di soldi, tutti i paradossi di
un'impostura politica dietro la dittatura degli affari
dai nostri inviati ATTILIO BOLZONI E EMANUELE LAURIA
CALTANISSETTA - Lo sapevate che esiste una "zona franca della legalità" dove ci sono gli
abitanti più buoni e più onesti d'Italia? E lo sapevate che l'hanno fortemente voluta un governatore
condannato per mafia e un imprenditore indagato per mafia? Per capirne di più bisogna andare a
Caltanissetta, quella che è diventata la capitale dell'impostura siciliana.
Nella città dove è iniziata l'irresistibile ascesa del cavaliere Antonio Calogero Montante detto
Antonello, presidente di Confindustria Sicilia, presidente della locale Camera di commercio,
presidente di tutte le Camere di commercio dell'isola, consigliere per Banca d'Italia, delegato
nazionale di Confindustria (per la legalità, naturalmente) e membro dell'Agenzia nazionale dei beni
confiscati (unica carica dalla quale si è al momento autosospeso per un'indagine a suo carico per
concorso esterno), si può scoprire come in nome di una assai incerta antimafia si è instaurata una
sorta di dittatura degli affari. Un califfato che si estende in tutta la Sicilia ma che è nato qui, a
Caltanissetta, dove commistioni - e in alcuni casi connivenze - fra imprese e politica, impresa e
Le verità della magistratura, la verità dei partiti, la verità della politica, la verità dei pentiti, quella
dei pentiti che si pentono di essersi pentiti e poi magari si ripentono, la verità degli imprenditori che
si abbeverano alla mangiatoia pubblica e sono poi i primi a chiedere “più mercato”, la verità dei
giornalisti schierati oppure quella della quota parte di classe dirigente marcia che governa questo
Paese.
Non ho mai creduto alle verità come appaiono, quelle che Giuseppe Lombardo, pm della Dda di
Reggio Calabria chiama le “mezze verità”. Quelle pronte da “bere” come la Milano dei bei (!) tempi
che furono. Non crediate sia facile non credere alle “mezze verità”: si pagano prezzi altissimi.
Il legittimo dubbio ha fatto ritenere ad una parte della stampa che il presidente di Confindustria
Sicilia, Antonello Montante sia o possa essere effettivamente quel losco figuro che viene (o
verrebbe) dipinto da alcuni pentiti di Cosa nostra gestiti, non senza colpi di scena in fase di
evoluzione, tra la Procura di Caltanissetta e quella di Catania.
Nulla quaestio. Sarà la magistratura a tentare di provare cosa c’è di vero, cosa c’è di falso, ma
soprattutto cosa c’è in quel “mondo di sopra” che a Roma stanno ancora aspettando di scoprire,
mentre in Sicilia, così come in Calabria, è in piena evoluzione da decenni, come del resto sa chi,
come l’attuale procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, quasi 20 anni fa provò a
dimostrare, senza successo, la realtà dei sistemi criminali che corrono ben oltre un criminale
mafioso. Toccherà, eventualmente, ad un aula di Tribunale giudicare fino a eventuale terzo grado.
Il dubbio, amico di penna (ormai si può dire di mouse e pc) mi spinge a continuare a scrivere del
“caso Montante” proprio ora che toccherà alla magistratura spegnere il ventilatore che, dopo essersi
acceso mediaticamente, da qualche giorno sembra in “pausa”. Come? Chiudendo presto le indagini
(a meno che una fila di batteria non moltiplichi i 180 giorni a disposizione di ciascuno per
raccontare la propria verità e allora la graticola girerà a lungo con buona pace della Giustizia).
Sono fatto così. Quando gli altri parlano taccio. Quando gli altri tacciono, scrivo. Non mi
interessa prendere parte a contese sulla pelle dell’antimafia (ho già scritto e detto che non sta a me
difendere Montante) ma provare a capire fino in fondo esercitando e sublimando l’arte del dubbio
(si veda anche link a fondo pagina con precedente articolo) .
E così il dubbio mi porta a scavare in una parola: delegittimazione, che declino in alcune delle
varianti possibili in quel della provincia nissena.
Forse abbiamo perso di vista un fatto apparentemente secondario ma invece di primaria importanza.
Questa vicenda nasce nella culla di Cosa nostra, quel “vallone” nisseno dal quale nobiluomini
(spero si arguisca l’ironia) quali Giuseppe Genco Russo e Calogero Vizzini dettavano legge alla
Sicilia intera e apparecchiavano la tavola (rectius: le battigie) agli alleati “ammerrecani”.
In altre parole, come si direbbe nella mia amata Roma, «quando voi eravate ancora sugli alberi, noi
eravamo già froci», che tradotto vuol dire: a Cosa nostra nissena nessuno può insegnare nulla.
E nessuno, dunque, può dimenticare che nel 2007, subito dopo l’approvazione del codice etico, la
sede di Confindustria di Caltanissetta (proprio laddove nacque la rivolta contro i “prenditori”, in
casa propria, nella classe industriale siciliana) fu rivoltata come un calzino per leggere (e
fotocopiare e duplicare?) atti e documenti anche riservati. Guarda tu la vita, proprio quando, nei
tempi in cui la rivolta suonava, alcuni notabili dell’associazionismo e della vita economica nissena
erano dediti a profondissime e minuziose attività di dossieraggio ad uso di capi mafia dal colletto
bianco e dall’anima nera.
Non ricordavo a memoria – per riportarlo alla mente ho dovuto ricomporre le tessere di un puzzle
che ho ricostruito anche grazie a quella potenziale fonte che è Internet – che in questi anni, ogni
qual volta c’è stato un passo avanti decisivo della genia industriale e imprenditoriale che si è mossa
all’unisono (sarebbero dunque tutti potenziale amici di presunti amici dei mafiosi? La domanda a
me pare legittima) dietro a Lo Bello eMontante e al loro grido di rivolta contro l’omertà mafiosa (il
primo nemico di Cosa nostra è la parola, dopo vengono, di conseguenza, gli atti), c’è stata una
reazione uguale e contraria a quella alla quale pare di assistere in questi giorni. Pare: come vedete
dubito.
Un’escalation che non poteva portare (all’epoca) a omicidi per un riflesso condizionato e per una
ragione pratica. Il riflesso condizionato risiede nel fatto che ai pupi di Cosa nostra manovrati dalle
26
menti raffinate sembrava impossibile ricevere un “no” a richieste che fino a quel momento non
potevano essere rifiutate (pizzo e protezione) e che addirittura sfociava in denunce in sede penale
degli affamatori aguzzini. Che succede? si saranno chiesti pupi e pupari.
La ragione pratica è che uccidere chi si opponeva a Cosa nostra tra gli imprenditori era difficile: le
scorte, che talvolta sono messe a protezione degli inutili, questa volta erano messe a disposizione di
qualcuno utile alla causa di civiltà sociale ed economica.
Bisognava fare, dunque, troppo rumore. Meglio lanciare la scia lunghissima e distillata della
delegittimazione.
Volete due-esempi-due dell’escalation diffamatoria e delegittimante di questi anni? Quando
l’imprenditore che opera nel settore dell’ambiente Giuseppe Catanzaro, attuale numero 2 di
Confindustria Sicilia, denunciò ad Agrigento i suoi carnefici, partì la crociata non contro – si badi
bene – le sue battaglie ma contro il suo passato e le presunte ombre che lo avvolgevano. Quella scia
non si è ancora spenta.
Lo schema – mutatis mutandis – si ripropose con Ivanhoe Lo Bello, attuale vicepresidente
nazionale di Confindustria, che nel 2010, stufo della cappa di omertà e ipocrisia che gravava (e
grava oggi più di ieri) su Catania, scoperchiò anche con un’intervista al Corriere della Sera il
maleodorante pentolone delle aree industriali, del movimento terra, dei trasporti e dell’edilizia. A
Palermo ci furono, in manifestazioni pubbliche, slogan, cori e striscioni contro colui il quale voleva
contribuire a cambiare, con i fatti, le cose. E i fatti (non le chiacchiere) dicono che fu Lo Bello a
mettere nero su bianco una frase sconcertate (non per chi, come me, segue l’evoluzione delle mafie)
nella nota riservata di Confindustria per il vertice nazionale della sicurezza svolto a Caltanissetta il
21 ottobre 2013 finita nelle mani del ministro dell’Interno Angelino Alfano. Con riferimento ad un
settore nel quale oggi sono ancora in piena evoluzione le indagini della magistratura, (non lo cito
per non dare vantaggi a chi deve sentire invece il fiato sul collo della Giustizia) Lo Bello scrisse
testualmente e Montante controfirmò, che «il territorio della provincia di Catania ha un ruolo
ancora più rilevante, in quanto Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra lavorano congiuntamente e
regolano il mercato a livello nazionale». Precedevano e seguivano nomi e cognomi. Quella scia non
si è ancora spenta.
Credo che la delegittimazione (l’ho scritto mille volte su questo umile e umido blog con
riferimento a tante altre vicende inquietanti) sia la culla della morte. Più della morte fisica la
delegittimazione è in grado di uccidere, perché colpisce il luogo di una vita: la purezza
dell’anima.
Ma attenzione: quando la delegittimazione fallisce dopo aver usato, nella sua escalation, armi
estreme e radicali, quando non riesce nel proprio intento e quando la corsa non si può arrestare, non
resta che la morte. Quella fisica. Quella che uccide un uomo per educare un popolo come, in Sicilia
e nel Sud, è stato troppo spesso educato.
Non sono solo io a pensarlo. A meno che nella genia dei soggetti pericolosi dell’antimafia parolaia
non rientri anche il presidente della Corte di appello di Caltanissetta, fu proprio lui, Salvatore
Cardinale, il 24 gennaio 2015, in apertura di anno giudiziario, ad affermare: «…in tal senso, da
parte degli investigatori, sono stati interpretati gli attacchi contro i nuovi vertici confindustriali
siciliani e nisseni, spesso aggrediti attraverso il metodo subdolo della diffamazione e del discredito
mediatico, e l’accentuata campagna di delegittimazione condotta a tutto campo contro vari
protagonisti dell’antimafia operativa, mirati a riprodurre una strategia della tensione che potrebbe
tradursi in azioni eclatanti. Su tale linea strategica sembrano porsi i due “avvertimenti”, uno dei
quali consumato a Caltanissetta, posti in essere contro il Presidente dell’Irsap(Alfonso Cicero,
ndr)».
Arrestate Montante, indagate Lo Bello, braccate Cicero, crocifiggete chi si è schierato per
tornaconto con loro o fate l’esatto contrario, smontate le accuse e riabilitate un corso ma, vi prego,
fatelo presto, e mi rivolgo alla magistratura, perché, senza Giustizia rapida, ci scapperà il morto. Il
primo nome è già sulla lista. Per educare un popolo. [email protected]
si legga anche http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/02/13/antonello-montante-battaglie-ignorate-denunce-dimenticate-di-ministri-e-magistrati-e-parole-calate-dei-pentiti/ http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2015/02/17/montante-confindustria-e-la-fine-innaturale-e-mortale-della-lunga-corsa-alla-delegittimazione/
12 luglio 2013 - 20:29 Nuova puntata sul gruppo di Potere Crocetta-Lumia-Lo Bello-Montante che domina in Sicilia. Nel
silenzio della stampa. E mentre Fontanarossa, in mano a Confindustria, rischia di essere svenduta a
imprenditori amici, la zona industriale di Catania, retta sempre da Confindustria, va in malora. Nella
giunta Bianco, è stato Giuseppe Lumia a convincere l’ing. Luigi Bosco, ad accettare l’incarico
assessoriale in giunta. Bosco, si è notato subito, ha differenze di vedute con il sindaco su Corso dei
Martiri, una megaoperazione immobiliare al centro di Catania, che potrebbe cambiare il volto
della città per i prossimi decenni. Senza dimenticare l’Irsap che significa zone industriali, uno dei
numerosi obiettivi nel mirino della «lobby dei quattro» che continua, grazie al decisivo ruolo del
governatore di Sicilia, a tessere le fila di un’occupazione militare di posti e luoghi determinanti per
le sorti dell’Isola, di Marco Benanti
PENTITI CONTRO LEADER DI CONFINDUSTRIA: MONTANTE INDAGATO PER MAFIA
A suo carico, secondo il quotidiano la Repubblica, vi sarebbero un’inchiesta della
procura di Caltanissetta e una dell’ufficio inquirente di Catania. Originario di Serradifalco, l’imprenditore e’ titolare dell’omonima fabbrica di biciclette fondata negli anni ’20 del secolo scorso, e’ presidente della Camera di Commercio nissena e il 20
gennaio scorso è stato designato – su proposta del ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati
di Giuseppe Pipitone
È il delegato per la Legalità di Confindustria, e ha guidato gli imprenditori siciliani nella
rivoluzione contro il racket e contro Costa Nostra. Risulta però coinvolto anche in un’indagine di mafia della procura di Caltanissetta. Un vero e proprio paradosso,
quello di Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia, che, secondo l’edizione odierna di Repubblica,sarebbe sotto inchiesta per reati di mafia da parte della Procura nissena. Un’inchiesta top secret quella su Montante, indicato pochi
giorni fa dal ministero dell’Interno come componente dell’Agenzia dei beni confiscati, che gestisce le proprietà immobiliari confiscati ai boss di Cosa Nostra.
A suo carico, sempre secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro, ci sarebbero le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia. Uno è Salvatore Dario Di
Francesco, mafioso di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Arrestato un anno fa
dalla Squadra Mobile , Di Francesco ha iniziato a raccontare di appalti pilotati nella zona e in particolare al Consorzio Asi, l’area di sviluppo industriale, dal ’99 al 2004. Di Francesco è stato definito ‘’il collettore tra esponenti di Cosa nostra e i colletti
bianchi della provincia’’. Il pentito è “compare” del mafioso di Serradifalco Vincenzo Arnone (il padre di quest’ultimo, Paolino Arnone era un boss di Cosa nostra e si
suicidò nel carcere nisseno di Malaspina nell’autunno del ’92 dopo una retata), che è stato compare di nozze di Montante.
Una notizia già resa pubblica lo scorso anno dalla rivista I Siciliani Giovani: in rete venne diffusa una foto di Montante insieme a Vincenzo Arnone nella sede di
Assindustria nissena, scattata negli anni Ottanta, ma anche il certificato di nozze di un giovanissimo Montante – aveva solo 17 anni – insieme ai quattro testimoni. Due erano proprio Paolino e Vincenzo Arnone. Anche queste lontane conoscenze, a quanto
pare, sono confluite nell’indagine, rappresentata soprattutto dalle dichiarazioni del pentito Di Francesco. Il leader di Confindustria ha spiegato che le sue frequentazioni
con Arnone, altro non erano che legami dovuti alla comune origine paesana legata a Serradifalco.
È dalla piccola cittadina in provincia di Caltanissetta che parte la scalata imprenditoriale dei Montante, attivi già dagli anni venti con una fabbrica di biciclette.
Un marchio storico rilanciato da Antonello Montante, che è anche fondatore della Msa, Mediterr Shock Absorbers spa, un’azienda di ammortizzatori per veicoli industriali con sedi in tutto il mondo. Poi l’imprenditore nisseno inizia ad impegnarsi
anche in Confindustria: nel 2008, insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato tra gli artefici del codice etico e della svolta anti racket degli industriali siciliani. Un
“nuovo corso” che molti hanno definito come la “rivoluzione antimafia” dell’Isola, dato che parallelamente alle denunce contro il pizzo, gli industriali emarginarono alcuni ex leader di Confindustria considerati vicini ai clan: primo tra tutti Pietro Di Vincenzo,
condannato in via definitiva a nove anni per estorsione.
“No comment, altro non posso aggiungere”. E’ quanto si è limitato a dire all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, interpellato sull’inchiesta per mafia a carico del Presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante. L’industriale sotto
indagine è considerato vicino a molti magistrati delle procure siciliane che in questi ultimi anni hanno creduto alla ‘’rivolta antimafia’’ dell’imprenditoria siciliana, e la sua
‘’cordata’’ ha avuto un ruolo importante nell’elezione di Rosario Crocetta a Palazzo d’Orleans. Proprio per questo l’indagine a suo carico suscita un notevole scalpore negli ambienti politici e finanziari dell’Isola. Ora che alcuni pentiti parlano delle sue
‘’pericolose frequentazioni’’, come scrive La Repubblica, i casi sono due: o qualcuno ha voluto ordire una trama per infangare il simbolo di una Sicilia che vuole cambiare,
oppure è arrivato il momento di riflettere sui possibili ‘’travestimenti dell’Antimafia’’.
