Politecnico di Milano Dipartimento di Elettronica Informazione e Bioingegneria Corso di Laurea Triennale in Ingegneria Biomedica Bioingegneria Chimica 1 Autore: Fosco Cancelliere Prof.: Silvia Farè Date: March 9, 2020
Politecnico di Milano
Dipartimento di Elettronica Informazione e Bioingegneria
Corso di Laurea Triennale in Ingegneria Biomedica
Bioingegneria Chimica 1
Autore:Fosco Cancelliere
Prof.:Silvia Farè
Date: March 9, 2020
Contents
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Capitolo 1
Introduzione
Def: 1 (Materiale)Un aggregato di atomi o molecole in grado di opporre un’adeguata reazione a stimoli chimici,fisici e a sollecitazioni meccaniche per consentirne l’impiego per la realizzazione di oggetti, com-ponenti e strutture ♦
I materiali sono in genere calssificati in base alla loro struttura chimica: metalli, ceramiche evetri, polimeri, e materiali compositi sono un esempio di questa classificazione. La strutturachimica, oltre ad una prima classificazione dei materiali offre anche un’indicazione delle proprietàfisico-meccaniche del materiale
Proprietà macroscopiche Lo studio delle proprietà maacroscopiche considera il comporta-mento del materiale nel suo insieme. Il materiale è detto isotropo se le sue proprietà rimanogonoinvariate in tutte le dierezioni, altrimenti è anisotropo.
Le proprietà vengono studiate con prove sperimentali su appositi campioni, rappresentativi delmateriale nel suo insieme
Microstruttura Le proprietà microstrutturali del materiale sono osservate mediante microscopioper individuare le singole fasi o parti che costituiscono il materiale e come interagiscono
Struttura Atomica o Molecolare Correlare le proprietà dei matriali alla natura dei legami tragli atomi e le molecole e la mobilità degku elettroni, analizzare la dimensione e la disposizionespaziale di atomi e molecole, verificare la presenza di difetti e determinarne le consequenze
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1.1 - Struttura dei materiali 1. INTRODUZIONE
fili metallici + elastomero(pneumatici)
Metalli e leghe(Fe, Al, Cu, AccaioGhisa)
Al rinforzato conparticelle di Al2O3
Ceramici(vetri, laterizi, Al2O3)
Polimeri(PE, PVC, elastomeri)
poliesteri rinforzaticon fibre di vetro
1.1 Struttura dei materiali
Gli atomi o le molecole ceh costitiuiscono un materiale possono disporsi in modo più o menoordinato. La materia può assumere diverse forme strutturali, che dipendono dalla disposixionedegli atomi o delle molecole nello spazio.
I materiali possono presentare, a seconda del grado di ordine degli elementi che li compongono,struttura:
• Cristallina: disposizione ordinata e ripetitiva, trisimensionale
• Semicristallina: coesistenza di porzioni di materiale crisatallino e amorfo
• Amorfa: disposizione spaziale disordinata
tali strutture possono presentare dei difetti che sono molto importaniti nel determinare le carat-teristiche finali.
La natura dei legami (covalente, ionico, metallico, o legami deboli), le dimensioni delle unitainifinitesime (atomi, molecole o macromolecole), struttura (amorfa, cristallina, semicristallina),ed eventuali difetti (di punto, di linea, di superficie) concorrono tutte alle proprietà del materiale.
1.1.1 Struttura cristallina
La struttura cristallina è un tipo di struttura ordinata e ripetitiva a livello atomico o molecolare(es. metalli, ceramici). I legami che tengono insieme i cristalli sono legami forti, che conferisconoal materiale elevate proprietà meccaniche.
L’unità strutturale minima, la cui ripetizione nelle tre dimensioni dello spazio può generare l’interoreticolo, è detta cella elementare
Il cristallo reale ha una disposizione atomica che si discosta dalla struttura del cristallo ideale
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1.2 - Classificazione dei materiali 1. INTRODUZIONE
a seguito della presenza di difetti nella struttura cristallina, che possono modificare considerevol-mente le proprietà dei materiali.
1.1.2 Struttura amorfa
I gruppi di atomi o di molecole si dispongono in modo disordinato dello spazio, similmente ailiquidi. Ilegami all’interno delle sinogole molecole sono froti, ma le interazioni intermolecolaririmanogno deboli.
Questo tipo di struttura (es. Vetri, ed alcuni Polimeri) gode di porprietà meccaniche moltoinferiori rispetto alle strutture cristalline
1.1.3 Struttura semicristallina
La struttura presenta zone cristalline frammiste a zone amorfe, il ce conferisce al materialeproprietà meccaniche intermedie rispetto a materiali cristallini e amorfi. La maggior parte deimateriali polimerici assume questo tipo di struttura.
Essendo una combinazione di due tipi di struttura, i materiali polimerici presentano una partedelle molecole disposte in modo ordinato, e il resto in disposizione casuale. Esistono materialipolimerici amorfi e semicristallini, ma non completamente cristallinici.
Le zone cristalline presentano generalemente una temperatura di fusione maggiore rispetto allatemperatura di rammolimento delle zone amorfe
1.2 Classificazione dei materiali
1.2.1 Materiali Metallici
I materiali metallici sono composti da uno o piu elementi metallici con possibii inclusioni disostanze non metalliche.
Def: 2 (Lega)La fusione di piu materiali metallici o di un materiale metallico e materiali non metallici ♦
I materiali metallici a temperatura ambiente si presentano come solidi cristallini.
La struttura di un materiale metalluco è definita dal legame metallico . Rispetto ad altri tipidi legame forte, nel legame metallico gli elettroni formano una nuvola elettronica. La mobilità diquesta nuvolafa in modo che tali materiali abbiano ottima conducibilità terimica ed elettrica.
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1.2 - Classificazione dei materiali 1. INTRODUZIONE
1.2.2 Materiali Polimerici
I materiali polimerici sono materiali composti da lunghe catene molecolari (macromolecole) abase di atomi di carbonio legati ad altri elementi (H, O, N, Cl, S). questi atomi di carbonio sonolegati da legami forti, dove non vi è mobilità elettronica. In quanto tale la conducibilità termicaed elettrica è molto scarsa in questa classe di materiali.
1.2.3 Materiali Ceramici
Materiali inorganici costituiti da elementi metallici (Mg, Al, Fe) e non metallici (es. O) legatichimicamente tra loro. Si presentano come solidi cristallini e comprendono anche vetri mineraliinorganici, nonostante siano amorfi.
I materiali ceramici sono caratterizzati da legami forti (ionici o covalenti), che li porta ad esserescarsi conduttori termici ed elettrici. L’innesto di polimeri conduttivi può alterare questa proprietà.
1.2.4 Materiali Compositi
Sono materiali costituiti da una miscela o combinazione di due o più macrocostituenti che dif-feriscono nella forma e nella composizione chimica e sono insolubili l’uno nell’altro.
le tre classi di materiali possono essere combinate per ottenere un effetto sinergico delle proprietà
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Capitolo 2
Proprietà dei materiali
Il comportamento di un materiale è caratterizzato dalla sua reazione ad una sollecitazione. Ogniproprietà di un materiale è dunque la misura di un comportamento durante una prova specifica.
Esistono tre tip di proprietà a seconda del tipo di sollecitazioni estene applicate:
• Proprietà chimiche: comportamento dei materiali in un ambiente chimico aggressivo,particolare o specifico.
• Proprietà fisiche: comportamento dei materiali sotto azione di forze fisiche come la tem-peratura , i campi elettrici o magnetici e la luce
• Proprietà meccaniche: comportamento di materiali sottoposti all’azione di un sistema diforze
2.1 Proprietà meccaniche
Determinano il comportamento dei materiali al seguito dell’applicazione di forze o carichi e sonomolto sensibili ai processi di lavorazione e trasformazione. Il comortamento o risposta di unmatreriale dipendie dal tipo e dalla morfologia dei legami, dal numero e tipologia dei difettipresenti al suo interno, e dal tipo di sforzo e la sua modalità di applicazione.
2.1.1 Risposta meccanica
la risposta all’applicazione di una forza comporta tre tipi di deformazione elastica, plastica,viscosa. A seconda del tipo di rsposta espressa, i materiali possono essere classificati come :
• Elastoplatici
• Viscoelastici
• Elastici
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2.1 - Proprietà meccaniche 2. PROPRIETÀ DEI MATERIALI
Una risposta di tipo elastica comporta la capacità del materiale di recuperare la propria formainiziale a seguito di una deformazione (es. ceramici)
La risposta plastica invece, descrife il comportamento opposto, ossia quando il materiale, unavolta deformato, mantene la nuovaforma assunta.
Se il materiale esprime un comportamento viscoelastico, invece vi è un recupero solo parziale infunzione del tempo e della velocità della struttura originatia (es. polimeri)
2.1.2 Sforzo (stress) e deformazione (strain)
Ogni forza o carico applicato ad un materiale produce uno sforzo ed una deformazione nel ma-teriale, legate tra loro dalla caratteristiche strutturali del materiale stesso..
Def: 3 (Sforzo)Intensità della forza di reazione in ogni punto del corpo sottoposto a carichi. Può essere valutatoin differenti condizioni di lavorazione e fabbricazione, in seguito a cambiamenti termici. Lo sforzoè paragonabile ad una "pressione di reazione" ed è infatti misurato in n/(m)m2 = (M)Pa ♦
Stati tensionali di sforzo
Gli sforzi principali si dividono in normali all’asse (ossia trazione e compressione), flessione, etaglio.
(a) Sforzo di trazione (b) Sforzo di taglio
Fig. 2.1: Sforzi di taglio e trazione
Gli sforzi di taglio invece, si applicano trasversalmente alla direzione normale, e comportano unadeformazione data dallo slittamento a parallelogramma.
τ = S (Forza di taglio)A (Area di applicazione)
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2.1 - Proprietà meccaniche 2. PROPRIETÀ DEI MATERIALI
2.1.3 Modulo di elasticità o rigidezza
Il modulo di elasticità è una grandezza caratteristica di un materiale, che esprime il rapporto trasforzo e deformazione nel caso di condizioni di carico monoassiale ed in caso di comportamentodi tipo "elastico" del materiale.
Def: 4 (Rigidità o rigidezza)Tendenza a subire deformazioni in campo elastico. Maggiore è il modulo elestico di un materiale,più accentuata sarà la sua rigidezza ♦
2.1.4 Prova di trazione
Le prove di trazione sono prove standard volte a determinare il comportamento meccanico diun materiale. Soo realizzante applicando una forza di trazione su un provino di materialecon dimensioni standardizzate, seguendo un procedimento di carico a velocità di deformazionecostante
Fig. 2.2: Geometria di un provino
le proprietà di uno stesso materiale ad una prova di compressione possono essere molto differentirispetto alla trazione.
2.1.5 Isteresi
I materiali non hanno comportamento elestico ideale, parte dell’energia viene dissipata per attritointerno
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2.1 - Proprietà meccaniche 2. PROPRIETÀ DEI MATERIALI
Fig. 2.3: Isteresi Elastica, Viscoelastica e plastica
Nei materiali visco-elsatici la deformazione avviene in parte per scorrimenti viscosi tra molecole,e perciò parte dell’energia assorbita durante la deformazione non viene restituita e si trasformain calore.
2.1.6 Tenacità e resilienza
Fig. 2.4: Tenacità e resilienza
Def: 5 (Tenacità)La tenacità è la capaxtà di un materiale di assorbire energia prima della rottura (Punto D delgrafico) e corrisponse a Ue + Up ♦
Def: 6 (Resilienza)La resilenza è la capacita di un materiale di assorbire energia solo nel campo elastico (Ue) ♦
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2.1 - Proprietà meccaniche 2. PROPRIETÀ DEI MATERIALI
2.1.7 Prove di resistenza all’urto
Le prove di resistenza all’urto hanno lo scopo di valutare la quantità di energia assorbita da unporvino standardizzato se investito da una quantità nota di energia cinetica (colpo con un magliomeccanico). L’energia assorbita è utilizzata come indice della suscettibilità alla rottura duttile oalla rottura fragile.
Le prove di resistenza all’urto si effetuano con un impatto al centro del provino (Charpy test)oppure colpendolo ad un’estremità (Izod test).
Il comportamento duttile oe fragile non è sempre una catatteristica intrinseca del materiale, puoinfatti variare a seconda dell’applicazione del carioc e della temperatura
2.1.8 Prove a Fatica
Una sollecitazione ciclica e variata di un materiale può portare una rottura da un livello di sforzomolto inferiore rispoetto a quello misurato in caso di uno sforzo costante.
Per valutaare la resistenza alla fatica si sollecitano diversi provini con sforzi a diverse intensità.Successivamente si misura il numero di cicli necessari per portare il provino a rottura. Infine siriportano in un grafico i valori di sforzo massimo in funxopme del numero di cicli di rottura (curveσ −N o curve di Wohler)
2.1.9 Durezza
La durezza è la misura della resistenza di un materiale alla deformazione plastica permanente. Lamisura viene effettuata sperimentalmente tenendo conto delle dimensioni dell’impronta ottenutacomprimendo un penetratore (di diversa fotma) sulla superficied del materiale. I nomi dei test diBrinell Vickers e Rockwell si riferiscono al tipo di penetratore utilizzato e alla dimensione valutatanel test.
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Capitolo 3
Materiali Metallici
Gli atomi dei metalli si legano tra loro formanda il cosiddetto legame metallico, aggregandosigliu uni agli altri fino a formare strutture di tipo cristallina. I metalli hanno la tendenza a cederei loro elettroni di valenza e di conseguenza a formare cationi.
All’interno della struttura cristallina, i cationi occupano posizioni fisse e ordinate nello spazio,mentr gli elettroni ceduti vengono messi in comune e costituiscono una nuvola elettronica adelevata mobilità.
Questa nuvola elettronica è responsabile per molte porpietà macroscopiche come adesempiol’elevata conducibilità elettrica e termica di questa classe di materiali.
I materiali metallici oltre da una struttura ordinata a livello atomico sono caratteizzati dallaformazione di legami forti, che a livello macroscopico conferisce loro elevate caratteristiche mec-caniche.
