1 Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato “Attività ispettiva del Ministero del lavoro: analisi dell’evoluzione del sistema normativo e di regolazione, della sua applicazione sul territorio e dei risultati conseguiti nel contrasto al lavoro nero ed irregolare e per l’emersione del sommerso” RELATORE Cons. Giovanni Coppola
84
Embed
“Attività ispettiva del Ministero del lavoro: analisi dell ... · 1 Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato “Attività ispettiva del Ministero
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
1
Sezione centrale di controllo sulla gestione
delle amministrazioni dello Stato
“Attività ispettiva del Ministero del lavoro: analisi dell’evoluzione del sistema normativo e di regolazione, della sua applicazione sul territorio e dei risultati conseguiti
nel contrasto al lavoro nero ed irregolare e per l’emersione del sommerso”
RELATORE
Cons. Giovanni Coppola
2
INDICE
Sintesi della Relazione................................................................................................. 3
11.a Il Libro unico del lavoro...........................................................................................76
Considerazioni conclusive e Raccomandazioni........................................................... 81
3
Sintesi della Relazione
L’analisi condotta dalla Corte ha riguardato l’attività ispettiva del Ministero del lavoro,
tenendo conto dell’evoluzione del sistema normativo e di regolazione, ed in tale quadro, ha
esaminato i risultati che sono stati conseguiti nel contrasto al lavoro nero ed irregolare e per
l’emersione del sommerso.
Si parte quindi dalla considerazione che tale obiettivo non va considerato quale fattore
che trova enfasi nei Piani per l’emersione, ma quale naturale e costante finalità che viene
perseguita dalle strutture ispettive, con un’organizzazione e strumenti che devono essere
adeguati allo scopo.
Pertanto è stato realizzato un approfondimento sugli istituti, definiti dalla Corte nella
Relazione al cap. 4, “peculiari”, proprio perché sono stati considerati dalla normativa recata dal
d.lgs. 124 del 2004, con il quale è stata istituita la Direzione generale per l’attività ispettiva e
si è inteso razionalizzare la stessa, quali strumenti a disposizione degli Ispettori per rendere
maggiormente incisiva la loro azione.
L’analisi della Corte sui risultati conseguiti, approfondisce, quindi, le caratteristiche e la
dinamica degli strumenti introdotti nell’ordinamento, anche nell’ottica della prevenzione e della
semplificazione.
E’ stata quindi oggetto di verifica l’utilizzazione di essi, come l’Interpello, (previsto
dall’art.9 del d.lgs.124/2004), che, con diversi effetti, è ora presente anche nella normativa
sulla sicurezza e sulla tutela della salute sui luoghi di lavoro, la “Conciliazione monocratica”
(art.11) e la “Diffida accertativa per i crediti patrimoniali” (art.12), accanto ad altri preesistenti
nell’Ordinamento come la “Diffida” (intesa in termini generali, di cui la precedente costituisce
una “species”) e la “Prescrizione obbligatoria” (art.15), istituto fondamentale del sistema
sanzionatorio risalente all’art.20 del d.lgs.758/94 ed in precedenza operante solo nel campo
della sicurezza e tutela della salute sui luoghi di lavoro.
Di grande rilievo è la recente istituzione, con l’art. 39 del D.L. n. 112/2008 convertito
con la legge n. 133/2008, del “Libro unico del lavoro” (cfr. cap. 11), che va ad inserirsi in un
sistema complesso che fa leva su strumenti di grande incisività come la “Comunicazione
preventiva” , la “Maxisanzione” e la “Sospensione dell’attività” che riguarda specificamente
l’esistenza di lavoratori in nero in misura pari o superiore al 20% dei lavoratori presenti sul
luogo di lavoro.
Il particolare spessore delle “novelle” normative ha determinato un’attenzione ai
risultati che non prescindesse da quelli specificamente riferibili all’applicazione dei cosiddetti
“Istituti peculiari”. A maggior ragione in considerazione degli scarsi risultati ottenuti dai più
recenti Piani di emersione del sommerso previsti dalla legge 296/2006 (Finanziaria 2007), con
3.902 regolarizzazioni, 1.845 istanze accolte a fronte di 4.625 presentate e 2.157 ancora in
istruttoria (cfr. cap. 8).
4
Al riguardo, è assolutamente necessario un impegno dell’Amministrazione che metta a
sistema il complesso dei risultati, partendo dalla definizione del bacino di riferimento delle
Aziende in vita nel periodo preso in considerazione, al fine di consentire una corretta
interpretazione1 dei medesimi e che, quindi, sulla base di un efficace monitoraggio individui le
ragioni di scostamenti sensibili sul piano geoeconomico degli indicatori che vanno dalle aziende
irregolari ai lavoratori irregolari ed “in nero”, nel confronto dei dati 2008 con quelli 2007.
Si rileva, infatti (cfr. cap. 9), che, alla sovrapponibilità complessiva del numero delle
ispezioni si correla una diminuzione del 4,17% delle aziende riscontrate irregolari, un
incremento del 7.75% dei lavoratori irregolari e del 7,35% dei lavoratori totalmente in nero.
Sul piano del recupero dei contributi e dei premi evasi l’incremento è del 5,96% (il complesso
delle sanzioni irrogate, non correlabile al dato precedente è di 401 milioni di euro nel 2008).
Peraltro, va comunque ricordato il progressivo inasprimento delle sanzioni
amministrative, a prescindere da quelle penali tuttora previste e qualificate come
contravvenzioni, che tuttavia per la loro entità, e per il loro meccanismo di quantificazione,
rischiano di non esercitare un’efficace deterrenza sulle aziende di maggiori dimensioni, e di
essere al contrario eccessivamente afflittive per le piccole e medie imprese.
Analogo punto di vista deve essere espresso per la misura della Sospensione
dell’attività, la quale pur non rivestendo carattere sanzionatorio, ha comunque un’afflittività
ovviamente diversa a seconda delle dimensioni e della solidità dell’impresa oggetto di tale
provvedimento, aspetto questo evidenziato dalla sua estensione (prevista dalla legge
123/2007) dall’originario contesto del “cantiere” ad ogni attività imprenditoriale.
La “somma aggiuntiva” che ne costituisce l’esito per l’erario e che si aggiunge all’evento
del blocco delle attività imprenditoriali (in sé una vera e propria sanzione) ha mostrato una
particolare incidenza nel sistema come indicano i valori in termini di provvedimenti emessi, di
revoche (sintomatiche del ripristino della legalità) e di importi riscossi, i quali ultimi, pur non
potendo essere considerati alla stessa stregua dei recuperi contributivi o di premi, così come
delle sanzioni “stricto sensu”, costituiscono risultati significativi dell’attività ispettiva.
Non può, quindi, non considerarsi l’evoluzione verso un differente modello di attività
ispettiva come, in un certo senso, necessitata sia dalla difficoltà del nostro ordinamento
nell’individuare meccanismi di quantificazione della sanzione correlati alla effettiva capacità
reddituale dei trasgressori, sia dalla sproporzione esistente tra imprese e personale che
effettivamente svolge attività ispettiva sur place (n. 2.414 secondo la tabella relativa agli
Ispettori in servizio presso le DD.PP.LL. – cfr. cap. 10 - ), sia in definitiva perché, a fronte di
situazioni di illegalità diffusa, il mero strumento repressivo mostra con chiarezza i propri limiti.
L’analisi effettuata su base regionale, infatti, pur segnalando la concentrazione delle
patologie su alcune regioni rispetto ai dati complessivi nazionali, ha evidenziato alcune
1 Basti pensare alla discordanza tra il numero delle aziende iscritte nel registro delle imprese, circa 5 milioni, rispetto a quello risultante dai registri dell’Inail, pari a 1,8 milioni.
5
discrasie tra il livello dei recuperi contributivi e dei premi evasi rispetto al significativo aumento
delle irregolarità ed in particolare dei lavoratori totalmente in nero.
Tenuto conto del relativo apporto degli istituti citati al monte contributivo
complessivamente recuperato (6,75 milioni di euro su 263,56 complessivi per l’attività
ispettiva del Ministero), che per la sola Diffida accertativa si riducono ad 1,23 milioni e della
rilevanza che viene data alla loro utilizzazione (ne costituisce evidenza il punteggio, al livello
più elevato, che nel modello sperimentale di valutazione dell’attività ispettiva, viene attribuito
ai medesimi: p.5 per la Conciliazione e p.4 per la Diffida), si raccomanda, oltre al ripetuto
monitoraggio su base regionale delle motivazioni che inducono ad utilizzare tali istituti, spesso
con esiti negativi, una riconsiderazione dei medesimi, ai quali si annette grande importanza.
Le problematiche organizzative e le limitate risorse anche strumentali a disposizione
certamente incidono sulla reale possibilità di incrementare l’entità delle ispezioni, le quali
hanno raggiunto una massa critica di circa 300.000 ispezioni annuali tra Ministero ed Enti a
fronte di 1.800.000 imprese risultanti ad INPS ed INAIL.
In tale contesto andranno attentamente valutati gli effetti del nuovo approccio che si
vuol dare ad un sistema del quale costituisce un elemento determinante la Comunicazione
preventiva obbligatoria dell’instaurazione del rapporto di lavoro e la sua immediata
riscontrabilità (cfr. cap. 5 ).
L’analisi effettuata dalla Corte sulla spesa dell’Attività ispettiva (cfr. cap. 10) può fornire
elementi utili per le programmazioni future, anche al fine di riorientare l’allocazione delle
risorse ad essa destinate dall’area dei servizi generali (che nella classificazione funzionale è
rappresentata dalla Missione 32) a quella del programma specifico della Missione “Politiche del
lavoro” (Programma 1 “Regolamentazione e vigilanza del lavoro”), anche al fine di limitare
l’effetti indiscriminato dei tagli lineari“.
L’implementazione di un sistema informatico che metta in rete il Libro unico del lavoro
così come i DURC (documenti unici di regolarità contributiva), costituisce un obiettivo da
perseguire per consentire una ben diversa cognizione delle condizioni dei lavoratori nel Paese
ed assicurare la reale “governance” del sistema di regolarità del rapporto di lavoro e
previdenziale.
Un passo importante al riguardo è costituito dal “Sistema informatico delle
Comunicazioni obbligatorie” che ha prodotto la recente elaborazione dei dati relativi al periodo
11 gennaio-30 giugno 2009.
In ultimo, nella presente si sottolinea l’esigenza di una riflessione, nei vari contesti e nel
rispetto dei ruoli istituzionali, sull’opportunità di omogeneizzare sul piano delle regole e dei
comportamenti, la materia “giuslavoristica” con quella della “sicurezza e salute sui luoghi di
lavoro”, anche al fine di fornire alla collettività una chiara definizione delle competenze.
6
1. Inquadramento dell’indagine
L’area d’intervento dell’attività ispettiva del Ministero del lavoro (attualmente “del
lavoro, della salute e delle politiche sociali”) è alquanto vasta ed è oggetto di un continuo
dibattito sull’”actio finium regundorum”, riguardante la definizione delle competenze degli
Ispettori del lavoro, che la normativa, nella sua evoluzione, ha condotto in termini piuttosto
complessi, tanto da determinare nell’opinione pubblica convinzioni errate in ordine ad una
presunta competenza totalitaria degli Ispettori stessi e, quindi, del Ministero del lavoro per
l’azione di regolazione dal medesimo posta in essere.
Ciò è dovuto all’equivoco sulla coincidenza tra la materia del rapporto di lavoro e della
previdenza sociale e quella della sicurezza e della tutela della salute sui luoghi di lavoro.
In realtà, quest’ultima materia ha una sua specifica disciplina, derivante dagli obblighi
comunitari e soggetta, nel tempo, a consistenti evoluzioni, sul piano della normativa nazionale,
dal d.lgs.626 del 1994 all’attuale d.lgs.81 del 2008.
Va segnalato come sia in via di definizione un decreto legislativo, emanato, in base alla
legge-delega 23 agosto 2007, n.123 ed in particolare all’art.1, comma 6 “che prevede la
possibilità di emanare disposizioni integrative e correttive del d.lgs.81, entro dodici mesi
dall’entrata in vigore” (è il caso di precisare che alcune disposizioni del d.lgs. 81 non ancora
sono entrate in vigore, ai sensi dell’art.306 del medesimo).
Le competenze ispettive, in tale contesto, sono limitate per gli Ispettori del lavoro, nei
termini che verranno in seguito esplicitati, ferme restando le funzioni svolte nella qualità di
Organi di Polizia giudiziaria, mentre, in termini generali, esse sono attualmente attribuite agli
Ispettori delle Aziende Sanitarie Locali.
L’evoluzione normativa ha peraltro sottolineato come le due materie abbiano
un’evidente contiguità ed elementi sintomatici al riguardo si rinvengono sia nelle innovazioni
che hanno riguardato l’attività degli Ispettori del lavoro, in quanto tale, sia negli Istituti
peculiari, come la “Prescrizione obbligatoria” e l’”Interpello”, che sono ora presenti in entrambe
le aree con connotazioni pressoché identiche, quasi come il risultato di un processo di reciproca
integrazione.
Del resto, il concetto di regolarità della posizione del lavoratore che evoca
evidentemente il profilo giuslavoristico (si parla infatti di regolarità contributiva come elemento
sintomatico non solo di un rapporto di lavoro correttamente instaurato, ma anche di un effetto
concreto in termini di versamento effettivo dei contributi spettanti al lavoratore) non può
limitarsi ad esso, in quanto ormai va considerato in termini assolutamente dinamici.
Ciò indica l’esigenza, da un lato, di avere attenzione non solo alla posizione giuridica ma
anche alla “correttezza concreta” nell’esercizio delle attività e, quindi, a come lo stesso
contratto con il lavoratore, al quale accedono tutte le norme imperative, viene correttamente
applicato. Già tale considerazione implica un collegamento con la materia della sicurezza sul
7
lavoro che riguarda il Ministero, ovviamente per quanto gli compete, secondo la normativa in
vigore, con l’amplificazione recata dal d.lgs 9.4.2008 n.81.
Dall’altro lato si entra in pieno nel tema del cosiddetto lavoro irregolare o nero e, quindi
alle problematiche inerenti alla sua individuazione dalla quale deriva, in concreto, l’effetto
dell’emersione del cosiddetto “sommerso”.
A fronte di una tradizionale distinzione tra le due materie, le interazioni, sul piano
operativo sono evidenti perché la carenza di sicurezza sul lavoro è assai spesso fortemente
legata a posizioni irregolari.
Tutti gli attori coinvolti si confrontano quindi con tale contesto ed assai spesso rilevano
irregolarità a più livelli e più titoli.
Questo aspetto induce a prendere in considerazione sempre più le plurivalenze delle
azioni da svolgere e quindi la costituzione di gruppi che abbiano al loro interno i soggetti più
adeguati sotto il profilo tecnico.
L’indagine, pertanto, pur mantenendosi all’oggetto ad essa assegnato e, quindi non
occupandosi specificamente dell’attività ispettiva in materia di sicurezza e di tutela della salute
sui luoghi di lavoro, tiene conto della forte evoluzione del sistema e ne segnala le peculiarità e
le interconnessioni.
********
L’indagine prende le mosse dal d.lgs.124 del 2004, norma che ha attuato la delega in
materia prevista dalla legge 30 del 2003, con l’istituzione della nuova Direzione generale per
l’attività ispettiva, con il compito di razionalizzare le funzioni ispettive in materia di previdenza
sociale e di lavoro e di armonizzare le funzioni svolte dalle direzioni regionali e provinciali del
lavoro cui fanno capo gli Ispettori operanti sul territorio.
Tale Direzione ha quindi assunto un ruolo fondamentale in materia di contrasto al lavoro
sommerso ed irregolare in genere, laddove la Direzione generale per le risorse umane e affari
generali ha la competenza organizzativa (ad essa fanno capo le Direzioni regionali e provinciali
del lavoro e, quindi gli Ispettorati) e la Direzione del mercato del lavoro e la Direzione per la
tutela delle condizioni di lavoro quella di regolazione su detta materia.
Il d.lgs..124/2004 ha inoltre previsto il “coordinamento” tra gli Organi che interagiscono
in materia, a livello centrale ed a livello territoriale2, ed il riordino degli Istituti che
costituiscono il “box degli strumenti” a disposizione per rendere tale attività realmente incisiva
su di una realtà altamente problematica.
In base alla rappresentazione di bilancio del Ministero del Lavoro e della Previdenza
Sociale, l’attività ispettiva rientra, nella Missione “ Politiche per il lavoro” – Programma n. 1 –
“Regolamentazione e vigilanza del Lavoro”, che ha come priorità politica il “potenziamento
degli interventi volti a contrastare il lavoro nero ed irregolare e lo sviluppo contestuale degli 2 L’attività di vigilanza viene effettuata dal personale ispettivo in forza presso le Direzioni regionali e Provinciali del Lavoro e dal personale dell’Arma dei Carabinieri in servizio presso il Comando Carabinieri Tutela del lavoro, mentre funzioni ispettive nelle sole materie della previdenza ed assistenza sociale sono svolte anche dal personale di vigilanza degli enti previdenziali INPS, INAIL, ENPALS e degli altri enti per i quali sussiste la contribuzione obbligatoria.
8
strumenti per l’emersione del sommerso” da una parte e la “definizione della normativa di
settore e lo sviluppo degli strumenti finalizzati al pieno esercizio dei cittadini alla tutela ed alla
sicurezza sul luogo di lavoro”, dall’altro.
Ma, come verrà esplicitato nel corso della relazione, anche nel Bilancio di previsione
2009, non si rinviene una corretta attribuzione delle spese di funzionamento (delle quali gran
parte riguardano le spese di personale, si pensi anche a quelle di trasferta degli Ispettori, il cui
livello costituisce un indicatore significativo della dinamica dell’attività) al citato programma.
Ciò è dovuto sia ad una caratteristica generale della nuova classificazione di bilancio che
tende ad allocare nella missione 32 “Servizi generali ed istituzionali delle Amministrazioni
pubbliche” le spese di funzionamento non inserite in programmi specifici di altre missioni
(come avviene ad esempio per le Forze armate), sia agli attuali assetti organizzativi del
Ministero.
Pertanto, viene realizzato un apposito esercizio per rilevare l’effettiva spesa affrontata
per l’Attività ispettiva, nel 2008.
Tale complessa situazione si ripercuote anche sulla governance da parte
dell’Amministrazione che va considerata ai diversi livelli:
� centrale, per quanto riguarda i rapporti di tipo regolativo che comprendono
l’emanazione di norme e regolamenti di attuazione delle norme stesse, di circolari
emanate dalle diverse Direzioni Generali coinvolte, secondo le rispettive
competenze;
� regionale e provinciale per quanto riguarda l’emanazione di circolari relative
all’applicazione pratica dei regolamenti e delle circolari suddette. Si tratta in questo
caso di regolazione di dettaglio che ha la funzione di dettare il comportamento e le
istruzioni operative agli Ispettori che dovranno in base alle stesse agire sul territorio
di competenza.
Della governance suddetta sembra possa far parte anche l’istituto dell’Interpello che è
stato introdotto dall’art. 9 del d.lgs. 124/2004 e modificato successivamente dalla Legge
286/2006, del quale si parla più specificamente in seguito.
A ben vedere tale istituto3 si interpone tra l’attività di regolazione e quella di
applicazione delle normative ed ha la duplice funzione di rivolgersi oltre che al soggetto
autorizzato che ha sottoposto il quesito, anche a tutti gli addetti al sistema interessati al
quesito stesso.
3 Anche se il nome è lo stesso, tale istituto si differenzia notevolmente dall’interpello del contribuente. La legge che disciplina quest’ultimo è la n. 212 del 2000 che afferma in modo chiaro e netto che ciascun contribuente può inoltrare per iscritto all’amministrazione finanziaria, che risponde entro 120 giorni, circostanziate e specifiche istanze di interpello concernenti l’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse… la risposta dell’amministrazione finanziaria, scritta e motivata, vincola con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza di interpello e limitatamente al richiedente. Quindi solo coloro che hanno posto il quesito sono vincolati al rispetto e non per analogia tutti i soggetti terzi che si trovano nelle stesse situazioni. Anzi addirittura si discute se il parere sia vincolante addirittura per colui che fa l’interpello. La Corte Costituzionale afferma infatti che il parere è vincolante solo per l’ Amministrazione e non anche per il contribuente il quale resta libero di disattenderlo.
9
L’analisi della Corte sui risultati conseguiti, approfondisce, quindi, le caratteristiche e la
dinamica degli strumenti introdotti nell’ordinamento, anche nell’ottica della prevenzione e della
semplificazione.
In tale contesto è stato, di recente, istituito, con l’art. 39 del D.L. n. 112/2008
convertito con la legge n. 133/2008, il “Libro unico del lavoro”, che va ad inserirsi in un
sistema complesso che fa leva su strumenti di grande incisività come la “Comunicazione
preventiva” 4, la “Maxisanzione” e la “Sospensione dell’attività”.5
Va sottolineato come quest’ultima sia stata estesa, dai cantieri a tutte le attività
imprenditoriali, dall’art. 5 della legge 123 del 2007; limitata al superamento del 20 per cento
dei lavoratori “in nero” ed al caso di “gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di
tutela della salute e della sicurezza sul lavoro” dall’art.41, comma 11 della Legge 133/2008.
L’ultimo intervento normativo in materia è quello recato dall’art.14 del d.lgs.81/2008 che ha
precisato che il riferimento al 20 per cento dei lavoratori in nero va inteso con riguardo ai
lavoratori presenti nel luogo in cui si svolge l’attività.
Un profilo di estrema attualità è quello della verifica sull’utilizzazione degli istituti,
introdotti dal d.lgs.124/2004, come il citato Interpello, all’art.9,6 che, con diversi effetti, è ora
presente anche nella normativa sulla sicurezza e sulla tutela della salute sui luoghi di lavoro, la
“Conciliazione monocratica” all’art.11 e la “Diffida accertativa per i crediti patrimoniali”
all’art.12, accanto ad altri preesistenti nell’Ordinamento come la “Diffida” (intesa in termini
generali, di cui la precedente costituisce una “species”), ed, all’art.15, la “Prescrizione
obbligatoria”, istituto fondamentale del sistema sanzionatorio risalente all’art.20 del
d.lgs.758/94 ed in precedenza operante solo nel campo della sicurezza e tutela della salute sui
luoghi di lavoro.
Di ognuno di essi si tratta specificamente nella presente Relazione per la loro rilevanza
in un sistema complessivo permeato da un’ottica non meramente sanzionatoria ma tendente a
ricondurre i comportamenti alla regolarità in un contesto più ampio di quello sul quale incide la
sanzione in quanto tale.
La Corte dà, infatti, grande importanza all’interazione, sempre più evidente, dei profili
giuslavoristici con quelli della “Sicurezza e della tutela della salute nei luoghi di lavoro”, perché
ad una irregolarità del rapporto di lavoro (in molti casi privo di qualsiasi formalizzazione) non
può non conseguire la mancanza, nei confronti del lavoratore interessato, delle tutele previste
4 Il regime della “Comunicazione preventiva” dell’instaurazione del rapporto di lavoro è disciplinato dall’art.9 bis, comma 2 del D.L. 510/96, convertito dalla L. 608/96 ed è stato sostituito dall’art.1, comma 1180 della legge 296/2006 (Legge Finanziaria 2007). 5 Prevista dall’art. 36 bis D.L. n. 223/2006 (c.d. Decreto Bersani) convertito con Legge n. 248/2006. 6 Previsto dall’art.9 del d.lgs. 124/2004 e modificato con l’art.113 della legge Finanziaria per il 2007 (legge 286/2006 che converte il D.L. 262/2006) che ha attribuito all’osservanza degli esiti dell’interpello valore esimente. Le associazioni di categoria e gli ordini professionali, di propria iniziativa o su segnalazione dei propri iscritti, e gli enti pubblici possono inoltrare alle Direzioni provinciali del lavoro che provvedono a trasmetterli alla direzione generale, quesiti di ordine generale sull'applicazione delle normative di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. L'inoltro dei quesiti e le comunicazioni di cui al presente articolo avvengono esclusivamente per via telematica. Nelle materie previdenziali i quesiti possono essere inoltrati, esclusivamente per via telematica, alle sedi degli enti stessi che li trasmettono alla citata direzione generale
10
dall’Ordinamento sul piano della sicurezza, tutele che spesso sono carenti anche nei confronti
dei lavoratori che pur sono riscontrati in regola sotto il profilo dell’applicazione delle norme
intese nel senso più strettamente “giuslavoristico”.
