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Bollettino dell’Ordine Martinista n. 60 Equinozio di Primavera 2016 La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri dell’Ordine Martinista Stampato in proprio
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Bollettino dell’Ordine Martinista n. 60 Equinozio di ... · decade: 1+2+3+4=10. «A dimostrazione dell'impor-tanza che il simbolo aveva per Pitagora [c. 575 a.C. - c. 495 a.C.],

Feb 18, 2019

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Bollettino dell’Ordine Martinista n. 60 Equinozio di Primavera 2016

La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri dell’Ordine Martinista

Stampato in proprio

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ORDINE MARTINISTAORDINE MARTINISTA

2Redazione

Direttore Responsabile: Renato Salvadeo - via Bacchiglione 20 - 48100 Ravenna

SOMMARIOSOMMARIO

ARTURUS - S:::I:::I::: S:::G:::M::: - COME TENTIAMO DI CAMMINARE - pag.3

ASAR - S:::I::: - PITAGORICI - pag.6

MORGON - I:::I::: - BREVI MEDITAZIONI - pag.10

HASIDD - S:::I:::I::: - LA VIA CARDIACA - pag.12

MOSE’ - S:::I:::I::: - PASQUA (POSSIBILI SIMBOLISMI, ANALOGIE, ACCOSTAMENTI) - pag.13

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Come tentiamo

di camminare

ARTURUS S:::I:::I:::S:::G:::M:::

E’ noto a tutti che il nostro Ordine si proclama

essenzialmente spiritualista, che si oppone all'ateismoed al materialismo, che in collegamento con altre fra-tellanze iniziatiche, opera in modo da evitare l'igno-ranza, per lo meno in ambito iniziatico; conseguente-mente, che attribuisce allo studio ed alla comprensio-ne del simbolismo una indispensabile importanza. E’ altrettanto noto che non si occupa di politica, diaffari, di questioni sociali, e tanto meno di quelle d'or-dine religioso. Permette e favorisce tutti i tipi di studio, mantenendola più assoluta tolleranza, purchè non siano antagoni-sti del nostro metodo formativo-didattico e degliobiettivi di rigenerazione, di reintegrazione spirituale,non solo personale, con la Sorgente divina. Ognuno, a partire dal livello di Associato ha il diritto-dovere di comprendere progressivamente cosa stiacompiendo lui stesso, ma non deve interessarsi delcammino di altri, a meno che non procurino danni alui e/o ad altri fratelli/sorelleOgni Superiore Incognito Iniziatore, come responsa-bile di un Gruppo, ha il diritto-dovere di vigilare e dioperare affinchè tutto ciò avvenga.In tal modo, forse, si potrà essere coscienti del perchéera necessario che venissimo aiutati a “spogliarci”delle nostre vestigia profane, in modo che potessimoessere rivestiti dalla Luce iniziatica che promana dalTrilume. Parimenti, col tempo, se la volontà e la per-severanza ci sosterranno, si potrà poi comprendereperché era necessario che venissimo aiutati ad alzarciin piedi, per poi riuscire a ruotare completamente sunoi stessi, di fronte a quell’emanazione.

Infine, ma sempre forse, ci sarà data la possi-bilità di scoprire perché non era affatto sem-plice, né facile, riuscire a muoversi dalla

nostra posizione verso quella Luce e come al contra-rio, non ascoltando le raccomandazioni e sbagliando,poteva essere purtroppo stranamente semplice l’in-camminarsi verso direzioni diverse, perdendo cosìl’opportunità di bussare al varco che conduce a quel-la “Increata”.Come ho avuto l’occasione di ripetere più volte, lanostra è una via prevalentemente “operativa”, nellaquale ogni precedente convincimento di conoscenza edi abilità, va temporaneamente azzerato, in modo daverificare nuovamente e praticamente le personalicapacità nel “fare”, in funzione delle modalità che cisaranno suggerite dal nostro Maestro Iniziatore.Non dobbiamo infatti dimenticare che siamo stati noistessi a “bussare”, quindi se il nostro animo è suffi-cientemente sincero, dovremo imparare prima ditutto, ad essere pazienti, modesti, e ad ottemperareumilmente a quanto ci verrà suggerito di eseguire,anche quando ci parrà banale ed inutile; altrimenti,non potremo essere aiutati nelle fasi di cui sopra, cheprima di tutto tendono a farci raggiungere quellaconoscenza che rende progressivamente liberi.Se una delle condizioni propedeutiche per poter esse-re iniziati è quella di essere spogliati da “incrostazio-ni mondane”, va inteso che nessun vincolo organiz-zativo umano ne è escluso, compresi quelli delle mol-teplici strutture religiose.Si potrà così comprendere storicamente, anche ilnostro rifiuto di aderire, poco dopo la morte di Papus,alla Chiesa gnostica di Jean Bricaud, oltre a nonaccettare la pretesa che per esser ricevuti in una strut-tura Martinista, fosse indispensabile essere di sessomaschile e di possedere il grado di Maestro Massone.Colgo l’occasione per ricordare che, a suo tempo, unviaggio di Sinesius (A.Sacchi) a Parigi ed uno diBricaud in Italia non migliorarono le rispettive posi-zioni dei due Ordini. Infatti, Bricaud rimase fissosulle sue disposizioni che avevano modificato costi-tuzioni, dottrina e forma di iniziazione dell'Ordine.Sacchi era al contrario deciso a non accettare le nuove

linee e a fare rispettare la tradizione papu-

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siana che portava alla continua piena libertàdi genere, di religione, di scelta personale. Si giunse così in Italia, al 1923 e alla procla-mazione del Supremo Consiglio dell'Ordine Martini-sta che in tal modo, comunicava di non avere più rap-porto d'obbedienza, e nemmeno di alleanza col GranMaestro Bricaud e, di non avere mai aderito e di nonpotere aderire ad alcun trattato tra Martinismo e qual-sivoglia Chiesa, la gnostica compresa (seppur sempretutte stimate e mai osteggiate).Si dovrà attendere sino al 1965, per avere un riavvi-cinamento prudente, tramite l’opera di FilippeEncausse e di Artephius (O.U. Zasio) nel Convento diVenezia, con il trattato che ne scaturì e che io stessoho provveduto a rinnovare nel settembre del 2014 conil successore di Encausse in Italia.Tutto ciò, al contrario di ciò che possono non com-prendere alcuni, che in qualche occasione non sonocerto in buona fede, è coerente con il metodo che,livello dopo livello, andiamo a suggerire ai nostri ini-ziati. Ovvero, che tendiamo a ricercare Dio ed a rag-giungere, per quanto possibile, progressivamente, la“conoscenza” anche per mezzo di procedimentimisterici, ma mantenendoci serenamente autonomi(non ostili) rispetto ad altre organizzazioni umane cheprivilegiano un altro modo di procedere.Quindi a prescindere dalla fede e dalle opere di pro-venienza, si può intuire che una conquista conosciti-va nella ricerca di Dio, a seguito di un processo diilluminazione interiore è, di solito, conseguita dapochi iniziati che così divengono un prezioso riferi-mento per tutti gli altri, parimenti alla ricerca dellostesso traguardo “salvifico”.Sin dalle esperienze di L.C. de S.Martin con il suoMaestro, Martinez de Pasqually, e poi dagli studiriguardanti le visioni di Jacob Böhme, ma ancora dipiù dopo la fondazione dell’Ordine Martinista a curadi Papus, si è sempre suggerito che un elementocaratteristico della nostra formazione dovesse essererappresentato dal raggiungimento di una comprensio-ne, consapevolmente cosciente, del forte dualismo traspirito e materia, tra anima e corpo.E’ comprensibile che non si tratti di un’impostazionesemplice (e tra l’altro, come da programma,

