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Debita dona Studi in onore di Isabella Gualandri a cura di Paola Francesca Moretti Chiara Torre Giuseppe Zanetto M. DAURIA EDITORE
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Bonum facinus: Catull. 66.25-28 tra Igino e Giustino

Jan 26, 2023

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Page 1: Bonum facinus: Catull. 66.25-28 tra Igino e Giustino

Debita donaStudi in onore di Isabella Gualandri

a cura di

Paola Francesca Moretti

Chiara Torre

Giuseppe Zanetto

M. D�AURIA EDITORE

Page 2: Bonum facinus: Catull. 66.25-28 tra Igino e Giustino

ISBN978-88-7092-295-0

© 2008 M. D�AURIA EDITORECalata Trinità Maggiore 52-53

80134 Napolitel 081.5518963 fax 081.19577695

[email protected]

La stampa del presente volume è stata resa possibile da un contributodell�Università degli Studi di Milano,della Facoltà di Lettere e Filosofia

e del Dipartimento di Scienze dell�Antichitàdel medesimo Ateneo

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Giovanni Benedetto

Bonum facinus:Catull. 66.25-28 tra Igino e Giustino

1 - Le avventure di un passo di Igino (Astr. 2.24.2)

Dopo l�ardua e ariosa apertura affidata ai quattordici versi inizialila Coma Berenices catulliana procede sino al v. 38 frangendosi per dodi-ci distici in periodi più brevi, quasi convulsi nell�accumulo di interro-gazioni e esclamazioni, tali da conferire un partecipe tono «da intimaamica»1 alle parole con cui la ciocca si rivolge alla giovane regina. Inquesta seconda sezione si avvia la serie di apostrofi e interrogative re-toriche che esprimono lo stupore della chioma di fronte all�intensitàdello scoramento provocato in Berenice dalla partenza dello sposo, To-lemeo III, per la guerra contro la Siria (vv. 21-28):

Et tu non orbum luxti deserta cubile,sed fratris cari flebile discidium

cum penitus maestas exedit cura medullas,ut tibi tunc toto pectore sollicitae

sensibus ereptis mens excidit! At <te> ego certecognoram a parva virgine magnanimam.

Anne bonum oblita es facinus, cum regium adepta esconiugium, quod non fortior ausit alis?2

1 Cfr. H.P. Syndikus, Catull. Eine Interpretation. Zweiter Teil: Die großen Gedichte(61-68), Darmstadt 1990, p. 205 («wie eine intime Freundin»); per la caratterizzazio-ne �femminile� del plo@kamov già in Callimaco vd. K. Gutzwiller, Callimachus� Lockof Berenice: Fantasy, Romance, and Propaganda, in «AJPh» 113 (1992), p. 374. Sul«periodare ampio e commosso» della traduzione catulliana belle osservazioni di G.Coppola, Cirene e il nuovo Callimaco, II ed., Bologna 1935, pp. 254-255.

2 Seguo il testo stabilito da N. Marinone, Berenice da Callimaco a Catullo,Bologna 19972, p. 64. L�intensità �retorica� loro propria ha spinto taluno a pensareche i vv. 15-32 fossero un�inserzione catulliana non presente in Callimaco (cfr. A.Spira, Die Locke der Berenike. Catull. c. 66 und Kallimachos Fr. 110 Pf., in Dialogos. Für

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Nel rievocare l�acuto turbamento di Berenice, il suo �venir meno�travolta dalla cura che la rode e la travolge, per contrasto la chioma facenno a episodi avvenuti prima del matrimonio: si era allora vista lagiovanissima principessa cirenèa superare se stessa e dimostrarsi ma-gnanima in momenti decisivi, sino a compiere quel bonum facinus da cuile derivò l�audace conquista delle nozze regali (vv. 25-28). I commenticorrenti perlopiù spiegano bonum [...] facinus del v. 27 come riferimentoall�uccisione del pretendente macedone Demetrio il Bello, vittima �secondo quanto racconta Iust. 26.3.2 � di una congiura di palazzo aCirene dopo essere divenuto amante della madre di Berenice, Apame3.Dalla narrazione di Giustino emergono a proposito di Berenice la pre-senza al momento dell�eliminazione di Demetrio, l�intervento per salva-re la madre � nel cui letto fu assassinato il principe macedone � e lafedeltà al volere del defunto padre, Maga, nel perseguire il progettatomatrimonio con Tolemeo: quo interfecto Beronice et stupra matris salvapietate ulta est et in matrimonio sortiendo iudicium patris secuta.

Basta peraltro volgersi all�indispensabile volume di Marinone suBerenice da Callimaco a Catullo per sincerarsi dei problemi connessi al-l�interpretazione del passo. È in particolare necessario considerare nonsolo il citato luogo di Giustino ma anche il capitolo di Igino (Astr. 2.24)4

Harald Patzer zum 65. Geburtstag von seinen Freunden und Schülern, Wiesbaden 1975,pp. 153-162) in base all�assunto «solche elegischen Töne finden sich zwar bei Theokrit,bei Kallimachos jedoch eigentlich nicht, jedenfalls nicht in den �Aitien�».

3 In Giustino nome della madre di Berenice è Arsinoe. Certo su influsso dellanarrazione di Giustino (che parla di socrus) vari commentatori catulliani soprattuttoanglosassoni fanno di Demetrio il «primo marito» di Berenice, così e.g. K. Quinn,Catullus. The Poems, London 19732, p. 360; J. Godwin, Catullus. Poems 61-68, War-minster 1995, p. 187.

4 Dove si tratta della costellazione del Leone: sunt aliae septem stellae ad caudamLeonis in triangulo conlocatae, quas crines Berenices esse Conon Samius mathematicus etCallimachus dicit. Cum Ptolemaeus Berenicen Ptolomaei et Arsinoes filiam sororem suamduxisset uxorem, et paucis post diebus Asiam obpugnatum profectus esset, vovisse Berenicen,si victor Ptolomaeus redisset, se crinem detonsuram; quo voto damnatam crinem in VenerisArsinoes Zephyritidis posuisse templo, eumque postero die non conparuisse. Quod factumcum rex aegre ferret, ut ante diximus, Conon mathematicus cupiens inire gratiam regis, dixitcrinem inter sidera videri conlocatum et quasdam vacuas a figura septem stellas ostendit, quasesse fingeret crinem (Astr. 2.24.1), che cito dall�edizione procurata per le Belles Lettres

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cui dobbiamo la narrazione più ampia degli eventi che alla corte di To-lemeo III Evergete condussero alla catasterizzazione del plo@kamov diBerenice. «Non è facile individuare l�azione illustre cui qui si allude»nota Marinone a proposito di bonum [...] facinus, espressione «che sem-bra naturale collegare al precedente magnanimam»5 imponendo dun-que di non trascurare la parte finale del capitolo di Igino, esplicito tral�altro nell�attestare l�origine callimachea di magnanimam:

Hanc Berenicen nonnulli cum Callimacho dixerunt equos alereet ad Olympia mittere consuetam fuisse. Alii dicunt hoc ampliusPtolemaeum, Berenices patrem, multitudine hostium perterritumfuga salutem petisse, filiam autem saepe consuetam insiluisse inequum et reliquam copiam exercitus constituisse et complureshostium interfecisse, reliquos in fugam coniecisse. Pro quo etiamCallimachus eam magnanimam dixit.6

Al solo Igino si rifecero per secoli i commentatori della Coma ca-tulliana sia per delineare l�argumentum del carme sia per cercare di de-lucidare i versi 25-28, come già accade nel commentario ai carmi ca-tulliani di Antonio Partenio apparso a Brescia nel 1485, tredici annidopo l�editio princeps veneziana del 14727. Quello del Partenio fu il pri-

da A. Le B�uffle, Hygin. L�Astronomie, Paris 1983; più recente è la teubneriana Hy-gini De Astronomia ed. G. Viré, Stutgardiae et Lipsiae 1992, importante per un piùesteso esame della tradizione manoscritta, come riconosce la recensione, nel com-plesso poco favorevole, di W. Hübner in «Gnomon» 67 (1995), pp. 315-322. Unbreve riesame della questione dell�identità e della cronologia di �Igino� nel recenteintervento di P. Mascoli, Igino bibliotecario e gli Pseudo Igini, in «InvLuc» 24 (2002),pp. 119-125 (contro l�identificazione con il bibliotecario di Augusto).

5 Marinone, Berenice da Callimaco a Catullo, p. 112. Il passo si chiude con unaoscura e discussa notizia: Eratosthenes autem dicit et virginibus Lesbiis dotem quam cui-que relictam a parente nemo solveret, iussisse reddi, et interea constituisse petitionem (cfr. N.Marinone, Berenice e le fanciulle di Lesbo, in «Paideia» 45, 1990, pp. 293-299).

6 Hyg. 2.24.2; traduzione italiana in C. Giulio Igino, L�Astronomia, a c. di M.F.Vitobello, Bari 1988. Una menzione di Callimaco in Hyg. Astr. 2.34 è oggetto dellostudio di S. Jackson, Callimachus, Istrus and Two Mortals� Deaths, in «QUCC» n.s. 56(1997), pp. 105-118.

7 Ho consultato un�immediata ristampa veneziana del commentario: AntoniiParthenii Lacisii Veronensis in Catullum commentationes, Venetiis, per magistrum An-

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mo commento a stampa dedicato a tutto Catullo, affrontato nella con-sapevolezza delle straordinarie difficoltà che presentava, e con l�intentodi renderlo il più possibile comprensibile anche al di fuori del ristrettocircolo dei maggiori umanisti. Il De coma Berenices è introdotto riprodu-cendo integralmente il capitolo di Igino, senza però citare il nome dellafonte. Così Partenio conclude la presentazione del carme:

hi crines igitur Berenices septem stellis configurati a Conone adleonis caudam in triangulo sunt collocati. Haec omnia a Calli-macho in regis, cui gratus erat, gratiam et assentationem conscriptaCatullus non minus ingeniose quam eleganter interpretatur: apudCallimachum igitur coma, vel crinis Berenices sic loquitur Catullointerprete.

Igino è esplicitamente richiamato più avanti, nell�interpretazionedi magnanimam (v. 26). Qui Partenio parafrasa il testimonio iginiano nelrichiamo sia a Callimaco sia alla particolare occasione in cui rifulse ilcoraggio di Berenice:

MAGNANIMAM] sic et Callimachus magnanimam appellavit,teste Hyginio, quoniam patrem hostium multitudine perterritum,ac fugientem in equum insiliens protexerit, et exercitus paternireliquias constituerit, plurimosque hostium tum interfecerit, tumin fugam coniecerit.8

dream de Patascichis, 1487. Sui limiti e i meriti della pionieristica opera del Partenio,e sulla coscienza che egli dimostra della difficoltà del compito, vd. J.H. Gaisser, Ca-tullus and his Renaissance Readers, Oxford 1993, pp. 78-96

8 Commentando il primo verso Omnia qui magni dispexit lumina mundi l�intro-duzione si apre con «Haec sunt carmina ex Callimacho a poeta translata, et Ortalopetenti promissa, tandemque donata, in quibus a Callimacho expressa fuerat criniumBerenices historia, sive fabula huiusmodi [ ...]» (segue il passo di Igino). Per como-dità cito il commento di Partenio da un�edizione parigina cum notis variorum del1604, dove la Coma Berenices figura come c. LXVII: C. Val. Catulli, Albii Tibulli, Sex.Aur. Propertii Opera omnia quae exstant. Cum variorum doctorum virorum Commentariis,Notis, Observationibus, Emendationibus, et Paraphrasibus: unum in corpus magno studiocongestis ..., Lutetiae 1604, pp. 287-288.

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Non espressamente citato in relazione alla Coma nel successivocommento integrale a Catullo, dell�umanista patavino Palladio Fusco(1496)9, Igino ricompare nel terzo commentario catulliano prodotto inItalia tra XV e XVI secolo, le Expositiones in Catullum di AlessandroGuarino (1521), che sul racconto dell�antico grammatico si basa sia nel-la presentazione del De Coma Berenices. Ex Callimacho10 sia nell�inter-pretazione del v. 26 («Cur autem magnanima dicta sit Berenice, docetIginius cum inquit...»). Benché stampati a Venezia, non più opera diumanisti italiani furono i due successivi commenti a Catullo, di M.A.Muretus (1554) e di A. Statius (1566), destinati a grande influenza sulsuccessivo svolgimento dell�esegesi catulliana, che con loro ormai pre-lude alle vicende di Catullo (normalmente in unione con Tibullo e Pro-perzio) nella Res publica litterarum europea del XVII e del XVIII secolo.La nota apposta alle prime parole del carme (Omnia qui magni) ancheper Muret è occasione per esporre il tema dell�elegia, con l�aggiuntarispetto ai predecessori di alcune riflessioni sulla Coma in rapportoall�originale callimacheo perduto:

Si Callimachi carmina, e quibus haec expressa sunt, ad nos per-venissent, neque in his intelligendis laboraremus, et ex duorum,sua utriusque lingua, optimorum poetarum collatione, insignemquendam, plenamque utilitatis caperemus animo voluptatem,iuvaret Graeca cum Latinis componere, inspicere non in singulismodo vocibus, sed in figuris etiam luminibusque orationis, in

9 Catullus una cum commentariis eruditi Viri Palladii Fusci Patavini, Venetiis, perIoannem Tacuinum de Tridino, 1496, cfr. J.H. Gaisser, Catullus, Gaius Valerius, inAA.VV., Catalogus Translationum et Commentariorum: Mediaeval and Renaissance LatinTranslations and Commentaries. Volume VII, Washington, D.C. 1992 [d�ora in poi CTCVII], pp. 239-241; anche il commento di Palladio Fusco è riprodotto nella citataedizione parigina del 1604.