3.1 Reticoli Cristallini
In un metallo, o in una lega metallica, la struttura non è formata da un solo cristallo, ma daun aggragato di strutture cristalline stabile. Variazioni energetiche dell’ambiente cirscostante(come ad esempio la temperatura) possono alterare la struttura cristallina di un metallo. Questocomportamento è detto Polimorfismo, e le forme cristalline assunte dei materiali sono dettefrome alllotropiche piccole dette grani. Ciascuna struttura può presentare difetti puntiformi,lineari (dislocazioni) o di supreficie (bordi di grano)
Def: 7 (Reticolo di Bravais)Un Reticolo di Bravais è un insieme infinito di punti con una disposizione geometrica identicasu tutto lo spazio. I punti del reticolo sono atomi, molecole o ioni, ed il reticolo permette didescrivere la struttura atomica dei cristalli. Bravais ha dimostrato che esistono 14 modi diversiper disporre gli atomi nello spazio. ♦
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3.1 - Reticoli Cristallini 3. MATERIALI METALLICI
(a) Cubico semplice (b) Cubico a corpo centrato (c) Cubico a facce centrate
Fig. 3.1: Reticoli Cristallini
La Struttura atomica metallica è una struttura compatta dove ciascuna tomo pu; avere un mag-giro numero id interazioni con gli atomi vicini. Le strutture compatte si costruiscono sistemandonello spazio "sfere rigide" con il massimpo unmero di asvere per unità di volume. Il 90% deimetalli hanno una struttura cristallina che può essere ricondotta ad uno sei seguenti reticoli:
• Cubica a Corpo Centrato (CCC)
• Cubica a Facce Centrate (CFC)
• Esagonale Compatta (EC)
3.1.1 Reticolazione Cubica a Corpo Centrato
La struttura cubuca a corpo centrato (BCC o Body-Centered Cubic) contiene un atomo all’internodella struttura cubica. Gli atomi sono aconttatto solo lunge le diagonali della cella cubica, epresentano un fattore di impaccamento di 0.68
Il reticolo cubico a corpo centrato è una cella caratteristica dei materiali stabile. Variazioni ener-getiche dell’ambiente cirscostante (come ad esempio la temperatura) possono alterare la strutturacristallina di un metallo. Questo comportamento è detto Polimorfismo, e le forme cristallineassunte dei materiali sono dette frome alllotropiche duri, con resistenza alle deformazioni e
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3.2 - Struttura dei Materiali Metallici 3. MATERIALI METALLICI
duttilità medie. Alcuni metalli che presentano in condizioni normali questo tipo di reticolo sono:Tungsteno (W), Ferro (Fe), Cromo (Cr), Potassio (K), Tantalio (Ta)
3.1.2 Reticolazione Cubica a Facce Centrate
La struttura cubuca a facce centrate (FCC o Face-Centered Cubic) è costituita da celle elemen-tari che contengono su ogni faccia della struttura cubica un atomo, e prensenta un fattore diimpaccamento di 0.74.
Il reticolo cubico a facce centrate è catatteristico di materiali metallici più duttili, malleabili ebuoni conduttori di elettricità e calore. Rame (Cu), Alluminio (Al), Piombo(Pb), Oro (Au), eArgento (Ag) presentano questo tipo di reticolazione.
3.1.3 Reticolazione Esagonale Compatta
Le facce superiore ed inferiore della cella esagonale hanno un atomo al centro, mentre us unpiano intermedio ad esse vi sono tre atomi disposti a triangolo, che rimangono a contatto con lefacce superiori ed inferiori. La cella esagonale ha fattore di impaccamento di 0.74
Il retiocolo esagonale è estremamente compatto ed è la struttura tipica di materiali fragili comeil Magnesio (Mg), Zinco (Zn), Cobalto (Co), Titanio (Ti)
3.2 Struttura dei Materiali Metallici
3.2.1 Forme Allotropiche
La struttura in cui si cristallizza il metallo corrisponde soltiamente alla configurazione di min-ima energia potenziale, ossia la configurazione più stabile. Variazioni energetiche dell’ambientecirscostante (come ad esempio la temperatura) possono alterare la struttura cristallina di un met-allo. Questo comportamento è detto Polimorfismo, e le forme cristalline assunte dei materialisono dette frome alllotropiche
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3.2 - Struttura dei Materiali Metallici 3. MATERIALI METALLICI
Fig. 3.2: Forme Allotropiche del Ferro
3.2.2 I difetti di struttura
La struttura reale di metalli è leghe non è mai perfetta. Sono infatti presenti difetti che con-ferisconoal materiale determinate proprietà maccaniche, chimiche o elettriche. I difetti possonopresentarsi come puntifformi (o di punto), lineari (o dislocazioni) o difetti di supreficie
Difetti Puntiformi
I difetti puntiformi consistono nell’alterazione della struttra reticolare a livello di un singolo atomoe possono essere costituiti da:
• Vacanze: Posizioni reticolari non occupate da nessun atomo
• Atomi interstiziali: Atomi del metallo stesso o altri che occupano posizoni non reticolari
• Atomi sostituzionali: Atomi diversi dal metallo che occupano una posizione reticolare
La presenza di vacanze, ad esempio, facilita i processi di diffusione necessari per la formazione dileghe metalliche. Gli atomi interstiziali e sostituzionali, invece, comportano una distorsione dellastruttra cristallina.
Dislocazioni
Le dislocazioni sono difetti formati da successioni di atomi in punti che non coincidino conposizioni reticolari
Sotto un certo valore di sforzo (limite elastico) il reticolo subisce una distorsione elastica, taleche gli atomi si spostano in maniera cordinata senza perdere il corretto ordine reticolare. Toltala sollecitazione il reticolo torna alla geometria originale. Se la deformazione supera il limiteelastico il reticolo si deforma permanentemente, alterando i legami metallici al suo interno. La
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3.2 - Struttura dei Materiali Metallici 3. MATERIALI METALLICI
(a) Dislocazione a spigolo (b) Dislocazione a vite
Fig. 3.3: Difetti lineari
defomrmazione plastica avviene per scorrimento lungo alcuni piani cristallini (movimento delledislocazioni).
Se non fossero presenti dislocazioni, per ottenere una deformazione plastica sarebbe necessariorompere contemporaneamente un elevato numero di legami, il che richiederebbe uno sforzo es-tremamente elevato. Le dislocazioni permettono infatti lo scorrimento progressivo della dislo-cazione nel cristallo con la rottura di un limitatio numero di legami atomici.
Incrudimento Durante la deformazione plastica del materiale, le dislocazioni presenti si molti-plicano in modo rilevante. Le dislocazioni presenti interagiscono tra loro, diventando meno mobilie possono addensarsi contro ostacoli interni quali i bordi di grano. L’aumento del numero delledislocazioni e la loro interazione tenodono a renderle meno mobili, aumentando la resistenzameccanica del materiali e ne diminuisce la duttilità.
Il processo di incrudimento viene eseguito deformando ripetutamente a freddo (trmperatura am-biente) il materiale.
Ricristallizzazione avviene quando si mantiene il materiale a temperatura sufficentemente el-evata. con questo tipo di processo è possibile annullare gli effetti di un trattamento precedente(incrudimento) e rigenerare la duttilità del materiale. durante la ricristallizzazione il materialeè altamente deformabile, con un livello di energia interna molto elevato. Questo permette al-terazioni sostanziali della struttura cristallina che evolve verso la condizione di minore energia(cristallo perfetto).
Le zone del materiale con minore denstià di dislocazioni si espandono a spese di quelle circostanti,creando nuovi grani, allo stesso tempo questi ultimi si espandono portando al riassestamento finaledella struttura con una riduzione delle dislocazioni prodotte.
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3.2 - Struttura dei Materiali Metallici 3. MATERIALI METALLICI
3.2.3 I grani
La maggior parte dei metalli sono prodotti da metallo fuso. La solidificazione di questi prodottiavviene come semilavorati o come prodotti finiti. Nel raffreddamento di un metallo fuso, quandola temperatura raggiunge il punto di solidificazione, inizzia il processo di cristallizzazione.
Gemme di struttura cristallina cominciano a formarsi in piuù punti del metallo contemporanea-mente e si sviluppano lungo le tre dimensioni dello spazio, bloccondosi solo quando entrano inconttatto le une con le altre. Le superfici di contatto tra grani cristallini prendono il nome dibordi di grano
Fig. 3.4: Rappresentazione dei grani di un materiale policristallino
Durante una normale solidificazione i reticoli dei grani si orientano casualmentoe in tutte ledirezioni creando una resistenza isotropa alle sollecitazioni meccaniche. L’orientamento di questigrani può però essere alterato attravesrso lavorazioni specifiche, alterando sostanzialmente laresistenza del metallo a seconda della deirezione di sollecitazione.
Basse temperature i bordi di grano sono piu resistenti del qure del grano. Se sottoposti asforzi elevati il materiale tende a fratturatsi secondo superfici che attraversano i grani, creandofratture transcristalline o transgranulari
Alte temprerature la situazione è invertita rispetto al caso precedente; il cuore del granorisulta molto piu resistente del bordo, causando propagazione la frattura lungo i bordi di grano,generando una frattura intercristallina o intergranulare
Per migliorare le proprietà meccaniche è quindi utile diminuire la dimensione media del granose il prodotto finale deve essere impiegato a temperature basse, oppure aumentarla nel caso ditemperature di esercizio elevate.
La deformazione a freddo, ad esempio permette, attraverso le fratture transcristalline, di ridurrela dimensione dei grani, aumentando conseguentemente le porpietà meccaniche.
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3.3 - Leghe metalliche 3. MATERIALI METALLICI
3.3 Leghe metalliche
Metallo puro Lega metallicaPresentano una struttura formata da grani com-posti da un solo elemento metallico, si parla gen-eralmente di materiali commercialmente puri conlivelli massimi di impurità tollerati
Due o più elementi metallici (o non) di-versi possono coesistere in un unico reti-colo cristallino i possono formare con-temporaneamente piu reticoli
Una lega metallica è costituita da un insieme di due o più elementi, uno almeno dei quali è unmetallo presente in maniera preponderante rispetto agli altri elementi.
La maggior parte delle leghe metalliche binarie mostra completa miscibilità allo stato liquido, masolo parziale allo stato solodo. Oltre agli elementi che caratterizzano una lega, possono esserepresenti altri metalli o non metalli sia sottoforma di inpurezza, sia aggiunti intenzionalmente alfine di ottenere proprietà particolari. I due elementi devono poter coesistere in un unnico reticolocristallino per poter essere miscibili allo stato solido. Ciò è possibilie solo se i metalli in questionesono molto simili tra loro.l
Essendo la lega una soluzione se ne identificano le componenti come solvente (il metallo presentein percentuale maggiore) e soluto.
Nella maggior parte dei casi, all’interno di un metallo può sciogliersi solo una limitata quantitiàdell’altro elemento, formando soluzioni solide primerie interstiziali oppure soluzioni solideprimarie sostituzionali. Per aggiunte maggiori e particolari rapporti di concentrazione, gli ele-menti possono coesistere all’interno di reticoli cristallini diversi da quelli dei rispettivi metalli puri(fasi intermedie)
3.3.1 Soluzioni solide interstiziali
Sono soluzioni solide in cui gli atomi di un elemento possono entrare negli interstizi del reticoloformato dal metallo solvente. Per rendere possibili questa conformazione, gli atomi del solventedevono essre necessariamente piu grandi degli atomi di soluto.
Data la dimensione comunque ridotta dei vuoti interstiziali, solo elementi non metallici piccoli(come il carbonio, idrogeno, azoto, boro) possono dare luogo a soluzioni solide intersitziali. Esisteinoltre una frazione massima (generalmente piccola) di soluto possibilie all’nterno di una soluzionesolida interstiziale e dipende dagli spazi disponibili nel reticolo del solvente.
3.3.2 Soluzioni solide sosotituzionali
La solubilità dei solidi è maggiore se:
• Il diametro degli atomi non differisce più del 15%
• Le strutture cristalline sono simili
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3.4 - Diagrammi di stato 3. MATERIALI METALLICI
• Gli atomi assumono la stessa valenza
• Non vi è una grande differenza nell’elettronegatività
3.3.3 Composti intermetallici
I composti intermetallici presentano fasi costituite da reticoli cristallini differenti da quelli deglielementi puri che le formano. sono caratterizzai da particolari rapporti tra i due elemnti che lecompongono.
Esempio Carburo di Ferro Fe3C. Forma un reticolo cristallino ortorombico con un atomo dicarbonio ogni tre di ferro.
3.3.4 Leghe multifasiche
Un metalloi puro è costituito da numerosi grani che hanno tuttu lo stesso reticolo cristallino,ossia presentano una sola fase. Quando viene aggiunto un secondo elemento, può permanerequesta situazione fino a che non si raggiunge il limite di solubilità del soluto. Oltre questo limiteil soluto in eccesso precipita, formando un secondo tipo di grani, ossia una seconda fase, con ilproprio reticolo cristallino. La seconda fase può essere costituito da una soluzione sostituzionale,interstiziale o da una fase intermedia.
3.4 Diagrammi di stato
I diagrammi di stato sono strumenti utili alla rappresentazione grafica di condizioni di equilibriodi sistemi eterogenei, come ad esempio le trasformazioni in seguito a raffreddamenti di equilibrio,che hanno una cinetica estremamente lenta.
Un’altra applicazione dei diagrammi di stato è allo studio delle leghe metalliche. I diagrammi distato sono in grado di conoscere quali fasi e in che quantità sono presenti all’interno di una legabinaria in funzione della temperatura.
Ogni grado di libertà corrisponde a una variabile che può cambiare il suo valore, indipendenteda tutte le altre, senza che nello stesso tempo cambi il numero delle fasi presenti nel sistema.Il numero massimo di gradi di libertà modificabili ad arbitrio definisce la varianza del sistemaconsiderato.
V = Ci + n− f
Dove Ci è il numero dei componenti chimici presenti nel sistma, n è il numero di variabili fisicheche agisconon sul sistema (come temperatura e pressione) ed f è il numero di fasi presenti.
Genaralmente il parametro n è pari ad 1 prechè la pressione viene mantenuta costante.
Per creare il diagramma di stato di una lega bifasica viene prima costruita una serie di curve diraffreddamento (in equilibrio termodinamico), successivamente, per ogni curva si considerano i
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3.4 - Diagrammi di stato 3. MATERIALI METALLICI
Fig. 3.5: Diagramma di stato di una lega bifasica
punti di arresto termico e li si riporta sul diagramma di stato. Maggiore è il numero di curve diraffreddamento studiate, più accurato risulta il diagramma di stato
3.4.1 La regola della leva
Fig. 3.6: Regola della leva
La regola della leva è uno strumento per calcolare ad una data emperatura e percentuali di fasimetalliche di una lega, la frazione in peso della fase solida e liquida del materiale.
In particolare:
xs = w0 − wsws − wl
xl = ws − w0ws − wl
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3.4 - Diagrammi di stato 3. MATERIALI METALLICI
3.4.2 Trasformazione Eutettica
La trasformazione eutettica è una trasformazione in cul una fase liquida solidifica dando luogoa dur fasi solide intimamente frammiste che formano un unico costituente strutturale, dettoeutettico.
Fig. 3.7: Trasformazione eutettica
Raffreddando una lega a composizione inferiore al limite di solublilità, si fomrano cristalli di α.All’interno di questo diagramma di stato la curva di raffreddamento non interseca la curva disolubilità, e la concentrazione di β non eccede il limite di solubilità.
3.4.3 Diagramma di stato ternario
I diagrammi di stato ternari sono unsati nel caso di leghe o composti a tre componenti edè costruito utilizzando un triangolo equilatero come base, dove ai vertici sono rappresentati icomponenti puri, mentre agli spigoli sono rappresentate le composizioni binarie.
Al contrario di un diagramma di stato binario, è possibile rappresentare solo una una temperatura,ossia una sezione isoterma.