si deve sempre cercare di evitarne l’acquisi-zione fideistica, ma bensì è necessariotentaredi riscontrare se sia effettivamente vera);

infatti, a seconda delle personalità ancora cariche dicondizionamenti egoici e profani, il tentativo puòcondurre ad atteggiamenti etici opposti (ad esempio:ascetismo o rifiuto di ogni legge morale comune). Qualche cosa di simile (analogo, convergente) allanostra ricerca si trova anche in molte religioni (indui-smo, buddismo, talune tradizioni ebraiche e islami-che) e in alcune correnti vicine o interne al cristiane-simo primitivo (fino al 3° sec.) riconducibili, nel loroinsieme, allo gnosticismo.Mi permetto di evidenziare in modo sintetico edapprossimativo, che secondo la letteratura comune,gran parte delle teorie cristiano-gnostiche ipotizzanol’esistenza di un Pleroma (totalità dei poteri di Dio edelle sue emanazioni luminose) creato da Dio, com-posto da un Primo Eone e poi da più coppie di Eonicomposte sempre da un Eone maschile e uno femmi-nile. Gli Eoni, in molti sistemi gnostici, rappresentano levarie emanazioni complesse del Dio primo, notoanche come l'Uno, il Perfetto, la Profondità, il Primadell’Inizio, ecc. Questo primo essere contiene in séaltri esseri, entità riconducibili al Pensiero, allaGrazia, al Silenzio. In seguito, concepisce altri Eoniassociabili al maschio al potere e alla femmina, allaverità, all’amore. A seconda delle diverse tradizioni,si aggiungono anche angeli, demoni e signori plane-tari, unitamente ad una moltitudine di entità minori.Da uno di questi Eoni prese ad esistere, forse pererrore, il Demiurgo; ovvero, una creatura che (sempreforse) non sarebbe mai dovuta esistere e che creò ilmondo materiale. Questa creatura non apparteneva alPleroma, e creò quelle difficili e complesse condizio-ni esistenziali per cui sembrerebbe necessario inse-gnare all'umanità la via per raggiungere la Gnosi:ovvero il ritorno al Pleroma.In ambito gnostico, se il Demiurgo rappresenta unostacolo primario (surrogando e mistificando, ingan-nevolmente, malvagiamente, la veste divina) per ilritorno nella Luce divina, la creazione e l’incarnazio-

ne del Cristo, rappresenta tramite le sue

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rivelazioni (unitamente alla sollecitazione diSophia per conquistare una conoscenza), unsupporto, un aiuto straordinario per il risve-glio di tutta l’umanità. In tema di ritorno alle originidell’Umanità, non va per altro dimenticato neanche il“Trattato della reintegrazione degli esseri” diMartinez de Pasqually.Seppur sinteticamente descritte, credo che le ipotesiaccennate, risultino straordinariamente affascinantima, secondo il nostro modo di porci, sono e rimango-no comunque solo dei racconti; per lo meno, sino aquando qualcuno non potrà trovarne percezione diret-ta e possibile concreto riscontro. Inoltre, sempre a livello di diatribe culturali, occorreaccennare che per alcuni, i teoremi, le cosmogoniegnostiche non sarebbero altro che una sorta di sincre-tismo di tutti i sistemi religiosi dell'antichità (religio-ni misteriche, astrologia magica persiana, zoroastri-smo, ermetismo, kabbalah, filosofie ellenistiche, giu-daismo alessandrino, cristianesimo dei primi secoli,ecc.).Così, ritornando prudentemente nel nostro modestoambito e metodo, sarà opportuno ricordare comevenga continuamente suggerito di riflettere semprebene prima di chiedere a chiunque, in qualsiasi ambi-to/livello, magari anche sovrasensibile, di avere lapossibilità di conquistare un potere di scelta. Se però si dovesse perseverare nell’intento e nellarichiesta, si dovrà tenere presente che non si avrà piùalcuna guida, ma che si sarà soli davanti alla Sfinge,completamente responsabili per sé stessi esoprattutto per coloro che potranno seguircisulla via giusta o sbagliata, qualora avessi-

mo avuto l’autorizzazione a costituire unGruppo, completando così la nostra forma-zione, e divenendo solo semplicemente

Incogniti. Nessuno potrà più rispondere per noi che, da soli,saremo responsabili di fronte alla nostra coscienza. In effetti, se ci pensiamo bene nel silenzio del cuore,il nostro desiderio ci ha condotto a tentare di cammi-nare verso la Luce creata, magari sperando che se cifossimo riusciti, ci saremmo potuti mettere in attesache ci venissero aperte le porte di quella increataaffinché ci potessimo immergere e lodare il Padre.Ora e poi sempre (come metodo), possibilmenteavendo conquistato un poco di silenzio, non ci rima-ne che controllare cosa stiamo facendo e dove stiamoandando, contemplando attentamente e serenamentecosa riusciamo veramente a percepire.

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PITAGORICI

ASAR - S:::I:::

Il TETRACTYS o numero quaternario rappresenta-

va per i pitagorici la successio-ne aritmetica dei primi quattronumeri naturali (o più precisa-mente numeri interi positivi),un «quartetto» che geometri-camente «si poteva disporrenella forma di un triangoloequilatero di lato quattro»,ossia in modo da formare una piramide che sintetizzail rapporto fondamentale fra le prime quattro cifre e ladecade: 1+2+3+4=10. «A dimostrazione dell'impor-tanza che il simbolo aveva per Pitagora [c. 575 a.C. -c. 495 a.C.], la scuola portava questo nome e i suoidiscepoli prestavano giuramento sulla tetraktys.» Quindi il numero 10 (con la somma indicata sopra)rappresenta il completamento della manifestazioneuniversale: la decade contiene il tutto; "contiene" l'in-tero universo e, quindi, per fare comprendere ancorail "mondo concreto solido" oltre il quale non si puòandare.Quindi, il numero 10, oltre a rappresentare il "tutto"identifica, nel corso del tempo, un sistema per poter"contare" le cose.Però dobbiamo fare un passo indietro nel tempo. Dobbiamo cercare di capire come sia avvenuta la"conta" e cioè se i numeri cardinali (1,2,3 ecc.) sianovenuti prima dei numeri ordinari (primo, secondo,terzo, ecc.). Questi identificano l'ordine, la successio-ne degli elementi di un gruppo mentre i primi si limi-tano a determinare una pluralità di oggetto.Sembra, da alcune interpretazioni suggerite da alcuniantropologi, che i numeri ordinari abbianoavuto una valenza primaria (sui numeri car-

dinali) nel contesto di riti in cui i cerimonia-li prevedevano l'intervento di persone in unordine preciso.

Se si analizza il sistema adottato, nel corso del tempo,ma ancora oggi, da alcune popolazioni dellaPolinesia, si capisce che la base "10" ricorre spessonella identificazione del "semplice contare" e "l'ideaastratta del numero".Le precisazioni dei numeri vengono riprese da Dantee, quindi, sembra lecito supporre cheDante era Pitagorico ?

Un verso di Dante (Par. XV, 57) parrebbe banale:

Tu credi che a me tuo pensier meida quel ch'è primo, così come raia

da l'un, se si conosce, il cinque e il sei

Ovvero traducendolo: “Tu credi che il tuo pensierodiscenda a me da Dio, cosi come dalla conoscenzadella "unità", quella di tutti gli altri numeri”Sembra un'asserzione senza scopo: ma essa è pitago-rica; ogni numero deriva, discenda dall'uno, se ben siconsidera, se ben si conosce. Sono quasi le parole diBoezio. Ma questa idea è diffusa. La troviamo anche negli antichi filosofi cinesi, varisecoli prima di Cristo. Per Hoi-nan-tseu l'uno è la radice di tutte le cose; perWei-kiao esso è la sostanza della ragione; mentre perLaotseu è la ragione che produce l'uno. Per molti altrifilosofi cinesi l'uno è la monade che tutto produce.II due è perciò il vero primo numero: da esso sia conla sua somma 2+2, sia con la moltiplicazione 2x2, siacon la sua potenza 22 si genera sempre il perfetto 4. Il due è la lunghezza, è la linea terminata da due puntiopposti; esso è perciò l'origine delle antinomie, deicontrari dello stesso tipo: bene e male, caldo e freddoecc… Il tre è il primo numero dispari (poiché, come si èvisto, l'uno non è il vero numero). Ma il tre è anche lapiù semplice superficie chiusa in un'area, il triangolocon i tre punti ai vertici. Ora il triangolo è l'origine delle figure piane, che tuttepossono risolversi in tanti triangoli; in essi abbiamo

lunghezza e larghezza.