10 «Iginius in lib. de signis coelestibus ubi de leone loquitur, huius elegiae aCallimacho poeta graeco compositae, et a Catullo nostro in latinum conversaeargumentum declarat, quod tale est ...» (Alexandri Guarini Ferrarensis in C.V. CatullumVeronensem per Baptistam patrem emendatum expositiones, Venetiis, per Georgium deRusconibus, 1521, c. LXXXIII v). Circa il commentario di A. Guarino, che affermadi basare il proprio testo catulliano su un manoscritto emendato dal padre Battistaabhinc multis annis, vd. CTC VII, p. 251ss.; Gaisser, Catullus and his RenaissanceReaders, pp. 83-85 e 97-102.

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ipsa ratione numerorum, ac denique in tota structura poematis,quam apte et scienter Graeci poetae, in hoc genere inter suosfacile primi, vim ac leporem, Latinorum poetarum sine contro-versia politissimus assecutus fuisset.11

Nelle osservazioni del Mureto convergono in parte spunti risalen-ti al Poliziano circa la �necessaria� fedeltà della traduzione catulliana,sicura guida dunque al testo greco scomparso12, e traluce del resto ac-canto al rincrescimento per la perdita13 un sincero interesse verso Calli-maco e la sua Chioma, i cui frammenti primo tra i commentatori catullianiMuret raccolse e discusse: alla vigilia ormai della lunga storia della rac-colta dei frammenti nelle edizioni callimachee, incominciata una venti-na d�anni dopo, con gli Hymni et epigrammata curati da Enrico Stefanonel 1577, «ubi primum Hymnorum textui non solum Epigrammata, sedetiam fragmenta pauca adiunxerunt Nicodemus Frischlin et HenricusStephanus ipse»14 e dove ad accompagnare il poematium De coma Bere-nices, a Catullo versum è scelto il commento di Muret.

11 Cito dalla seconda edizione del commento muretiano, del 1558: Catullus etin eum commentarius M. Antonii Mureti. Ab eodem correcti, et scholiis illustrati, Tibullus etPropertius, Venetiis 1558, c. 112r e v. Il commentario catulliano di Muret fu moltevolte ristampato nel XVI e nel XVII secolo, cfr. CTC VII, pp. 263-264.

12 P. Bing, Reconstructing Berenike�s Lock, in Collecting Fragments / Fragmentesammeln, ed. by G.W. Most, Göttingen 1997, pp. 78-94 mette in rilievo il fondamen-tale ruolo di Poliziano nel processo che nella storia dell�esegesi catulliana condusseall�«assumption that Catullus� translation hews very close to its source» (p. 79; suMuret, p. 81).

13 «Quam commoditatem quando sive fatum nobis, sive quo alio nomineappellari placet illud, quidquid est, quod in his rebus valet, eripuit; illudque praetereaaccessit mali, ut his quoque, sicut ceteris, Catulli versibus valde magnam labem im-portarit vetustas...».

14 Prolegomena ad fragmenta, in R. Pfeiffer (ed.), Callimachus.Volumen II: Hymniet epigrammata, Oxonii 1953, p. xliii. Il ruolo di precursori del Poliziano e del Muretonell�individuazione dei frammenti callimachei della Chioma è ricordato da OttoSchneider con parole che val la pena qui riproporre: «Atque hoc carmen illud esse,quod a se ex Callimacho expressum Catullus dicit [cfr. Catull. 65.15-16 mitto / haecexpressa tibi carmina Battiadae], post Angelum Politianum Miscellan. cap. LXVIII etMuret. Comment. in Catull. omnes agnoverunt ex Callimachi quibusdam fragmentis[...], quae accurate verbis Catullianis respondent, etsi qui citant testes non addunt ex

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Snodandosi dalla Parigi di Dorat e Ronsard negli anni Cinquantadel secolo, satura di simpatie eterodosse e protestanti, alla Roma deidecenni immediatamente successivi alla conclusione del Concilio diTrento, il percorso di vita e di studi di M.-A. Muret (1526-1585) proprionella Roma della prima Controriforma sfociò in un�intensa attività diprofessore, curatore di classici, oratore ed epistolografo latino che all�u-manista francese approdato cinquantenne al sacerdozio nella Compa-gnia di Gesù diede fama europea, sino a fargli sfiorare il cardinalato15.In pagine dedicate al Muret non prive di (prevedibili) preconcetti nelgiudicarne le scelte di vita, non ebbe forse torto il vittoriano Mark Pat-tison, biografo di Casaubon, a supporre che la responsabilità della sfu-mata porpora cardinalizia vada ascritta più che alle accuse dei nemicidi Muret per l�avventurosa sua vita giovanile, all�evidente «decay of thecredit of classical scholarship» nell�Italia di fine Cinquecento16. Ancheper Catullo del resto, e tanto più per Callimaco, la storia delle edizionie dei più importanti contributi critici racconta l�eclissi degli studi italia-ni di filologia classica sino almeno alla prima metà del XVIII secolo, afavore del grande umanesimo filologico francese, olandese, inglese.

quo Callimachi carmine petita sint. Sed tantum certe haud infirmis constat testimoniisCallimachum historiam illam enarrasse, Hygini in Poet. Astron. II 24...» (Callimacheaed. O. Schneider, II, Lipsiae 1873, p. 144).

15 Sull�attività romana il profilo di J. IJsewijn, Marcantonio Mureto, in Theworld of Justus Lipsius: A contribution towards his intellectual biography, ed. by M.Laureys, Bruxelles-Rome 1998 [= «Bulletin de l�Institut historique belge de Rome»,68 (1998)], pp. 71-80; per l�influenza del magistero parigino di Muret sulla poesia diRonsard vd. i riferimenti di S.L. Tarán, Ronsard and Catullus CI, in «A&A» 40(1994), pp. 106-107. Aggiornata bibliografia sul Muret in K.M. Summers (ed.), TheIuvenilia of Marc-Antoine Muret, Columbus 2006, pp. xxvii-xxx.

16 «Indeed, it was probably less the malignity of whisperers than the decay ofthe credit of classical scholarship which made him miss this highest honour». Densadi umori �risorgimentali� la conclusione dell�articolo di Pattison, originariamente ap-parso sul Times nell�agosto 1882 come recensione di una biografia francese delMuret: «Of this decay, of the desertion of Muretus�s lecture-room, of the mutinousconduct of the students, of the interference of the Government with the freedom ofthe professors [...] of these and other chagrins of the life of a humanist during theCatholic reaction, the author of this biography has drawn a vivid picture from theletters and lectures of Muretus. We know not any other source in which can be stu-

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Pochi anni dopo l�edizione del Mureto, ancora a Venezia e ancorain aedibus Manutianis uscì il Catullus cum commentario Achillis Statii Lu-sitani (1566), per oltre centocinquant�anni l�ultima importante edizionecatulliana stampata in Italia. L�attenzione per i manoscritti, caratteristi-ca del commento dello Statius, è evidente anche nelle note alla ComaBerenices, per il cui argumentum riferimento principe resta Igino17. Man-ca invece riguardo al v. 26 (cognoram a parva virgine magnanimam) il ri-chiamo a Igino già operato dal Partenio e da Guarino, riproposto dalMureto18 e di lì a poco ribadito nel famoso Catullo dello Scaligero(1577): «Historia hujus rei extat apud Hyginum, quare magnanimamvocet eam»19.

Attraverso le edizioni catulliane che si susseguono nella secondametà del XVI secolo è possibile vedere con chiarezza delinearsi e ra-pidamente attuarsi la translatio del primato negli studi filologici dall�Ita-lia all�umanesimo d�Oltralpe di cultura protestante, di cui presto saràsimbolo e campione Giuseppe Giusto Scaligero. Nel soggiorno romanodel 1565-1566 il venticinquenne Scaligero fu a diretto contatto conMuret20, già in precedenza, nella Parigi dei primi anni Sessanta, punto

died the slow process by which Italy was thrown into the intellectual slumber of threecenturies, from which she is only slowly awaking in our day» (Muretus, in Essays by the la-te Mark Pattison collected and arranged by Henry Nettleship, Oxford 1889, I, p. 131).

17 «Hyginus in II de Sig. Caelest. Ptolomaei sororem et coniugem illam fuissedicit, et huius argumentum elegiae totum explicat in Leone Signo» (Catullus cumcommentario Achillis Statii Lusitani, Venetiis 1566, p. 303). Lo Stazio nel 1549 avevapubblicato una traduzione latina degli inni callimachei in Iovem e in Apollinem, cfr.L. Lehnus, Nuova bibliografia callimachea (1489-1998), Alessandria 2000, pp. 228 e 239.

18 Che a proposito di magnanimam rimanda al passo di Igino sull�abilità di Be-renice come amazzone e sulla sua prodezza guerriera in soccorso del padre, branorichiamato anche nel successivo verso a chiarimento di bonum facinus («illud videlicet,quod modo ex Hygino retulimus»: cfr. Catullus et in eum commentarius M. AntoniiMureti, c. 113v).

19 Dalla nota ai vv. 27-28, che lo Scaligero legge Anne bonum oblita�s facinus,quod regium adepta�s / coniugium, quod non fortior aut sit alis? Cito il commentario delloScaligero dalla ristampa anversana del 1582: Catulli, Tibulli, Propertii, nova editio.Iosephus Scaliger Iul. Caesaris f. recensuit. Eiusdem in eosdem Castigationum liber ad Cl.Puteanum Consiliarium Regium in suprema Curia Parisiensi, Antverpiae 1582, a p. 69delle Castigationes in Val. Catulli librum.

20 Sul rapporto con Muret, verso il quale nonostante scontri personali e dissidi

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di riferimento importante per il giovanissimo Giuseppe Giusto, che alMureto appunto dedicò la retroversione greca della Coma catulliana,del 156221. Se noti sono i complessi rapporti, di emulazione e implicitapolemica, che legano l�edizione scaligerana di Catullo Tibullo e Properzio(1577) all�analoga impresa del Muret di vent�anni prima, val la pena sof-fermarsi a notare che i tresviri amoris ex recensione Scaligeri, unitamenteal Castigationum liber che li accompagna, a loro volta furono sprone emodello agli studi catulliani (e callimachei) in un luogo e momentodecisivo della storia europea, nella «Leida rivoluzionaria dei tempi diBonaventura Vulcanius»22. Il fiammingo Bonaventura Vulcanius (B. deSmet, 1538-1614) fin dal 1578 era stato nominato Graecae Linguae Pro-fessor et Interpres nella neonata università di Leida, ufficialmente inau-gurata l�8 febbraio 1575, quattro mesi dopo la fine del duro assediospagnolo cui la città aveva resistito. L�incarico a Leida sarà assunto dalVulcanius solo nell�agosto 158123, poche settimane dopo l�atto di deca-denza della sovranità di Filippo II formalmente proclamato da partedegli Stati Generali di Olanda Zelanda e Frisia. Del 1584 è il primoimportante lavoro leidense del Vulcanius, l�edizione dei Callimachi Cy-renaei hymni, epigrammata et fragmenta, stampata apud ChristophorumPlantinum a Anversa, la città che Alessandro Farnese l�anno successivo(17 agosto 1585) definitivamente riconquistò al campo spagnolo e cat-tolico.

Come già Enrico Stefano, anche il Vulcanio alla raccolta delleopere callimachee volle aggiungere la Coma Berenices, scegliendo diillustrarla con le note dello Scaligero, presentate con parole eloquenti:

Adiiciam coronidis loco Callimachi poemation De Coma Bere-nices, latinis versibus a Catullo redditum, cum longe doctissimis

confessionali Scaligero conservò «die wärmste Zuneigung», rimangono utili le osser-vazioni di J. Bernays, Joseph Justus Scaliger, Osnabrück 1965 [repr. ed. Berlin 1855],pp. 132-133.

21 Sulla quale, anche e proprio come «tipico prodotto della scuola di Mureto»,lo studio di F. Tissoni, L� èElegei@a peri# ko@mhv Bereni@khv di Giuseppe Giusto Scaligero,in «Studi umanistici» 4-5 (1993-1994) [ma 1998], pp. 199-257.

22 L. Lehnus, Iter Callimacheum, in «Eikasmós» 7 (1996), p. 294.23 Cfr. J.H. Waszink, Classical Philology, in AA.VV., Leiden University in the Se-

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V. Cl. Iosephi Scaligeri Castigationibus, quibus non tantum Catullivulnera, quae illi sciolorum quorundam temeritas inflixerat,curavit, sed magnam etiam Callimacho lucem adfert. Utinam ve-ro magnus ille vir, etiam Callimachi fragmentis, quae misere la-cera collegi, medicam aliquando manum adhibeat.24

Quale sia stato l�influsso dello Scaligero sugli studi catulliani nelleProvince Unite, e contemporaneamente quanto anche da questo puntodi vista egli risulti «protagonista indiretto degli studi callimachei deldeclinante XVI secolo»25, ben emerge dai Coniectanea et notae che ilventenne Janus Dousa junior appose alla propria edizione leidense diCatullo Tibullo e Properzio (1592). Una decina d�anni prima erano ap-parsi i Praecidanea pro Q. Valerio Catullo (1581) del padre, Janus Dousa(1545-1604), straordinaria figura in cui al raffinato erudito e poeta lati-no si unì l�intrepido uomo d�azione e di governo, in gioventù al pari diMureto e dello Scaligero a contatto con il circolo parigino di JeanDorat26. L�edizione di Dousa figlio è aperta da una serie di carmi dedi-catori ad opera di vari esponenti del milieu leidense, tra cui il Vulcanio27, da

venteenth Century. An Exchange of Learning, Leiden 1975, p. 169; l�orazione inaugurale,del 21 agosto 1581, è pubblicata da A. Dewitte, B. Vulcanius Brugensis. Hooglera-arambt, Correspondenten, Edita, in «Sacris erudiri» 26 (1983), pp. 345-348. A Leida ilVulcanius per qualche tempo coabitò con il primo professore di greco (e primorettore) dell�università, il medico Petreius Tiara, che nel 1585 tornerà nella nativaFrisia, al nuovo ateneo di Franeker.

24 In CTC VII, p. 270. Accurata descrizione dell�edizione callimachea, cui sepa-ratim sono annessi Moschi Syracusii et Bionis Smyrnaei Idyllia, in A. Dewitte, Bonaven-tura Vulcanius Brugensis (1538-1614). A bibliographic description of the editions 1575-1612, in «Lias» 8/2 (1981), pp. 192-193.