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3.5 - Prova di trazione 3. MATERIALI METALLICI
Fig. 3.8: Diagramma di stato ternario
3.5 Prova di trazione
In una prova di trazione di un metallo duttile si ha all’inizio un comportamento lineare (campoelastico), dove l’energia immagazzinata nel materiale dalla trazione può essere restitiuita rilas-ciando la trazione ed allullando di consegurnza la deformazione.
Oltre ad un certo valore di sforzo, si passa ad un comportamento non lineare (campo plas-tico). L’energia accumulata dal materiale altera irrimediabilmente la struttura; si rompono legamimetallici, file di atomi scorrono gli uni sugli altri, infatti la deformazione in campo plastico è per-manente.
Fig. 3.9: Grafico sforzo-deformazione di un materiale duttile
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3.5 - Prova di trazione 3. MATERIALI METALLICI
Def: 8 (Punto di Snervamento)Il Punto di snervamento è per convenzione il punto dove finisce il comportamento elastico ecomincia quello plastico. Nei materiali metallici per convenzione lo si fissa allo 0.2% di defor-mazione. Per trovarlo si traccia una parallela al tratto lineare fino ad intersecare la curva disforzo. ♦
Un provino che ha superato il limite elastico presenta una strizione, ossia una porzione di materialela cui sezione ha un area ridotta rispetto a quella del resto del campione. L’area minima dellastrizione viene misurata quando il materiale giunge a rottura.
La strizione non è pero una grandezza utilizzabile nella progettazione. Si tratta infatti solo di unindice generico di deformabilità dei materiali: ad alri valori di strizione percentuale corrispondeun altà capacità del materiale di deformarsi senza rompersi (duttilità).
Al contrario, un valore di strizione percentuale basso indica un materiale poco propenso a defor-marsi prima della rottura (fragile).
Z% = A0 −AminA0
La deformazione a rottura misura soltanto la componente plastica della deformazione del mate-riale, il che la rende poco utile per valutare materiali fraglil o elastomerici.
Curve di Woler
Come già introdotto in precedenza le curve di wholer descrivono il comportamento di un materialesottoposto a sollecitazioni cicliche di trazione, esprimendo quindi il comportamento del materialea fatica. Alcuni materiali come l’acciaio hanno un comportamento a fatica asintotico, ossia lasollecitazione massima sopportabile dal materiale non si altera dopo un certo numero si cicli.Altri materiali, come l’alluminio, si continuano a deteriorare con lo sforzo fino a rottura.
Fig. 3.10: Curve di Wholer per Accaio ed Alluminio
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3.6 - Tecniche di lavorazione 3. MATERIALI METALLICI
3.6 Tecniche di lavorazione
La lavorazione e la fabbricazione di prodotti a partire da materiali metallici sono influezati da unaserie di fattori nella scelta del procedimento. So di esse influiscono infatti:
• Numero di pezzi da produrre
• Il materiale utlilizzato
• la precisione dei pezzi
• Le macchine disponibili all’azienda
• Il tempo necessario per la produzione
• Il fattore economico
3.6.1 Classificazione delle lavoraioni in base alla coesione
Materia
Con forma propria
Senza forma propria
Mantenimento della coesione:Deformazione plastica
Modifica della coesione:Trattamenti termici, chimici, termo-chimiciSeparazione della coesione:Asportazione di truciolo,Elettroerosione
Realizzazione della coesione:FormaturaTecniche di rivestimento
Utilizzare materia con forma propria significa partire da un semilavorato ed applicare trasfor-mazioni per modifcarne la geometria (Mantenimento della coesione), la struttura (Modificadella coesione), oppure asportazione di materiale (Separazione della coesione).
Utilizzare materia senza forma propria significa partire da un fuso o da particelle e relizzare unoggetto (Realizzazione della coesione)
3.6.2 Tecnologie di lavorazione
• Lavorazioni da fonderia e di metallurgia della polveri (creazione della coesione)
• Lavorazioni per deformazione plastica, a freddo e a caldo (mantenimento della coesione)
• Lavorazione dalle macchine utensili (separazione della coesione)
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3.6 - Tecniche di lavorazione 3. MATERIALI METALLICI
• Trattamenti termo-chimici (modifica della coesione)
• Operazioni di giunzione tra pezzi diversi (Incollo, saldo parti dello stesso pezzo o pezzidifferenti)
• Operazioni di finitura superficiale
Lavorazioni da fonderia
Una lavorazione da fonderia si compone di un processo di solidificazione per l’ottenimento dipezzi di geometria complessa. La lavorazione passa da piu step. Il primo è la fusione di leghemetalliche prodotte da processi metallurgici o da rottamazione in speciali forni. Successivameneavviene il colaggio del metallo fuso in forme apposite (stampi), molto simili al componente finaleche si vole ottene. Infine avviene la solidificazione tramire il getto.
Le tre principali metodiche per la produzione di getti sono, ordinate dalla piu rapida alla piùprecisa, in sabbia, in conchiglia, o per pressofusione.
Lavorazione in Sabbia Il metallo viene colato per ravità in sabbia da fonderia. Il modellorealizzato con getti in sabbia non è molto regolare e vi è la possibilità di inglobare aria, dato cheil procedimento viene eseguito all’aperto
Fig. 3.11: Getto in sabbia
Lavorazione in Conchiglia Il metallo colato per gravità in stampi di meteallo. Lo stampo èrealizzato in un metallo con temperature di fusioni maggiori a quelle del metallo colato. Questamodalità riduce le imprecisioni di superficie ma comporta lo stesso rischio di inglobare aria.
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3.6 - Tecniche di lavorazione 3. MATERIALI METALLICI
Fig. 3.12: Getto in conchiglia
Lavorazione per Pressofusione Il metallo viene inserito nello stampo con sovrappressione. Diconseguenza si vormano un minor numero di vuoti inerni e si ottiene una finitura superficialeeccellente.
Fig. 3.13: Getto per pressofusione
Oltre alle tre lavorazioni principali vi è anche la tecnica di microfusione a cera persa
Lavorazione per Microfusione a Cera Persa Questo metodo viene utilizzato per conponentimolto dettagliata. Viene inserito all’interno di uno stampo della cera o del materiale polimerico,ottenendo cosi un’anima. Questa struttura verrà successivamente rivestita con un materialetermoresistente. Il metallo fuso viene colato all’interno si quest’anima sciogliendo, degradandoe sostituendo la cera o il polimero utilizzato. Con questa tecnica è possibile replicare dettagliimpossibili da ottenere con uno stampo metallico.
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3.6 - Tecniche di lavorazione 3. MATERIALI METALLICI
Fig. 3.14: Microfusione a Cera Persa
Lavorazione per metallurgia delle polveri
So èarte dalla polvere del materiale metallico scelto, la si unisce ad agenti ed altre sostanze chepermettono di mantenere le polveri metalliche con una forma propria. Le fasi di caricamenoto epressatura permettono di ottenere l’pggetto che in queste fasi è ancora polvere. Segue una fasedi sinterizzazzione che permette di fondere la polvere metallica per ottenere l’oggetto metallicofinale.
Fig. 3.15: Lavorazione per metallurgia delle polveri
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3.6 - Tecniche di lavorazione 3. MATERIALI METALLICI
Deformazione plastica
Fig. 3.16: Temperature di operazione per la deformazione plastica
L’intervallo di temperatura per la deformazione plastica vanno da Ta (temperatura ambiente)a Tm (temperatura di fusione del metallo). La lavorazione a caldo comprende il processo dicristallizzazione, mentre le tecniche di lavorazione a freddo comprendo l’incrudimento, gia vistein precedenza.
La deformazione plastica comporta migliori caratteristiche meccaniche e minori difetti internirispetto alle tecniche a getto. La principali tecniche di lavorazione per deformazione plasticasono:
• Laminazione
• Forgiatura
• Trafilatura
• Estrusione
Deformazione plastica a caldo avviena a temperature superiori alla temperatura di ricristal-lizzazione e permette maggiori variazioni di forma. Non vi è incrudimento del materiale, ma lasupreficie è fortemente ossidata e necessita di ulteriori trattamenti prima dell’utilizzo finale
Deformazione plastica a freddo avviene ad una temperatura inferiore a quella di ricristal-lizzazione, rispetto ad una lavorazione a caldo permette una minore variazione di forma, mapermette l’acquisizione di elevate caratteristiche meccaniche attraverso l’incrudimento. Questotipo di lavorazione risulta in una buona finitura superficiale senza necessitare di ulteriori tratta-menti.
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3.6 - Tecniche di lavorazione 3. MATERIALI METALLICI
(a) Stampaggio (b) Estrusione
(c) Piegatura (d) Laminazione
Fig. 3.17: Deformazione Plastica
Lavorazioni alle macchine utensili
Le lavorazioni alle macchine utensili sono operazioni si asportazione di materiale. Si trasformaun pezzo grezzo o semilavorato in un prodotto finito, asportando il ateriale, generalmente sottoforma di truciolo do domensopmo variabili per mezzo di un utensile.
Per Tagliente:
• Forma definita (punta da trapano)
• Forma indefinita (carta abrasiva)
Per Tipologia:
• Tradizionali: foratura, fresatura, ret-tifica o molatura
• Non Tradizionali: elettroerosione(Erosione elettrica di materiali metal-lici conduttori con processo automa-tizzato.), taglio laser (per taglio o sal-datura), waterjet (per piccoli spessorio finitura superficiale), plasmajet
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3.6 - Tecniche di lavorazione 3. MATERIALI METALLICI
Operazioni di giunzione
Le operazioni di giunzione consistone nll’unitone di più componeneti dello stesso matteriali o dimateriali differenti. Le principali tecniche di giunzione sono:
• Saldatura: Unione tra duie pezzi metallici mediante l’azione del colore, con o senza aggiuntadi altro materiale (materiale d’apporto)
• Incastro
• Bullonatura
• Chiodatura
• Incollaggio
Operazioni di finitura
Operazioni di preparazione della superficie e operazioni di finitura vere e proprie tra cui rivestimentidi ossidi, carburi e nitruri mediante PVD o CVD o riverstimenti ceramici mediante plasma spray.
Fig. 3.18: Esempio prodotto con materiali metallici
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3.7 - Corrosione 3. MATERIALI METALLICI
3.7 Corrosione
L’interazione tra dispositivo impiantabile e abiente biologico ha effetti sia sull’organismo che suldispositivo stesso. Uno di questi effetti è il fenomeno della corrosione. La corrosione è unprocesso elettrochimico che può avvenire in acqua come a contatto con l’umidità atmosfericaed altri materiali oppure ad opera di alcuni microorganismi.
Poiche avvenga il processo di corrosione devvono avvenire conteporaneamente reazioni ossidativeche contribuiscono alla dissoluzione del metallo e riduttive, legate all’aggressività dell’ambiente.
Il metallo subisce una perdita di elettroni, allo stesso tempo, se in presenza di ossigeno, esso siriduce, altrimenti avvien la formazione di idrogeno molecolare a partire da protoni liberi
Ossidazione Riduzione
Me→Me+ + e− In presenza di ossigeno: 12O2 +H2O + 2e− → 2OH−
In assenza di ossigeno: 2H+ + 2e− → H2
Table 3.1: Reazioni di ossidoriduzione nellla corrosione dei metalli
Un impianto metallico all’interno del corpo umano è continuamente esposto ad un ambiente riccodi ossigeno, percui la reazione più compune sara di riduzione dello stesso.
Formazione della ruggine : Il processo con il quale si forma la ruggine sul ferro immerso in unabmiente acquoso è un processo ossidoriduttivo di corrosione. Il metallo in questione si ossida:Fe→ Fe2+ + 2e−, mentre l’ossigeno discolto nell’acqua si riduce: O2 +H2O + 4e− → 4OH−
Percè un processo di corrosione possa avvenire l’aggressività dell’ambiente (potenziale di riduzione)deve superare la resistenza del metallo ad essere ossidato (potenziale di ossidazione).
Fig. 3.19: Potenziali di ossidazione e riduzione
I metalli nobili come, l’oro o il platino non sono corrodibili in soluzioni neutre aerate, ma tali
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3.7 - Corrosione 3. MATERIALI METALLICI
metalli hanno caratteristiche meccaniche insufficienti. Tutti gli altri metalli (compresi titanio,ferro, cobalto, nichel e cromo) sono termodinamicamente suscettibili di corrosione in soluzioneneutra areata.
3.7.1 Velocità del processo di corrosione
La velocità di corrosione misura il passaggio di elettroni dal ossidante al riducente ed è eaprim-ibile dalla desnità di carica elettrica (A/m2).
Metalli attivi Per i metalli attivi, la velocità del processo di corrosione è molto alta. In questicasi il potenziale di riduzione è molto maggiore del potrnziale di ossidazione: ossia l’ambienteha una forte tendenza ad ossidare i metalli e questi ultimi ahanno poca resistenza al fnomeno.
Metalli attivo-passvi Per questi metalli, durante il processo di corrosione si forma un ossidoprotettivo aderente (passivazione), che ostacola l’ossidazione del meallo sottostante. La velocitàdi corrosione risultante è molto bassa.
3.7.2 Tipi di corrosione
Corrosione in fessura (Crevice corrosion)
La corrosione in fessura o crevice corrosion avviene in presenza di piccole fessure tra due superficia contatto quando la presenza di ossigeno non è uniforme su tuta la superficie. Ciò vuo dire chevi sono zone a minor presenza di ossigeno, dove si sviluppa la reazione anodica (con perdita dielettroni e dissoluzione del metallo). Gli elettroni liberati migrano sulla restante superficie edalientano la reazione catodica.
Fig. 3.20: Corrosione in fessura
Corrosione per sfregamento o sotto sforzo (Fretting corrosion)
La corrosione per sfregamenot o fretting corrosion avviene per la combinazione fra stato ten-sionale del materiale e ambiente corrosivo. Lo stato di sforzo può essere sia statico, che ciclico o
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3.7 - Corrosione 3. MATERIALI METALLICI
imporvviso. La corrosione per sfregamento si verifica quando due superfici sono soggette ad uncarico di compressione con presenza di micro-movimenti locali
Corrosione per contatto galvanico
La corrosione per contatto galvanico avvene quando un materiale metallico viene messo acontoatto con un altro materiale piu nobile nella scala termodinamica dei potenziali (Fig: ??).
3.7.3 Rilascio ionico
I materiali corrosi rilasciano ioni ossidati all’interno dell’ambiente. Se il material è parte di unimpianoto biomedico, il rilascio ionico pò avere conseguenze sull’organismo.
Entità del rilascio ionico I metalli attivo-passivi (accai inossidabili, titanio e sue leghe, leghedi cobalto) in condizioni di passività hanno una velocità di corrosione apparentemente nulla,ma in realtà comunque presente con un rilascio < 0.03µg/cm2 · dia.