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Ed esso è pure la faccia della prima e piùsemplice figura solida, tetraedro, connesso alquattro.II quattro, generato dal due e generatore dello stessodue, è il prodotto di due fattori uguali (2x2) e cioè l'i-sos isachis; geometricamente ci dà il tetraedro (iltetragono di Dante) con tre punti in un piano e il quar-to fuori. II tetraedro è la figura geometrica più sem-plice che chiude lo spazio a tre dimensioni. Esso, for-mato da quattro triangoli, è l'origine delle figure soli-de che tutte si possono risolvere in tetraedri. In essoabbiamo le tre dimensioni del nostro mondo fisico:altezza, lunghezza, larghezza.La somma dell'uno, del due, del tre e del quattro dà ildieci, la decade perfetta, che comprende l'Universofisico. Si ha cosi la sacra tetractis, su cui giuravano ipitagorici, e che non era il quattro, come alcuni hannosupposto, ma il complesso dei primi quattro numeri,nei quali era compreso il punto, la linea, il triangolo eil tetraedro, che andavano cioè dal punto immaterialesino ai corpi con altezza, larghezza e spessore.Nel giuramento pitagorico questa perfetta tetractis,che si assommava nella decade, è detta «sorgente del-l'inesauribile natura».Nel commento di Jeroele ai versi aurei si dice che la«quaternità è la fonte dell'eterno ordine delle cose».Bisogna poi ricordare che per i pitagorici la decadenon era formata da dieci numeri successivi come lanostra decina, ma era la somma dell'unità coi trenumeri fondamentali, ed era essa stessa unità. Ogni numero superiore al dieci era formato da variedecadi a sé stanti; difatti per i pitagorici, come unitàdi misura, non si andava oltre il dieci, la tetractis. Nelgià citato commento di Jeroele si dice che «l'interval-lo finito del numero è la decade...; ma il valore, lavirtù della decade è la sua quaternità».Dante pure accede a questa idea del dieci, poiché dicenel Convivio (2, XIV, 3) dal "diece in su non si va senon esso diece alterando (nel senso latino) cogli altrinove e con sé stesso."Ma con questo non è terminato il numerismo pitago-rico.Pitagora, difatti, da un suo probabile viaggio in Egittoportò un altro principio geometrico, che è

anzi quello che lo ha reso celebre anche alpubblico mediamente colto. Ed è il nototriangolo rettangolo, che porta il suo nome, e

che venne considerato mistico, sacro. Questo triango-lo a lati speciali non è però una sua scoperta. Già gliAssiro-babilonesi, duemila anni avanti Cristo, maspecialmente gli Egiziani lo conoscevano. Vi era anziin Egitto una casta sacerdotale, gli Arpedonapti(ovvero annodatori di corde, secondo i greci, o difuni, secondo gli egizi) addetti all'ufficio di tracciareperpendicolari e contorni geometrici esatti per edificie proprietà. Dalla storia della matematica sappiamo in qualemodo essi riuscirono a tracciare un triangolo esatta-mente rettangolo. Una corda veniva divisa in dodici parti uguali ed isuoi due capi assicurati ad un piolo. Si poneva poi unsecondo piolo in corrispondenza della divisione 3, equindi un terzo alla divisione 7 in modo che la cordarisultasse tesa. II triangolo cosi formato risultava per-fettamente rettangolo.

Se Pitagora conosceva, come certamente conosceva,questo procedimento egiziano, sembra però esclusi-vamente opera sua l'aver notato che i tre numeri con-secutivi 3, 4 e 5 dei due cateti e dell'ipotenusa erano isoli che sussistessero appunto cosi consecutivi. Sua è pure la constatazione della relazione: 32+42=52

e cioé il ben noto teorema detto appunto di Pitagora,che cioè la somma dell'area dei due quadrati costruitisui cateti è uguale all'area del quadrato costruito sul-l'ipotenusa. La dimostrazione geometrica, che mette in figura larelazione numerica, pare sia dovuta ad Euclide. Ora da questa relazione sussiste pure che un triango-

lo rettangolo, che abbia un lato (cateto)

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lungo 3 e l'altro cateto lungo 4, ha necessaria-mente il terzo lato (ipotenusa) lungo 5. Questo triangolo coi lati 3, 4 e 5 è un triango-lo speciale, sacro e Platone lo pose ad emblema dellasua Repubblica. Plutarco, pitagorico esso pure, dice(De Iside et Osiride) che la Trinità egizia era rappre-sentata da questo triangolo. II cateto 4 era la base, Osiride; il cateto verticale 3,era Iside; l'ipotenusa 5 era Oro. In altro passo lo stesso Plutarco chiamò questo trian-golo: il più bello di tutti. Sussiste anche il fatto che non esiste altra serie dinumeri consecutivi per le lunghezze dei lati di un

triangolo rettangolo all'infuori di questa serie 3, 4 e5. Non possono perciò aversi serie come 4, 5, 6 oppure5, 6, 7 ecc.. Da ciò l'essenza filosofica mistica di que-sti tre numeri la cui somma 12 è, come il 10 dellaTetractis, numero di alta perfezione.Per la scoperta di questa relazione dei tre numeri (3,4, 5) e delle loro proprietà, Pitagora espresse la suagratitudine alla Divinità, che gli aveva manifestatoquesta verità straordinaria, sacrificando, secondoApollodoro, un'ecatombe. Ma poiché Pitagora era vegetariano, la leggenda nonregge. Ha quindi maggior valore l'affermazione di Porfirioche il sacrificio fu simbolico mediante una figura dibue composta da farina di farro. L'influenza pitagorica si rileva anche dalla numera-

zione latina: il due è il numerus binarius; il tre il ter-narius; poi si ha il quaternarius... il denarius…ma perl'Uno si ha unitas e non unarius.Ciò che conferma, col documento eminente probato-rio della lingua, come l'uno fosse considerato qualeentità a sé e diversa dal rimanente dei numeri.I numeri del triangolo sacro hanno un significato nonsolo nella loro successione e nella loro somma totale,ma anche sommati due a due. Così il 3+4 dà 7. Il setteè l'ebdomade, è il numerus virginalis, quello cioè chenon è generato e non genera. Non ha madre perché ènumero primo, indivisibile.Non genera, è verginale, perché, moltiplicato per ilnumero minore possibile, il 2 dà il 14, che è

oltre la decade, è cioè la decade più quattro.La stessa proprietà di non generare ha ancheil 6, che moltiplicato per 2 dà 12, oltre la