NICOLÒ MARINO: LA MIA LOTTA CONTRO L’AFFAIRE “MONNEZZA” Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto. Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico: “Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”. E Crocetta? “Cambiò discorso”. Ma perchè l’ha nominata assessore? “Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”
11 novembre 2014 Dopo sette mesi dal suo siluramento punta il dito contro il governatore Rosario Crocetta, contro i
vertici di Confindustria Sicilia – ovvero il vice presidente Giuseppe Catanzaro e il
presidente Antonello Montante –, contro il vice presidente di Confindustria nazionale Ivan Lo
Bello, contro il senatore del Pd Giuseppe Lumia, contro alcuni funzionari regionali che avrebbero
“firmato atti palesemente illegittimi”. Tante le accuse: dal rilascio delle autorizzazioni alle
“manovre messe in atto per evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche per favorire le
discariche private, specie quella di Siculiana (Agrigento), gestita dal vice presidente di
Confindustria Sicilia”.
Detto e sottoscritto da Nicolò Marino, ex assessore del Governo Crocetta con delega ai Rifiuti,
all’Acqua e all’Energia, dal 12 dicembre 2012 al 14 aprile scorso.
Oggi Marino rompe un lungo silenzio e in questa intervista spiega molti retroscena legati allo
scandalo della spazzatura nell’isola. “Non sappiamo cosa c’è dentro le nostre discariche e nel nostro
sottosuolo, potrebbero anche esserci rifiuti pericolosi: in questi anni non è stato controllato nulla né
dall’Arpa, né dalle Province. Un affare gigantesco come questo non poteva lasciare indifferente la
criminalità organizzata, che a Mazzarrà Sant’Andrea, per esempio, ha scaricato l’immondizia della
Campania”.
È un fiume in piena l’ex magistrato. “Non voglio che passi il messaggio (come il presidente
Crocetta ha cercato di fare anche in questi giorni) di essermi occupato, durante il mio mandato, solo
della discarica di Siculiana per un pregiudizio nei confronti di Giuseppe Catanzaro, trascurando
quelle di Mazzarrà Sant’Andrea (nei giorni scorsi sottoposta a sequestro preventivo) e di Motta
Sant’Anastasia (anche questa formalmente chiusa)”. Un’accusa che Marino respinge al mittente
proprio nei giorni in cui – con le inchieste della magistratura e della Commissione nazionale
antimafia – i nodi dell’“affaire spazzatura” stanno venendo al pettine.
“La verità – dice Marino – è che mi sono occupato a trecentosessanta gradi del ciclo dei rifiuti,
cercando delle soluzioni finalizzate al risparmio e al bene comune”.
A difendere l’ex assessore scendono in campo i sindaci di Furnari, Mario Foti, e di Misterbianco,
Nino Di Guardo, che da anni lottano per la chiusura degli impianti di Mazzarrà e di Motta:
“Crocetta – dichiarano all’unisono – ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando
avanti una seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.
“Va ricordato al presidente Crocetta – afferma Marino – che una delle più grosse autorizzazioni
rilasciate (3 milioni di metri cubi di volume) è stata concessa nel 2009 a favore della discarica del
vice presidente di Confindustria Sicilia”.
E poi: “Catanzaro è il primo imprenditore dell’isola a sferrare l’attacco più grave al governo
Crocetta. Quando? Quando ottenemmo il decreto legge dal governo Monti per l’emergenza rifiuti.
Al momento della conversione in legge, Catanzaro scrive, in qualità di vice presidente di
Confindustria Sicilia, al presidente della Commissione ambiente del Senato, Marinello, sostenendo
che non bisognava convertire in legge la parte di rifiuti relativa all’impiantistica, cioè alle
discariche, in quanto le esperienze del passato avevano dimostrato che l’emergenza era stata la
breccia tramite la quale erano entrati gli interessi mafiosi. Il problema è che Catanzaro aveva avuto
un’autorizzazione illegittima, e si era inserito nella gestione della discarica di Siculiana
approfittando di quell’emergenza rifiuti che lui stesso aveva stigmatizzato. In pratica Catanzaro ha
sferrato un attacco al Governo Crocetta, ma è stato protetto dallo stesso Crocetta con dichiarazioni
pubbliche anche a mio danno”.
48
Perché Crocetta difende Catanzaro e attacca Marino?
“Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare
europeo e come presidente della Regione siciliana. Il governatore non vive bene la presenza di
personaggi che oscurano la sua immagine. Mantenendo la mia autonomia l’ho messo in crisi”.
Perché, dottor Marino, lei accusa anche il presidente di Confindustria?
“Mentre sono ancora assessore mi chiama il senatore del Pd Beppe Lumia, e mi dice: ‘
Quando vieni a Palermo?’.
‘Domani’.
‘Assolutamente no, ci dobbiamo vedere stasera’.
‘Beppe, sono a Catania, non posso’.
‘Allora veniamo noi: io, Antonello Montante e Ivan lo Bello’.
L’incontro avviene all’hotel Excelsior di Catania. Montante esordisce così:
‘Se vuoi fare la guerra a colpi di dossier io sono pronto, la devi smettere di mandare in giro
Ferdinando Buceti (mio capo di Gabinetto ed ex vice Questore della Polizia di Stato, nonché
appartenente alla Dia di Caltanissetta) ad acquisire informazioni sul mio conto’.
Gli rispondo: ‘Sei veramente fuori di testa. Non ho bisogno di mandare persone in giro per saperne
di più su di te, sono sufficientemente informato. Non ti permettere di fare insinuazioni di questo
tipo’.
Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza
rifiuti, prende posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta
zitto.
Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico:
‘Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”.
E Crocetta?
“Cambiò discorso”.
Cosa avvenne a seguito della sua inchiesta?
“Il direttore generale del dipartimento Territorio e Ambiente, dott. Gaetano Gullo, scrisse che la
situazione di Siculiana e di Motta era regolare. La cosa assurda è che questo signore, che ritengo
assolutamente incapace e inadeguato per svolgere le funzioni conferitegli, rimanga ancora al suo
posto nonostante le mie sollecitazioni a Crocetta di sollevarlo dall’incarico”.
Qual è il ruolo del senatore Lumia?
“Ha sempre sponsorizzato Catanzaro, anzi, direi che Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa
cosa”.
Perché Crocetta la nomina assessore?
“Me lo chiedo anch’io. Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero
in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse
controllarmi”.
Un’operazione di facciata?
“Alla luce di questi fatti, direi proprio di sì”.
49
http://www.loraquotidiano.it/2014/11/11/nicolo-marino-la-mia-lotta-contro-l-affaire-monnezza_12086/ 12 novembre 2014
RIFIUTI, MONTANTE E LO BELLO QUERELANO NICOLÒ MARINO
Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione industriale “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dottor Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia
di Luciano Mirone
È guerra aperta fra i vertici di Confindustria e l’ex assessore ai Rifiuti del Governo Crocetta, Nicolò Marino. Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale
dell’organizzazione industriale, rispettivamente Ivan Lo Bello e Antonello Montante, “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dott. Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia,
“rinvenendosi nelle stesse contenuti gravemente diffamatori e minacciosi, oltre che riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e completamente destituite
di ogni fondamento”.
La nota diffusa dall’ufficio stampa di Confindustria Sicilia fa riferimento a
un’intervista apparsa nei due quotidiani, in cui l’ex assessore regionale ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia accusava soprattutto il vice presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro di essere stato destinatario, secondo l’ex magistrato, “di
una serie di autorizzazioni illegittime per la discarica di Siculiana (3 milioni di metri cubi di volume), che lo stesso Catanzaro gestisce”.
A parere di Marino, sarebbero state messe in atto delle “vere e proprie manovre per evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche (specie quella prevista a Gela) per
favorire la discarica di Siculiana, che perderebbe buona parte del suo fatturato attuale”. Marino nell’intervista tira in ballo il governatore della Sicilia Rosario
Crocetta, “protettore di Catanzaro”, ma anche il senatore del Pd Beppe Lumia (“ha sempre sponsorizzato Catanzaro”), nonché i vertici di Confindustria Lo Bello e Montante, sostenendo che “Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa
cosa”. Motivo? “Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana”.
Un’intervista durissima quella rilasciata ieri da Marino, dopo sette mesi di “guerra fredda” fra lui e il presidente della Regione, dopo il siluramento subito dall’ex
magistrato da uno degli assessorati più delicati di Palazzo d’Orleans. A difendere l’operato dell’ex assessore ai Rifiuti, in questi giorni sono scesi in campo il sindaco di
Misterbianco, Nino Di Guardo, e di Furnari, Mario Foti, che da anni lottano per la chiusura delle discariche di Motta Sant’Anastasia e di Mazzarrà Sant’Andrea: “Crocetta ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una seria azione di
rinnovamento e di trasparenza”.
La replica dei vertici di Confindustria Lo Bello e Montante non si è fatta attendere. Silenzio, Sul caso è intervenuto anche il senatore Lumia: “È singolare che l’ex assessore all’Energia e ai Rifiuti della Regione Siciliana Nicolò Marino dedicava e
continua a dedicare gran parte del suo tempo ad attaccare pubblicamente quegli imprenditori del settore che hanno denunciato Cosa nostra. Contro la mafia dei rifiuti,
invece, Marino non ha mai detto nulla. Nessuna valutazione, nessun giudizio”, ha dichiarato Lumia. “Per quanto mi riguarda – aggiunge – mi sono sempre schierato dalla parte di quegli imprenditori che rischiano la vita e che con Confindustria Sicilia
hanno fatto una scelta storica e senza precedenti contro Cosa nostra. Con questa Confindustria si dialoga e ci si confronta, con la mafia dei rifiuti no, anzi la si
aggredisce”. “Col presidente Crocetta – spiega – non siamo mai entrati nel merito delle scelte amministrative e di gestione dei rifiuti fatte da Marino, ma non potevamo stare zitti e fermi di fronte a questo suo modo scellerato di attaccare l’impresa sana.
Semmai sono note le nostre opinioni a favore delle discariche pubbliche e contro il proliferare di quelle private”. “Quindi – conclude Lumia – Marino dovrà dar conto delle
sue affermazioni, non solo sul piano giudiziario ma anche dell’etica pubblica”.
12 luglio 2013 - 20:29 Nuova puntata sul gruppo di Potere Crocetta-Lumia-Lo Bello-Montante che domina in Sicilia. Nel
silenzio della stampa. E mentre Fontanarossa, in mano a Confindustria, rischia di essere svenduta a
imprenditori amici, la zona industriale di Catania, retta sempre da Confindustria, va in malora. Nella
giunta Bianco, è stato Giuseppe Lumia a convincere l’ing. Luigi Bosco, ad accettare l’incarico
assessoriale in giunta. Bosco, si è notato subito, ha differenze di vedute con il sindaco su Corso dei
Martiri, una megaoperazione immobiliare al centro di Catania, che potrebbe cambiare il volto
della città per i prossimi decenni. Senza dimenticare l’Irsap che significa zone industriali, uno dei
numerosi obiettivi nel mirino della «lobby dei quattro» che continua, grazie al decisivo ruolo del
governatore di Sicilia, a tessere le fila di un’occupazione militare di posti e luoghi determinanti per
le sorti dell’Isola, di Marco Benanti
PENTITI CONTRO LEADER DI CONFINDUSTRIA: MONTANTE INDAGATO PER MAFIA
A suo carico, secondo il quotidiano la Repubblica, vi sarebbero un’inchiesta della
procura di Caltanissetta e una dell’ufficio inquirente di Catania. Originario di Serradifalco, l’imprenditore e’ titolare dell’omonima fabbrica di biciclette fondata negli
anni ’20 del secolo scorso, e’ presidente della Camera di Commercio nissena e il 20 gennaio scorso è stato designato – su proposta del ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati
di Giuseppe Pipitone
È il delegato per la Legalità di Confindustria, e ha guidato gli imprenditori siciliani nella
rivoluzione contro il racket e contro Costa Nostra. Risulta però coinvolto anche in un’indagine di mafia della procura di Caltanissetta. Un vero e proprio paradosso,
quello di Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia, che, secondo l’edizione odierna di Repubblica,sarebbe sotto inchiesta per reati di mafia da parte della Procura nissena. Un’inchiesta top secret quella su Montante, indicato pochi
giorni fa dal ministero dell’Interno come componente dell’Agenzia dei beni confiscati, che gestisce le proprietà immobiliari confiscati ai boss di Cosa Nostra.
A suo carico, sempre secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro, ci sarebbero le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia. Uno è Salvatore Dario Di
Francesco, mafioso di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Arrestato un anno fa dalla Squadra Mobile , Di Francesco ha iniziato a raccontare di appalti pilotati nella
zona e in particolare al Consorzio Asi, l’area di sviluppo industriale, dal ’99 al 2004. Di Francesco è stato definito ‘’il collettore tra esponenti di Cosa nostra e i colletti bianchi della provincia’’. Il pentito è “compare” del mafioso di Serradifalco Vincenzo
Arnone (il padre di quest’ultimo, Paolino Arnone era un boss di Cosa nostra e si
suicidò nel carcere nisseno di Malaspina nell’autunno del ’92 dopo una retata), che è stato compare di nozze di Montante.
Una notizia già resa pubblica lo scorso anno dalla rivista I Siciliani Giovani: in rete venne diffusa una foto di Montante insieme a Vincenzo Arnone nella sede di
Assindustria nissena, scattata negli anni Ottanta, ma anche il certificato di nozze di un giovanissimo Montante – aveva solo 17 anni – insieme ai quattro testimoni. Due erano proprio Paolino e Vincenzo Arnone. Anche queste lontane conoscenze, a quanto
pare, sono confluite nell’indagine, rappresentata soprattutto dalle dichiarazioni del pentito Di Francesco. Il leader di Confindustria ha spiegato che le sue frequentazioni
con Arnone, altro non erano che legami dovuti alla comune origine paesana legata a Serradifalco.
È dalla piccola cittadina in provincia di Caltanissetta che parte la scalata imprenditoriale dei Montante, attivi già dagli anni venti con una fabbrica di biciclette.
Un marchio storico rilanciato da Antonello Montante, che è anche fondatore della Msa, Mediterr Shock Absorbers spa, un’azienda di ammortizzatori per veicoli industriali con sedi in tutto il mondo. Poi l’imprenditore nisseno inizia ad impegnarsi
anche in Confindustria: nel 2008, insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato tra gli artefici del codice etico e della svolta anti racket degli industriali siciliani. Un
“nuovo corso” che molti hanno definito come la “rivoluzione antimafia” dell’Isola, dato che parallelamente alle denunce contro il pizzo, gli industriali emarginarono alcuni ex leader di Confindustria considerati vicini ai clan: primo tra tutti Pietro Di Vincenzo,
condannato in via definitiva a nove anni per estorsione.
“No comment, altro non posso aggiungere”. E’ quanto si è limitato a dire all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, interpellato sull’inchiesta per mafia a carico del Presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante. L’industriale sotto
indagine è considerato vicino a molti magistrati delle procure siciliane che in questi ultimi anni hanno creduto alla ‘’rivolta antimafia’’ dell’imprenditoria siciliana, e la sua
‘’cordata’’ ha avuto un ruolo importante nell’elezione di Rosario Crocetta a Palazzo d’Orleans. Proprio per questo l’indagine a suo carico suscita un notevole scalpore negli ambienti politici e finanziari dell’Isola. Ora che alcuni pentiti parlano delle sue
‘’pericolose frequentazioni’’, come scrive La Repubblica, i casi sono due: o qualcuno ha voluto ordire una trama per infangare il simbolo di una Sicilia che vuole cambiare,
oppure è arrivato il momento di riflettere sui possibili ‘’travestimenti dell’Antimafia’’.