2. Sistema normativo e regolamentare
2.a Attuale sistema dopo l’emanazione del d. lgs. 124 del 2004, della legge
248/2006 e del d. lgs. 81/2008
Le norme che disciplinano la materia dell’ispezione del lavoro che si sono succedute nel
tempo presentano connotati che sottolineano sempre più l’aspetto “costruttivo” dell’azione
dell’Ispettore, non limitata quindi all’accertamento dell’irregolarità ed all’irrogazione della
sanzione secondo una logica meramente inquisitoria ed afflittiva, ma rivolta, in concreto, al
ripristino della “regolarità” nello specifico contesto nel quale la medesima si svolge, sia
attraverso esplicite indicazioni sugli adempimenti da realizzare, sia connettendo a detti
adempimenti conseguenze positive per il soggetto cui si imputano le illiceità, spesso aventi
rilevanza penale, quali la possibilità di evitare il processo penale e la conseguente possibile
condanna ad una pena anche detentiva, derubricandosi, in sostanza la violazione ad illecito
amministrativo, a fronte di un’oblazione “amministrativa” 7in misura ridotta.
La vasta gamma degli strumenti a disposizione, che vengono analizzati nella presente
relazione, dà grande valore al concetto di “ravvedimento operoso”8 che nasce proprio nel
sistema penale (è un’ipotesi di circostanza attenuante: art.684, comma 6 del codice penale)
ma che ha una sostanziale applicazione nell’ambiente nel quale si colloca l’indagine della Corte.
Un ambiente che si è andato anch’esso evolvendo nel tempo e che sta vivendo,
attualmente, un’ulteriore fase evolutiva, nella quale vanno ad assumere maggiore concretezza,
rispetto al passato, concetti come la “prevenzione”, la “promozione” e la “formazione”, che, a
prima vista, appaiono distonici rispetto alla “tipicità” dell’Ispettore, ma che hanno sempre
maggiore diffusività, dal campo fiscale, a quello, appunto, del lavoro.
Per quanto attiene poi alla sfera d’azione dell’Ispettore del lavoro, oggetto di una
infinita querelle per una progressiva actio finium regundorum che vede, appunto,
progressivamente spostarsi i confini delle competenze, ci si limita qui, per approfondire in
seguito il discorso, a descrivere le specifiche competenze degli Ispettori del lavoro in materia di
tutela della salute sui luoghi di lavoro.
7 Che si distingue dall’Oblazione penale prevista dagli artt. 162 e 162 bis c.p.. 8 Il “Ravvedimento operoso” quale istituto giuridico finalizzato al ripristino della legalità violata è presente nel campo tributario, dove è stato previsto dall'art. 14 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, e successivamente dall'art. 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n.472.
11
Esse riguardano - oltre alle funzioni di polizia giudiziaria9 che gli Ispettori del lavoro
hanno continuato a svolgere in concorrenza (in seguito al trasferimento delle competenze
amministrative avvenuta con la legge 833/78) con gli organi di prevenzione delle ASL –
specifica competenza amministrativa sia per le “attività comportanti rischi elevati” (ai sensi
dell’art.23 del d.lgs. 626/94 come modificato dal d.lgs.262/96), sia per quanto attiene allo
specifico ambito del “Cantiere” (ai sensi della cosiddetta “Direttiva Cantieri” 92/54/CEE,
recepita con il d.lgs.494/96 poi modificato dal d.lgs. 528/99) sia per ciò che concerne il
controllo della conformità delle macchine ai requisiti essenziali di sicurezza indicati nella
cosiddetta “Direttiva macchine” 96/42/CE (ai sensi del D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459 con il
quale è stato approvato il regolamento per l'attuazione).
Per avere un quadro completo del sistema normativo che interessa la materia
dell’ispezione del lavoro, è necessario richiamare, oltre al già citato d.lgs. 758/94 ed,
ovviamente, al d.lgs. 124/2004, la legge 248/2006 (di conversione del D.L. 223/06) - in
particolare l’art.36 bis – l’art.1, comma 1180 della legge 296/06 (Finanziaria 2007), la legge
123/2007 (tutela e sicurezza sul lavoro); il d.lgs. 81/2008; la legge 133/2008 art.39-41.
Con il d.lgs. 124/2004 recante "Razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di
previdenza sociale e di lavoro, a norma dell'articolo 8 della legge 14 febbraio 2003, n. 30" si è
inteso dare una struttura organica alla materia delle Ispezioni del lavoro e, pertanto esso
costituisce la norma fondamentale per la materia delle ispezioni giuslavoristiche, sia sotto il
profilo dell’organizzazione ministeriale, sia sotto il profilo dell’attività vera e propria, avendo
introdotto o reso più moderni istituti fondamentali nell’esercizio dell’attività ispettiva, citati nel
precedente capitolo ed approfonditi in seguito.
Per l’aspetto strutturale, vanno citati, in particolare, l’art. 2 che ha istituito la Direzione
generale dell’attività ispettiva, l’art 3 la Commissione centrale di coordinamento dell'attività di
vigilanza e gli artt. 4 e 5 con i quali sono state individuate le procedure per il coordinamento a
livello regionale e provinciale con gli Enti previdenziali ed i CLES “Comitati per il lavoro e
l'emersione del sommerso”, i quali ultimi costituiscono oggetto di apposita trattazione, anche
per l’analisi dell’attività svolta e dei risultati ottenuti da alcuni di essi, in base ai reports reperiti
dalla Corte o messi disposizione dell’Amministrazione, in mancanza di un monitoraggio su larga
scala, del quale si avverte l’esigenza e che si auspica possa realizzarsi in tempi accettabili,
anche sulla scorta di quanto evidenziato nella presente indagine.
In tale contesto, ha assunto particolare importanza l’art. 36 bis, commi 1-7, della legge
248/06, recante “Misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per la promozione della
sicurezza nei luoghi di lavoro” con il quale sono stati introdotti, nel settore dell’edilizia,
9 Nella sentenza n. 7016 del 17 maggio 1990 infatti, la Corte di Cassazione, Sezione III Penale, chiariva che l'attività svolta dall'Ispettorato del lavoro nel campo della sicurezza "ha una duplice valenza: da un lato di polizia giudiziaria e dall'altro di polizia amministrativa” e che in questo ultimo campo la stessa è caratterizzata “da una vasta discrezionalità che comprende l’emanazione di disposizioni e diffide”. Nella sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 1228 dell'8 febbraio 1993, si affermava che la "facoltà di diffida in caso di inosservanza di norme di legge, attribuita all'ispettore del lavoro nei confronti del datore di lavoro che non osserva le disposizioni sulla prevenzione degli infortuni, ha lo scopo di evitare il protrarsi di situazioni di pericolo, senza peraltro influire sul reato già commesso".
12
importanti misure di contrasto al lavoro nero, quali, tra l’altro, la c.d. “maxi sanzione” e la
possibilità, al ricorrere di determinate circostanze, di procedere alla sospensione dei lavori nel
cantiere10.
Un ulteriore sviluppo in questo senso è dato dall’art. 5 della legge 123/2007 "Misure in
tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la
10 “1. Al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori nel settore dell'edilizia, nonche' al fine di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare ed in attesa dell'adozione di un testo unico in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l'esecuzione dei lavori di cui all'articolo 5, comma 1, lettera e), del d.lgs 14 agosto 1996, n. 494, e successive modificazioni, nonche' le competenze in tema di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente in materia di salute e sicurezza, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), può adottare il provvedimento di Sospensione dei lavori nell'ambito dei cantieri edili qualora riscontri l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori regolarmente occupati nel cantiere ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del d.lgs 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni. I competenti uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale informano tempestivamente i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture dell'adozione del provvedimento di Sospensione al fine dell'emanazione da parte di questi ultimi di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata Sospensione nonche' per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione, e comunque non superiore a due anni. A tal fine, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministero delle infrastrutture e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale predispongono le attività necessarie per l'integrazione dei rispettivi archivi informativi e per il coordinamento delle attività di vigilanza ed ispettive in materia di prevenzione e sicurezza dei lavoratori nel settore dell'edilizia. 2. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte del personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di cui al comma 1: a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria; b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni alla disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui al d.lgs 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni. E' comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali e amministrative vigenti. 3. Nell'ambito dei cantieri edili i datori di lavoro debbono munire, a decorrere dal 1° ottobre 2006, il personale occupato di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. I lavoratori sono tenuti ad esporre detta tessera di riconoscimento. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nei cantieri, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto. Nei casi in cui siano presenti contemporaneamente nel cantiere più datori di lavoro o lavoratori autonomi, dell'obbligo risponde in solido il committente dell'opera. 4. I datori di lavoro con meno di dieci dipendenti possono assolvere all'obbligo di cui al comma 3 mediante annotazione, su apposito registro di cantiere vidimato dalla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente da tenersi sul luogo di lavoro, degli estremi del personale giornalmente impiegato nei lavori. Ai fini del presente comma, nel computo delle unità lavorative si tiene conto di tutti i lavoratori impiegati a prescindere dalla tipologia dei rapporti di lavoro instaurati, ivi compresi quelli autonomi per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 3. 5. La violazione delle previsioni di cui ai commi 3 e 4 comporta l'applicazione, in capo al datore di lavoro, della sanzione amministrativa da euro 100 ad euro 500 per ciascun lavoratore. Il lavoratore munito della tessera di riconoscimento di cui al comma 3 che non provvede ad esporla e' punito con la sanzione amministrativa da euro 50 a euro 300. Nei confronti delle predette sanzioni non e' ammessa la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del d.lgs 23 aprile 2004, n. 124. 6. L'articolo 86, comma 10-bis, del d.lgs 10 settembre 2003, n. 276, e' sostituito dal seguente: «10-bis. Nei casi di instaurazione di rapporti di lavoro nel settore edile, i datori di lavoro sono tenuti a dare la comunicazione di cui all'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, il giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa». 7. All'articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, l'impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria e' altresì punito con la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L'importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata.»; b) il comma 5 e' sostituito dal seguente: «5. Alla irrogazione della sanzione amministrativa di cui al comma 3 provvede la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente. Nei confronti della sanzione non e' ammessa la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del d.lgs 23 aprile 2004, n. 124».”
13
riforma della normativa in materia”, che, all’art 511, estende, nel caso di utilizzo di una
percentuale di lavoratori in nero pari al 20% dei lavoratori regolarmente occupati, la possibilità
di sospendere l’attività nell’ambito di una qualsiasi attività imprenditoriale, con ciò ampliando
in misura rilevante l’ambito di tutela previsto dalla normativa previgente; tra l’altro, con tale
norma è stata autorizzata l’immissione in servizio di 300 Ispettori del lavoro.
Di particolare rilievo è poi la norma contenuta nel comma 1180 della legge 296/06
(Finanziaria 2007) che, in sintesi, prevede:
• Estensione dell’obbligo di comunicazione a tutti i datori i lavoro per tutte le
tipologie di rapporto di lavoro subordinato, nonché per alcune tipologie di lavoro
autonomo, per il lavoro associato e per le altre esperienze lavorative.
• Anticipazione del termine di comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro,
che da contestuale diviene preventiva, estendendosi a tutti i settori l’obbligo già
vigente per il settore dell’edilizia (art. 36bis della legge n. 248/2006).
• Ampliamento dell’obbligo di comunicazione a tutti i principali eventi modificativi
che possono intervenire nel corso di svolgimento del rapporto di lavoro.
• Rafforzamento della “pluriefficacia” della comunicazione ai centri per l’impiego
rispetto agli obblighi complessivi in capo al datore di lavoro nei confronti delle altre
pubbliche amministrazioni e degli enti previdenziali.
11 1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 36-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, come modificato dal presente articolo, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, può adottare provvedimenti di Sospensione di un'attività imprenditoriale qualora riscontri l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori regolarmente occupati, ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del d.lgs 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, ovvero di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. L'adozione del provvedimento di Sospensione e' comunicata alle competenti amministrazioni, al fine dell'emanazione da parte di queste ultime di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonche' per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni. 2. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte del personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di cui al comma 1: a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria; b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui al d.lgs 8 aprile 2003, n. 66, o di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro; c) il pagamento di una sanzione amministrativa aggiuntiva rispetto a quelle di cui al comma 3 pari ad un quinto delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate. 3. E' comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti. 4. L'importo delle sanzioni amministrative di cui al comma 2, lettera c), e di cui al comma 5 integra la dotazione del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, ed e' destinato al finanziamento degli interventi di contrasto al lavoro sommerso ed irregolare individuati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all'articolo I. comma 1156, lettera g), della legge 27 dicembre 2006, n. 296. 5. Al comma 2 dell'articolo 36-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, dopo la lettera b) e' aggiunta la seguente: "b-bis) il pagamento di una sanzione amministrativa aggiuntiva rispetto a quelle di cui alla lettera b), ultimo periodo, pari ad un quinto delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate". 6. I poteri e gli obblighi assegnati dal comma 1 al personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale sono estesi, nell'ambito dei compiti istituzionali delle aziende sanitarie locali e nei limiti delle risorse finanziarie, umane e strumentali complessivamente disponibili, al personale ispettivo delle medesime aziende sanitarie, limitatamente all'accertamento di violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. In tale caso trova applicazione la disciplina di cui al comma 2, lettere b) e c).
14
Va tenuta nel debito conto, anche nell’ottica dell’attività ispettiva orientata al contrasto
del lavoro irregolare ed all’emersione del sommerso, la materia della sicurezza e della tutela
della salute nei luoghi di lavoro che è regolata attualmente dal d.lgs. 81/2008 “Attuazione
dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della
sicurezza nei luoghi di lavoro".
Sempre più si avverte, infatti, l’esigenza di una normativa complessiva e di atti di
regolazione adeguati che alla stessa accedano, in grado di trattare univocamente tutta la
materia delle Ispezioni del lavoro, anche rivisitando le competenze degli Ispettori in materia di
sicurezza e tutela della salute nei luoghi di lavoro, superando la dicotomia con i Servizi di
prevenzione e sicurezza delle ASL.
Il mantenimento delle funzioni di polizia giudiziaria in questo campo, ribadito, come si è
visto, dalla giurisprudenza anche della Corte di Cassazione ha infatti sottolineato, nel tempo,
l’estrema difficoltà di scindere l’esercizio di dette funzioni dalla competenza ispettiva in senso
stretto in materia, in quanto, in concreto, sussiste un’inevitabile “ingerenza” dell’Ispettore che,
venuto a conoscenza di illeciti penali nell’esercizio delle sue funzioni ispettive in materia
giuslavoristica, è tenuto ad informarne non solamente i servizi delle ASL ma, innanzitutto
l’Autorità giudiziaria.
Di questo aspetto si fanno carico anche recenti atti di regolazione, dei quali si tratterà
approfonditamente, (Direttiva del Ministro e Circolare 30/2008 della Direzione generale per
l’attività ispettiva) i quali sottolineano come l’Ispettore del lavoro non possa prescindere dalla
constatazione di irregolarità anche in tale materia, ferma restando la comunicazione agli organi
competenti.
La principale innovazione recata, sotto questo profilo, dalla legge-delega 123/2007 è
costituita dalla disposizione contenuta nell’art.5 che determina il tendenziale ampliamento della
competenza degli Ispettori dell’Amministrazione del lavoro, in materia di sicurezza e tutela
della salute nei luoghi di lavoro, dai “cantieri”, dove era circoscritta, alle altre attività
imprenditoriali.
Tale articolo estende, appunto, l’abilitazione riconosciuta dall’art.36 bis della legge
248/2006 agli Ispettori del lavoro a disporre la sospensione dell’attività in cantiere a tutte le
attività imprenditoriali.
In pratica, nell’ottica della salvaguardia della sicurezza e della salute del lavoratore, si
interviene con la sospensione dell’attività in caso di mancato riscontro nelle scritture od altra
documentazione obbligatoria dell’esistenza di più del 20 per cento del personale impiegato,
rispetto al totale del personale presente sul luogo di lavoro, nonché ora in seguito alle
modifiche apportate in ultimo dal d.lgs. 112/2008, convertito con la legge 133/2008, alla sola
altra ipotesi delle gravi e reiterate violazioni della normativa antinfortunistica12 .
12 Con l’esclusione, quindi, di altre irregolarità come la reiterata inosservanza delle norme sull’orario di lavoro o la mancata esposizione del cartellino di riconoscimento da parte degli addetti.
15
Sotto il profilo istituzionale, viene istituita presso il Ministero del lavoro la Commissione
consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, i Comitati regionali di
coordinamento e la Commissione centrale per gli interpelli, ora previsti anche in questa
materia e i cui pareri costituiscono, come si vedrà, criteri interpretativi e direttivi per l'esercizio
delle attività di vigilanza. Di particolare rilievo è anche l’ampliamento della tutela nei confronti
dei lavoratori para- subordinati, cui si connette l’obbligo, per il datore di lavoro, di provvedere
ad una adeguata formazione anche nei confronti dei lavoratori a contratto.
Da ultimo, si segnala la legge 133/2008 “Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico,
la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria" che, agli artt. 39 – 41, istituisce il ”Libro unico del lavoro” che, sostituendo tutte le
scritture precedentemente esistenti – quali, ad esempio i libri paga, il registro infortuni, il
registro delle presenze - opera in un’ottica di snellimento dei profili burocratici connessi
all’attività imprenditoriale.
E’ da sottolineare, per i profili connessi all’individuazione della nozione di “lavoratore in
nero”, l’importanza del secondo comma dell’art. 4013 che individua gli adempimenti da porre in
essere all’atto della instaurazione del rapporto di lavoro; si tornerà sul punto nel corso della
presente relazione.
3. Il sistema sanzionatorio
L’esame del quadro sanzionatorio nella materia oggetto di indagine parte
necessariamente dall’analisi tipologica degli strumenti a disposizione dell’Ispettore, avuto
riguardo alla natura dei medesimi.
Va infatti sottolineato come l’evoluzione normativa, di cui si è detto, ha comportato un
mutamento profondo della missione ispettiva, oggi ispirata ad un approccio non più
meramente repressivo, ma che tende ad una promozione dell’adeguamento spontaneo degli
operatori economici al dettato normativo, anche tramite una inedita attività di “consulenza” da
parte non solo degli Ispettori, ma anche delle strutture che operano nel presente ambito.
I principi alla base di tale mutamento di impostazione erano del resto già rinvenibili
dall’esame del Capo II del d.lgs. 758/94, nell’ambito della sicurezza del lavoro.
13 All'articolo 4-bis del d.lgs 21 aprile 2000, n. 181, come inserito dall'articolo 6 del d.lgs 19 dicembre 2002, n. 297, il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. All'atto della assunzione, prima dell'inizio della attività di lavoro, i datori di lavoro pubblici e privati, sono tenuti a consegnare ai lavoratori una copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro di cui all'articolo 9-bis comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, adempiendo in tal modo anche alla comunicazione di cui al d.lgs 26 maggio 1997, n. 152. L'obbligo si intende assolto nel caso in cui il datore di lavoro consegni al lavoratore, prima dell'inizio della attività lavorativa, copia del contratto individuale di lavoro che contenga anche tutte le informazioni previste dal d.lgs 26 maggio 1997, n. 152. La presente disposizione non si applica per il personale di cui all'articolo 3 del d.lgs 30 marzo 2001, n. 165».
16
Va richiamata, al riguardo, la sentenza della Corte Costituzionale n.19 del 18.2.199814
ove emerge l’evidente finalità di pervenire prioritariamente all’”eliminazione delle conseguenze,
dannose o pericolose della violazione accertata” anche prevedendo l’effetto estintivo del reato.
Analogo procedimento è stato seguito in ambito più prettamente giuslavoristico, dove, come
illustrato di seguito, sono stati posti in essere, tramite istituti del tutto peculiari, meccanismi,
appunto, deflativi del contenzioso e tesi ad assicurare una tempestiva soddisfazione delle
legittime istanze degli interessati, tenendo presente la necessità di non minare la vitalità
dell’entità produttiva.
Esemplare, come si vedrà in seguito, è l’evoluzione dell’istituto della Prescrizione
obbligatoria: attraverso tale procedimento, introdotto nell’ordinamento dal d.lgs. 19/12/1994
n. 758, ed originariamente applicabile solamente ai reati in materia antinfortunistica, con
l’entrata in vigore del d.lgs. n. 124/2004 è stato reso operativo anche nell’ambito del lavoro e
legislazione sociale.
Accanto a tale profilo, si segnala anche la volontà, attuata con il d.lgs. 81/2008 di
attivare i provvedimenti direttamente o indirettamente più afflittivi – quali ad esempio la
sospensione dell’attività - alle sole fattispecie dell’utilizzo di lavoratori in nero, ed alle gravi e
reiterate violazioni delle norme anti infortunistiche, con l’esclusione, quindi, delle irregolarità di
tipo formale, quali, ad esempio, la mancata esposizione del cartellino di riconoscimento da
parte degli operatori.
Peraltro, va comunque ricordato il progressivo inasprimento delle sanzioni
amministrative, a prescindere da quelle penali tuttora previste e qualificate come
contravvenzioni, che tuttavia per la loro entità, e per il loro meccanismo di quantificazione,
rischiano di non esercitare un’efficace deterrenza sulle aziende di maggiori dimensioni, e di
essere al contrario eccessivamente afflittive per le piccole e medie imprese.
Analogo punto di vista deve essere espresso per la misura della sospensione
dell’attività, la quale pur non rivestendo carattere sanzionatorio, ha comunque un’afflittività
ovviamente diversa a seconda delle dimensioni e della solidità dell’impresa oggetto di tale
provvedimento.
Non può, quindi, non considerarsi l’evoluzione verso un differente modello di attività
ispettiva come, in un certo senso, necessitata sia dalla difficoltà del nostro ordinamento
nell’individuare meccanismi di quantificazione della sanzione correlati alla effettiva capacità
reddituale dei trasgressori, sia dalla sproporzione esistente tra imprese e personale che
effettivamente svolge attività ispettiva sur place (n. 2.414 secondo la tabella relativa agli
14 “Il sistema delineato dal Capo II del d.lgs.. n. 758/1994, dedicato all'estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza e di igiene del lavoro sanzionate alternativamente con la pena dell'arresto o dell'ammenda, disciplina un peculiare e articolato meccanismo funzionalmente destinato all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della violazione accertata, accompagnato dall'effetto estintivo del reato, così legittimando prassi già invalse in tema di contravvenzioni antinfortunistiche. La nuova normativa mira, cioè, da un lato ad assicurare l'effettività dell'osservanza delle misure di prevenzione e di protezione in tema di sicurezza e di igiene del lavoro, materia in cui l'interesse alla regolarizzazione delle violazioni, e alla correlativa tutela dei lavoratori, è di gran lunga prevalente rispetto all'applicazione della sanzione penale, dall'altro si propone di conseguire una consistente deflazione processuale”.
17
Ispettori in servizio presso le DD.PP.LL.), sia in definitiva perché, a fronte di situazioni di
illegalità diffusa, il mero strumento repressivo mostra con chiarezza i propri limiti.
Le violazioni in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale possono avere
rilevanza penale o amministrativa.
E’ preliminarmente da ricordarsi che qualora siano accertate violazioni di natura penale,
gli Ispettori del lavoro, in qualità di ufficiali di polizia giudiziaria, devono provvedere, ai sensi
dell’art. 347 del c.p.p, a dare immediata notizia all’Autorità Giudiziaria, e che analogo dovere
compete ai funzionari ispettivi degli istituti previdenziali, nella loro veste di pubblici ufficiali, ai
sensi dell’art. 331 del c.p.p.
Le violazioni di natura penale nel presente contesto sono generalmente rubricate come
contravvenzioni, e quindi punibili, ai sensi dell’art. 17 del Codice Penale, con la pena detentiva
dell’arresto o con la ammenda, con l’eccezione della diffida per le ritenute previdenziali, ai
sensi dell'art. 2 della legge 638/1983, che rappresenta una particolarità in quanto, pur
trattandosi di ipotesi che configura un delitto, in particolare dell'omesso versamento delle
ritenute previdenziali a carico del lavoratore e trattenute dal datore di lavoro ai sensi dell'art. 2
della legge n° 638 del 1983, e nonostante tale reato sia punito con la reclusione fino a 3 anni e
la multa fino ad € 1.032, il Legislatore ha previsto un'apposita procedura sin dal 1983,
modificata con il d.lgs. n. 214 del 1994, con l'intento di favorire l'effettivo versamento di tali
ritenute.
In sostanza, l'Ispettore diffida il datore di lavoro, con apposito verbale, al pagamento
preciso dell'ammontare delle ritenute non versate all’ente previdenziale, e qualora quest’ultimo
ottemperi al pagamento entro tre mesi dalla notifica del verbale, il reato si estingue; in ogni
caso l'Ispettore comunicherà alla Procura della Repubblica l'attività svolta.
Le violazioni di natura amministrativa contemplano esclusivamente il pagamento di una
sanzione pecuniaria.