Un mezzo di osteosintesi (in aciaio in ossidabile) può subire un rilascio ionico pari a circa500µg/anno
Un impianto dentale osteointegrato (in titanio) può subire un rilascio ionico pari a circa 2µg/anno
Se si innescano fenomenid i corrosione in fessura o per sfregamento, l’entità del rilascio ionicopuò aumentare più di 100 volte
Conseguenze del rilascio ionico nel corpo umano La corrosione localizzata i fessura e presfregamento può causare effetti trascurabili sull’integrità meccanica dell’impianto, ma passaggiodi ioni nel tessuto circostante. Ciò puo essere causa dell’atticazione della risposta infiamma-toria a livello locale, di fenomeni allergici in soggetti sensibili a particolari ioni metallici o disensibilizzazione in soggetti non sensibili. Inoltre può ostacolare i processi di osteointegrazione
I fenomeni i allergia a particolari metalli (ed in particolare al nichel) sono in progrssivo e continuoaumento. ciò è particolarmentoe vero per la popolazione femminile, colpita in percentuali chevanno dal 30% al 40%. La sensibilizzazione può essere ricollegata alla continua ingestione di ioni(pentole e utensili) o al rilascio di materiale ionico da metalli impiantati.
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Capitolo 4
Materiali Ceramici
I materiali ceramici sono costituiti da elementi metallici (magnesio, aluminio, ferro, etc) legatichimicamente ad elementi non metallici (ad esempio l’ossigeno) per formare strutture solidecristalline. Questa classe di materiali comprende anche vetri minerali inorganici che non formano,però struttra cristallina.
Il termine ceramico viene utilizzato per definire i materiali non metiallici inorganici che vannodal sale da tavola alla ceramica utilizzata in cucina al vetro alle fibre ottiche (nonostante questifacciano spesso parte di una classe di materiali a se stanta).
4.1 Struttura
I materiali ceramici sononcaratterizzati principalmente dalla presenza di legami strutturali moltoforti, sia ionici che covalenti. La forza del legame dona al materiale ceramico un punto di fusionemolto alto, mentre la tipologia di legame (ionico o covalente), che impegna tutti gli elettroni enon permette la formazione di una nube elettronica li rernde ottimi isolanti termici ed elettrici.
I materiali ionici sono formati da una combinazione di anioni e cationi tali che la somma di caricadella struttura risulti neutra. La struttura stessa è costituita in modo tale da massimizzare lapropria stabilità, massimizzando, ad esempio, il numero di ioni con carica opposta vicini l’unl’altro
La struttura dei materiali non è formata da legami puramente ionici o covalenti. La percentualedel comportamento di legame determina il tipo di struttura cristallina.
Equazione di Pauling
Valori approssimati delle percentuali di carattere ionico o covalente possono essere ottenuti val-utando le differenze di elettronegatività fra le diverse specie chimiche. Aplicando l’equazione diPauling si può quindi determinare la percentuale del caratter ionico di un legame "misto".
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4.1 - Struttura 4. MATERIALI CERAMICI
%Ionica = [1− e−0.25·(Xa−Xb)2 ] · 100
Struttura cristallina nei materiali ceramici
Il reticolo cristallino di un materiale ceramico è una sequenza ordiata nello spazio di elementimetallici e non metallici in rapporto costante (ossidi, cariburi, nitruri) che si lagano tra loro aformare reticoli cristallini costituiti solo ed esclusivamente da legami forti (es. Ossido di alluminioAl2O3 o ossido di zirconio ZrO2)
Fig. 4.1: Esempio di reticoli cristallini
Struttura amorfa nei materiali ceramici
I materiali possono formare anche strutture che non seguono alcun ordinamento preciso. Questestruttire sono tipiche di silicati e vetri
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4.2 - Proprietà 4. MATERIALI CERAMICI
Fig. 4.2: Esempio di struttura amorfa
4.2 Proprietà
Le proprietà variano a seconda dei tipi di legame coinvolti e della loro percentuale, ma è possibileelencare alcune proprietà comuni per questa classe:
• Durezza elevata
• Fragilità
• Bassa tenacità e duttilità
• Bassa resistenza a trazione
• Elevata resistenza a compressione
• Buoni isolanti termoelettrici
• Alte temperature di fusione
• Elevata stabilità chimicaIn generale i materiali ceramici sono piu resistenti termicamente di metalli e materiali polimerici.Mantengono inoltre una densità inferiore a metalli e leghe metalliche a causa della loro carat-teristica porosità elevata. Si tratta inoltre di materiali ricavati da materie prime disponibili inabbondanza e poco costose. Si lavorano per deformazione plastica di sospensioni acquose ocompattazione di polveri e consolidati poi per cottura.
La prevalenza di uno dei due caratteri di legame dona al materiale un punto di fusione molto piùalto rispetto ad un carattere misto
4.3 Classificazione di materiali metallici
4.3.1 Materiali ceramici tradizionali
Le componenti principali di un materiale ceramico tradizionale argilla che conferisce lavorabilitàe durezza, silice che determina l’elevata resistenza a temperature e l’alto punto di fusione,feldspato di potassio che produce la fase vetrosa a cottura ultimata.
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4.3 - Classificazione di materiali metallici 4. MATERIALI CERAMICI
Fig. 4.3: Composizione ceramiche tradizionali
Costituenti di base: le argille
Contengono quasi esclusivamente un solo minerale, il caolino: 2SiO2 ·Al2O3 ·2H2O. Gran partedelle delle argille sono impure per presenza di ossidi di ferro che conferisce la colorazione rossomattone alle qualità meno pregiate di argilla. La ceramica bianca è il prodotto di argille piu pure,senza ossidi aggiunti.
I laterizi
Sono costituiti da argille comuni fusibili impastate con quarzo e carbonati e rappresentano ilprodotto ceramico più diffuso grazie anche all’abbondanza dele materie prime e della relativasemplicità e economicità del processo di lavorazione, trasporto e posa.
4.3.2 Materiali Ceramici Avanzati
I materiali ceramici avanzati sono formati da composti puri o quasi puri (polveri con purezzasuperiore al 99.9%). Alcuni esempi sono L’alllumina (ossido di alluminio Al2O3), La zirconia(ossido di zirconio ZrO2), il carburo di silicio (SiC) e il nitruro di silicio (Si3N4), ma anchemateriali a base di solo carbonio come carboni e graffiti
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4.4 - Vetri 4. MATERIALI CERAMICI
Carbonio graffitico
La struttura della graffite si compone in un arrangiamento ordinato di pani paralleli, con unastruttura anisotropa
Fig. 4.4: Struttura del carbonio graffitico
Se viene applicato uno sforzo di taglio al carbonio graffitico, i piani paralleli scorrono gli uni suglialtri con ridotto attrito (funzione lubfrificante).
Carbonio turbostratico Il carbonio turbostrato presenta un orientamento dei piani reticolaridi cabonio casuale. Ciò gli glarantisce un’alta resistenza all’usura e alla fatica meccanica.
Carbonio vetroso
Il carbonio vetroso presenta una struttura amorfa, isotropa e a densità relativamente bassa, similea quella del vetro. Il carbonio vetroso è un materiale molto fragile, con una microporosità chiusache lo rende impermabile ai gas.
Il carbonio vetroso non è un materiale graffitizzabilie: i trattamenti termici ad alta temperaturanon modificano, se non in misura marginale, lo stato di disrdine strutturale.
4.4 Vetri
Il vetro è un materiale amorfo ottenuto per progressivo irrigidimento di un liquido che non hacristallizzato durante il raffreddamento. Il vetro possiede elvata durezza e fragilita, assorbe,trasmette o riflette la luce, ed è immune all’azione degli agenti chimici piu comuni.
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4.5 - Tecnologie 4. MATERIALI CERAMICI
I vetri sono generalmente ottenuti da una miscela di silicati, borati, o fosfati di metalli conaggiunte di ossidi di sodio e calcio con struttura amorfa, per molti aspetti molto più simile allastruttura di un liquido che a quella di un solido. I metalli presenti nei composti possono esseremonovalenti (Sodio e Potassio), bivalenti (Calcio, Bario, Piombo, Zinco) o trivalenti (Ferro,Alluminio).
I vetri sono anche detti liquidi super-raffreddati: raggiunta la temperatura di solidificazzione, lemolecole, a causa sell’attrito interno, non riescono a disporsi in modo tale da formare un reticolocristallino.
I vetri comuni sono a matrice silicea (circa 75%) con aggiunta di fondenti (Metalli alcalino-terrosiper abbassare il punto di rammollimento) e vetrificanti. La percentuale di componente siliceadella miscela pre-fusione è scelta in funzione del tipo di vetro da ottenre (vetri comuni e coloratiintorno al 95%, mentre i vetri ad uso ottico raggiungono anche il 99.7%). Alla sabbia siliceapossono essere aggionti cloranti o opacizzanti a scelta.
4.4.1 Proprietà del vetro
La densità varia a seconda della composizione: da 2.2 g/cm3 per i vetri silicei fino a 4.8 g/cm3 perquelli al piombo.
La dilatazione termica nei vetri determina la resistenza agli sbalzi termici di un vetro, inversamenteproporzionale al coefficiente di dilatazione, e quindi la possibilità di impiegarlo a temperatureelevate. Anch’essa dipende dalla composizione specifica del vetro.
Le proprietà meccaniche a temperature ambiente sono di tipo elastioc, ocn resistenze modestein trazione ed un buon comportamento in compressione.
Il vetro è un buon isolante elettrico a temperatura ambiente. A temperature piu alte, il vetro,presenta una certa conducibilità, dovuta alla maggiore mobilità di alcuni ioni presenti nel vetro.
La piu importantè proprietà del vetro è però la trasparenza, nello spettro visibile, dovuta sem-plicemente ad un basso coefficiente di assorbimento per queste lunghezze d’onda. L’opacitàdi un cristallo è dovuta al numero di imperfezioni intrinseche del reticolo (bordi di grano) cherifrangono la luce. Un cristallo perfetto lascia passare la luce, ma un insieme di piccoli cristalliaccoppiati risulta opaco. Il vetro, essendo amorfo non presenta tali imperfezioni e quindi riusltatrasparente.
4.5 Tecnologie
Le tecnologie di lavorazione dei materiali ceramici differiscono in gtn parte da quelle utilizzateper i metalli o materiali polimerici. Il punto di fusione dei materiali ceramici è molto più elevatorispetto ad altre classe di materiali, e presentano una limitata lavorabilità a temperatura ambiente;che ad esempio non ne permette lo stampaggio.
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4.5 - Tecnologie 4. MATERIALI CERAMICI
Sintesi e produzione delle polveri
Operazionei di preconsolidamento
Consolidamento e formatura
Lavorazioni meccaniche del green
Essiccamento e rimozione degli additivi organici
Densificazione e sinterizzazione
Lavorazioni meccaniche finali etrattamenti successivi
Sinterizzazionesotto pressatura(Hot Processing)
Polveri
Miscela
Green
Green Lavorato
Green Lavorato ed Essiccato
Compatto
Prodotto FInitio
Formatura La formatura deve essere più vician possibile alla forma desiderata, e vi deve essereil massimo grado di impaccamento delle particelle di polvere per garantire un elevato grado diconsolidamento del greenDef: 9 (Green)Il green è una polvere debolmente legata, ma altamente compatta ♦
Sinterizzazione La sinterizzazione è un trattamento termico, con o senza l’applicazione dipressioni esterne, mediante il quale un sistema di particelle individuali o un corpo poros modificale sue proprietà evolvendo verso uno stato di massima densità e minima porosità
Fig. 4.5: Sinterizzazione
Comprende la rimozione della porosità tra le particelle di partenza, la coalescenza e la formazionedi forti legami tra particelle adiacenti attraverso fenomeni di diffusione allo stato soldio traatomi tra le superfici di contatto. Si stabiliscono inoltre legami tra ele particelle di polvere e siassiste ad una simultanea diminuzione della porosità e del volume del pezzo.
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4.5 - Tecnologie 4. MATERIALI CERAMICI
Il processo di sinterizzazione si può suddividere in tre stadi:
1. Stadio iniziale (fino al 3% del ritiro) nel quale il sistema viene assimilato ad un insiemedi sfere uniformi legate da colli
2. Stadio intermedio (fino al 92% della densità teorica) il sistema si presenta come un insiemedi grani uniformi con facce in comune
3. Stadio finale si hanno pori isolati in ciascuno degli angoli del grano.
4.5.1 Esempio: Produzione di allumina
La pressatura e la siterizzazione avvengono a 1600°C con l’aggiunta di < 0.5% MgO comesintering aid, e per limitare la crescita dei grani durante il processo. La ppurezza e la dimensionedie grani possono influenzare la resistenza meccanica, la resistenza a fatica e la tenacità a rottura.
Fig. 4.6: Produzione dell’allumina
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4.5 - Tecnologie 4. MATERIALI CERAMICI
4.5.2 Macchine per lavorazione del vetro
(a) Produzione per stampaggio (b) Produzione per blow molding
(c) Produzione per plate glass drawing
Fig. 4.7: Produzione di oggetti di vetro
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Capitolo 5
Materiali polimerici
I materiali polimerici sono sonstanze costituite da molecole di elevato peso molecolare, dettemacromolecole o polimeri.Def: 10 (Polimero)Struttura formata da numerose unità monomeriche, concantenate tra loro mediante legami ditipo covalente ♦
Conformazione lineare con legami secondari tra unacatena e l’altra
Configurazione ramficata
Configurazione reticolare Il reticolo può essere lasso (loosenetwork) o un reticolo irregolare più solido (irregular net-work)
L’unità monomerica deriva da una molecola piccola detta monomero e la loro concatenazionecostitruise lo scheletro polimerico. Fra le varie macromolecole si possono instaurare deboli legamiintermolecolari. La presenza contemporanea di forti legami intramolecolari e deboli leami inter-molecolari determina le particolari proprietà ingegneristiche dei materiali porimerici
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5. MATERIALI POLIMERICI
Materiali termoplastici I materiali termoplastici sono polimeri in cui le catene macromolecolarisono lineari oppure ramificate. Sono materiali plurimolecolari e possiedono proprietà di deforma-bilità di tipo permanente. In linea di pricncipio, possono essere sempre rimodellati in nuove formeper azione del calore, o della pressione o entrambi
Fig. 5.1: Struttura dei materiali termoplastici
Matereiali termoindurenti I materiali termoindurenti sono materiali polimerici le cui catenemacromolecolari son reticolari. Si tratta di materiali monomolecolari che godono di proprietàdi deformabilità solo fino ad un certo stadio del loro processo di ottenimento. I materiali ter-moindurenti assumono le loro ceratteristiche definitive in genere per effetto del calore (e dellapressione). Una volta copletato questo processo, pero questi polimeri non possono più essererimodellati per effetto del calore o della pressione
Fig. 5.2: Struttura dei materiali termoindurenti
I materiali polimerici possono essere classificati a seconda della composizione delle catene che liformano. Gli omopolimeri sono polimeri composti esclusivamente da un solo tipo di monomero,e come già visto, possono assumere una struttura lineare, ramificata, o reticolata.
Se il polimero invece è composto da due o più specie di monomeri distinte, allora è dettocopolimero. All’interno della struttura lineare i copolimire si distinguono in alternato, a blocchi,oppure casuale, a seconda del susseguirsi delle specie monomeriche.