decade; ma il 6 è generato dal 2 e dal 3; non è quindisenza madre e non è così misterioso come il 7, che fusempre, in parecchie religioni, ed anche nella nostra,considerato appunto come misteriale.Sommando il 3 col 5 si ha 8. Ora 8 è il doppio del per-fetto 4, è anche il primo numero cubico possibile(23=8); è cioè il primo numero che esprime potenza dipotenza. Ma è anche l'unione dell’origine dei numeri,l'uno, col numero vergine, il sette. È pertanto numerosacro e vedremo come lo abbiano adoperato i nume-risti cattolici, come Sant'Ambrogio.Sommando finalmente il 4 col 5 si ha il perfetto nove,che è la dinamis, la potenza del già perfetto tre.Si ha cosi, da tempi antichissimi, un complesso dinumeri di un significato speciale mistico, accolto danumerosi adepti, i quali si sono continuati sino a noi.E si può dire sino a noi, poiché anche il D'Annunzioera talvolta numerista.Lo prova la stesura della Laus Vitae ove predomina ilmisterioso sette. Sono difatti 8400 versi (7x1200) dis-tribuiti in 21 (3x7) canti e in 400 strofe ciascuna di 21versi.Ma torniamo agli antichi pitagorici.Ricordiamoci che sulla TETRACTYS i pitagoriciprestavano il giuramento.Il triangolo simboleggia la divina Trinità, e rappre-senta il principio trino in tutte le sue possibili forme:passato-presente-futuro, Sapienza-Bellezza-Forza,Sale-Zolfo-Mercurio, nascita-vita- morte, luce-tene-breA conforto di quanto asserito, osserviamo alcune stra-ne coincidenze che avvalorano il 10:- la numerazione parlata del mondo latino/greco èdecimale in considerazione che le dita delle manisono 10 (5+5);- nella scrittura antica, l'unità era rappresentata da undito poi modificata in lettera “I”;- l'ultimo dito, che partecipa alla conta (non ha impor-tanza se si inizia da dx o da sx) è il DECIMO;- nella formazione della somma con le dita assume

evidenzia il numero 5, che in greco con

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l'iniziale penta, che in latino la "palma dellamano aperta" in seguito identificata con la let-tera V;- in greco il numero 10 è rappresentato dalla letteradelta e quindi con forma di un triangolo equilatero ediniziale di "decade"- in latino, invece, da due mani aperte (come sopradetto) poi identificato con X;- nell'alfabeto Etrusco, veniva indicato con X (pro-nuncia "sar") - Inoltre la DECADE viene così raffigurata

ASAR - S:::I:::

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Brevi meditazioni

MORGON - I:::I:::

Cercando di percorrere la nostra via, procedo per

quanto possibile, nel ritagliare quei momenti che miconsentono di provare a guardare dentro me stesso.Ogni tanto scopro qualche cosa che mi appare “illu-minante” e che mi fa ben sperare di poter compierequalche altro passo. Ho pensato che potesse essere utile condividere alcu-ni sintetici pensieri, e sono certo che i fratelli piùanziani sapranno tollerare eventuali mie ingenuità,forse tipiche di coloro che si sono solo appena alzatidi fronte alla “Luce”.Non a caso mi interrogo spesso sull’egocentrismo chesembra caratterizzi la vita di tutti. Di primo acchito, il pensiero corre subito ad una cosa:la necessità dell’individuazione corretta di un puntodi vista ben definito. L’egoismo potrebbe rappresen-tare il punto di vista della nostra personalità, di noistessi, o meglio, di una parte di noi stessi, comunquecentrale e prioritaria nei confronti dell’interazionecon l’esterno; mentre l’altruismo rappresenterebbeuna visione delle cose, forse parziale, da un punto divista che non è più centrale e prioritario nei propriconfronti, ma anzi proiettato al benessere, al vantag-gio altrui.Parziale perché ritengo sia umanamente impossibilepercepire i bisogni e la forma mentis altrui in modocompleto; ciò non toglie che, anche solo il tentativodi vedere le cose secondo l’altrui l’opinione, ricono-scendone almeno pari importanza rispetto alla pro-pria, allarghi la propria consapevolezza, la coscienzae permetta di sentirsi parte di qualcosa di più grande. Ovviamente, esistono dei pericoli, delle trappoleall’altruismo, perché si potrebbe essere tentati soloemotivamente, di empatizzare con gli altri, di volerliaiutare, soccorrere non con i propri mezzi,

ma con i mezzi della cosiddetta società, rica-dendo in quell’abisso ideologico definito algiorno d’oggi come “buonismo”.

Come se non bastasse, esiste anche il rischio di esse-re sedotti dal desiderio (egoistico) di voler mostraredi aiutare e di capire il prossimo, di voler essere visticome persone buone, comprensive, caritatevoli,quando in realtà si desidera solamente essere apprez-zati per qualcosa che si è, o peggio per qualcosa chenon si è.E’ sbagliato essere egoisti? Prima di esprimere ungiudizio, forse sarebbe bene capire di che si trattiveramente. Credo, però, che sia nocivo esserlo incon-sapevolmente. Infatti, riuscire a guardare le propriemanifestazioni con franchezza ed onestà, potrebbeessere forse un primo rimedio agli eccessi di egoismoe poi, una volta percepiti, sentiti, assaporati e studiatigli impulsi interiori che portano ad agire esclusiva-mente secondo i propri bisogni, si potrebbe essere ingrado di allargare, anche solo un poco, la nostracoscienza oltre i confini del nostro corpo, dei nostristati emotivi e delle nostre idee. In quest’ottica, il ten-tativo di essere con consapevolezza “un poco” altrui-sti, lungi dall’impoverire (come magari si temeva inprima istanza) potrebbe arricchire enormemente ilnostro essere e la nostra vita.Strettamente legato al punto di vista egocentrico,credo possa riscontrarsi facilmente il desiderio dipotere.Inevitabilmente ci si dovrebbe domandare cosa sia.Non mi meraviglierei se si riscontrasse, nella maggiorparte dei casi, anche un legame con sentimenti didisperazione, di frustrazione, di “impotenza”. Infatti,il non poter ottenere qualcosa, qualcuno, il non poterdifendersi da qualcosa o da qualcuno, instillano perreazione, un bruciante desiderio, fantastico o meno,di poter agire sul resto del mondo per modificarel’impotenza iniziale. Continuando a non esprimere giudizi, ritengo peròessenziale, al fine di conoscere se stessi, la consape-volezza, mentale ed emotiva, di questa “forza bru-ciante”, talmente forte ed autoritaria da annullaremolte altre “voci” presenti in noi.

Ad esempio, personalmente, quando riesco

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a raccogliermi un poco, percepisco questodesiderio come un’aura rossa, simile amagma, che cova nel mio ventre ed a volte,attorno a tutta la mia persona. Così, il calore, la dol-cezza, la tolleranza, la comprensione vengono total-mente annichilite da questa presenza; o meglio unasorte di calore c’è, ma non è quello gentile del soledel mattino, piuttosto quello bruciante di una fornace;chissà perché lo sento simile al desiderio sessuale. Il vantaggio di riuscire prendere coscienza di questapassione, riguarda la possibilità di capire che intima-mente non si è la passione stessa; infatti, disidentifi-candosi da essa, per quanto possibile, ci si può senti-re un poco più liberi, un poco più vicini al “sole delmattino” di cui parlavo prima. Di che si tratta? E’qualcosa di diabolico? Di umano? Di animale? Non so, l’unica cosa certa è che si tratta di una pas-sione (anche quando nasce per istinto di difesa) chevuole comandare nel mondo interiore dell’individuoche la prova…e come potrebbe non essere così. Dovendo esercitare potere sul resto del mondo, la“presenza” prima di tutto esercita o prova ad esercita-re potere sulla prima realtà che incontra, ovvero l’in-teriorità dell’uomo. Se non fosse per la perdita di luce e di libertà che siprova, verrebbe quasi da sorridere.Ad ogni modo, sembrerebbe esserci anche la possibi-lità che, in assenza di questo stimolo bruciante, possasubentrarne un altro, forse una sorta di viscosa pigri-zia.Mi sembra di averlo identificato come il più grandenemico di ogni progetto, di ogni slancio, di ognisogno, compresa ovviamente la ricerca interiore. Laprincipale forma sotto la quale si manifesta è la stan-chezza, una strana forma di debolezza psicofisica,dove il mordente o la motivazione che ci spinge adagire vengono in qualche modo avvolti “da qualcosadi denso, di pesante” come la ruggine o come un con-sistente strato di polvere; ho notato però, purtroppo,che quando tergiverso nell’applicarmi, spesso evolentieri non provo solo sensazioni volte ad appassi-re, ma anche impulsi attivi, molto attivi, quasi arden-ti, che spingono la mia mente a pensare qualsiasicosa, con rabbia, con angoscia, oppure con

piacere, letteralmente qualsiasi cosa trannel’obbiettivo che mi ero prefisso in quel parti-colare momento della giornata.