In materia previdenziale, invece, sono previste delle sanzioni civili, cosiddette sanzioni
una tantum, calcolate in misura differenziata rispetto alla gravità della violazione: omissione
contributiva o evasione contributiva.
Per quanto concerne la distinzione che riguarda le sanzioni propriamente dette e quelle
accessorie, che cioè accompagnano la misura principale, si rammenta in particolare il
provvedimento interdittivo che accompagna la sanzione della “sospensione del cantiere”
originariamente prevista dall’ art. 36 bis della legge 248/06 che interdice alla contrattazione
con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche “di durata pari alla
citata sospensione nonché per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio
della durata della sospensione, e comunque non superiore a due anni.”
Accanto a questa ultima, si rinvengono le altre sanzioni interdittive quali la interdizione
dall'esercizio dell'attività, la sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni
funzionali alla commissione dell'illecito; il divieto di contrattare con la pubblica
amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, la esclusione da
18
agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi ed il
divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Tali sanzioni sono applicabili, ovviamente, solo quando espressamente previste e
qualora ricorra una delle due seguenti condizioni: profitto di rilevante entità e reato commesso
da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all'altrui direzione (in questo
caso, se commissione del reato è determinata o agevolata da gravi carenze organizzative) o
reiterazione degli illeciti.
4. Gli Istituti peculiari
4.a L’Interpello
L’Interpello è un Istituto peculiare del sistema delle Ispezioni in materia di “lavoro”.
Originariamente, esso è stato previsto solo per la materia del lavoro e della previdenza
sociale, dall’art. 9 del d.lgs.124 del 2004, mentre è ora applicabile anche in materia di
sicurezza e tutela della salute nei luoghi di lavoro, in virtù dell’art.12 del d.lgs.81/2008.
La “ratio” di tale istituto consiste nell’esigenza di dirimere quei dubbi sull’applicazione
della normativa e sulle sue conseguenze in termini sanzionatori che, se risolti “a monte”,
potrebbero evitare l’insorgere od il permanere di situazioni di irregolarità.
Pertanto, l’Interpello può considerarsi a metà strada tra uno strumento di regolazione,
in quanto va ad integrare la rete posta inizialmente dalla norma primaria, in genere attraverso
una delega al Governo, e successivamente da quella regolamentare per declinarsi
ulteriormente in direttive e circolari, ed una pronuncia su questioni di massima.
Infatti, la risoluzione di quesiti a carattere generale alla quale è preposto l’Interpello
tende a colmare lacune ancora esistenti (e presumibilmente sempre ve ne saranno) su di una
consolidata interpretazione delle norme.
L’evoluzione dell’istituto è sensibile in un arco di tempo piuttosto limitato ed ha portato
ad una sua incidenza sulle posizioni giuridiche soggettive che, all’origine, non era certamente
ravvisabile nelle sue potenzialità.
Con l’art.113 della legge 286/2006 che converte il D.L. 262/2006, viene sostituito
l’art.9 del d.lgs.124/2004 laddove - oltre all’allargamento dei soggetti che possono proporre
“Interpello”, all’attribuzione, della competenza a rispondere ai quesiti, alla Direzione generale
per l’attività ispettiva ed alla precisazione dei livelli di coordinamento - nel nuovo comma 2,
viene espressamente stabilito che: “L'adeguamento alle indicazioni fornite nelle risposte ai
quesiti di cui al comma 1 esclude l'applicazione delle relative sanzioni penali, amministrative e
civili”.
Con le modifiche apportate dalla normativa sopravvenuta, l’Interpello, oltre ad
assicurare, almeno nelle intenzioni (sarebbe utile che l’Amministrazione avviasse un opportuno
monitoraggio al riguardo), un’interpretazione univoca delle fattispecie controverse ed oggetto
dei quesiti, esprime anche rilevanti effetti determinando in capo ai singoli soggetti che si
19
adeguano agli esiti dell’interpello una vera e propria “esimente”15, ponendoli al riparo dalle
conseguenze pregiudizievoli della loro condotta.
Il citato d.lgs.81/2008, all’art.12, introduce l’istituto dell’Interpello anche nel contesto
della “sicurezza”, clonandone sostanzialmente le modalità di esercizio, ma differenziandone gli
effetti, in questo caso, limitandone il valore a criteri interpretativi e direttivi per l'esercizio delle
attività di vigilanza.
Gli Interpelli vengono pubblicati sul sito internet del Ministero del Lavoro suddivisi per
oggetto ed in ordine cronologico. La distribuzione in relazione all’oggetto, dal 1° gennaio 2005
al 15 maggio 2009 è la seguente:
Anno di pubblicazione Argomento
2005 2006 2007 2008 2009 totale
Apprendistato 6 9 9 5 1 30
Attività di vigilanza 1 4 2 2 2 11
Collocam. ed inserim.
Lavorativo disabili e cat.
equiparate
2 7 5 9 3 26
Contratti flessibili 2 2 4 8 6 22
Diritti sindacali 2 2 1 5
Obblighi e benefici
contributivi 8 13 3 16 8 48
Salute e sicurezza sul
lavoro 1 5 4 4 1 15
Tempi di lavoro 5 10 5 5 7 32
Ulteriori argomenti 5 17 5 15 14 56
totali 32 69 37 65 42 245
Fonte: elaborazione Corte dei Conti su dati Ministero Lavoro e P.S.
Se il profilo contributivo appare quello più interessato dagli interpelli, deve comunque
sottolinearsi come l’entità dei medesimi non appare particolarmente elevata e la tabella indica
inoltre come il ricorso all’istituto non appaia costante ed anzi, perlomeno nei primi quattro anni
mostri un andamento “ciclico”.
Va considerato che è importante poter verificare quale sia la modifica dei
comportamenti indotta dal meccanismo dell’Interpello che, si ricorda, prevede un effetto
esimente in presenza di comportamenti conformi ai suoi esiti.
In sostanza si ripropone l’esigenza di gestire un costante monitoraggio per valutare
l’efficacia dello strumento.
15 Circostanza prevista dalla legge che annulla la punibilità di un fatto.
20
4.b La Prescrizione obbligatoria
La Prescrizione obbligatoria è stata estesa dall'art. 15 del D.lgs. 124/200416 alla materia
giuslavoristica da quella della sicurezza e tutela della salute sui luoghi di lavoro e trae origine
dall’art. 20 del d.lgs. 758/94.17
La stessa consiste in un ordine rivolto al datore di lavoro da parte dell’Ispettore (nel
campo della sicurezza sul lavoro, limitatamente al cantiere o per attività di particolare
pericolosità), nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria ed ha per oggetto la
regolarizzazione di una situazione sanabile.
La Prescrizione è “condizione di procedibilità dell’azione penale” e prevede, quindi, in
ogni caso la comunicazione alla Procura della Repubblica del provvedimento stesso.
Da parte sua, il contravventore ha la possibilità di estinguere il reato, e quindi di
determinare l’archiviazione del fascicolo penale che lo riguarda, ottemperando nei modi e nei
termini determinati alla Prescrizione impartita, nonché provvedendo al pagamento di una
sanzione amministrativa (che integra un’oblazione).
Tale disposizione è stata, da ultimo, recepita dall’ art. 301 del d.lgs 81/2008 18.
E’ da sottolinearsi che la procedura in discorso si applica anche nelle ipotesi in cui la
condotta illecita è esaurita (es. adempimenti formali espletati in ritardo rispetto ai tempi
stabiliti) o quando il trasgressore abbia autonomamente adempiuto agli obblighi violati.
In concreto, quindi:
16 Art. 15 d.lgs. 124/2004: Prescrizione obbligatoria 1. Con riferimento alle leggi in materia di lavoro e legislazione sociale la cui applicazione e' affidata alla vigilanza della direzione provinciale del lavoro, qualora il personale ispettivo rilevi violazioni di carattere penale, punite con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda ovvero con la sola ammenda, impartisce al contravventore una apposita prescrizione obbligatoria ai sensi degli articoli 20 e 21 del d.lgs 19 dicembre 1994, n. 758, e per gli effetti degli articoli 23 e 24 e 25, comma 1, dello stesso decreto. 2. L'articolo 22 del citato d.lgs n. 758 del 1994, trova applicazione anche nelle ipotesi di cui al comma 1. 3. La procedura di cui al presente articolo si applica anche nelle ipotesi in cui la fattispecie e' a condotta esaurita, ovvero nelle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto all'adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente all'emanazione della prescrizione. 17 Art. 20 d.l.g.s. 758/94 (Prescrizione) 1. Allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all'art. 55 del codice di procedura penale, impartisce al contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario. Tale termine è prorogabile a richiesta del contravventore, per la particolare complessità o per l'oggettiva difficoltà dell'adempimento. In nessun caso esso può superare i sei mesi. Tuttavia, quando specifiche circostanze non imputabili al contravventore determinano un ritardo nella regolarizzazione, il termine di sei mesi può essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei mesi, con provvedimento motivato che è comunicato immediatamente al pubblico ministero. 2. Copia della prescrizione è notificata o comunicata anche al rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al servizio del quale opera il contravventore. 3. Con la prescrizione l'organo di vigilanza può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro. 4. Resta fermo l'obbligo dell'organo di vigilanza di riferire al pubblico ministero la notizia di reato inerente alla contravvenzione ai sensi dell'art. 347 del codice di procedura penale. 18 Art. 301. Applicabilità delle disposizioni di cui agli articoli 20 e seguenti del d.lgs 19 dicembre 1994, n. 758 1. Alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro previste dal presente decreto nonché da altre disposizioni aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda, si applicano le disposizioni in materia di prescrizione ed estinzione del reato di cui agli articoli 20, e seguenti, del d.lgs 19 dicembre 1994, n. 758.
21
• gli Ispettori impartiscono un’apposita Prescrizione, avendo facoltà di imporre specifiche
misure19 e stabilendo il termine necessario, che non può superare i 6 mesi, entro il
quale l'azienda deve regolarizzare la propria posizione, contestualmente dando notizia
del reato al Pubblico Ministero;
• nei 60 giorni successivi alla scadenza del termine fissato dalla Prescrizione l'organo di
vigilanza verifica la regolarizzazione della violazione e, se questa è avvenuta con le
modalità richieste, ammette il trasgressore a pagare una somma, in via amministrativa,
pari ad 1/4 della sanzione massima prevista, comunicando poi al P.M. l'adempimento
della Prescrizione e l'avvenuto pagamento della sanzione ridotta;
• il procedimento penale rimane sospeso dal momento dell'iscrizione nel registro dei reati
e fino al momento in cui il P.M. riceve comunicazione dell'avvenuto o non avvenuto
adempimento; l’adempimento di tutta la Prescrizione estingue la contravvenzione;
• qualora il trasgressore non adempia alla Prescrizione l’organo di vigilanza ne dà
comunicazione al P.M., per la ripresa dell’azione penale, e al trasgressore, entro 90 gg.
dalla scadenza del termine fissato dalla prescrizione stessa;
• se l'adempimento della Prescrizione è avvenuto in un tempo superiore, ma rispettando
le modalità fissate, oppure se sono state eliminate le conseguenze pericolose con
modalità diverse dalla Prescrizione, l'azienda sarà ammessa all'oblazione ex art. 162 bis
del Codice Penale. Anche in questo caso la sanzione sarà 1/4 della sanzione massima.
Le fasi indicate possono essere rappresentate graficamente con il seguente schema:
19 Cassazione Penale Sez. III - Sentenza n. 12405 del 20 marzo 2008. L’ispettore dell’organo di vigilanza, nell’esercizio delle funzioni di P.G., può e non deve necessariamente indicare nel provvedimento di prescrizione delle misure atte a far cessare uno stato di pericolo per la sicurezza.
Eventuale proroga del termine
Prescrizionee termine per regolarizzazione
Sospensione del procedimentopenale
Riferisce notiziadi reato al PM
Comunicazione al PM del pagamentoe archiviazione procedimento penale
Estinzione del reato
Pagamento entro 30 giorni
Comunicazione al PM, prosecuzioneprocedimento penale
ed eventuale oblazione
Mancato pagamento
Ammissione al pagamento di 1/4 delmassimo della sanzione amministrativa
Adempimento Inadempimento
Verifica corretto adempimentodella prescrizione
Accerta la violazione
Organo di vigilanza
22
Analizzando l’istituto in discorso sotto il profilo giuridico, si rileva che lo stesso
costituisce una interposizione nel sistema sanzionatorio di grandissimo rilievo, in quanto ha la
capacità di sospendere gli effetti della “sanzione”, connessi al reato sottostante, che altrimenti
avrebbero immediatamente effetto, salvo recuperarli in caso di mancata ottemperanza alla
Prescrizione medesima.
Come detto, l’applicazione di tale istituto costituisce esplicazione di funzioni di polizia
giudiziaria, ed è quindi riservata ad organi che abbiano, nello specifico contesto, tale veste.
Per quanto poi concerne la concreta applicazione di tale procedura, in particolare in
rapporto con il provvedimento di “sospensione dei lavori”, la circolare 29 del 28.9.2006, della
Direzione generale per l’attività ispettiva dispone che “ogniqualvolta venga accertata la
presenza di manodopera "in nero" nelle attività edili, configurandosi nella quasi totalità dei casi
la violazione degli obblighi, puniti penalmente, legati alla sicurezza dei lavoratori (almeno in
riferimento all'omessa sorveglianza sanitaria e alla mancata formazione ed informazione), il
predetto personale ispettivo dovrà adottare il provvedimento di Prescrizione obbligatoria
relativo a tali ipotesi contravvenzionali e verificare, conseguentemente, l'ottemperanza alla
Prescrizione impartita.”
Sotto il profilo dell’efficacia, si riscontra che l’ottemperanza alle disposizioni impartite è
prossima al 95% dei casi.
Tale dato sembra meritevole di un ulteriore approfondimento.
Infatti, pur ricordato che l’ottemperanza consente al trasgressore di evitare l’avvio di un
procedimento penale, si riscontra che l’esiguità della sanzione amministrativa che viene in tale
caso erogata non consente a tale istituto una concreta azione di deterrenza proprio nei
confronti delle violazioni più onerosamente sanabili, che, spesso, in particolare nell’ambito
della sicurezza, sono anche quelle più gravi.
In tale modo, la sanzione si risolve, in concreto, nell’adempimento stesso, il che risulta
palesemente contrario ad una logica di prevenzione.
Per quanto poi concerne gli effetti del provvedimento, rilevato che nell’ambito della
sicurezza sul lavoro esso produrrà comunque esiti “utili” alla salvaguardia del lavoratore
rimuovendo situazioni di rischio tramite, ad esempio, l’acquisizione di impianti o la modifica
delle modalità del ciclo produttivo, in ambito giuslavoristico, qualora essa si applichi a
fattispecie a condotta esaurita, sussiste il rischio che tale istituto, imponendo adempimenti
assolutamente minimali, si trasformi, in sostanza, in un mero invito a tenere, per il futuro, un
comportamento in linea con la normativa vigente (è tuttavia da rilevarsi che ciò avviene in casi
nei quali, ad esempio, il datore di lavoro abbia effettivamente ottemperato ai suoi obblighi ma
in ritardo rispetto alle prescrizioni di legge).
Sembra quindi altamente auspicabile un realistico ma sostanziale incremento delle
sanzioni amministrative, anche nell’applicazione del presente istituto, per assicurare un reale
effetto di deterrenza.
23
4.c La Sospensione
La procedura della “sospensione del cantiere” è stata istituita dal più volte citato art. 36
bis della L. 248/2006, in un contesto di inasprimento nel quale è stata anche prevista la c.d.
“Maxisanzione”20.
Va precisato come, da tale norma, è possibile trarre il processo evolutivo della
definizione giuridica del “lavoratore in nero”, in tale contesto, individuato in colui il quale non
risulti “dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria” ed oggi, più pragmaticamente,
anche per i provvedimenti di semplificazione della documentazione intervenuti, corrispondente
al lavoratore per il quale non è stata presentata la comunicazione preventiva obbligatoria al
competente Centro per l’impiego.
Ulteriore conseguenza dell’applicazione della “sospensione” è un provvedimento
interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare
pubbliche “di durata pari alla citata sospensione nonché per un eventuale ulteriore periodo di
tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione, e comunque non superiore a due
anni.”
Con l’art. 5 della legge 123/2007 è stata estesa la possibilità di applicare la sospensione
a qualsiasi attività imprenditoriale nel caso di utilizzo di una percentuale di lavoratori in nero
pari al 20% dei lavoratori regolarmente occupati, riconoscendo, al VI comma, analoga facoltà
agli Ispettori delle ASL, limitatamente alle violazioni da essi accertate in materia di tutela della
salute e sicurezza sul lavoro.
Con il citato VI comma è stato inasprito il sistema delle sanzioni amministrative, in
quanto la revoca della sospensione è stata subordinata al pagamento di una “somma
aggiuntiva” pari al quinto delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate.
Si tratta di una figura che, in mancanza del requisito dell’esecutività, si discosta dalla
“sanzione amministrativa” tipica e, pertanto, è stata ritenuta, in dottrina, a causa della sua
natura comunque afflittiva e sanzionatoria, riconducibile all’”onere”. La sua specificità non è di
poco conto, poiché conferma l’autonomia della “sospensione” rispetto ad altri strumenti a
disposizione dell’Ispettore, come la “Prescrizione obbligatoria” istituita dall’ art. 20 del d.lgs.
758/1994,21 la cui applicazione viene ribadita dall’art.301 del d.lgs.81/2008 e prevista anche
nel sistema giuslavoristico dall’art.15 del d.lgs.124/2004.
20 All'articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 3 e' sostituito dal seguente: 3. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, l'impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria e' altresì punito con la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L'importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata.
21 Allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all'art. 55 del codice di procedura penale, impartisce al contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario. Tale termine è prorogabile a richiesta del contravventore, per la particolare complessità o per l'oggettiva difficoltà dell'adempimento. In nessun caso esso può superare i sei mesi. Tuttavia, quando specifiche circostanze non imputabili al contravventore
24
Infatti, già la circolare 29 del 28.9.2006 della Direzione generale per l’attività ispettiva
dispone che “ogniqualvolta venga accertata la presenza di manodopera "in nero" nelle attività
edili, configurandosi nella quasi totalità dei casi la violazione degli obblighi, puniti penalmente,
legati alla sicurezza dei lavoratori (almeno in riferimento all'omessa sorveglianza sanitaria e
alla mancata formazione ed informazione), il predetto personale ispettivo dovrà adottare il
provvedimento di Prescrizione obbligatoria relativo a tali ipotesi contravvenzionali e verificare,
conseguentemente, l'ottemperanza alla Prescrizione impartita.”
Anche tale aspetto ha fatto discutere del carattere sanzionatorio della sospensione,
anche perché per ottenerne la revoca, oltre alla regolarizzazione degli illeciti riscontrati, il
datore di lavoro deve versare una somma di 2.500 euro (definita, come si è detto, dall’art.14,
comma 4 del d.lgs.81/2008, “Somma aggiuntiva”), oltre alle sanzioni irrogate.
Ma un aspetto di ancor maggiore rilievo, sotto il profilo delle ipotesi nelle quali può
intervenire la “sospensione” è quello dell’introduzione (sempre con l’art.5 della legge
123/2007) della specifica fattispecie delle “gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della
salute e della sicurezza sul lavoro”.
Con il d.lgs. 81/2008, in virtù delle modifiche apportate dalla legge 133/2008, da un
lato, l’attivabilità della sospensione è stata limitata alle sole fattispecie dell’utilizzo di lavoratori
in nero, ed alle gravi e reiterate violazioni delle norme anti infortunistiche, con l’esclusione,
quindi, delle irregolarità di tipo formale, quali, ad esempio, la mancata esposizione del
cartellino di riconoscimento da parte degli addetti.
Dall’altro lato, l’art.14 del d.lgs. 81/2008, nel modificare l’art.5 della legge delega
123/2007, si riferisce espressamente, per l’applicazione della sospensione e quindi la
determinazione della soglia del 20% di lavoratori in nero, a tutti lavoratori “presenti” sul luogo
di lavoro.
Il medesimo art.14, non ha apportato analoga chiarezza alla definizione di cosa si
intenda per “gravi e reiterate violazioni”, limitandosi a rinviare ad un decreto non ancora
emanato, indicando, peraltro, nell’Allegato 1 della norma quali debbano intendersi per “gravi
violazioni”22.
determinano un ritardo nella regolarizzazione, il termine di sei mesi può essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei mesi, con provvedimento motivato che è comunicato immediatamente al pubblico ministero. 2. Copia della prescrizione è notificata o comunicata anche al rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al servizio del quale opera il contravventore. 3. Con la prescrizione l'organo di vigilanza può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro. 4. Resta fermo l'obbligo dell'organo di vigilanza di riferire al pubblico ministero la notizia di reato inerente alla contravvenzione ai sensi dell'art. 347 del codice di procedura penale. 22 Allegato I – Gravi violazioni ai fini dell’adozione del provvedimento di Sospensione dell’attività imprenditoriale Violazioni che espongono a rischi di carattere generale: Mancanza di protezioni verso il vuoto Violazioni che espongono al rischio di seppellimento: Mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno Violazioni che espongono al rischio di elettrocuzione: Lavori in prossimità di linee elettriche Presenza di conduttori nudi in tensione
25
Per quanto attiene invece al concetto di reiterazione, rimane il riferimento alla circolare
2423 del 14 novembre 2007, emanata dopo l’approvazione della legge-delega 123/2007.
Non va trascurato che esiste nell’ordinamento l’istituto della “recidiva amministrativa”,
previsto dall’art. 8bis della legge 689/1981, introdotto dal d.lgs. 507/1999, che prevede la
reiterazione nel caso di violazione della stessa indole24 nei cinque anni successivi alla
commissione di una violazione amministrativa accertata con provvedimento esecutivo.
Sul piano pragmatico appare evidente che sia coerente con il sistema l’adozione di data-
base idonei, in sede territoriale con opportuna riassunzione dei dati al livello centrale, degli
accertamenti effettuati in sede ispettiva.
Dall’analisi che precede si evince come la Sospensione sia, fondamentalmente, un
provvedimento (definito cautelare) che viene adottato nella discrezionalità dell’Ispettore e
mira, al tempo stesso, ad assicurare la tutela della sicurezza dei lavoratori ed a contrastare il
lavoro sommerso, partendo dall’assunto che un lavoratore “in nero” è un lavoratore “a rischio”
in quanto non destinatario della specifica formazione in materia di sicurezza sul lavoro, né (in
gran parte dei casi) munito degli strumenti antinfortunistici in conformità alle previsioni
normative e regolamentari.
Può quindi essere considerato uno strumento finalizzato alla rimozione delle cause della
situazione di illegalità ed in definitiva alla riconduzione della situazione di fatto nell’ambito
dell’ordinamento25.
Mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale) Violazioni che espongono al rischio d’amianto: Mancata notifica all’organo di vigilanza prima dell’inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione ad amianto. 23 “Per quanto attiene al requisito della reiterazione, da intendersi come ripetizione di condotte illecite gravi nell’arco temporale dell’ultimo quinquennio, in ossequio a quanto previsto dall’art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale, lo stesso va individuato dalla data di entrata in vigore della legge 123/2007 con esclusione quindi delle condotte antecedenti a tale data. La verifica del requisito della reiterazione impone, evidentemente, una ricerca delle violazioni pregresse da svolgersi nel modo più rigoroso e quindi, in particolare, sia all’interno dell’Amministrazione di appartenenza, sia mediante lo scambio di informazioni con gli altri organi di vigilanza competenti in materia, sia tramite l’accertamento dell’esistenza di sentenze penali passate in giudicato, sia presso l’impresa soggetta ad ispezione. Per quanto attiene invece alla individuazione delle gravi violazioni in materia prevenzionistica, nel ribadire che in tale ambito rientrano le violazioni che giustificano l’adozione del provvedimento interdittivo in quanto ledono i principi fondamentali del sistema prevenzionale e mettono a repentaglio gli interessi generali dell’ordinamento, si fa riserva di definire un elenco esplicito delle stesse da concordarsi con il Coordinamento tecnico delle Regioni. Ciò nel rispetto del principio di tassatività che non può non connotare il presupposto per l’adozione di un provvedimento di rilevante gravità quale la sospensione di un’attività imprenditoriale”. 24 Per violazioni della stessa indole si intende la violazione della stessa disposizione o di disposizioni diverse che per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta presentano una sostanziale omogeneità o caratteri fondamentali comuni 25 La circolare 24 del 2007 è, sul punto assolutamente esaustiva: “In proposito occorre chiarire che per la regolarizzazione dei lavoratori "in nero", oltre alla registrazione degli stessi sui libri obbligatori, al pagamento delle sanzioni amministrative e civili ed al versamento dei relativi contributi previdenziali ed assicurativi, è necessaria anche l'ottemperanza agli obblighi più immediati di natura prevenzionistica di cui al d.lgs.. n. 626/1994, con specifico riferimento almeno alla sorveglianza sanitaria (visite mediche preventive) e alla formazione ed informazione sui pericoli legati all'attività svolta nel cantiere nonché alla fornitura dei dispositivi di protezione individuale. A tal proposito, si coglie l'occasione per ricordare al personale ispettivo che, ogniqualvolta venga accertata la presenza di manodopera "in nero" nelle attività edili, configurandosi nella quasi totalità dei casi la violazione degli obblighi, puniti penalmente, legati alla sicurezza dei lavoratori (almeno in riferimento all'omessa sorveglianza sanitaria e alla mancata formazione ed informazione), il predetto personale ispettivo dovrà adottare il provvedimento di prescrizione obbligatoria relativo a tali ipotesi contravvenzionali e verificare, conseguentemente, l'ottemperanza alla prescrizione impartita. Per quanto invece concerne il "ripristino delle regolari condizioni di lavoro" nelle ipotesi di violazioni in materia di tempi di lavoro e di riposi, detto ripristino non può che aversi con il solo pagamento delle relative sanzioni
26
Per quanto concerne la questione della durata di tale provvedimento, va notato che non
è stata prevista una durata minima, ma, comunque, la durata della sospensione (la cui
mancata osservanza comporta l’arresto fino a sei mesi) non è necessariamente coincidente con
quello fissato, ad esempio, per l’adempimento alla “Prescrizione”, ma corrispondente al tempo
strettamente necessario a sanare le irregolarità riscontrate in sede di ispezione che hanno
portato all’adozione del provvedimento.
