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Professione Allevatore - Numero 3 - 15/28 Febbraio 2018 29 sAniTà BILANCIO PROTEICO E MALATTIE METABOLICHE Approfondimento Effetti delle carenze aminoacidiche su fertilità e mastite nella bovina da latte M entre la nutrizione dei monogastrici è relativa- mente più semplice, in quanto presuppone solo una pre- cisa conoscenza dei fabbisogni dei singoli nutrienti e della composi- zione analitica degli alimenti, quella dei ruminanti è invece al- quanto complessa in quanto buona parte dei nutrienti necessari alle funzioni vitali di questi ani- mali non deriva direttamente dagli alimenti ingeriti, ma dal micro- biota ruminale e dai prodotti se- condari derivanti dalla sua attività fermentativa, come gli acidi grassi volatili, le vitamine e quant’altro. Pertanto il nutrizionista che si oc- cupa di ruminanti ha come primo obiettivo quello di modulare la produzione di microbiota rumi- nale, in quanto per la bovina esso è l’alimento perfetto, avendo una concentrazione proteica del 63%, di carboidrati del 21%, di grassi del 12% e di ceneri del 4%. Assu- mendo che il microbiota ruminale possa produrre 40 g di azoto per ogni kg di materia organica dige- ribile, questo potrebbe garantire poco più del 65% dei fabbisogni proteici di una bovina al picco produttivo. Queste performance fermentative sono molto teoriche, in quanto la così detta “razione per 48 kg di latte” può fornire al massimo circa 2.800 g di proteina metabolizzabile (MP), di cui solo il 53% derivante dalla biomassa ruminale. Per MP si intende la sommatoria tra proteina micro- bica e proteina degli alimenti che passa indenne le idrolisi ruminali, al netto della digeribilità. Ossia è dalla MP che la bovina assorbe a livello intestinale gli amminoacidi di cui ha la necessità. Se la bovina potesse assumere, per soddisfare i suoi fabbisogni, solo MP di ori- gine microbiotica vedrebbe perfet- tamente soddisfatti i suoi fabbisogni amminoacidici, ma solo per il mantenimento e poco più. In natura i ruminanti si ci- bano di erba o meglio di essenze vegetali, che garantiscono una quota aggiuntiva di nutrienti come gli zuccheri. Nel momento in cui la bovina è stata domesticata dai nostri antenati agricoltori si è cer- cato di aumentarne la produzione di latte, ma anche di carne, agendo sulla selezione genetica e appor- tando, attraverso altri alimenti, nutrienti supplementari che oggi raggruppiamo con il termine gene- rico di concentrati. Cioè, in pra- tica, si è aggiunta una quota sempre più crescente di proteina metabolizzabile di origine non mi- crobiotica, acidi grassi, zuccheri semplici, amidi, minerali e vita- mine. Per il ruminante selvatico il nutrizionista serve a poco, in quanto le essenze vegetali sono in grado di garantire tutti quei nu- trienti di cui ha necessità, ma con le razze bovine che l’uomo ha se- lezionato partendo dall’Uro que- sto apporto nutritivo non è più sufficiente. Da queste brevi pun- tualizzazione si intuisce facilmente che esiste una debole correlazione tra concentrazione proteica della razione e produzione di MP di ori- gine microbiotica, in quanto la biomassa ruminale per crescere ha sì bisogno d’azoto, ma anche di buona parte degli altri nutrienti presenti nella razione. Le 200 spe- cie batteriche del rumine si suddi- vidono in raggruppamenti a seconda del tipo di attività fer- mentativa che svolgono. Abbiamo, ad esempio, i cellulosolitici che idrolizzano le cellulose. Questi non sono in grado di idrolizzare le proteine e per la loro crescita ne- cessitano di azoto non-proteico (NPN), acidi grassi ramificati e co- spicue concentrazioni di sodio. Un altro raggruppamento importante è quello degli amilolitici che idro- lizzano gli amidi e producono un importante precursore del gluco- sio che è l’acido propionico. Que- ste ultime specie batteriche invece necessitano per crescere di “pro- teina vera”, ossia amminoacidi, es- sendo di fatto capaci di idrolizzare le proteine. I batteri proteolitici, cioè in grado d’idrolizzare le fonti organiche d’azoto, sono il 12-14% e appartengono alle specie sacca- rolitiche e amilolitiche. Abbiamo citato solo questi due raggruppa- menti batterici, ma ne esistono nu- merosi altri che prediligono altri substrati alimentari da fermentare. Un concetto importante è che tra le tante specie batteriche, proto- zoarie e fungine, che soprattutto vivono organizzate nel biofilm ru- minale, esiste una profonda com- petizione, in quanto in molti casi un prodotto della fermentazione serve alla crescita di un altro, ma al tempo stesso cooperazione nella degradazione degli alimenti, come avviene tra funghi e i batteri cellu- losolitici. Il nutrizionista specializ- zato nei ruminanti quando di Alessandro Fantini Nei primi mesi di lattazione, le carenze aminoacidiche nelle bo- vine di razza Frisona possono avere un effetto negativo sia sul sistema immunitario che sulla fertilità. Figura 1. Gli aminoacidi nel ciclo di Krebs.
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BILANCIO PROTEICO E MALATTIE METABOLICHE Effetti delle … · tano con i fisiologi bovini per sop - pesare attentamente gli effetti collaterali che possono derivare dai riassetti

