PRIMO PIANO 3 Corriere del Ticino VENERDÌ 15 GENNAIO 2016 QUI LOSANNA zxy BERNARD RÜEGER* «La BNS impari dalla Fed: nessuna mossa brusca» L’imprenditore critica la politica dell’istituto ROBERTO GIANNETTI zxy La BNS ha sbagliato soprattutto nel modo in cui ha abolito la soglia mini- ma con l’euro. È l’opinione di Bernard Rüeger, presidente della Camerca di commercio vodese e presidente della Rüeger SA, azienda romanda attiva nella produzione di sensori per la mi- surazione della temperatura nell’indu- stria petrolifera e del gas, con circa 200 dipendenti, di cui 80 in Svizzera. Il 90% della produzione viene esportata. Un anno fa la difesa della soglia mini- ma iniziava a diventare insostenibile. Cosa rimprovera alla BNS? «Il modo in cui ha abolito la soglia di cambio, dato che ha preso tutti in con- tropiede. Non esiste una banca centra- le nel mondo che non dia segni all’eco- nomia su quello che intende fare. Prendiamo per esempio la Fed: ha an- nunciato il suo recente rialzo dei tassi per mesi. Invece in Svizzera abbiamo visto un vicepresidente della BNS che due giorni prima dell’abolizione aveva assicurato tutti che la soglia a 1,20 sa- rebbe stata tenuta per mesi, se non per anni. Io ho parlato con molti colleghi e non c’è una sola società che abbia anti- cipato l’abolizione della soglia. Questo non è normale». La situazione nell’industria è grave? «Sì. Non bisogna dimenticare che in pochi anni l’euro è sceso da 1,60 a 1,10, e quindi non si tratta solo dello shock avvenuto un anno fa. Questo cumulo di svalutazioni ci ha messo alle corde, e con i nostri margini non riusciamo a compensare. Notiamo anche che il 15 gennaio di un anno fa abbiamo regi- strato una perdita immediata su tutto il fatturato che non avevamo ancora in- cassato, e si tratta di grandi importi. Per tenere i clienti noi abbiamo preso la decisione di abbassare di colpo tutti i nostri prezzi del 15%. Per noi inoltre c’è il problema che il prezzo del petrolio è basso e quindi gli investimenti nel set- tore sono bloccati. Ma i problemi si ve- dono a molti livelli: io sono anche nel CdA della Coop e anche qui non si ve- deva una crisi simile da 35 anni». Ma il cambio attuale con l’euro, vicino a 1,10, non è meno doloroso? «No, le difficoltà rimangono. Penso che il cambio dovrebbe essere a 1,35 o qualcosa del genere. Io ho un impianto in Olanda, che fabbrica gli stessi pro- dotti di quello in Svizzera, ma lì il mar- gine di guadagno è enorme, è del 30% in più. E non stiamo parlando di un Paese in via di sviluppo». Ultimamente diverse imprese hanno annunciato tagli al personale. Crede che potrebbe esserci un’ondata di li- cenziamenti? «Penso che sia possibile, perché le im- prese sono riuscite a vivere per qualche mese sugli ordini precedenti all’aboli- zione della soglia di cambio. Ora invece le commesse sono diminuite e quindi i nostri budget sono molto stretti. Credo che il 2016 sotto l’aspetto del lavoro sa- rà più difficile del 2015. Finora molte società avevano aumentato gli orari di lavoro senza pagare di più, ma ora mancano le commesse». Negli organi di informazione ci sono messaggi rassicuranti sulla capacità di resistenza delle imprese elvetiche. «Si, ma io non ci credo molto. La BNS prova a far passare il messaggio che le cose vanno bene, ma a mio avviso non è vero. La resistenza delle imprese sviz- zere è inferiore di quanto si pensi. Stan- no provando a giustificare la loro deci- sione. In queste condizioni abbiamo meno soldi, e non riusciamo ad investi- re nell’innovazione, e per le società vecchie, con prodotti tradizionali, è molto difficile sopravvivere in Svizzera. Questo spinge le delocalizzazioni». Anche la sua società ha dovuto delo- calizzare parte della produzione? «Sì, noi abbiamo già da tempo centri in Germania, Malesia e Cina, dove è pos- sibile trovare personale molto formato. La paga di un ingegnere in Malesia è di un terzo rispetto alla Svizzera. Quello che è nuovo è che non si sta delocaliz- zando solo la produzione, ma anche i servizi amministrativi, come le offerte ai clienti, la contabilità, e via dicendo. Per onestà non voglio comunque met- tere tutto sulle spalle della BNS, che ha giocato un grosso ruolo, ma anche a vari fattori, come anche l’iniziativa contro l’immigrazione di massa. L’eco- nomia è molto pragmatica e molti vo- gliono vedere che direzione prenderà la Svizzera. Inoltre anche il marchio svizzero è meno richiesto, o meglio, non si è più disposti a pagare molto di più per questo marchio». * presidente della Camera di commercio vodese e presidente della Rüeger SA di Losanna shock non è ancora passato» ha avuto conseguenze molto pesanti per il nostro settore. Comunque la BNS è in- tervenuta introducendo i tassi negativi e cercando di indebolire il franco sui mer- cati, sempre rispettando il quadro legale. Noi auspichiamo che la BNS