La rilevanza dell’istituto nel sistema è piuttosto evidente. Esso, infatti, è stato oggetto
della Direttiva del Ministro del 18 settembre 2008 alla quale è seguita la circolare del Direttore
per l’attività ispettiva n.30 del 12 novembre 2008.
Nel primo caso, l’istituto viene visto nel contesto più ampio di un nuovo approccio
dell’Ispettore del lavoro che tenga conto dell’esigenza di assicurare l’attività di prevenzione e
promozione prevista dall’art.8 del d.lgs.124/2004, finora ritenuta recessiva e la sua
applicazione viene indirizzata da indicazioni che tendono a tutelare la c.d. “microimpresa” (col
quale termine si vuole intendere l’impresa composta da un unico addetto) e, comunque, quelle
per le quali non si rinviene l’esercizio di attività particolarmente rischiose né, tanto meno,
pericoli immediati per la salute e la sicurezza del lavoratore.
Nel secondo caso si focalizza il tiro del precedente atto, fornendo indicazioni di dettaglio
per l’Ispettore, sia al fine di spiegare in termini pragmatici quanto espresso nella Direttiva, sia
al fine di indirizzare l’esercizio della discrezionalità riconosciuta all’Ispettore nell’adozione della
“sospensione”.
Appare opportuno quindi, rinviare per quanto attiene all’”approccio” che deve avere
l’Ispettore, alla parte ad esso dedicata che vede nella Direttiva il “quid novi” recato al sistema
delle ispezioni del lavoro, unitamente agli atti di regolazione che ne conseguono come la citata
circolare 30/2008, mentre in questa sede, a completamento di quanto già detto, è il caso di
sottolineare che la “sospensione” è comunque suscettibile di impugnativa26.
In considerazione della peculiarità dell’istituto e della “somma aggiuntiva” che ne
costituisce l’esito per l’erario e che si aggiunge all’evento del blocco delle attività
imprenditoriali (in sé una vera e propria sanzione), i valori in termini di provvedimenti emessi,
di revoche (sintomatiche del ripristino della legalità) e di importi riscossi, non vanno
considerati alla stessa stregua dei recuperi contributivi o di premi, così come delle sanzioni
amministrative, stante l'impossibilità sostanziale di una reintegrazione dell'ordine giuridico violato, trattandosi di condotte di natura commissiva, come peraltro già chiarito con circolare n. 8/2005 di questo Ministero.” Segue poi una ulteriore sottolineatura sulla natura di tale provvedimento: “L'inosservanza del provvedimento di Sospensione dei lavori configura l'ipotesi di reato di cui all'art. 650 c.p. il quale punisce "chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d'ordine pubblico o d'igiene" con l'arresto sino a tre mesi e l'ammenda sino ad € 206. In tal caso, infatti, si è in presenza di un provvedimento emanato per ragioni di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori che, quale bene costituzionalmente tutelato, rientra nell'ambito della nozione di sicurezza pubblica (in tal senso Cass. sez. III 17 novembre 1960 e Cass. sez. III 14 febbraio 1995 n. 3375)”. 26 Avverso i provvedimenti di Sospensione emessi dall'Ispettore del Lavoro è infatti ammesso ricorso, entro 30 giorni, alla Direzione Regionale del Lavoro territorialmente competente, mentre i provvedimenti emessi dagli organi delle Aziende Sanitarie Locali, al Presidente della Regione. Questi si pronunciano nel termine di 15 giorni dalla notifica del ricorso, ma decorso inutilmente il termine il provvedimento di Sospensione perde efficacia. Il provvedimento è ricorribile, inoltre, innanzi al TAR entro 60 giorni o con Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica entro 120 giorni.
27
“stricto sensu”, ciò nonostante, costituiscono risultati dell’attività ispettiva e, come tali,
vengono analizzati in tale sede.
4.d La Conciliazione monocratica
L’istituto della “Conciliazione monocratica”, introdotto dall’art.11 del d.lgs. 124/2004,
rappresenta una rilevante modificazione dell’approccio che tradizionalmente il sistema
amministrativo ed, in particolare, quello del lavoro, ha avuto per la figura dell’”Ispettore”.
Non a caso, nell’ambito delle Direzioni provinciali del lavoro, si riteneva incompatibile la
partecipazione degli Ispettori del lavoro alle Commissioni conciliative deputate al tentativo
obbligatorio di conciliazione (la cosiddetta “Conciliazione obbligatoria”) previsto dall’art.410
c.p.c., in quanto foriera di un potenziale conflitto d’interesse, potendo l’Ispettore intercettare,
in sede d’ispezione, la stessa fattispecie (ed i medesimi soggetti) della procedura conciliativa.
In effetti, per quanto il “conciliatore” non sia necessariamente un Ispettore, va
sottolineato come, in entrambe le forme: “preventiva” ex comma 1 e “contestuale” ex comma
6 del citato art.11 d.lgs.124/2004, l’innesco della procedura riguardi tale figura.
Infatti, nel primo caso, essa rileva in quanto destinataria di una richiesta di intervento
ispettivo da parte del soggetto che rivendica il mancato pagamento di emolumenti da parte del
datore di lavoro, mentre nel secondo caso riceve la denuncia del lavoratore nel corso di
un’ispezione.
Nel primo caso, l’intera procedura avviene presso la D.P.L., in un contesto
evidentemente distinto da quello dell’”accesso” ispettivo e tale circostanza consente quindi di
attivare in concreto la Conciliazione monocratica che trae origine da rivendicazioni del
lavoratore su attività rese che non hanno dato luogo a corrispondenti emolumenti, ma la cui
entità viene messa in discussione, situazione che potrà trovare evidentemente un più efficace
esito proprio mediante l’esperimento della Conciliazione monocratica.
Va quindi sottolineato questo revirement, peraltro coerente con la nuova ottica
introdotta dal d.lgs.124/2004 che ha attribuito all’Ispettore del lavoro anche funzioni di
prevenzione ed informazione (finora, a dire il vero, piuttosto in ombra).
Infatti, anche se la Conciliazione non necessariamente andrà condotta da un Ispettore,
sia l’inquadramento dell’istituto nella norma che riordina l’Attività ispettiva, sia l’innesco della
procedura di cui si è detto, sia, infine, la possibilità che un Ispettore funga da conciliatore
monocratico (si dà per scontato che non sia il medesimo che ha attivato la procedura per un
evidente, in tal caso, conflitto d’interesse), costituiscono tutti elementi che rappresentano un
deciso “quid novi” per la figura ispettiva.
Va comunque ribadito che, soprattutto nel caso della c.d. “Conciliazione contestuale”,
deve sussistere una sostanziale difficoltà di accertamento della responsabilità del datore di
lavoro poiché altrimenti, non potrebbe essere esperita la “Conciliazione monocratica” ma,
semmai disposta la “Diffida accertativa per i crediti patrimoniali” di cui si dice in seguito,
28
proprio per gli effetti che la Conciliazione avrebbe sia sotto il profilo civilistico che sotto quello
penalistico.
Ove, infatti, essa vada a buon fine (con il riconoscimento, ritenuto satisfattivo, di
emolumenti al lavoratore con le connesse contribuzioni), si determinano sia gli effetti propri
della transazione civilistica (null’altro il lavoratore avrà a pretendere per la fattispecie dedotta)
sia quelli del “patteggiamento penale”, in quanto si estingue il procedimento ispettivo (e le
possibili conseguenze sul piano penale), determinandosi, secondo alcuni, una sorta di
“condono tombale” di particolare convenienza per il datore di lavoro.
La “Conciliazione monocratica” va comunque tenuta distinta da quella “obbligatoria” ex
art.410 c.p.c., anche perché, per la presenza dell’Ispettore (ancorché non necessaria nella
veste di Conciliatore) essa non sembra applicabile ai rapporti di lavoro pubblico pur
privatizzato, oltre a non esservi una reciproca preclusione per il ricorso ad entrambe le
procedure, non essendo quindi applicabile il principio “electa una via non datur recursus ad
alteram”.
Si tratta di istituti piuttosto complessi, e già ora, ferma restando l’analisi di dettaglio
che viene fatta nella parte dedicata ai risultati dell’attività ispettiva, può dirsi che, intanto ha
mostrato efficacia la Conciliazione monocratica, in quanto è stata utilizzata,
“preventivamente”, distaccandola quindi dall’accesso ispettivo ed, in sostanza, evitando
l’accesso stesso.
4.e La Diffida accertativa
Il ricorso alla “Conciliazione monocratica” può intervenire anche in seguito
all’emanazione, da parte dell’Ispettore, di una “Diffida accertativa per crediti patrimoniali”,
prevista dall’art.12 del d.lgs.124/2004, che costituisce un vero e proprio decreto ingiuntivo al
datore di lavoro per il pagamento di crediti patrimoniali la cui natura è certa.
In tal caso è il datore di lavoro a poter proporre (entro 30 giorni) la “Conciliazione
monocratica” presso la D.P.L. ed ove essa non vada a buon fine, la Diffida accertativa,
acquisendo il valore di accertamento tecnico, previa “validazione” da parte del Direttore della
D.P.L., costituisce titolo esecutivo.
La formazione del “titolo esecutivo” con provvedimento amministrativo, come quello
direttoriale, ha suscitato perplessità sotto il profilo della costituzionalità della disposizione
normativa che la prevede, in quanto tale titolo non si formerebbe in seguito ad un giudizio.
Tale perplessità è stata ritenuta superabile, in base alla previsione del secondo comma
dell’art.474 c.p.c. che, al n.2 attribuisce valore di titolo esecutivo ad atti “a formazione
stragiudiziale” come cambiali, titoli di credito od atti ai quali la legge attribuisce la stessa
efficacia.
Un punto ritenuto fondamentale è comunque quello dell’accertamento dell’Ispettore che
è alla base dell’emanazione della “Diffida accertativa…” ed, al riguardo, si è posto il problema
29
che il prestatore di lavoro potesse disporre di un titolo esecutivo per i crediti patrimoniali,
laddove fossero in discussione profili giuridici, come nel caso di procedure di riqualificazione, a
monte dell’asserito credito patrimoniale, essi stessi oggetto di impugnativa.
Con la circolare n.24 del 24 giugno 2004 si è ritenuto di chiarire i limiti entro i quali
possa farsi luogo allo strumento in discorso: “l'organo di vigilanza potrà procedere a diffidare il
datore di lavoro quando avrà acquisito elementi obiettivi, certi e idonei a determinare il calcolo
delle spettanze patrimoniali del lavoratore”. Soprattutto, andrebbe sottolineato, “il credito deve
essere certo ed esigibile” ed a fronte di tali requisiti si pone la questione di come un credito
certo ed esigibile possa essere oggetto di conciliazione, da parte del prestatore di lavoro (e
quindi il creditore) se non per ragioni eminentemente pragmatiche (tempi lunghi di liquidazione
o ricorso avverso la diffida da parte del datore di lavoro).
Come si vede, si tratta di un istituto, decisamente nuovo, nel panorama degli strumenti
a disposizione dell’Ispettore, che si basa sul presupposto di cui sopra che non appare
compatibile con accertamenti di natura complessa né, tanto meno, con fattispecie di natura
risarcitoria.
Va oltretutto segnalata la connessione evidente con l’esperimento della “Conciliazione
monocratica”, da parte del datore di lavoro, ma, a ben vedere, è lo stesso Ispettore, ancor
prima, a dover decidere se lo stato dell’accertamento compiuto gli consente di emanare la
“Diffida accertativa” o se sia più opportuno, laddove il credito non appaia certo ed esigibile ed,
ovviamente, con il consenso delle parti, devolvere alla D.P.L. la “Conciliazione monocratica”.
Va precisato, inoltre, che il riferimento alla “Conciliazione monocratica”, quale opzione
esercitabile nel contesto della Diffida accertativa, viene operato dalla citata circolare che
richiama l’art.11 del decreto legislativo. In effetti, non sembra congrua l’applicazione della
conciliazione “obbligatoria” proprio per la “facoltà” di ricorrere alla Conciliazione, mentre, oltre
all’ovvia ipotesi di subire gli effetti della diffida, è possibile il ricorso al Comitato regionale per i
rapporti di lavoro nella speciale composizione prevista dall’art. 12, comma 4 del
d.lgs.124/2004 e cioè integrato con un rappresentante dei datori di lavoro ed un
rappresentante dei lavoratori designati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più
rappresentative a livello nazionale. Il ricorso sospende l'esecutività della diffida.
Si tratta di una sospensione legata ai 90 giorni, dalla presentazione del ricorso, entro i
quali il Comitato deve pronunciarsi, perché in caso di mancata pronunzia il ricorso si intende
respinto.
L’impugnazione stessa della ”Diffida accertativa”, già munita della validazione del
Direttore della D.P.L. e, quindi avente valore di titolo esecutivo, va a questo punto assimilata
all’opposizione al decreto ingiuntivo, con la quale viene contestata la certezza ed esigibilità del
credito, anche se, normalmente, l’opposizione interviene nel corso del giudizio di convalida del
decreto ingiuntivo. Ciò in quanto non è configurabile l’ipotesi di un giudizio tendente
all’accertamento del diritto.
30
La particolare complessità che si rinviene nell’applicazione dell’istituto è
fondamentalmente dovuta al valore di “titolo esecutivo” dato all’accertamento tecnico
riconducibile all’Ispettore, dopo che è intervenuta la “validazione” da parte del direttore della
D.P.L.
Infatti, si assiste ad una commistione, come tale di non facile metabolizzazione, tra
elementi tipicamente amministrativi ed elementi civilistici, anzi “processualcivilistici” che si
conciliano tra loro con difficoltà. L’esecutività è infatti una caratteristica tipica della sentenza
civilistica e deriva di norma da un giudizio. La riconduzione del “titolo esecutivo” in discorso
alle ipotesi “stragiudiziali” dell’art. 474 c.p.c. trova oltretutto una difficile compatibilità con
l’impugnazione del medesimo dinanzi ad un organo amministrativo, come il Comitato regionale
per rapporti di lavoro, la cui mancata decisione, entro i 90 giorni dal ricevimento dell’istanza,
indica che il ricorso si intende respinto.
Appare del resto evidente che la vera finalità della “Diffida accertativa” è di pervenire ad
un esito positivo della “Conciliazione monocratica”, la qualcosa sarebbe risolutiva,
determinerebbe effetti concreti e definitivi, con un ulteriore effetto di deflazione del
contenzioso.
E’ interessante notare come sussistano significative varianti allo schema tipico della
“Conciliazione monocratica”, poiché la proposizione avviene da parte del datore di lavoro che,
nella circostanza, ha un interesse rafforzato a limitare gli oneri a suo carico a fronte di un
accertamento già effettuato, laddove nella Conciliazione “preventiva” ed in quella “contestuale”
è proprio l’accertamento ad essere sospeso dall’esperimento della conciliazione (sarebbe
comunque più corretto definirla “tentativo di conciliazione”).
In caso di esito positivo della Conciliazione, quindi, mentre per la “preventiva “ e la
“contestuale”, ai sensi dell’art.11, comma 4 del d.lgs.124/2004, si estingue il procedimento
ispettivo, ciò non avviene nella fattispecie in discorso che costituisce un “esito” di detto
procedimento.
Inoltre, essendo avvenuto l’accertamento, i contributi vanno comunque rapportati agli
importi retributivi previsti dall’art.1 della legge 389 del 198927 e vanno applicate le eventuali
sanzioni civili e riconosciuti gli interessi legali.
La peculiarità della “Diffida accertativa” ha determinato anche questioni relative al “rito”
applicabile in sede giurisdizionale.
Si cita, al riguardo, la recente sentenza del Tribunale civile di Reggio Calabria del 18
aprile 2008, che ha ritenuto non applicabile la procedura prevista per le sanzioni
amministrative dagli art.22 e 23 della legge 689/1981, non potendosi considerare la Diffida
accertativa una sanzione amministrativa.
27 L'articolo 1, comma 1, della legge 389/89, così come interpretato dalla legge 549/95, che trova applicazione anche per i lavoratori a domicilio, stabilisce che la retribuzione da prendere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni previsto da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative nella categoria, oppure da accordi collettivi o contratti individuali quando ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello stabilito dal contratto collettivo.
31
Essa è infatti diretta ad ottenere una conciliazione o comunque una definizione
stragiudiziale delle controversie e, per tale ragione va applicato il rito ordinario del lavoro nel
quale non è commutabile la particolare procedura della legge 689/1981.
A prescindere da valutazioni di merito, viene ulteriormente sottolineato il collegamento
tra Diffida accertativa e Conciliazione (monocratica secondo i riferimenti normativi e la
circolare 24 del 2004).
In considerazione, della connessione tra i due istituti, è interessante notare come
l’andamento mostrato nel 2008, che viene analizzato specificamente nella parte dedicata ai
risultati dell’attività ispettiva, indichi come, in concreto, le conciliazioni (del tertium genus
potremmo dire) non appaiano di particolare consistenza rispetto alle diffide da cui traggono
origine.
Va rimarcato come tutto quello che si è già definito come il “box degli strumenti”,
messo a disposizione degli Ispettori del lavoro, presenti caratteristiche che, da un lato,
segnalano l’intento di perseguire la correzione dei comportamenti irregolari (secondo il
principio del “ravvedimento operoso”) attenuando l’impatto punitivo dell’azione ispettiva e,
dall’altro, quello di determinare un effetto “deflatore” del contenzioso.
Analizzando la concreta operatività dell’istituto, si sottolinea come lo stesso risulti in
effetti scarsamente praticato.
Tale circostanza trova numerose motivazioni.
In effetti, a prescindere dalle perplessità di carattere prettamente giuridico già esposte,
si riscontra una prima difficoltà di ordine pratico costituita dalla necessità, al fine di poter
emettere il provvedimento in discorso, di formulare un’esatta quantificazione del credito
vantato dal lavoratore; quantificazione che deve essere compiuta ed asseverata, dal Direttore
dalla D.P.L..
Accanto a tale non semplice adempimento sussiste anche, come emerso dai colloqui con
i rappresentanti dell’Amministrazione, una remora ulteriore riscontrabile nei casi in cui
l’impresa versi in condizioni finanziarie che non le consentano di onorare tempestivamente i
debiti, motivo primo per l’insorgere della controversia.
Infatti, sotto un profilo pragmatico, è evidente come, in particolare nel caso di imprese
di piccole dimensioni, o interessate da problematiche transitorie di tipo finanziario
l’applicazione di tale provvedimento potrebbe comportare, per l’impresa stessa, conseguenze
non rimediabili.
Ciò naturalmente non giustifica la lesione dell’interesse del lavoratore alla
corresponsione del dovuto, né esime il datore di lavoro dai connessi obblighi, tuttavia
l’Amministrazione ha ritenuto che la tutela del prestatore di opera vada prudentemente
contemperata con l’esigenza di salvaguardia dell’impresa stessa.
Peraltro, è appena il caso di ricordare come l’ordinamento appresti in queste circostanze
tutele ulteriori e di efficacia almeno pari, come reso evidente dalle modalità dei giudizi presso il
Giudice del Lavoro.
32
E’ poi da sottolineare come la maggior parte delle diffide venga emessa su segnalazione
del lavoratore o delle associazioni di categoria.
Si tratta quindi, si ribadisce, di uno strumento di complessa e delicata applicazione, cui
si tende a ricorrere solo dopo una ponderata valutazione delle circostanze.
Vi è da sottolineare come i risultati evidenziati nei grafici che seguono, peraltro
estremamente diversificati sul territorio, mostrino un sostanziale fallimento delle Conciliazioni
monocratiche.
Tale situazione presenta indubbiamente un interrogativo: fermo restando che l’esercizio
dello strumento vada effettuato con cautela, proprio per la sua efficacia, essendo munito di
esecutività, laddove non si pervenga a Conciliazione monocratica, è difficile comprendere come
un datore di lavoro così esposto ai rischi di una esecuzione sul suo patrimonio non sia
invogliato a raggiungere l’esito conciliativo che, peraltro, è nell’interesse anche del lavoratore.
L’unica spiegazione può risiedere nella situazione di decozione dell’azienda che ormai
nulla avrebbe da perdere in caso di esecuzione ed infatti gli importi effettivamente riscossi sul
piano contributivo sono decisamente esigui.
Al fine di consentire una lettura più significativa e di percepire in maniera più
immediata i fenomeni analizzati, i dati – che non comprendono quelli relativi alla Sicilia -
vengono esposti nei grafici che seguono:
33
Fonte: elaborazione Corte dei Conti su dati Ministero Lavoro e P.S.
Fonte: elaborazione Corte dei Conti su dati Ministero Lavoro e P.S.
Il sistema ispettivo del lavoro si presenta quindi come un ambiente alquanto complesso,
nel quale interagiscono attori che devono essere messi nella condizione di applicare con
certezza gli strumenti che la normativa ha messo a disposizione.
La “dinamica” delle competenze risente di un quadro ancora in movimento che induce a
ritenere che quanto prima dovrà essere sciolto il nodo della perdurante limitazione delle
competenze degli Ispettori del lavoro in materia di sicurezza del lavoro, limitazione che, come
si è sottolineato, non è compatibile né con il rapporto logico tra la regolarità del lavoro ed,
appunto, la sicurezza del lavoro, né, tanto meno, con l’approccio sostanziale che si vuol dare
all’azione ispettiva.
Del resto, sia pure a macchia di leopardo, ed anche a voler prescindere dalle funzioni di
polizia giudiziaria, la competenza degli Ispettori del lavoro in materia di sicurezza del lavoro è
ormai piuttosto estesa ed è quindi sensibile l’incompiutezza di un processo che dovrebbe
portare ad unificare le due materie della regolarità e della sicurezza del lavoro.
Elementi sintomatici in tal senso sono rinvenibili in due atti che, a diverso livello,
perseguono l’intento di indirizzare l’attività degli Ispettori, con linee-guida che, almeno nelle
intenzioni, hanno un taglio fortemente operativo: la Direttiva del Ministro del 18 settembre
2008 e la Circolare del Direttore per l’attività ispettiva n.30 del 12 novembre 2008.
Infatti, l’elemento costante che li caratterizza è costituito dai richiami:
− all’approccio sostanziale che deve avere l’Ispettore, secondo i parametri di
correttezza, trasparenza ed uniformità sull’intero territorio nazionale;
− all’ottica di servizio e non di potere che deve essere perseguita;
− alla ricerca di una organizzazione sistematica delle ispezioni attraverso un’adeguata
programmazione di queste e la limitazione della discrezionalità tipica delle “Ispezioni
a vista”;
− ad analisi geoeconomiche ed allo sviluppo di indicatori di rischio in grado di
individuare obiettivi sensibili;
− allo sviluppo di un efficace coordinamento tra i soggetti ispettivi, al fine di evitare
sovrapposizioni.
L’attenzione ai compiti di “consulenza” ed alla presenza di forme di controllo sociale
(come gli enti bilaterali) o anche forme di controllo istituzionale alternative (come le sedi di
certificazione dei contratti di lavoro e di appalto), costituiscono ulteriori elementi di
focalizzazione della Direttiva.