May 13, 2019

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Professione Allevatore - Numero 3 - 15/28 Febbraio 2018 29

sAnità

BILANCIO PROTEICO E MALATTIE METABOLICHE

Approfondimento

Effetti delle carenzeaminoacidiche su fertilitàe mastite nella bovina da latte

Mentre la nutrizione deimonogastrici è relativa-mente più semplice, in

quanto presuppone solo una pre-cisa conoscenza dei fabbisogni deisingoli nutrienti e della composi-zione analitica degli alimenti,quella dei ruminanti è invece al-quanto complessa in quantobuona parte dei nutrienti necessarialle funzioni vitali di questi ani-mali non deriva direttamente daglialimenti ingeriti, ma dal micro-biota ruminale e dai prodotti se-condari derivanti dalla sua attivitàfermentativa, come gli acidi grassivolatili, le vitamine e quant’altro.Pertanto il nutrizionista che si oc-cupa di ruminanti ha come primoobiettivo quello di modulare laproduzione di microbiota rumi-nale, in quanto per la bovina essoè l’alimento perfetto, avendo unaconcentrazione proteica del 63%,di carboidrati del 21%, di grassidel 12% e di ceneri del 4%. Assu-mendo che il microbiota ruminalepossa produrre 40 g di azoto perogni kg di materia organica dige-ribile, questo potrebbe garantirepoco più del 65% dei fabbisogniproteici di una bovina al piccoproduttivo. Queste performancefermentative sono molto teoriche,in quanto la così detta “razioneper 48 kg di latte” può fornire almassimo circa 2.800 g di proteinametabolizzabile (MP), di cui soloil 53% derivante dalla biomassaruminale. Per MP si intende lasommatoria tra proteina micro-bica e proteina degli alimenti chepassa indenne le idrolisi ruminali,al netto della digeribilità. Ossia è

dalla MP che la bovina assorbe alivello intestinale gli amminoacididi cui ha la necessità. Se la bovinapotesse assumere, per soddisfare isuoi fabbisogni, solo MP di ori-gine microbiotica vedrebbe perfet-tamente soddisfatti i suoifabbisogni amminoacidici, masolo per il mantenimento e pocopiù. In natura i ruminanti si ci-bano di erba o meglio di essenzevegetali, che garantiscono unaquota aggiuntiva di nutrienti comegli zuccheri. Nel momento in cuila bovina è stata domesticata dainostri antenati agricoltori si è cer-cato di aumentarne la produzionedi latte, ma anche di carne, agendosulla selezione genetica e appor-tando, attraverso altri alimenti,nutrienti supplementari che oggiraggruppiamo con il termine gene-rico di concentrati. Cioè, in pra-tica, si è aggiunta una quotasempre più crescente di proteinametabolizzabile di origine non mi-crobiotica, acidi grassi, zuccherisemplici, amidi, minerali e vita-mine. Per il ruminante selvatico ilnutrizionista serve a poco, inquanto le essenze vegetali sono ingrado di garantire tutti quei nu-trienti di cui ha necessità, ma conle razze bovine che l’uomo ha se-lezionato partendo dall’Uro que-sto apporto nutritivo non è piùsufficiente. Da queste brevi pun-tualizzazione si intuisce facilmenteche esiste una debole correlazionetra concentrazione proteica dellarazione e produzione di MP di ori-gine microbiotica, in quanto labiomassa ruminale per crescere hasì bisogno d’azoto, ma anche di

buona parte degli altri nutrientipresenti nella razione. Le 200 spe-cie batteriche del rumine si suddi-vidono in raggruppamenti aseconda del tipo di attività fer-mentativa che svolgono. Abbiamo,ad esempio, i cellulosolitici cheidrolizzano le cellulose. Questinon sono in grado di idrolizzare leproteine e per la loro crescita ne-cessitano di azoto non-proteico(NPN), acidi grassi ramificati e co-spicue concentrazioni di sodio. Unaltro raggruppamento importanteè quello degli amilolitici che idro-lizzano gli amidi e producono unimportante precursore del gluco-sio che è l’acido propionico. Que-ste ultime specie batteriche invecenecessitano per crescere di “pro-teina vera”, ossia amminoacidi, es-sendo di fatto capaci di idrolizzare

le proteine. I batteri proteolitici,cioè in grado d’idrolizzare le fontiorganiche d’azoto, sono il 12-14%e appartengono alle specie sacca-rolitiche e amilolitiche. Abbiamocitato solo questi due raggruppa-menti batterici, ma ne esistono nu-merosi altri che prediligono altrisubstrati alimentari da fermentare.Un concetto importante è che trale tante specie batteriche, proto-zoarie e fungine, che soprattuttovivono organizzate nel biofilm ru-minale, esiste una profonda com-petizione, in quanto in molti casiun prodotto della fermentazioneserve alla crescita di un altro, maal tempo stesso cooperazione nelladegradazione degli alimenti, comeavviene tra funghi e i batteri cellu-losolitici. Il nutrizionista specializ-zato nei ruminanti quando

di Alessandro Fantini

Nei primi mesi di lattazione, le carenze aminoacidiche nelle bo-vine di razza Frisona possono avere un effetto negativo sia sulsistema immunitario che sulla fertilità.