I copolimeri si presentano anche sotto forma di copolimero ad innesto, dove una speciemonomerica costituise la catena principale, e la seconda si presenta sotto forma di ramificazioni,oppure copolimero ad innseto reticolato, dove le suddette ramificazioni legano tra di loro duecatene principali.
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5.1 - Polimerizzazione 5. MATERIALI POLIMERICI
5.1 Polimerizzazione
La reazione di polimerizzazione è il processo durante quale vengono formate le catene e i reticolitipici di un materiale polimerico. Durante queste reazioni, numerosissime molecole di monomerosono concatenate tra loro in modo ripetitivo e cumulativo per ottenere lunghe catene polimeriche.Le specifiche reazioni e la loro cinetica variano largamente a seconda del polimero che si vuoleottenere.
Le reazioni di polimerizzazione vengono classificate secondo il meccanismo (polimerizzazione acatena o a stadi), oppure secondo la stechiometria
5.1.1 Meccanismi di polimerizzazione
Polimerizzazione a catena - Poliaddizione
Nel meccanismo dlla poliaddizione, l’intera molecola del monomero diventa parte del polimeroottenendo cosi polimeri vinilici.
Monomero (etilene) Polimero (polietilene)
C
H
H
C
H
H
[ C
H
H
C
H
H
]n
Table 5.1: Monomero e Polimero in reazione di poliaddizione
Nella polimerizzazione a catena i monomeri diventano parte della catena uno alla volta, regendocon la catena in crescita. La catena in crescita non è una sola all’interno dell’ambiente direazione, ma centinaia o migliaia contemporaneamente. Le reazioni sono caratterizzate da trefasi principali.
Iniziazione Creazione sul monomero di un centro attivoI∗. La fase di iniziazione è normalmente lostadio piu lento di tutto il processo.
M + I∗ M1I∗
Propagazione La macromolecola si accresce di una unitàad ogni reazione.Durante questa fase la reazione procedevelocemente formando macromolecole dalpeso molecolare elevato.
M1I∗ +M M2I
∗
Mn−1I∗ +M MnI
∗
45
5.1 - Polimerizzazione 5. MATERIALI POLIMERICI
Terminazione Il centro attivo viene espilso dalla macro-molecola o trasferito ad un monomerolibero.Il controllo della lunghezza della cetena èottenuto agendo sulle reazioni di termine.
MnI∗ Mn + I∗oppure
MnI∗ +M Mn +MI∗
Alcuni polimeri vinilici sono:
Polietilene
C
H
H
C
H
H
C
H
H
C
H
H
C
H
H
C
H
H
Polivinil-cloruro (PVC)
C
H
H
C
H
Cl
C
H
H
C
H
Cl
C
H
H
C
H
Cl
Polipropilene
C
H
H
C
H
CH3
C
H
H
C
H
CH3
C
H
H
C
H
CH3
Polimetil-metacrilato (PMMA)
C
H
H
C
H
COCH3
OC
H
H
C
H
COCH3
O
C
H
H
C
H
COCH3
O
46
5.1 - Polimerizzazione 5. MATERIALI POLIMERICI
Polistirene
C
H
H
C
H
C
H
H
C
H
C
H
H
C
H
Teflon
C
F
F
C
F
F
C
F
F
C
F
F
C
F
F
C
F
F
Polimerizzazione a stadi - Policondensazione
Al contrario del meccanismo precedente, una parte del monomero, solitamente una miccolamolecola, viene persa nella formazione del polimero. Poiché la massa del polimero finale èinferiore alla massa dei monoeri, si dice che il polimero è condensato.
La condensazione coinvoglie monomeri bifunzionali, ossia con due funzioni reattive. Ad esempio:1.5em
HO R OH + HOOC R′ COOH H O R O CO R′ CO OH + H2O( )
n
Le due funzioni reattive possono appartenere alla stessa molecola (es: idrossiacido HO R COOH).In tal caso la reazione avviene per auto condensazione. 3em
Ogni passo di reazione è la somma di due porzioni di catena, dal primo stadio (la formazione di undimero), all’allungament della catena. Dopo pochi istamti dall’inizio della reazione il monomeroè compòetamente scomparso. La velocità della reazione diminuisce mano a mano che procede.
Alcuni polimeri generati per polimerizzazione a stadi sono i poliammidi, i poliurtetani e i siliconi.
47
5.1 - Polimerizzazione 5. MATERIALI POLIMERICI
Poliaddizione
• Polietilene (PE)
• Polipropilene (PP)
• Polistirene (PS, PST)
• Polivinilcloruro (PVC)
• Politetrafluoruroetilene (PTFE)
• Polimetilmetacrilato (PMMA)
• Poliacrilonitrile (PAN)
Policondensazione
• Poliesteri (PET, PLA, PGA)
• Poliammidi (Nylon, Kevlar)
• Policarbonati (PC)
• Poliuretani (Vasta famiglia)
• Siliconi
5.1.2 Grado di polimerizzazione
Il grado di polimerizzazione rapperesent ail numero globale di unità monomeriche concatenatesiano esse nella catena principale, o in eventuali ramifcazione. Il grado di polimerizzazione non èfisso: il processo di sintesi di materiali polimerici coinvolge sempre la creazione di macromolecolecha hanno un numero variabile di unità monomeriche concatenate, per ragioni sia chinetiche chetermodinameiche. Per questo si usa il grado medio di polimerizzazione, per identificare unaclasse di composto polimerico.
Distribuzione dei pesi molecolari
Peso molecolare medio numerale(Mn) Il peso molecolare medio si può calcolare come mediaponderata rispetto al numero di molecole
Mn =∑niMi∑ni
=∑wi∑ni
= W∑ni
Peso molecolare medio ponderale(Mw) Oppure rispetto alla quantità in peso
Mw =∑wiMi∑wni
=∑wiMi∑W
Def: 11 (Indice di polidispersione)d = Mw/Mn ≥ 1 è detto anche indice di polidispersione e dentoa l’ampiezza della dispersionedi pesi molecolari dei polimeri ottenuti dalla reazione di sintesi. Se d = 1 si dice che il marerialeà monodisperso. ♦
48
5.2 - Struttura dei materiali polimerici 5. MATERIALI POLIMERICI
Fig. 5.3: Distribuzione dei pesi molecolari
5.1.3 Analisi dei pesi molecolari
Cromatografia a permeazione di gelo
La cormatografia a permeazione di gelo (Gel Permeation Chromatography, GPC) è una delletecniche principali per la determinazione della distribuzione del peso molecolare nei materialipolimerici.
Il campione da analizzare, generalmente in soluzione, viene fatto passare attraverso un riempi-mento (fase stazionaria) con diversa affinità con i componenti della miscela da analizzare. Lasoluzione viene poi trasportata attraverso la colonna mediane il flusso contino di un opportunosolvente (fase mobile o eluente)
Tramite questa tecnica si possono ricavere infomazioni sulla distribuzione dei pesi molecolari,oltre che al peso molecolare medio ponderale e numerale.
Meccanismo di separazione
A seconda dei diversi tipi di fase stazionaria e del meccanismo di separazione si hanno diversi tipidi cromatografia. Ponendo in grafico la concentrazione di ciascun componente in funzione deltempo si ottiene un cromatogramma.
5.2 Struttura dei materiali polimerici
Come già accennato in precedenza, fra le varie macromolecole si instaurano deboli legami in-termoloecolari. Questi, insieme ad i legami più forti intramolecolari determinano le particolariroprietà ingegneristiche dei materiali polimerici. 1.5em La presenza dei legami intermolecolari èfortemente influenzata ed influenza a sua volta la conformazione del materiale polimerico ossia la
49
5.2 - Struttura dei materiali polimerici 5. MATERIALI POLIMERICI
Fig. 5.4: Gel Permeation Chromatography o GPC
disposizione di una catena polimerica nello spazio. Le conformazioni possibili sono determinatedalla possibilità di rotazione attorno a i legami C C semplici.
Esempio Polietilene lineare
CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2
La possibilità di rotazione dei legami C C delle singole macromolecole è quella di una catenasatura di atomi di carbonio. Il nomero di posizioni possbili è estremamente elevato. Nella realtàè pero limitato da imprdimenti di natura sterica ed energetica. 3em
la catena polimeric occupa uno spazio statisicamente molto maggiore a quello che le com-peterebbe. Gli spazi liberi vengono occupati cosi a altre molecole, formando una macrostrutturaa "groviglio". Questa conformazione prende il nome di stato amorfo.
5.2.1 Cristallinità nei materiali polimerici
La maggior parte dei polimeri non ha lunghe catene lineari orientate in una sola direzione. Invece,le catene sipiegano su se stesse dopo essersi allungate per brevi tratti. Le catene ripiegate siorganizzano in una stuttura chiamata lamella.
Tra una lamella e l’altra vi sono regioni dove la catena polimerica si dispone in modo non ordinato,queste sono dette regioni amorfe. Le lamelle si orgnaizzano poi in una struttura tridimensionalesferica detta sferulita.
La cristallinità nei polimeri non è mai completa, ma questo porta benefici al materiale. Le zonecristalline del materiale lo rendono rigido, ma anche altamente fragile. Le zone amorfe, invece
50
5.3 - Transizioni Termiche 5. MATERIALI POLIMERICI
Fig. 5.5: Conformazione di una lamella
contibusicono alla flessibilità e alla tenacità del materiale.
Polimeri altamente cristallini
• Polipropilene isotattico
• Polietilene HD
• Nylon e altri poliammidi alifatiche
• Kevlar e altri poliammidi aromatiche
• Poliesteri (PET, PLA, PGA)
Polimeri altamente amorfi
• Polimetilmetacrilato
• Polistirene (atattico)
• Policarbonato
Def: 12 (Percentuale di cristallinità)La percentuale di cristallinità di un materiale polimerico è il rapporto percentuale tra il peso disostanza che presenta sturttura cristallina e il peso totale:
C% = Peso della zona cristallinaPeso totale · 100
La pecentuale cristallina e la dimensione dei cristalliti non sono caratteristiche del materiale,ma variano con diversi fattori come ad esempio la storia termica e stress meccanici dovuti allalavorazione o all’usura.
5.3 Transizioni Termiche
La parte amorfa di un materiale polimerico è caratterizzata da una temperatura di transizionevetrosa (Tg) alla quale il polimero passa da uno stato solido vetroso ad uno più gommoso.
T < Tg Al di sotto della temperatura di transizione vetrosa i moti microbrowniani tendono acongelarsi e il materiale polimerico assume tutte le caratteristiche meccaniche di un vetro. Lasostanza diventa quind fragli, rigida, e perde ogni caratteristica di plasticità
51
5.3 - Transizioni Termiche 5. MATERIALI POLIMERICI
Fig. 5.6: Andamento delle proprietà del polietilene in funzione della cristallinità C e del pesomolecolare M
T > Tg Al di sopra della temperatura di transizione, si ha l’attivazione dei moti browniani el’acquisizione di flessibilità e plasticità da aparte della materia. Per temperature molto superiorialla temperatura di transizione vetrosa (T � Tg), però il polimero comincia a perdere coesioneinterna e la parte amorfa passa ad uno stato liquido molto viscoso .
T > Tm Al di sopra della temperatura di fusione (Tm) la parte cristallina transiziona da unostaro solido allo stato fuso sottofroma di un liquido viscoso.
In uno stesso polimero si possono avere quindi più transizioni (Tg, Tm) se composto sia da unafase amorfa che da una cristallina. Per i polimeri completamente amorfi non esiste una temper-atura di fusione; questo tipo di polimeri compie solo la transizione vetrosa e successivamente ilrammollimento.
I materiali amorfo-cristallini dopo la transizione vetrosa e li rammollimento, andranno in controalla fusione.
Non esistono materiali esclusivamente cristallini.
5.3.1 Calorimetria differenziale a scansione
La calorimetria differenziale a scansione (Differential Scanning Calorimetry, DSC) misura il caloreassorbito o liberato durante il riscaldamento o il raffreddamento di un provino di materiale metal-lico o polimerico.
Con il DSC è possibile ottienere:
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5.3 - Transizioni Termiche 5. MATERIALI POLIMERICI
• Analisi qualirative: fingerprint di minerali, polimeri
• Purezza di campioni: punto/i di fusione (Tm)
• Capacità termica
• Temperatura di transizione vetrosa (Tg)
• Temperatura di cristallizzazione
Materiale Tg Tm
Polietilene (PE) −100÷−30 137÷ 141Politetrafluoroetilene (PTFE, Teflon) −122,−73 335Polidimetilsilossano (PDMS, gomma siliconica) −120 −40Gomma naturale −73÷−70 –Popipropilene (PP) −10 –Poliammide 6,6 (Nylon 6,6) ≈ 50 255Polietilentereftalato (PET) ≈ 70 265Polivinilcloruro (PVC) ≈ 80 max 11% crist.Polistirene (PS, PST) ≈ 100 –Polimetilmetacrilato (PMMA) ≈ 120 –Poliacrilonitrile 87 319Policarbonato (PC) 150 –
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5.4 - Altre proprietà dei materiali polimerici 5. MATERIALI POLIMERICI
5.4 Altre proprietà dei materiali polimerici
I materiali polimerici sono buoni isolanti sia termici che elettrici. Il comportamento isolante èperò differente tra un materiale e l’altro ed è definita dalla struttura e dalla composizione interna.
I materiali polimerici godono generamente di una bassa densita (0.9 ÷ 2 g/cm3), a casua dellastruttura poco ordinata e della composizione principalmente a base di elementi con basso numeroatomico (Carbonio, idrogeno, ossigeno)
Come visto nella sezione precedente i materiali polimerici hanno una bassa resistenza termica,raggiungiendo il punto di rammollimento e fusione a temperature relativamente basse (≈ 250÷300◦C) limitandone notevolmente gli impieghi a temperature elevate.
5.4.1 Prove di trazione dei materiali polimerici
Fig. 5.7: Comportamento di un materiale polimerico sottoposto ad una prova di trazione
Regione Elastica In questa regione lo sforzo è direttamente proporzionale all’allungamento, ela deformazione è completamente reversibile. La legge di Hooke è rispettata e la derivata deltratto lineare risulta essere il modulo elastico del materiare. Nella realtà il tratto elastico non èperfettamente lineare, ma segue una leggera curva. IN questo caso il modulo elastico è ottenutocalcolando la derivata della tangente alla prima parte della curva
Snervamento (Yield) Lo sforzo a snervamento di un polimero è vagamente definito come laregione della curva dove essa si piega al termine della regione elastical. Il valore preciso di sforzousato può essere quello al termine della regione elastica oppure, piu frequentemente, quelloall’apice della curva stessa. Per un polimero tipico a comportamento duttile, lo snervamentoavviene a circa (5 ÷ 10%) di allungamento, un valore molto piu alto rispetto ai metalli, il cuisnervamento si aggira solitamente intorno all0 0.1%.
54
5.4 - Altre proprietà dei materiali polimerici 5. MATERIALI POLIMERICI
Strozzattura (Necking) Nel punto di snervamento vi è una diminuzione locale nell’area dicross-sezione sulla lunghezza del provino. La strozzatura comprende un equilibrio tra hardeninge softening. Lo stress nominale docala dopo lo snervamento ,prima di assestarsi intorno ad unvalore più o meno costante mentre la strozzatura si estende lungo il provino.