E’ evidente la forte caratterizzazione data dalle indicazioni di Policy che permeano la
Direttiva, ma il punto cruciale è costituito dall’utilizzazione ritenuta non adeguata di quegli
istituti ai quali è stato dedicato un esame approfondito nella presente relazione ed
36
all’applicazione concreta proprio del provvedimento di “sospensione”, con una serie di
indicazioni “di dettaglio”, che hanno avuto seguito nella Circolare.
Tali indicazioni mostrano come l’attenzione si sia concentrata sulle conseguenze,
evidentemente ritenute dirompenti dell’estensione della sua portata applicativa a tutte le
attività imprenditoriali.
Del resto, ulteriori evoluzioni del sistema, come è emerso nell’Adunanza delle Sezione
del controllo dell’11 settembre 2009, vanno nella direzione di individuare strumenti analoghi a
quelli attualmente in campo in materia fiscale, come gli “Studi di settore” per imprese con
meno di 200.0000 euro di fatturato annuo.
Partendo dall’assunto che, in questa sede, non si entra nel merito delle scelte di Policy
dell’Amministrazione, non può non osservarsi che nella Direttiva sono presenti profili che
inducono a riflessione e che, comunque, nel fornire disposizioni particolari agli Ispettori per
l’applicazione dell’istituto della “sospensione”, introducono elementi nuovi, sia pure orientati
all’organizzazione dell’attività, ed anche una configurazione, invero peculiare, di
“Microimpresa” (corrispondente all’impresa con unico lavoratore) che non trova riscontri
nell’Ordinamento nazionale e che non corrisponde all’accezione che a tale denominazione dà la
normativa comunitaria28 la quale comunque ne indica la dimensione in meno di dieci addetti.
Esistono, a ben vedere, profili concettuali ed aspetti applicativi, ma anche i primi
costituiscono la conseguenza della cennata estensione dell’istituto ad ogni attività
imprenditoriale e, segnatamente, a quelle dei settore del commercio e soprattutto dei pubblici
esercizi, come viene evidenziato dai riscontri forniti dall’Amministrazione sui provvedimenti
emessi e sulle revoche delle sospensioni, successivamente intervenute.
In buona sostanza, le indicazioni della Direttiva marcano il carattere discrezionale del
provvedimento, non obbligatorio dunque e da adottare solo ove sussistano rischi per i
lavoratori e, comunque, in un’ottica che consenta il ripristino di una situazione di legalità tale
da consentire la revoca della sospensione non appena ciò sia riscontrato e si sia provveduto al
pagamento della “somma aggiuntiva” espressamente prevista.
Un punto di particolare rilievo è quello relativo alla decorrenza della “sospensione” dalle
ore 12 del giorno successivo a quello dell’”accesso ispettivo”, tenuto conto che, in seguito alle
modifiche apportate dal D.L. 112/2008, convertito con la legge 133/2008, la sospensione
viene applicata nelle due ipotesi suddette (presenza di un livello del 20 per cento o superiore
28 Si cita, al riguardo,la Raccomandazione 2003/361della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese, [G.U.C.E. L 124 del 20.05.2003],secondo la quale:
• Le microimprese, le piccole o medie imprese vengono definite in funzione del loro organico e del loro fatturato ovvero del loro bilancio totale annuale.
• Una media impresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 250 persone e il cui fatturato non superi 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio annuale non sia superiore a 43 milioni di euro.
• Una piccola impresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 50 persone e il cui fatturato o il totale del bilancio annuale non superi 10 milioni di euro.
• Una microimpresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 10 persone e il cui fatturato o il totale di bilancio annuale non superi 2 milioni di euro.
37
di lavoratori “in nero”, ovvero “gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e
della sicurezza sul lavoro”).
La Circolare, per quanto attiene alla nozione di “Microimpresa”, ne ammette l’atecnicità,
ma, nel contempo, invita gli Ispettori ad evitare il provvedimento di sospensione, salvo il caso
di attività particolarmente rischiose, utilizzando lo strumento della “Disposizione” con
l’assegnazione di un termine breve per la regolarizzazione del lavoratore e la sottoposizione del
medesimo alla sorveglianza sanitaria, nei casi previsti.
Sulla decorrenza “posticipata” alle ore 12 del giorno dopo, della sospensione, la
circolare medesima, nel fare riferimento a possibili difficoltà di collegamento al sistema
informativo ovvero alla improbabile presenza di documentazione in unità mobili, precisa
tuttavia che entro tale termine dovrà essere comunque presentata l’esibizione delle
comunicazioni di assunzione, senza possibilità di differimento, a prescindere dalla circostanza
che detta documentazione sia in possesso del datore di lavoro o di altri soggetti abilitati. Tali
comunicazioni devono comunque essere state effettuate prima del primo accesso ispettivo; in
caso contrario la sospensione manterrebbe la sua validità esplicando effetti sanzionatori.
La Circolare integra utilmente la Direttiva, dando riscontro, soprattutto per tali ultimi
aspetti, a quanto più sopra enunciato, fermo restando che un lavoratore “in nero” non può
comunque proseguire la sua attività e che l’accertamento della regolarità del rapporto di lavoro
attiene sempre al momento nel quale è stato effettuato il primo accesso dell’Ispettore.
6. Le tipologie di vigilanza, le procedure e gli strumenti
In base alla formulazione dell’art 1 del d.lgs 23 aprile 2004 n.124 il Ministero del lavoro
e delle politiche sociali assume e coordina, nel rispetto delle competenze affidate alle regioni
ed alle province autonome, le iniziative di contrasto del lavoro sommerso e irregolare, di
vigilanza in materia di rapporti di lavoro e legislazione sociale e dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali in materia di lavoro, che devono essere garantiti
su tutto il territorio nazionale, al fine di assicurare l’esercizio unitario della attività ispettiva,
nonché l’uniformità di comportamento degli organi di vigilanza.
L’attività di vigilanza, termine con il quale viene definita specificamente l’attività
ispettiva in materia di lavoro, si distingue in due grandi aree : vigilanza ordinaria e vigilanza
tecnica29 che corrispondono essenzialmente alle due materie costantemente evocate:
29 Vigilanza ordinaria
• Vigilanza sull'esecuzione dei contratti collettivi di lavoro e sull'applicazione di tutte le leggi in materia di lavoro e di previdenza sociale
• Programmazione ed attività di coordinamento di altri organi di vigilanza in materia previdenziale e fiscale • Vigilanza sulle azioni formative e verifica amministrativa contabile • Vigilanza sugli enti di patronato • Vigilanza in materia di livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali
38
regolarità del lavoro e previdenziale da un lato e sicurezza e salute sui luoghi di lavoro,
dall’altro. Esse dispongono di strumenti parzialmente diversi, che fanno riferimento, secondo la
normativa vigente, al d.lgs.124/2004 ed al d.lgs. 81/2008.
A livello nazionale il coordinamento dell'attività ispettiva viene garantito dalla Direzione
generale per l'ispezione al lavoro.
Sotto il profilo delle competenze è così ribadito il sistema fondato sul ruolo centrale
della Direzione Generale, alla quale sono affidati compiti di direzione delle attività ispettive,
con poteri di direttiva e di coordinamento, nella prospettiva di assicurare l'esercizio unitario
dell'attività ispettiva di competenza del Ministero del lavoro e degli Enti previdenziali, nonché
l'uniformità di comportamento dei relativi organi di vigilanza.
Alle Direzioni regionali del lavoro spetta il coordinamento dell'attività di vigilanza per il
rispettivo ambito territoriale, con l’individuazione delle linee operative e delle priorità di azione
sulla base delle direttive della Direzione Generale e degli indirizzi e obiettivi posti dalla
Commissione centrale di coordinamento.
Alle Direzioni provinciali del lavoro, infine, è affidato il coordinamento dell'attività di
vigilanza sul territorio di riferimento, fornendo le direttive necessarie a razionalizzare l'attività
ispettiva, al fine di evitare duplicazioni di interventi e uniformarne le modalità di esecuzione.
I ruoli dei diversi livelli territoriali dell’amministrazione ministeriale risultano pienamente
confermati nella circolare n. 24 del 2004, anche in ordine alle funzioni riconosciute alle
commissioni di coordinamento, sia centrali sia regionali, e ai CLES a livello provinciale per il
lavoro sommerso, così come previsto dal d.lgs n. 124 del 2004. La circolare ribadisce
l’esigenza del coordinamento tra i vari organismi deputati alla vigilanza e le modalità per
realizzarlo a tutti i livelli.
Ai Direttori regionali è richiesto di privilegiare un confronto diretto e costante con i
Direttori regionali degli Enti previdenziali e assicurativi, favorendo ogni ulteriore attività di
consultazione e di dialogo. Devono comunque assicurare incontri di coordinamento con
cadenza almeno trimestrale.
Anche a livello provinciale si sottolinea l’esigenza di mantenere costanti rapporti con gli
Enti impegnati nell'attività di vigilanza, con particolare riferimento a INPS e INAIL.
Vigilanza tecnica
• Vigilanza nei cantieri edili • Vigilanza congiunta con le FFSS in materia di sicurezza • Vigilanza in materia di radiazioni ionizzanti • Interventi di polizia giudiziaria in materia di sicurezza e igiene del lavoro • Accertamenti tecnici in materia di tutela delle donne, dei minori, delle lavoratrici madri, delle categorie
protette, CIGS, applicazione statuto dei lavoratori, ecc. • Controllo impianti ed apparecchi soggetti alle direttive di mercato • Verifiche ascensori e montacarichi • Provvedimenti amministrativi in materia di igiene e sicurezza sul lavoro • Rilascio/rinnovo dei patentini per Conduttori Generatori di Vapore
39
L’obiettivo rimane quello di garantire un’azione integrata ed efficace di contrasto del
lavoro irregolare sul territorio e di evitare duplicità di interventi, sempre possibili in presenza di
una pluralità di enti coinvolti nel medesimo campo di azione.
Tali priorità hanno inciso in particolare sulla necessaria attività di coordinamento delle
Direzioni regionali e provinciali del lavoro e degli Enti previdenziali, finalizzata ad uniformare il
comportamento del personale ispettivo.
In tale contesto assumono particolare rilievo, nell’ambito della “vigilanza mirata”, le
“campagne ispettive”, effettuate dal Ministero, congiuntamente ad altri soggetti istituzionali
preposti ad azioni di vigilanza (INPS, INAIL, Guardia di Finanza ecc.).
Tali interventi, dei quali vengono indicati di seguito quelli che hanno avuto maggiore
risonanza, sono stati coordinati dalla Direzione generale per l’attività ispettiva e dal Comando
Carabinieri per la tutela del lavoro presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale:
Anno 2005: • Operazione Girasole, riguardante il settore agricolo e svolta, a più riprese, nelle
seguenti Regioni: Basilicata, (Matera e Potenza), Calabria (Crotone), Campania,
(Caserta e Salerno), Friuli Venezia Giulia (Gorizia e Udine), Lazio (Viterbo), Molise
(Campobasso ed Isernia) e Piemonte (Asti e Cuneo);
• Operazione Sapore di mare, svolta nel settore turistico-alberghiero e nelle
seguenti Regioni: Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Puglia, Sardegna e
Toscana;
• Operazione Marco Polo, finalizzata al controllo ed al contrasto dei sempre più
frequenti fenomeni di lavoro sommerso ed irregolare che coinvolgono cittadini di
nazionalità cinese.
Anno 2006:
• Attività di vigilanza svolta nel settore agricolo in Puglia, nelle province di Taranto e
di Bari), avente ad oggetto le attività stagionali connesse alla produzione dell’uva
da tavola e, nella provincia di Foggia, per quanto concerne il fenomeno dello
sfruttamento dei lavoratori impegnati nel settore agricolo;
• Operazione Terra Nuova, riguardante il settore agricolo e boschivo e svolta con la
collaborazione del Corpo Forestale dello Stato e di n. 11 Direzioni provinciali del
lavoro;
• Operazione acqua azzurra svolta nel settore turistico – alberghiero in diverse
Regioni soprattutto per quanto concerne il lavoro nero minorile ed
extracomunitario;
• Operazione Muro Maestro svolta nel territorio del Comune di Roma, con riguardo
al settore della cantieristica edile, per quanto concerne la verifica della corretta
applicazione della normativa inerente le condizioni di sicurezza, salute e
prevenzione degli infortuni sul lavoro nei cantieri;
40
• Operazione sette sorelle, svolta nei riguardi di diverse società cooperative, con
filiali su quasi tutto il territorio nazionale, per quanto concerne il fenomeno della
intermediazione e della somministrazione illecita di manodopera.
Anno 2007: • attività di vigilanza straordinaria in Puglia, nel settore agricolo, specificamente
nelle province di Taranto e Bari;
• Operazione 10.000 cantieri, svolta nel settore edile e condotta nel periodo 1
giugno – 30 settembre 2007, per contrastare il lavoro irregolare in edilizia e
promuovere la cultura della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Anno 2008
• Vigilanza speciale “Pubblici Esercizi – Zone Costiere, realizzato, nel periodo dal 1°
luglio al 31 agosto 2008, congiuntamente all’INPS, all’INAIL avente ad oggetto le zone
costiere maggiormente interessate, specialmente nel periodo estivo, dal fenomeno
del ricorso al lavoro sommerso.
Le regioni interessate sono state in tutto cinque: Campania (con particolare
riferimento alle isole di Capri, Ischia e Procida ),Emilia Romagna, Puglia, Sardegna e
Sicilia.
• Operazione “Distributori di carburante ed autolavaggi” nel periodo dal 2 maggio al 30
giugno 2008, avente ad oggetto i distributori di carburante e gli autolavaggi ubicati
sul territorio nazionale, con particolare attenzione ai grandi distributori localizzati
sulle principali vie di comunicazione con i centri urbani, e per gli autolavaggi, a
quelli situati nel perimetro cittadino. Sono state coinvolte tutte le regioni escluso il
Trentino Alto Adige.
• Operazione “Centri Benessere” svolta nel periodo nel periodo dal 2 maggio al 30
giugno 2008 avente ad oggettoi “centri benessere”. Scopo della suddetta operazione è
stato quello di verificare, nell’ambito delle strutture sopra specificate, l’eventuale
ricorso a tipologie contrattuali non genuine, visto il frequente utilizzo di contratti a
progetto, d’opera, etc., nonché di rilevare eventuali altre irregolarità in materia di
lavoro e legislazione sociale. Tutte le regioni sono state coinvolte ad eccezione del
Trentino Alto Adige ma includendo la provincia autonoma di Bolzano
Le diverse tipologie di vigilanza rispondono a logiche diverse e, nel corso del tempo,
sempre più si è affinata la programmazione delle attività che, come si è visto nell’analisi della
Direttiva emanata il 18 settembre 2008, viene privilegiata, anche al fine di ottimizzare le
risorse disponibili, rispetto alla vigilanza “mirata”.
In tale logica un fattore determinante è la conoscenza delle peculiarità e delle
caratteristiche specifiche delle singole realtà territoriali, così come non si può prescindere dalla
costante sinergia fra i diversi organismi con poteri ispettivi in materia di lavoro e previdenza
41
sociale che si estrinseca in un effettivo ed efficace coordinamento e in una applicazione
uniforme della normativa.
Una programmazione di secondo livello che attiene ai profili operativi è quella delle
Direzioni provinciali del lavoro, che sulla scorta di quanto impartito dalle direttive e dalle linee
d’indirizzo dei diversi livelli gerarchici superiori (centrale e regionale), di fatto strutturano i
programmi della vigilanza30 che vengono svolti settimanalmente dai singoli Ispettori del
Ministero del lavoro.
Volendo incardinare in un sistema la pianificazione dell’attività ispettiva si può dire che
essa deve essere effettuata dai Direttori delle Direzioni provinciali del lavoro, in base ai criteri
orientativi e di indirizzo stabiliti dalla Direzione generale per l’attività ispettiva, nonché in
attuazione del coordinamento effettuato dalle Direzioni regionali del lavoro.
Il compito, affidato alla Direzione generale, dal d.lgs. n. 124/2004 e riaffermato dalla
Direttiva del 18 settembre 2008, è ritenuto di assoluto rilievo a garanzia del rispetto dei due
“parametri guida”, in ottica costituzionale, di ogni “buona” azione di vigilanza e di controllo in
materia di lavoro:
• il rispetto delle esigenze di competitività regolare fra le imprese;
• la tutela integrale e completa della persona che lavora.
30 La programmazione in quanto tale può derivare da tre distinte derivazioni originarie come input: • la richiesta di intervento, una “denuncia” proveniente in genere da uno o più lavoratori (ovvero dalle rispettive associazioni sindacali o dai patronati) oggetto di trattamenti illegittimi o irregolari subiti nell’espletamento di una attività lavorativa di tipo autonomo o subordinato; di essa si occupa l’art. 8, comma 3, del Codice di comportamento che stabilisce i contenuti essenziali della richiesta di intervento che venga raccolta direttamente presso gli uffici della Direzione provinciale del lavoro a cura del “personale addetto”, che va individuato nell’ispettore “di turno” pur nel silenzio della norma; • la comunicazione d’ufficio, consistente nella trasmissione a cura di un’altra amministrazione vigilante (Agenzia delle Entrate, Inps, Inail, Enpals, Enasarco, Inpgi, Ipsema) ovvero da organismi di polizia giudiziaria (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Municipale) delle conclusioni dei propri accertamenti ispettivi; • la iniziativa autonoma, vale a dire l’attivazione di una programmazione (in gergo VIP, acronimo di “vigilanza di iniziativa programmata”) per mera iniziativa della singola Direzione provinciale del lavoro, la quale potrà disporre interventi ispettivi ad hoc a seguito di specifiche indicazioni provenienti dall’organismo collegiale di coordinamento su base provinciale (il Cles a norma dell’art. 5 del d.lgs. n. 124/2004) ovvero sulla sequela delle disposizioni diramate direttamente dalla Direzione generale per l’attività ispettiva o, ancora, sulla scorta delle linee operative delineate dalla Direzione regionale del lavoro; peraltro la vigilanza di iniziativa può essere disposta anche solo sulla base di una percezione statistica e del monitoraggio sull’attività ispettiva svolta in precedenza, in ragione della diversa necessaria incidenza su una parte del territorio provinciale piuttosto che un’altra, su un segmento produttivo piuttosto che commerciale, su un particolare settore merceologico o su un determinato distretto economico e così via. Nella direttiva suddetta , si ribadisce, inoltre, il valore del programma di lavoro del personale di vigilanza che è espressamente individuato quale “ordine di servizio”, come già nel Codice di comportamento: quale che sia la “fonte” e la “tipologia” dell’ispezione, l’art. 5, comma 1, del d.d. 20 aprile 2006 ( di approvazione del codice dell’ispettore ) stabilisce, infatti, che il personale ispettivo ha l’obbligo di osservare il “programma di lavoro” affidatogli che dovrà essere «formulato secondo le specifiche modalità impartite dall’Amministrazione», e precisando altresì che esso «può essere modificato previa autorizzazione e con le modalità fissate dall’Amministrazione».
42
L’Ispezione
Nello svolgimento di un’ispezione, gli Ispettori del Lavoro, sono obbligati ad osservare le
regole stabilite nel “Codice di comportamento” varato con decreto del Ministero del lavoro il 20
aprile 2006. In esso sono stati individuati profili comportamentali omogenei per tutti gli
operatori che effettuano attività di verifica in materia di lavoro e previdenza attraverso una
procedimentalizzazione dell’attività ispettiva che ha trovato così una definizione organica.
La necessità dell’elaborazione di un codice di comportamento ad uso degli Ispettori del
lavoro è nata in primo luogo dall’esigenza di proporre l’attività di vigilanza come un’attività
improntata alla trasparenza dell’operato degli Ispettori ed adeguata alle attuali trasformazioni
economico – sociali del mercato del lavoro.
L’ispezione, da un punto di vista operativo, può essere suddivisa in quattro fasi31
(programmazione, preparatoria dell’ispezione, accesso presso la sede legale, redazione del
verbale di accertamento).
311. La prima fase ha caratteristiche propedeutiche e concerne la programmazione degli accessi ispettivi e culmina con l’assegnazione da parte del dirigente dell’ufficio di un formale incarico al singolo ispettore; 2. segue poi la fase preparatoria dell’ispezione stessa che si attua mediante la raccolta di tutte le informazioni utili quali la motivazione che porta all’accesso, l’attività svolta dall’ispezionato, il CCNL di riferimento applicato, e eventuali precedenti sanzionatori a carico del soggetto; 3. vera e propria fase di accertamento che si sostanzia nell’accesso presso la sede legale del soggetto, presso i cantieri o presso le sedi secondarie o presso lo studio del consulente del soggetto ispezionato. Durante tale fase gli ispettori procedono all’identificazione dei presenti sul luogo di lavoro; acquisiscono le dichiarazioni degli stessi lavoratori in merito ai tempi e alle modalità di svolgimento del rapporto di lavoro. Allo scopo di consolidare gli indizi raccolti e di scongiurare il pericolo di eventuali ritrattazioni delle dichiarazioni rilasciate dagli interessati gli ispettori devono acquisire sul posto di lavoro anche riscontri oggettivi. Con l’ intento di raccordare l’attività di vigilanza con la funzione conciliativa delle controversie individuali introdotta dalla legge di riforma dei servizi ispettivi viene stabilito che ove ne ricorrano i presupposti gli ispettori del lavoro promuovano e utilizzino l’istituto della Conciliazione monocratica previsto dall’art. 11; 4. concluso l’accertamento il personale ispettivo procede alla redazione del c.d. verbale di accertamento, utilizzando il il verbale (unico) di accertamento e notificazione che conterrà: • gli esiti puntuali e definitivi dell’accertamento;
L’ISPEZIONE
richiesta di intervento
programmata
ad obiettivo: individuazione dell’azienda da ispezionare a vista: individuazione dell’area territoriale o dello insediamento produttivo
43
La fase cruciale è ovviamente quella dell’accesso che si rende schematicamente nel
diagramma che segue e che ne indica anche gli esiti che saranno oggetto del verbale.
Dal punto di vista strettamente operativo la Direzione generale per l’attività ispettiva,
con nota del 9 gennaio 2009, ha inviato a tutte le Direzioni del Lavoro i modelli ispettivi
unificati che debbono essere utilizzati in sede di accesso ispettivo sia dal personale di vigilanza
degli organi periferici del Ministero che da quello degli Istituti previdenziali.
I modelli,.utilizzabili con decorrenza immediata, non permettono alcuna
personalizzazione e debbono essere uniformi. Essi tengono conto sia delle modifiche introdotte
con la legge n. 133/2008 che della Direttiva del 18 settembre 2008.
I modelli sono quattro:
• la diffida a regolarizzare gli inadempimenti sanabili; • la possibilità di estinguere gli illeciti ottemperando alla diffida e provvedendo al pagamento della sanzione ridottissima; • la possibilità di estinguere gli illeciti non diffidabili attraverso la conciliazione amministrativa col pagamento in misura ridotta; • l’indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai quali proporre ricorso, con specificazione dei termini di impugnazione.
ACCESSO IN AZIENDA
Verbale
di primo accesso ispettivo
verbale
di accertamento
e notificazione
1. identificazione dei lavoratori trovati intenti al lavoro; 2. descrizione delle attività lavorative svolte, con riguardo all’abbigliamento da lavoro, ai cartellini identificativi, alle attrezzature o macchine utilizzate; 3. descrizione dei luoghi, organizzazione produttiva e processi; 4. situazioni e fatti avvenuti in presenza degli ispettori
1. esiti dell’accertamento; 2. diffida a regolarizzare gli inadempimenti sanabili; 3. possibilità di estinguere gli illeciti ottemperando alla diffida e pagando la sanzione ridottissima; 4. possibilità di estinguere gli illeciti non diffidabili col pagamento in misura ridotta; 5. indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai quali proporre ricorso, con specificazione dei termini di impugnazione
44
− verbale di primo accesso32;
− verbale interlocutorio33;
− verbale di contestazione finale degli illeciti amministrativi34;
− verbale di sospensione dell’attività imprenditoriale35.
7. I Soggetti istituzionali della funzione ispettiva
Un problema fondamentale che si è posto per l’esercizio della funzione ispettiva è quello
della molteplicità dei soggetti che la esplicano e che appartengono ad organi istituzionali
diversi.
La Direzione generale per l’attività ispettiva, fin dalla sua istituzione, ha costituito
l’elemento di unione tra la Commissione Centrale di Coordinamento e le strutture territoriali.