Figura 1. Gli aminoacidi nel ciclo di Krebs.

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appronta una dieta cerca di darevantaggio alle specie batterichepiù efficienti, in modo da incre-mentare la produzione di MP e dialcuni acidi grassi più vantaggiosiai fini energetici, mai dimenti-cando però che si allevano i rumi-nanti non solo per la loro capacitàdi convertire azoto di provenienzavegetale in azoto presente nel lattee nella carne, e quindi partendodalle fibre e dall’NPN, in quantoalimenti a basso costo e non utiliz-zati dai monogastrici, e dall’uomo.

La selezione genetica

Da circa 10.000 anni, ossia daquando è iniziata la domestica-zione dell’Uro (Bos primigenius),l’uomo ha allevato figlie di bovinesempre più produttive da far fe-condare a maschi figli di madricon le medesime caratteristiche.Altro non ha fatto che premiare,conferendogli il vantaggio ripro-duttivo, l’attitudine materna ossiail produrre, per il maggior tempopossibile, più latte possibile dotatodi sempre crescenti qualità nutri-zionali, come il grasso e le pro-teine. Oggi in allevamentoalleviamo delle “super mamme”ossia bovine che quando non sononuovamente gravide danno allamammella, o meglio alla prole, lamassima priorità metabolica.Queste “super mamme” però lo

sono ancora quando diventanonuovamente gravide e la prioritàmetabolica si sposta sull’utero gra-vido e sullo stoccaggio di grassonel tessuto adiposo, riserva fonda-mentale per assicurare latte al vi-tello che nascerà. È intuitivoquindi che alle bovine in latta-zione e non ancora gravide le soleessenze vegetali come l’erba o lefoglie degli alberi non possono es-sere sufficienti, né per la produ-zione, né soprattutto per le altrefunzioni vitali. L’uomodel passato ha selezio-nato bovine la cuimammella, o meglio ilsuo epitelio alveolaremammario, è in gradodi sottrarre dal sanguecircolante un’enormequantità di nutrienticome glucosio, ammi-noacidi, acidi grassi equant’altro. La prio-rità metabolica delprodurre latte si è po-tuta “esasperare” gra-zie all’indipendenzadella mammella da or-moni come l’insulina,che hanno pochissimirecettori su questo tes-suto. Sappiamo chequesto ormone è forte-mente coinvolto nelmetabolismo, inquanto consente il

mantenimento del-l’omeostasi glicemica.Negli ormai 10.000anni di selezione gene-tica e nei ultimi pochianni di selezione geno-mica, l’uomo ha av-vantaggiato le bovinecon una maggiore pro-duzione di latte e unamaggiore quantità digrasso e proteine, mo-dificando, spesso in-consapevo lmen te ,l’assetto ormonale me-tabolico delle bovineda latte. È solo dapochi anni che sonostati inseriti i così detticaratteri funzionali,dopo che si è consta-tato che selezionandosolo per i caratteriproduttivi si ottenevauna bovina sicura-mente produttiva, mapotenzialmente pocofertile e molto suscetti-bile alle patologie spe-

cialmente metaboliche. Perincrementare la produzione dilatte, grasso e proteine le nostre“super mamme” sono state ripro-grammate per mobilizzare grandiquantità di grasso di deposito neiprimi mesi di lattazione, ossiaquando non sono ancora gravide,e aumentare il flusso di sangue allamammella, per apportarvi ammi-noacidi e grandi quantità di gluco-sio per la sintesi del lattosio. Perottenere tutto questo i genetisti

hanno dovuto selezionare bovinecon alti livelli di GH e bassa pro-duzione d’insulina o meglio concapacità di risposta ai carichi diglucosio inferiore. La grave colpache oggi sta scontando la zootec-nia del bovino da latte è stata, eper certi versi è ancora, chequando i genetisti modificano gliindici di selezione non si consul-tano con i fisiologi bovini per sop-pesare attentamente gli effetticollaterali che possono derivaredai riassetti ormonali e metabolici.I problemi che abbiamo ora negliallevamenti derivano in buonaparte da questo mancato dialogo.

La nutrizione azotata

La bovina da latte, come del restotutti i ruminanti, non è un sistemaefficiente di valorizzazione del-l’azoto alimentar,e ma riesce a es-serlo proprio perché può utilizzarel’azoto non-proteico. Fatto centol’azoto ingerito, la bovina riesce aconvertirne poco meno del 30%in latte, mentre il 32,8% verrà di-sperso con le feci e il resto con leurine.La complessità della nutrizione deiruminanti, o meglio del debole le-game tra nutrienti apportati e nu-trienti assorbiti nell’intestino,obbliga i nutrizionisti a utilizzarecomplessi software per la gestionedei modelli matematici, all’internodei quali le principali funzioni me-taboliche della bovina da lattevengono modellizzate. C’è statonel corso degli ultimi anni un’evo-

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Figura 2. Consumo di glucosio, produzione di lattato, consumo di glutamina e produzione di glutamato da parte deineutrofili (nø) monociti (mø) e linfociti (ly) in coltura per 48 ore.