25 Lehnus, Iter Callimacheum, p. 301.26 Un agile profilo nel volume di C. Heesakkers - W. Renders, Genoeglijk

bovenal zijn mij de Muzen. De Leidse Neolatijnse dichter Janus Dousa (1545-1604), Leiden1993. Nei carmi latini di Dousa «inest liber quidam spiritus, mos scribendi antiquior,Catullianus fere», osserva P. Hofman Peerlkamp, Liber de vita doctrina et facultate Ne-derlandorum qui carmina latina composuerunt, Harlemi 1838, p. 203.

27 Suo un epigramma greco in otto distici In Muretum, Scaligerum et Dousam fil.Catulli, Tibulli, et Propertii illustratores premesso a Jani Dousae Filii in Catullum TibullumPropertium Coniectanea et Notae. In quibus et aliorum Scriptorum loci varie explicantur autcorriguntur, opera che cito dalla ristampa in Catullus Tibullus et Propertius ex recensione

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43Bonum facinus

un�apposita dedica allo Scaligero28, mentre il richiamo allo Scaligeroeditore e commentatore di Catullo Tibullo e Properzio domina la pre-fazione Janus Dousa Fil. Lectori. Alla discussione e emendazione di versidella Coma sono dedicati due (l�VIII e il IX) degli undici capita costi-tuenti i Jani Dousae filii in Q. Valerium Catullum Conjectanea et Notae. Valla pena citare l�apertura del capitolo ottavo:

Extat inter alia Catulli opuscula pulcherrimum sane Poëmationde Coma Berenices ex Callimacho expressum, cujus Graeca Ele-gia si non eandem cum reliquis ejus plerisque omnibus scriptisinjuriam temporis passa fuisset, vehementer conferret ad effor-manda judicia atque animos nostros iis legibus, quae nos docent,quomodo adumbranda ac transferenda sint Graeca. Quod exparte tamen faciunt haec aèpospasma@tia, quae e Graecis Gram-maticis velut pluvias aquas colligimus ad irrigandam ingenii nostriariditatem, quae tamen magis salivam nobis movent, quam explentgustum.29

Come nell�analoga introduzione del Mureto alla Coma Berenices,ricorre qui il rammarico per l�impossibilità di una comparazione deidue testi �gemelli� a causa della perdita del Plo@kamov callimacheo.Notevole è quanto il giovanissimo filologo aggiunge circa la necessitàdello studio dei frammenti, estremo rimedio di fronte al naufragio del-l�originale («haec aèpospasma@tia, quae e Graecis Grammaticis velutpluvias aquas colligimus ad irrigandam ingenii nostri ariditatem»), cuiDousa tenta di porre rimedio anche con la retroversione, come accadecon i vv. 5-6 Ut Triviam furtim sub Latmia saxa relegans / Dulcis amor gyrodevocet aërio30. Attenzione per i frammenti e gusto della retroversionealla ricerca del greco perduto sono temi di indubbio gusto scaligerano,

Joannis Georgii Graevii, cum notis integris Jos. Scaligeri, M. Ant. Mureti, Achill. Statii,Roberti Titii, Hieronymi Avantii, Jani Dousae Patris et Filii, Theodori Marcilii, nec nonselectis aliorum, Trajecti ad Rhenum 1680.

28 Viro illustri atque incomparabili Josepho Scaligero Juli Caes. filio Janus Dousa fil.(in Catullus Tibullus et Propertius ex recensione Joannis Georgii Graevii, p. 526).

29 In Catullus Tibullus et Propertius ex recensione Joannis Georgii Graevii, p. 545.30 Resi con éWv poti# La@tmion aòntron eòrwv gluku#v héero@foiton / kruptadi@wv

kata@goi òArtemin ouèrano@qen.

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44 Giovanni Benedetto

e certo utili ad attestare l�efficacia del modello del grande dotto fran-cese sul lavoro del giovane Dousa, in anni peraltro cruciali della biogra-fia dello Scaligero. Tra il 1591 e il 1593 si situano infatti i complessi ne-goziati che condussero lo Scaligero a Leida come successore di GiustoLipsio, dopo che questi aveva lasciato la città nel marzo del 159131. Nelconvincere lo Scaligero ad accettare il trasferimento nella città olande-se, avvenuto alla fine di agosto del 1593, determinante fu il ruolo diDousa padre. È perciò interessante ricordare che, già prima dell�iniziodei contatti volti ad �aggiudicarsi� lo Scaligero, era con lui in rapportiil giovane Dousa32. Lo dimostra tra l�altro l�edizione del 1592 con gliimportanti Coniectanea et notae, che rimangono tra i più significativiprodotti dell�operosità filologica di Janus, destinato a precocissima mortenel 1596, venticinquenne: appunto come «Giano Douza morto giovinedi egregie speranze, e benemerito di Lucilio, giurò spesso nelle paroledello Scaligero» efficacemente lo rievocherà Ugo Foscolo nella rasse-gna di Editori, interpreti e traduttori premessa come Discorso primo allatraduzione e commento della Chioma di Berenice (1803)33.

Il consueto rimando al passo di Igino per chiarire magnanimam del v.26 si ritrova immutato nelle due più diffuse edizioni catulliane commenta-te apparse tra XVII e XVIII secolo, la londinese di Isaac Vossius (1684)34

31 Solo a giugno comunicando (dai Paesi Bassi meridionali) la propria rinunciaall�incarico di professore a Leida: il procedere degli eventi è ricostruito in mododettagliato da J. De Landtsheer in AA.VV., Lieveling van de Latijnse taal. JustusLipsius te Leiden herdacht bij zijn vierhonderste sterfdag, Leiden 2006, pp. 99 ss.

32 L�invio in dono allo Scaligero nell�agosto 1591 da parte di Janus di un poe-metto latino di argomento astronomico è ricordato da C.L. Heesakkers, Scaliger ende Dousa�s, in AA.VV., Adelaar in de wolken. De Leidse jaren van Josephus Justus Scaliger1593-1609, Leiden 2005, pp. 36-57 (in part. p. 44), saggio da vedersi anche a propo-sito dell�origine della conoscenza tra Scaligero e Dousa padre al tempo degli studigiovanili a Parigi. Sul ruolo di Dousa nel propiziare l�arrivo dello Scaligero a Leidae le straordinarie condizioni offertegli vd. più in generale A. Grafton, Joseph Scaliger.A Study in the History of Classical Scholarship. II: Historical Chronology, Oxford 1993,pp. 361-393.

33 Cito da U. Foscolo, Scritti letterari e politici dal 1796 al 1808, a c. di G. Gam-barin, Firenze 1972, p. 274. Va detto che editore dei frammenti di Lucilio fu in realtàun fratello di Janus, Franciscus, su cui Heesakkers, Scaliger en de Dousa�s, pp. 49-50.

34 «Quare vero magnanimam vocet nemo melius dixerit Hygino in Astronomi-

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45Bonum facinus

e la patavina di Giovanni Antonio Volpi (1737)35. Deplorata la perditadell�originale callimacheo, il Volpi esplicitamente si rifà alle osservazio-ni del Mureto:

Carmen Callimachi, ex quo Veronensis poetae Elegia, sane pul-cherrima, summoque in pretio a Latinae linguae amatoribus ha-benda, tota expressa est, injuria temporis jampridem intercidit:si pauca fragmenta excipias, quae nobis veterum Grammaticorumcura servavit. Utinam vero id Carmen exstaret. Profecto ejus opemulta in Catullo foede corrupta restitui possent, et (quod aitMuretus) plenam utilitatis voluptatem, utriusque doctissimi poetaeversibus expendendis atque inter se conferendis, nobis capereliceret.36

L�edizione catulliana del Volpi, la prima ad opera di un dottoitaliano dopo oltre due secoli, si presenta quale «poderosa sintesi del-l�opera esegetica di quanti lo avevano preceduto»37, attenta alla raccolta

co, ubi agit de coma Berenices. Eum consule» (Cajus Valerius Catullus. Et in eum IsaaciVossii observationes, Londini 1684, p. 260). Apparsa quando Vossius viveva ormai inInghilterra, l�edizione era in realtà stata preparata oltre trenta anni prima, comeanche risulta dai cenni della prefazione Typographus benevolo Lectori: cfr. F.F. Blok,Isaac Vossius and his circle. His life until his farewell to Queen Christina of Sweden 1618-1655, Groningen 2000, pp. 405-408. Accanto all�edizione londinese apud IsaacumLittleburii Bibliopolam Londinensem esiste una rara stampa leidense apud Danielem àGaesbeeck, di cui possiede una copia la Biblioteca Trivulziana (segn. Triv. F 122), nonsegnalata in CTC VII, p. 216 (dove il commentario del Vossio è detto «published inLondon but probably composed of sheets printed in Leiden»), ma vd. Blok, IsaacVossius and his circle, p. 407 n. 129.

35 «Quare magni animi specimina ediderit Berenice in adolescentia, refertHyginus lib. 2 Poetici Astronomici cap. 24 his verbis ...» (C. Valerius Catullus Veronensiset in eum Jo. Antonii Vulpii Eloquentiae Professoris in Gymnasio Patavino novuscommentarius locupletissimus, Patavii 1737, p. 350). Circa i giudizi della critica delXVII e del XVIII secolo sui principali problemi storici posti dal passo di Igino sivedano le note relative in Auctores Mythographi Latini. Cajus Julius Hyginus, Fab. Plan-ciad. Fulgentius, Lactantius Placidus, Albricus philosophus cum integris commentariis [...]curante A. van Staveren, Lugduni Batavorum et Amstelaedami 1742, pp. 476-477.

36 Volpi (ed.), Catullus, p. 342.37 Si veda ora lo studio di G. Fiesoli, Giovannantonio Volpi lettore di Catullo: i

modelli, il metodo, la fortuna, in «Seicento e Settecento» 1 (2006), pp. 105-148 (a p.

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dei contributi dei predecessori nonché all�accumulo di loci similes madebitrice al Vossius nella costituzione del testo, e sostanzialmente disin-teressata ad avviare una riconsiderazione della tradizione manoscrit-ta38. A metà strada tra le edizioni di Vossius e di Volpi, l�esser tornatoagli scripta exemplaria disponibili e a un riesame delle più antiche edi-zioni è merito di cui si vanta l�anonimo editore di una cantabrigensedel 170239 che è bene qui menzionare perché le annotazioni alla Comasi limitano perlopiù a riproporre, con grande deferenza, le Rich. BentleiiNotae ad elegiam Catulli de Coma Berenices annesse pochi anni prima all�e-dizione graeviana dei Callimachi hymni, epigrammata et fragmenta (1697)40.

Tra i luoghi discussi da Bentley non figurano i vv. 25-28, ma nonmanca il richiamo al capitolo di Igino quale decisiva fonte circa occa-sione e contesto della Chioma callimachea41. In relazione a magnanimam

121). Già un quarto di secolo prima il giovane Volpi aveva curato un�edizione dei treelegiaci, con brevi note: C. Valerius Catullus, Albius Tibullus E.R., Sex. Aurelius Propertiusex recensione Jo. Antonii Vulpii Bergomensis, Patavii 1710.

38 Cfr. Fiesoli, Giovannantonio Volpi, pp. 119-120.39 Così l�anonimo editore descrive la propria attività: «Quas igitur lectiones in-

genio suo praesidens Criticorum natio novitatis studio injuria affinxerat, repudiavi:quaeque et summa librorum auctoritate, et antiqua elegantia fretae suum sibi locumpostulare videbantur, suas in sedes libens restitui. Id ut efficerem, scripta Exemplaria,quae ubique essent, universa Anglia diligenter conquisivi. Cum vero huiusmodinihil, nisi in una Bibliotheca Bodleiana compareret [...] eo mihi confugiendum fuit[...] Ad impressos quod attinet Codices, quos potui omnes undiquaque collegi. Quain re, praecipuae fuit curae, ne qui antiquiores, quique ad Manuscriptorum temporaquam proxime accedunt, nos fugerent». Particolarmente interessante quanto è dettocirca un�indagine tra i manoscritti della Biblioteca Reale di Parigi resa possibileeruditissimo Dre Bentleio exorante (Lectori S. in Catulli, Tibulli, et Propertii Opera. Adoptimorum Exemplarium fidem recensita. Accesserunt Variae Lectiones, quae in Libris MSS.et Eruditorum Commentariis notatu digniores occurrunt, Cantabrigiae 1702): l�edizioneappartiene infatti a una serie di classici latini pubblicati a Cambridge per interessa-mento di Bentley, come risulta dal cenno di F.A. Wolf, Literarische Analekten, Berlin1817, I, p. 18 n. 22.

40 Riprodotte ancora nell�edizione schneideriana dei frammenti: Callimacheaed. O. Schneider, II, pp. 155-157. Un esame delle note bentleyane alla Coma dà N.Marinone, Richard Bentley e la � Chioma di Berenice�, ovvero la fortuna degli emenda-menti, in Mnemosynum. Studi in onore di Alfredo Ghiselli, Bologna 1989, pp. 383-391.

41 Cito le Notae del Bentley dalla ristampa nella successiva edizione callimachea,a cura di J.A. Ernesti: Callimachi hymni, epigrammata et fragmenta [...] Textum ad MSS.

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si trovava del resto evocato Igino in tutte le edizioni callimachee sindalla Stephaniana altera (1577) e dalla vulcaniana (1584), dove per la Co-ma erano recepite le note rispettivamente del Mureto e dello Scaligero.Al capitolo iginiano sui crines Berenices non minor rilievo attribuival�edizione callimachea precedente quella del Graevius, curata da AnnaFabri (1675), le cui In Callimachi poematium a Catullo Latinis versibus red-ditum notae traevano da Igino l�argumentum del carme poi subito richia-mandolo nel commento al v. 26 (a parva virgine magnanimam). È lì segna-lato che due sono gli elementi ricavabili dalla testimonianza dell�anticogrammatico utili a comprovare il valore e la prestanza di Berenice (cioèche fosse appassionata di allevamento e gare dei cavalli e che avessesalvato in battaglia il padre): «Cur magnanimam Beronicen Callimachusdixerit, duplicem causam affert Hygin. lib. II Astronom.»42.