Un passo ulteriore è stato fatto con la legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (Finanziaria
2007) che, intervenendo in modo organico sul tema del lavoro sommerso, ha anche ridefinito
l’assetto organizzativo complessivo, con l’istituzione (comma 1156) di una Cabina di regia
nazionale di coordinamento, che ha una composizione piuttosto estesa36 e che utilizza le
32 Esso va consegnato al datore al termine del primo intervento. Contiene l’elenco delle persone trovate sul posto di lavoro, i documenti oggetto di visione e l’elenco di quelli che dovranno essere mostrati per i successivi accertamenti. 33 Come il precedente costituisce una forma di garanzia per il soggetto ispezionato e contiene le ragioni per le quali c’è stato un rinvio. 34 Esso è composto da una parte generale e da alcuni allegati (compresi tra le lettere A ed H), utilizzabili in relazione alle violazioni da contestare. Gli allegati A e B concernono le violazioni “sanabili” e si riferiscono ad adempimenti omessi o fatti in ritardo. La nuova modulistica riassume tutti i precedenti passaggi (invito ad adempiere, verifica dell’adempimento, ammissione al pagamento nella misura minima, con l’assegnazione del termine, notifica in caso di mancato o parziale pagamento). Ora, se il trasgressore non paga o non paga in modo corretto, il verbale assume valenza di notifica degli illeciti amministrativi che, ovviamente, sono incrementati nell’ammontare. L’allegato C riguarda le sanzioni amministrative non sanabili. L’allegato d va adoperato in caso di disposizione ex art. 14 del d.lgs n. 124/2004. Gli allegati E ed F devono essere compilati per le violazioni di natura penale per le quali è attivabile la prescrizione obbligatoria. L’allegato G contiene il verbale unico contributivo, mentre quello riportato come H concerne le violazioni penali in materia previdenziale ed assistenziale. 35 Tale modello va utilizzato nelle ipotesi in cui ricorra la Sospensione ex art. 14 del d.lgs. n. 81/2008: esso tiene conto anche di ciò che il Ministro del Lavoro ha affermato con la Direttiva del 18 settembre 2008 (relativamente al differimento alle ore 12 del giorno dopo del provvedimento di Sospensione laddove il datore di lavoro non adempie a quanto stabilito). Sul modello è presente solo il logo del Ministero del Lavoro e non anche quello degli Istituti previdenziali che non possono procedere alla sospensione dell’attività imprenditoriale. 36 Ne fanno parte: - Ministero dell’Interno - Ministero della Solidarietà sociale - Dipartimento per i diritti e le pari opportunità - Ministero dell’Economia - Ministero dello Sviluppo economico - Consigliera nazionale di parità Conferenza delle regioni e delle province autonome (sei componenti, a rappresentare le regioni di Nord, Centro e
Mezzogiorno) - UPI (Unione delle province) - ANCI (Associazione nazionale comuni d’Italia) - INPS - INAIL - le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale con riferimento ai settori dell’industria, dell’artigianato, dell’agricoltura, del commercio e della cooperazione (in tutto, cinque membri) - organismi ed enti afferenti al Terzo Settore e all’associazionismo di protezione sociale (tre membri) - Comando dei Carabinieri per la tutela del lavoro
45
risorse economiche previste nel Fondo per l’emersione del lavoro irregolare (FELI), istituito
dalla stessa norma.
Questo organismo si inserisce nell’ambito delle attività centrali del Ministero del Lavoro,
ad un livello sovraordinato rispetto agli interventi e alle competenze delle diverse Direzioni
generali che ne fanno parte e degli Enti vigilati.
Lo schema che segue evidenzia l’organizzazione strutturale suddetta:
- Direttori generali delle Direzioni generali:
- mercato del lavoro - per l’attività ispettiva - per la tutela delle condizioni di lavoro - degli ammortizzatori sociali e incentivi all’occupazione - per l’innovazione tecnologica e la comunicazione - Presidente del Comitato nazionale per l’emersione del lavoro non regolare.
46
DIREZIONE GEN.
DELLE RISORSE
UMANE E AFFARI
GENERALI
DIREZIONE DELLA TUTELA DELLE CONDIZIONI DI
LAVORO
DIREZIONE GENERALE
DELL’ATTIVITA’ ISPETTIVA
COMMISSIONE
CENTRALE DI COORDINAMENTO
COMMISSIONE REGIONALE DI
COORDINAMENTO
DRL
D.P.L.
CLES
CABINA DI REGIA NAZIONALE
DIREZIONE DEL
MERCATO DEL LAVORO
I.N.P.S.
I.N.A.I.L.
ENPALS E ALTRI ENTI
PREVIDENZIALI
47
Come si vede, il sistema è già notevolmente complesso per le inevitabili interazioni tra
organi competenti centrali e territoriali. E’ dunque opportuno in questa sede concentrarsi
sull’organizzazione territoriale del ministero che dipende dalla direzione generale delle risorse
umane e dei servizi generali e che, come si è visto, a sua volta si distingue in direzioni
regionali e direzioni provinciali37. Gli Ispettori del lavoro sono prevalentemente assegnati alle
seconde ed in particolare all’area ispezioni del lavoro. La loro distribuzione sul territorio distinta
per qualifiche è data dalla seguente tabella. Va sottolineato che l’Ispettore che effettua gli
accessi “sur place” è di norma della posizione economica F3 ex C2.
37 La D.P.L. è nata con la Riforma Bassanini a seguito della riorganizzazione e decentramento delle funzioni in materia di mercato del lavoro, di cui alla Legge 59/97. Con il D. Lgs. n. 469/97, recante "Conferimento alle Regioni e agli Enti Locali di funzioni e di compiti in materia di mercato del lavoro", si diede avvio alla fusione degli Uffici provinciali e regionali del lavoro e della massima occupazione (UPLMO o URLMO) e degli Ispettorati del lavoro tanto provinciali che regionali già iniziata, limitatamente agli uffici, con il DM 7 novembre 1996, n. 687, recante "Norme per l'unificazione degli Uffici periferici del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e l'istituzione delle Direzioni Regionali e Provinciali del Lavoro". Vennero soppresse contestualmente anche diverse Commissioni circoscrizionali, provinciali e regionali, quali: quella per l'impiego, per il lavoro a domicilio, per il lavoro domestico, per la manodopera agricola, per il collocamento obbligatorio, compiti non più gestiti dalle istituende D.P.L..Infatti, con il decentramento amministrativo i compiti degli Uffici di collocamento, venivano conferiti alle Regioni con modifica del nome in Centri di impiego. In ambito regionale, pertanto, venivano gestiti i flussi di occupazione del mercato del lavoro, le assunzioni obbligatorie dei disabili ai sensi della legge n. 68/1999 e altre leggi di settore, ecc. con conseguente monitoraggio degli occupati, e delle assunzioni, attraverso appositi applicativi informatici (la Borsa continua nazionale del lavoro, il sistema informatico delle Comunicazioni preventive obbligatorie, ecc.).Il SPL ha assorbito le competenze in materia di conciliazioni obbligatorie ex art. 410 c.p.c. e ss. in campo pubblico e privato, avendo come spiccata missione quella di conciliare, mentre il SIL rappresenta l'erede del vecchio Ispettorato del lavoro, la cui funzione era - almeno sino al D. Lgs. n. 124 del 2004 - tipicamente repressiva. Oltre ciò, la D.P.L. si occupa delle autorizzazioni del lavoro in materia di cittadini non comunitari o neo comunitari non in deroga, delle autorizzazioni per il lavoro minorile di bambini e adolescenti, delle relazioni sindacali e dei conflitti di lavoro, delle autorizzazione delle installazioni di sorveglianza a distanza ai sensi dello Statuto deo lavoratori, art. 4. Si occupa, altresì, della convalida delle dimissioni delle lavoratrici madri ai sensi dell'art. 54 del D. Lgs n. 151/2001, funzione svolta dall' Ispettore del Lavoro.
48
Fonte: Elaborazione Corte dei Conti su dati Ministero Lavoro e P. S.
Presso la Direzione provinciale opera anche un Nucleo di Carabinieri per la Tutela del
lavoro.38
8. I Comitati per il lavoro e l’emersione del sommerso - C.L.E.S.
I Comitati per il lavoro e l’emersione del sommerso (CLES) sono stati istituiti dalla
L.266/2002 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2002, n.
210, recante disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di
lavoro a tempo parziale".39
38 Il Nucleo è così articolato in: - un Comando retto da un Colonnello/Ten. Col., che assolve anche le funzioni di Comandante di Corpo, con sede a Roma presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; - un Vice Comandante/Comandante del Reparto Operativo, retto da un Ten. Col. /Maggiore; - un Nucleo Comando; - un Reparto Operativo Ispettorato del Lavoro che si compone di 3 Sezioni, sempre nella sede centrale; - 102 Nuclei Ispettorato del Lavoro (compreso il Nucleo Coordinamento Regionale della Sicilia) capillarmente presenti su tutto il territorio nazionale (ad eccezione del Trentino - Alto Adige), inseriti presso le Direzioni Provinciali del Lavoro di ogni capoluogo di provincia, aventi gli stessi poteri degli Ispettori. È loro precluso, tuttavia, effettuare conciliazioni monocratiche ex art. 11 D. Lgs. 124/2004, o anche solo prenderne il consenso per l'espletamento. Essi dipendono gerarchicamente dal Comando generale dell’Arma dei Carabinieri, ma funzionalmente dal Direttore della Direzione provinciale del lavoro. 39 "Art. 1-bis (Emersione progressiva). - 1. In ogni capoluogo di provincia sono istituiti presso le direzioni provinciali del lavoro i Comitati per il lavoro e l'emersione del sommerso (CLES). I Comitati sono composti da 16 membri nominati dal prefetto; otto dei quali sono designati rispettivamente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministero dell'ambiente, dall'INPS, dall'INAIL, dalla ASL, dal comune, dalla regione e dalla Prefettura-Ufficio territoriale del Governo, e otto designati in maniera paritetica dalle organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro. Il componente designato dal
49
A tale previsione si è poi aggiunto il d.lgs 124/2004 che, all’art.4 “Coordinamento
regionale dell'attività di vigilanza”40 ed all’art.5 “Coordinamento provinciale dell'attività di
vigilanza”41 specifica l’ulteriore ambito di operatività di tali soggetti.
Tali norme sono state oggetto di valutazione da parte della Corte Costituzionale.
L’istituzione dei C.L.E.S., infatti, è stata oggetto di una prima rimessione alla Corte
Costituzionale, in seguito al ricorso per conflitto di attribuzione, presentato dalla Regione
Umbria che aveva eccepito il conflitto con l’art.117 3° e 4° comma Cost. della normativa di
Ministero del lavoro e delle politiche sociali assume le funzioni di presidente. La regione e l'ANCI provvedono, rispettivamente, ad individuare, nell'ambito del territorio provinciale, l'ASL e il comune competente alla designazione. I Comitati sono nominati entro il 30 ottobre 2002. I Comitati possono operare qualora alla predetta data siano stati nominati la meta' piu' uno dei componenti. Le funzioni di segreteria dei CLES sono svolte dalle direzioni provinciali del lavoro. 40 Art.4 “Coordinamento regionale dell'attività di vigilanza” 1. Le direzioni regionali del lavoro, sentiti i Direttori regionali dell'INPS e dell'INAIL e degli altri enti previdenziali, coordinano l'attività di vigilanza in materia di lavoro e di legislazione sociale, individuando specifiche linee operative secondo le direttive della direzione generale. A tale fine, le direzioni regionali del lavoro consultano, almeno ogni tre mesi, i direttori regionali dell'INPS, dell'INAIL e degli altri enti previdenziali. 2. Qualora si renda opportuno coordinare l'attività di tutti gli organi impegnati nell'azione di contrasto del lavoro irregolare per i profili diversi da quelli di ordine e sicurezza pubblica di cui al secondo periodo dell'articolo 1, secondo le indicazioni fornite dalla direzione generale, il Direttore della direzione regionale del lavoro convoca la commissione regionale di coordinamento dell'attività di vigilanza. 3. La Commissione di cui al comma 2, nominata con decreto del Direttore della direzione regionale del lavoro e' composta dal Direttore della Direzione regionale del lavoro, che la presiede; dal Direttore regionale dell'INPS; dal Direttore regionale dell'INAIL; dal comandante regionale della Guardia di finanza; dal Direttore regionale dell'Agenzia delle entrate; dal Coordinatore regionale delle aziende sanitarie locali; da quattro rappresentanti dei datori di lavoro e quattro rappresentanti dei lavoratori designati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. I componenti della Commissione possono farsi rappresentare da membri supplenti appositamente delegati. 4. Alle sedute della Commissione di cui al comma 2 possono essere invitati a partecipare i Direttori regionali degli altri enti previdenziali e i componenti istituzionali delle Commissioni regionali per l'emersione del lavoro non regolare di cui agli articoli 78 e 79 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni. Alle sedute della Commissione di cui al comma 2 possono, su questioni di carattere generale attinenti alla problematica del lavoro illegale, essere altresì invitati uno o più dirigenti della Polizia di Stato designati dal Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno ed il comandante regionale dell'Arma del carabinieri. 5. La Commissione regionale di coordinamento dell'attività di vigilanza convoca, almeno sei volte all'anno, i presidenti dei comitati per il lavoro e l'emersione del sommerso, di seguito denominati «CLES», di cui al decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 266, al fine di fornire alla direzione generale ogni elemento di conoscenza utile all'elaborazione delle direttive in materia di attività di vigilanza di competenza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Ai componenti della Commissione di cui al comma 3 ed ai soggetti eventualmente invitati a partecipare ai sensi del comma 4 o convocati ai sensi del presente comma, non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennità di missione. Al funzionamento della Commissione si provvede con le risorse assegnate a normativa vigente sui pertinenti capitoli di bilancio. 41 Art.5 “Coordinamento provinciale dell'attività di vigilanza” 1. La direzione provinciale del lavoro, sentiti i Direttori provinciali dell'INPS e dell'INAIL, coordina l'esercizio delle funzioni ispettive e fornisce le direttive volte a razionalizzare l'attività di vigilanza, al fine di evitare duplicazione di interventi ed uniformarne le modalità di esecuzione. A tale fine, le direzioni provinciali del lavoro consultano, almeno ogni tre mesi, i direttori provinciali dell'INPS, dell'INAIL e degli altri enti previdenziali. 2. Qualora si renda opportuno coordinare, a livello provinciale, l'attività di tutti gli organi impegnati nell'azione di contrasto del lavoro irregolare, i CLES, cui partecipano il Comandante provinciale della Guardia di finanza, un rappresentante degli Uffici locali dell'Agenzia delle entrate presenti sul territorio provinciale ed il presidente della Commissione provinciale per la emersione del lavoro non regolare di cui all'articolo 78, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, forniscono, in conformità con gli indirizzi espressi dalla Commissione centrale di cui all'articolo 3, indicazioni utili ai fini dell'orientamento dell'attività di vigilanza. Alle sedute del CLES possono, su questioni di carattere generale attinenti alla problematica del lavoro illegale, essere altresì invitati il Comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri ed il Questore. 3. Il CLES redige, con periodicità trimestrale una relazione sullo stato del mercato del lavoro e sui risultati della attività ispettiva nella provincia di competenza, anche avvalendosi degli esiti delle attività di analisi e ricerca delle citate Commissioni provinciali per l'emersione del lavoro. Al termine di ogni anno il CLES redige una relazione annuale di sintesi. 4. Ai componenti dei CLES, ed ai soggetti che eventualmente li integrano ai sensi del comma 2, non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennità di missione. Al funzionamento dei CLES si provvede con le risorse assegnate a normativa vigente sui pertinenti capitoli di bilancio.
50
dettaglio sull’istituzione di tali Comitati, recata dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 25
settembre 2002, n. 210, convertito nella legge 22 novembre 2002, n. 266 (Conversione in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, recante disposizioni
urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale).
La Regione aveva poi rinunciato, determinando l’Ordinanza n. 382 del 18-30.12.2003 di
estinzione del processo e consentendo l’avvio dell’attività dei Comitati.
Successivamente, con le sentenze n. 234/2005 e 384/2005, la stessa Corte ha sancito
la non fondatezza delle eccezioni di costituzionalità dedotte, sotto il profilo della violazione
degli artt. 76 (per l’asserito uso improprio del potere di delega) nonché 117 e 118 della
Costituzione, nei confronti delle norme contenute nel d.lgs 124/2004, concernenti i citati Enti
nonché gli altri organi che ai medesimi partecipano (in particolare, gli Organi ispettivi del
Ministero del lavoro), e comunque il complesso del sistema ispettivo centrale e periferico
statuale in relazione all’azione di coordinamento, attuata attraverso tali organi dal Ministero, in
materia (la tutela del lavoro) a competenza concorrente e nella quale dunque non è più
ammissibile un’azione di indirizzo e di coordinamento statuale ed anche, in materia
sostanzialmente attinente alla formazione professionale, quest’ultima di competenza esclusiva
regionale.
La Corte ha infatti ritenuto che, con particolare riferimento alla procedura di emersione,
la stessa riguardasse profili attinenti alla materia previdenziale, fiscale e, per i riflessi sui
singoli contratti di lavoro e quindi attinente ai rapporti intersoggettivi, civilistica, materie
queste di totale competenza statuale.
Come visto, si tratta di organi la cui composizione rappresenta l’insieme delle istituzioni
ed istanze sociali presenti sul territorio che, a vario titolo, sono coinvolte nel contrasto del
fenomeno del lavoro sommerso.
Venendo alla descrizione dell’ambito di attività dei CLES si rileva che gli stessi sono
titolari della specifica procedura di emersione progressiva del lavoro irregolare prevista dalle
sopra citate norme.
L’intento del legislatore era, in sostanza, quello di favorire l’emersione dall’economia
sommersa attraverso una disciplina transitoria che mantenesse inalterata la funzionalità
economica delle imprese emergenti. Gli strumenti predisposti a tal fine dalla legge n. 383/2001
erano, da un lato, uno specifico regime di incentivo fiscale e previdenziale (art. 1, commi da 2
a 5) e, dall’altro, l’attribuzione agli imprenditori della facoltà di ritardare l’adeguamento agli
obblighi rimasti inadempiuti, secondo le modalità previste da piani individuali di emersione
(art. 1-bis).
In questo contesto, i CLES42, hanno soprattutto avuto la funzione di modulare
l’intervento pubblico nella delicata materia della progressiva regolarizzazione dei rapporti
42 I CLES, infatti: • valutano le “proposte di progressivo adeguamento agli obblighi di legge diversi da quelli fiscali e previdenziali”; • formulano, di propria iniziativa, “eventuali proposte di modifica” dei piani individuali di emersione; • valutano la fattibilità tecnica di detti piani;
51
irregolari di lavoro, al fine di realizzare gradualmente l’uniforme adempimento degli obblighi
degli imprenditori.
I contratti individuali di lavoro, originariamente irregolari, si trasformano gradualmente
in contratti conformi ai suddetti obblighi e prescrizioni (commi 2 e 5), generando nuovi impegni
degli imprenditori, che valgono, da un lato, a modificare la precedente regolamentazione
convenzionale e, dall’altro, a garantire ulteriormente l’adempimento degli obblighi di legge in
materie diverse da quella fiscale e previdenziale.
Per quanto concerne il supporto fornito dall’Amministrazione del lavoro a tali strutture,
è da citarsi il progetto IES – Iniziative per l’emersione del sommerso -, sviluppato in
collaborazione con Italia Lavoro, ed approvato con d.d. n.10 del 2.12.2003, finalizzato al
miglioramento delle capacità di programmazione e di intervento degli attori istituzionali
preposti alle politiche di emersione, i cui esiti sono stati oggetto di valutazione da parte di
questa Corte nell’ambito della Deliberazione n. 17/2008/G43 .
Successivamente, i C.L.E.S. sono stati oggetto di un’apposita norma della Legge
Finanziaria 2007 (legge 296/2006) diretta alla loro valorizzazione (art. 1, comma 1156, lett.
a), che ha previsto la costituzione di un Fondo per l’emersione del lavoro irregolare (FELI),
diretto al finanziamento di servizi di supporto allo sviluppo delle imprese che attivino i processi
di emersione, previsti da tale comma e dal successivo 1159, la formulazione di indici di
congruità, nonchè la costituzione di una cabina di regia nazionale di coordinamento che
concorra allo sviluppo dei piani territoriali di emersione e di promozione di occupazione
regolare nonche' alla valorizzazione dei comitati per il lavoro e l'emersione del sommerso
(CLES).
Per tale Fondo è stato previsto, con d.m. 28 febbraio 2008, uno stanziamento di 10
milioni di euro, ma, successivamente il Fondo ha subito una decurtazione degli stanziamenti
per il 2009, che avrà ripercussioni sulla sua gestione.
• definiscono temporanee modalità di adeguamento per ciascuna materia da regolarizzare; • verificano la conformità dei piani ai minimi contrattuali; • approvano i piani medesimi. 43 IES – Iniziative per l’emersione del sommerso (vedi punto 2.1.4. della Relazione) Finalità del progetto ed azioni da realizzare: il progetto è indirizzato al miglioramento delle capacità di programmazione e di intervento degli attori istituzionali preposti alle politiche di emersione. Per raggiungere tale obiettivo si prevede, di attivare servizi e strumenti di monitoraggio in grado di migliorare il livello di conoscenza e di diffusione delle azioni in corso sul territorio a supporto di interventi di emersione del lavoro irregolare e, contestualmente, di rafforzare il network nazionale e locale tra i soggetti istituzionalmente addetti al contrasto del sommerso. • Durata: l’intervento avrebbe dovuto inizialmente concludersi entro il 30 settembre 2004. Successive proroghe ne
hanno esteso l’attività al 28 febbraio 2005. • Finanziamento: quantificato in € 1.007.688,00. Risultano erogazioni € 806.150,40. La richiesta di saldo è stata
presentata il 22 dicembre 2005 (dopo 10 mesi dalla conclusione). Dopo un anno è stato istituito il Comitato di valutazione che ha reso un parere favorevole. E’ ancora in corso la verifica amministrativo contabile da parte dei Servizi ispettivi della D.P.L. di Roma.
• Risultati raggiunti: il progetto è stato eseguito, consentendo, fra l’altro: la definizione e realizzazione di un sistema di monitoraggio, basato su tecnologie web, a supporto dei servizi per l’impiego nella promozione della emersione del lavoro non regolare; l’elaborazione di linee programmatiche in materia di sviluppo locale ed emersione; la sperimentazione in Centri per l’impiego di 4 province italiane; l’organizzazione di seminari con 4 paesi europei nel corso dei quali è stato approfondito il tema della creazione di una rete di collaborazione internazionale nel campo del sommerso.
52
CAP. 3936 FONDO PER IL FUNZIONAMENTO DEL COMITATO PER L'EMERSIONE
DEL LAVORO NON REGOLARE
Previsioni secondo la
legge di Bilancio anno finanziario 2008
Previsioni assestate
anno finanziario 2008
Variazioni che si propongono
Previsioni risultanti
anno finanziario 2009
RS 918.226 601.093 -601.093 <<
CP 491.000 491.000 -159.549 331.451
CS 491.000 1.092.092 -760.641 331.451
Fonte: R.G.S. – Corte dei Conti
Sempre sotto l’aspetto dinamico e tenendo conto che va considerata la valenza
strutturale delle DD.PP.LL. anche nel quadro della funzione di referto, esercitata dai C.L.E.S.
sull’attività ispettiva globalmente svolta a livello provinciale dalle differenti istanze abilitate, ai
sensi del citato art.5 del d.lgs. 124/2004, va esaminata l’esperienza relativa all’applicazione
della citata legge finanziaria.
8.a I Nuovi piani per l’emersione del sommerso e i risultati conseguiti
Dopo l’esperienza legata al programma di emersione delle leggi 383/2001 e 73/2002,
va focalizzata l’attenzione su quanto disposto dalla legge Finanziaria per il 2007 – n. 296/2006
– all’art. 1 , comma 1192 e seguenti, in relazione alle specifiche misure volte a promuovere
l’emersione spontanea del lavoro nero attraverso percorsi di regolarizzazione (concordati con le
organizzazioni sindacali ) che garantiscano regolare occupazione ai lavoratori interessati. Al
fine di procedere, quindi, alla regolarizzazione ed al riallineamento retributivo e contributivo di
rapporti di lavoro non risultanti da scritture o da altra documentazione obbligatoria, si è
prevista la possibilità per i datori di lavoro di presentare apposita istanza nelle sedi dell'INPS
territorialmente competenti, entro il 30 settembre 2007.
Tale istanza è conseguente alla stipula di un accordo aziendale ovvero territoriale, nei
casi in cui nelle aziende non siano presenti le rappresentanze sindacali o unitarie, con le
organizzazioni sindacali aderenti alle associazioni nazionali comparativamente piu'
rappresentative finalizzato alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro di cui al comma 1192.