Figura 3. Effetti dell’IGF-1 sull’asse riproduttivo della bovina da latte.

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luzione dal sistema di calcolo cosìdetto “statico”, fatto di medieponderate degli apporti nutrizio-nali da soddisfare per il manteni-mento, la crescita, la produzione ela riproduzione, ai più efficienti“modelli dinamici”, tra cui spiccail Cornell Net Carbohydrate andProtein System (CNCPS). IlCNCPS non rappresenta il puntodi vista o meglio la “scuola di pen-siero” americana, ma la sintesi disterminate ricerche effettuate intutto il mondo sulla nutrizionedella bovina da latte. Nella nutri-zione di questo animale il CNCPS,a fronte della disponibilità di ali-menti di cui si conosce l’esattacomposizione chimica, il tasso didegradazione ruminale delle fra-zioni delle proteine e dei carboi-drati e la velocità di transitoruminale, riesce con un buongrado di approssimazione a preve-dere il tasso di crescita del micro-biota ruminale, la quota dinutrienti che sfugge indenne alleidrolisi o meglio alle fermentazioniruminali, la composizione ammi-noacidica della MP, il livello diproduzione ruminale dei principaliacidi grassi volatili (acido acetico,acido propionico e acido butir-rico) e molte altre informazioni.Volendo rimanere nell’ambitodella nutrizione azotata, le pro-teine vengono tradizionalmentedeterminate con il metodo Kjel-dahl, la cui definizione è “comesomma dell’azoto ammoniacale edell’azoto organico che vengonotrasformati in solfato d’ammonionelle condizioni di mineralizza-zione adottate dal metodo”.L’azoto organico Kjeldahl è datodalla differenza tra il valore del-

l’azoto totale Kjeldahl e quellodell’azoto ammoniacale eventual-mente presente nel campione. Unavolta determinato l’azoto totale,esso viene moltiplicato per la co-stante 6,25 e si ottiene il valore diproteina grezza di un alimento.Agli obiettivi del nutrizionistaquesta informazione serve a poco,in quanto l’azoto estratto con que-sto metodo comprende sia quellonon proteico che quello organico,che come abbiamo visto viene uti-lizzato differentemente dai micror-ganismi che costituiscono ilmicrobiota ruminale.

Lo stesso dicasi per l’assorbimentointestinale. Quando si parla di li-vello energetico di una razione,concetto molto diverso dal livelloenergetico di un alimento, è benesempre ricordare quale via utilizzala bovina per produrla. Innanzi-tutto, per energia s’intende laquantità di ATP (energia chimica)prodotta dal ciclo di Krebs a par-tire da alcune molecole. Il sub-strato più importante è il glucosio,che nei monogastrici deriva prin-cipalmente dall’assorbimento inte-stinale e dalle riserve di glicogeneessenzialmente epatiche. La bo-vina da latte ha con il glucosio unrapporto diverso rispetto ai mono-gastrici. Essa lo utilizza preferen-zialmente come precursore dellattosio e il suo uptake mammarioabbiamo visto essere indipendentedall’insulina. Un altro aspetto daconsiderare è che la digestione en-zimatica dell’amido a livello inte-stinale (amilasi) è nella bovinalimitata, come quindi la capacitàdi assorbimento del glucosio.Buona parte del pool del glucosio

deriva dalla gluconeogenesi. Nellebovine al picco produttivo èl’acido propionico la fonte princi-pale di glucosio, superando il 60%del totale. L’acido propionico poiinterviene direttamente nel ciclo diKrebs. Importanti sono i lattati eil glicerolo. Di grande importanza,sia nella gluconeogenesi che diret-tamente nel ciclo di Krebs, sonoalcuni aminoacidi che la bovinaassume dalla MP e dalle scorteprevalentemente muscolari. Gliaminoacidi possono rappresentarefino al 30% dei precursori del glu-cosio. Si stima che da 100 g di am-minoacidi vengono prodotti 58 gdi glucosio (figura 1).Nel ciclo di Krebs, quindi, il glu-cosio è il substrato principale. Tut-tavia, altre fonti importanti sonogli acidi grassi derivanti dalla dietao dalle riserve lipidiche e diretta-mente gli amminoacidi. Pertanto,gli amminoacidi nella bovina dalatte hanno un ruolo sensibilmentesuperiore, rispetto ai monoga-strici, su molte altre funzioni me-taboliche. Nei monogastrici uneventuale bilancio energetico ne-gativo si contrasta con molta faci-lità aumentando nella dieta lapresenza di fonti di acidi grassi,amido e zuccheri. Nella bovina,invece, un ruolo fondamentale loha sia la MP di origine microbio-tica che quella alimentare, per-tanto si preferisce utilizzare unapiù completa definizione di bilan-cio energetico e proteico negativo.