Cold Drawing Il processo tramite il quale la strozzatura si estende. La catena polimerica sisrotola, allineandosi lungo la direzione dello sforzo applicato
Strain Hardening L’aumento dello sforzo nominale nell’ultima sezione è dovuto al fenomenodello strain hardening, che accade una volta che l’intero campione è strozzato. Lo sforzo aumentafino al suo valore massimo dove avviene la frattura. Lo strain hardening è principalment laconseguenza dell’orientamento della caten all’interno del materiale. Le molecole sono allineateparallelamente alla direzione di allungamento, il che porta ad un’elevata resistenza direzionaleallo sforzo, causato dalla posizione dei singoli legami covalenti. La frattura avviene quando lecatene polimerice non hanno più possibilità di allungarsi in alcun modo.
Fig. 5.8: Comportamento di un materiale polimerico sottoposto ad una prova di trazione al vararedi temperatura e velocità di carico
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5.4 - Altre proprietà dei materiali polimerici 5. MATERIALI POLIMERICI
Trazione dei materiali elastomerici
I materiali elastomerici hanno una bassaresistenza allo sforzo che rimane costante per la maggiorparte della loro deformazione. Subuscono una forma di strain hardening prima della frattura. Imateriali elastomerici infatti seguono soltanto un comportamento ad elasticità entropica
Modulo secante
Il modulo elastico istantaneo secante corrisponde alla pendenza della secante passante per l’originee per il punto di allungamento corrispondente ad ε = 100%
Ecm = tan−1(σ
ε
)= tan−1 (σ)
Prove di resistenza all’urto
La resistenza all’urto per i materiali polimerici è molto influenzata dalla temperatura. In fase diprogettazione, infatti, non si può tenere conto di un solo valore di resistenza. Bisogna in fattitenere conto del cambio di resilienza al variare della temperatura anche durante la transizionevetrosa.
Creep and Stress relaxation
Creep La deformazione viscosa (in inglese creep) è la deformazione di un materiale sottopostoa sforzo costante che si verifica nei materiali mantenuti per lunghi periodi ad alta temperatura.Tale fenomeno è presente nei materiali viscoelastici (tra cui l’acciaio, il calcestruzzo e materialipolimerici)
Fig. 5.9: Comportamento di un materiale polimerico sottoposto ad una prova di creep
56
5.5 - Tecnologie 5. MATERIALI POLIMERICI
Stress relaxation In meccanica dei materiali il rilassamento degli sforzi (o rilassamento vis-coelastico o semplicemente rilassamento) è un comportamento tipico dei materiali viscoelastici(tra cui l’acciaio, il calcestruzzo e le materie plastiche), che comporta una caduta di tensione adeformazione costante.
5.5 Tecnologie
La produzione di oggetti a base di materiali polimerici può essere divisa in diversi stadi:
1. Acquisizione del materiale e sintesi del polimero di base
2. Aggiunta al polimero di base degli additivi necessari
3. Lavorazione del materiale polimerio nella sua forma finale
Il processo dipende dal materiale polimerico
Termoplastico Termoindurente
polveri, perle, granuli+ additivi
reagenti per la reticolazione+ catalizzatori
Termoplastici
• Si riscaldano fino alla temperatura difusione cristallina
• Si modellano prima del raffredda-mento
Termoindurenti
• Il materiale è reticolato
• La reticolazione avviene durante ilprocesso di lavorazione (per calore opressione) o mediante catalizzatori atemperatura ambiente
5.5.1 Tecniche di lavorazione
• Stampaggio a compressione
• Estrusione
• Coestrusione
• Stampaggio per iniezione
• Stampaggio per soffiatura
• Termoformatura
• Rotational molding
• Tecnologia delle fibre
• Materiali espansi e schiume
• Lavorazione per macchine utensili
• Elettrospinning
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5.5 - Tecnologie 5. MATERIALI POLIMERICI
(a) Stampaggio per compressione (b) Estrusione
Stampaggio per compressione Lapressa viene aperta e riempito con ilmateriale. Il materiale viene fuso e chiusinella pressa. La forma ottenuta viene poirimossa da perni elevatori
Estrusione La formazione per estrusioneè un metodo di lavorazione per i termoplas-tici. Si ottengono tubi, barre, film, foglie forme di ogni tipo. L’estrusione è usataper la produzione di forme grezze in materiaplastica (pastiglie, granuli)
(a) Stampaggio ad iniezione (b) Stampaggio per soffiaturaone
Stampaggio ad iniezione Lo stampggioad iniezione viene utilizzato per i materialitermoplastici. Uno o più estrusori forzano ilmateriale plastico fuso in uno stampo fredo.Nello stampo il materiale può prendere laforma desiderata
Stampaggio per soffiatura Il materialeviene fatto aderire allo stampo per sof-fiatura, e può essere introdotto per iniezioneo estrusione.
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5.5 - Tecnologie 5. MATERIALI POLIMERICI
(a) Termoformatura (b) Rotational Molding
Termoformatura Un foglio di materiaplastica riscaldata viene forzato a pressionecontro le pareti di uno stampo per azionemeccanica o pressione del vuoto
Rotational Molding Lavorazione del fusoin rotazione in stmpo chiuso
Tecnologia delle fibre Una fibra polimerica è un polimero le cui catene sono completamenteallungate (o quasi completamente) ed allineate una vicino all’altra sullo stesso asse. Le fibrepolimeriche sono utilizzate in campo tessile (Nylon, Kevlar) ed industriale.
Il processo consiste nei seguenti stadi:
• Estrusione di un filo fluido
• Solidificazione del filo
• Allungamento plastico del filo consolidato lungo il suo asse.
Essendo le fibre allineate la resistenza meccanica lungo quella direzione è molto elevata. Aseconda del tipo di polimero e delle sue proprietà si possono utilizzare tre processi di filatura:Allo stato fuso, a secco (con evaporazione del solvente), o in umido (per coagulo in bagno)
Materiali espansi Processo di espansione che consiste in generare delle bolle di gas nel polimerofuso, farle crescere fino alla dimesnione voluta e congelare il tutto per reticolazione o raffredda-mento. I polimeri più utilizzati per questo impiego sono polistirene e poliuretani
Macchine utensili In generale le materie plastiche possono essere lavorate facilmente. Lageometria dell’utensile e la velocità di lavorazione devono essere valutate per essere adeguate allospecifico materiale.
59
5.6 - Meccanismi di degradazione per materiali polimerici 5. MATERIALI POLIMERICI
Metodi di lavorazione da soluzione Questa tipologia di lavorazione è molto diffusa per larealizzazione di dispositivi o parti per applicazioni biomedice.
• Solvent casting Deposizione o colata della suluzione su di un supporto liscio o sagomat esuccessiva evaporazione del solvente. Si possono ottenere film e membrane di spessore cheva dai µm aimm con superfici molto omogenee. Il solvent casting può essere effettuato perdipping, ossia immersioni successive nella soluzione polimerica, o per colata in stampocon applicazioni nelle endoprotesi cardiache.
• Filament winding Consiste nell’avvolgimento di fibre su un mandriono la cui compattezzaè garantita dal grado di tensione applicato alle fibre.
• Elettrospinning permette di ottenere strutture nanofibrose e microporose, ha il vantaggiodi avere un set-up spermientale semplice e poco costoso
5.6 Meccanismi di degradazione per materiali polimerici
La degradazione nei materiali polimerici avviene tramite un attacco fisico o chimico tale daalterare la struttura chimica principale. Calore, sollecitazioni meccaniche, e radiazioni possonoessere causa di fenomeni di degradazione cosi come un ambiente acquoso (per idrolisi), o riccodi ossigeno (meccanismi di ossidazione).
Durante la lavorazione il materiale è spesso sottoposto sia a calocre che a sollecitazione mec-caniche. Per evitare fenomeni di degradazioni tali da compromettere la viabilità del materiale ènecesario incorporare stabilizzanti e antiossidanti.
Il tipo di struttura assunta dal materiale (amorfa o cristallina) ha inoltre una grande influenza sillasuscettibilità del materiale ai fenomeni di degradazioni. Le materie plastiche cristalline offonomigliore resistenza a questo tipo di fenomeni rispetto a quelle amorfe.
5.6.1 Invecchiamento ambientale
La dergradazione per invecchiamento ambientale di un materiale polimerico avviene per effettocombinato di assorbimento di umidità, esposizione all’ossigeno, e a radiazioni ultraviolette ocomsiche.
Ossidazione
L’esposizione ad ossigeno atmosferico sia durante la livorazione che durante l’mmagazzinamento el’uso può innescare reazioni di ossidazione del materiale che portano ad alterazioni della strutturachimica del polimero e successiva alterazione o perdita delle proprietà meccaniche del materiale.La luce, e specialmente radiazioni ultraviolette intensificano ulteriormente l’azione dell’ossigeno.
L’ossidazione porta ad una modifica del peso molecolare medio a causa della scissione di cateneo reticolazioni con un conseguente deterioramento delle porprietà fisiche come rammollimento oinfragilimento.
60
5.6 - Meccanismi di degradazione per materiali polimerici 5. MATERIALI POLIMERICI
Fotodegradazione
La fotodegradazione consiste nell’invecchiamento climetico dei polimeri che contengono gruppifunzionali in grado di assorbire radiazioni elettromagnetiche nello spettro UV-vis.
L’assorbimento della luce può portare alla formazione di macroradicalicali, che reagendo con lecatene vicine, inizia il porcesso di reticolazione che porta ad indurimento, fragilità e perdita dielasticità nel materiale polimerico. 1.5em
CH2 C
CH3
CH CH2
hν
C
CH3
CH CH
3em
Attacco enzimatico e batterico
L’esposizione ad un ambiente biologico porta il rischio di attacco enzimatico e batterico. Ciòcomporta ossidazione e idrolisi, che compromettono la struttura chimica del materiale e l’ambientebiologico stesso. L’aggiunta di particolari sostanze ad attività farmacologica o antibatterica riducequesto rischio, assieme alla scelta di particolari strutture polimeriche resistenti a questo tipo didegradazione ed ad un adeguata procedura di sterilizzazione.
Attacco chimico
L’attacco chimico avviene internamente al polimero he ha come conseguenze il rammollimento,il rigonfiamento, e la perdita di resistenza meccanica.
I polimeri polari ossia quelli che contengono un gruppo ossidrile ( OH) o carbossile( COOH) si rigonfiano e interagiscono negativamente (si rigonfiano o sciolgono) con sol-venti polari (acqua e alcoli)
I polimeri non polari assumono un compportamento negativo solo con solventi simili comebenzeni
L’attacco chimico porta a dissoluzione, rigonfiamento, permeazione o environmental stress crack-ing, ESC.
5.6.2 Environmental Stress Cracking
Def: 13 (Environmental Stress Cracking (ESC))L’environmental stress cracking è un fenomeno degradativo che avviene in vino in presenza disforzi meccanci e comporta in fessurazioni profonde o rottura del dispositivo impiantato ♦
61
5.7 - Usura 5. MATERIALI POLIMERICI
L’environmental stress cracking è considerato il piu catastrofico effetto di degradazione perchepuò portare l’intero dispsitivo impiantato a rottura all’interno dei corpo ospite.
Questo fenomeno è favorito dalla presenza di cellule e enzimi dovuti ad una risposta infiammatoria,alla presenza di gruppi etere all’interno delle zone soft del polimero, e presenza di tensionamentinel materiale docuti a sollecitazioni meccaniche esterne oppure a non uniformità del materiale
Fig. 5.13: Environmental Stress Cracking
5.7 Usura
L’usura è il processo di rimozione del materiale dalla superficie di uno o due solidi in contatto traloro. Essa avvienquando le due superfici sono in moto rototraslazionale l’una rispetto all’altra. Sitratta di un danneggiamento progressivo che comporta perdita di materiale e successiva diffusionedi questo particolato nell’ambiente
Usura
AbrasioneA basso sforzoA sforzo elevato’Gouging’Lucidatura
ErosioneSolida e fluidaLesione (Impignement)Porosa (Caviation)Con slurry
Fatica superficialeDepressioni (Pitting)Frammentazione (Spalling)Da impattoBrineling (Indentazionepermanente)
AdesioneSfregamentoOssidativaStringimentoGrippaggio
Corrosione
Usura per abrasione Avviene quando un materiale più duro si muove contro un secondomateriale più morbido
Usura per adesione L’usura per adesione avviene al momento della separazione di due superficiunite per mezzo di materiale adesivo. Alcune porzioni di materiale rimangono legati al materiale
62
5.8 - Utilizzi dei materiali polimerici 5. MATERIALI POLIMERICI
(a) Usura a due corpi (b) Usura a tre corpi
adesivo, separandosi dal materiale originale e creando detriti.
Usura per fatica L’usura per fatica avviene tra due superfici a contatto tra loro sottoposte aduna sollecitazione ciclicla con bassa componente traslazionale
Usura per fretting Questo tipo di usura è dovuto a piccoli movimenti oscillatori che abradonole superfici a contoatto creando dertriti. Può provoxare corrosionle localizzata.