Uno sguardo ai contributi di parte callimachea all�esegesi dellaComa risulta particolarmente utile quando si passi a considerare risul-tati e proposte dei Callimachi elegiarum fragmenta, cum elegia Catulli Cal-limachea, l�ampio e impegnativo lavoro di L.C. Valckenaer che chiude ilXVIII secolo43. Al passo di Igino Valckenaer riserva specifica attenzio-ne sin dalle prime pagine, ponendolo come secondo tra gli ArgumentaElegiae Callimacheae, qua loqui fingitur Bereni@khv Plo@kamov , Coma Be-renices44 e soffermandosi a sottolinearne la capitale importanza avutanella storia degli studi sulla Coma:

Absque his Hygini, notatu sane dignissimis, ne Achilles quidemStatius, Muretus, Ianus Dousa Fil. aut ipse Ios. Scaliger, interpretes

fidem recensuit, Latine vertit, atque notas suas adjecit Jo. Augustus Ernesti, LugduniBatavorum 1761, I, p. 582.

42 In Ernesti (ed.), Callimachi hymni, epigrammata et fragmenta, I, p. 376 (corsivomio).

43 Callimachi elegiarum fragmenta, cum elegia Catulli Callimachea, collecta atqueillustrata a Ludovico-Casparo Valckenaer. Edidit, praefatione atque indicibus instruxitIoannes Luzac, Lugduni Batavorum 1799. Sulle circostanze di composizione e dipubblicazione dell�opera rimando al mio Il sogno e l�invettiva. Momenti di storia dell�esegesicallimachea, Firenze 1993, pp. 106 ss.

44 Primo testimonium è il passo dai Catasterismi eratostenici sulla costellazionedel Leone, dove vengono citate sette stelle oi° kalou^ntai Plo@kamov Bereni@khvEuèerge@tidov (= p. 98 Robert). Va notato che già Valckenaer, al pari dei moderni stu-

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optimi, Catullianam Elegiam Callimachi penitus intellexissent.Hoc dum dico, priora intellecta velim Hygini, a quibus reliquaseparavi, quae diversi sunt generis.

L�ultima frase si riferisce alla necessità sostenuta da Valckenaer,poi di grande influsso sugli esegeti ottocenteschi della Chioma, di divi-dere in due parti l�esame del brano di Igino. La sezione finale ci con-serva notizia delle virili imprese, cui Callimaco avrebbe fatto almenocenno, di una Berenice solita allevar cavalli per le gare di Olimpia e ca-pace di mettere in fuga le truppe nemiche:

Hanc Berenicen nonnulli cum Callimacho dixerunt equos alere,et ad Olympia mittere consuetam fuisse. Alii dicunt hoc amplius,Ptolemaeum Berenices patrem, multitudine hostium perterritum,fuga salutem petiisse; filiam autem, saepe consuetam, insiliisse inequum, et reliquam exercitus copiam constituisse, et complureshostium interfecisse: reliquos in fugam coniecisse; pro quo etiamCallimachus eam magnanimam dixit.45

Soprattutto il particolare riguardante Berenice equos alere, et adOlympia mittere consueta è rifiutato da Valckenaer in quanto prodotto diun equivoco dell�antico magistellus, forse «oèmwnumi@aj quadam decep-tus»46. Alle osservazioni di Valckenaer si rifarà uno dei protagonisti del-

diosi, considera «Eratosthenis libellus [...] tantum libri maioris Epitome», giacché«in eius Constellationibus multo plura legerunt Scholiastes in Aratea Germanici,quique dicitur Hyginus». Parole alle quali si possono accostare quelle di un allievodi Valckenaer, P.H. Koppiers, che nella sezione in Eratosthenea dei suoi Observataphilologica in loca quaedam Antiphanis, Theocriti, Pauli apostoli, Eratosthenis, et Propertii(Lugduni Batavorum 1771) ricorda la passione del maestro per Eratostene unitamenteall�interesse per l�opera astronomica di Igino: «Hunc mihi libellum paene puero,Poëtarum iam amatori, cum primum Musarum limen ingrederer, atque ipsi me tra-derem in disciplinam, Clar. Valckenarius aliquoties legendum commendavit; et posteame monuit comparandum cum Scholiaste Arateorum Germanici, et Hygini Poëticoastronomico» (pp. 92-93).

45 Così il passo in Valckenaer, Callimachi elegiarum fragmenta, pp. 36-37.46 Non mancano comunque sfumature nel giudizio di Valckenaer: «Potuisset

quidem Callimachus, cuius libellum peri# aègw@nwn laudat Harpocration, Pherenicen,sive more pronunciandi Macedonio Berenicen, in Epigrammate, vel alio scripto, lau-

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49Bonum facinus

la rifondazione degli studi catulliani operata dall�Altertumswissenschafttedesca dei primi decenni del XIX secolo, Moriz Haupt (1808-1874),riprendendo in esame Hyg. Astr. 2.24 nelle giovanili Quaestiones Catullia-nae (1837). È qui esplicitamente asserito «falsum esse quod perhibeturBerenice equos aluisse et ad Olympia mittere consueta fuisse», e curio-samente si attribuisce anzi al famoso ales equos del v. 54 l�origine dell�er-ronea informazione di Igino: «hoc igitur alis equos vel ales equos gram-maticum induxisse videtur ut equos aluisse et ad Olympia misisse Be-renicem somniaret»47. Il grammatico dipenderebbe dunque dalla Comacatulliana, come già Haupt aveva affermato a proposito della presenzadi magnanimam nel passo iginiano, che non varrebbe dunque come at-testazione della ripresa da parte di Catullo di un analogo termine nel-l�originale callimacheo48, mentre l�opposta opinione sembra potersi ri-cavare dai cenni di Valckenaer49.

Punto di partenza delle osservazioni di Haupt sul passo di Iginoerano stati i rilievi di Valckenaer, e in particolare la necessità sostenutadal critico batavo di separare nella narrazione iginiana le notizie su Co-

dare, velut equorum altricem; sed mulierem, et quidem Reginam Aegypti, vel puellamprincipem ex Aula Aegyptiaca, seu Cyrenaica, consuetam equos alere, quos adOlympiacum miserit certamen, ne decem quidem ignobiles magistelli, qualis estomnibus ignoratus Hyginus, mihi certe persuaderent » (Valckenaer, Callimachi ele-giarum fragmenta, p. 38). Circa il peri# aègw@nwn vd. Call. fr. 403 Pf.

47 Cfr. M. Haupt, Quaestiones Catullianae, Lipsiae 1837, poi in ID., Opuscula,I, Lipsiae 1875, p. 61: all�ipotesi di Haupt si rinvia nell�apparato al v. 54 dell�edizionedi L. Schwabe, Catulli Veronensis liber, Gissae 1866, p. 122. Habilitationschrift diHaupt, le Quaestiones Catullianae apparvero nel settembre 1837 e furono subito in-viate in dono a Lachmann: cfr. J. Vahlen (Hrsg.), Karl Lachmanns Briefe an MorizHaupt, Berlin 1892, p. 31 n.*.

48 «Nam cum magnanimam Berenicem a Callimacho appellatam esse dixit,sumpsit hoc vocabulum ex Catulli versu 26» (Haupt, Opuscula, I, p. 61).

49 Cfr. Valckenaer, Callimachi elegiarum fragmenta, p. 37: «[Hyginus] Callima-chum dum nominat, Latinam nobis dat vocem, ex Graeca expressam [corsivo mio],Catulli, v. 26, Cognoram a parva virgine magnanimam». L�oscurità di espressione fre-quente nell�ultima opera di Valckenaer è prudentemente rilevata dallo stesso cura-tore dell�edizione postuma, J. Luzac, con l�immagine del «fervente ingenio, incalescenteforte nimis et redundante profundae eruditionis aestu»: è interessante notare che lametafora è ripresa da Haupt a proposito di Valckenaer «abreptus aestu quodamingenii».

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50 Giovanni Benedetto

none, Callimaco e il voto bereniceo della chioma destinata al kataste-rismo@v50 da quelle sulle imprese sportive e belliche di Berenice, fruttodi equivoci e fraintendimenti. Attraverso la mediazione di Haupt le pa-gine valckenaeriane si pongono dunque all�origine del �crollo�, agli oc-chi della critica catulliana ottocentesca e novecentesca, della credibilitàdi Igino per illustrare il bonum facinus cui allude Catull. 66.27. Non vaperaltro dimenticato che, paradossalmente, quelle pagine movevano dauna valutazione pienamente positiva del valore come fonte di Hyg.Astr. 2.24, almeno nella prima parte, del tutto in continuità con latradizione esegetica invalsa tra XV e XVIII secolo, basata sul passoiginiano per l�interpretazione generale della Coma catulliano-callimachea,nonché specificamente dei vv. 25-28. A quella tradizione e alla sua im-pronta �iginiana� � tramite il richiamo agli interpretes optimi Stazio, Mu-reto, Scaligero e Janus Dousa figlio51 � Valckenaer stesso del resto pie-namente si ricollega, apparendo così anche in questo caso figura �bi-fronte�, radicata nella critica della Res publica litterarum e nel contempocapace di influire sulla genesi di �rotture� ermeneutiche care alla nuovafilologia figlia della Altertumswissenschaft, a sua volta spesso incline adappropriarsi di intuizioni valckenaeriane non senza forzature o ingene-rose polemiche52.

Le affermazioni di Haupt sul passo di Igino incontreranno grandefortuna, probabilmente anche in ragione della connessione instauratacon uno dei luoghi più noti e discussi della Coma, quel v. 54 dove per

50 Per l�espressione di Igino crinem inter sidera videri conlocatum vd. A. Bartalucci,Il lessico dei catasterismi nel �De Astronomia� di Igino e nei testi omologhi, in «SCO» 38(1988), pp. 353-372.

51 Come ultimi due argumenta dell�elegia callimachea Valckenaer volle ripro-durre per esteso i citati passi del Mureto e di Janus Dousa. A quest�ultimo in par-ticolare sono riservate parole di commosso elogio che lo accomunano al padre, nelricordo dei maestri alle origini dell�università leidense: «Sacros vates habuere,praeceptores, et amicos, hi Dousae Lipsium, Vulcanium, et, quem uterque Ianus utDeum venerabatur, Scaligerum» (Valckenaer, Callimachi elegiarum fragmenta, p. 50).

52 Che nel complesso non mancano di emergere nelle osservazioni di Haupt,Opuscula, I, pp. 60-61 (mostra di essersene accorto Schneider, Callimachea, II, p.151); particolarmente ingiusto l�accenno al commentario valckenaeriano sulla ComaBerenices da parte di U. von Wilamowitz-Moellendorff, Die Locke der Berenike, inId., Reden und Vorträge, Berlin 19022, p. 196 n. 1.

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51Bonum facinus

ales equos Haupt accetta l�interpretazione di Vincenzo Monti (1804)ravvisaventevi lo struzzo, con parole di elogio per l�ingegno filologicodel poeta italiano («difficiles illos et ab Vincentio demum Montio recteexplicatos versus») poi a lungo ripetute dalle più prestigiose voci dellafilologia tedesca alle prese con il carme catulliano (basti citare Vahlene Wilamowitz)53. Per secoli costantemente evocato come unica guidaall�interpretazione di magnanimam nel v. 26 della Chioma («Quare veromagnanimam vocet nemo melius dixerit Hygino in Astronomico»)54,Igino in séguito alle indicazioni di Haupt continuerà a essere menzio-nato in relazione a quello stesso verso nei commenti catulliani del XIXe del XX secolo, ma per negarne recisamente l�attendibilità. Si riterràinfatti che le notizie su Berenice del grammatico latino discendano daltesto catulliano stesso o «aus einem Kommentar zu Catull»55, risultan-do così superflue per la comprensione del luogo catulliano e inutili peril recupero dell�originale callimacheo: isolata eccezione Otto Schneider,il quale nella sua edizione dei frammenti callimachei (1873) a partiredal catulliano e iginiano magnanimam produsse un corrispondente cal-limacheo megalo@yucov56, dicendosi inoltre certo che Callimaco avessenarrato non solo della passione di Berenice per i cavalli e gli agoni ip-

53 Come ricorda L. Lehnus in apertura del suo Il cavallo alato d�Arsinoe, in AA.VV., Vincenzo Monti nella cultura italiana, a c. di G. Barbarisi, Milano 2005 [Quader-ni di Acme, 74], I**, pp. 939-959.

54 Così il Vossius. Analogamente, ma con ancor maggior incisività, si esprimevaun anno dopo l�edizione in usum serenissimi Delphini: «Cur dicatur Berenice magna-nima docet Hyginus Astronomicon lib. 2.» (C. Valerii Catulli Opera interpretatione etnotis illustravit Philippus Silvius, Parisiis 1685). Come si è visto si tratta di osservazio-ne costante sin dal primo commentario a Catullo, quello del Partenio.

55 A. Riese (Hrsg.), Die Gedichte des Catullus, Leipzig 1884, p. 205; stessa ipo-tesi e analogo richiamo a Haupt nel commento di E. Baehrens, Catulli Veronensisliber, Lipsiae 1885, p. 458 n.*. È merito di Riese guardare con prudenza al giudiziodi Haupt circa il valore delle notizie di Igino su Berenice («ob diese Mitteilung aufThatsache beruht oder [...] aus Missverstandnis von alis equos v. 54 oder anderswoherentstanden ist, lässt sich nicht sagen»), non tacendo che l�iginiano ad Olympia nonpuò comunque derivare dal v. 54 della Chioma catulliana.

56 La proposta di Schneider è ricordata nella nota di Pfeiffer ad Call. fr. 110.26,dove come termine corrispondente a magnanimam nell�originale callimacheo si pre-ferisce, dubitanter, mega@qumon.