Gli amminoacidi sono 20 e suddi-visi in 10 essenziali (EAA), ossia chela bovina non può produrre inquantità sufficiente, e 10 non essen-ziali (NEAA), che la bovina può

produrre in quantità sufficiente ri-spetto ai fabbisogni. Ovviamentequesta ripartizione nella modernabovina da latte, specialmente alpicco produttivo, non è poi così ri-gida. Il latte della bovina contieneuna concentrazione proteica chepuò variare dal 2,9 al 3,8%. Ciò di-pende dalla razza e dalla fase dellalattazione in cui si trova. Il 77-78%della proteina del latte è costituitodalle caseine, il resto è rappresen-tato da proteine sieriche. Le caseinesono a sua volta suddivise nelle fra-zioni alfa, beta, kappa e gamma,all’interno delle quali esistono ulte-riori varianti. Nelle caseine sonorappresentati buona parte degli am-minoacidi, in un rapporto diverso aseconda del tipo di caseine. L’ami-noacido più presente è l’acido glu-tammico (~ 20%), seguito daleucina (6-12%) e prolina (8-17%).Un concetto fondamentale e prope-deutico alla valutazione degli effettinegativi di carenze assolute e rela-tive di amminoacidi sulla salute e lafertilità della bovina da latte è chela carenza anche di uno solo degliamminoacidi che costituiscono lecaseine ne impedisce la sintesimammaria. Pertanto, una bassaconcentrazione di caseina nel lattecollettivo o individuale sottintendela carenza di uno o più amminoa-cidi appartenenti sia al raggruppa-mento degli essenziali che dei nonessenziali. Si ritiene che da cinqueamminoacidi essenziali dipende lapiena sintesi della caseina e questisono la metionina, la lisina, l’isti-dina, la fenilalanina e la treonina.Tra gli amminoacidi esiste un pro-fondo rapporto, per cui alcuni per-mettono la sintesi degli altri. Inoltre,e anche questo è propedeutico al

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Figura 4. Percentuale di capi con urea bassa per anno di parto e classi di distanza dal parto. Frisona italiana - urea < 20 mg/dl

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verificare l’impatto negativo su sa-lute e fertilità del bilancio azotato,gli amminoacidi, oltre alle funzioniplastiche, partecipano a importantifunzioni metaboliche. Si è osservatoche la mammella capta in eccessol’isoleucina, la leucina, la lisina e lavalina, e da alcune di queste riescea sintetizzare NEAA. Può succe-dere, come avviene per la lisina, chel’utilizzo da parte della mammellaper sintetizzare gli NEAA ne causiuna carenza. Sembrerebbe, ma ilcondizionale è d’obbligo, che l’up-take mammario di EAA, comel’istidina, la metionina, la fenilala-nina e il triptofano, sia sufficiente.L’estrazione di prolina, acido glu-tammico e acido aspartico è bassarispetto alla quantità richiesta dallamammella. La prolina e l’acido glu-

tammico, anche se sintetizzati nellamammella, sono spesso limitanti lasintesi della proteina del latte. L’ar-ginina viene estratta dalle 2 alle 4volte quella secreta nel latte, ma sideve considerare che unitamente al-l’ornitina viene utilizzata come pre-cursore della prolina e dell’acidoglutammico. Medesima situazionequella della fenilalanina e della me-tionina che troviamo nella mam-mella il 20-30% in più di quella cheviene estratta dal sangue. Ci sonopoi amminoacidi come la fenilala-nina e la metionina la cui quantitànel latte è dal 20 al 30% superioredi quella estratta dalla mammella.Altra informazione importante èche 5 amminoacidi essenziali, comela fenilalanina, la metionina, la li-sina, l’istidina e la treonina, ven-

gono utilizzati per lo sviluppo e lacrescita del parenchima mammario.Gli EAA estratti in eccesso dallamammella forniscono azoto e car-bonio per la sintesi dei NEAA ecome fonte energetica.

Il bilancio proteico negativo (NPB)

Negli ultimi giorni di gravidanza enelle prime settimane di lattazionele bovine si trovano in una condi-zione para-fisiologica di bilancioenergetico negativo, ossia i nutrientiche ingeriscono non riescono a con-tribuire completamente ai fabbisognidi ATP di questo periodo. Ciò av-viene perché la mammella in viaprioritaria sottrae per la produzionedi latte, grasso e proteine enormi

quantità di glucosio, amminoacidi eacidi grassi. La bovina per far frontealle necessità metaboliche degli altritessuti ricorre ad altri nutrienti, sem-pre che gli vengano messi a disposi-zione. Vedremo successivamente lafondamentale importanza diagno-stica del latte individuale delle primesettimane di lattazione al fine di va-lutare sia il bilancio energetico cheproteico. Un principio propedeutico a tutto èquello che “se la bovina non ha am-minoacidi sufficienti per completarela sintesi delle caseine, non ne avràa disposizione per altre funzioni me-taboliche importanti come la ripro-duzione e l’immunità”, proprio per-ché la mammella della bovina nongravida in lattazione ha l’assolutapriorità su molte funzioni metaboli-

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Figura 5. Percentuale di capi con urea alta per anno di parto e classi di distanza dal parto. Frisona italiana - urea > 36 mg/dl.

Figura 6. Percentuale di capi con proteina bassa per anno di parto e classi di distanza dal parto. Frisona italiana - %pr < 2,9.