Nell'istanza il datore di lavoro indica le generalita' dei lavoratori che intende
regolarizzare ed i rispettivi periodi oggetto di regolarizzazione, comunque non anteriori ai
cinque anni precedenti alla data di presentazione dell'istanza medesima. Con l’accordo
sindacale viene disciplinata la stipula di contratti di lavoro subordinato e vengono sottoscritti
atti di conciliazione individuale che producono diritti di natura retributiva e per i periodi indicati
53
nell’accordo stesso anche diritti di natura risarcitoria. Il comma 1192 stabilisce la prescrizione
quinquennale per i periodi di mancata contribuzione precedenti al periodo oggetto di
regolarizzazione. Sono concesse modalità di pagamento agevolate che prevedono il
versamento all’atto dell’istanza di una somma pari ad un quinto del totale dovuto e un
pagamento suddiviso in sessanta rate mensili per la restante parte. I lavoratori sono esclusi
dal pagamento della parte di contribuzione a carico degli stessi.
Nei confronti dei datori di lavoro che hanno presentato l'istanza di regolarizzazione di
cui al comma 1192, per la durata di un anno a decorrere dalla data di presentazione, sono
sospese le eventuali ispezioni e verifiche da parte degli organi di controllo e vigilanza nella
materia oggetto della regolarizzazione anche con riferimento a quelle concernenti la tutela
della salute e sicurezza dei lavoratori. Entro un anno a decorrere dalla data di presentazione
dell'istanza di regolarizzazione di cui al comma 1192, i datori di lavoro devono completare, ove
necessario, gli adeguamenti organizzativi e strutturali previsti dalla vigente legislazione in
materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
La concessione delle agevolazioni di cui al comma 1196 resta condizionata al
mantenimento in servizio del lavoratore per un periodo non inferiore a ventiquattro mesi dalla
regolarizzazione del rapporto di lavoro, salve le ipotesi di dimissioni o di licenziamento per
giusta causa. Ferma restando l'attivita' di natura istruttoria di spettanza dell'INPS, il direttore
della direzione provinciale del lavoro, congiuntamente ai direttori provinciali dell’INPS,
dell'INAIL e degli altri enti previdenziali, nell'ambito del coordinamento di cui all' articolo 5 del
d.lgs 23 aprile 2004, n. 124, adottano i provvedimenti di accoglimento delle istanze di cui al
comma 1192, previa, ove necessario, richiesta di integrazione della documentazione prodotta.
54
Risultati conseguiti in ordine all'attivazione della Procedura di emersione di cui all'art. 1, commi 1192 e ss. - Legge 296/2006
Fonte: Elaborazione Corte dei Conti su dati Ministero Lavoro e P.S.
I risultati espressi nella prima tabella indicano un incremento rispetto al 2007 di tutte le
componenti, tranne quella delle aziende irregolari, che indica una diminuzione del 4,17%,
mentre marginale appare l’aumento delle aziende ispezionate. La causa può essere ricercata
sia nell’accesso molto recente dei nuovi ispettori e nell’esigenza di consolidare la loro
57
professionalità, sia nel nuovo approccio alle ispezioni che privilegia istituti come la
Conciliazione monocratica, sia infine nel raggiungimento di una massa-critica di ispezioni
possibili, a maggior ragione se finalizzate al riscontro del lavoro in nero ed alle gravi violazioni
in materia di sicurezza .
A fronte di un livello particolarmente elevato di sanzioni irrogate, anche nello specifico
riferimento all’azione del Nucleo dei Carabinieri - che ha portato nell’arco del 2008 a 126,8
milioni di sanzioni amministrative erogate ed a 91,8 milioni di recuperi contributivi, a fronte di
26.078 aziende ispezionate di cui 14.365 rinvenute irregolari e della rilevazione di 21.392
lavoratori irregolari e di 14.562 lavoratori in nero - appare significativo il livello dei recuperi
contributivi e dei premi evasi (che afferiscono all’INAIL), anche perché a tale risultato
concorrono più istituti peculiari previsti dall’ordinamento. L’incremento di circa il 6% per un
valore assoluto di oltre 260 milioni di euro mostra la stabilità del sistema, a fronte di un
incremento tendenziale e quasi sovrapponibile dei lavoratori riscontrati irregolari e di quelli
totalmente in nero (rispettivamente l’incremento è del 7,75% e del 7,35%).
Il confronto dei dati riguardanti i risultati dell’attività di vigilanza svolta nel 2007-2008
dagli Ispettori del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e degli Enti Previdenziali,
dapprima evidenziati in tabelle separate, per fornire poi in ultimo il dato aggregato, così come
evidenziato anche in occasione della riunione della Commissione Centrale di coordinamento
prevista dall’art. 3 del D. Lgs. 124/2004 e successive modificazioni ed integrazioni, evidenzia
quanto segue :
− Relativamente al numero delle aziende ispezionate dagli Ispettori del Ministero del lavoro si
registra una sostanziale uguaglianza nel numero delle Ispezioni svolte e una leggera
flessione nel numero delle Aziende trovate irregolari. Non conoscendo, comunque il bacino
di riferimento delle Aziende in vita nel periodo preso in considerazione, come più volte
evidenziato, tale dato non permette una corretta interpretazione44.
− Per quanto riguarda il dato relativo agli Ispettori degli Enti Previdenziali, emerge una
diminuzione del 13,23% sul numero delle aziende ispezionate , delle quali però ben l’83% è
risultato irregolare.
− Relativamente al numero dei lavoratori irregolari, nel confronto effettuato tra il 2007 ed il
2008 si è registrato un incremento degli stessi di circa l’8% ( + dell’11% secondo i dati
aggregati). Anche in questo caso, mancando il dato relativo al bacino di riferimento e cioè il
totale dei lavoratori trovati in posizione di regolarità nell’ambito delle aziende ispezionate,
non è di facile e corretta interpretazione il risultato riscontrato.
− Relativamente ai lavoratori totalmente in nero, i dati relativi all’attività svolta dagli Ispettori
del Ministero del Lavoro mostra un dato allarmante che segna un aumento di circa l’8%, in
44 Basti pensare alla discordanza tra il numero delle aziende iscritte nel registro delle imprese, circa 5 milioni, rispetto a quello risultante dai registri dell’Inail, pari a 1,8 milioni.
58
controtendenza con i dati relativi agli Enti previdenziali per i quali si registra una
diminuzione pari a circa l’11%.
− Relativamente al recupero effettuato dei contributi e premi evasi si evidenzia nel dato
aggregato una sostanziale uguaglianza (+ 1.87%). Analizzando i dati i relativi al recupero
effettuato dagli Ispettori del Ministero del Lavoro e quanto invece recuperato dagli Ispettori
degli Enti il risultato mostra notevoli differenze: nei confronti del 2007 il recupero effettuato
dal Ministero del Lavoro di Euro 264 milioni circa, segna un aumento pari al 6% circa;
l’attività svolta dagli Enti ha invece determinato un recupero pari a Euro 1 miliardo 700
milioni circa, con un incremento minimo relativo all’1,25% nei confronti del 2007.
59
60
Fonte: elaborazione Corte dei Conti su dati Ministero Lavoro e P.S.
61
Volendo scendere ad un’analisi su base regionale, si segnala come la Lombardia presenti
il più alto livello di sanzioni irrogate (con 83 milioni di euro si raggiunge il 20,7% del totale
nazionale) e recuperi contributivi e di premi che raggiungono 39 milioni con un incremento
rispetto al 2007 del 34,6%.
E’ particolarmente interessante il dato della Sicilia che registra il più alto incremento per i
lavoratori totalmente in nero con il 47%, mentre la Campania presenta un andamento inverso
con una diminuzione dei lavoratori irregolari ed un incremento di quelli in nero
(rispettivamente -29% e 30,9%).
Per quel che riguarda specificamente i lavoratori in nero, non vanno sottovalutati i dati di
altre regioni come Toscana ed Emilia Romagna le quali registrano un incremento,
rispettivamente, del 34,1% e del 25,3%.
In alcune regioni invece, a fronte di un basso livello di lavoratori in nero, è molto alto
quello dei lavoratori irregolari. E’ il caso del Veneto con 21,02% per i primi e 54,84% per i
secondi e della Sardegna con 19,36% e 60,92%.
Dopo la Valle d’Aosta, la cui performance è data dalla stabilità dei lavoratori riscontrati
totalmente in nero e nel –33,10% dei lavoratori irregolari ed il Molise i cui lavoratori in nero
diminuiscono del 35,65%, il Lazio appare la regione più virtuosa (con il decremento di tutti gli
indicatori, per valori di circa il -27% per lavoratori irregolari, del -28,5% per i lavoratori in
nero, del -23% per le aziende irregolari (va anche sottolineato che sono diminuite del 7% le
aziende ispezionate).
L’andamento dei recuperi contributivi e dei premi non è comunque una variabile
dipendente dalle citate variazioni e, quindi, mentre nel Lazio si registra anche una sensibile
diminuzione di tale dato (-40%) ed in Sicilia il decremento raggiunge il 55% (nonostante
l’incremento dei lavoratori in nero del 47% precedentemente rilevato), non altrettanto avviene
negli altri casi: in Valle d’Aosta si ha un aumento del 27,89% ed in Molise (dato percentuale
più elevato) del 70,59%.
In precedenza, si è sottolineato come vada anche considerato l’apporto che in termini di
recupero viene dalla Conciliazione monocratica e dalla Diffida accertativa, che, ovviamente
costituisce un “di cui” del dato complessivo di cui sopra, alla stessa stregua degli introiti
derivanti dalle “somme aggiuntive” collegate al provvedimento di Sospensione e di quelli
derivanti dall’irrogazione della “maxisanzione” rispetto all’ammontare complessivo delle
sanzioni irrogate nel periodo di riferimento.
Pertanto, si è ritenuto utile proporre, sulla base dei dati forniti dall’Amministrazione e
limitati al 2008, una rappresentazione complessiva dei risultati che consenta di percepire
l’incidenza delle Conciliazioni monocratiche e delle Diffide accertative, sul totale.
Incidenza che non appare di grande rilievo e che merita quindi una riflessione
sull’esigenza di mettere a punto questi strumenti che presentano, come evidenziato nell’analisi
di specie, profili controversi.
62
Importi conciliati a seguito di Conciliazione monocratica e di Diffida:
Riepilogo importi conciliati anno 2008
Conciliazione monocratica (Art. 11, co.1 – D.lgs.
124/2004) 5.796.367,00
Somme corrisposte a seguito di Diffida(art. 12
D.Lgs 124/2004) 887.618
Conciliazione monocratica (Art. 11, co.6 – D.lgs.
124/2004) 651.445,00
Somme riscosse a seguito Diffida ottemperata (art. 13
D.Lgs. 124/2004) 15.938.763
Conciliazioni presso D.P.L. a seguito di Diffida
352.882,00
Totale importi conciliati 23.627.075
Fonte: Elaborazione Corte dei Conti su dati Ministero Lavoro e P.S.
Nelle tabelle che seguono, l’analisi relativa all’applicazione di questi due istituti viene
approfondita, sia nella comparazione tra la Conciliazione monocratica “preventiva”, e la
Conciliazione “contestuale”, sia nella comparazione tra il nuovo istituto della “Diffida
accertativa per i crediti patrimoniali” e la tradizionale “Diffida”, strumento tipico dell’attività
ispettiva avente valenza generale.
Per quanto attiene alle Conciliazioni monocratiche va ribadito come si sia rivelata
decisamente più efficace la “preventiva” per le ragioni precedentemente indicate, riassumibili
nella possibilità di evitare l’accesso ispettivo, risolvendo presso la D.P.L. la questione insorta
con il lavoratore, come evidenzia il dato relativo alle Conciliazioni promosse e che vede la
dimensione quantitativa delle “contestuali” nell’ordine del 7% di quelle preventive, mentre,
sotto l’aspetto degli importi conciliati, il dato è in aumento (11,2%) il che indica un maggior
“rendimento” delle Conciliazioni contestuali, che pervengono ad un accordo in oltre il 50% dei
casi, mentre le “preventive” si chiudono positivamente in circa il 30% dei casi e presentano un
sensibile livello di “carichi pendenti” pari al 27,8%.
Lo slittamento nella definizione delle Conciliazioni in anni successivi è un fenomeno
quindi significativo che andrebbe monitorato ed approfondito anche sul piano organizzativo, se
a questo istituto si vuol dare maggior rilevanza.
La Toscana sembra essere la regione che di gran lunga gestisce i numeri più elevati di
Conciliazioni monocratiche preventive45 (1.213 sono quelle promosse nel 2008, rispetto alle
899 della Lombardia ed alle 872 della Sardegna, con esiti relativi sotto il profilo degli importi
conciliati che sono pari 686.754 euro, pressoché in linea con quelli della Lombardia pari a
538.327 euro, a fronte di ben 1.780.283 euro della Sardegna che raggiunge un quarto del
totale nazionale).
Questi dati indicano insieme a quelli pressoché impalpabili della Puglia ed ancor più del
Friuli V.G. con sole, rispettivamente 99 e 42 Conciliazioni promosse, una volta di più, come sia
45 Spicca il dato della Provincia di Prato con 233 conciliazioni promosse e 129.511 euro di importi conciliati.
63
estremamente variegato il panorama nel quale l’istituto viene applicato, tenuto anche conto di
come molte vertenze abbiano caratteristiche seriali, lambendo in questo caso aree che
sarebbero di competenza dei rimedi previsti dalla contrattazione collettiva.
La Toscana presenta il livello più alto anche delle Conciliazioni “contestuali” con 218
Conciliazioni promosse, che rappresentano il 41% del totale nazionale, seguita dalla Puglia con
124 e numeri estremamente bassi per il resto del Paese. Vi è una sostanziale corrispondenza
nella proporzione tra conciliazioni e gli importi conciliati (230.139 euro per la Toscana e
104.700 per la Puglia).
Ben diverso è il rapporto tra Diffida accertativa per i crediti patrimoniali e la Diffida
tradizionale, perché sono istituti dalla natura molto diversa, al di là del comune “Nomen iuris”,
perché come si è visto in precedenza, il primo ha caratteristiche estremamente complesse che
sfociano nel titolo esecutivo (una volta che viene validata dal direttore della D.P.L.) ed è
specificamente legato, da un lato alla materia patrimoniale e, dall’altro alla Conciliazione
monocratica (del tertium genus) che ne dovrebbe costituire l’esito tendenziale, mentre il
secondo può riguardare qualsiasi aspetto connesso a comportamenti omissivi che non integrino
fattispecie di reato.
Gli esiti sono incomparabili per tali ragioni ed anche perché la prima mostra un basso
livello sia di importi riscossi a seguito di Diffida (887.618 euro), sia di importi conciliati
(352.882) a fronte di ben 12.567.102 euro di somme complessivamente diffidate.
Emblematici sono i casi della Campania con 3.307.050 euro di somme diffidate, della
Calabria con 2.462.523, del Piemonte con 1.244.787 e della Toscana con 1.241.968, le quali
costituiscono i 2/3 del totale nazionale, ma con risibili risultati in termini di somme riscosse ed
importi conciliati (circa 64.500 euro la Campania, circa 190.000 la Calabria, circa 37.700 il
Piemonte e 69.000 la Toscana) a fronte del dato virtuoso dell’Abruzzo con ben 521.000 euro
rispetto a 891.634 di somme diffidate.
Completamente diversa e la situazione della Diffida tradizionale la quale, ovviamente, si
fonda su ben altri presupposti e presenta tuttora, nella sua rivitalizzazione prevista
dall’ordinamento, una notevole efficacia.
Basterebbe, al riguardo il valore complessivo nazionale delle somme riscosse a seguito
di Diffida ottemperata che raggiunge 15.938.763 euro che in buona parte provengono dalla
Lombardia (con 3.341.812 euro), dalla Puglia (1.872.000), dal Piemonte (con 1.585.000) e
dalla Toscana (con 1.364.000), con valori superiori al milione di euro anche per l’Emilia
Romagna ed il Lazio.
Ma ancor più significativo è il livello delle Diffide ottemperate con pagamento che sono
42.582 sul totale di 82.366 ed alle quali vanno associate quelle ottemperate senza pagamento,
nei cui confronti è consistente il livello dell’aspettativa del pagamento, che sono 9.401.
64
Fonte: Elaborazione Corte dei Conti su dati Ministero Lavoro e P.S
65 65
Fonte: Elaborazione Corte dei Conti su dati Ministero Lavoro e P.S
66
L’analisi dei risultati dell’attività ispettiva non sarebbe completa ove non si tenesse
conto anche dei proventi derivanti dall’applicazione dell’istituto della Sospensione, approfondito
nella parte ad esso dedicata.
Sotto il profilo finanziario, essi riguardano la cosiddetta “somma aggiuntiva”, sulla cui
configurazione si è detto, dibattuta tra l’”onere” e la “sanzione” vera e propria.
La grande peculiarità dell’istituto della Sospensione, al di là delle problematiche sulla
sua applicazione, sta nella sua evidente efficacia per quanto attiene all’ottemperanza alle
eventuali disposizioni o prescrizioni obbligatorie impartite dall’Ispettore, nonché per gli esiti,
sotto il profilo finanziario, consistenti nel pagamento della “somma aggiuntiva”, necessario per
la revoca della stessa.
In considerazione dell’estensione, operata dalla legge-delega n. 123/2007 e quindi dal
d.lgs. n. 81/2008, dell’istituto della Sospensione a tutte le attività imprenditoriali, è opportuno
analizzare gli andamenti registrati non solamente nel settore edile al quale era in precedenza
limitato, tenendo conto del breve periodo di vigenza e delle problematiche applicative di cui si
è detto in precedenza.
67
Settore merceologico Totale provvedimenti46 Di cui per pers. non risultante da scritture
Tale livello di assegnazioni di hardware e software, contraddistingue, infatti, quelle
particolari figure la cui attività si svolge sul “campo”, rispetto all’attività amministrativa tipica e
viene, in tal modo evidenziato il tasso della spesa informatica relativa a dette figure.
Si sta quindi parlando dell’Area Spesa; a questa va giustapposta l’Area Entrata,
intendendosi per essa quella costituita dai recuperi contributivi ed assicurativi derivanti
direttamente dagli accessi ispettivi, nonché dall’introito delle sanzioni nelle loro diverse
tipologie (ovviamente il dato probante è quello riferito all’effettiva riscossione delle sanzioni
accertate). E’ importante anche considerare i cosiddetti importi “conciliati” costituenti l’esito
delle Conciliazioni monocratiche anche a seguito di Diffide accertative di crediti patrimoniali.
73
Tabella redditività attività ispettiva anno 2008
Fonte: Elaborazione Corte dei Conti su dati Ministero Lavoro e P.S.
A dire il vero, soprattutto per il contesto della sicurezza sul lavoro ed, a maggior
ragione, di quella nei cantieri che compete anche agli Ispettori del lavoro, va constatato che
oltre all’impianto sanzionatorio ed all’entrata che produce, esistono i costi che deve affrontare
l’imprenditore per quanto è stato oggetto del verbale dell’Ispettore, quand’anche venisse
emessa la Prescrizione. Si tratta peraltro, oltre che di un contesto non prettamente
giuslavoristico, di una spesa dell’imprenditore che non determina entrata per l’erario, ma
semmai, quasi come paradosso, per altri imprenditori ai quali il primo si rivolge per la messa in
sicurezza del cantiere.
Appare evidente che l’esercizio che si è precedentemente condotto, necessita di
affinamenti per i quali si invita l’Amministrazione a porre in essere gli strumenti adeguati a tal
fine anche tenendo conto del sistema di valutazione che trova un’espressione particolarmente
analitica nella Direttiva 2009 emanata dalla Direzione generale dell’attività ispettiva, laddove si
cerca di calibrare in termini qualitativi l’attività dell’Ispettore, mirando contesti di particolare
significatività orientando quindi l’attività dell’Ispettore alle gravi e sostanziali irregolarità e
sminuendo quindi il valore delle mere irregolarità “formali”.
74
10.a Il meccanismo di valutazione
La realizzazione di un’attività finalizzata alla definizione di un sistema di valutazione del
personale delle aree funzionali è uno degli obiettivi previsti dalla Direttiva generale per l’azione
amministrativa per l’anno 2008 – presente anche nella stessa Direttiva appena emanata
relativa all’anno 2009 – e rientra nelle finalità indicate nel Documento di programmazione
dell’attività di vigilanza per l’anno 2009 emanato dalla Direzione generale per la attività
ispettiva.
Secondo quanto si legge in tale documento il meccanismo di valutazione del personale
addetto all’attività ispettiva, si baserà non soltanto sulla quantità delle verifiche ispettive
effettuate – indicatore quantitativo – ma terrà conto di un elemento ulteriore rappresentato
dalla qualità dell’azione ispettiva: qualità che sarà identificata dalle violazioni della normativa
sostanziale di tutela e non solo dalle inadempienze formali che, sotto questo profilo, si
considerano ininfluenti nella valutazione dei risultati raggiunti dagli Uffici.
Ai fini quindi della valutazione stessa, come pure a fini statistici e di verifica della capacità
di assicurare una presenza sul territorio - in termini quindi qualitativi e quantitativi -
l’Amministrazione ha predisposto un “progetto qualità” basato su tre parametri valutativi:
- indicatore di presenza, calcolato in base al rapporto tra il numero di accessi programmati
e quelli effettivamente realizzati, con lo scopo di evidenziare la capacità di presidiare il
territorio. Tale indicatore si collega strettamente all’applicazione di opportuni criteri di
premialità (ipotesi di incremento di visite rispetto al dato previsionale e un punteggio
penalizzante in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo) nei confronti degli
Ispettori preposti ai suddetti compiti ispettivi;
- indicatore di qualità dell’azione ispettiva che costituisce uno strumento di valutazione
dell’efficacia dell’attività di vigilanza posta in essere ed è connesso alle tipologie di
violazioni accertate ovvero alla capacità di ciascun Ufficio di soddisfare le esigenze di
tutela del lavoratore. A tal fine è stata predisposta una apposita tabella con una
elencazione puntuale delle violazioni che possono essere presumibilmente rilevate
durante un accesso ispettivo e a ciascuna violazione nella tabella si prevede un
punteggio, che risulta maggiore laddove l’impatto sul profilo economico viene considerato
più rilevante;
- indicatore di redditività che misura il totale delle risorse pubbliche recuperate al bilancio
pubblico mediante il rapporto delle sanzioni amministrative e penali riscosse con il
numero delle aziende ispezionate e si collega ai criteri di premialità nei confronti dei
soggetti istituzionalmente preposti ai compiti ispettivi.
I tre indicatori daranno infine luogo ad un indicatore di sintesi, c.d. indicatore di efficacia
complessiva dell’azione ispettiva, nell’ambito del quale gli indicatori di presenza sul territorio,
di qualità e di redditività incideranno in maniera diversa l’uno dall’altro in quanto il primo sarà
moltiplicato mediamente per 35 mentre i restanti due, rispettivamente, per 45 e per 20, come
75
risulta dalla scheda che segue, predisposta dall’Amministrazione e fornita alle Direzioni
provinciali del lavoro al fine di realizzare un efficiente monitoraggio.
La prima rilevazione in tal senso è stata programmata per il 30 giugno 2009.
Fonte: Ministero Lavoro e P.S.
76
Oltre a ciò, la competente Direzione generale del Ministero ha avviato il “Progetto
trasparenza e uniformità dell’azione ispettiva“ già sollecitato dalla Direttiva del Ministro 18
settembre 2008 che assegnava alla Direzione generale per l’attività ispettiva il compito di
fornire “specifiche direttive operative con la duplice finalità di assicurare l’esercizio unitario
dell’attività ispettiva e l’uniformità di comportamento dei diversi organi di vigilanza, unica
effettiva garanzia di una ispezione del lavoro efficace e credibile che incide sui comportamenti
concreti degli operatori economici e dei loro consulenti, vera garanzia del rispetto
dell’equilibrio, interpretato dalle norme di legge, tra le esigenze di competitività delle imprese e
le imprescindibili istanze di tutela della persona che lavora”.
Tale progetto va inteso come una forma di monitoraggio circa il rispetto dell’uniformità e
della trasparenza del comportamento ispettivo, da usare come strumento ex post, ma va
evidenziato anche il suo effetto annuncio in grado di condizionare tali effetti anche ex ante.
Per quanto riguarda la “uniformità” si tratta di monitorare tutti quei fenomeni che incidono
sulla parità di trattamento delle imprese ispezionate che potrebbero causare veri e propri
fenomeni di dumping sociale, attraverso la segnalazione degli stessi da parte dei cosiddetti
interlocutori qualificati i quali avranno a disposizione uno specifico modello fornito
dall’Amministrazione per segnalare le eventuali disposizioni normative o amministrative
disattese.
Per quanto riguarda la trasparenza dell’azione ispettiva, il Ministero vuole monitorare
tutte quelle fattispecie che in qualche modo non siano in linea con il Codice di comportamento
dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni del 28 novembre 2000 e, più in particolare, con
i profili deontologici individuati dagli artt. da 20 a 26 del citato Codice di comportamento ad
uso degli Ispettori del lavoro. Gli “interlocutori qualificati” potranno dunque segnalare quelle
situazioni che possono incidere sul profilo deontologico, sull’obbligo di astensione e sulla
dichiarazione di incompatibilità da parte del personale ispettivo, così come sulle disposizioni a
tutela della riservatezza e del segreto professionale.