NICOLÒ MARINO: LA MIA LOTTA CONTRO L’AFFAIRE “MONNEZZA” Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto. Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico: “Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”. E Crocetta? “Cambiò discorso”. Ma perchè l’ha nominata assessore? “Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”
di Luciano Mirone
11 novembre 2014 Dopo sette mesi dal suo siluramento punta il dito contro il governatore Rosario Crocetta, contro i
vertici di Confindustria Sicilia – ovvero il vice presidente Giuseppe Catanzaro e il
presidente Antonello Montante –, contro il vice presidente di Confindustria nazionale Ivan Lo
Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione industriale “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dottor Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia
di Luciano Mirone
È guerra aperta fra i vertici di Confindustria e l’ex assessore ai Rifiuti del Governo Crocetta, Nicolò Marino. Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale
dell’organizzazione industriale, rispettivamente Ivan Lo Bello e Antonello Montante, “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dott. Marino, in
relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia, “rinvenendosi nelle stesse contenuti gravemente diffamatori e minacciosi, oltre che riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e completamente destituite
di ogni fondamento”.
La nota diffusa dall’ufficio stampa di Confindustria Sicilia fa riferimento a un’intervista apparsa nei due quotidiani, in cui l’ex assessore regionale ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia accusava soprattutto il vice presidente di Confindustria
Sicilia, Giuseppe Catanzaro di essere stato destinatario, secondo l’ex magistrato, “di una serie di autorizzazioni illegittime per la discarica di Siculiana (3 milioni di metri
cubi di volume), che lo stesso Catanzaro gestisce”.
A parere di Marino, sarebbero state messe in atto delle “vere e proprie manovre per
evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche (specie quella prevista a Gela) per favorire la discarica di Siculiana, che perderebbe buona parte del suo fatturato
attuale”. Marino nell’intervista tira in ballo il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, “protettore di Catanzaro”, ma anche il senatore del Pd Beppe Lumia (“ha sempre sponsorizzato Catanzaro”), nonché i vertici di Confindustria Lo
Bello e Montante, sostenendo che “Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa cosa”. Motivo? “Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di
Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana”.
Un’intervista durissima quella rilasciata ieri da Marino, dopo sette mesi di “guerra
fredda” fra lui e il presidente della Regione, dopo il siluramento subito dall’ex magistrato da uno degli assessorati più delicati di Palazzo d’Orleans. A difendere l’operato dell’ex assessore ai Rifiuti, in questi giorni sono scesi in campo il sindaco di
Misterbianco, Nino Di Guardo, e di Furnari, Mario Foti, che da anni lottano per la chiusura delle discariche di Motta Sant’Anastasia e di Mazzarrà Sant’Andrea: “Crocetta
ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una seria azione di rinnovamento e di trasparenza”.
La replica dei vertici di Confindustria Lo Bello e Montante non si è fatta attendere. Silenzio, Sul caso è intervenuto anche il senatore Lumia: “È singolare che l’ex
assessore all’Energia e ai Rifiuti della Regione Siciliana Nicolò Marino dedicava e continua a dedicare gran parte del suo tempo ad attaccare pubblicamente quegli imprenditori del settore che hanno denunciato Cosa nostra. Contro la mafia dei rifiuti,
invece, Marino non ha mai detto nulla. Nessuna valutazione, nessun giudizio”, ha dichiarato Lumia. “Per quanto mi riguarda – aggiunge – mi sono sempre schierato
dalla parte di quegli imprenditori che rischiano la vita e che con Confindustria Sicilia hanno fatto una scelta storica e senza precedenti contro Cosa nostra. Con questa
Confindustria si dialoga e ci si confronta, con la mafia dei rifiuti no, anzi la si aggredisce”. “Col presidente Crocetta – spiega – non siamo mai entrati nel merito delle scelte amministrative e di gestione dei rifiuti fatte da Marino, ma non potevamo
stare zitti e fermi di fronte a questo suo modo scellerato di attaccare l’impresa sana. Semmai sono note le nostre opinioni a favore delle discariche pubbliche e contro il
proliferare di quelle private”. “Quindi – conclude Lumia – Marino dovrà dar conto delle sue affermazioni, non solo sul piano giudiziario ma anche dell’etica pubblica”.
PENTITI CONTRO LEADER DI CONFINDUSTRIA: MONTANTE INDAGATO PER MAFIA
A suo carico, secondo il quotidiano la Repubblica, vi sarebbero un’inchiesta della
procura di Caltanissetta e una dell’ufficio inquirente di Catania. Originario di Serradifalco, l’imprenditore e’ titolare dell’omonima fabbrica di biciclette fondata negli anni ’20 del secolo scorso, e’ presidente della Camera di Commercio nissena e il 20
gennaio scorso è stato designato – su proposta del ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati
di Giuseppe Pipitone
È il delegato per la Legalità di Confindustria, e ha guidato gli imprenditori siciliani nella
rivoluzione contro il racket e contro Costa Nostra. Risulta però coinvolto anche in un’indagine di mafia della procura di Caltanissetta. Un vero e proprio paradosso, quello di Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia, che, secondo
l’edizione odierna di Repubblica,sarebbe sotto inchiesta per reati di mafia da parte della Procura nissena. Un’inchiesta top secret quella su Montante, indicato pochi
giorni fa dal ministero dell’Interno come componente dell’Agenzia dei beni confiscati, che gestisce le proprietà immobiliari confiscati ai boss di Cosa Nostra.
A suo carico, sempre secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro, ci sarebbero le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia. Uno è Salvatore Dario Di
Francesco, mafioso di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Arrestato un anno fa dalla Squadra Mobile , Di Francesco ha iniziato a raccontare di appalti pilotati nella zona e in particolare al Consorzio Asi, l’area di sviluppo industriale, dal ’99 al 2004. Di
Francesco è stato definito ‘’il collettore tra esponenti di Cosa nostra e i colletti bianchi della provincia’’. Il pentito è “compare” del mafioso di Serradifalco Vincenzo
Arnone (il padre di quest’ultimo, Paolino Arnone era un boss di Cosa nostra e si suicidò nel carcere nisseno di Malaspina nell’autunno del ’92 dopo una retata), che è
stato compare di nozze di Montante.
Una notizia già resa pubblica lo scorso anno dalla rivista I Siciliani Giovani: in rete
venne diffusa una foto di Montante insieme a Vincenzo Arnone nella sede di Assindustria nissena, scattata negli anni Ottanta, ma anche il certificato di nozze di un giovanissimo Montante – aveva solo 17 anni – insieme ai quattro testimoni. Due erano
proprio Paolino e Vincenzo Arnone. Anche queste lontane conoscenze, a quanto pare, sono confluite nell’indagine, rappresentata soprattutto dalle dichiarazioni del
pentito Di Francesco. Il leader di Confindustria ha spiegato che le sue frequentazioni con Arnone, altro non erano che legami dovuti alla comune origine paesana legata a Serradifalco.
È dalla piccola cittadina in provincia di Caltanissetta che parte la scalata
imprenditoriale dei Montante, attivi già dagli anni venti con una fabbrica di biciclette. Un marchio storico rilanciato da Antonello Montante, che è anche fondatore della Msa, Mediterr Shock Absorbers spa, un’azienda di ammortizzatori per veicoli
industriali con sedi in tutto il mondo. Poi l’imprenditore nisseno inizia ad impegnarsi anche in Confindustria: nel 2008, insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato
tra gli artefici del codice etico e della svolta anti racket degli industriali siciliani. Un “nuovo corso” che molti hanno definito come la “rivoluzione antimafia” dell’Isola, dato che parallelamente alle denunce contro il pizzo, gli industriali emarginarono alcuni ex
leader di Confindustria considerati vicini ai clan: primo tra tutti Pietro Di Vincenzo, condannato in via definitiva a nove anni per estorsione.
“No comment, altro non posso aggiungere”. E’ quanto si è limitato a dire all’Adnkronos il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, interpellato sull’inchiesta per mafia a
carico del Presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante. L’industriale sotto
indagine è considerato vicino a molti magistrati delle procure siciliane che in questi ultimi anni hanno creduto alla ‘’rivolta antimafia’’ dell’imprenditoria siciliana, e la sua ‘’cordata’’ ha avuto un ruolo importante nell’elezione di Rosario Crocetta a Palazzo
d’Orleans. Proprio per questo l’indagine a suo carico suscita un notevole scalpore negli ambienti politici e finanziari dell’Isola. Ora che alcuni pentiti parlano delle sue
‘’pericolose frequentazioni’’, come scrive La Repubblica, i casi sono due: o qualcuno ha voluto ordire una trama per infangare il simbolo di una Sicilia che vuole cambiare, oppure è arrivato il momento di riflettere sui possibili ‘’travestimenti dell’Antimafia’’.
NICOLÒ MARINO: LA MIA LOTTA CONTRO L’AFFAIRE “MONNEZZA” Praticamente Montante, siccome avevo scritto una nota nei confronti di Catanzaro sull’emergenza rifiuti, prende posizione contro di me per difendere l’amico. Lumia cerca di mediare, Lo Bello sta zitto. Alla fine si calmano le acque, l’indomani mattina mi vedo a Tusa con Crocetta e gli dico: “Rosario, non puoi consentire una cosa del genere”. E Crocetta? “Cambiò discorso”. Ma perchè l’ha nominata assessore? “Sono convinto che Crocetta fosse certo che tramite Lumia (con il quale ero in sintonia quando era vice presidente della Commissione parlamentare antimafia) potesse controllarmi”
di Luciano Mirone
11 novembre 2014
Dopo sette mesi dal suo siluramento punta il dito contro il governatore Rosario Crocetta, contro i
vertici di Confindustria Sicilia – ovvero il vice presidente Giuseppe Catanzaro e il
presidente Antonello Montante –, contro il vice presidente di Confindustria nazionale Ivan Lo
Bello, contro il senatore del Pd Giuseppe Lumia, contro alcuni funzionari regionali che avrebbero
“firmato atti palesemente illegittimi”. Tante le accuse: dal rilascio delle autorizzazioni alle
“manovre messe in atto per evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche per favorire le
discariche private, specie quella di Siculiana (Agrigento), gestita dal vice presidente di
Confindustria Sicilia”.
Detto e sottoscritto da Nicolò Marino, ex assessore del Governo Crocetta con delega ai Rifiuti,
all’Acqua e all’Energia, dal 12 dicembre 2012 al 14 aprile scorso.
Oggi Marino rompe un lungo silenzio e in questa intervista spiega molti retroscena legati allo
scandalo della spazzatura nell’isola. “Non sappiamo cosa c’è dentro le nostre discariche e nel nostro
sottosuolo, potrebbero anche esserci rifiuti pericolosi: in questi anni non è stato controllato nulla né
dall’Arpa, né dalle Province. Un affare gigantesco come questo non poteva lasciare indifferente la
criminalità organizzata, che a Mazzarrà Sant’Andrea, per esempio, ha scaricato l’immondizia della
Campania”.
È un fiume in piena l’ex magistrato. “Non voglio che passi il messaggio (come il presidente
Crocetta ha cercato di fare anche in questi giorni) di essermi occupato, durante il mio mandato, solo
della discarica di Siculiana per un pregiudizio nei confronti di Giuseppe Catanzaro, trascurando
quelle di Mazzarrà Sant’Andrea (nei giorni scorsi sottoposta a sequestro preventivo) e di Motta
Sant’Anastasia (anche questa formalmente chiusa)”. Un’accusa che Marino respinge al mittente
proprio nei giorni in cui – con le inchieste della magistratura e della Commissione nazionale
antimafia – i nodi dell’“affaire spazzatura” stanno venendo al pettine.
RIFIUTI, MONTANTE E LO BELLO QUERELANO NICOLÒ MARINO
Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale dell’organizzazione industriale “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dottor Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia
di Luciano Mirone
È guerra aperta fra i vertici di Confindustria e l’ex assessore ai Rifiuti del Governo Crocetta, Nicolò Marino. Il vicepresidente nazionale e il presidente regionale
dell’organizzazione industriale, rispettivamente Ivan Lo Bello e Antonello Montante, “hanno dato mandato ai loro legali di denunciare il dott. Marino, in relazione alle interviste” apparse sul nostro giornale e sul quotidiano La Sicilia,
“rinvenendosi nelle stesse contenuti gravemente diffamatori e minacciosi, oltre che riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e completamente destituite
di ogni fondamento”.
La nota diffusa dall’ufficio stampa di Confindustria Sicilia fa riferimento a
un’intervista apparsa nei due quotidiani, in cui l’ex assessore regionale ai Rifiuti, all’Acqua e all’Energia accusava soprattutto il vice presidente di Confindustria
Sicilia, Giuseppe Catanzaro di essere stato destinatario, secondo l’ex magistrato, “di una serie di autorizzazioni illegittime per la discarica di Siculiana (3 milioni di metri cubi di volume), che lo stesso Catanzaro gestisce”.
A parere di Marino, sarebbero state messe in atto delle “vere e proprie manovre per
evitare la realizzazione delle piattaforme pubbliche (specie quella prevista a Gela) per
favorire la discarica di Siculiana, che perderebbe buona parte del suo fatturato attuale”. Marino nell’intervista tira in ballo il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, “protettore di Catanzaro”, ma anche il senatore del Pd Beppe Lumia (“ha
sempre sponsorizzato Catanzaro”), nonché i vertici di Confindustria Lo Bello e Montante, sostenendo che “Lumia, Catanzaro e Montante sono la stessa
cosa”. Motivo? “Crocetta ha goduto degli appoggi di Confindustria come sindaco di Gela, come parlamentare europeo e come presidente della Regione siciliana”.
Un’intervista durissima quella rilasciata ieri da Marino, dopo sette mesi di “guerra fredda” fra lui e il presidente della Regione, dopo il siluramento subito dall’ex
magistrato da uno degli assessorati più delicati di Palazzo d’Orleans. A difendere l’operato dell’ex assessore ai Rifiuti, in questi giorni sono scesi in campo il sindaco di Misterbianco, Nino Di Guardo, e di Furnari, Mario Foti, che da anni lottano per la
chiusura delle discariche di Motta Sant’Anastasia e di Mazzarrà Sant’Andrea: “Crocetta ha buttato fuori l’ex assessore Marino che stava portando avanti una seria azione di
rinnovamento e di trasparenza”.
La replica dei vertici di Confindustria Lo Bello e Montante non si è fatta attendere.
Silenzio, Sul caso è intervenuto anche il senatore Lumia: “È singolare che l’ex assessore all’Energia e ai Rifiuti della Regione Siciliana Nicolò Marino dedicava e
continua a dedicare gran parte del suo tempo ad attaccare pubblicamente quegli imprenditori del settore che hanno denunciato Cosa nostra. Contro la mafia dei rifiuti, invece, Marino non ha mai detto nulla. Nessuna valutazione, nessun giudizio”, ha
dichiarato Lumia. “Per quanto mi riguarda – aggiunge – mi sono sempre schierato dalla parte di quegli imprenditori che rischiano la vita e che con Confindustria Sicilia
hanno fatto una scelta storica e senza precedenti contro Cosa nostra. Con questa Confindustria si dialoga e ci si confronta, con la mafia dei rifiuti no, anzi la si aggredisce”. “Col presidente Crocetta – spiega – non siamo mai entrati nel merito
delle scelte amministrative e di gestione dei rifiuti fatte da Marino, ma non potevamo stare zitti e fermi di fronte a questo suo modo scellerato di attaccare l’impresa sana.
Semmai sono note le nostre opinioni a favore delle discariche pubbliche e contro il proliferare di quelle private”. “Quindi – conclude Lumia – Marino dovrà dar conto delle sue affermazioni, non solo sul piano giudiziario ma anche dell’etica pubblica”.