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che non ritenute essenziali. Questosia per gli EAA che gli NEAA. Labovina durante la fase di transizionee nelle settimane successive è sog-getta a un profondo riassetto ormo-nale e metabolico. Durante le ultimesettimane di gravidanza inizia la ri-duzione ematica degli ormoni IGF-1 e insulina, che raggiungeranno ilnadir alla fine del puerperio. Diver-samente, il GH inizierà a cresceregià prima del parto e progressiva-mente nelle settimane successive. Fe-nomeno collaterale sarà una ridu-zione della concentrazione diinsulina, o meglio di capacità di suasecrezione a seguito dello stimologlicemico, e l’aumento dell’insulino-resistenza. A livello metabolico os-serveremo crescere sia i NEFA che ilBHBA. Questo profondo riassettodel metabolismo ha l’obiettivo di farconvergere alla mammella una mag-giore quantità di sangue circolantee quindi di nutrienti (effetto del GH),ridurne l’utilizzazione da parte deglialtri tessuti e favorire la mobilizza-zione delle riserve glucidiche (glico-gene), amminoacidiche (proteine la-bili), lipidiche (tessuto muscolare) eminerali (tessuto osseo). Le riservelipidiche non sono quasi mai un pro-blema per la bovina, se non comefattore di rischio o meglio eziologicodella lipidosi epatica. Un basso li-vello d’insulina nella fase di transi-zione e nelle prime settimane di lat-tazione è indice di una profondalipomobilizzazione, di cui ne traegiovamento anche la concentrazionedi grassi del latte. Infatti, la selezionegenetica per questo carattere ha“premiato” l’attitudine a dimagrirenella prima metà della lattazione.Importante è anche il ricorso alleproteine labili, ossia quelle stoccategeneralmente nel tessuto muscolare.Secondo alcuni autori le bovine nelleultime due settimane di gravidanzae nelle prime 5 settimane di latta-zione mobilitano 21 kg di proteine,il che corrisponde a 119 kg di tes-suto muscolare. Questa mobilizza-zione del tessuto muscolare può es-sere misurata ecograficamente sulmuscolo longissimus dorsii a livellodel processo trasverso della quartavertebra lombare. Il catabolismodelle proteine muscolari actina emiosina comporta il rilascio di 3-metilistidina, che può essere utiliz-zata come biomarker per quantifi-care l’entità del fenomeno, essendostabile nel sangue perché non vienemetabolizzata. Un amminoacido cheviene mobilizzato in grandi quantitàè la glutammina. Appartiene al

gruppo dei NEAA, in quanto puòessere sintetizzata nei tessuti. Insiemeall’acido glutammico, di cui ne èl’ammide, rappresenta circa il 20%degli amminoacidi del latte. Inoltre,è un importante fonte energetica perl’intestino, soprattutto durante ilpuerperio, quando il deficit di glu-cosio può abbondantemente supe-rare i 500 g al giorno. La glutam-mina ha un ruolo importante nellagluconeogenesi epatica. Inoltre, ap-porta azoto per la sintesi degli acidinucleici durante la proliferazione in-testinale ed epatica nelle prime set-timane dopo il parto. È stato osser-vato che la glutammina limita lasintesi delle proteine del latte.

Gli effetti di una carenza di amminoacidi sul sistema immunitario

Durante il periparto e nelle setti-mane successive la bovina si trovapertanto in una situazione di bilan-cio proteico negativo, oltre aquello energetico. Durante una ri-sposta immunitaria si è osservatoun aumento del catabolismo pro-teico dei tessuti, un incrementodell’uptake epatico di amminoa-cidi e una maggiore sintesi pro-teica, e questo soprattutto perl’aumentata sintesi epatica delleproteine della fase acuta. Inoltre, ileucociti utilizzano come fonteenergetica, oltre che il glucosio,anche la glutammina. L’argininaha un ruolo nello sviluppo dei lin-fociti B e regola i segnali di abilitàdei linfociti T. Durante i challengecon le endotossine (LPS), che ricor-diamo essere prodotte dalla morteanche e soprattutto ruminale deibatteri Gram negativi, si osservauna riduzione ematica sia di glu-tammina che di treonina. I linfocitiematici rispondono a un challengedi LPS con un incremento nellaconcentrazione di glutammato in-tracellulare. Si è anche osservatoche, in caso di deficit energetico eproteico, si produce un’atrofia dif-fusa del tessuto linfoide, con un de-clino del 50% delle cellule Tcircolanti e una ridotta capacità fa-gocitaria dei leucociti.