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pici, ma anche dell�impresa bellica della giovane principessa, vittoriosa-mente accorsa in aiuto del padre in battaglia57. Al di là della poco plau-sibile ipotesi escogitata dallo studioso tedesco a proposito della Chio-ma58, interessante è l�intuizione che Callimaco avesse esplicitamentetrattato in poesia del bonum facinus bereniceo, come di lì a cinquant�an-ni sembreranno suggerire le scoperte papiracee.

La vera svolta nell�esegesi dei vv. 25-28 della Chioma si ebbe nelcorso del XIX secolo con l�individuazione di un altro testimone chesoppiantando Igino consentisse di chiarire il riferimento del v. 27 albonum facinus compiuto dalla giovane Berenice:

Anne bonum oblita es facinus, quo regium adepta esConiugium, quo non fortius ausit alis?59

I principali commentatori catulliani della seconda metà del secolo(Baehrens, Ellis, Thomas), e di riflesso il pelago di edizioni annotate escolastiche nelle principali lingue europee, non più a Igino ricorronoper illustrare questi versi, ma a Giustino, l�epitomatore di Pompeo Tro-go, che così racconta (26.3):

Per idem tempus rex Cyrenarum Magas decedit, qui ante in-firmitatem Beronicen, unicam filiam, ad finienda cum Ptolemaeofratre certamina filio eius desponderat. Sed post mortem regismater virginis Arsinoe, ut invita se contractum matrimoniumsolveretur, misit qui ad nuptias virginis regnumque CyrenarumDemetrium, fratrem regis Antigoni, a Macedonia arcesserent,

57 «Callimachum non solum narrasse quae de equis ali a Berenice et ad Olympiamitti solitis Hyginus narrat, sed ea quoque quae de auxilio patri infeliciter proeliantia Berenice lato eundem memoriae prodidisse» (Callimachea, II, p. 150). Si ricordi cheSchneider curiosamente (e rovinosamente) scelse le fabulae di Igino come guida allaricostruzione degli Aitia (cfr. Pfeiffer, Callimachus, II, pp. xxxiv e xlvii).

58 Schneider riteneva che la narrazione di questi eventi fosse stata presente sianel Plo@kamov che nella Coma catulliana, nella cui trasmissione sarebbero andatiperduti almeno due distici dopo il v. 28 «quibus Catullus illa narrantem Callimachumaccurate expresserit».

59 È la lezione adottata nella fondamentale edizione del Lachmann: Q. ValeriiCatulli Veronensis liber ex recensione Caroli Lachmanni, Berolini 1829.

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qui et ipse ex filia Ptolemaei procreatus erat. Nec Demetriusmoram fecit. Itaque cum secundante vento celeriter Cyrenasadvolasset, fiducia pulcritudinis [qua nimis placere socrui coe-perat] statim a principio superbus regiae familiae militibusqueinpotens erat studiumque placendi a virgine in matrem contulerat.Quae res suspecta primo virgini, dein popularibus militibusqueinvisa fuit. Itaque versis omnium animis in Ptolemaei filiuminsidiae Demetrio comparantur. Cui, cum in lectum socrus con-cessisset, percussores inmittuntur. Sed Arsinoe audita voce filiaead fores stantis et praecipientis, ut matre parceretur, adulterumpaulisper corpore suo protexit. Quo interfecto Beronice et stupramatris salva pietate ulta est et in matrimonio sortiendo iudiciumpatris secuta.60

Si prese dunque a riconoscere in quanto narrato da Giustino ilbonum facinus di Berenice, consistente cioè nella partecipazione dellaprincipessa cirenèa alla congiura che eliminò Demetrio il Bello e assi-curò la realizzazione della volontà di Maga, che la figlia sposasse il cu-gino Tolemeo portando in dote la Cirenaica: «this, as since Niebuhrhas been generally agreed, is the bonum facinus alluded to in the poem(27), by which Berenice secured her marriage with Ptolemy»61. Comeindicano le parole di Ellis, a Niebuhr si attribuisce l�individuazione delpasso di Giustino come decisivo strumento per chiarire i riferimentistorici sottesi ai vv. 25-28 della Chioma, così integralmente sostituendol�inaffidabile testimonianza di Igino62, secondo un�interpretazione del

60 In Baehrens, Catulli Veronensis liber, p. 465.61 R. Ellis, A Commentary on Catullus, Oxford 18892, p. 358. Utile anche per

i richiami alla bibliografia contemporanea J.P. Thrige, Res Cyrenensium, Hafniae1828, pp. 265 ss. (nella ristampa anastatica a c. di S. Ferri, del 1940).

62 Si veda anche Ellis, A Commentary on Catullus, p. 367 ad 66.27 (facinus):«Though Hyginus must here have Catullus in view, his explanation is probablywrong. The bonum facinus, as Niebuhr pointed out, is the assassination of Demetriusthe paramour of Berenice�s mother». Analogamente già le spiegazioni ad loc. diBaehrens, Catulli Veronensis liber, p. 465 («recte autem adversus Hygini falsam in-terpretationem Niebuhrius cp. Iustin. XXVI 3,2»), di Riese, Die Gedichte des Catullus,p. 205 e poi di É. Thomas, Les poésies de Catulle [...] Commentaire critique et explicatifdes poémes LXIV-CXVI, Paris 1890, pp. 662-663, di G. Friedrich, Catulli Veronensisliber, Leipzig und Berlin 1908, p. 410 e di molti altri.

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Berenikes Tat consacrata anche dalla Geschichte des Hellenismus diDroysen63, al Niebuhr �ellenistico� sicuramente debitore64. Va anzi no-tato che nell�importante traduzione francese dell�opera di Droysen cu-rata da A. Bouché-Leclercq (1883-85), accresciuta rispetto all�ultimaedizione tedesca, dai versi catulliani sul bonum facinus si trae l�indica-zione che secondo Callimaco l�uccisione di Demetrio fu commessa daBerenice65.

Che il bonum facinus vada inteso con esclusivo riferimento all�uc-cisione di Demetrio, e in generale alla narrazione di Iust. 26.3.2, sarà ri-badito nel fondamentale commento catulliano di W. Kroll, la cui primaedizione è del 192366: proprio l�anno precedente, nel XV volume degliOxyrhynchus Papyri, era apparso il primo di una serie di importanti pa-piri che nel corso del XX secolo consentiranno la lenta maturazione diuna diversa e più positiva considerazione circa il valore da attribuirsialle notizie su Berenice trasmesse da Igino. P.Oxy. 1793 oltre alla cosid-detta Victoria Sosibii (poi fr. 384 Pf.) sembra contenere resti di altre dueelegie, per una delle quali Pfeiffer propose dapprima (1923) l�identifica-zione con parti della Coma Berenices67, mentre suggerì di chiamare l�al-

63 Che cito dall�edizione definitiva del 1877-78: J.G. Droysen, Geschichte desHellenismus, hrsg. von E. Bayer, III, Basel 1953, p. 226; l�identificazione di quantonarra Giustino con «l�exploit célébré par Callimaque» noto dai vv. 26 ss. dalla Comacatulliana si ha anche in A. Bouché-Leclercq, Histoire des Lagides. Tome premier: Lescinq premiers Ptolémées (323-181 avant J.-C.), Paris 1903, p. 202. Circa l�influsso diDroysen sugli studi di poesia alessandrina brevi ma interessanti osservazioni di J.Vahlen, Über einige Anspielungen in den Hymnen des Callimachus I., in Id., Gesammeltephilologische Schriften, II, Leipzig-Berlin 1923, pp. 410-411.

64 Come ha dimostrato L. Canfora, Ellenismo, Roma-Bari 1987, pp. 15-36.65 «Les vers d�un poète contemporain démontrent que le meurtre fut commis

par Bérénice: à peine sortie de l�enfance, dit-il, elle a déjà montré un courage magna-nime» (J.-G. Droysen, Histoire de l�Hellénisme. Traduite de l�allemand sous la directionde A. Bouché-Leclercq. Tome troisième: Histoire des successeurs d�Alexandre (Épigones),Paris 1885, p. 335).

66 C. Valerius Catullus herausgegeben und erklärt von W. Kroll, Leipzig 1923;la seconda edizione è del 1929.

67 Nelle prime tre colonne di P.Oxy. 1793 si troverebbero tracce della Comacallimachea: cfr. Callimachi fragmenta nuper reperta ed. R. Pfeiffer, Bonnae 1923(editio maior), p. 93. Palinodia pfeifferiana nella nota ad fr. 387 dell�edizione del1949.

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tra In Magam et Berenicen (= fr. 388 Pf.), spingendosi a ipotizzare chetrattasse delle imprese di Berenice narrate da Igino e copertamenteaccennate in Catull. 66.26 ss.68 A Hyg. Astr. 2.24 tornò a guardare alcunianni dopo G. Coppola, volgendosi alla sezione più controversa del ca-pitolo. La notizia a lungo respinta che presenta Berenice equos alere etad Olympia mittere consuetam indusse infatti lo studioso italiano a colle-garvi i frustuli In Magam et Berenicen e a ritenere che essi rappresentino«un epinicio in onore di una vittoria riportata da Berenice alle gareolimpiche»69. L�effettiva esistenza di un grande componimento calli-macheo di genere epinicio in onore di Berenice sarà dimostrata dallapubblicazione nel 1976 del papiro di Lille che ci conserva parti dellaVictoria Berenices (frr. 254-269 SH), nome attribuito da P. Parsons all�elegiada porsi all�inizio del III libro degli Aitia, sì da incorniciare nel nomedi Berenice il Lebenswerk callimacheo, chiuso alla fine del IV libro dal-la Chioma70. Riguardando la Victoria Berenices appunto una vittoria dellagiovane regina nelle gare con il carro ai giochi nemei, particolare rilevanzaè tornata ad assumere la testimonianza di Igino, unico ad affermare cheBerenice inviasse � anzi, fosse solita inviare � cavalli ai grandi agoni

68 «Elegiae argumentum incertissimum; nihilominus conicere audeo, quae inHygin. astr. II 24 de fortitudine Berenices patri auxilium ferentis narrantur, nequa-quam commenticia esse, sed ad hanc Call. elegiam spectare». E più oltre: «Si id �fa-cinus� fortissimum, quo Magae filia etiam regium coniugium adepta esse videtur,proprio carmine celebraverat poeta Cyrenaeus, tecte idem significavit secundumconsuetudinem suam in versibus Comae a Catullo sine dubio accurate expressis 66,26 sqq.» (Callimachi fragmenta nuper reperta, pp. 94-95 e vd. poi Pfeiffer ad fr. 388).Evidente mi sembra la continuità di questa ipotesi rispetto all�idea di Schneider cheCallimaco nella Chioma avesse trattato del bonum facinus. La proposta di Pfeiffer saràricordata con favore da M. Lenchantin De Gubernatis, Il � bonum facinus� di Be-renice, in Il libro di Catullo, Torino 1945, p. LXXXIII (ma nel commento a Catull.66.27 bonum [...] facinus il racconto di Igino è dallo stesso Lenchantin giudicatoautoschediastico).

69 Cfr. G. Coppola, Callimachus senex, in «RFIC» 58 (1930), p. 285 e G. Cop-pola, Cirene e il nuovo Callimaco, II ed., Bologna 1935, pp. 235-238 (dove anche siravvisa nei primi versi del frammento «un�allusione alle avventurose nozze della re-gina e alla morte di Demetrio il Bello»).

70 Cfr. P. J. Parsons, Callimachus: Victoria Berenices, in «ZPE» 25 (1977), pp. 1-50; L. Lehnus, Callimaco tra la polis e il regno, in AA.VV., Lo spazio letterario dellaGrecia antica, I.2, Roma 1993, pp. 75-105 (in particolare pp. 78 ss.).

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panellenici (secondo l�autore del De Astronomia i giochi olimpici). Piùrecentemente un riesame delle affermazioni di Igino sugli exploits spor-tivi e bellici di Berenice ha indotto A.S. Hollis a proporre che i frr. 387e 388 Pf., derivanti entrambi da P.Oxy. 1793, appartenessero a una stes-sa elegia, �sorella� della Coma Berenices, e più ampiamente dedicata allaillustrazione del bonum facinus bereniceo, di cui confusamente ancheHyg. Astr. 2.24.2 serberebbe memoria71.

Il dossier sulla partecipazione di regine tolemaiche a gare con icarri si è grandemente arricchito con la pubblicazione del papiro mila-nese degli epigrammi di Posidippo (2001), diciotto tra i quali apparten-gono alla sezione degli iéppika@. In cinque di essi protagonista è una Be-renice, verosimilmente da identificarsi in Berenice II72, con vittorie aigiochi olimpici nemei e istmici, mentre a conclusione della sezione sihanno due epigrammi per vittorie olimpiche di Berenice I73. Al di làdelle controversie circa l�identità delle figure femminili della dinastialagide cantate nei nuovi epigrammi posidippei, quel che conta qui rile-

71 A.S. Hollis, The Nuptial Rite in Catullus 66 and Callimachus� Poetry for Berenice,in «ZPE» 91 (1992), pp. 21-28; cfr. anche W. Huß, Ägypten in hellenistischer Zeit 323-30 v. Chr., München 2001, p. 334 n. 13. Si porrebbe così in un certo senso rimedioall�assenza sia di frammenti sia di testimonianze papiracee per i versi callimacheicorrispondenti a Catull. 66.15-39 (con l�eccezione di [mega@qumon?] al v. 26, chePfeiffer ha tratto dal magnanimam di Igino).