L’accidia è tutt’altro che pigra e l’intensità con laquale agisce a volte, è sorprendente. Sembra quasil’espressione di forze caotiche che l’uomo non riescead organizzare, a dirigere, a comandare; forse perchémanca di fermezza, di determinazione, di volontà eforse per manca della consapevolezza di un elementoancora più importante: il centro, il sole interiore, laluce interiore.Questo centro potrebbe essere in grado di armonizza-re tali forze disobbedienti, di regolarle, di dare adognuna di loro un compito, uno spazio e perché no?un Nome. Questo centro è al di là delle passioni, al di là dei pen-sieri e delle convinzioni, sembra quasi che esista inun altro mondo, in un luogo atemporale, ma proprioper questo sempre presente e sempre in attesa di rice-vere ed aiutare quella consapevolezza umana, profa-na od iniziatica, che si decida a cercarlo.Nello scrivere queste cose, mi rendo conto che le con-seguenze di tutti questi impulsi possono portare aqualche cosa che oserei definire come: SprecoCos’è lo spreco? Qual è la debolezza o tenebra che loalimenta? Se fossimo “centrati” nel nostro essere,potremmo sprecare? Oppure tutto ciò che una perso-na fa fermamente centrata non può essere definitospreco e viceversa? Quando la mente vaga, supporta-ta dagli istinti, dalle passioni ed il corpo esegue azio-ni totalmente non in sintonia con quanto si pensa o siprova; ciò che si compie, oltre ad indebolire, risultainsipido, forzato, fastidioso e quasi morto.Perché morto? Perché non è collegato a quel centrodal quale si dipanano le energie interiori, che tra-smettono serenità, entusiasmo e qualcosa di unicoall’oggetto delle nostre attenzioni. Come scrivevo all’inizio, continuo a cercare di rita-gliare spazio ed a cercare di guardarmi. Credosia indispensabile che riesca a conoscermi.

MORGON - I:::I:::

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LA VIA CARDIACA

HASIDD - S:::I:::I:::

La cosa più difficile è pregare, anche se intorno a

noi tutto prega: la pianta buca il muro per trovare laLuce, la selce prega sforzandosi per diventare cristal-lo, il flusso e il riflusso del mare non è che una pre-ghiera.

"La preghiera è il respiro della nostra anima"; così cidice il V. M. Louis claude di Saint Martin. Matteo nel versetto 6:5-6 avverte: "quando pregatenon siate come gli ipocriti, poiché essi amano prega-re stando in piedi nelle sinagoghe e agli angoli dellepiazze per essere visti dagli uomini. Io vi dico in veri-tà che questo è il premio che ne hanno. Ma tu quan-do preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa laporta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nelsegreto, e il padre tuo, che vede nel segreto, te nedarà la ricompensa". Ne "Il mio libro verde" L. C. di Saint Martin si legge:"L'uomo con la sua preghiera può giungere fino allealte sfere di cui le sfere visibili non sono che delleimmagini imperfette e di cui il movimento, direttosecondo delle leggi e dei rapporti inalterabili, crea lapiù sublime armonia, trasmette accordi divini all'uni-versalità degli esseri".Nel versetto 422 continua dicendo: " Con la forza e laperseveranza nella preghiera, si ottiene la convinzio-ne esteriore che è la testimonianza, e la convinzioneinteriore ossia la Fede. È per questo che si è detto chela preghiera dà la ricompensa". Sorge la domanda: si può sopravvivere sul "sentierodella conoscenza" vivendo in solitudine? Il Martinistadeve imparare che quello che conta è riuscire ad equi-librare l'essere uomo con la meraviglia di essereuomo. Solitudine e dolore interiore sono la

condizione dell'iniziato martinista. Imboccando questo sentiero bisogna osser-vare il doveroso silenzio, imparando ad

attendere quello che accade interiormente. È impor-tante acquisire il controllo del proprio corpo e dellapropria mente attraverso il respiro. Poi si impara ildistacco davanti alle paure, al dolore, alle emozioni.Tutto questo serve non per evitare i disagi o pernascondere le proprie debolezze ma per trovarle eaffrontarle, praticando un'implacabile autocritica chediventa lo strumento di chi percorre il "sentiero",ossia "la via del cuore o Cardiaca", come si vuol dire.La via cardiaca è solitaria e spirituale. Una spirituali-tà che si concentra e si custodisce nel cuore e nel pen-siero in vista dell'orazione mentale.

Metodo questo che ci rimanda alla preghiera spiritua-le dei "Sanaitici" del VI e VII secolo e cioè a "Nilo,Giovanni, Climaco, Esichio e Filoteo" sostenitori del-l'hesichia (preghiera spirituale) come preparazioneper accogliere Dio nel proprio cuore. Se il Regno diDio è veramente nel cuore si avvalora la via "cardia-ca" sostenuta da Claude di San Martin.

La purezza del cuore è necessaria per poter accoglie-re Dio; chi non fa questo non può avere né amore, nésperanza e né fede.

"Bisogna essere virtuosi per amare e bisogna amareper pregare". Dice Ghandi: "la preghiera non ha bisogno della lin-gua ma del cuore; senza il cuore la preghiera non haalcun valore". Questo pensiero di Ghandi rimandaalla via cardiaca di L. C. di Saint Martin. Via neces-saria per uscire dalla condizione di Adamo Cadmon eper tornare ad essere come Adamo prima della cadu-ta.

HASIDD - S:::I:::I:::

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PASQUA

(Possibili Simbolismi, Analogie, Accostamenti)

MOSE’ - S:::I:::I:::

Il termine ebraico Pesach significa “passare oltre” e,

simbolicamente, evoca un “passaggio”… e la trans-izione “ad altro stato” di coscienza/esistenza …Storicamente si riferisce alla “liberazione” del popo-lo di Israele dalla schiavitù egiziana. La Pasqua cristiana evoca la “morte” e la “resurrezio-ne” di Gesù Cristo e racchiude il “mistero” del“riscatto” dell’Uomo e la sua “resurrezione/risveglio”alla nuova, vera vita. Nell’esoterismo in generale e in Massoneria, in parti-colare, il concetto di morte e rinascita a vita nuova èricorrente e contiene l’unica vera funzione di eleva-zione a successive dimensioni e gradi di Conoscenza. Oggi la Pasqua si accompagna a un corollario di tra-dizioni pagane. L’uovo di cioccolato presenta tutta una simbologiache oltrepassa il costume sociale al quale è collegato.L’uovo è il simbolo principe della vita; esso racchiu-de un microcosmo dentro il quale la vita si forma e sisviluppa. Risulta composto da tre elementi cosmogo-nici: la terra (rappresentata dal guscio), il fuoco (sim-boleggiato dal tuorlo) e l’acqua (evocata dall’albu-me). Taluni miti cosmogonici presentano l’uovocome il simbolo del creato … con la sua simbolicadivisione in due parti, cielo e terra. Nell’alchimia l’uovo rappresenta l’Athanor, la forna-ce alchemica dentro la quale gli elementi, fondendo-si, costituiscono la base per trarne la “pietra filosofa-le” o “Quintessenza”. Come noto, Il processo alchemico rappresenta la sin-tesi di varie fasi, dalla nigredo (opera al nero) in cuila materia subisce un processo di putrefazione e sidissolve come tale, all’albedo (opera al bianco) in cuiavviene un processo di purificazione e di sublimazio-ne, a cui fa seguito la fase di rubedo (opera al rosso)che rappresenta l’ultimo stadio, detto pure

dell’oro rosso, in cui il tuorlo all’interno del-l’uovo fissa la materia che, a questo punto, siricompone rinnovata.