Effetti della carenza di amminoacidi sulla fertilità

Le interferenze con la sintesi dell’IGF-1L’IGF-1 è il più potente fattore dicrescita follicolare oggi cono-sciuto, accompagnando il follicolo

ovarico dalla fase primordiale finoa quella ovulatoria, anche se dallafase antrale giocano un ruolo im-portante anche le gonadotropineipofisarie (FSH e LH). Quest’or-mone è prodotto dal fegato sottola stimolazione del GH ipofisario.In teoria, le bovine di alto poten-ziale genetico dovrebbero esserequindi anche più fertili, ma la pro-duzione di questo ormone è insu-lino-dipendente, condizionatadalla piena efficienza delle celluleepatiche e dalla concentrazioneematica di nutrienti come gli am-minoacidi. Dopo il parto il recu-pero della concentrazione ematicadi IGF-1 avviene lentamente e ciòcondiziona la ripresa dell’attivitàovarica dopo il parto. L’IGF-1 sti-mola la proliferazione e la capa-cità steroidogenica delle celluledella teca e della granulosa e au-menta il numero di recettori perl’LH e quindi la produzione diestradiolo. Esiste una correlazionetra IGF-1 ematico e IGF-1 nelfluido follicolare.Una carenza amminoacidica ri-

duce la risposta recettoriale al GH,oltre che diminuire il numero direcettori. Si è osservata una ridu-zione dell’IGF-1 nel diabeteumano, condizione metabolica fi-siologica nella bovina a inizio lat-tazione.

La nutrizione proteica e il comportamento estrale

È stato osservato che una dieta cheprovoca una ridotta produzione diMP induce una riduzione del com-portamento estrale. Un legame si-curamente c’è per l’azione distimolo delle proteine sulla produ-zione di latte, ma anche per una ri-dotta produzione di estradiolo perle ragioni prima esposte.

Gli amminoacidi e sopravvivenzadell’embrione

Molta dell’infertilità della bovinada latte è dovuta alla morte em-brionale prima della fase d’im-pianto sulla mucosa uterina, chesolitamente avviene al 35° giorno.

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Professione Allevatore - Numero 3 - 15/28 Febbraio 201834

L’embrione in questa fase si nutredelle sostanze presenti nell’isto-trofo, chiamato anche fluido ute-rino. Il segnale metabolicodell’IFN-t è importante per bloc-care la luteolisi e quindi garantireun’adeguata produzione di proge-sterone, almeno fino a placenta-zione avvenuta. La disponibilità dinutrienti condiziona la crescitadell’embrione e quindi la possibi-lità di produrre adeguate quantitàdi questa proteina. Gli amminoa-cidi, e in particolare la leucina,sono una componente importantedel valore nutritivo del fluido ute-rino. Una carenza amminoacidicainduce una sottoregolazione deigeni che codificano l’IFN-t. L’ar-ginina, la glutammina, la leucina,la glicina e la metionina hanno ef-fetti benefici sulla sopravvivenza ela crescita dell’embrione. In parti-colare, la disponibilità di metio-nina condiziona la trascrittomicadell’embrione nella fase di pre-im-pianto. La metilazione del DNA èun meccanismo importante nellaregolazione dell’espressione e delsilenziamento dei geni. Questa di-pende dalla disponibilità di gruppimetilici, apportata da amminoa-cidi come la metionina oppuremolecole come la colina. La metio-nina si converte in s-adenosinme-tionina, che è il più importantedonatore di gruppi metilici oggiconosciuto.

Effetti della carenza di amminoacidi sul sistema immunitario

Le cellule del tessuto immunitariohanno un tasso di crescita eleva-tissimo, dovuto anche al superioretasso di apopotosi, per cui i lorofabbisogni nutritivi sono moltoimportanti, specialmente nei lin-fociti. Inoltre, la sintesi epatica diproteine della fase acuta sottraerisorse nutritive alle altre funzionimetaboliche. Nell’ambito dellepriorità metaboliche il sistema im-munitario, specialmente delle bo-vine in piena lattazione e nonancora gravide, è di difficile collo-cazione. Presumibilmente po-trebbe essere posto tra le funzioniprioritarie con il metabolismo ba-sale, l’attività neurale e la produ-zione di latte, ma considerando“la prepotenza metabolica” dellamammella non ne possiamo es-sere graniticamente sicuri. Di fon-damentale importanza per ilmetabolismo energetico è il gluco-

sio, ma la bovina è un animaletendenzialmente ipoglicemico el’uptake mammario è molto ele-vato. La glutammina alla stessastregua che dagli enterociti è uti-lizzata dai leucociti. L’arginina,classificata tra gli EAA, ha neimammiferi un ruolo importantenello sviluppo dei linfociti B enella regolazione dei segnali diabilità dei linfociti T. È stato os-servato che l’aggiunta nella dietadi metionina rumino-protetta (30g/capo) determina una maggioreproliferazione di linfociti T e laloro capacità di risposta agli sti-moli antigenici. L’aggiunta di questo amminoacidonella fase di transizione aumentale capacità fagocitarie dei neutro-fili, il loro “respiratory burst” e larisposta ai LPS. Per cui, una ca-renza relativa di amminoacidicome la glutammina, la metioninae l’arginina può interferire negati-vamente sulla piena efficienza delsistema immunitario e creare lecondizioni di aumento della pre-valenza delle metriti puerperali edelle mastiti, e in generale dellemalattie infettive.