72 Così gli editori in Posidippo di Pella. Epigrammi (P. Mil. Vogl. VIII 309), a c. diG. Bastianini e C. Gallazzi con la collaborazione di C. Austin, Milano 2001, pp. 205ss. Secondo la numerazione dell�editio minor (Posidippi Pellaei quae supersunt omnia,ed. C. Austin et G. Bastianini, Milano 2002) sono gli epigrammi 78, 79 e 82 AB:verosimile la presenza di Berenice II anche nei poco leggibili 80 e 81 AB. Che laBerenice in questione non sia la figlia di Maga e moglie di Tolemeo III ma piuttostola sorella di Tolemeo III andata in sposa a Antioco II di Siria sostiene D. J. Thompson,Posidippus, Poet of the Ptolemies in The New Posidippus. A Hellenistic Poetry Book, ed. byK. Gutzwiller, Oxford 2005, pp. 269-283, con argomenti che non paiono peraltrodecisivi. A Berenice �la siriaca� pensa anche L. Criscuolo, Agoni e politica alla cortedi Alessandria. Riflessioni su alcuni epigrammi di Posidippo, in «Chiron» 33 (2003), pp.311-333, movendo infatti da una valutazione negativa della testimonianza iginiana eammettendo comunque che «il quadro risultante non presenta nulla che renda im-possibile in sé a Berenice II di essere stata la protagonista delle gare e quindi deipoemi di Posidippo».

73 Cfr. Posidippo di Pella, Epigrammi, pp. 214-216 (= 87 e 88 AB).

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vare è l�attestazione che essi indubbiamente forniscono dell�importan-za �ideologica� assegnata dai Tolemei alle vittorie equestri panelleniche74.Ne consegue tra l�altro l�opportunità di una diversa, più positiva valu-tazione delle notizie iginiane su Berenice, da leggersi all�interno di unquadro generale che sostanzialmente le conferma, sì che pare oggi giu-sto concludere che «whether poetic narrative or commentary, Hyginusdoes seem to have some relatively contemporary source for his claimsabout Berenice»75. Il capitolo iginiano che ci trasmette tra l�altrol�argumentum della Coma Berenices catulliano-callimachea torna dunquea proporsi come ineludibile (per quanto confusa) fonte, quale era stataconsiderata nella lunga stagione della critica umanistica e postumanistica,sino al rigetto fatto proprio dall�Altertumswissenschaft del XIX secolo76.

2 - Berenice nella Milano napoleonica e la scoperta di Giustino

A pochi anni di distanza dalla postuma pubblicazione dei Callimachielegiarum fragmenta cum elegia Catulli Callimachea di L.C. Valckenaer (1799)si era avuta ad opera di F.W. Doering, con due volumi dati alle stampetra il 1788 e il 1792, l�ultima rilevante edizione in quel secolo del corpusdei carmi di Catullo, estremo frutto della critica catulliana precedentela rinnovata recensio dei manoscritti poi alla base delle edizioni di Sillig(1823)77 e di Lachmann (1829). L�edizione di Doering ancora si fonda

74 Cfr. M. Fantuzzi, Posidippus at Court: The Contribution of the éIppika @ of P. Mil.Vogl. VIII 309 to the Ideology of Ptolemaic Kingship, in The New Posidippus, pp. 249-268.

75 S. Stephens, Battle of the Books, in The New Posidippus, pp. 229-248 (a p. 242).76 Già lo notava R. Pfeiffer, BERENIKHS PLOKAMOS, in «Philologus» 87

(1932), p. 183 n. 12: «Haupts radikale Verwerfung des Hygin ist ungerechtfertigt, sokonfus das Kap. auch ist». Per un�interpretazione dei vv. 26 ss. che tenga conto siadi Igino che di Giustino si pronuncia Marinone, Berenice da Callimaco a Catullo, p.112 (e p. 22 n. 28 sul valore di Hyg. Astr. 2.24.2 accreditato dalle scoperte papiracee):cfr. anche Catullo, Le poesie, a c. di F. Della Corte, Fondazione Lorenzo Valla,Milano 1977, pp. 321-322.

77 Che si segnala per il ricco apparato, costruito su lezioni di manoscritti e diun gran numero di edizioni, e per l�attenzione riservata nella lunga praefatio alla sto-ria delle edizioni catulliane, giudicate alla luce dell�attenzione via via riservata alle

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sul textus receptus, come di consueto rivisto «ex antiquis et potioribuseditionibus in Variet. Lect. indicatis»78, il che non le impedirà un dura-turo successo, con ristampe del Catullo ex recensione Doeringii fino aglianni �20 del XIX secolo in Inghilterra Francia e Italia79 nonché una se-conda edizione nel 1834, curata dallo stesso Doering quasi ottantenne80.Buona parte della fortuna arrisa al Catullo di Doering si dovette certoall�ampiezza e all�impegno del commentario, ispirato al modello delTibullo e del Virgilio di Heyne, esplicitamente richiamati nella prefa-zione al I volume. L�interpretazione dei vv. 25 ss. non si discosta da unaplurisecolare tradizione nel consueto richiamo a Igino («rem illustratlocus Hygini Poet. Astronom. II 24»), ribadito nella nota riguardantebonum facinus:

innuitur factum quoddam egregium, quo frater, ut sororem inmatrimonium duceret, impulsus fuisse videtur; intelligendumfortasse est illud ipsum, quod memorat Hyginus l.l.

esigenze della recensio, donde il giudizio negativo sulla critica secentesca e settecen-tesca, impari all�esempio dello Scaligero: «Tanto brevius autem de recentioruminterpretum laboribus iudicare mihi nunc licet, quum post Scaligerum nemo ampliusexstiterit, qui Catulli iustam recensionem institueret», compito cui è chiamato il XIXsecolo, «ne nostrum saeculum, cui philologia tam multa tamque praeclara debet,quartae editionum Catulli aetatis laude privetur» (dopo le tre precedenti età, «quarumprima natalis usque ad Avantium et Guarinum, secunda ad Scaligerum extenditur,a quo deinde tertia initium capit»), cfr. C. Valerii Catulli Carmina ad optimorum librorumfidem recognovit varietatem lectionis indicesque adjecit Carolus Julius Sillig Ph.D., Gottingae1823, pp. XI-XV.

78 Praefatio in C. Valerii Catulli Carmina varietate lectionis et perpetua adnotationeillustrata a Frid. Guil. Doering, I, Lipsiae 1788, p. VI.

79 Si ricordino in particolare il Catullo della collezione dell�editore Pomba(Augustae Taurinorum 1820) e la ristampa del commento di Doering nella didotianadel 1826 a cura di J. Naudet: cfr. F.L.A. Schweiger, Bibliographisches Lexicon der ges-amten Literatur der Römer. Teil I, Amsterdam 1962 [repr. ed. Leipzig 1834], pp. 85-86.

80 C. Valerii Catulli Veronensis Carmina annotatione perpetua illustravit Frid.Guil.Doering, Altonae 1834. Per l�aiuto fornito nella revisione è ringraziato nella breveprefazione F. Jacobs, docente in quello stesso ginnasio di Gotha dove Doering fudirettore per quasi cinquant�anni (vd. la voce dedicatagli in Allgemeine DeutscheBiographie 5, 1877, pp. 289-291).

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Deriva da Igino anche la convinzione, costante tra i critici dellaComa81, che Berenice fosse sorella dello sposo Tolemeo Evergete, «exsolemni more Ægyptiorum [...] in matrimonium ducta»82. Solo con lapubblicazione nel 1799 del commentario di Valckenaer alla Coma catul-liano-callimachea avranno infatti corso l�esatta visione di Berenice comecugina dell�Evergete (Maga e Tolemeo Filadelfo erano fratellastri, en-trambi figli di Berenice I) e il corretto valore �dinastico� di fratris in Ca-tull. 66.22 sed fratris cari flebile discidium83.

L�edizione di Doering, «fra gli allievi di Gottlieb Heyne»84, e «leillustrazioni del Valckenario pubblicate postume da Giovanni Luzac»85

sono i due più recenti lavori menzionati nell�importante rassegna diEditori, interpreti, e traduttori costituente il Discorso primo del commento

81 È l�«error omnium Catulli interpretum» su cui P. Bosscha, Tentamen criticumin constituendo et expoliendo poemate Callimachi Catulliano De coma Berenices, Dordraci1841, pp. 4 ss. Alla base vi è Igino (Cum Ptolomaeus Berenicen Ptolomaei et Arsinoes fi-liam sororem suam duxisset uxorem...), con errore peraltro comprensibile, giacché nelculto dinastico Tolemeo III e Berenice II si presentavano come figli di Tolemeo IIe Arsinoe II, Qeoi# èAdelfoi@. I papiri hanno rivelato che gli antichi scoliasti sentiro-no il bisogno di precisare che Arsinoe solo kata# timh@n era madre di Berenice II,quest�ultima essendo in realtà quga@thr èApa@mav kai# Ma@ga (cfr. schol. fr. 110.45 Pf.,nonché SH 255.5-6).

82 Così l�Argumentum del De Coma Berenices in C. Valerii Catulli Carmina varietatelectionis et perpetua adnotatione illustrata a Frid. Guil. Doering, II, p. 6. Il II volumedell�edizione contiene testo e commento dei carmi LXV-CXVI.

83 Cfr. Valckenaer, Callimachi elegiarum fragmenta, p. 103, dove si distingue trala nostra Berenice e la Berenice sorella di Tolemeo Evergete andata in sposa ad An-tioco II e fatta uccidere da Laodice: «Ipsa soror proprie sic dicta Ptolemaeorum ter-tii, Berenice, Laodices scelere nuper in Syria fuerat contrucidata: mihique adeovidetur etiam patrui filiam habuisse in matrimonio Ptolemaeus Euergeta, atquehuius Cyrenaicae Principis hic loqui caesaries. Ad exemplum Homeri, Berenice Cal-limachea patruelem suum blando Fratris nomine potuit appellare...».

84 La «auctoritas Viri summi Heynii» è evocata sin dalla prima pagina dellaPraefatio di Doering, che aveva però studiato a Lipsia, non a Gottinga con Heyne.

85 Le quali «involte in continua e discordante erudizione richiedono uominiistituiti appositamente per intenderle»: sull�interesse di questo passo a proposito delrapporto degli studi classici italiani di inizio Ottocento con l�opera dei filologioltremontani vd. G. Benedetto, Cesarotti e gli oratori attici, in AA.VV., Aspetti del-l�opera e della fortuna di Melchiorre Cesarotti, a c. di G. Barbarisi e G. Carnazzi, Mi-lano 2002 [Quaderni di Acme, 51], I, pp. 196-197.

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foscoliano alla Chioma di Berenice (1803)86. La trattazione che Foscoloriserva a Catull. 66.25-28 e a Hyg. Astr. 2.24 sarà ora occasione perrichiamare un episodio della fortuna di Catullo (e di Callimaco) nellaMilano napoleonica, dal febbraio 1802 capitale della Repubblica Italia-na e dall�aprile 1805 del Regno d�Italia87 � e così in certo modo rifarsianche ai tanti contributi dedicati da Isabella Gualandri allo studio siadella poesia ellenistica sia della vita culturale e letteraria di un�altra Mi-lano capitale, nel IV secolo. Intorno al luogo iginiano e ai citati versidella Chioma gravita per intero il Discorso secondo. Di Berenice, di grandeinteresse e originalità, benché rimasto in sostanza ignoto a filologi clas-sici e studiosi di Catullo, almeno nel XX secolo88. Il Discorso si aprecon i vv. 25-28,

Atque ego certeCognoram a parva virgine magnanimam:

Anne bonum oblita es facinus quo regium adepta esConiugium, quod non fortior ausit alis?

Subito segue il passo di Igino che «a questi versi tutti i commen-

86 L�importanza della disamina foscoliana nel Discorso primo, «per gli interes-santi presupposti che la motivarono e per i risvolti metodologici che la distinguononel panorama degli studi filologici del primo Ottocento», è opportunamente sotto-lineata da Fiesoli, Giovannantonio Volpi lettore di Catullo, p. 106 n. 1. Sull�efficacia diCatullo nella poesia foscoliana vd. il caso studiato da F. Bellandi, �Ad Inferias�. Il c.101 di Catullo fra Meleagro e Foscolo, in «MD» 51 (2003), pp. 65-134.

87 In proposito un�ampia messa a punto negli Atti del convegno sotto gli au-spici dell�Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere La formazione del primoStato italiano e Milano capitale, 1802-1814, a c. di A. Robbiati Bianchi, Milano 2006.Della ricca bibliografia sull�Italia napoleonica ricordo il recente volume di A. Pille-pich, Napoleone e gli italiani, tr. it., Bologna 2005.

88 Meritoriamente lo ripubblicò P. Treves, Lo studio dell�Antichità classica nel-l�Ottocento, Milano-Napoli 1962, pp. 251-266, con ampio e attento commento, cadu-to in completa trascuratezza. A fronte dell�assai scarsa fortuna del lavoro foscolianotra gli studiosi della Chioma va segnalato che il Discorso secondo venne ripropostonell�edizione didotiana di Catullo del 1826, contenente il commentario di Doering(De Coma Berenices Dissertatio Italica, auctore Ugo Foscolo in C. Valerius Catullus ex edi-tione Frid. Guil. Doeringii cui suas et aliorum adnotationes adjecit Josephus Naudet, Parisiis1826, pp. 603-619).

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tatori applicano concordemente», osserva giustamente Foscolo, a ragio-ne altresì ricordando come gl�interpreti o tacciano circa l�esatta identitàdi Berenice o l�individuino nella moglie di Tolemeo I o del Filadelfo,mentre «soli il Doering ed il Valckenario la dicono moglie di Evergete,senza però che nè l�uno nè l�altro appaghino della loro interpretazionerispetto al bonum facinus quo regium adepta est coniugium»89. Foscolo netrae motivo per soffermarsi sulle storie de� Tolomei, su Tolemeo I, sulFiladelfo e le due Arsinoi sue spose (§ II), per approdare infine a Bere-nice I e a Berenice figlia di Maga, della quale sono ripercorse le vicen-de come narrate da Giustino, dalla morte del padre all�assassinio diDemetrio il Bello al matrimonio con l�Evergete (§ III).

