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ASPETTI AMMINISTRATIVI-CONTABILI DELLE
ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO
LIBRI SOCIALI E CONTABILI
L’organizzazione no-profit, quando assume le caratteristiche
di
un’entità giuridicamente individuabile (autonomia
patrimoniale,
decisionale, statutaria, ecc. – possesso di codice fiscale) come
può essere
un’associazione di volontariato, deve tenere i libri sociali e i
libri
contabili.
Per tali registri, in generale, non esiste l’obbligo bensì la
mera facoltà
della preventiva vidimazione (presso un notaio o presso la
CCIAA).
Questa formalità, pur non necessaria, può comunque risultare
opportuna in
quanto accerta il numero delle pagine di ogni libro garantendone
la loro
insostituibilità, e può contribuire ad attribuire maggior forza
probatoria a
quanto riportato sui registri stessi.
Se l’ente esercita anche una attività commerciale, potrà
risultare
necessaria la bollatura di solo alcuni dei libri contabili
obbligatori, in
relazione al regime d’imposta prescelto.
LIBRI CONTABILI
Si distinguono in:
1. libri contabili istituzionali;
2. libri contabili fiscali.
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LIBRI CONTABILI ISTITUZIONALI;
Normalmente l’ente gestisce risorse finanziarie a vario titolo,
per cui
la prudenza e il bisogno di essere trasparenti verso i soci
consigliano di
tenere una ordinata contabilità, da una semplice “prima nota
cassa” ad un
giornale in partita doppia.
La tenuta di una contabilità sistematica e cronologica, inoltre,
pur
non essendo prevista normativamente (a differenza delle
società
commerciali) risulta praticamente necessaria per poter redigere
un
rendiconto affidabile di fine esercizio.
Ogni contabilità ordinata si basa su tre presupposti:
presenza dei documenti giustificativi delle spese (fatture,
ricevute, scontrini, ecc.)
gestione finanziaria fatta prevalentemente tramite cassa o c/c
bancario/postale (per il controllo dei movimenti finanziari)
attribuzione della sua tenuta ad un responsabile (Presidente o
Tesoriere).
Dai documenti e dalla contabilità si traggono gli elementi per
la
redazione del bilancio o rendiconto annuale.
Si sottolinea che il bilancio, le scritture contabili e la
relativa
documentazione vanno conservati fino allo scadere dei termini
di
accertamento previsti dalle norme fiscali, indipendentemente
dall'esercizio
o meno di attività commerciali. Questo perchè il fisco può
sempre
contestare le attività svolte dall'associazione e può
considerare imponibili
(ad esempio ai fini IRAP) o soggetti a ritenuta d’acconto
importi esposti in
bilancio per i quali l'ente pensava di non avere alcun obbligo
fiscale.
Se, peraltro, sussistono controversie (o rischi di
controversie
potenziali) di diversa natura (fiscale, amministrativa,
contrattuale, ecc.)
sarà necessario conservare la relativa documentazione probatoria
per il
periodo di tempo necessario.
I termini di conservazione sono di 10 anni ai fini civilistici e
di 5
anni ai fini fiscali, salva l'insorgenza di accertamenti e di
relativo
contenzioso.
Come libro contabile di solito si utilizza un REGISTRO DI
PRIMA
NOTA o un GIORNALE MASTRO.
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I dati registrati in questo libro serviranno per la redazione
del
bilancio annuale (in alternativa si può utilizzare un programma
di
contabilità di tipo aziendale installato su un computer):
a. Bilancio economico/patrimoniale (presuppone una contabilità
in partita doppia);
b. Rendiconto finanziario (presuppone una contabilità di prima
nota cassa/banca).
Quale sistema/libro contabile è consigliabile scegliere?
Se questo libro verrà tenuto a mano si suggerisce, per
semplicità, di
registrare le operazioni in corso d’anno con il criterio di
CASSA, cioè nel
momento in cui vi è l’effettivo movimento di denaro.