La misurazione del bilancio proteico

La misurazione della mobilizza-zione delle proteine labiliNelle primissime settimane dopoil parto la bovina ricorre alle ri-serve amminoacidiche accumulatenel tessuto muscolare, che rappre-sentano il maggior deposito di glu-tammina (60% del poolintracellulare di amminoacidi li-beri), per far fronte al deficit ener-getico degli ultimi giorni digravidanza e delle prime settimanedi lattazione. Ci sono sostanzialmente due me-todi per la misurazione del ricorsoalle proteine labili come espres-sione di un grave deficit amminoa-cidico/energetico. Il primo è quello ecografico e con-siste nella misurazione dello spes-sore del muscolo longissimus dorsiiprima e dopo il parto per apprez-zarne le eventuali differenze: sicerca l’area muscolare del processotrasverso della quarta vertebra lom-bare e se ne misura ecograficamentelo spessore. Oppure a livello biochi-mico si dosa nel sangue la 3-metili-stidina, che deriva dal catabolismomuscolare delle proteine e quindidell’actina e della miosina. Questometabolita non viene metabolizzato

per cui è stabile nel sangue. È statoosservato essere molto elevata nelperiparto, per poi tornare a valoribasali durante la quarta settimanadi lattazione.

L’ureaIl sistema più conosciuto è quellodell’urea nel latte. L’urea è il pro-dotto terminale della trasforma-zione dell’ammoniaca ruminale ineccesso a livello epatico oppuredel catabolismo degli amminoa-cidi endogeni o derivanti dalladieta. Sono moltissimi anni cheessa viene determinata nel lattemassa o nelle prove di funzionalitàepatica nel sangue.È stata data molta enfasi al fattoche un’elevata concentrazione diurea nel latte potesse essere un fat-tore di rischio per la sopravvi-venza dell’embrione nella fasepre-attecchimento. Molte ricerche dimostrano questo.Dai lavori presentati da molti au-tori si evidenza che è rischioso perl’embrione un valore di urea pla-smatica superiore a 40 mg/dl(PUN 19 mg/dl) e nel latte supe-riore a 33 mg/dl (MUN 15,4mg/dl). Questi dati fanno riferi-mento alle singole bovine e pocohanno a che fare con i valori ri-scontrabili nel latte di massa.L’urea del latte di massa di medio-lungo periodo fornisce indicazioniutili al nutrizionista per valoriz-zare l’efficiente uso dell’azotodella razione, ma non fornisce al-cuna indicazione di rischio per lasindrome della sub-fertilità. Da uno studio fatto dall’autore diquesta revisione narrativa conAlessia Tondo, dell’Ufficio Studi diAia, a partire dalle analisi indivi-duali dell’urea del latte delle frisoneche partecipano ai controlli funzio-nali in Italia (alcuni milioni di dati)si evidenzia che la percentuale dibovine che nelle prime settimaneha un valore di urea nel latte < 20mg/dl è piuttosto elevata, soprat-tutto rispetto alla percentuale dicampioni con un livello di urea >36 mg/dl (figura 4 e 5).Sono stati presi questi due cut-offin quanto si ritiene che il valoredi 20 mg/dl di urea nel latte indi-viduale di bovine nelle prime set-timane di lattazione è espressionedi una probabile carenza di azotooppure di un’incapacità del fe-gato di trasformare l’ammoniacaproveniente dal rumine o dal ca-tabolismo degli amminoacidi. Diconverso, un valore basso di urea

del latte individuale nelle bovine“fresche” indica un cattivo uti-lizzo dell’azoto della razione e unrischio per la sopravvivenzadell’embrione prima dell’attec-chimento.

La concentrazione della proteinanel latte individualeIl presupposto che ci ha spinto aelaborare i dati relativi alla concen-trazione di proteine del latte indivi-duale delle bovine nelle primesettimane di lattazione è stato che èun importante biomarker per valu-tare una generica carenza ammi-noacidica, se la proteina del latte è< 2,90% nella Frisona. Ci ha anche indirizzato verso ilsospetto di una grave carenzaamminoacidica nei primi mesi dilattazione la constatazione cheesiste una differenza tra poten-ziale genetico ed espressione fe-notipica nel produrre la proteinadel latte di ben –0,32% nel 2015nella Frisona Italiana, secondoquanto riportato nel Profilo Ge-netico Italia dell’Anafi. Trend ne-gativo ormai presente da moltianni (figura 6).

Conclusioni

Dai dati scientifici e dalle elabora-zioni fornite dall’Ufficio Studi diAia è ragionevole sospettare cheesiste una carenza amminoacidicanelle bovine, almeno di razza Fri-sona, nei primi mesi di lattazione.Queste carenze possono avere uneffetto negativo sia sul sistema im-munitario che sulla fertilità, oltreche a non permettere di “mungere”tutto il potenziale genetico per laproteina del latte (percentuale equantità). L’avere seguito troppoattentamente l’urea del latte dimassa e avere continuato a selezio-nare bovine sempre più genetica-mente predisposte a produrreproteina del latte potrebbe avere in-nescato un cortocircuito negativoper la salute e la fertilità delle bo-vine. Queste preliminari considerazionirichiedono però ulteriori appro-fondimenti scientifici per verifi-care l’effettiva correlazione trabassa proteina del latte individualedelle bovine nei primi 100 giornidi lattazione e interparto. •

TRATTO DA SUMMA

Bibliografia disponibilesu richiesta

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