Inviata a Crocetta anche una lettera a firma di tutti i deputati siciliani del Movimento all’Ars, alla Camera, al Senato e a Bruxelles La missiva sottoscritta pure dai sindaci Cinquestelle
Due interrogazioni all’Ars e alla Camera e una lettera al presidente della Regione. Il movimento 5
Stelle reagisce con forza in Sicilia, a Roma e a Bruxelles alla “allucinante decisione” della Regione
di non costituirsi parte civile nel procedimento contro un funzionario che ha ammesso di aver
ricevuto denaro in cambio di autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti. I deputati condannano
anche l’ancor più assurdo parere dell’Avvocatura dello Stato, che non ha ravvisato nel
comportamento del funzionario “nessun allarme sociale”
“Crocetta – afferma il deputato all’Ars Giancarlo Cancelleri – è lesto a issare il vessillo
TANGENTI, CROCETTA ALL'ATTACCO: "CANNOVA? SOLO L'INIZIO" Giovedì 24 Luglio 2014
Il governatore: "Questa è una nuova tangentopoli. Stiamo pensando alla
confisca delle discariche private. Pippo Gianni? Non ho letto le carte...". PALERMO - "Il caso Cannova? Potrebbe essere solo l'inizio. La vicenda che riguarda Pippo
Gianni? Non ho ancora visto le carte...". Il presidente della Regione da un lato attacco, dall'altro
"smorza". I filoni coinvolti dalle ultime inchieste della magistratura, infatti, sono due. Da un lato il
rovente settore delle discariche. Dall'altro le mazzette per il fotovoltaico. La Regione, comunque, è
investita dagli scandali. E il governatore, che giunge in conferenza stampa insieme all'assessore
RIFIUTI E MAZZETTE IN ASSESSORATO ARRESTATI UN FUNZIONARIO
REGIONALE E 4 IMPRENDITORI
VENERDÌ 18 LUGLIO 2014 - 20:05 DI RICCARDO LO VERSO
di RICCARDO LO VERSO Gli imprenditori sono un catanese, due agrigentini e un novarese con
interessi a Messina. Un impiegato dell'assessorato regionale al Territorio e ambiente avrebbe
intascato tangenti per rilasciare certificazioni favorevoli e ammorbidire i controlli sulle discariche e
sullo smaltimento dei rifiuti.(Leggi i nomi degli arrestati e delle discariche coinvolte). Video: gli
arresti e i sequestri di gioielli e tv
PALERMO- Con le mazzette filava tutto liscio come l'olio. Un funzionario dell'assessorato
regionale al Territorio e ambiente di Palermo e quattro imprenditori del settore dei rifiuti sono stati
arrestati dalla sezione reati contro la pubblica amministrazione della Squadra mobile di Palermo.
Gli imprenditori sono un catanese, due agrigentini e un novarese con interessi a Messina.
Gli agenti hanno monitorato i loro intrecci illeciti fin dal 2011, scavando nel complicato iter
amministrativo che accompagna la gestione delle discariche e lo smaltimento dei rifiuti. La
corruzione si sarebbe annidata fra i tanti passaggi burocratici. Soprattutto quelli sulle valutazioni di
impatto ambientale. Che diventavano favorevoli dietro il pagamento di tangenti. Non solo soldi ma
anche regali vari. In barba soprattutto alle normative contro l'inquinamento.
Il funzionario nei mesi scorsi è stato trasferito d'ufficio per evitare che continuasse a gestire quello
che gli investigatori definiscono "un grosso giro di affari". Le misure cautelari sono state chieste e
ottenute dal pool della Procura che si occupa di pubblica amministrazione, coordinato dall'aggiunto
Leonardo Agueci.
I poliziotti parlano di "stratificazione normativa e complesso apparato burocratico che hanno
permesso al funzionario infedele do giostrare nella gestione delle procedure connesse al rilascio dei
provvedimenti, agevolando gli imprenditori e preservandoli dall’ordinaria attività di controllo e
monitoraggio della pubblica amministrazione sulla modalità di gestione delle discariche e dello
smaltimento dei rifiuti, consentendo loro in questo modo di bypassare indenni tutti i controlli".
*Aggiornamento ore 11.22
Il funzionario dell'assessorato arrestato è Gianfranco Cannova. Questi, invece, i nomi degli imprenditori finiti in manette: gli agrigentini Calogero e Nicolò
Sodano, il catanese Domenico Proto e il novarese Giuseppe Antonioli. Le
discariche coinvolte nell'inchiesta sono tre: Mazzarrà Sant'Andrea, "Soambiente" di Agrigento e "Oikos" di Motta Sant'Anastasia.
PALERMO - E' Gianfranco Cannova, 56enne, il funzionario dell'assessorato
regionale al Territorio e ambiente arrestato nell'ambito dell'inchiesta che a Palermo ha svelato un giro di mazzette legate allo smaltimento dei rifiuti e ai
controlli nelle discariche siciliane. Questi, invece, i nomi degli imprenditori finiti in manette: i fratelli agrigentini Calogero e Nicolò Sodano, di 54 e 53 anni,
titolari della discarica "Soambiente" di Agrigento, il catanese Domenico Proto, 48 anni, titolare della discarica "Oikos" di Motta Sant'Anastasia (Ct) e il
novarese Giuseppe Antonioli, 53 anni, amministratore delegato della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea (Me).
a cura del Comitato Cittadino Isola Pulita Isola delle Femmine
http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.it/2015/02/le-tangenti-non-sono-allarme-sociale-il.html TANGENTI E RIFIUTI, IL PROCESSO LA REGIONE GRANDE ASSENTE
Gennaio 2015 - 18:03 di Riccardo Lo Verso
La Regione Siciliana e il governatore Crocetta non sono costituti parte civile al processo che vede imputati Gianfranco Cannova (nella foto), funzionario dell'assessorato al Territorio e ambiente, e 4 imprenditori. Sono tutti accusati di corruzione.
PALERMO - C'è un tempo per le conferenze STAMPA e gli annunci. E c'è un tempo in cui alle
parole possono seguire i fatti. Oggi la Regione e il suo governo hanno perso l'occasione per un
gesto concreto. Non si sono costituti parte civile, tramite l'Avvocatura dello Stato, al processo che
vede imputati Gianfranco Cannova, funzionario dell'assessorato regionale Territorio Ambiente, e
quattro imprenditori. Sono tutti accusati di corruzione.
Cannova avrebbe intascato mazzette in cambio di agevolazioni nel rilascio di autorizzazioni per lo
smaltimento dei rifiuti. Oltre al presunto dipendente infedele sotto accusa ci sono Giuseppe
Antonioli, amministratore delegato della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, nel Messinese,
Domenico Proto, titolare della discarica, i fratelli Calogero e Nicolò Sodano, proprietari della
Soambiente di Agrigento.
Oggi il processo ha preso il via. Si è costituito parte civile il Comune di Motta Sant'Anastasia.
Respinta, invece, la RICHIESTA del Comune di Misterbianco e di due associazione onlus:
“Centro per i diritti del CITTADINO ” e “Codici Sicilia”. La grande assente era la Regione che, in
Mazzette e rifiuti alla Regione Territorio, funzionario a giudizio 08 Ottobre 2014
Gianfranco Cannova avrebbe intascato mazzette in cambio di agevolazioni nel rilascio di autorizzazioni
per lo smaltimento dei rifiuti. Il processo al via il 15 gennaio. Con lui a giudizio anche 4 imprenditori.
PALERMO - Il gup di Palermo ha rinviato a giudizio un funzionario dell'assessorato
regionale Territorio Ambiente, Gianfranco Cannova, e quattro imprenditori. Sono tutti
accusati di corruzione. Cannova avrebbe intascato mazzette in cambio di agevolazioni nel rilascio di
autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti. Oltre a Cannova, andranno a giudizio, il 15 gennaio
davanti alla terza sezione del Tribunale, Giuseppe Antonioli, amministratore delegato della discarica
di Mazzarrà Sant'Andrea (Me), Domenico Proto, titolare della discarica, i fratelli Calogero e Nicolò
Sodano, proprietari della discarica Soambiente di Agrigento.
Secondo l'accusa, sostenuta dal sostituto procuratore Alessandro Picchi, il funzionario
avrebbe agevolato gli imprenditori preservandoli dall'ordinaria attività di controllo e monitoraggio
imposte a chi gestisce le discariche e previste per lo smaltimento dei rifiuti e avrebbe consentito
loro di bypassare indenni tutti i controlli. Tutti i personaggi coinvolti vennero arrestati a luglio.
(ANSA).
"Mazzette dagli imprenditori" Chiesto il giudizio per Cannova 18 Settembre 2014
L'indagine sulle autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti. Chiesto il processo, oltre che per il funzionario della Regione, anche per Giuseppe Antonioli, Domenico Proto e i fratelli Calogero e Nicolò
Sodano.
PALERMO - La Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio di un funzionario
dell'assessorato regionale Territorio Ambiente, Gianfranco Cannova, e di quattro
imprenditori. Sono tutti accusati di corruzione. Cannova avrebbe intascato mazzette in cambio di
agevolazioni nel rilascio di autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti. L'indagine, iniziata nel 2011
e durata due anni, e' stata condotta dalla polizia di Palermo e Agrigento avendo coinvolta anche due
imprenditori agrigentini. Oltre a Cannova, il processo è stato chiesto per Giuseppe Antonioli,
amministratore delegato della discarica di Mazzarra' Sant'Andrea (Me), Domenico Proto, titolare
della discarica, i fratelli Calogero e Nicolo' Sodano, proprietari della discarica Soambiente di
Agrigento.
Anche muovendosi nel complicato groviglio delle procedure amministrative, il funzionario avrebbe
agevolato gli imprenditori preservandoli dall'ordinaria attività di controllo e monitoraggio imposte a
chi gestisce le discariche e previste per lo smaltimento dei rifiuti e avrebbe consentito loro di
bypassare indenni tutti i controlli. Tutti i personaggi coinvolti vennero arrestati a luglio. Secondo le
indagini i titolari di grossi impianti di smaltimento avrebbero pagato svariate migliaia di euro per
ottenere i favori di Cannova. Ma non solo. Al funzionario infedele sarebbero state messe a
disposizioni escort, viaggi e impianti televisivi da oltre 17 mila euro.
MAZZETTE E DISCARICHE, APERTA UN'INDAGINE INTERNA ALL'ASSESSORATO
AMBIENTE: "SI CERCANO COMPLICITÀ"
Nelle carte dell'inchiesta i dubbi degli inquirenti sul sistema dei controlli. Una commissione al
dipartimento "Accertamenti affidati a esterni". Nel mirino i contatti del funzionario regionale
arrestato con altri burocrati e politici. I rapporti con i big del settore rifiuti di ANTONIO FRASCHILLA
Davvero un semplice funzionario poteva influenzare e a volte prendere decisioni su discariche, rifiuti e autorizzazioni milionarie? Davvero Gianfranco Cannova, arrestato
perché secondo gli inquirenti avrebbe intascato mazzette dai titolari delle principali discariche private siciliane, ha fatto tutto da solo? A queste domande proverà a dare una risposta una commissione che sarà nominata dal dirigente del dipartimento Territorio e ambiente Gaetano Gullo, che sulla vicenda delle discariche dell'Oikos e della Tirreno ambiente vuole vederci chiaro. Specie dopo che lui stesso lunedì scorso ha firmato un verbale che alle contestazioni mosse dall'ex assessore Nicolò Marino e dal dirigente Rifiuti Marco Lupo sull'Oikos risponde che tutto è a posto e la discarica può continuare a lavorare: "Convocherò subito i dirigenti del mio dipartimento per capire perché hanno dato parere favorevole e mi hanno fatto firmare questo atto su una discarica nell'occhio del ciclone", dice. Il funzionario del servizio autorizzazioni Via-vas deve rispondere al dirigente dell'Unità operativa, al dirigente del servizio, al dirigente generale del dipartimento e, a volte, anche all'assessore al ramo. Come faceva Cannova a garantire il risultato agli imprenditori in piena solitudine? Insomma, sull'assessorato Territorio e ambiente, ma anche sui dirigenti che hanno lavorato all'assessorato Energia, ancora ci sono zone d'ombra sulle quali fare luce. Da qui la decisione del neo dirigente generale Gullo di nominare una commissione d'inchiesta esterna: "Voglio nominare professionisti che non hanno alcun rapporto con dipendenti dell'amministrazione ", dice Gullo.
Una cosa è certa: dalle carte dell'indagine che ha portato all'arresto del funzionario e di quattro imprenditori (tra i quali i re delle discariche siciliane, il catanese Domenico Proto e Giuseppe Antonioli) emergono dubbi degli inquirenti sul coinvolgimento di altri dirigenti, quanto meno superficiali in alcuni atteggiamenti e decisioni. A esempio nelle carte dell'indagine si cita un pranzo avvenuto tra Proto, Cannova e un altro alto dirigente del settore Rifiuti in un noto ristorante di Palermo. Gli inquirenti sottolineano "l'atipicità" di questo incontro in ambienti non istituzionali tra i funzionari pubblici e "un soggetto privato" interessato in un procedimento amministrativo gestito da quegli stessi funzionari. Ma c'è di più. Dalle intercettazioni emerge anche che il Cannova avrebbe proposto a Proto di pagare anche questo alto dirigente del Rifiuti che, a suo dire, era vicino al Partito democratico. In un'altra intercettazione, invece, Cannova tranquillizzava gli imprenditori sull'esito di una conferenza di servizio grazie ai "suoi canali e amicizie" all'interno della macchina burocratica. Non solo, dalle carte emerge poi come Cannova entrava in contrasto con alcuni dirigenti dei dipartimenti Territorio e Rifiuti, questi magari erano mossi da altri motivi politici perché parenti di deputati catanesi che sponsorizzavano altre iniziative a scapito della Oikos. E, ancora, Cannova dimostra di avere rapporti diretti anche con ispettori dell'Arpa, che invitava a pranzo per discutere di iniziative su alcune discariche. Ad altri dirigenti del dipartimento, invece, Cannova chiedeva "informazioni" riservate: come ad esempio sulla situazione burocratica riguardante la società Osmon, riconducibile all'imprenditore Antonioli, ottenendo "dettagliate informazioni nonché l'apparente disponibilità dello stesso dirigente contattato ad aiutare l'Antonioli e la sua società". Il dirigente in questione provava poi a convincere della bontà dell'iniziativa presentata dalla Osmon l'allora responsabile del dipartimento Energia Gianluca Galati.
Insomma, le complicità, più o meno volontarie, ci sono state, eccome. E proprio su queste si baserà adesso l'indagine interna al dipartimento Ambiente: "Ci saranno trasferimenti, qui dobbiamo cambiare proprio aria", assicura l'attuale dirigente generale Gullo, che denuncia come il caso Cannova riguardi anche il sindacato. "Avevamo trasferito il dipendente ben prima degli arresti di ieri, proprio perché ci era sembrato che qualcosa non quadrava - dice Gullo - a esempio vedevamo troppi politici venire in dipartimento a
93
parlare direttamente con lui. Ma la Uil ci ha fatto opposizione perché in quanto rappresentante sindacale Cannova non poteva essere trasferito. Così è tornato nello stesso ufficio della Via-Vas e delle autorizzazioni. Anche questo un paradosso sul quale andrebbe fatta chiarezza". Intanto i grillini chiedono di revocare l'autorizzazione alla discarica di Motta Sant'Anastasia dell'Oikos, nonostante proprio lunedì scorso Gullo abbia firmato il verbale che invece sostiene che nel sito tutto è in regola. Una bella matassa che sarà difficile da districare.
CHI SONO I DIRIGENTI E FUNZIONARI DELL'ASSESSORATO TERRITORIO E
AMBIENTE DELLA REGIONE SICILIA ANCHE DIVERSI DA QUELLO ARRESTATO?
Fermo restando il quadro accusatorio nei confronti del funzionario dell'assessorato territorio e ambiente, arch.Cannova, & relativi soci
attualmente individuati. quello che viene riportato dalla stampa e, stranamente, anche dal virgolettato degli inquirenti non può non apparire poco
verisimile ed incongruo.
A quanto è dato conoscere :
Cannova è un funzionario e come tale, ovviamente, non era nei suoi poteri
rilasciare, come invece erroneamente riportato, alcuna autorizzazione.
Cannova è stato, al più, il responsabile dei procedimenti amministrativi a lui
affidati dal dirigente dell'unità operativa o dal dirigente del Servizio VIA-VAS, e tra l'altro è stato per anni fino a poco tempo fa il segretario di conferenze dei
servizi, spesso per il rilascio delle AIA, ma la sua funzione non poteva andare oltre.
Cannova, in quanto funzionario, non poteva che svolgere le sue funzioni o incardinato in una Unità Operativa retta da un dirigente o alle dirette
dipendenze funzionali del dirigente responsabile del Servizio VIA-VAS deputato al rilascio anche delle AIA; ci risulta che era il segretario delle conferenze dei
servizi indette dal Servizio VIA-VAS e colui che andava a seconda dei casi a rendere i pareri nelle conferenze dei servizi per il rilascio di autorizzazioni di
competenza di altri dipartimenti, pareri tuttavia predisposti non da lui ma dai responsabili gerarchici a lui superiori.