In presenza di un amministratore esperto in materia contabile si
potrà
utilizzare il criterio di COMPETENZA (tecnica della partita
doppia),
come avviene per i bilanci aziendali, con rilevazione delle
operazioni nel
momento in cui esse sorgono.
Si sottolinea, infine, che per quelle associazioni (O.d.V.,
ONLUS)
che usufruiscono della normativa “Più dai meno versi” (Legge
14/05/2005
n. 80, art. 14), può rendersi necessario adottare una
contabilità ordinaria, al
fine di accedere ai maggiori importi deducibili previsti dalla
stessa
normativa (vd. parte fiscale della lezione)
LIBRI CONTABILI FISCALI:
Se una associazione di volontariato svolge anche una
attività
commerciale, deve tenere le scritture contabili fiscali previste
in base al
regime prescelto.
Essi sono, in generale:
1. libro giornale; 2. libro inventari; 3. registro beni
ammortizzabili;
Essi devono essere numerati e non vidimati; nel caso di
regimi
contabili semplificati, come ad es. il regime forfetario ex
legge 398/91, si e’
esonerati dalla tenuta di alcuni dei registri di cui sopra.
In ogni caso sono esclusi i registri IVA in forza della
norma
esonerativa contenuta nell’art. 8 della Legge 266/91.
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Lo svolgimento di una attività commerciale eccedente i limiti
della
marginalità, peraltro, oltre a comportare l’obbligo di adozione
dei registri
fiscali di cui sopra, produce come effetto, la perdita della
qualifica di
ONLUS, ai sensi dell’art. 30, comma 5, del D.L. 185/2008
convertito nella
Legge 28 gennaio 2009 n° 2, e il conseguente obbligo, tra
l’altro, di inviare
telematicamente all’Agenzia delle Entrate il cosiddetto Modello
EAS di
comunicazione di dati e notizie rilevanti ai fini fiscali.
CONTABILITA’ BILANCIO CONSUNTIVO E
RENDICONTO GESTIONALE
1 - I documenti contabili L’associazione gestisce denaro a vario
titolo, per cui la prudenza e il
bisogno di essere trasparenti verso i soci consigliano di tenere
una ordinata
contabilità, da una semplice “prima nota cassa” ad un giornale
in partita
doppia.
Ogni contabilità ordinata si basa su tre presupposti:
presenza dei documenti giustificativi delle spese;
gestione finanziaria fatta prevalentemente tramite un c/c (per
il controllo dei movimenti finanziari);
attribuzione della sua tenuta ad un responsabile.
Le associazioni sportive dilettantistiche hanno l’obbligo per
legge di
effettuare i movimenti di importo superiore a € 1.000,00 tramite
c/c
bancari o sistemi bancari e postali similari (bonifici, assegni
intestati,
carte di credito, ecc.), pena la perdita delle agevolazioni
fiscali
Dai documenti e dalla contabilità si traggono gli elementi per
la
redazione del bilancio annuale.
Si sottolinea che il bilancio, le scritture contabili e la
relativa
documentazione vanno conservati fino allo scadere dei termini
di
accertamento previsti dalle norme fiscali, indipendentemente
dall'esercizio o meno di attività commerciali. Questo perché il
fisco può
sempre contestare le attività svolte dall'associazione e può
considerare
imponibili (ad esempio ai fini IRAP) o soggetti a ritenuta
d’acconto importi
esposti in bilancio per i quali l'ente pensava di non avere
alcun obbligo
fiscale.
I termini di conservazione sono di 10 anni ai fini civilistici e
di 5
anni ai fini fiscali, salva l'insorgenza di accertamenti e di
relativo
contenzioso. In sostanza il bilancio e la documentazione ad esso
collegata
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relativi all'esercizio chiuso al 31/12/15 vanno conservati
almeno fino al
31/12/2020, per il fisco, e fino al 31/12/2025 per il codice
civile.