A livello centrale quindi, l’Amministrazione avrà il compito di raccogliere tutte le
informazioni in report semestrali la cui analisi sarà in grado di fornire la reale situazione.
11. Profili evolutivi
11.a Il Libro unico del lavoro
Il processo evolutivo di una materia estremamente complessa come quella delle
ispezioni del lavoro ha trovato un punto d’approdo in un istituto decisamente innovativo e,
come tale, oggetto di riflessione: il “Libro unico del lavoro”, introdotto dalla legge n. 133/2008,
di conversione del D.L. n. 112/2008, che ha rivisto integralmente e radicalmente gli obblighi
dei datori di lavoro in relazione alla tenuta della documentazione obbligatoria, nell’ottica di una
rilevante semplificazione.
77
A seguito di tali modifiche il Ministero è intervenuto con diversi provvedimenti fornendo
istruzioni e successivamente precisazioni in ordine a tale materia: con il d.m. 9 luglio u.s., oltre
a disciplinare, in 7 articoli, il Libro unico, ha anche introdotto il regime transitorio per il
passaggio allo stesso: sino al 16 gennaio 2009, infatti, i datori di lavoro sono stati autorizzati
ad utilizzare i vecchi libri paga e presenze per assolvere agli obblighi di tenuta, registrazione ed
esibizione del Libro unico. Da tale data il libro paga ed il libro matricola sono abrogati.
In seguito, con la Circolare n. 20 del 21/08/2008 il Ministero del lavoro ha fornito le
disposizioni per introdurre l’uso del Libro unico del lavoro, così come disposto dagli artt. 39 e
40 della legge n. 133/2008.
Nell’ambito degli interventi di semplificazione in materia di lavoro, contenuti nel D.L. n.
112/2008, il Libro unico risulta certamente di notevole importanza. Ai sensi dell’art. 39,
comma 1, “il datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico,
deve istituire e tenere il Libro unico del lavoro”; il nuovo Libro unico del lavoro obbliga il datore
di lavoro ad istituire e tenere un solo libro, unico47, anche in presenza di più posizioni
assicurative in ambito aziendale o di più sedi di lavoro distaccate, pure se stabili ed
organizzate.
La disciplina relativa al Libro unico risponde pienamente alla volontà insita in tutta la
riforma introdotta dalla legge n. 133/2008 di eliminare complicazioni ed appesantimenti nella
gestione dei rapporti di lavoro, privilegiando il sanzionare le condotte che riguardano la
regolarità del lavoro sotto un profilo sostanziale piuttosto che gli errori meramente formali.
Viene specificamente sanzionata la fattispecie in cui il datore di lavoro risulti del tutto
sprovvisto del Libro unico del lavoro o lo abbia messo in uso senza rispettare uno dei sistemi di
tenuta previsti dalla suddetta Circolare n. 20 del 21 agosto 2008, applicativa del Decreto
ministeriale 9 luglio 2008.
Altro obbligo previsto dal Libro unico del lavoro e che modifica i comportamenti dei
datori di lavoro rispetto al passato è quello relativo alle scritturazioni obbligatorie che devono
avvenire “per ciascun mese di riferimento, entro il giorno 16 del mese successivo”.
La funzione di tale strumento è, infatti, quella di fotografare, in un’ottica di
semplificazione, la realtà aziendale in un dato momento. Rimane invece alla Comunicazione
obbligatoria preventiva di instaurazione dei rapporti assolvere alla finalità maggiormente critica
che è quella di contrasto al sommerso.
Sotto il profilo della vigilanza ministeriale e degli Enti previdenziali, quindi, il termine di
compilazione del nuovo libro obbligatorio di lavoro fa sì che gli Ispettori all’atto dell’accesso
ispettivo in azienda o in una delle sedi dell’azienda si troveranno a richiedere l’esibizione del
Libro unico aggiornato a due mesi precedenti - se l’ispezione avviene prima del 16 del mese -
47 Il Libro unico, infatti, non dovrà più essere tenuto nel luogo in cui si esegue il lavoro (come stabilito dall’art. 21 del d.P.R. 1124/65) ma potrà essere tenuto, alternativamente: - presso la sede legale dell’impresa; - presso lo studio del consulente o professionista abilitato; - presso i servizi e i centri di assistenza delle associazioni di categoria delle imprese artigiane e delle altre imprese.
78
ed al mese precedente se l’ispezione avviene in data successiva al 16 del mese seguente
quello di avvio dell’ispezione. Ferma restando, ovviamente, la verifica della corretta
instaurazione dei rapporti di lavoro mediante l’esame delle Comunicazioni obbligatorie
preventive.
L’obbligo di esibizione, di cui all’art. 39, comma 6, della legge n. 133/2008, grava a
seconda dei casi48 sul datore di lavoro, sul consulente del lavoro o su uno dei professionisti
autorizzati o in ultimo sul servizio o centro di assistenza dell’associazione di categoria.
La Circolare citata stabilisce anche regole relativamente all’obbligo di conservazione del
Libro unico del lavoro prevedendo che lo stesso venga conservato e custodito per la durata di
cinque anni dalla data dell’ultima registrazione (non più dieci anni come per il passato). La
competenza a constatare e contestare gli illeciti amministrativi relativi agli obblighi di
istituzione, tenuta, registrazione, esibizione e conservazione del Libro unico del lavoro - nonché
alla irrogazione delle sanzioni pecuniarie amministrative - è di tutti gli organi di vigilanza che
effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza e, quindi il Libro unico del lavoro
potrà essere verificato dagli Ispettori delle Direzioni provinciali e regionali del lavoro, ma anche
dai funzionari ispettivi degli istituti ed Enti previdenziali ed assicurativi49 .
48 Datore di lavoro: Diverse sono le puntualizzazioni sull’argomento che si possono leggere, sia sul d.m. 9 luglio 2008 che sulla circolare di applicazione n. 21 del 20/08/08, per quanto riguarda il Libro unico del lavoro tenuto presso la sede legale dell’impresa che vede il datore di lavoro obbligato ad esibirlo agli organi di vigilanza tempestivamente (e cioè prima che l’ispettore proceda alla redazione del “verbale di primo accesso ispettivo”) nel luogo in cui si esegue il lavoro, solo quando si tratta di sede stabile di lavoro, prevedendo che l'esibizione possa avvenire anche a mezzo fax o posta elettronica. Per l’individuazione della sede stabile - con riferimento alle aziende multilocalizzate – interviene il criterio che lo definisce, di cui all’art. 5, comma 1, del decreto ministeriale 9 luglio 2008, secondo cui deve considerarsi “sede stabile di lavoro” soltanto quella articolazione autonoma della impresa, stabilmente organizzata, che si presenta idonea ad espletare, in tutto o in parte, l’attività aziendale e risulta dotata degli strumenti necessari, anche con riguardo alla presenza di uffici amministrativi. La sanzione pecuniaria prevista è stabilita nell’importo da 200 a 2000 euro e non è ammessa la procedura della diffida obbligatoria in quanto si tratta di una condotta commissiva e per quanto spiegato in precedenza non sanabile. Consulente del lavoro: Fermo restando l’onere per il datore di lavoro di comunicare preventivamente, alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio, le generalità e ogni altro dato necessario del professionista cui ha conferito l’incarico della tenuta e cura del Libro unico del lavoro, costui è sanzionabile per non aver esibito e portato in visione il Libro unico del lavoro, conservato e tenuto presso il proprio studio, solo qualora siano decorsi quindici giorni dalla richiesta, espressamente formulata, nel “verbale di primo accesso ispettivo”, a norma dell'art. 3, comma 3, del decreto ministeriale 9 luglio 2008, senza un opporre un “giustificato motivo” ostativo impeditivo. In caso di prima violazione il professionista va incontro alla sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 1000 euro (la diffida obbligatoria, anche in questo caso, non trova applicazione, in quanto si tratta di una condotta commissiva). Nel caso in cui il professionista risulti recidivo, ai sensi dell'art. 8-bis della legge n. 689 del 1981, ferma restando l’irrogazione della sanzione pecuniaria amministrativa, il funzionario accertatore che contesta la violazione deve darne tempestivamente comunicazione al Consiglio provinciale dell’Ordine professionale per l’adozione di provvedimenti disciplinari conseguenti. Le Associazioni di categoria: Come nel caso precedente, sussiste l’obbligo di comunicare preventivamente, da parte del datore di lavoro, i dati relativi al centro di assistenza o all’associazione deputata a tenere il Libro unico del lavoro. Inoltre il personale ispettivo deve vigilare che tali centri svolgano l’attività a favore unicamente delle imprese associate e iscritte alle rispettive associazioni di categoria. Sul piano sanzionatorio la sanzione prevista si differenzia in base alla gravità della condotta tenuta. Nel caso in cui siano decorsi quindici giorni dalla richiesta espressamente formulata nel verbale di primo accesso ispettivo e non sia stato apposto giustificato motivo impeditivi, le associazioni di categorie sono tenute alla sanzione da 250 e 2000 euro, e, se recidive, nella violazione dell’obbligo di esibizione, da 500 a 3000 euro. Anche in questo caso la diffida obbligatoria non trova applicazione in quanto condotta commissiva. 49 D’altro canto, il legislatore si è premurato di individuare espressamente l’autorità competente a ricevere il rapporto, ai sensi dell’art. 17 della legge n. 689/1981, in caso di mancata estinzione delle violazioni mediante pagamento delle sanzioni in misura ridotta, vale a dire la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente. Tale individuazione impedisce, con riferimento alle omesse e infedeli registrazioni sul Libro unico del lavoro, la reviviscenza delle previsioni normative contenute nell’art. 35, commi 2 e 3, della legge n. 689/1981, che stabilivano, in
79
L’introduzione del Libro unico del lavoro, e l’ottica di semplificazione che questo
persegue mettono in evidenza due aspetti: il primo attiene all’esigenza di porre una maggiore
attenzione ai profili della prevenzione e dell’informazione; il secondo alla consapevolezza che
l’elemento fondamentale nella lotta al “sommerso” ed al “lavoro nero” è costituito dalla
Comunicazione preventiva di assunzione o di instaurazione del rapporto di lavoro (in caso di
collaborazione coordinata e continuativa), prima dell’inizio dell’attività lavorativa, generalizzata
per tutti i settori dal 1° gennaio 2007.
Va quindi ribadito che la comunicazione anticipata di assunzione o di instaurazione del
rapporto di lavoro, obbligatoria per tutti i prestatori ma anche per quei rapporti, come i tirocini,
ove ex lege non c’è subordinazione, assume una valenza fondamentale per sapere, da subito,
se un lavoratore, trovato al momento dell’accesso, è in nero o no: da ciò discende,
sicuramente, l’applicazione della maxisanzione (da 3.000 a 12.000 euro oltre a 150 euro per
ogni giorno di “nero”) con la possibile sospensione dell’attività, in via cautelare e fino alla
“messa in regola”, qualora ricorrano i presupposti chiaramente indicati nell’art. 14 del d.lgs. n.
81/2008.
Fermi restando i cambiamenti nell’ottica della semplificazione più volte ribaditi, un
dubbio può sorgere sulle possibili difficoltà cui molte piccole e medie imprese andranno
incontro con l’abrogazione del cartaceo e la necessità di delegare consulenti e professionisti
alla tenuta e gestione del Libro unico con preventivabili aumenti di spesa se non altro per la
remunerazione degli stessi soggetti abilitati.
Va quindi notato come sia in corso un consistente dibattito su di un’innovazione di
grande portata che necessita di ulteriori interventi, oltre a quelli citati ed all’emanazione del
Vademecum del dicembre 2008; interventi anche di natura squisitamente applicativa legati alla
realizzazione di un sistema uniforme, basato su software omologati e validati dall’INAIL.
Va sottolineato come l’istituzione del Libro unico comporti significative modificazioni nei
“comportamenti” degli operatori interessati, intendendo per questi ultimi, non solo datori di
lavoro e lavoratori, ma i professionisti di settore, gli enti bilaterali e certamente in primo luogo
l’Amministrazione e gli Enti previdenziali, a loro volta, considerati sia sotto il profilo dell’attività
di regolazione, sia sotto quello dell’attività ispettiva.
Infatti, l’abrogazione di una serie di “libri” che erano obbligatori presso l’impresa o chi
ne curava la tenuta determina la rinuncia alla registrazione, in tempo reale, degli elementi
relativi ad inizio, gestione e fine del rapporto di lavoro, con tutte le evidenze che essi implicano
(come l’effettiva durata e tipologia della prestazione), lasciando spazio alle sole registrazioni
periodiche previste dalla normativa, sia pure in un regime che non sembra consentire
alterazioni o inserimenti atipici.
caso di connessione con omissioni totali o parziali di contributi previdenziali e premi assicurativi, l’emissione dell’ordinanza-ingiunzione da parte dell’istituto previdenziale o assicurativo competente a richiedere anche i contributi e i premi. La conclusione della procedura sanzionatoria spetta quindi sempre alla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente, la quale sarà destinataria degli scritti difensivi e procederà all’emanazione dell’ordinanza di ingiunzione o di archiviazione dopo la ricezione del rapporto da parte dei funzionari accertatori.
80
Di diverso segno sarebbe stata una scelta che, rendendo completo il processo di
“dematerializzazione” del “Libro unico”, si fosse indirizzata alla “messa in rete” di tale
strumento, consentendone l’immediato aggiornamento e fruizione, soprattutto da parte degli
organi ispettivi, rendendo in tal modo assolutamente trasparente la gestione dei rapporti di
lavoro mantenendo visibili quegli elementi, relativi ad esempio ai tempi di svolgimento
dell’attività lavorativa, che, attualmente, non possono più essere riscontrati dall’Ispettore,
come finora avveniva con l’esibizione del libro paga e del libro matricola.
In sostanza, mentre viene mantenuta nell’Ordinamento la Comunicazione obbligatoria
(la quale costituisce l’unico strumento in grado di combattere il ricorso al lavoro nero),
vengono a mancare gli strumenti conoscitivi, in tempo reale, per adeguatamente contrastare
l’”evasione parziale” ed il fenomeno diffuso del “lavoro irregolare”.
Va in conclusione considerato che è in atto una significativa accelerazione del processo
di informatizzazione del Libro unico che, anche in un’ottica di ulteriore semplificazione, è
prevista nella Direttiva 2009 sull’azione amministrativa.
Si fa strada quindi una prospettiva nella quale sia il Ministero stesso “ente certificatore”
che valida la regolarità della tenuta del Libro unico, secondo la normativa vigente (il servizio
sarebbe completamente gratuito per i soggetti obbligati; al momento gli enti certificatori
offrono i loro servizi a pagamento).
Le ulteriori possibili implementazioni che, dalle informazioni contenute nel Libro unico,
che riguardano i lavoratori attivi, consentissero l’incrocio con altri archivi, come quello,
anch’esso in via di ingegnerizzazione, dei DURC (Documenti Unici di Regolarità Contributiva),
consentirebbero una ben diversa cognizione delle condizioni dei lavoratori in Italia.
81
Considerazioni conclusive e Raccomandazioni
L’indagine ha consentito di approfondire un contesto estremamente complesso perché
complessa è l’area nella quale si svolge l’attività degli Ispettori del lavoro, non limitandosi al
profilo “giuslavoristico e previdenziale”, ma riguardando, in termini sempre più consistenti, il
profilo della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro.
Le norme intervenute hanno mostrato nella loro applicazione, criticità sia per la
tendenziale combinazione tra le due materie sopra indicate, nodo che, ad avviso della Corte,
merita la particolare attenzione del Legislatore, sia per l’impatto, rivelatosi non ancora
rispondente alle aspettative degli istituti peculiari, introdotti dal d.lgs.124 del 2004, che aveva
la finalità di razionalizzare l’attività ispettiva, anche mediante l’utilizzazione di nuovi strumenti
in grado di renderla maggiormente incisiva.
Il tentativo di rivitalizzare e di incrementare l’utilizzazione di questi strumenti,
sottolineando il nuovo approccio che si intende dare all’attività ispettiva, con una maggiore
attenzione ai profili della prevenzione e dell’assistenza collegati a quelli di una programmazione
delle ispezioni mirata alle gravi irregolarità ed alla lotta al lavoro nero ha trovato nell’attività di
regolazione momenti di particolare rilievo.
Infatti, dal 2004 ad oggi gli interventi di regolazione in materia sono decisamente
numerosi ed i più recenti, che hanno riguardato in particolare l’istituto della “Sospensione”,
approfondito in relazione, sono la Direttiva del Ministro del 18 settembre del 2008 e la
Circolare n.30 del 12 novembre 2008 del Direttore generale per l’attività ispettiva. Va fatto
anche riferimento all’applicazione dell’istituto dell’Interpello, ora centralizzato, che esso stesso
produce nei suoi esiti ulteriori indicazioni applicative.
In realtà, tale fenomeno è sintomatico di un sistema nel quale sono state introdotte
frequenti modificazioni normative la cui collocazione sistematica ha, di volta in volta
riguardato:
- l’ambito giuslavoristico e previdenziale per tutto il contesto del richiamato
d.lgs.124/2004, nella nuova ottica alla quale si è fatto cenno;
- quello della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro, come nel caso della previsione
della “Sospensione”, prima del solo cantiere e poi per tutte le attività imprenditoriali
(disciplinata dalla legge 248/2006 e dal combinato-disposto della legge delega 123/2007 e del
d.lgs.81/2008), che ha riguardato specificamente l’esistenza di lavoratori in nero in misura pari
o superiore al 20% dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro;
- nonché quello della semplificazione, come l’istituzione del Libro unico del lavoro (con gli
artt. 39 e 40 del D.L. 112/2008, convertito con la legge 133/2008) che, ovviamente, ha un
considerevole impatto su tutto il sistema giuslavoristico e sull’attività ispettiva.
L’indagine della Corte si è fatta carico di tutti gli aspetti che il quadro complessivo ha
evidenziato, non trascurando quindi le più recenti innovazioni normative, ed ha segnalato, nel
corso della relazione le loro problematiche applicative.
82
Il particolare spessore delle “novelle” normative ha determinato un’attenzione ai
risultati che non prescindesse da quelli specificamente riferibili all’applicazione dei cosiddetti
“Istituti peculiari”. A maggior ragione in considerazione degli scarsi risultati ottenuti dai più
recenti Piani di emersione del sommerso previsti dalla legge 296/2006 (Finanziaria 2007), con
3.902 regolarizzazioni, 1.845 istanze accolte a fronte di 4.625 presentate e 2.157 ancora in
istruttoria.
Al riguardo, è assolutamente necessario un impegno dell’Amministrazione che metta a
sistema il complesso dei risultati e che, soprattutto, sulla base di un efficace monitoraggio
individui le ragioni di scostamenti sensibili sul piano geoeconomico degli indicatori che vanno
dalle aziende irregolari ai lavoratori irregolari ed “in nero”, nel raffronto dei dati 2008 su quelli
2007.
Si rileva infatti che alla sovrapponibilità complessiva del numero delle ispezioni si
correla una diminuzione del 4,17% delle aziende riscontrate irregolari, un incremento del
7,75% dei lavoratori irregolari e del 7,35% dei lavoratori totalmente in nero. Sul piano del
recupero dei contributi e dei premi evasi l’incremento è del 5,96% (il complesso delle sanzioni
irrogate, non correlabile al dato precedente è di 401 milioni di euro nel 2008).
L’analisi effettuata su base regionale, infatti, pur segnalando la concentrazione delle
patologie su alcune regioni rispetto ai dati complessivi nazionali, ha evidenziato alcune
discrasie tra il livello dei recuperi contributivi e dei premi evasi rispetto al significativo aumento
delle irregolarità ed in particolare dei lavoratori totalmente in nero.
Lo specifico approfondimento che ha riguardato le Conciliazioni monocratiche, le Diffide
accertative per i crediti patrimoniali e che ha tenuto nel debito conto le peculiarità di detti
istituti, consente di sottolineare come, anche in questo caso, sia obiettivamente difficile
rinvenire spiegazioni attendibili sui diversi andamenti su base regionale.
Diverso è il discorso sulle motivazioni che inducono all’utilizzazione di detti istituti.
Infatti la constatazione che le prime abbiano un significativo livello di successo se preventive e
non altrettanto se contestuali induce a ritenere che abbiano peso due elementi: il primo
costituito dalla possibilità di evitare l’accesso ispettivo ed il secondo legato a situazioni
condivise da altri lavoratori. Tale elemento vale anche per le Diffide accertative per i crediti
patrimoniali, ma incontra, da un lato la difficoltà di rinvenire crediti certi ed esigibili e,
dall’altro, quella di ricevere effettiva soddisfazione da un’azienda in difficoltà economica.
Va sottolineato, al riguardo - anche in base alla ribadita efficacia dell’utilizzazione della
“Diffida” (circa 16 milioni di euro di riscossioni) quale strumento generale messo a disposizione
dell’Ispettore per la regolarizzazione di situazioni omissive e non rilevanti penalmente – che
rivendicazioni “seriali”, oggetto di Conciliazioni monocratiche, dovrebbero trovare una più
adeguata sede di delibazione nella contrattazione collettiva e negli strumenti anche giudiziali
ad essa connessi, come l’interpretazione del contratto da parte del giudice del lavoro.
83
Va comunque preso atto dell’eccessiva complessità di un istituto come la Diffida
accertativa per i crediti di lavoro, del quale sono state indicate le criticità sul piano sistematico
ed ordinamentale.
Poiché l’Amministrazione, nella memoria prodotta in occasione dell’Adunanza della
Sezione di controllo del 11 settembre c.a., ha mostrato di assegnare grande importanza
all’utilizzazione di detto strumento, dovranno opportunamente essere studiate modalità
applicative che favoriscano il ricorso al medesimo.
Tenuto conto del relativo apporto di tali istituti al complesso del monte contributivo
complessivamente recuperato (6,75 milioni di euro su 263,56 complessivi per l’attività
ispettiva del Ministero), che per la sola Diffida accertativa, si riducono ad 1,23 milioni e della
rilevanza che viene data alla loro utilizzazione (ne costituisce evidenza il punteggio, al livello
più elevato, che nel modello sperimentale di valutazione dell’attività ispettiva, viene attribuito
ai medesimi: p.5 per la Conciliazione e p.4 per la Diffida), si raccomanda, oltre al ripetuto
monitoraggio su base regionale delle motivazioni che inducono ad utilizzare tali istituti, spesso
con esiti negativi, una riconsiderazione dei medesimi, ai quali si annette grande importanza.
Sull’istituto della “Sospensione”, la relazione si è molto diffusa per le sue caratteristiche
che ne fanno uno strumento tanto efficace sotto il profilo della penalizzazione, da aver indotto
a disciplinarne le modalità di applicazione, in seguito alla sua estensione ad ogni attività
imprenditoriale operata dalla legge 123/2007 e dal d.lgs. 81/2008.
I risultati, solo in termini di “somma aggiuntiva” riscossa sono significativi con 1,36
milioni di euro nel 2008, soprattutto perché è molto elevato il livello delle revoche, in
particolare per i settori del commercio e dei pubblici esercizi, la qual cosa indica, a prescindere
dai profili penalistici, il ripristino di una situazione di regolarità.
Le problematiche organizzative certamente incidono sulla reale possibilità di
incrementare l’entità delle ispezioni, e comunque, vanno considerati gli effetti del nuovo
approccio che si vuol dare ad un sistema del quale costituisce un elemento determinante la
Comunicazione preventiva obbligatoria dell’instaurazione del rapporto di lavoro e la sua
immediata riscontrabilità.
Un passo importante al riguardo è costituito dal “Sistema informatico delle
Comunicazioni obbligatorie” che ha prodotto la recente elaborazione dei dati relativi al periodo
11 gennaio-30 giugno 2009.
L’analisi effettuata dalla Corte sulla spesa dell’Attività ispettiva può fornire elementi utili
per le programmazioni future; l’implementazione di un sistema informatico che metta in rete il
Libro unico del lavoro così come i DURC (documenti unici di regolarità contributiva), costituisce
un obiettivo da perseguire per consentire una ben diversa cognizione delle condizioni dei
lavoratori nel Paese ed assicurare la reale “governance” del sistema di regolarità del rapporto
di lavoro e previdenziale.
In ultimo, in coerenza con quanto affermato in relazione, si sottolinea l’esigenza di una
riflessione, nei vari contesti e nel rispetto dei ruoli istituzionali, sull’opportunità di
84
omogeneizzare sul piano delle regole e dei comportamenti, la materia “giuslavoristica” con
quella della “sicurezza e salute sui luoghi di lavoro”, anche al fine di fornire alla collettività una