Il Discorso secondo termina (§ VI) con un rapido ma notevolissimosguardo d�assieme sull�età di Berenice e sul secolo de� tre Tolomei, di cuiFoscolo mostra di cogliere il profondo significato storico, evocando perconfronto il secolo Mediceo e soprattutto menzionando il De Genio saeculiPtolemaeorum, la famosa prolusione gottingense di C.G. Heyne riguar-do a cui si suole affermare «che per la prima volta circoscrive quelloche ci è oggi familiare come Ellenismo»90. Nel precedente capitolo Vtre sono i principali risultati cui Foscolo ritiene di essere approdato aproposito di Berenice Evergetide: in polemica con il Volpi, il Doeringe gli altri commentatori catulliani nel terzo di questi punti si affermache Tolemeo Evergete e Berenice erano non fratello e sorella ma cugi-ni, così evidentemente dipendendo dalla dimostrazione di Valckenaer,qui sicura e non citata fonte di Foscolo91. Più però importa ai nostri fini

89 La Chioma di Berenice poema di Callimaco tradotto da Valerio Catullo volgarizza-to ed illustrato da Ugo Foscolo, Milano 1803, che cito da U. Foscolo, Scritti letterari epolitici dal 1796 al 1808, a c. di G. Gambarin, Firenze 1972, pp. 283-284.

90 Cfr. M.M. Sassi, La freddezza dello storico: Christian Gottlob Heyne, in «ASNP»s. III, 16.1 (1986), p. 112. Il De Genio saeculi Ptolemaeorum era noto a Foscolo solo inmodo indiretto, verosimilmente attraverso la menzione che ne fa Doering: di Foscolo,Heyne e il genio de� Tolomei mi sono occupato in un contributo negli Studi in onoredi Roberto Tissoni, in corso di stampa per le Edizioni di Storia e Letteratura.

91 Cfr. Foscolo, Scritti letterari e politici dal 1796 al 1808, pp. 289-290. Che ilpasso derivi da Valckenaer giustamente nota M. Galdi, L�intimo significato del Com-mento foscoliano alla traduzione della � Chioma di Berenice�, in AA.VV., Studi su UgoFoscolo editi a cura della R. Università di Pavia nel primo centenario della morte del Poeta,Torino 1927, pp. 235-236, in pagine ancora utili, benché inficiate dalla convinzione

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il primo punto fissato dal Foscolo, la convinzione cioè di aver provato«che le cose scritte da Igino ereditate di commentatore in commenta-tore non sono, come asserisce il Volpi, unice illustrantia Callimachum»92:non al solo Igino dunque si può e si deve ricorrere per chiarire i riferi-menti storici del poemetto catulliano-callimacheo. Il richiamo va qui auna nuova fonte utilizzata nelle pagine precedenti, quel Iust. 26.3 cheapre la nota posta a conclusione del III capitolo: dedicato a tracciaresecondo il racconto di Giustino gli intrighi di palazzo a Cirene vissutida Berenice prima del matrimonio con Tolemeo Evergete, esso culmi-na nell�evocazione del bonum facinus dei vv. 26-28. Importante è lacorrispondente nota, con la menzione del luogo di Giustino:

Giustino, lib. XXVI, cap. 3. Ecco il passo inosservato da tutti icommentari, ed accennato a me da Luigi Lamberti, prefetto del-la Biblioteca Braidense in Milano, come scoperta d�Ennio QuirinoVisconti. Dicono che quest�uomo illustre n�abbia scritto una dis-sertazione: ma o non l�ha stampata; o non mi è toccato di vederla.

Sono parole che nell�interpretazione del bonum facinus di Bereniceattribuiscono già al Visconti il ricorso a Giustino, poi costantementeascritto invece a un più tardo intervento del Niebuhr93; consentono

che proprio del lavoro sulla Chioma sia «il carattere essenziale di una festevole espiritosissima burla».

92 In pieno accordo con duecentocinquant�anni di esegesi della Coma cosìinfatti Volpi iniziava la descrizione dell�Argumentum del carme: «Hyginus PoeticiAstronomici lib. 2 cap. 24 ubi de Leone signo Zodiaci, haec scribit, Callimachum,ejusque interpretem Catullum unice illustrantia» (C. Valerius Catullus Veronensis et in eumJo. Antonii Vulpii novus commentarius locupletissimus, Patavii 1737, p. 342, corsivomio).

93 Lo notò C. Nigra, La Chioma di Berenice. Traduzione e commento di C. N. coltesto latino di Catullo riscontrato sui codici, Milano 1891, p. 154 n. 2: «Il Niebuhr, solocitato da Ellis e dai Tedeschi, venne più tardi». Nigra ricorda anche che prima diVisconti il passo di Giustino già era stato utilizzato in opere sulla storia dei regnisorti dall�impero di Alessandro, in particolare nell�importante lavoro di J. Vaillant,Historia Ptolemaeorum Aegypti regum, ad fidem numismatum accommodata, Amstelaedami1701. Osservazione che ancor più vale a ricondurre a un àmbito �antiquario� l�origi-ne della scoperta del Visconti a proposito del passo di Giustino e della sua impor-tanza per la ricostruzione della vita di Berenice.

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inoltre di scorgere, per così dire intorno a Berenice, una trama di rap-porti di notevole rilievo nella vita culturale (e politica) della Milano na-poleonica. Figura di primo piano era senz�altro il reggiano Luigi Lamberti(1759-1813)94, dal 1801 professore di Eloquenza a Brera sulla cattedrache era stata di Parini nonché di lì a poco nominato prefetto della Bi-blioteca Braidense. Come tale egli è ricordato nella nota del Foscolo,che da Lamberti seppe della «scoperta d�Ennio Quirino Visconti», nonancora divulgata a stampa. Lo sarà solo nel 1811, nel terzo volumedell�Iconographie grecque del Visconti, dove nel capitolo sui Rois d�Égypte,cioè i Tolemei, alcune pagine sono dedicate a Bérénice Evergetis. Primadi discutere di un medaglione d�oro raffigurante la regina, Visconti sisofferma sulla vita di Berenice muovendo dalle vicende della corte ci-renaica oggetto della narrazione di Giustino, sino all�uccisione di De-metrio il Bello: «C�est sans doute à ce coup audacieux qu�avoient traitles éloges que Callimaque lui [scil. a Berenice] donnoit dans le petitpoëme dont il lui fit hommage, et qui ont passé jusqu�à nous dans lesbeaux vers de Catulle», frase cui naturalmente corrisponde in nota il ri-mando al distico del bonum [...] facinus (Catull. 66.27-28), con l�ulterioreosservazione che proprio il cenno catulliano al fatto che Berenice attra-verso quell�impresa pervenne alle nozze regali (quo regium adepta es /coniugium) «ne permet de rapporter les expressions du poëte à aucunautre évènement», se non appunto a quanto raccontato da Giustino95.

94 Sul Lamberti mi limito a ricordare gli interventi di M. Cerruti, LuigiLamberti e i «Greci scrittori», in AA.VV., Studi in onore di Alberto Chiari, Brescia 1972,pp. 291-317 (ora in Id., L�«inquieta brama dell�ottimo». Pratica e critica dell�Antico (1796-1827), Palermo 1982, pp. 17-44) e di V. Sani, Lamberti, Luigi, in Dizionario Biograficodegli Italiani, 63 (2004), pp. 173-176; si veda anche L. Lamberti, Poesie di greci scrittori,Torino 1990.

95 Cfr. Iconographie grecque par E.Q. Visconti, Paris 1811, pp. 220-221. Delleopere del Visconti sarà procurata un�edizione italiana dopo la sua morte: si veda ilpasso citato in Iconografia greca di Ennio Quirino Visconti recata in italiana favella dalDott. Giovanni Labus, III, Milano 1825, p. 321. Su Visconti filologo vd. G.F. Gianotti,Pindaro secondo Ennio Quirino Visconti: prove di traduzione 1773, ora in Id., Radici delpresente. Voci antiche nella cultura moderna, Torino 1997, pp. 35-48; A. Borgogno,Sugli emendamenti di Ennio Quirino Visconti alla traduzione degli �Ephesiaca� di SenofonteEfesio di Anton Maria Salvini, in «Fontes» 11-12 (2003), pp. 1-40.

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Al momento della pubblicazione dell�Iconographie grecque E.Q. Vi-sconti (1751-1818) si trovava da più di dieci anni in Francia, dove eragiunto esule nel dicembre 1799, in fuga dalla Repubblica Romana pros-sima a cadere sotto l�attacco delle armate napoletane96. Della repub-blica giacobina Visconti era stato uno degli animatori, ricoprendo an-che la carica di console. Accompagnato dunque non solo dalla già gran-de fama di antiquario ma anche da importanti legami politici e da unasicura scelta filofrancese Visconti giunse a Parigi in un momento cru-ciale della vicenda postrivoluzionaria, nelle settimane successive al colpodi Stato dal quale Napoleone Bonaparte uscì Primo Console. Il rappor-to con Napoleone sarà decisivo per Ennio Quirino Visconti, prestodivenuto conservatore delle antichità nel nuovo Musée Napoleon, alLouvre, nonché membro dell�Istituto. L�Iconographie grecque si presentacome prima parte di una più vasta Iconographie ancienne, ou recueil desportraits authentiques des Empereurs, Rois, et hommes illustres de l�antiquité,gigantesca impresa affrontata da Visconti su esplicito incarico del Pri-mo Console, dal maggio 1804 Imperatore: appunto quella «grand�operacontenente l�Iconografia Greca e Romana, ossia la Collezione di tutti iritratti autentici dell�antichità», a proposito della quale Visconti stessoafferma nell�epistolario «l�Imperatore me l�ha ordinata, e il Ministrodelle Relazioni estere M. Talleyrand è quello che la fa eseguire perconto del Ministero». Così Visconti scriveva l�ultimo di febbraio 1806 aun amico di vecchia data, Luigi Lamberti97, legato al grande antiquarioda oltre vent�anni, sin dai tempi della Roma di Pio VI, quando propriodall�incontro con Visconti e con il gesuita dalmata R. Cunich preseropiù precisa forma gli interessi del Lamberti verso la letteratura greca.Ma non solo allo studio dell�antico si limitò il rapporto tra Lamberti e

96 Per la vita del Visconti punto di riferimento rimane G. Sforza, EnnioQuirino Visconti e la sua famiglia, Genova 1923 (volume 51 degli «Atti della Societàligure di Storia Patria»).

97 Appare come Lettera al sig. Luigi Lamberti socio dell�Istituto Nazionale Italianosu due antiche Iscrizioni, una latina, l�altra greca, in Opere varie italiane e francesi di EnnioQuirino Visconti raccolte e pubblicate per cura del Dottor Giovanni Labus, II, Milano1829, p. 98. Circa la ben nota passione del Bonaparte per la storia antica si vedanole osservazioni di L. Canfora, Introduzione a Napoleone, Le guerre di Cesare, a c. diA. Paradiso, Roma 1999.

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Visconti: o meglio, conformemente allo spirito più profondo dell�este-tica neoclassica nell�età della Rivoluzione, fattosi quello studio «idea diriportare al presente il passato della storia concepito come un valore, undover essere»98, troviamo Lamberti accanto a Visconti attivamente impe-gnato nella vita politica e culturale della Repubblica Romana, e ugual-mente accanto a Visconti al momento del definitivo abbandono diRoma, nel novembre 1799. Né stupisce incontrare Lamberti a Parigigravitante nell�orbita del Visconti, fino all�arrivo a Milano per assumer-vi la cattedra braidense, all�inizio di un decennio che lo vedrà divenirenome di spicco e ellenista �di regime� nella Milano napoleonica.

Quel decennio, il primo del secolo, simbolicamente e trionfal-mente si chiuse a Parigi nel gennaio 1810 con la presentazione all�Im-peratore della sontuosa Iliade bodoniana curata da Lamberti. In quel-l�occasione egli rivide Visconti, che cinque mesi dopo, il 17 giugno1810, a sua volta offriva a Napoleone gli imponenti tre volumi dell�Icono-graphie grecque, dall�Imperatore espressamente voluta, come subito ri-corda la dedica A Sa Majesté l� Empereur et Roi, dove anche si proclamache a Napoleone l�opera sull�Iconographie ancienne anche più sostanzial-mente �apparteneva�, giacché «elle prépare de loin Son histoire». L�of-ferta all�Imperatore delle opere dei due dotti italiani ci rammenta l�im-portanza per i contemporanei dell�immagine di Napoleone come �nuo-vo Alessandro�, nutrita naturalmente anche del ricordo della spedizio-ne in Egitto, sfortunata ma decisiva per la riscoperta della lunghissimastoria di quella civiltà nel mondo antico. Ricostruita attraverso un riccoapparato iconografico, con grande attenzione verso monete e medaglie,la trattazione della storia di Alessandro e dei regni sorti dalla dissolu-zione del suo impero riceve particolare rilievo nell�Iconographie grecque99,

98 Efficace espressione di R. Assunto, L�antichità come futuro, Milano 2001 (ed.orig. 1973), p. 82; poche pagine prima si parla della «trascrizione quiritario-spartanache gli ideali estetici neoclassici dovevano trovare nella cultura e nel gusto dellaFrancia rivoluzionaria e dell�Europa conquistata alle speranze della Rivoluzione».

99 L�importanza dell�«evento di Alessandro» nell�àmbito dell�Iconographie è sot-tolineata da D. Gallo, L�ideologia imperiale e l�«Iconographie ancienne» di Ennio QuirinoVisconti, in Ideologie e patrimonio storico-culturale nell�età rivoluzionaria e napoleonica. Aproposito del trattato di Tolentino. Atti del convegno Tolentino, 18-21 settembre 1997, Roma2000, pp. 55-77 (alle pp. 69 ss.).

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maturata negli anni stessi cui risalgono i lavori �alessandrini� del Foscoloe del Monti. Pare anzi lecito supporre che «la troppo cortese, e forseindiscreta, segnalazione» da parte di Lamberti100 della «scoperta d�EnnioQuirino Visconti» in relazione a Iust. 26.3 e al bonum facinus di Bereniceabbia raggiunto Foscolo nell�estrema fase di composizione del lavorosulla Chioma, pubblicata nel novembre di quello stesso anno 1803 aicui primi mesi dovrebbe risalire l�origine del progetto dell�Iconographieancienne suggerito da Napoleone101.