5.8 Utilizzi dei materiali polimerici
5.8.1 Per Materiale
UHMWPE
• Piatto Tibiale
• Coppa Acetabolare
Poplipropilene PP
• Fili di sutura NON biodegradabili
• Reti per il riparo di ernie
• Contenitori
• Siringhe monouso
• Membrane per dializzatori
Politetrafluoroetilene PTFE
• Fili di sutura NON biodegradabili
• Protesi vascolari di MEDIO calibro
• Reti per il riparo di ernie (ePTFE)
• Membrane NON biodegradabili
Polimetilmetacrilato PMMA
• Cemento per ossa
• Riparazione teca cranica
• Lenti intraoculari
• Lenti a contatto rigide
Polivinilcloruro PVC
• Sacche per fluidi biologici
• Cateteri e tubi
Polietilentereftalato PET
• Protesi vascolari di LARGO calibro
• Anello di sutura protesi vascolari
• Fili di sutura NON biodegradabili
63
5.8 - Utilizzi dei materiali polimerici 5. MATERIALI POLIMERICI
Poliuretani PU
• Protesi vascolari di PICCOLO calibro
• Cateteri
• Valvole cardiache biomorfe
Poliesteri biodegradabili PLA, PGA
• Protesi per ortopedia, zone non cari-cate
• Scaffold per medicina rigenerativa
• Fili di sutura biodegradabili
Poliammidi - Nylon
• Fili di sutura NON biodegradabili
Policarbonato PC
• Ricostruzione teca cranica
• Contenitori
• Membrane per ossigenatori
Idrogeli
• Sistemi di rilascio di farmaci
• Lenti a contatto morbide
• Strutture per la medicina rigenerativa
Siliconi
• Chirurgia rigenerativa estetica
• Cateteri
• Lenti a contatto morbide
Polietilene a bassa densità LDPE
• Guanti monouso
• Pipette Pasteur
Polietilene ad alta densità HDPE
• Cateteri
• Contenitori per fluidi biologici
Polistirene PS
• Siringhe
• Contenitori monouso
Polistirene trattato TCPS
• Piastre per colture
• contenitori per colture cellulari
Poliacrilonitrile PAN
• Membrane per dializzatori
5.8.2 Per Utilizzo
Protesi Vascolari
Largo Calibro Medio Calibro Piccolo Calibro
Polietilentereftalato (PET,Darcon)
Politetrafluoroetilene espanso(ePTFE)
Poliuretano(PU)
64
5.8 - Utilizzi dei materiali polimerici 5. MATERIALI POLIMERICI
Fili di sutura
Biodegradabili Non Biodegradabili
PLA PGA PLA+PGA ePTFE PP Nylon PET (Darcon)
Ortopedia
PMMA UHMWPE PLA, PGA PC
Cementoper ossa
Ri-costruzioneCranica
Coppa Ac-etabolare
PiattoTibiale
Placche perosteosinetsi
Bonepins
Ri-costruzioneCranica
Oftalmologia
Lenti intraoculari Lenti a contatto rigide Lenti a contatto Morbide
PMMA PMMA Siliconi (PDMS) Idrogeli (PHEMA)
Reti per Ernie
ePTFE PP
Medicina Rigenerativa
Scaffold Rilascio di Farmaci
PLA PGA PLA+PGA Idrogeli PLA PGA Idrogeli
Membrane
Dializzatori Ossigenatori
PU PAN Silicone PP
65
5.8 - Utilizzi dei materiali polimerici 5. MATERIALI POLIMERICI
Cateteri
Impiantabili A Breve Termine
PU PVC flessibile Silicone HDPE PU
In laboratorio
Accessori Siringhe Contenitori Colutre cellulari
LDPE PP PS HDPE PP PS PC PVC TCPS
66
Capitolo 6
Disinfezione e Sterilizzazione
Def: 14 (Sterilizzazione)La sterilizzazione è un processo validato atto a rendiere un prodotto privo di ogni microorganismovitale ♦
La sterilizzazione è un processo volto all’eliminazione (rimozione) o uccisione (disattivazione)di tutte le forme viventi e patogene presenti su una superficie, un volume di fluido, farmaco o inun compsoto come terreni di coltura biologica. Le forme viventi possono essere animali, vegetali,macroscopiche, microscopiche, innocue o nocive. Altri agenti biologici come prioni o virus nonsonon considerati viventi, ma agenti biologici patogeni.
La disinfezione è in processo volto ad eliminare agenti capaci di generarie infezioni o malattie.Questo processo non è da solo in grado di eliminare tutti gli agenti patogeni, come ad esempiole spore batteriche più resistenti.
6.1 Oggetto di Sterilizzazione e Disinfezione
Sono classsificati in tre categorie: Critici, Semi-critici, e Non critici
Articoli critici Oggeti il cui uso, se contmineti, comporta elevato rischio di contrarre infezione.Questa categoria comprende strumenti che penetrano all’interno dei tessuti biologici come stru-menti chirurgici, protesi vascolari, aghi e cateteri vascolari
Articoli semi-critici Oggetti che vengono in contatto con mucose integre o cute non integra.Non invadono i tessuti o il sistema vascolare (Come ad esempio endoscopi, o cateteri urinari),ma comportano sempre un elevato rischio di infezione.
Articoli non critici Oggetti non a contatto diretto con il paziente o a contatto solo con la cuteintegra (stetoscopi, manicotti per la pressione, maschere, biancheria, stoviglie)
67
6.2 - Sterilizzazione 6. DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE
6.2 Sterilizzazione
Il processo di sterilizzazion può avvenire attraverso mezzi chimici o fisici a secondoa del materialee della sua resistenza al processo.
Mezzi fisici
• Calore (umido o secco)
• Radiazioni
• Raggi UV
Mezzi chimici
• Ossido di etilene
• Gas plasma
• Ozono
Norma U.N.I. EN 556 - Sterilizzazione dei dispositivi medici Il livello di assicurezione disterilità (SAL: Sterility Assurance Level) deve corrispondere alla probabilità teorica inferiore ouguale a uno su un milione (SAL < 10−6) di trovare un microorganismo sopravvivente all’internodi un lotto di sterilizzazione
Def: 15 (SAL (Sterility Assurance Level))Probabilità che un dato impianto rimanga non sterile a seguito dell’esposzione ad un processi disterilizzazione.SAL minimo: = 10−6. Corrisponede alla probabilità che un dispositivo su un milione nonrimanga sterile ♦
Esistono alcune eccezioni, ad esmepio viene accettato un valore SAL = 10−3 se si dimostrache la funzionalià del dispositivo non è garantita con nessuna tecnica di sterelizzazione. Ciòpresenta alcune problematiche legate alla sicurezza di utilizzo con pazienti anziani, in età infantile,immunocompromessi, o con ustioni.
6.2.1 Determinazione del SAL
Il SAL viene determintato tramite una conta dei microorganismi vitali presenti sul dispositivoprima del processo di sterelizzazione ( dai 10 ai 20 campioni) e, successivamente, vengono effetuatidegli studi sul processo di sterilizzazione per determinare la velocitò di morte microbica o lacapacità letale del processo
Studio del processo di sterilizzazione Campioni del dispositivo nelle loro confezioni vengonoesposti a frazioni del trattamento desidetato. Dopo ogni somministrazione si conta il numero diorganismi sopravvissuti. Si costruisce un modello statistico opportuno e si estrapola il tempo disomministrazione necessario per raggiungere SAL = 10−6
La scelta del processo di sterilizzazione è influenzata dalla compatibilità degli impianti e i materialicon vui vengono confezionati e la capacità del processo stesso di raggiungere il SAL richiesto1.5em
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6.3 - Sterilizzazione per calore 6. DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE
6.3 Sterilizzazione per calore
Il calore eccessivo altera le strutture macromolecolari dei microorganismi come proteine e lipidimediante ossidazione e denaturazuine. La resistenza dei microorganismi dipende dalla strutturadelle macrocmolecole prese in considerazione. La presenza di legami ad alta energia conferisce unamaggiore resistenza al calore. Ad esempio i virus con pericapside offrono una resistenza minore,mentre i virus nudi e le spore (ricche di legami S S) possono sopportare temperature piualte. 3em
6.3.1 Sterilizzazione per calore secco
L’agente sterilzzante preso in considazione per questo metodo è aria calda, che è un cattivoconduttore e ha quindi uno scarso potere penetrante. I fattori determinanti per questo processosono la temperatura e la durata del processo
Tempo T(◦C)
3 ore 1402 ore 30 min 1502 ore 1601 ora 17030 min - 1 ora 180
Indicata per: materiali termoresistentiimpermeabili al vapore come: polveri inor-ganiche, oggetti in vetro, sostanze oleose, ostrumenti cirurgici metallici
Non indicata per: Soluzioni acqose, ma-teriale tessile o termosensibile
PRO Pratica ed economica CONTRO Scarsa affidabilità dei con-trolli, elevata durata del processo
6.3.2 Sterilizzazione per calore umido in autoclave
L’agente sterilzzante preso in considazione per questo metodo è vapore acque ad elevatatermperatura. Il vapore acqueo ha una buona conducibilità termica ed elevato potere penetrante,il che lo rende un processo piu efficiente. I fattori determinanti di questo processo sono: pressione,temperatura, tempo, umidità.
Durante il processo disterilizzaizone viene usato vapore saturo (121◦C,P = 1atm) oppure(134◦C,P = 2atm). Il processo necessita che la superficie del dispositivo sia a contatto con ilvapore, perciò la confezione del dispositivo deve essere tale da permettere la permeazione deigas. Il processo di sterilizzazione dura all’incirca dai 10 ai 15 minuti dal raggiungimento dellatemperatura di regime.
Sa stereilzzazione avviene con la deattiviazione completa dei microorganismi mediante la dis-turzione diei componenti strutturali neciessarie per la replicazione. All’interno degli organismi
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6.4 - Sterilizzazione per radiazioni 6. DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE
Fig. 6.1: Sterilizzazione per calore umido in autoclave
biologici presenti avviene la denaturazione degli enzimi essenziali e la distruzione dei complessiproteici e lipidici.
Indicata per: Strumenti in metallo, vetro,materiale tessile di medicazione e campostetile
Non indicata per: attrezzatura di endo-scopia (eccetto le camicie degli endoscopi inacciaio), sostanze non idrosolubili (sostanzeoleose e polveri) e materiali termolabili
PRO efficace, veloce, semplice, senzaresidui tossici
CONTRO Non indicato per materialisensibili a calore o vapore per rischio didegradazione (Materiali polimerici, e pos-sibile corrosione dei metalli)
6.4 Sterilizzazione per radiazioni
L’energia liberata dalle radiazioni è in grado di alterare la funzionalità di macromolecole fonda-mentali dei microorganismi o agenti patogeni. Per il processo di sterilizzazione sono generalmenteusati raggi γ o un fascio elettronico.
La sterilizzazione tramite radiazioni comprende un serio rischio per gli operatori che effettuanoe controllano il procedimento. La dose di assorbimento di radiazioni (misurata in Grays: Gy =[J/kg]) necessaria per compiere il processo di sterilizzazione con il dovuto SAL è di 8÷ 35 kGy.La dose letale per l’uome è però di soli 0.01 kGy.
Oltre ad una schematura dalle radiazioni appropriata sono intoltre sistemi di ventilazione e con-trollo dei livelli di ozono, creato dall’unterazione delle radiazioni con l’ossigeno
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6.4 - Sterilizzazione per radiazioni 6. DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE
Durante il processo di sterilizzazione le radiazioni ionizzanti (siano esse fasci elettronici o fotonici)penetrano attraverso l’imballaggio e inattivano il carico microbico presente sul dispositivo. Le ra-diazioni ionizzanti trasmettono abbastanza energia da scindere legami forti come quelli all’internodegli acidi nucleici, inibendone la riproduzione e la vitalità. Esistono però agenti patogeni re-sistenti al trattamento come ad esempio alcuni virus, HIV-1 compreso.
1.5em Le radiazioni possono avere effetti negativi sulla struttura dei materiali polimerici conazione idrolitica, ossidativa, di reticolazione, o rottura dei legami covalenti C C e la seguenteformazione di radicali molecolari reattivi. A seconda della struttura chimica del polimero puòprevalere il processo di reticolazione a quelli degradanti, ma le strutture vengono irreparabilmentedanneggiate ed alterate in ogni caso.
Se predomina la reticolazione, come succede ad esempio nelle porzioni cristalline dei polimeri, vi èun incremento del peso molecolare proporzionale alla dose di radiazioni somministrata.Polietilene,poliammidi, poliuretani, e poliesteri mostrano un miglioramento delle loro proprietà mecca-niche (resistenza a creep, calore ed usura) a scapito di un elevato infragilimento.
Se prevale, invece, l’effetto di degradazione, fenomeno osservabile nelle zone amorfe, si hal’effetto opposto, con una riduzione del peso molecolare medio, e un peggioramento delle proprietàmeccaniche. 3em
6.4.1 Raggi γ
La sterilizzzazione tramite raggi γ copre circa l’ 80% del mercato dei processi di sterilizzazionetramite radiazioni e circa il 40% di quello della sterilizzazione industriale.
I raggi γ sono onde elettromagnetiche con frequenze che si aggirano intorno ai 3 × 1020 Hze, conseguente, lunghezze d’onda nell’ordine di grandezza dei picometri e sono prodotte datransizioni nucleari durante la trasformazione del radioisotopo 60Co in 60Ni
Co6027 → Ni60
28 + β0−1 + raggi γ
Nonostante la fonte dei raggi γ sia radioattiva, la radioattività non viene trasferito al dispositivocon il processo di srerilizzazione
Per natura l’energia trasmessa da questo tipo di radiazioni è quantizza ta a 1.33 e 1.17 MeV .La dose del processo sterilizzante si calibra con la dose assorbita, raggiungendo valori di 25 kGy.
Durante il ciclo di sterilizzazione i prodotti vengono posit su un nastro trasportatore che navigain un labirinto di pareti schermanti, fino a raggiungere la camera di sterilizzazione dove sonoinvestiti dalle radiazioni. Un secondo nastro trasportatore li porta attraverso un secondo set dipareti schermanti fino all’esterno. I dispositivi sono utilizzabili da subito.
Una dose di 25 kGy è generalmente sufficiente per la sterilizzazione di dispositivi impiantabili.Dosi troppo elevate però possono dannegiare alcuni polimeri e creare problemi di biocompatibilità.
Il processo è indicato per prodotti monouso come aghi, fili di suturam lame, ed alcuni tipi di
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6.5 - Sterilizzazione per Ossido di Etilene EtOx 6. DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE
plastiche
PRO Non rimane alcuna traccia del pro-cesso sui substrati trattati
CONTRO L’impiego è limitato ad uso in-dustriale a causa dei costi proibitivi degliimpianti
6.4.2 Facio elettronico
Rispetto ai raggi γ, la sterilizzazione mediante fascio elettronico occupa una fetta estremamenteridotta del mercato: 20% delle sterilizzazione mediante radiazioni e solo il 10% delle sterilizzazioniin ambito industriale. Questo processo di sterilizzazione utilizza elettroni accellerati (tramiteacceleratore di particelle) e dotati di una notevole energia (5 ÷ 10 MeV ). La penetrazionedel fascio elettronico all’interno di un materiale dipende dall’enerfia di cui dispone la particella(≈ 1/2 cm ·MeV per un materiale con densità ρ = 1 g/cm3).
Dato che il potere penetrante è inferiore rispetto ai raggi γ, gli oggetti sottoposti a qesto trat-tamento hanno solitamente uno spessore inferiore ai 5 cm, e sono irraggiati su entrambi i lati.Il vantaggio rispetto alla tecnica precedente sta nella velocità del processo stesso, riducendo glieffetti ossidativi per la minore esposizione ad ossigeno, durante uno stato energetico elevato.
PRO Somministrazioe di radiazioni piùveloce, processi ossidativi ridotti, effetti ter-mici trascurabili e relativa facilita di con-fezionamento dei prodotti prima del pro-cesso di sterilizzazione
CONTRO possibile degradazione dellastruttura e selle proprietà di alcuni materialipolimerici
6.4.3 Raggi UV
La sterilizzazione mediante raggi UV avvient tramite radiazioni prodotte da lampade a vapori dimercurio eccitati da una corrente elettrica. Il processo di deattivazione dei microorganismi avvinetramite l’alterazione degli acidi nucleici al loro interno, compromettendone la funzionalità e laloro riproducibilità.
Viene utilizzata la sterilizzazione mediante raggi UV per il trattamento di aria, acqua e superficidi appoggio in ambienti protetti.
CONTRO Scarsa capacità di penetrazione, e effetti negativi su cute e mucose.
6.5 Sterilizzazione per Ossido di Etilene EtOx
Il processo di sterilizzazione con EtOx presenta multipli rischi per la sicurezza durante il suoimpiego. L’ossido di etilene ((CH2)2O) a temperature e pressioni ambientali si presenta comeun gas tossico, carcinogeno, ed esplosivo. Un ulteriore fattore di rischio è dato dal fatto chel’odore dell’EtOx sia percepibili solo a concentrazioni > 700 ppm, mentre gli effetti nocivi sicominciano a manifestare per concentrazioni > 1 ppm.