Quindi, Cannova poteva sì fornire "consigli" o qualcos'altro agli imprenditori "amici", ma poteva "condizionare" il rilascio delle autorizazioni solo ed
esclusivamente se chi stava gerarchicamente sopra di lui - in prima battuta il dirigente dell'Unità Operativa doveva condividere il
procedimento e trasmetterlo al responsabile del servizio,
- in seconda il responsabile del servizio se condivideva la proposta
dell'U.O. rilasciava l'autorizzazione nel caso di sua competenza,
- in terza il dirigente generale del dipartimento se condivideva la proposta del servizio rilasciava l'autorizzazione nel caso di sua competenza
- ed in quarta se l'assessore condivideva la proposta del dipartimento, vagliata dal suo gabinetto, rilasciava l'autorizzazione nel caso di sua
competenza,
non si accorgeva di nessuna eventuale irregolarità o faceva parte della rete del
"condizionamento".
Quindi, ai vari livelli,
o Cannova, dal basso superava tutte le varie maglie e faceva fessi dirigenti di unità operativa e responsabile del servizio, dirigente generale, segreteria
tecnica dell'assessore e l'assessore,
o nessuno controllava gli atti e le autorizzazioni erano firmate senza neppure
leggere i decreti che si firmavano
o...Cannova era soltanto il primo anello della catena.
Ecco perchè la versione così come riportata dalla stampa fa acqua da tutte le
parti, le autorizzazioni rilasciate da Cannova sono inesistenti e se Cannova condizionava, chi erano i condizionati lungo i vari passaggi amministrativi che
portavano al rilascio delle autorizzazioni o alla fornitura dei pareri del servizio VIA-VAS nelle conferenze dei servizi presso altri dipartimenti?
Può darsi, anzi speriamo, che lo dirà Cannova meditando nelle patrie galere.
Un'ultima perla.
Ricordiamo tutti quando "scoppia" al dipartimento ambiente la bomba
Crocetta-Lo Bello delle 3500 pratiche inevase al servizio VIA-VAS. Stante il numero esorbitante è logico pensare che si siano accumulate
quantomeno nel corso degli ultimi anni.
Chi sono stati i dirigenti responsabili di questo Servizio negli ultimi anni, i
dirigenti generali del dipartimento ambiente, i dirigenti responsabili del controllo di gestione ed i dirigenti responsabili della valutazione delle attività
dirigenziali?
I nomi sono tutti arcinoti e si trovano nel sito dell'ARTA, ma ci limitiamo solo a
rilevare, perchè sono dati pubblicati sempre nel sito dell'ARTA, che i
responsabili del Servizio di quel periodo, hanno avuto attestato di avere raggiunto negli stessi anni dell'accumulo tutti gli obiettivi previsti (???) ed
hanno di conseguenza intascato le relative indennità (circa 9300 euro/anno per gli obiettivi e oltre 23340 euro/anno in quanto a indennità d'incarico).
Quindi, per attestazione della stessa amministrazione, il Servizio VIA-VAS ha funzionato al meglio, nonostante che, a detta della stessa amministrazione,
avesse accumulato 3500 pratiche inevase.
95
Qualcuno dei dirigenti del Servizio VIA-VAS ha ricevuto dall'amministrazione denunciante, in primis Crocetta, Lo Bello e Arnone (dirigente generale) qualche
contestazione, qualche provvedimento di responsabilità dirigenziale? Manco a parlarne.
Anzi, come "botto" della bomba, i dirigenti responsabili del Servizio VIA-VAS non solo non sono stati chiamati a rispondere delle responsabilità dell'enorme
accumulo, ma anzi, uno dei dirigenti è stato trasferito ad altro dipartimento sempre come capo servizio, l'altro è stato addirittura promosso da Crocetta a
dirigente generale, prima nello stesso dipartimento ambiente e dopo in un altro (il dipartimento regionale tecnico).
E' notizia di qualche giorno che quest'ultimo si è appena messo in pensione con almeno 7000 euro al mese ed una buonauscita che assommerebbe di
diverse centinaia di migliaia di euro.
Come si dice in siciliano, chi ddici?
Vabbè, tanto c'è...Cannova !!!
Comitato Cittadino isola Pulita
di Isola delle Femmine sede dello Stabilimento Italcementi a cui è stato
concessa Autorizzazione Integrata Ambientale decreto 693 18 luglio 2008 a firma dell'ing. Vincenzo Sansone, responsabile del Servizio VIA-VAS, con
segretario della relativa conferenza dei servizi arch. Gianfranco Cannova.
LA BELLA VITA DEL FUNZIONARIO REGIONALE CANNOVA FATTA DI "MONEZZA"
faceva da consulente agli imprenditori dello smaltimento dei rifiuti. Dava le dritte su quanto avvenivano le ispezioni a “sorpresa”, consigliava gli
adeguamenti della tariffa di smaltimento dei rifiuti dando anche le motivazioni delle richieste....e vacanze, viaggi, bella vita.
“…Mimmo…Mimmo…una cosa una cosa sola. – diceva Cannova a Domenico Proto titolare della discarica di Motta Sant’Anastasia – La tariffa di 5 anni fa.
ma tu lo sai il gasolio a quanto era 5 anni fà?”. Per questi servigi veniva ripagato e bene. Sono stati almeno 20 i soggiorni per il funzionario e tutta la
sua famiglia al prestigioso Baja Verde di Acicastello. Viaggi anche a Rimini tutto pagato dall’azienda di Proto.
Sempre Cannova nel corso di un’intercettazione spiegava al figlio il suo
rapporto di “collaborazione” con Domenico Proto, titolare del mega impianto nel catanese. “Quello che io guadagno in un anno, lui lo guadagna in un mese”.
E il figlio gli chiede perché non gli dà un po’ soldi. “Se io lavoro mi da… mi da soldi pe… non regala nessuno niente. Se tu li meriti perché sei bravo e lavori,
te li danno”. Il figlio a questo punto chiede se il padre collabora con Domenico Proto. “Certo! Non lo vedi che abbiamo lav… abbiamo parlato di lavoro?” E
quanto ti dà chiede il figlio. “Dipende quello che faccio, se guadagno 10.000 mi da 10.000, se guadagno 5.000 mi da 5.000″.
Un dialogo (alla cui lettura si rinvia) i cui termini e i cui contenuti davvero non meritano altri commenti dal momento che il Cannova si esprimeva come se
fosse stato lui l’imprenditore interessato alla pratica amministrava e non il funzionario pubblico dell’ufficio regionale.
C’erano alcuni problemi nella gestione della discarica di Motta Sant’Anastasia e Gianfranco Cannova organizzò un pranzo al ristorante “Papoff” di via Isidoro La
Lumia. Al tavolo si sedettero il 6 marzo 2012 Domenico Proto, Gianfranco Cannova, Domenico Michelon e Roberto Li Causi, questi ultimi funzionari del
Dipartimento Acque Rifiuti. Un consesso “atipico” sottolineano gli investigatori in ambienti non istituzionali
tra i funzionari pubblici e un soggetto privato interessato in
un procedimento amministrativo gestito da quegli stessi funzionari. Michelon svolgeva il ruolo di sub-commissario delegato all’emergenza rifiuti ed il
Dipartimento Acque e Rifiuti era soggetto istituzionale coinvolto nelle Conferenze dei Servizi.
“Prima dell’incontro Cannova, – spiera prima dell’arrivo del Proto, aveva incontrato brevemente nella sua autovettura Michelon e Li Causi
“preparandoli”, per così dire, sulle tematiche di interesse di “Mimmo” (cioè di Domenico Proto) in specie mostrandosi contrariato per la procedura
di annullamento in autotutela del precedente decreto di autorizzazione a favore della società Oikos, che l’ingegnere Natale Zuccarello, avrebbe messo alla
firma del Dirigente Arnone Giovanni, all’insaputa del Cannova stesso”
Rifiuti e corruzione, arrestato Mimmo Proto In manette 4 imprenditori e un funzionario Di Carmen Valisano | 18 luglio 2014
L’operazione, denominata Terra mia, ha portato all’individuazione di un complesso sistema di procedure ambientali non seguite e controlli evitati grazie al presunto pagamento di tangenti. Coinvolti quattro titolari di discariche, tra i quali il proprietario dell’impianto di contrada Tiritì, a Motta Sant’Anastasia. Il dipendente regionale «rilasciava le autorizzazioni Aia e gestiva l’ufficio come suo feudo. Con gli imprenditori amici era prodigo di consigli anche per fregare l’amministrazione pubblica».
Un funzionario della Regione e quattro imprenditori legati alla gestione dei rifiuti sono stati arrestati stamattina dagli uomini della squadra mobile
di Palermo. Tra loro spicca il nome di Domenico Proto, titolare della Oikos spa, la ditta proprietaria del mega-impianto di contrada Tiritì-Valanghe d’inverno.
Secondo le accuse, Gianfranco Cannova (dipendente dell’assessorato regionale
Territorio e ambiente) avrebbe avuto un ruolo nella gestione delle procedure più importanti, quelle legate al rilascio delle autorizzazioni all’attività delle
discariche. In cambio di regali e viaggi, avrebbe agevolato gli iter d evitato agli
impianti amici controlli e monitoraggi ai quali avrebbero dovuto invece sottostare. Un quadro di corruzione definito dagli inquirenti molto grave nel
quale sono coinvolti, oltre a Proto, gli imprenditori Giuseppe Antonioli (amministratore della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, in provincia
di Messina) e i fratelli Calogero (ex senatore della Casa delle libertà) e Nicolò Sodano, responsabili della Soambiente di Agrigento.
L’operazione, denominata Terra mia, ha avuto inizio nel 2011 ed è durata oltre due anni. I titolati delle indagini hanno messo in rilievo come «questo settore
amministrativo è caratterizzato da unastratificazione normativa e da un complesso e macchinoso apparato burocratico». Elementi che hanno
facilitato l’azione contestata al presunto funzionario infedele. «La corruzione e i corrotti sono un rifiuto speciale e pericolosi - dichiara il procuratore aggiungo di
Palermo Dino Petralia - L’imprenditore del Catanese (Domenico Proto, ndr)
aveva bisogno di ampliare la discarica a tre milioni di metri cubi. Aveva bisogno dell’Autorizzazione integrata ambientale.Sembra che l’azione per
ottenerla in modo illegale sia la regola». A lui fa eco il collega Leonardo Agueci: «Il funzionario regionale rilasciava le autorizzazioni Aia e gestiva l’ufficio come
suo feudo. Con gli imprenditori amici era prodigo di consigli anche per fregare l’amministrazione pubblica». Nessuna remora di controlli. «Poteva
svolgere una attività illecita con la massima disinvoltura».
Sia il sito di contrada Tiritì-Valanghe d’inverno che l’impianto messinese
di Mazzarrà Sant’Andrea sono sotto inchiesta da parte della dirigenza regionale all’Ambiente per presunte violazioni compiute nella gestione dei rispettivi
impianti. Un’inchiesta avviata qualche mese fa dall’ex assessore regionale Nicolò Marino. Soambiente gestisce i siti agrigentini
di Siculiana e contrada Monserrato e a Noto (in provincia di Siracusa) quello di contrada Stallaini.
A poche ore dall’arresto di Proto, intanto, Confindustria Catania ha sospeso la ditta Oikos, interrompendo il suo rapporto con l’associazione. «Il
provvedimento è stato adottato d’urgenza, in ottemperanza del codice etico di
ITALCEMENTI DIFFIDA a AIA ITALCEMENTI TAVOLO TECNICO D'ANGELO GIORGIO.pdf by Pino Ciampolillo Tolomeo Sansone Firmatario Del Decreto Aia Italcementi by Pino Ciampolillo Italcementi Conferenze Dei Servizi Per Concessione a.i.a., Dec 693 18 Luglio 2013 Conf. Serv. Italcementi by Pino Ciampolillo Italcementi Autorizzazione Integrata Ambientale Decreto 693 18 Luglio 2013 Diffida Ritiro Decreto e Denunci... by Pino Ciampolillo
Smaltimento rifiuti in Sicilia, arrestato funzionario della Regione e 4 imprenditori per corruzione
“Bustarelle”, viaggi e sesso Arrestato funzionario regionale
Smaltimento rifiuti in Sicilia, arrestato funzionario della Regione e 4 imprenditori per
MAZZETTE E DISCARICHE, APERTA UN'INDAGINE INTERNA ALL'ASSESSORATO
AMBIENTE: "SI CERCANO COMPLICITÀ"
Nelle carte dell'inchiesta i dubbi degli inquirenti sul sistema dei controlli. Una commissione al
dipartimento "Accertamenti affidati a esterni". Nel mirino i contatti del funzionario regionale
arrestato con altri burocrati e politici. I rapporti con i big del settore rifiuti di ANTONIO FRASCHILLA Davvero un semplice funzionario poteva influenzare e a volte prendere decisioni su discariche, rifiuti e autorizzazioni milionarie? Davvero Gianfranco Cannova, arrestato perché secondo gli inquirenti avrebbe intascato mazzette dai titolari delle principali discariche private siciliane, ha fatto tutto da solo? A queste domande proverà a dare una risposta una commissione che sarà nominata dal dirigente del dipartimento Territorio e ambiente Gaetano Gullo, che sulla vicenda delle discariche dell'Oikos e della Tirreno ambiente vuole vederci chiaro. Specie dopo che lui stesso lunedì scorso ha firmato un verbale che alle contestazioni mosse dall'ex assessore Nicolò Marino e dal dirigente Rifiuti Marco Lupo sull'Oikos risponde che tutto è a posto e la discarica può continuare a lavorare: "Convocherò subito i dirigenti del mio dipartimento per capire perché hanno dato parere favorevole e mi hanno fatto firmare questo atto su una discarica nell'occhio del ciclone", dice. Il funzionario del servizio autorizzazioni Via-vas deve rispondere al dirigente dell'Unità operativa, al dirigente del servizio, al dirigente generale del dipartimento e, a volte, anche all'assessore al ramo. Come faceva Cannova a garantire il risultato agli imprenditori in piena solitudine? Insomma, sull'assessorato Territorio e ambiente, ma anche sui dirigenti che hanno lavorato all'assessorato Energia, ancora ci sono zone d'ombra sulle quali fare luce. Da qui la decisione del neo dirigente generale Gullo di nominare una commissione d'inchiesta esterna: "Voglio nominare professionisti che non hanno alcun rapporto con dipendenti dell'amministrazione ", dice Gullo. Una cosa è certa: dalle carte dell'indagine che ha portato all'arresto del funzionario e di quattro imprenditori (tra i quali i re delle discariche siciliane, il catanese Domenico Proto e
Giuseppe Antonioli) emergono dubbi degli inquirenti sul coinvolgimento di altri dirigenti, quanto meno superficiali in alcuni atteggiamenti e decisioni. A esempio nelle carte dell'indagine si cita un pranzo avvenuto tra Proto, Cannova e un altro alto dirigente del settore Rifiuti in un noto ristorante di Palermo. Gli inquirenti sottolineano "l'atipicità" di questo incontro in ambienti non istituzionali tra i funzionari pubblici e "un soggetto privato" interessato in un procedimento amministrativo gestito da quegli stessi funzionari. Ma c'è di più. Dalle intercettazioni emerge anche che il Cannova avrebbe proposto a Proto di pagare anche questo alto dirigente del Rifiuti che, a suo dire, era vicino al Partito democratico. In un'altra intercettazione, invece, Cannova tranquillizzava gli imprenditori sull'esito di una conferenza di servizio grazie ai "suoi canali e amicizie" all'interno della macchina burocratica. Non solo, dalle carte emerge poi come Cannova entrava in contrasto con alcuni dirigenti dei dipartimenti Territorio e Rifiuti, questi magari erano mossi da altri motivi politici perché parenti di deputati catanesi che sponsorizzavano altre iniziative a scapito della Oikos. E, ancora, Cannova dimostra di avere rapporti diretti anche con ispettori dell'Arpa, che invitava a pranzo per discutere di iniziative su alcune discariche. Ad altri dirigenti del dipartimento, invece, Cannova chiedeva "informazioni" riservate: come ad esempio sulla situazione burocratica riguardante la società Osmon, riconducibile all'imprenditore Antonioli, ottenendo "dettagliate informazioni nonché l'apparente disponibilità dello stesso dirigente contattato ad aiutare l'Antonioli e la sua società". Il dirigente in questione provava poi a convincere della bontà dell'iniziativa presentata dalla Osmon l'allora responsabile del dipartimento Energia Gianluca Galati. Insomma, le complicità, più o meno volontarie, ci sono state, eccome. E proprio su queste si baserà adesso l'indagine interna al dipartimento Ambiente: "Ci saranno trasferimenti, qui dobbiamo cambiare proprio aria", assicura l'attuale dirigente generale Gullo, che denuncia come il caso Cannova riguardi anche il sindacato. "Avevamo trasferito il dipendente ben prima degli arresti di ieri, proprio perché ci era sembrato che qualcosa non quadrava - dice Gullo - a esempio vedevamo troppi politici venire in dipartimento a parlare direttamente con lui. Ma la Uil ci ha fatto opposizione perché in quanto rappresentante sindacale Cannova non poteva essere trasferito. Così è tornato nello stesso ufficio della Via-Vas e delle autorizzazioni. Anche questo un paradosso sul quale andrebbe fatta chiarezza". Intanto i grillini chiedono di revocare l'autorizzazione alla discarica di Motta Sant'Anastasia dell'Oikos, nonostante proprio lunedì scorso Gullo abbia firmato il verbale che invece sostiene che nel sito tutto è in regola. Una bella matassa che sarà difficile da districare.