Conoscere bene questo itinerario risulterà oltremodoimportante perché, con modalità analogiche, lo stessoprocesso dovrebbe essere praticato, quotidie, da ogniiniziato teso a operare su se stesso per purificarsi,spogliandosi delle scorie profane, al solo e unicoscopo di elevarsi spiritualmente. Il significato esoterico più profondo della Pasqua èproprio Il “passaggio” (Pesach), verso uno stato diesistenza nuovo che si basa sul superamento dellamateria e su una profonda “evoluzione dellaCoscienza” che si eleva verso lo Spirito, attraversol’acquisizione di una più Alta Conoscenza di Sé, delMondo e di Dio … “Solo quando il “nero” divente-rà “bianco” e gli elementi sapientemente mescolatisortiranno la magica rubedo, la “trasmutazionealchemica” sarà compiuta e nascerà “l’Oro delprimo mattino”. Sulla Porta Magica, a Roma, (raffigurata nel 1680 daMassimiliano Palombara), campeggia la seguentescritta “Quando nella tua casa i neri corvi partori-ranno bianche colombe allora sarai chiamatosapiente”.

Tentativi di accostamenti simbolici pasquali: Gesùè l’Io crocefisso tra i due aspetti contrastanti con cuiè costretto a convivere ogni essere umano, i dueladroni, i due malfattori che simboleggiano i dueaspetti della nostra Mente (Sé superiore e Sè inferio-re) … uno di essi, il ladrone di sinistra che non sipente e non si redime, tende verso il basso, mentrel’altro, il ladrone di destra tende verso l’alto, perchèriconosce i propri errori e con ciò si eleva da essi e sisalva….La personalità umana è capace di innalzarsi fino allestelle più alte e ancora più su … ma non esita a cade-re sempre più in basso, fino alle profondità della terrae ancora più giù … questa personalità umana devemorire, deve essere crocefissa affinchè l’Essenzadivina, Cristo, possa risorgere trionfante… Uccidendo l’Io, uccidiamo la parte umana di noi

insieme a tutto il bagaglio di concezioni che

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ci siamo fatti noi stessi e che pensiamo sisiano fatti gli altri su di noi, insieme ai nostridesideri, ai nostri egoistici progetti, ai nostribisogni, al nostro lato buono e a quello meno buono… in un unico avvenimento accomuneremo il rinno-vamento della nostra vita sul piano fisico, animico ementale (rinnoveremo la vita del corpo insieme con isuoi desideri, i piaceri, i vizi, le passioni … rafforze-remo l’anima nel suo nuovo rapporto con i propri sen-timenti e le emozioni e riusciremo a dare una svoltaanche alla nostra attività mentale sempre in continuofermento e movimento)…. Tutte queste innovazionilibereranno la scintilla divina che vive in noi e che, intal modo, può emergere e riaffiorare alla Luce dellavera Coscienza… “Etiam ego quondam crucifigo meum Ego… EademResurgoAnch’io ogni volta che crocifiggerò il mio Io… lì/inquel luogo/da là/allo stesso modo risorgerò”.

Un possibile simbolismo storico della Pasqua:

- L’Egitto è il simbolo del mondo- Il Faraone è il simbolo del principe del mondo, ildiavolo- La schiavitù simboleggia il peccato- L’agnello simboleggia Gesù Cristo salvatore- Il sangue sulla croce del Golgota rappresenta la libe-razione dalla schiavitù del peccato e produce la sal-vezza.Cristo, attraverso il suo sacrificio, ha annullato ilpotere del peccato e ci ha immessi sul cammino versola Terra Promessa. Il rito dell’agnello pasquale ha trovato la sua realiz-zazione nel sacrificio espiatorio del Messia sullacroce, che ci indica il modo per entrare in possessodegli strumenti necessari per raggiungere la libera-zione dal male, da Lui ottenuta per noi.Mangiare l’agnello significa mangiare la Pasqua … ela Pasqua è Cristo … e proprio questo è il messaggioche Gesù ha voluto annunciarci durante il suo mini-stero terreno:“Se non mangiate la carne del Figliolo dell’uomo e

non bevete il suo sangue, non avrete la vita in voi”(Giovanni 6:53) ; “Chi mangia la mia carne

e beve il mio sangue ha la vita eterna”(Giovanni 6:54).I termini “carne e sangue” esprimono un

significato simbolico e intendono rappresentare“l’uomo” e la “natura umana”.La natura umana è corrotta: “Il cuore è ingannevolepiù d’ogni altra cosa, e insanabilmente maligno; chilo conoscerà? Io, l’Eterno che investigo il cuore”(Geremia 17:9-10);“Carne e sangue non possono ereditare il regno diDio” (1 Corinzi 15:50); tutti siamo partecipi dellanatura umana, perché la riceviamo in eredità: “Quelche è nato dalla carne, è carne” (Giovanni 3:6);anche Gesù, nato da carne, cioè da Maria, ha ricevu-to per eredità la natura umana … ma è stato concepi-to anche dallo Sirito Santo e da questi ha ricevuto lanatura divina.La natura umana era quella parte di Gesù soggetta atentazione (Luca 4:1-13); mentre la natura divina eraquella che dava a Gesù la vittoria sulla tentazione(Giacomo 1:13). La vittoria sul peccato e sul maligno possiamo otte-nerla solo condividendo la natura stessa di Dio, quel-la cioè che ha trionfato in Gesù Cristo.Gesù, quando ci offre la sua carne e il suo sangue,non intende offrirci la sua natura umana bensì quelladivina. Egli si è Liberato del suo corpo umano e dellasua natura umana, morendo sulla croce, ed è tornatoa rivestirsi unicamente della sua divinità.

“Nel principio era la Parola, e la Parola era con Dio,e la Parola era Dio. Essa era nel principio conDio…E la Parola è stata fatta carne ed ha abitato untempo fra noi, piena di grazia e verità; e noi abbiamocontemplato la sua gloria, la gloria dell’Unigenitovenuto da presso del Padre” (Giovanni 1:1-2,14).

Altri Simbolismi Analogie Accostamenti

Gesù è morto il giorno di Pasqua, subito dopo aversacrificato l’agnello pasquale e aver consumato laPasqua insieme ai suoi discepoli (Luca 22:7-16). Il popolo eletto aveva trascorso già 430 anni dischiavitù in Egitto e, nel progetto di Dio, Mosè sareb-

be diventato lo strumento per liberare il

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suo popolo dall’oppressione egiziana e perguidarlo alla Terra Promessa. La morte dei primogeniti degli Egiziani, ulti-ma delle 10 piaghe annunciate da Mosè, mise pauraal cuore del Faraone che concesse ai figli d’Israele dipartire e andare via (Esodo 12:31-32). Il sangue di unagnello, all’uopo sacrificato, applicato sui due stipitie sull’architrave della porta delle case, informò l’an-gelo della morte che quella casa era santa e non pote-va penetrarvi per colpire i primogeniti di Israele. Cristo, circa 430 anni dopo l’ultimo profeta,Malachia, diede inizio al suo ministero … e Giovanniil Battista lo accolse con queste parole: “Eccol’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo”(Giovanni 1:29). Cristo, dunque, come l’Agnello,doveva essere sacrificato per la salvezza di molti.