E’ bene mettere in evidenza che la contabilità ha lo scopo
di
registrare i movimenti di denaro e rispecchia solo parzialmente
la realtà
operativa delle associazioni il cui obiettivo non è quello di
produrre profitti,
ma quello di svolgere in modo efficiente ed efficace la propria
missione.
Per questo motivo ogni associazione, oltre alla contabilità di
cui parleremo
in seguito, dovrebbe raccogliere i dati fisici relativi alle
proprie prestazioni,
sia per un controllo interno, sia per poter dimostrare alla
collettività il
proprio operato: ore di lavoro gratuito dei soci-volontari,
numero di utenti
assistiti, chilometri percorsi dalle ambulanze, ecc. Tutti
questi dati “fisici”
possono ben comparire nella relazione di accompagnamento al
bilancio
vero e proprio. Tra l’altro potrebbero anche tornare utili in
caso di
contestazioni da parte del fisco sul concetto di attività
prevalente ex art.
149 TUIR (v. sopra).
2 – La tenuta della contabilità istituzionale
2.1 – Criteri generali
Come libro contabile si suggerisce di utilizzare un GIORNALE
MASTRO. I dati registrati in questo libro serviranno per la
redazione del
bilancio annuale: in alternativa si può utilizzare un programma
di
contabilità di tipo aziendale installato su un computer o
adattare a tale
scopo un foglio di Excel. Per semplicità, normalmente le
operazioni in
corso d’anno sono registrate con il criterio di CASSA, cioè nel
momento
in cui vi è l’effettivo movimento di denaro, riservandosi di
inserire le voci
di credito e debito solo a fine anno. In presenza di un
amministratore
esperto in materia contabile si potrà utilizzare il criterio
di
COMPETENZA anche durante l’anno, come avviene per i bilanci
aziendali, con rilevazione delle operazioni nel momento in cui
esse
sorgono, rilevando quindi i crediti e i debiti in corso
d’anno.
Le registrazioni saranno effettuate con il metodo della
PARTITA
DOPPIA, che garantisce la quadratura dei totali. In tale modo i
movimenti
di denaro vengono registrati nei conti CASSA o BANCA e poi
vengono
riclassificati in gruppi di COSTI e di RICAVI (detti CONTI
ECONOMICI), in funzione della redazione del bilancio annuale. Vi
è poi
un conto che serve per raccogliere gli AVANZI/DISAVANZI
dell’anno e
che costituisce il PATRIMONIO NETTO dell’ente.
Si ricorda che l’avanzo di esercizio non può mai essere
distribuito ai
soci. Il disavanzo deve essere coperto con fondi
dell’associazione, in
quanto i soci potrebbero anche rifiutare di versare quote
aggiuntive
straordinarie.
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I dati debbono essere rilevati al lordo di IVA, in quanto le
associazioni non sono soggetti IVA per le attività istituzionali
(e quindi non
recuperano l’IVA sugli acquisti e non l’addebitano sulle
prestazioni),
mentre per le attività commerciali vi saranno comunque i
registri fiscali
obbligatori da cui trarre i dati IVA per gli adempimenti
periodici.
L’acquisto di beni strumentali può essere fatto gravare
tutto
nell’anno di acquisto o, in alternativa, può essere ripartito su
più anni
applicando lo schema degli “ammortamenti” (che diventano
obbligatori
solo in presenza di attività commerciali).
2.2 – Il piano dei conti
Ogni associazione deve dotarsi di un proprio piano dei conti,
che
consenta di raggiungere gli obiettivi tipici del bilancio visti
sopra. Se la
contabilità viene tenuta a mano si consiglia di tenere pochi
conti, se la
contabilità viene tenuta con un computer si possono esplodere i
pochi conti
in vari sottoconti più analitici.
Particolare attenzione va sempre posta alla distinzione tra
conti del
settore istituzionale e conti del settore commerciale.