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6.5 - Sterilizzazione per Ossido di Etilene EtOx 6. DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE
L’impianto di sterilizzazione deve quindi essere areato dopo ogni processo utilizzando diluenti(come gas refrigeranti HCFC, e azoto) per limitare la presenza di ossigeno, evitanto cosi com-bustioni improvvise. L’EtOx agisce per alchilazione di gruppi sulfidrilici, aminici, carbossilici,fenolici e idrossilici, di proteine strutturali ed enzimatiche e di costituenti degli acidi nucleici ditutti gli agenti contaminanti, compresi spore, batteri e virus.
L’alta versatilità di questo metodo lo porta ad occupare il 50% del mercato in ambito industriale.
I fattori determinanti per questo processo sono:
• Concentrazione: (700÷800 mg/l), con l’aumentare della concentrazione si riduce il tempodi esposizione necessario. A concentrazioni minori di 400 mg/l, la sterilità non è garantita
• Umidità relativa: del vapore acqueo mantenuta a (40÷ 60%)
• Temperatura: 30◦C per il ciclo a freddo e 60◦C per un ciclo a caldo
• Tempo di esposizione: 1.5÷ 12 h di solitio, mantenuto a 4÷ 5 h
• Pressione: variabile con concentrazione dell’EtOx
Fig. 6.2: Processo di sterilizzazione con EtOx
i prodotti da sterilizzare sono posti, gia impacchettati in buste di carta e polietilene, in unacamera in cui si immette gas e vapore, aspirando aria e regolando la temperatura. Dopo lasterilizzazione (tranne che per prodotti di vetro e metallo) è necessario in processo di areazione didurata minima di 48 ore, per espellere il gass assorbito. i dispositivi sono posti in speciali armadicon ventilzaone forzata a 50÷ 60◦C.
La sterilizzazione con EtOx avviene principalmente su endoscopi, materiali di plastica, gomma,PVC, protesi vascolari, fibre ottiche, libri. Non è indicato per tutto ciò che puo èssere sterilizzatoa calore umido o che sia stato trattato precedentemente con raggi γ, a causa della possibileproduzione di epicloridina, una molecola che appartiene alla classe degli epossidi, e di presentasotto forma di un liquido tossico e probabilmente cancerogeno per l’uomo.
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6.6 - Sterilizzazione mediante plasma 6. DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE
L’EtOx potrebbe compiere reazione di alchilazione anche all’interno di materiali polimerici,degradandoli, oppure rimanerne intrappolato all’interno con successivo rilascio all’interno di am-biente biologico, scatenando reazioni tossiche.
PRO Alta efficienza, effetti termicitrascurabili, non alterzione del substrato, egrande capacità di penetrazione
CONTRO Tossicità, possibili residui diossido di etilene, possibile modifica dellastruttura e delle proprietà di alcuni polimeri,non è possibile utilizzare immediatamentegli oggetti sterilizzati
6.6 Sterilizzazione mediante plasma
La stereilzzazione a base di plasma consisnte nell’esposizione a un gas che è stato ionizzatoda un campo di energia, si tratta attualmente della tecnologia di sterilizzazione "a freddo" piuinnovativa.
L’eccitamento del gas allo stato di plasma avviene in un apposita aoutoclave mediante la creazi-ione di un campo elettromagetico. Vengono generati radicali liberi che agiscono su acidi nucleicie membrane, degradandoli.
Vi sono due tipologie di sterilizzazione mediante plasma correntemente adottate: a contattodiretto e post-discarica, nella prima soluzione i dispositivi sono posti nello stesso ambiente incui è generato il plasma, nonostante l’efficacia del processo, questo approccio potrebbe portareal surriscaldamento del materiale da sterilizzare.
Durante il processo di sterilizzazione con metodo di post-discarica, i dispositivi sono posti in unazona in cui non viene generato il plasma. Con questo approccio le camere di sterilizzazione pos-sono avere dimensioni maggiori, a scapito di un tempo maggiore necessario per il completamentodel processo
Esiste un solo sistema commercializzato per la sterilizzazione mediante plasma freddo: Sterrad®di Johnson & Johnson dove l’agente sterilizzante adottato è il vapore di perossido d’idrogeno(H2O2) eccitato a gas plasma. Per questo tipo di processo gli strumenti devono essere confezion-ate in buste speciali portse non a base di cellulosa.
Tramite gas plasma vengono sterilizzati strumenti sensibili a calore e umiditè come apparecchia-ture per stereotassi, endoscopi, cavi a fibre ottiche e lame.
PRO Adatta per la sterilzzazione di mate-riali sensibili al calore, buona compatibilitàcon materiali polimerici, e strumenti utiliz-zabili subito dopo il processo, senza residuitossici
CONTRO Basso potere di penetrazione,non indicato per materiali con capacità as-sorbente per H2O2 (teleria, materiali a basedi cellulosa, polveri e liquidi)
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6.7 - Sterilizzazione mediante Ozono 6. DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE
6.7 Sterilizzazione mediante Ozono
La sterilizazzione mediante ozono (O3) avviene per ossidazione dei doppi legami presenti traatomi di carbonio nei composti organici (proteine, batteri, funghi)
I Ciclo:
• Vuoto nella camera di sterilizzazione
• Fase di umidificazione
• fase di sterilizzazione medianteinieione di ozono nella camera
I Ciclo:
• Vuoto nella camera di sterilizzazione
• Fase di umidificazione
• Fase di sterilizzazione medianteinieione di ozono nella camera
• fase di ventilazione finale per rimuo-vere tutte le tracce di ozono presenti
La sterilizzazione con ozono ha un elevato range di materiali alla quale è applicabile:
• PVC
• Nylon
• Polipropilene
• Silicone
• Politetrafloruroetilene (PTFE) -Teflon
• Polimetilmetacrilato (PMMA)
• Polietilene a bassa densità (LDPE)
• Polietilene ad alta densità (HDPE)
• Polietilene a peso molecolare ultraalto (UHMWPE)
• Alluminio anodizzato
• Accaio inossidabile
Non è pero applicabile alla classe dei poliuretani, a causa di fenomeni di degradazione.
PRO Basse temperature di lavoro, nessunresiduo tossico, facile da usare, bassi costi,compatibile con materiali polimerici
CONTRO tempi di procedura piuttostoelevati.
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Capitolo 7
Biomateriali Ceramici
I materiali ceramici sono compositi policristallini generalmente inorganici, ottimi isolanti termicie elettrici, inerti con alta resistenza alla compressione ma fragili.
I materiali ceramici sono utilizzati primcipalmente per:
• Impianti Ortopedici
• Applicazioni dentali
• Rivesitimenti (coating) superficiali (biointegrazione, bioattività)
I materiali bioceramici si suddividono in 3 sottocategorie: bioceramici (quasi) inerti, bioceramicia reattvità superficiale, bioceramici riassorbibili
7.1 Bioceramici quasi inerti
Componenti di impianti ortopedici sottoposti a forti sollecitazioni meccaniche.
Non sono soggetti a variazioni chimiche nell’ambiente fisiologico.
I materiali ceramici impiantati sono riconosciuti come corpo estraneo dall’organismo ospite. Siforma una membrana fibrosa molto sottile (≈ 10µm)
Questo comporta un’isolamento nei confronti dei tessuti biologici. Questo comporta possibilescollamento e allentamento asettico degli impianti, mobilizzazione e una mancata integrazionecon i tessuti.
NOTA: I ceramici inerti formati da ossidi a contatto con ambienti acquosi come i fluidi biologicitrasformano l’ossido superficiale in gruppi ossidrile che conferiscono idrofilicità alla superficie
I materiali "Ceramici Avanzari" sono considerati composti puri o quasi puri.
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7.1 - Bioceramici quasi inerti 7. BIOMATERIALI CERAMICI
• Ossido di Alluminio, allumina (Al2 +O3)
• Ossido di Zirconio, zirconia (ZrO2)
• Carbonio turbostratico
7.1.1 Allumina(Al2O3)
Gli ioni di ossigeno sono nelle posixione reticolari di una cella elementare EC. Le posizione inter-stiziali ottaedriche quanti sono gli atomi nella cella elementare.
Ci sono solo due ioni Al+3 ogni tre ioni O2 per mantere la neutalità elettrica. Gli ioni Al occupanosolo due terzi delle posizioni ottaedriche del reticolo EC.
Polveri da Utilizzare:
• Elevata Purezza
• Distribuzione omogenea e fine
• Lavorabili a temperature basse(1400-1600°C)
Caratteristiche materiale:
• Alta densità
• Buona resistenza a compressione eflessione
• Resistenza all’usura
• inerzia chimica e biocompatibilità
Velocità di usura
Combinazione materiali Velocità di usurametallo / UHMWPE 100µm/annoAl2O3 / UHMWPE 50µm/annoAl2O3 / Al2O3 0.025µm/anno
7.1.2 Zirconia(ZrO2)
La Zirconia cambia struttura interna a seconda della temperatura del materiale.
• Cubica a facce centrate (T > 2370◦C)
• Tetragonale (1170− 2370◦C)
• Monoclina (Tamb − 1170◦C)
la trasformazione da tetragonale a monoclina comprende, un aumento volumetrico del 4%, il cherende impossibile alcune lavorazionei.
Le trasformazioni di fase nella zirconia combianta con altri ossidi refrattari come CaOMgO Y2O3)possono produrre materiali ceramici ocn un alta tenacità alla frattura. A temperatura ambientepossono essere stabilizzate.
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7.1 - Bioceramici quasi inerti 7. BIOMATERIALI CERAMICI
Con aggiunta di MgO
Struttura cubica (PSZ: partially stabilized Zirconia) con precipitati tetragonali.
Utilizzata principalmente per componeti massivi, e rivestimenti
+9%MgO A temperatura ambiente: struttura cubica completamente metastabile. Dopo unulteriore riscalfamento avviene la formazione di un precipitato submicroscopico fine metastabilea struttura tetragonale.
Con aggiunta di Y2O3
Struttura tetragonale (TZP: Tetragonal Zirconia Policrystal) o completamente stabolizzata
7.1.3 Carboni turbostratico
I carboni sono lavorati a temperature elevate (> 3700◦C). La lavorazione comprende bassivalori di diffusiona atomica.
Per la preparazione di carboni puri dotati di proprietà ingegneristiche utili non è possibile avvalersidella normale lavorazioni delle polveri.
si ricorre a tecniche basate sulla decomposizione di precursori ricchi in carbonio suscettubuli adare un residuo carbonioso dotato delle proprietà desiderate.
I carboni turbostratici offrrono ottima resistenza all’usura. Hanno capacità di sostenere ampie de-formzioni elastiche localizzate sotto carichi concentrati o localizzati senza usurarsi o danneggiarsisuperficialmente.
può essere accresciuta ulteriormente se si aumenta la durezza riducendo le dimensioni dei cristallitie aggiungendo elementi leganti, come il silicio
Usi
di “più” lunga durata e di migliore biocompatibilità (intesa comeinerzia) con il sangue
• carbonio LTI: valvole cardiache meccaniche
• carbonio ULTI: rivestimenti di protesi vascolari (Grosso Calibro), principalmente in PET(Dacron)
• Gabbie di fusione vertebrale
• Dispositivi per anuloplastica
• Fibre di carbonio ad alta resistenza meccanica (< 5Gpa e E = 200÷ 500Gpa)
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7.2 - Bioceramici ad attività superficiale e bioriassorbibili 7. BIOMATERIALI CERAMICI
Decomposizione pirolitica di idrocarburi
Decomposizione pirolitica di idrocarburi, tipo metano o gas naturale. L’idrocarbura viene fattofluire a bassa pressione con continuità attraverso l’impianto di deposizione su di un substrato.
La temperatura di substrato varia tra 800÷ 2800◦C
La struttura dello strato depositato dipende da:
• Temperatura di deposizione
• Velocità di flusso
• Concentrazione dell’idrocarburo
possono essere introdotte intenzionalmetne nella camera di reazione per migliorare le caratteris-tiche.
Carboni Turbostratici LTI Low Tempertature Isotropic. La deposizione di carbonio di questatipologie dipende dal tipo di bersaglio, dalla sua forma e spessore e dalla possibile aggiunta diSilicio.
Carboni turbostratici depositati da fae di vapore PVD O ULTI: ultra low temperatureisotropic. Un flusso ionico scalza ioni da un target di carbonio turbostratco pirolitco.
L’applicazione è a temperatura ambiente, perciò è indicata per rivestire dispositivi a base dipolimeri, tessuti (termolabili) e metalli compatti o porosi
7.2 Bioceramici ad attività superficiale e bioriassorbibili
I materiali ad attività superficiale o bioriassorbibili hanno un areazione specifica e selettiva conl’abmiente fisiologico. Si viene a formare un legame chimico tra il tessuto e la superficedell’impianto. Si legano all’osso senza formazione di tessuto fibroso all’intefaccia (Bioceram-ici di fosfati di calcio, come idrossiapatite), biovetri e biovetriceramici.
Usi
• Campo Maxillofacciale
• Campo dentale (Ricostruzione)
• Rivestimenti di protesi ortopediche
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7.2 - Bioceramici ad attività superficiale e bioriassorbibili 7. BIOMATERIALI CERAMICI
7.2.1 Biomimetica
• Struttura Amorfa: Viene riassorbita rapidamente
• Struttura Cristallina: Tende a conferire biostabilità
Bioriassorbibili Sono riconosciuti come self dalle celluele ossee e possono essere metabolizzatiper ricostruire la fase minerale fisiologica
Materiali attivi sono stabili chimicamente, possono stabilire legami con l’osso e permettonoun perfetto ancoraggio periimplantare (i.e. Stelo femorale rigido)
7.2.2 Idoneità di un materiale biodegradabile
la dissoluzione del materiale deve avvenire mediante i normali meccanismi biologici. L’impiantodeve sviluppare la funzione alla quale è preposto per un tempo appropriato. Il processo diriassorbimento non deve impedire la sostituzione progressiva con normale tessuto sano.
7.2.3 Idrossiapatite (HA)
basse proprietà meccaniche non la rende adatta per la costruzione di protesi massive. Vieneinvece largamente usata per applicazioni a basso livello di sollecitazione:
• riempitivi
• impianti nell’orecchio medio
• fase bioattiva in materiali compositi
• rivestimenti di materiali metallici
7.2.4 Biovetri
Presentano reazioni superficiali controllate con i fluidi corporei. Miscele Na2O−CaO−P2O5−SiO2 in intervalli definiti di composizione. Le basse caratteristiche meccaniche rendono i biovetripiu adatti a rivestimente.
I biovetri formano un legame con i tessuti attravers una reaione chimica controllata alla super-ficie dell’imipanto. L’impianto rimane fissato in modo permantente con il materiale prima chesi formi l’incapsulazione fibrosa Impedendo la monilizzazione dell’impianto.
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