Ecco le raccomandazioni sull’Agnello pasquale:

- “Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, del-l’anno” (Esodo 12:5).- “Sia arrostito al fuoco, con la testa, le gambe e le

interiora” (Esodo 12:9). - “E se se ne mangerà la carne in quella notte; si

mangi arrostita al fuoco, con pane senza lievito”(Esodo 12:8). - “E non ne lasciate nulla di resto fino alla mattina;e quel che ne sarà rimasto fino alla mattina, brucia-telo col fuoco” (Esodo 12:10).… “Or nella notte del sabato, quando già albeggiavail 1° giorno della settimana, Maria Maddalena e l’al-tra Maria si recarono a visitare il sepolcro… Perchécercate il vivente fra i morti? Egli non è qui, ma èrisuscitato” (Matteo 28:1 / Luca 24:5-6). … MISTERO DELLA FEDE …

LA PASQUA EBRAICA

Pessach non va intesa come una pia commemorazio-ne di eventi lontani, bensì rappresenta un'esperienzavera e propria in cui ogni ebreo deve immergersi epartecipare oggi a quell’evento ritenuto fondamenta-le per lui, per il suo popolo e per tutta l'umanità.

La Pasqua trasmette la liberazione dalla schiavitùdell'Egitto e quel messaggio, legato a un pas-

sato remoto, si rinnova ogni anno, con lacelebrazione di questo evento storico chediventa oggi un messaggio di Dio. Lo stesso

Dio che è intervenuto nella storia, continua a interve-nire ancora oggi, caricando qell’episodio storico di unsignificato eterno e sempre rinnovato e attuale.Appare complicato, ma risulta possibile partecipareoggi ad un evento che ebbe luogo più di tremila annifa … l'uomo occidentale trova difficoltà a capire, abi-tuato, com’è, a considerare il tempo come una lineadiritta, che parte da un passato remoto e si dirigeverso un futuro imprevedibile che nessuno può cono-scere e che non tornerà mai più … perciò, nella fatti-specie, gli eventi dell'Esodo dall'Egitto gli sembranoun lontano passato, senza alcun significato attuale.L'ebreo non avanza su una linea diritta …L’Ebreo dice: "Noi ci muoviamo in cerchio o, meglio,in una spirale, e perciò passiamo anno dopo annoattraverso le stesse stagioni, nelle quali avvennero gliinterventi storici di Dio in favore dei nostri padri eringraziamo Dio per i miracoli che ha operato nellanostra storia”. Gli Ebrei non parlano dei grandi even-ti dicendo "in quei giorni", ma dicono "in quei gior-ni, in questo nostro tempo" perchè ancora oggi nesono partecipi.Secondo Moshe Chaim Luzzato, rabbino e qabbali-sta: " Ogni impresa operata da Dio, ogni luce chebrillò in un certo tempo della nostra storia, quandoquesto tempo ci raggiunge attraverso la memoria, losplendore di quella luce brilla di nuovo e i frutti diquell'impresa possono essere mietuti da chiunque èpresente per raccoglierli " … l'ebreo rivive i grandiavvenimenti della sua storia entrando nel loro spiritoe vi attinge forza e ispirazione per il suo cammino.Pessach, la Pasqua, gli ebrei la chiamano " il tempodella nostra liberazione ".Questa liberazione cade sempre di primavera … inse-rendo la liberazione spirituale nel contesto naturaledella primavera, periodo in cui la natura, superate letenebre dell'inverno, si rinnova e si riveste di nuovosplendore e la voce dell'amato risuona potente"Alzati, amica mia, vieni, mia bella, mettiti in cammi-no. Ecco l'inverno (la schiavitù) è passato” …

La schiavitù e la liberazione dall'Egitto

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costituiscono la pietra miliare di fondazionedi Israele; su di esse poggia tutta la sua storia.Per questo i saggi di Israele possono dire:"Ogni periodo di esilio nella storia del nostro popolofu prefigurato dalla schiavitù d'Egitto e ogni atto diliberazione, fino a quando giungerà quello definitivo,l’ avvento del Messia, ha le sue radici in questaredenzione originale, che avvenne durante l'eternastagione della nostra liberazione dall'Egitto ".Ecco perché l'ebreo nella notte di Pessach diventapartecipe di quell'intervento attraverso il quale Dio siscelse un popolo, lo adottò e lo strappò al potere di unaltro…In questa notte speciale, gli ebrei si riuniscono infamiglia, attorno a una mensa imbandita con i segnidella redenzione e proclamano, come fecero i loropadri, le meraviglie che Dio ha operato per loro; poimangiano e bevono i segni della loro salvezza e dellaloro stessa liberazione.il Seder pasquale viene vissuto come un dono di Dio,un'opportunità per rivivere e non soltanto per ricorda-re l'esodo dall'Egitto.Quando la Pasqua è preparata e celebrata come sideve, le forze spirituali che si manifestarono durantela prima Pasqua agiscono nuovamente. Per questo ilTalmud dice: "In ogni generazione uno si deve consi-derare come se lui stesso uscisse dall'Egitto". Eccoperché la preparazione della Pasqua è una condizioneessenziale per poter riviverla." Ognuno si applichi con riverenza a seguire le indi-cazioni dei saggi che hanno fissato nella Haggadahlo svolgersi dei riti del Seder. Nessun dettaglio cisembri di troppo, anche se ci sono molte cose attornoalla Pasqua che ci potrebbero sembrare superflue,neanche il minimo segno, il minimo gesto è senzasignificato ed efficacia ".L’esperienza del proprio esodo non può essere unesercizio intellettuale, un pio sentimento o una deci-sione della nostra buona volontà; bisogna prepararsi ecreare un ambiente e un clima nei quali l'esodo siaevocato attraverso segni evidenti.Seguire alla lettera il Seder pasquale affinchè le sueparole e i suoi segni siano protesi a provocare un'e-sperienza personale e comunitaria di libera-

zione dalla schiavitù; ogni pur minimo segnoe dettaglio usato durante la notte devonoessere considerati come strumenti che aiuta-

no a raggiungere questo scopo spirituale, siano cometessere di un mosaico, indispensabili perché Diopossa comporre per l'uomo l'insieme di un disegno." Seder di Pasqua ", cioè ordine di Pasqua: una seriedi segni scandisce ogni tappa della notte di Pasqua echi è presente in questa notte viene condotto dall'e-sperienza di schiavitù alla gioia della libertà.Il Maharal afferma: “Seguendo tappa per tappa ilmodello tracciato dai padri, prepariamo l'avventodella redenzione finale, perché ogni Pasqua fa rivive-re l'esperienza della prima liberazione e fa presagirequella successiva, fino all'ultima e definitiva libera-zione ".I principali elementi preparatori del Seder pasqualesono l'annuncio della Pasqua e la preparazione dellaPasqua.Tutta la vita dell'uomo è preparazione, nelle sue deci-sioni importanti e in ogni esperienza quotidiana, pic-cola o grande, bella o brutta … l’esistenza preparaogni singolo individuo per la vita eterna.L’ebreo si prepara ogni giorno a uscire da se stesso; almattino proclama: "Preparati, Israele, all’incontrocon il tuo Dio " e si proietta verso la preghiera mattu-tina per prepararsi alla storia che lo aspetta lungo lagiornata. Ogni giorno della settimana è preparazioneper lo Shabbath. I saggi dicono: "Chi ha lavoratoprima dello Shabbath, avrà qualcosa da mangiare ilgiorno dello Shabbath", in cui l'ebreo si prepara perla vita eterna. Ma in nessuna occasione la preparazio-ne viene così insistentemente sottolineata dalla Torahcome a Pessach, perché a Pasqua si esce dalla schia-vitù … e perché Pessach possa essere un'esperienzasignificativa piena di efficacia e non un semplicericordo, viene richiesta un'obbedienza assoluta emeticolosa ai precetti pasquali.I saggi di Israele sottolineano che i padri furonoredenti dall'Egitto non per merito di una grande fedee neanche per una loro lodevole azione morale osociale, ma solo in virtù della loro semplice obbe-dienza ai comandamenti dati da Mosè.