3 – Forma e contenuto del bilancio
3.1 - Forma del bilancio
Fino ad oggi le associazioni possono redigere il bilancio in
forma
libera, senza alcuno schema rigido da rispettare.
Il Consiglio Nazionale del Dottori Commercialisti ha proposto
un
primo schema di bilancio per gli enti non profit in genere,
ricalcando
quello previsto dal C.C. per le società di capitali. In ogni
caso si tratta di
uno schema facoltativo che può essere di qualche utilità, specie
per gli enti
maggiormente organizzati e con personale amministrativo
adeguato.
In ogni caso è bene che il bilancio dell'ente, a prescindere dal
criterio
utilizzato, venga completato con la redazione anche di un
inventario, in cui
compaia l’elenco dei beni posseduti alla chiusura dell'esercizio
(tavoli,
sedie, computer, automobili, immobili) e dei crediti e
debiti.
L’inventario può assumere molta importanza nel passaggio di
consegne tra
il presidente uscente e quello entrante, che prende coscienza
della
consistenza patrimoniale dell’associazione. Inoltre può essere
utile ai fini
fiscali, se si considera che la legge e lo statuto impongono il
divieto di
distribuire somme o beni ai soci o a terzi con finalità
elusive.
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Occorre mettere in evidenza che vi sono due norme particolari
che
obbligano taluni enti non profit a tenere un bilancio completo
(stato
patrimoniale e conto economico) derivante da scritture contabili
in partita
doppia.
1. Nel primo caso l’art. 20-bis del D.P.R: 600/73 obbliga le
ONLUS ordinarie (non quelle di diritto come le O.d.V. e le o.n.g.),
con introiti
annuali superiori a € 51.645,69, a tenere obbligatoriamente il
libro
giornale ed il libro inventari, nonché a redigere il bilancio
completo.
2. Nel secondo caso l’art. 14 del D.L. 14/3/2005 n. 35
(convertito con L. 14/5/2005 n. 80) obbliga le ONLUS (tutte, anche
le O.d.V. che sono
ONLUS di diritto) e le a.p.s. (iscritte nel registro nazionale e
le
associazioni locali ad esse affiliate) che ricevono le speciali
erogazioni
liberali disciplinate da tale norma (deducibili dal reddito del
benefattore
nel minore importo tra il 10% del reddito stesso e € 70.000,00=)
a tenere
un bilancio completo. In assenza di tale bilancio completo il
fisco può
recuperare le agevolazioni in capo ai donatori e comminare le
relative
sanzioni.
3.2 - Vidimazione dei registri Si ricorda che non vi è obbligo
(bensì la mera facoltà) di vidimare le
scritture contabili presso il Notaio o il Registro Imprese o
l’Agenzia delle
Entrate, comunque esse siano tenute. Non vanno più vidimati
anche i
registri prettamente fiscali collegati alla eventuale attività
commerciale (es.
registri IVA), tranne la bollatura del libro giornale e del
libro inventari
(regime ordinario) per ogni 100 pagine.
3.3 - Criteri generali di redazione del bilancio I caratteri
generali del bilancio consuntivo sono i seguenti:
Annuale;
obbligatorio (per legge e per statuto);
complessivo (comprende tutti i movimenti dell’ente);
chiaro e trasparente (come esposizione dei dati);
deve separare le voci del settore istituzionale da quelle del
settore commerciale (se esistente):
ha rilevanza anche fiscale. Tali principi si evincono da varie
norme di legge, previste sia per gli
enti non commerciali in genere, che per le O.d.V. e per le
ONLUS:
a) l’O.d.V. ha “l’obbligo di formazione del bilancio dal quale
devono risultare i beni, i contributi o i lasciti ricevuti” (art.
3, 3^ comma, L.