intervenga ancora sul mercato dei cambi e che il franco evolva presto verso una banda più ragionevole rispetto alle divise impor- tanti. Per noi il livello attuale dell’euro- franco a 1,08 non è ancora soddisfacente, anche se non è possibile definire con precisione un livello ideale». Quali sono le strategie che hanno adot- tato le imprese del settore industriale svizzero per affrontare il problema del franco forte? «Le imprese hanno dovuto reagire. Il 69% delle aziende in giugno ci aveva detto che aveva dovuto ridurre i prezzi. Per questo l’aumento dell’efficienza e una gestione rigorosa dei costi sono i principali obietti- vi, a cui si aggiungono maggiori acquisti dall’estero, il miglioramento dell’innova- zione e l’aumento del tempo di lavoro». Il calo dei margini farà diminuire gli in- vestimenti? «Sì, ma non solo a causa dei margini, ma anche sull’onda del clima politico incerto dovuto alle relazioni con l’Unione euro- pea, soprattutto dopo l’Iniziativa contro l’immigrazione di massa». Il fenomeno della delocalizzazione è stato massiccio? Continuerà nel 2016? «L’internazionalizzazione è un fattore chiave per le nostre imprese e permette di accrescerne la competitività e favorire gli investimenti. Circa un quarto delle nostre imprese ha delocalizzato una parte della produzione nell’UE, un altro quarto pensa di farlo prossimamente». R. GI. * vicedirettore di Swissmem QUI RIVERA zxy LORENZO DOMENICONI* «La vera prova da superare è appena iniziata» zxy Pensare che le difficoltà maggiori sarebbero state nel 2015 è del tutto fuorviante, la vera prova da superare è il 2016. È la convinzione di Lorenzo Domeniconi, fondatore di GTK Ti- mek, un gruppo specializzato nella produzione di rulli di alta precisione per applicazioni tecniche con un’ot- tantina di collaboratori. La società è stata l’anno scorso vincitrice del Prix SVC della Svizzera italiana. Cosa ha pensato un anno fa quando ha sentito la decisione della BNS? «Questa notizia è stata come un fulmi- ne a ciel sereno, nessuno se lo sarebbe mai atteso. Anche perché gli esperti e le banche stesse non avevano mai da- to un segnale in questo senso. La pri- ma reazione è stata di una totale con- fusione: dobbiamo ridurre il persona- le, gli stipendi». Poi ha preso fiato e ha cercato di tro- vare una via d’uscita meno dolorosa. «Dopo un paio di giorni ho cercato di ragionare se c’erano altre soluzioni: ho analizzato le esposizioni dell’azienda, gli ordini in corso e ho capito che la decisione migliore sarebbe stata quel- la di prendere tempo, anche per capi- re in che direzione si sarebbe stabiliz- zato il cambio». Era però necessario programmare le mosse future. Come si è mosso con i collaboratori? «Ho riunito i responsabili e abbiamo liberamente discusso della situazione, con un solo punto fermo: avevo già deciso di non fare né riduzioni di sti- pendio né di personale». Ha scelto quindi una strada che fa onore ad un imprenditore, ma che può creare problemi sul fronte dei conti. «Era ovvio che se non tagliavamo do- vevamo diventare più competitivi. Ho quindi confermato gli investimenti in un nuovo stabile che stavamo co- struendo, potenziato la ricerca e svi- luppo e il reparto commerciale. E non da ultimo ho cambiato macchine che non erano ancora così vecchie per comprarne altre ancora più perfo- manti: una scelta difficile ma che vole- va guardare al futuro». Sta già cogliendo i frutti? «Sarebbe bello. I processi sono più lunghi, ma vedo che questa scelta sta già portando risultati nella nostra ca- pacità di essere più innovativi. Ma so- no realista: per noi, come credo per molti imprenditori, il vero anno diffi- cile sarà il 2016, perché nel 2015 ave- vamo ancora gli ordini e il lavoro fatto prima della decisione della BNS. Quindi la preoccupazione c’è, anche perché oggi il mercato è diventato completamente instabile: un giorno c’è euforia, l’altro basta un attentato da qualche parte nel mondo e si ripiom- ba nella depressione». In questa ripresa mondiale che zop- pica vede segnali positivi da qualche parte? «Paradossalmente è il mercato italia- no quello che sta dando i segnali mi- gliori. Diverse aziende che non si face- vano più sentire da tempo sono torna- te da noi. Credo che sia un’ottima noti- zia per tutto il Ticino, che vive di rela- zioni strette con la Penisola» Come stanno vivendo i suoi dipen- denti questa situazione? «La mia scelta è stata quella di infor- marli sempre di tutto. Ma nonostante io non abbia voluto operare tagli, per loro la preoccupazione resta» * fondatore GTK Timek Tutti spiazzati È stata l’unica banca cen- trale al mondo che non ha mandato segnali di av- vertimento all’economia. Così nessuna impresa ha potuto prepararsi Nervi saldi Invece di tagliare abbiamo deciso di investire con ancora più forza. Ci vorrà tempo per vedere i risultati, ma la direzione è quella giusta