"Oikos e Mazzarrà? Bloccate da me Crocetta dice sciocchezze"
di Claudio Reale
L'ex assessore: "La vicenda Cannova non c'entra niente con lo scontro di marzo.
Crocetta lo sa. A bloccare il rinnovo delle autorizzazioni per le discariche del Catanese e del Messinese sono stato io".
PALERMO - “Oggi mi hanno chiamato in causa diverse persone. Quasi tutte a sproposito”. Da stamattina il telefono di Nicolò Marino non ha smesso di squillare. Dopo l'operazione che ha portato all'arresto di un funzionario dell'assessorato al Territorio e di quattro imprenditori per le presunte mazzette nel settore dei rifiuti, l'ex titolare della delega all'Energia nel governo Crocetta è tornato al centro del dibattito. Chiamato in causa per lo scontro con l'allora assessore al Territorio Mariella Lo Bello nei giorni in cui è stato presentato l'esposto su Gianfranco Cannova, ma anche per le sue posizioni sulla questione rifiuti: “Temo – ha detto il presidente della Regione dell'ex assessore - che su tutta la questione-rifiuti lui abbia commesso alcuni errori di valutazione”. Ha sbagliato? Aveva ragione Mariella Lo Bello? “Quelli che dicono questo dimenticano che questa vicenda riguarda le autorizzazioni per le discariche dell'Oikos e di Mazzarrà. E che sono stato io a costituire la commissione per quegli impianti”. Si era arrivati a uno stop alle autorizzazioni, se non ricordo male. “Più precisamente sono stati avviati i procedimenti per il diniego del rinnovo delle autorizzazioni”. Quando? “Per Oikos all'inizio dell'anno, per Mazzarrà dopo la fine del mio incarico. Ma è il risultato ottenuto dalla commissione che ho fatto nascere io”. In quei giorni, però, si scontrava con la Lo Bello. Che ha presentato l'esposto su Cannova. “La vicenda Cannova non ha niente a che vedere con il dissidio di marzo. E soprattutto non c'entra con la commissione. Anche perché fino a lunedì Gullo, che ha denunciato la vicenda, ha continuato a ribadire che per Oikos è tutto in regola. Tutta questa attività dell'assessore al Territorio e Ambiente io non la vedo”. In quei giorni si parlava di due modelli diversi. Qual era il suo? “Togliere il monopolio delle discariche ai privati e fare i controlli sui prezzi di conferimento in discarica. Su quest'ultimo elemento spero che il mio successore vada avanti. Da quando me ne sono andato io tutto è rimasto fermo, e inoltre si è anche vanificata l'azione di razionalizzazione”. Ok, riformulo la domanda. Qual è il punto sul quale si è consumato lo scontro con Crocetta? “Secondo me la pubblica amministrazione deve essere terza e la politica deve avere un ruolo moralizzatore. Deve prescindere da quello che fa l'autorità giudiziaria”. Come? Proprio lei che è un magistrato dice così? “La politica ha un ruolo diverso. Io ho trasmesso tutti gli atti alla magistratura, ma limitarsi ad aspettarne l'azione è un errore. Il governo Crocetta si muoveva in una logica diversa.
108
Una volta, su un'altra vicenda, il presidente me lo disse esplicitamente: 'Aspettiamo i magistrati'. Questo andava contro la mia logica”. Detto oggi suona male. Oggi aspettare la magistratura ha portato i suoi effetti. “Le ripeto: Cannova non c'entrava niente con la lettera. E tutte le cose che sto dicendo a lei sono state dette al presidente. Crocetta non solo non ha fatto niente: insieme all'assessore pro-tempore ha solo creato ostacoli. Era stato informato, mi creda. Ma lui fa così, l'ha capito?”. “Così”? Come? “Cavalca l'onda delle inchieste. Lui invece deve amministrare. Si è circondato di persone non idonee, e io gliel'ho detto molte volte. Lui non solo non si è adeguato, ma si ritiene un tuttologo. Crocetta e l'assessore Lo Bello sanno bene che cosa abbiamo contestato io e il dottore Lupo. Ma le dico di più”. Dica. “Crocetta farebbe bene a dimenticare il mio nome. Dice sciocchezze, come quelle che ha detto in Aula sulla vicenda Catanzaro o come quelle che racconta sull'inchiesta di oggi. Lui lo sa che non è vero, e lo sa che questa inchiesta non c'entra nulla con quello scontro di marzo. Ma Crocetta fa così”. http://livesicilia.it/2014/07/18/oikos-e-mazzarra-bloccate-da-me-crocetta-dice-solo-sciocchezze_517969/
IL BUSINESS DEI RIFIUTI IN MANO AI PRIVATI, ECCO I BIG E I LORO SPONSOR
di ANTONIO FRASCHILLA
La Sicilia è in mano ai padroni dei rifiuti e rischia di ritrovarsi in un'emergenza sanitaria senza precedenti se chiuderanno soltanto alcuni dei siti amministrati dagli imprenditori finiti agli arresti. Una situazione paradossale, frutto di scelte politiche e di un monopolio difeso con le unghie e con i denti dai proprietari dei principali impianti dell'Isola, spesso con l'aiuto dello sponsor politico giusto. A pagare, i cittadini di una regione che non ha praticamente livelli di differenziata accettabili, meno del 10 per cento, e si trova oggi con appena cinque grandi discariche in funzione e autocompattatori che viaggiano da una parte all'altra dell'Isola. Ma chi sono i proprietari delle discariche? Quali i loro sponsor politici negli anni? E perché si è arrivati a questo stato dell'arte? Accantonata la vicenda termovalorizzatori dopo lo stop della Corte di giustizia europea e il sospetto di accordi a tavolino, il governo Lombardo nel 2009 punta tutto sulle discariche. Soprattutto su quelle private, che da sole si vedono in alcuni casi triplicare i volumi di abbancamento di rifiuti concessi per un giro
d'affari da 700 milioni di euro. Una fetta grossa va proprio alla Oikos della famiglia di Domenico Proto che, come scrivono i pm nell'ordinanza di arresto, ottiene dal governo Lombardo autorizzazioni ad ampliamenti nelle discariche di Motta Sant'Anastasia per 2,5 milioni di mc. Ma chi è Domenico Proto? Sicuramente un imprenditore conosciuto da diversi fronti della politica catanese, con rapporti e amicizie trasversali, dall'ex governatore Raffaele Lombardo all'ex senatore Domenico Sodano. Nelle ultime elezioni amministrative a Motta Sant'Anastasia il nome di Proto è stato spesso evocato dai vari candidati. Una campagna elettorale, quella nel Comune etneo, che si è giocata proprio sulla discarica della Oikos, contestata da alcuni, sostenuta da altri. Proto è considerato amico dell'ex senatore Sudano: la nipote, Valeria, è una deputata di Articolo 4 e insieme a Luca Sammartino, capogruppo all'Ars, ha sostenuto il sindaco vincente Anastasio Carrà, accusato dai rivali di avere una posizione morbida sul futuro della discarica. Ma anche altri candidati sindaco hanno avuto un ruolo negli ampliamenti della discarica dei Proto, come l'ex sindaco Mpa Angelo Giuffrida, e proprio con il capo del partito, Lombardo, Proto vanta di avere rapporti diretti. In ogni caso, la Oikos insieme alla ditta romana Ipi è entrata anche nella raccolta dei rifiuti a Catania sotto l'amministrazione Stancanelli. Trovandosi oggi ad essere sia gestore della raccolta sia della discarica dove i rifiuti vanno a finire. Stancanelli però assicura di non avere tra i suoi amici i Proto: "Ho ricevuto nella scorsa campagna elettorale un finanziamento di 50 mila euro dalla Ipi, i Proto non mi hanno appoggiato nella sfida contro Enzo Bianco", dice. Tra i principali avversari di Proto e della discarica dell'Oikos c'è il sindaco di Misterbianco Nino Di Guardo del Pd, che ha appena pubblicato un bando per la realizzazione di un grande impianto di compostaggio vinto dalla Sicula Trasporti. E qui compaiono gli altri grandi padroni dei rifiuti in Sicilia, la famiglia Leonardi che, nel 2009, si è vista autorizzare dalla Regione abbancamenti per 1,9 milioni di mc nella discarica di Grotte San Giorgio. Altra mega discarica è quella di Mazzarà Sant'Andrea, gestita dalla Tirreno Ambiente, il cui amministratore Giuseppe Antonioli è finito agli arresti: nel 2009 sotto il governo Lombardo ha avuto autorizzati abbancamenti per un fatturato apri a 155 milioni. C'è poi una quarta grande discarica in funzione gestita da privati: quella di Siculiana di proprietà di Giuseppe Catanzaro, numero due di Confindustria Sicilia, l'associazione che dal 2009 esprime un assessore, sia nel governo Lombardo con Marco Venturi alle Attività produttive, sia in quello Crocetta con Linda Vancheri. Catanzaro ha avuto autorizzazioni nel 2009 per 2,9 milioni di metri cubi. Da qualche mese all'assessorato Energia sono stati avviati i procedimenti di revoca sia alla Oikos sia alla Tirreno Ambiente, ai quali si oppone l'assessorato Territorio e ambiente, ma una cosa è fuor di dubbio: un'eventuale chiusura dei siti farebbe scattare l'emergenza. L'Isola com'è finita nelle mani dei privati? Il consulente nominato dall'ex assessore Marino, il docente Aurelio Angelini, non ha dubbi: "Per una scelta precisa del governo Lombardo, che negli stessi anni negava ai Comuni l'apertura di piccole discariche lasciando il monopolio ai privati". http://palermo.repubblica.it/cronaca/2014/07/23/news/il_business_dei_rifiuti_in_mano_ai_privati_e
SCANDALO MAZZETTE, LA REGIONE CHIUDE LA DISCARICA DI MOTTA
SANT'ANASTASIA
Dopo l'arresto di un funzionario regionale e di quattro imprenditori del settore dei rifiuti,
l'assessorato all'Energia non rinnova l'autorizzazione alla discarica catanese. A rischio il
conferimento dei rifiuti per 90 comuni siciliani di ANTONIO FRASCHILLA
L'assessorato regionale all'Energia non ha rinnovato l'autorizzazione per la discarica di contrada Valanghe d'Inverno, a Motta Sant'Anastasia, in provincia di Catania, bloccando il rinnovo del decreto del 2009 che la autorizzava. La decisione arriva dopo l'arresto di un funzionario regionale e di quattro imprenditori dei rifiuti nell'ambito dell'operazione "Terra mia". In particolare lo stop arriva anche per "la mancanza dell'obbligo di trattamento dei rifiuti con l'effetto che la discarica non è dotata di un impianto a monte idoneo". Il provvedimento firmato dal dirigente Marco Lupo dà 60 giorni di tempo alla Oikos, la società che gestisce la discarica, per presentare il piano di chiusura, in quanto la nuova discarica realizzata a fianco di quelle già esistenti e piene è stata aperta da meno di un anno e adesso deve essere bonificata. La società può fare ricorso al Tar, ma per la Regione a settembre la discarica deve essere chiusa Soddisfazione per il no della Regione Siciliana alla discarica è stata espressa dai deputati M5s all'Ars. "Lo scorso anno - commentano i Cinquestelle - avevamo sottoscritto la mozione all'Ars, in cui impegnavamo il governo alla revoca del medesimo decreto. Veniva chiesto, altresì, di provvedere all'individuazione di un sito alternativo, adeguatamente distante dai centri abitati". http://palermo.repubblica.it/cronaca/2014/07/23/news/scandalo_mazzette_la_regione_chiude_la_dis
carica_di_motta_sant_anastasia-92245709/
IL FUNZIONARIO CONFESSA E COLLABORA RIFIUTI, L'INDAGINE PARALLELA
Martedì 22 Luglio 2014 - 06:11 di Riccardo Lo Verso
Il funzionario dell'assessorato regionale al Territorio e ambiente risponde al Gip e si dice
pronto a farlo anche con i pubblici ministeri di Palermo. Che oggi gli chiederanno notizie
non solo sull'inchiesta sfociata negli arresti di venerdì, ma pure su quella ancora top
secret. Possibile il coinvolgimento di altri imprenditori.
PALERMO - Confessa e collabora. Gianfranco Cannova risponde al Giudice per le indagini preliminari e si dice pronto a fare la stessa cosa con i pubblici ministeri. Che gli chiederanno notizie non solo sull'inchiesta per cui venerdì è stato arrestato, ma pure su quella ancora top secret. Esiste, infatti, un'indagine parallela a quella sulle mazzette intascate dal funzionario dell'assessorato regionale al Territorio e ambiente, sfociata nel blitz di venerdì scorso. E sempre di tangenti si tratterebbe, ma nel mirino ci sarebbero altri
imprenditori. Non solo i quattro finiti ai domiciliari. E non è escluso il coinvolgimento anche di altri pubblici funzionari. I pubblici ministeri di Palermo scandagliano quella che è stata definita la capacità di Cannova di sfruttare “le sue doti di abile tessitore di rapporti professionali, di amicizie e di contatti gestendo il proprio incarico di servizio come un fatto privato; peraltro è emerso che gli interventi facenti parte dei patti criminosi hanno riguardato anche atti non di stretta competenza dell'ufficio dove operava direttamente il funzionario, ma comunque venuti a conoscenza di quest'ultimo in ragione del suo ruolo istituzionale o sfruttando le sue conoscenze e amicizie con soggetti operanti in altri uffici pubblici, anch'essi impegnati nel settore delle discariche e dello smaltimento dei rifiuti”.
La due giorni in Procura di Cannova è iniziata ieri e proseguirà oggi. Innanzitutto ha scelto di non avvalersi della facoltà di non rispondere nel corso dell'interrogatorio di garanzia davanti al Giudice per le indagini preliminari Vittorio Anania. Tre ore di risposte, fra mattina e pomeriggio, in presenza dei suoi legali, gli avvocati Massimo Motisi e Giuseppe Torre, per ammettere alcuni episodi di corruzione e per smentirne altri. La vicenda della macchina e del televisore pagati dagli imprenditori per i suoi favori non sarebbero andate, secondo il suo racconto, per come li hanno ricostruiti i poliziotti della sezione Reati contro la pubblica amministrazione della Squadra mobile. Era impossibile, però, negare l'evidenza delle intercettazioni da cui emergevano le mazzette in contanti. Gli imprenditori finiti ai domiciliari sono gli agrigentini Calogero e Nicolò Sodano, il catanese Domenico Proto e il novarese Giuseppe Antonioli. C'è, però, l'inchiesta parallela per cui Cannova nei mesi scorsi ha ricevuto la proroga delle indagini. Ed è un'indagine successiva ancora in divenire per la quale è stato necessario un supplemento investigativo.
http://livesicilia.it/2014/07/22/fianfranco-cannova-confessione-mazzette-corruzione-rifiuti-tangenti-palermo_519232/?stampa=1 Motta, i motivi della chiusura della discarica La Regione: stop e bonifica entro ottobre Di Carmen Valisano | 23 luglio 2014
Se il programma stilato dal dirigente regionale Marco Lupo verrà rispettato, entro l’autunno l’impianto di contrada Valanghe d’inverno dovrà terminare ogni attività. Nel frattempo l’azienda proprietaria – la Oikos spa, coinvolta nell’inchiesta della magistratura palermitana Terra mia – dovrà garantire il servizio di raccolta e conferimento dei rifiuti. Ma rimane l’incertezza su quali saranno le nuove destinazioni dei compattatori di 90 Comuni
Un’inchiesta effettuata da un pool di tecnici, diverse conferenze dei servizi, un’indagine della magistratura il cui eco ancora si fa sentire tra le pareti di numerosi uffici regionali e non solo. Tanto è stato necessario per permettere al dipartimento regionale dell’Energia di non rinnovare l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata alla Oikos spa per l’attività della discarica di contrada Valanghe d’inverno, a Motta Sant’Anastasia. La notizia è giunta oggi, ma la decisione è stata presa il giorno prima dal dirigente incaricato, Marco Lupo.