Secondo il Midrash soltanto i più poveri,

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quelli che non avevano nulla, obbedirono,mentre tutti gli altri Israeliti perirono con iprimogeniti egiziani oppure rimasero inEgitto.A Pessach sulla mensa di ogni famiglia vengonoesposti l'agnello (dopo la distruzione del tempio e lacessazione dei sacrifici, veniva simboleggiato da unosso di gallina o di agnello), la matzah (il pane azzi-mo) e le erbe amare (maror)La matzah o pane non lievitato è oggi il segno piùimportante della Pasqua perchè riesce a ricordareinsieme l'esilio e la redenzione.Da un lato è lechem oni, il pane dell'umiliazione edella povertà, che in Egitto veniva mangiato daglischiavi, i quali non potevano aspirare a un panemigliore; dall'altro è il segno della libertà perché,quando scoccò l'ora della liberazione, tutto si svolsecon tale rapidità che gli ebrei non ebbero neppure iltempo di far lievitare il pane e uscirono con le loroprovviste di pane azzimo non cotto. La caratteristicaprincipale della matzah è l'assenza di ogni lievito; illievito fa crescere la pasta e le dà gusto ed è perciò ilsegno dell'autoaffermazione, dell'oppressione e delpeccato. Gli ebrei, infatti, nella loro qualità di schiavidel faraone, se desideravano la liberazione, non ave-vano altra scelta che umiliarsi e sottomettersi a Dio.

Il sacrificio dell'Agnello

Ogni ebreo a Pessach era tenuto a offrire il sacrificiopasquale nel santo Tempio di Gerusalemme …… circa un mese prima si provvedeva a ripristinare lestrade che conducevano a Gerusalemme e venivanoriempite le cisterne e i pozzi lungo il cammino, inmodo da garantire ai pellegrini l'acqua necessariadurante il loro viaggio.La stessa città di Gerusalemme si preparava febbril-mente a ricevere la moltitudine che vi affluiva e così,ogni anno, migliaia e migliaia di ebrei partivano datutti gli angoli della terra di Israele e giungevano nellacittà santa … e c'era posto per tutti in città.Il sacrificio dell'agnello pasquale rappresentava l'e-vento più solenne della festa e avveniva durante ilpomeriggio della vigilia di Pessach.Ogni famiglia numerosa aveva procurato un

agnello, che sorvegliava attentamente, affin-ché nessun incidente lo potesse rendereimproprio al sacrificio. Le famiglie più pic-

cole si organizzavano in comunità di famiglie peroffrire il sacrificio in comune, giacchè la Pasqua pre-scriveva che tutta la carne dell'agnello doveva essereconsumata durante la notte di Pessach.Il rituale del sacrificio dell’agnello prevedeva che lamoltitudine dei fedeli venisse divisa in tre gruppi;entrava prima il primo gruppo e dietro di esso veni-vano chiuse le pesanti porte del Tempio. Tre suoni ditromba annunciavano l'inizio dei sacrifici. I sacerdotierano muniti di bacini d'oro e d'argento e immediata-mente dopo lo scannamento dell'animale (shchitah), aturno, il sacerdote più vicino al sacrificio riceveva ilsangue dall'israelita che aveva sacrificato e passava ilbacino al sacerdote sul gradino superiore, senza ver-sare neppure una goccia, fino a giungere sull'altaresul quale veniva versato il sangue.Quando il primo gruppo aveva terminato, venivaammesso per il sacrificio il secondo e poi il terzo.Durante i sacrifici, tutti i fedeli, diretti dai leviti, can-tavano salmi di lode. Quando giungeva la notte, ogni famiglia o comunitàdi famiglie disponevano sulla mensa la carne arrosti-ta dell'agnello sacrificato insieme con gli altri segnisacramentali principali che erano matzah, maror e lequattro coppe di vino. Gli altri simboli (uovo,Charoset, lattuga) furono aggiunti dopo la distruzio-ne del tempio.Iniziava allora il Seder.La madre pronunciava la benedizione sulla luce men-tre accendeva la candela che illuminava la mensacoperta da una tovaglia bianca e apparecchiata con isegni pasquali. La stanza era illuminata al massimo epure il capofamiglia " brillava " vestito del suo kittelbianco, con la kippah di seta bianca e cinto di unacorda bianca, come i padri in Egitto pronti ad essereguidati da Mosè, dalla schiavitù verso la libertà.Stupiti e meravigliati, i bambini contemplavano lamensa e tutti i segni particolari e ogni minimo gestoe parola che caratterizzavano quella notte. Davanti adognuno dei commensali era posta una Haggadah di

Pasqua e quattro coppe di vino …

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Il piatto del Seder era posto davanti al padro-ne di casa che, come se stesse celebrando ungrande " mistero ", ne svelava i significati …c’era l’agnello sacrificato nel Tempio, " un agnelloper ogni famiglia, uno per ogni casa ", c’erano trematzoth, separate l’una dall'altra da una tovaglia dilino … il maror, l'erba amara, la lattuga, il charoset,un dolce a forma di mattone, un uovo sodo e, (se siera in esilio o dopo la distruzione del Tempio), unosso di agnello o di gallina spolpato (che ricordava ilsacrificio dell’agnello nel Tempio)…I segni dell'agnello, della matzah e delle erbe amareerano la base per il racconto dell'Esodo. La matzath e il maror erano ben visibili sulla mensa,ma prima di mangiarli, l'ebreo doveva narrare l'uscitadall'Egitto …

Il racconto dell'Esodo

" ...Perché tu possa raccontare nelle orecchie di tuofiglio e di tuo nipote quello che ho operato in Egitto,i segni che ho compiuto in mezzo a loro e così cono-sceranno che Io sono il Signore " … l'esodo è il fon-damento di tutto … l'esodo è una nuova creazione, l'i-nizio della storia di Israele come popolo di Dio, attra-verso l'intervento amoroso e totalmente gratuito diDio nella storia dell'umanità…Attraverso questa redenzione fu rivelato a Israele e atutti i popoli che solo a Dio appartengono il regno, ilpotere e la gloria in cielo e in terra. Finché gli uomi-ni rifiuteranno di riconoscere la fragilità del propriopotere e i limiti di ogni loro impresa, il racconto del-l'esodo sarà necessario per ricordare che l'uomo èargilla nelle mani del suo Creatore e che la sua vitadipende da Dio. Per questo l'Aggadah di Pasqua insi-ste che "più uno parla dell'esodo dall'Egitto, più èmeritevole di lode ".Perciò l'ebreo deve parlare di ognuno degli eventidell'esodo fin nei più minimi dettagli ed entrare neiloro significati storici e spirituali, per poterli speri-mentare nella propria esistenza. " Nell'evento liberatore dell'Egitto, Dio, sposando sulSinai il popolo che si è riscattato, dice di se stesso: "Iosono il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalpaese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù.

Non avrai altri dèi di fronte a me, manife-standosi come l'unico vero sposo ".

Domanda e risposta

È importante sottolineare l’aspetto caratterizzante delSeder pasquale: il dovere di parlare dell'esodo devecompiersi attraverso domande e risposte tra il padre ei figli. " Quando tuo figlio domani ti domanderà:"Che significa ciò? - tu gli risponderai: "Con bracciopotente il Signore ci ha fatti uscire dall’Egitto, dallacasa della schiavitù” (Es 13,14)...." La liberazione dall'Egitto segna la nascita degli ebreicome nazione, unita dal legame particolare dei figlicon il padre. " Israele è il mio primogenito " …La Pasqua, quindi, è il natale del popolo ebraico.

MOSE’ - S:::I:::I:::

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