I buoni rapporti di Foscolo con Lamberti all�epoca dell�allesti-mento del commento alla Chioma di Berenice, attestati anche dall�epi-stolario foscoliano102, si raffredderanno negli anni successivi, fino a tra-mutarsi in aperta ostilità in concomitanza e conseguenza della rotturacon il Monti nella primavera del 1810. Lo dimostra anche il contempo-raneo Hypercalypseos liber singularis, l�aspra satira foscoliana «in virosdoctos Italiae, qui et disciplinam et veritatem cauponantes ipsius gentislitteras corruperunt; ambitionem atque errores Napoleontis corrupe-runt»103 dove Lamberti (Psoriona filius Phtoniae) è esplicitamente e dura-mente attaccato104. Non a caso del resto l�insanabile dissidio tra Monti

100 Così Treves, Lo studio dell�Antichità classica nell�Ottocento, p. 258 n. 1.101 Per la datazione ai primi mesi del 1803 del progetto dell�Iconographie

ancienne vd. Gallo, L�ideologia imperiale, p. 57; circa la pubblicazione nel novembredello stesso anno della traduzione e commento del Foscolo alla Chioma si veda laNota biografica apposta a U. Foscolo, Opere. Tomo I, a c. di F. Gavazzeni, Milano-Napoli 1995 (ed. orig. Milano-Napoli 1974), p. XXIV.

102 Dal quale si apprende ad esempio l�utilizzo dell�«appartamento di Lambertiin Brera», di cui Foscolo aveva a disposizione la chiave in assenza del proprietario,per gli incontri con Antonietta Fagnani Arese: cfr. U. Foscolo, Opere. Tomo IV, a c.di F. Gavazzeni, Milano-Napoli 1995 (ed. orig. Milano-Napoli 1981), p. 1971.

103 L�Hypercalypsis, pubblicata a Zurigo nel 1816, era stata composta probabil-mente nel 1810: vd. U. Foscolo, Opere. II: Prose e saggi. Edizione diretta da F. Ga-vazzeni, Torino 1995 (a p. 397 il passo citato).

104 Nella Clavis apposta al Didimi Clerici prophetae minimi Hypercalypseos libersingularis si ha l�efficace quanto spietato profilo del Lamberti, bibliotecario braidense,ispettore delle scuole del Regno, cavaliere di due ordini, uomo il cui animo fu «se-des invidiae sordidissimae et suspicacissimae». Scritta o almeno rivista dopo la mor-te del Lamberti (dicembre 1813), così prosegue la pagina del Foscolo: «Nomen inphilologia habuit, consultusque fuit de omnibus, quae pertinerent ad auctores clas-sicos Italos, Latinos, Graecos: at nunquam quidquam tanto nomine dignum fecit,

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e Foscolo scoppiò nelle settimane seguite alla pubblicazione del primovolume dell�Iliade montiana (aprile 1810)105. Per essa Monti ampiamen-te si avvalse dei consigli dell�amico grecista Lamberti, grazie al qualeinoltre riprese i contatti con Visconti106. Non episodici ma di lunga du-rata, di tutta una vita, furono gli stretti legami di Lamberti con Viscontie Monti, risalenti alla Roma europea e neoclassica di Pio VI, quellaRoma cosmopolita che fu anche «rete di labirinti massonici», utili pro-babilmente a spiegare i tortuosi ma uniformi percorsi di un interogruppo di intellettuali, dall�Arcadia neoclassica alla tarda Milano na-poleonica «fra Repubblica Romana esilî in Francia periodo melzianoRegno di Beauharnais»107. Lo stesso interesse di Visconti per l�antico Egittoè già rintracciabile nel periodo romano prerivoluzionario, e si configuraanche con «ripetute allusioni ad una cultura astrologico-misterica di matri-ce egizia» di ovvia ascendenza massonica108: non stupisce a questo puntoapprendere che il primo lavoro pubblicato dal Visconti appena arrivatoesule a Parigi alla fine del 1799 riguardasse «une statue égyptienne qui sevoit à Saint-Cloud», interpretata richiamandosi a un passo di Callimaco109.

Benché non esente da forzature e non priva di difficoltà di tipocronologico merita perciò di essere riproposta l�osservazione di P. Trevesper cui «tutta o prevalentemente» opera di Ennio Quirino Visconti, edeffetto della sua attività, può considerarsi «la resurrezione callimachea

immo paucissima scripsit. Iuvenis, Horatium imitatus, pulchros aliquot versuscomposuit. Sed eius fama deminuta, et post mortem ipse oblivioni traditus est. Ce-terum aulicis artibus peritus, cadente fama altius evectus, reditus multiplicavit.Multum suis rivalibus nocuit aliorum ministerio. Iesuita disertior, citra opinionem,insidiosissimus omnium doctorum Italiae fuit. Educatus autem in aula Romana,adolescens inter famulos cuiusdam principis egit».

105 Lo sottolinea F. Gavazzeni in U. Foscolo, Opere. Tomo III, Milano-Napoli1996, pp. 1329-1339.

106 Rimando per la ricostruzione di questa trama di rapporti alla Notiziaintroduttiva in Osservazioni sulla Iliade del Monti di Ennio Quirino Visconti e AndreaMustoxidi, a c. di I. De Luca; prefazione di M. Valgimigli, Firenze 1961.

107 Si veda a questo proposito l�assai interessante intervento di U. Carpi, Ilcantore di Bassville, in AA.VV., Vincenzo Monti nella cultura italiana. Volume II: Monti nellaRoma di Pio VI, a c. di G. Barbarisi, Milano 2006 [Quaderni di Acme, 82], pp. 335-351.

108 Cfr. F. Fedi in Vincenzo Monti nella cultura italiana. Volume II, p. 69 n. 40.109 Cfr. Sforza, Ennio Quirino Visconti e la sua famiglia, p. 167.

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caratteristica degli studi italiani nel primo decennio del secolo, dallaChioma di Berenice commentata dal Foscolo alla versione dello Strocchi,alle lettere montiane sul Cavallo alato di Arsinoe»110, opere apparse inanni che dinanzi ai fasti napoleonici avvertirono la straordinaria attua-lità, o appunto la prodigiosa resurrezione, della «carismatica teologia im-periale di Alessandro il Macedone e dei Tolomei cantati da Callimaco»111.Oltre che ai lavori del Foscolo e del Monti il riferimento va qui agli In-ni di Callimaco tradotti da Dionigi Strocchi, la cui prima edizione uscìa Milano nel 1805, dopo che già nel 1794 dello Strocchi era apparsa aRoma una Versione dell�Inno di Callimaco a Delo. Per molti aspetti similea quello del Lamberti il tragitto di vita e di studi di Dionigi Strocchi(1762-1850), «una delle figure più compiute e luminose della Scuolaclassica romagnola»112. Formatosi agli studi classici nel seminario diFaenza, come già il Monti113, passò a Roma, s�avviò alla produzione let-teraria soprattutto latina e s�accostò al magistero del Visconti, comeStrocchi ricorderà commemorandolo, compiutasi ormai la Restaurazio-ne114. Partecipe anch�egli degli entusiasmi del �biennio giacobino�, perrappresentare la sua provincia fu a Milano115 dove anche per questioni

110 Treves, Lo studio dell�Antichità classica nell�Ottocento, p. 11.111 P. Treves, L�idea di Roma e la cultura italiana del secolo XIX, Milano-Napoli 1962,

p. 14 (dal capitolo La tradizione classica italiana e la romanità napoleonica); si ricordi anchela postfazione di M. Gigante, Onofrio Gargiulli da Tirteo a Licofrone, in La Cassandra.Poema di Licofrone calcidese tradotto in versi italiani ed illustrato con note da Onofrio Gargiulli.Ristampa con uno scritto di M. Gigante, Napoli 1982 (la Cassandra del Gargiulli è del 1812).

112 Così l�utile Nota biografica in D. Strocchi, Poesie greche e latine volgarizzate,a c. di U. Colla, Torino 1995. Molta attenzione allo Strocchi e al suo epistolario riser-va P. Treves, Cultura e politica nella scuola classica romagnola [1988], ora in Id., Otto-cento italiano fra il nuovo e l�antico. II: Regioni, Modena 1992, pp. 59-73.

113 Cfr. P. Palmieri, Vincenzo Monti e la Scuola erudita romagnola, in VincenzoMonti nella cultura italiana. Volume II, pp. 1-20.

114 Nell�Elogio del Cavaliere Ennio Quirino Visconti recitato dal Cavaliere DionigiStrocchi nell�Accademia del Casino in Bologna la sera del primo giorno del 1819, pubblicatonella rivista di erudizione filologica e antiquaria «Opuscoli letterarii» 2 (1819), pp. 1-10, poi più volte rielaborato e ristampato (ad es. nel Florilegio di eloquenza italiana.Volume I, Pistoia 1839, pp. 137-160). Notevole il quasi assoluto silenzio sulla parteci-pazione del Visconti alle vicende postrivoluzionarie e dell�età napoleonica.

115 A Milano divise l�appartamento con Lamberti, come ricorda P. Beltrani,Dionigi Strocchi e la Scuola classica romagnola, Menaggio 1898, p. 26.

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politiche e amministrative rimase in rapporti epistolari con il Visconti,ancora a Roma116. Gli anni successivi saranno scanditi da scelte e tappeanaloghe a quelle di Visconti Monti e Lamberti, amici romani di untempo, con la piena e convinta accettazione del regime napoleonico,durante il quale Strocchi ricoprì la carica di vice-prefetto della sua cit-tà, Faenza. Di quegli anni è anche la seconda edizione degli Inni di Cal-limaco tradotti da Dionigi Strocchi (1808), accresciuta con la versionedella Chioma di Berenice, cui Visconti da Parigi contribuì con puntualiosservazioni, come già aveva fatto per l�edizione del 1805117 della «tra-duzione veramente egregia»118. L�epistolario strocchiano conserva lepostille di Visconti alla traduzione e degli inni callimachei e dellaChioma di Berenice, elogiata dal grande antiquario come «degna di anda-re in compagnia delle sorelle; tanto più che era ancor più difficile ilridurla alla terza rima. Il vostro Callimaco italiano è una bella cosa chevi fa onore, non meno che alla nostra lingua e alla nostra patria»119. Ma

116 Sforza, Ennio Quirino Visconti e la sua famiglia, p. 128 informa che nellaprimavera del 1797 da Milano Strocchi «chiese consiglio all�amico Visconti per unpiano d�istruzione pubblica del quale si stava allora occupando».

117 Lo Strocchi tenne conto delle note di Visconti ai primi quattro inni, mentrenon fece in tempo a ricevere quelle sui Lavacri di Pallade e sull�Inno a Demetra: cosìrisulta dalle lettere dello stesso Strocchi a Visconti del 31.5.1805 e del 20.8.1805(numeri LXXXI e LXXXIII in Lettere edite ed inedite del cavaliere Dionigi Strocchi edaltre inedite a lui scritte da uomini illustri raccolte e annotate a cura di Giovanni Ghinassi,Faenza 1868, vol. I, pp. 78-80) e dalle lettere di Visconti a Strocchi del maggio/giugno 1805 pubblicate nel II volume della silloge del Ghinassi, alle pp. 44 e 49: ivialle pp. 44-50 le osservazioni di Visconti a passi della versione di Strocchi dei seiinni callimachei. A proposito del ritardato invio delle note agli ultimi due inni è davedersi anche la lettera di Visconti a Strocchi dell�11.1.1806 in Opere varie italiane efrancesi di Ennio Quirino Visconti raccolte e pubblicate per cura del dottor Giovanni Labus,IV, Milano 1831, pp. 543-544.

118 «Questa traduzione è veramente egregia: vale a senso mio più che molte ebelle poesie originali. È desiderabile che il mio eccellente amico la compisca e la pu-blichi, sì per suo onore che per onore dell�Italia e per eccitamento de� buoni studi»(Ghinassi, Lettere edite ed inedite, II, p. 44). La traduzione callimachea dello Strocchigodrà di fama e prestigio in tutto l�Ottocento italiano, con molte ristampe almenonella prima metà del secolo: la si può vedere riproposta in Strocchi, Poesie greche elatine volgarizzate.

119 In Ghinassi, Lettere edite ed inedite, II, p. 51. Seguono alle pp. 52-53 le note

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del Visconti alla versione della Chioma, tra le quali è da rilevarsi in particolare ladifesa della lezione e dell�interpretazione di Achille Stazio al v. 54, contro lo struzzodel Monti: «La lezione di Achille Stazio ales eques e non ales equus, il cavallo alato, èla sola vera. Tutto ciò che si è detto su questo passo non fa che confermarmela. Zef-firo è un cavaliero, è il fratello di Mennone, è il cavaliero di Clori cioè il suo amante,il suo consorte. Chi volesse prove ulteriori troverà in Euripide Phoeniss. v. 218-19Zefu@rou pnoai^v iéppeu@santov eèn ouèranw^j etc. Ecco il Zeffiro a cavallo: così anche imonumenti. E poi che figura poetica sarebbe di dare la chioma della regina daportare a un cavallo che non ha nè mani, nè becco, nè artigli?».

120 Inni di Callimaco tradotti da Dionigi Strocchi, Milano 1808, p. 79. Segnalo cheVisconti è assente nelle bibliografie catulliane e in Marinone, Berenice da Callimacoa Catullo.

è opportuno qui ricordare un�altra menzione di Visconti che Strocchivolle inserire nelle note alla sua versione della Chioma, e che non si rifàalle lettere ricevute da Parigi. Nel commentare i vv. 25-28 Strocchiricostruisce le vicende cirenaiche di Berenice secondo la narrazione diGiustino, né tace ciò che era ben noto sin dal commento foscoliano:«devesi al Ch. Sig. Ennio Quirino Visconti la lode di avere il primoindicata una storia, che sì chiaramente ci scopre qual fosse il fattomemorabile, che meritò a Berenice le nozze di Tolomeo»120.