Le obiezioni presentate ai vertici della Oikos (il cui rappresentante, Domenico Proto, è agli arresti domiciliari perché coinvolto nell’operazione Terra mia) non sono state superate. Nella loro relazione i tecnici «avevano evidenziato, sotto diversi profili, l’insussistenza delle condizioni giuridiche e fattuali necessarie per il richiesto rinnovo del drs 221 del 29 marzo 2009», si legge nel decreto firmato ieri. Criticità non da poco, che «assumono particolare rilevanza, ai fini del diniego del rinnovo dell’autorizzazione». L’elenco è denso: si va dalla «dichiarazione di illegittimità dal punto di vista urbanistico», al «procedimento di Via (Valutazione di impatto ambientale, ndr) viziato» perché redatto e depositato oltre i termini. E poi la violazioni di alcune normative – anche comunitarie – per il pretrattaggio dei rifiuti e la biostabilizzazione della frazione organica e la mancanza di delimitazione dell’area di pertinenza dell’impianto Oikos
Nell’ordinanza viene citata l’inchiesta dalla Procura di Palermo, un elemento, confermano vertici del dipartimento regionale, che ha avuto un indubbio peso sulla decisione finale del dirigente Lupo. Viene dunque ritenuto «necessario e conseguente all’emissione del provvedimento di diniego di rinnovo dell’Aia 221/2009, la predisposizione di un progetto di chiusura definitiva» e inoltre «autorizzare e programmare le modalità di realizzazione del ripristino ambientale e le attività di postgestione della discarica». Chiusura e bonifica.
Ma il problema che numerosi cittadini di Motta e della vicinaMisterbianco, subito dopo l’euforia per la notizia della chiusura, hanno sollevato attraverso i social network riguarda la nuova destinazione dei rifiuti. Un interrogativo al quale i dirigenti regionali non danno risposta. «Ad oggi presso la discarica vengono conferiti i rifiuti prodotti nei territori di circa 90 Comuni appartenenti a diversi ambiti ottimali (Ato)». Sono quattro catanesi, uno di Enna e di Ragusa, tre di Messina. All’azienda è intimato di «assicurare la continuità del servizio pubblico di raccolta degli rsu destinati allo smaltimento, per un periodo breve ma idoneo a consentire al dipartimento di riorganizzare il flusso dei rifiuti e riprogrammare un piano dei conferimenti che ad oggi vengono effettuati nella discarica di contrada Valanghe d’inverno, mediante l’individuazione di siti alternativi per lo smaltimento». Quali saranno le nuove rotte è difficile prevederlo. L’altro sito emergenziale della Sicilia orientale è quello messinese di Mazzarrà Sant’Andrea, anche questo sotto inchiesta, che già ospita camion da oltre cento cittadine siciliane. L’altra struttura papabile è dunque quella di Siculiana, in provincia di Agrigento.
Per il sito mottese è disposto che il progetto definitivo di chiusura e ripristino ambientale «dovrà essere trasmesso al dipartimento regionale dell’Acqua e dei rifiuti entro il 31 agosto». Il documento sarà verificato dagli enti competenti e dovrà essere attuato entro 60 giorni dall’approvazione. Se il probabile ricorso presentato da Proto non dovesse essere accettato, entro ottobre i cancelli dell’impianto di contrada Valanghe d’inverno dovrebbero chiudersi.
rilasciato autorizzazioni alle attività di diversi impianti senza i relativi
controlli, accettando denaro, regali e viaggi, agevolando gli iter per gli
impianti amici. Un eventuale quadro di corruzione preoccupante nel quale
sarebbero coinvolti il proprietario della Oikos spa Domenico Proto, gli
imprenditori Giuseppe Antonioli (amministratore della discarica di Mazzarrà
Sant'Andrea, in provincia di Messina) e i fratelli Calogero(ex senatore della Casa delle
libertà) e Nicolò Sodano, responsabili della Soambiente di Agrigento.
Tutti gli indagati sono stati rinviati a giudizio e giovedì 15 gennaio compariranno
davanti ai giudici del tribunale di Palermo. Così, quasi sei mesi dopo l'apertura del
fascicolo e gli arresti domiciliari per Proto, i rappresentanti del Comune mottese
propongono di «costituirsi parte civile nel procedimento penale scaturito
dall'operazione», e - con provvedimento esecutivo, data l'urgenza - «dare mandato al
sindaco di provvedere con propria determina a nominare il professionista di fiducia».
Una mozione uguale, condivisa da tutta l'opposizione, era stata già approvata dal
consiglio comunale a ridosso dello scandalo. Anche il sindaco del vicino Comune
di Misterbianco, Nino Di Guardo, negli infuocati giorni successivi, aveva annunciato
la stessa misura. http://catania.meridionews.it/articolo/30679/operazione-terra-mia-motta-parte-civile-per-tutelare-interessi-e-immagine-del-comune/
RIFIUTI E CORRUZIONE, ARRESTATO MIMMO PROTO IN MANETTE 4 IMPRENDITORI E UN FUNZIONARIO
CARMEN VALISANO 18 LUGLIO 2014
CRONACA – L'operazione, denominata Terra mia, ha portato all'individuazione di un
complesso sistema di procedure ambientali non seguite e controlli evitati grazie al
presunto pagamento di tangenti. Coinvolti quattro titolari di discariche, tra i quali il
proprietario dell'impianto di contrada Tiritì, a Motta Sant'Anastasia. Il dipendente
regionale «rilasciava le autorizzazioni Aia e gestiva l’ufficio come suo feudo. Con gli
imprenditori amici era prodigo di consigli anche per fregare l’amministrazione
pubblica». Un funzionario della Regione e quattro imprenditori legati alla gestione dei rifiuti sono stati arrestati stamattina dagli uomini della squadra mobile di Palermo. Tra loro spicca il nome di Domenico Proto, titolare della Oikos spa, la ditta proprietaria del mega-impianto di contrada Tiritì-Valanghe d'inverno. Secondo le accuse, Gianfranco Cannova (dipendente dell'assessorato regionale Territorio e ambiente) avrebbe avuto un ruolo nella gestione delle procedure più importanti, quelle legate al rilascio delle autorizzazioni all'attività delle discariche. In cambio di regali e viaggi, avrebbe agevolato gli iter d evitato agli impianti amici controlli e monitoraggi ai quali avrebbero dovuto invece sottostare. Un quadro di corruzione definito dagli inquirenti molto grave nel quale sono coinvolti, oltre a Proto, gli imprenditori Giuseppe Antonioli (amministratore della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, in provincia di Messina) e i fratelli Calogero (ex senatore della Casa delle libertà) e Nicolò Sodano, responsabili della Soambiente di Agrigento. L'operazione, denominata Terra mia, ha avuto inizio nel 2011 ed è durata oltre due anni. I titolati delle indagini hanno messo in rilievo come «questo settore amministrativo è caratterizzato da una stratificazione normativa e da uncomplesso e macchinoso apparato burocratico». Elementi che hanno facilitato l'azione contestata al presunto funzionario infedele. «La corruzione e i corrotti sono un rifiuto speciale e pericolosi - dichiara il procuratore aggiungo di Palermo Dino Petralia - L'imprenditore del Catanese (Domenico Proto, ndr) aveva bisogno di ampliare la discarica a tre milioni di metri cubi.
Aveva bisogno dell'Autorizzazione integrata ambientale. Sembra che l'azione per ottenerla in modo illegale sia la regola». A lui fa eco il collega Leonardo Agueci: «Il funzionario regionale rilasciava le autorizzazioni Aia e gestiva l'ufficio come suo feudo. Con gli imprenditori amici era prodigo di consigli anche per fregare l'amministrazione pubblica». Nessuna remora di controlli. «Poteva svolgere una attività illecita con la massima disinvoltura». Sia il sito di contrada Tiritì-Valanghe d'inverno che l'impianto messinese di Mazzarrà Sant'Andrea sono sotto inchiesta da parte della dirigenza regionale all'Ambiente per presunte violazioni compiute nella gestione dei rispettivi impianti. Un'inchiesta avviata qualche mese fa dall'ex assessore regionale Nicolò Marino. Soambiente gestisce i siti agrigentini di Siculiana econtrada Monserrato e a Noto (in provincia di Siracusa) quello di contrada Stallaini. A poche ore dall'arresto di Proto, intanto, Confindustria Catania ha sospeso la ditta Oikos, interrompendo il suo rapporto con l'associazione. «Il provvedimento è stato adottato d'urgenza, in ottemperanza del codice etico di Confindustria, spiegano. http://catania.meridionews.it/articolo/11522/rifiuti-e-corruzione-arrestato-mimmo-proto-in-manette-4-imprenditori-e-un-funzionario/ TIRITÌ, TRA CAMBI DI POLTRONE E CONFIDUSTRIA UNA SVOLTA SULLA DISCARICA DEI VELENI?
CARMEN VALISANO 9 APRILE 2014
CRONACA – Il pool di esperti inviato dall'ex assessore Nicolò Marino a verificare le condizioni degli impianti regionali ha sollevato pesanti dubbi sul sito di proprietà della Oikos. Irregolarità riscontrate sia nella struttura attiva da circa un anno che in quella ormai dichiarata esaurita. Ma i passi successivi alla relazione sono messi in dubbio dall'avvicendamento con Salvatore Calleri, considerato vicino agli ambienti dell'associazione di imprenditori che in Sicilia ha come vicepresidente Giuseppe Catanzaro. Proprietario della discarica più grande dell'isola
Un cambio di poltrone alla Regione, gli interessi di Confindustria su un settore
strategico, un Comune alle prese con la campagna elettorale. E una discarica da 2,5 milioni di metri cubi a ridosso di due centri abitati che non smette di
turbare i sonni di cittadini e politici. Siamo finalmente a una svolta nella
questione dell'impianto della Oikos spa? La struttura di gestione dei rifiuti sorge nel Catanese, tra Motta Sant'Anastasia e Misterbianco. È notizia di
ieri che Nicolò Marino, assessore regionale all'Ecologia, sarà sostituito alla guida dell'ente da Salvatore Calleri: renziano, presidente della fondazione
dedicata ad Antonino Caponnetto (era uno dei suoi collaboratori) e considerato vicino agli ambienti di Confindustria. L'associazione - per
bocca di uno dei suoi rappresentanti più influenti, Giuseppe Catanzaro - negli ultimi mesi ha avuto uno scontro durissimo con Marino. Terreno di battaglia,
proprio i rifiuti. Il gruppo Catanzaro, infatti, gestisce la discarica di Siculiana, in provincia di Agrigento, e l'ex assessore ha lanciato pesanti accuse sui
presunti intrecci con Cosa nostra scatenando una reazione fatta di querele e richieste di risarcimento milionarie.
Le irregolarità individuate dalla Regione nel sito catanese riguardano la tutela dell'ambiente e della salute e danno ragione ai cittadini che da tempo
lamentano una serie di violazioni dal punto di vista ambientale. Paure che
emergono sotto forma di un incessante e venefico odore che avvolge i due Comuni e che sembrano avere finalmente un riscontro ufficiale. Tutto comincia
con la revisione, da parte dell'assessorato guidato ancora da Marino, delle
autorizzazioni concesse agli operatori proprietari degli impianti nella regione. La Oikos è gestore di un sito oramai chiuso (in contrada Tiritì) e di
uno entrato in funzione l'anno scorso nella contigua contrada Valanghe d'inverno per il quale è stato proposto «l'avvio del procedimento di diniego
dell'istanza di rinnovo». Nella comunicazione inviata anche all'azienda della famiglia Proto, il dirigente regionale ricorda che il 17 gennaio 2014 «è
stata costituita una commissione ispettiva per la verifica degli atti relativi alle discariche private in esercizio per rifiuti non pericolosi site nel territorio
siciliano». Pool che ha inviato, tre mesi dopo, una relazione conclusiva. Il documento mette in rilievo alcuni punti: l'assenza delle prescrizioni del
sindaco, la «mancata applicazione del principio di unica Aia (Autorizzazione integrata ambientale, ndr) per uno o più impianti localizzati sullo stesso sito e
gestiti dal medesimo gestore». E poi le «difformità». Quella nel rispetto del
programma di riduzione dei rifiuti biodegradabili, la presenza di rifiuti non ammessi (come liquidi e pneumatici), la mancanza di piani di gestione
operativa e post operativa, sorveglianza e controllo e ripristino ambientale. E ancora violazioni volumetriche, il mancato rispetto delle migliori tecnologie
disponibili, la mancanza di coerenza con il piano regionale di gestione dei rifiuti. Inoltre, «il decreto Aia rilasciato non possiede le caratteristiche di
conformità legislativa più volte richiamata né conseguenzialmente permette l'effettuazione di controlli efficaci sulle attività di gestione rifiuti autorizzate».
Secondo le accuse della Regione, «le attività di gestione dei rifiuti sono state svolte in difformità ad alcune condizioni imposte nel decreto e
nel propedeutico giudizio di compatibilità ambientale (Via), nonché in difformità al decreto legislativo 36/03 e decreto legislativo 59/05», che
normano rispettivamente la gestione delle discariche e la riduzione dell'inquinamento.
L'altra bomba ecologica è rappresentata dall'impianto ormai saturo e chiuso di
contrada Tiritì. Secondo la relazione, la discarica è «rimasta in attività in una situazione di "non conformità legislativa" per tutto il periodo esaminato
dal 1999 al 2006». La Prefettura di Catania «ha di fatto utilizzato una discarica che non era in possesso dei requisti di legge (tecnici e autorizzativi) per lo
smaltimento dei rifiuti urbani». Anche qui la commissione segnala diverse violazioni, compresa la mancata «inclusione dei valori limite per le emissioni
fissati per le sostanze inquinanti». Assente anche il giudizio di compatibilità ambientale. E, come sottolineano i dirigenti dell'assessorato, l'impianto
sarebbe rimasto operativo «anche in data successiva alla scadenza dell'autorizzazione in assenza di valida autorizzazione, e lo è tutt'oggi in fase di
gestione post operativa delle vasche esaurite». Anche per queste ragioni la Oikos è chiamata a effettuare l'analisi di suolo e acque sotterranee «per
escludere l'esistenza di fenomeni di degrado ambientale e di potenziale contaminazione delle matrici acque, suolo e aria». All'azienda viene chiesto un
«piano di indagini» che analizzi «arealmente e tridimensionalmente
l'estensione delle aree della discarica di contrada Tiritì oggetto di abbancamento rifiuti a far data dal primo utilizzo storico (1983)». Il piano
dovrà essere redatto sotto la vigilanza dell'Arpa e della Provincia e a curare il coordinamento saranno il dipartimento regionale e la Prefettura
catanese. Per domani è convocata una conferenza dei servizi presieduta da Marco
Lupo, dirigente generale del dipartimento dell'Acqua e dei rifiuti, area di
competenza dell'ormai ex assessore Marino. «È un momento importante, perché la Regione riconosce le ragioni dei comitati», spiega Massimo La
Piana, coordinatore di uno dei due movimenti cittadini che nei Comuni interessati da tempo portano avanti la battaglia contro la discarica, quello di
Misterbianco. L'appuntamento di domani, nel quale la Oikos avrà la possibilità di difendersi, è importante anche per l'altro paese, Motta, alle prese con la
campagna elettorale che porterà al voto tra circa un mese. Il sindaco uscente e candidato, Angelo Giuffrida, a lungo è stato criticato per non aver affiancato i
cittadini nelle numerose proteste e adesso, finalmente, prende posizione. «Domani dovrebbe dare parere negativo», anticipa La Piana.
Una previsione confermata anche sul sito internet del primo cittadino. I due sindaci hanno anche manifestato pubblicamente il proprio sostegno a Nicolò
Marino, esortando il governatore Rosario Crocetta a mantenere il magistrato al
comando del settore. Eppure l'ex assessore non ha sempre goduto delle simpatie dei comitati, così come il sindaco mottese. «Personalmente, il cambio
di direzione può starmi anche bene pur di raggiungere il risultato», osserva pragmaticamente Massimo La Piana. «Quello di domani è un punto
fondamentale: se non dovessero rinnovare l'autorizzazione alla Oikos, si bloccherebbe la discarica». Ovviamente l'azienda potrà ricorrere al Tribunale
amministrativo regionale, «ma intanto sarebbe un riconoscimento per la nostra battaglia», spiega il coordinatore del movimento.
Il nodo successivo da sciogliere è quello relativo alla figura del nuovo assessore. «La nomina di Salvatore Calleri, in questo momento, complica la
questione», riconosce con una certa preoccupazione La Piana. «Bisogna vedere quanto ci metterà a rivedere il caso, se bloccherà l'iter o - come sperano i
cittadini - agirà in continuità amministrativa». I timori degli abitanti risiedono tutti nel legame tra il leader toscano del Megafono e Confindustria.
Associazione legata a doppio filo con il nome del gruppo Catanzaro, dato che
Giuseppe Catanzaro ne è il vicepresidente, oltre a guidare quella che è oggi la discarica più grande della Sicilia. «Laicamente cercheremo un contatto e
chiederemo urgentemente un incontro», promette La Piana. http://catania.meridionews.it/articolo/10656/tiriti-tra-cambi-di-poltrone-e-confidustria-una-svolta-sulla-discarica-dei-veleni/
Carmelo Catania - 11/07/2014
E GIUNTA LA PAROLA FINE PER LA DISCARICA DI MAZZARRÀ SANT’ANDREA?
Marco Lupo, dirigente generale del Dipartimento Energia e rifiuti della Regione, ha avviato il
procedimento di “diniego all’istanza di rinnovo” delle Autorizzazioni integrate ambientali concesse
a Tirrenoambiente nel 2009, e scadute lo scorso 21 maggio senza che l’attività di smaltimento
venisse interrotta, con le quali si consentiva alla società partecipata del comune di Mazzarrà
Sant’Andrea di ampliare, per la terza volta nell’arco di un decennio, la discarica di contrada Zuppà
e realizzare un impianto di selezione e biostabilizzazione e al cui interno opera, dal 2008, anche un
impianto di produzione di energia elettrica dalla combustione del biogas da discarica, impianto,
ricordiamo, sequestrato per ben due volte dalla procura di Barcellona e “sanato” solo lo scorso anno
da un provvedimento regionale.
Ricordiamo anche che i due provvedimenti per i quali oggi la Regione nega il rinnovo erano stati
annullati da due sentenze del Tar di Catania per evidenti violazioni nell’iter autorizzativo. Era stato
cancellato dalle carte geografiche un intero paese che, complice la miopia delle istituzioni, da
troppo tempo è costretto a subire l’inquinamento derivante da una discarica che non sarebbe mai
LA DISCARICA DI SICULIANA NELL'OCCHIO DEL CICLONE DOMANI
CATANZARO DAVANTI AL GIP DI AGRIGENTO
ANTONELLA SFERRAZZA
CRONACA – A comparire davanti al giudice sarà il fratello del vice presidente di Confindustria Sicilia, insieme con l'ex Presidente della Provincia e due funzionari regionali. I Carabinieri parlano di autorizzazioni illegittime rilasciate con la complicità di funzionari pubblici. Mentre le denunce dell'ex assessore Marino vengono segnalate alla Commissione Nazionale Antimafia
Riesplode in Sicilia, con un boato che è arrivato pure a Roma, l'affaire della gestione delle discariche private nell'Isola. A fare detonare la bomba le dichiarazioni che l'ex assessore regionale all'Energia e ai Rifiuti, Nicolò Marino, aveva rilasciato nel corso di una una intervista a Meridionews e che ha ribadito ieri su altri organi di stampa. Dichiarazioni in cui, in buona sostanza, Marino, che è tornato a fare il magistrato, attacca a muso duro Confindustria Sicilia e le sue ingerenze sul governatore Crocetta «per garantirsi delle situazioni di vantaggio con il mero biglietto da visita dell'antimafia, privo di sostanza». «Ritengo - ha detto chiaramente al nostro giornale - che la mia posizione molto dura contro l'ingerenza, anche nei settori dei rifiuti, di alcuni uomini di Confindustria che facevano riferimento a Ivan Lo bello, Antonello Montante e Giuseppe Catanzaro ha determinato una grande conflittualità per la quale sono stato allontanato». Come già aveva fatto da assessore (e per questo, secondo una opinione diffusa è stato 'defenestrato'), ha quindi puntato il dito contro la discarica di Siculiana, nell'agrigentino, di cui è comproprietario il numero due dell'associazione degli industriali siciliani, Giuseppe Catanzaro: «Catanzaro, approfittando dell'emergenza, ha gestito per tanti anni una discarica che prima apparteneva al comune di Siculiana» ha detto Marino a Meridionews. E ieri, ha rincarato la dose: «Il problema è che Catanzaro aveva avuto un’autorizzazione illegittima».
Nel bel mezzo di queste polemiche e scontri all'arma bianca (querele incluse), spunta anche una inchiesta giudiziaria sulla discarica di Siculianache va avanti da anni e che domani finirà sul tavolo del Giudice per le Indagini preliminari di Agrigento. Davanti al quale sono chiamati a comparire Lorenzo Catanzaro, fratello del numero degli industriali siciliani e rappresentante legale dell'impianto, l'ex presidente della Provincia regionale di Agrigento, nonché attuale deputato regionale in quota Ncd, Vincenzo Fontana, e due funzionari della Regione, Vincenzo Sansone e Gianfranco Cannova (già rinviato a giudizio nell'inchiesta Terra Mia sulla discarica di Mazzarò). Il giudice dovrà decidere se archiviare il caso, come gli ha chiesto la Procura, o se andare avanti, come vorrebbe il Comune di Siculiana che nel procedimento è parte offesa.
123
L'inchiesta parte nel 2007 quando il Nucleo operativo Ecologico dei Carabinieri, durante un controllo nella discarica dei Catanzaro, contesta alcune irregolarità sul suo ampliamento. E ipotizza per i sopra citati protagonisti di questa storia, il reato di abuso d'ufficio, falsità materiale ed ideologica in atti pubblici e illecita gestione di una discarica per rifiuti solidi urbani. I Catanzaro, in buona sostanza, secondo i Carabinieri, hanno ottenuto le autorizzazioni necessarie a gestire ed ampliare la loro discarica, attraverso falsa documentazione e con la complicità di funzionari pubblici. Ricordiamo che la storia di questo impianto è controversa sin dall'origine. Parliamo di una discarica che era pubblica, e che come in un racconto di Pirandello, un bel giorno si risveglia privata (qui vi abbiamo raccontato la sua storia nel dettaglio). Come finirà questa storia sul piano giudiziario è difficile da prevedere. Quello che è certo è che il vaso di Pandora del business rifiuti ormai è stato scoperchiato, e come abbiamo detto all'inizio, del suo contenuto si parlerà anche a Roma. Sempre ieri, infatti, Erasmo Palazzotto, deputato palermitano alla Camera, ha inviato una lettera alla Commissione Nazionale Antimafia,invitandola ad indagare sulle denunce di Marino sul ruolo di Confindustria e del Senatore Beppe Lumia. http://meridionews.it/articolo/29408/la-discarica-di-siculiana-nellocchio-del-ciclone-domani-catanzaro-davanti-al-gip-di-agrigento/
AUTORIZZAZIONI PER LA DISCARICA DI SICULIANA, QUATTRO INDAGATI IN
TRIBUNALE
„Tutto partì da una denuncia dei carabinieri del Noe, i quali denunciarono i due funzionari
dell'Assessorato regionale "Tutela ed Ambiente", il rappresentante legale della "Catanzaro" e
l'allora presidente della Provincia di Agrigento, ritenendoli responsabili, a vario titolo, di abuso
d'ufficio, falsità materiale ed ideologica “
Sono comparsi oggi dinnanzi al Gip del Tribunale di Agrigento, Ottavio Mosti, la "Catanzaro costruzioni", l’ex presidente della Provincia Enzo Fontana e i
dirigenti regionali Vincenzo Sansone e Gianfranco Cannova, coinvolti in un presunto abuso d'ufficio nelle procedure di allargamento della discarica
di contrada Materano, a Siculiana. SI attende la decisione del giudice
rispetto all’eventuale accoglimento della richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero.
Tutto partì nel 2007 da una denuncia dei carabinieri del Noe, i quali denunciarono i due funzionari
dell’Assessorato regionale “Tutela ed Ambiente”, il rappresentante legale della “Catanzaro” e
l’allora presidente della Provincia di Agrigento, ritenendoli responsabili, a vario titolo, di abuso
d’ufficio, falsità materiale ed ideologica commessa in atti pubblici, nonché per “illecita gestione di
una discarica per rifiuti solidi urbani”.
Autorizzazioni per la discarica di Siculiana, quattro indagati in Tribunale
“Ci sottoponiamo con serenità al giudizio”, è stato il commento della ditta che gestisce l’impianto.
AFFARI, TANGENTI E LOBBY IL SISTEMA RIFIUTI NELL'ISOLA COSTA UN MILIARDO
L'ANNO
ANTONIO FRASCHILLA
ECCO il risultato di anni di mala gestio in un comparto chiave per la salute dei cittadini e il rispetto dell'ambiente: un sistema di smaltimento poco compatibile
e un costo che è pari a 200 euro a siciliano, neonati compresi, contro i 190 del Lazio e i 111 euro della Lombardia. Il tutto mentre non ci sono abbastanza
impianti per la differenziata, che non a caso vede l'Isola ultima nel Paese con
meno del 10 per cento, con conseguente rischio di condanne dell'Unione europea.
Al di là delle indagini giudiziarie, che stanno alzando il velo su tangenti, legami pericolosi con la politica e pressioni sull'amministrazione, e hanno portato agli
arresti di due amministratori di discariche, dell'Oikos e della Tirreno ambiente, il sistema dei rifiuti in Sicilia dopo quasi quindici anni di cattiva gestione è
adesso quasi al collasso e non è più economicamente sostenibile. Al momento i rifiuti siciliani per il 90 per cento finiscono in quattro discariche: oltre a quelle
citate, vanno nei siti della Sicula Trasporti e della Catanzaro. La Sicilia è attraversata da compattatori stracolmi di rifiuti. A esempio, da Termini
Imerese i mezzi partono alla volta di Mazzarà Sant'Andrea (dove per conferire la tariffa è di 90 euro a tonnellata) oppure a Motta San'Anastasia (102 euro a
tonnellata), compiendo più di 300 chilometri tra andata e ritorno. A Bagheria da qualche giorno gli autocompattatori carichi di rifiuti vanno a scaricare a
Siculiana nel sito gestito dalla ditta Catanzaro Costruzioni. «Il servizio reso a
Siculiana ha un costo di 78 euro per tonnellata di rifiuto contro il costo sostenuto per andare a scaricare a Catania di 140 euro per tonnellata», ha
detto il sindaco grillino Patrizio Cinque. In media comun- que il costo per conferire i rifiuti nelle quattro discariche siciliane private costa 100 euro a
tonnellata. Considerando i rifiuti prodotti ogni hanno dai siciliani, pari a 2,5 milioni di
tonnellate, e che di questi ben il 90 per cento finisce sotto terra, il costo complessivo è di 250 milioni di euro all'anno. A questa cifra occorre aggiungere
la spesa per i 13 mila addetti al servizio, in gran parte assunti negli anni d'oro degli Ato che, chiaramente, hanno accumulato un miliardo di euro di debiti.
Nell'Isola c'è un operatore ogni 398 abitanti, contro l'uno ogni mille di Treviso e una media nazionale di un addetto per 680 abitanti.
Dal 2003 è scattata una corsa folle ad assumere personale, spesso a ridosso di tornate elettorali, e i nodi sono venuti al pettine negli ultimi anni. Oggi questi
stipendi costano circa 520 milioni di euro all'anno.
Ma le spese del sistema rifiuti siciliano non finisco qui. A queste cifre occorre aggiungere anche il 30 per cento di spese che va per oneri di gestione,
manutenzione e acquisti di attrezzature: altri 200 milioni di euro all'anno. Il totale fa 970 milioni di euro all'anno, circa un miliardo. A fronte di questa mole
di costi, i tributi riscossi dagli enti locali per lo smaltimento dei rifiuti Tarsu o Tia, ammontano a 650 milioni di euro. Quindi ogni anno il sistema accumula
debiti per oltre 300 milioni di euro: oggi tra Ato e Comuni, il debito nei confronti delle imprese pubbliche e private che lavorano nel comparto è salito
131
così a 1,5 miliardi di euro, nonostante i 600 milioni di euro di fondi regionali bruciati negli ultimi anni attraverso il cosiddetto fondo di rotazione istituito
proprio per aiutare i Comuni. Insomma, costi elevati e una macchina mangiasoldi perfetta. Ecco il sistema
della spazzatura in Sicilia, mentre la magistratura indaga sulle tangenti e il ruolo della politica. Nel frattempo il piano rifiuti rimane in gran parte
incompiuto: i Comuni non hanno i soldi per avviare la differenziata e dopo la fine dell'emergenza, con annesso commissariamento affidato alla Regione,
dovrebbero essere le nuove Srr ad investire negli impianti. Sì, ma con quali fondi? Fino a quando i rifiuti andranno a finire solo nelle discariche? Il governo
Crocetta ha dichiarato guerra ai privati coinvolti nelle indagini e minaccia di requisire le discariche. Ma quali sono i programmi del governo per cambiare
questo sistema?
Dopo gli ultimi arresti il governo Crocetta ha dichiarato guerra ai privati Ogni dodici mesi si accumulano debiti per trecento milioni di euro
GLI OPERATORI
In Sicilia c'è un operatore ogni 398 abitanti Da sinistra, una discarica e Palazzo
Con le indagini su discariche e fotovoltaico, gli inquirenti arrivano prima della
politica, malgrado i tanti campanelli d'allarme suonati in questi anni. Serve un intervento deciso sulla burocrazia. Ma anche le imprese hanno qualcosa su cui
riflettere, a partire dalla "convenienza" della legalità
PALERMO – L'ultimo annuncio in ordine di tempo risale a oggi, quando il presidente Rosario
Crocetta ha detto che sarà creata “una banca dati on line, il cui accesso sarà riservato alle forze
dell'ordine e alla magistratura, con tutte le informazioni relative agli appalti pubblici della Regione".
Ma la settimana horribilis per la Regione, con due inchieste che hanno fatto tremare il Palazzo,
quella sulle discariche e quella sul fotovoltaico, promette strascichi. Le indagini hanno svelato
presunti incroci pericolosi tra burocrazia e affari, storie di tangenti e promiscuità – tutte, sia chiaro,
ancora da dimostrare in sede giudiziaria – che gettano più di un'ombra sulla burocrazia regionale.
Storie che affondano le proprie radici in quella matassa ingarbugliata di norme e codicilli, in quel
labirinto nel quale non perdersi, per cittadini e imprese, è pratica non semplice, in quel pantano in
cui le poche certezze fanno il gioco di disonesti e avidi a scapito del diritto.
Colpisce, nelle cronache di questi giorni, la corsa dei politici per piazzarsi primi nel gioco del
“l'avevo detto io”. Tanti si sono iscritti, eppure resta il fatto che fino all'intervento della
magistratura, lo status quo, per esempio sulla vicenda delle discariche, era rimasto quasi intatto. “La
Procura è arrivata a conclusioni che la politica non ha saputo trarre: ha fatto prima delle istituzioni
politiche”, ha sintetizzato in un'intervista a Livesicilia il deputato del Pd Anthony Barbagallo.
Eppure, i campanelli d'allarme erano suonati abbondanti, dentro e fuori dal Palazzo. Sul fronte delle
energie alternative, ad esempio, una relazione dell'assessorato all'Energia aveva sollevato già forti
perplessità sulle procedure per l'autorizzazione per la realizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, dipingendo un quadro a dir poco caotico degli uffici. Quanto alla vicenda rifiuti,