266/91);
b) il bilancio delle ONLUS deve "rappresentare adeguatamente ...
la situazione patrimoniale, economica e finanziaria
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dell'organizzazione" (art. 20-bis, 1^ comma, D.P.R. 600/73
ribadito
anche dall’art. 14 del D.L. 35/2005);
c) il bilancio degli e.n.c. deve esporre i dati in modo che si
possano distinguere le entrate e le uscite relative all'attività
istituzionale e
quelle relative alle (eventuali) attività connesse (art. 20-bis,
1^
comma, D.P.R. 600/73 e anche art. 149, 2^ comma, lett. b,
T.U.I.R.);
deve indicare le entrate a titolo di contributi, sovvenzioni,
liberalità e
quote associative (art. 149, 2^ comma, lett. c, T.U.I.R.); la
situazione
patrimoniale deve indicare le immobilizzazioni
(attrezzature,
automezzi, immobili, quote di partecipazione in società)
relative
all'attività commerciale (se esistono) e quelle relative
all'attività
istituzionale (art. 149, 2^ comma, lett. a, T.U.I.R.);
d) per le ONLUS se i proventi superano "per due anni consecutivi
l'ammontare di € 1.032.913,80 ... il bilancio deve recare una
relazione di controllo sottoscritta da uno o più revisori
iscritti nel
registro dei revisori contabili." (Art. 20-bis, 5^ comma,
D.P.R.
600/73). Quanto al contenuto di questa relazione si ritiene che
si
possa in qualche modo seguire il dettato dell’articolo 2429
del
Codice Civile per la relazione dei sindaci in una S.p.a.
Si ricorda che il bilancio comprende anche tutti i dati relativi
alle
eventuali raccolte di fondi occasionali svolte durante l’anno
(vd. oltre).
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IL RENDICONTO ANNUALE
RIFERIMENTI LEGISLATIVI:
I. Legge 266/91, art. 5, comma 1:
“Le organizzazioni di volontariato traggono le risorse
economiche per il
loro funzionamento e per lo svolgimento della propria attività
da:
a) contributi degli aderenti; b) contributi da privati; c)
contributi dello Stato, di enti o di istituzioni pubbliche
finalizzati
esclusivamente al sostegno di specifiche e documentate attività
o
progetti;
d) contributi di organismi internazionali; e) donazioni e
lasciti testamentari; f) rimborsi derivanti da convenzioni; g)
entrate derivanti da attività commerciali e produttive
marginali.”
Negli Enti non Profit, il raffronto fra le risorse in entrata e
gli impieghi di
risorse ha una natura puramente finanziaria e descrive i flussi
di mezzi
finanziari entrati e utilizzati per la gestione tipica, senza
dare alcuna
informazione immediata sull’efficienza dell’attività, come
invece accade
per le imprese con conseguimento del reddito.
Negli Enti non Profit non vi è, quindi, reddito come nelle
imprese, bensì si
determinano avanzi o disavanzi di gestione, che hanno natura
innanzitutto
finanziaria.
II. Legge regionale E. Romagna n° 12/2005, art. 3, comma 2:
“Le organizzazioni di volontariato debbono esser caratterizzate
….
(omissis) .… dall’obbligatorietà del bilancio”
Non viene prevista nessuna forma particolare di bilancio o
rendiconto,
solo l’obbligo della sua redazione.
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Esempio di rendiconto finanziario (criterio di cassa)
Associazione xxx – Rendiconto esercizio 2015
Entrate
Uscite
I. QUOTE ASSOCIATIVE
II. CONTRIBUTI
Contributi degli aderenti (*);
Contributi di privati (*);
Contributi da Stato, Enti o Istituzioni Pubbliche (*);
Contributi di organismi internazionali (*);
Donazioni e lasciti testamentari (*).
III. RIMBORSI
Entrate da convenzioni con Enti Pubblici (*);
Rimborsi spese diversi.
IV. ENTRATE DERIVANTI DA ATTIVITA’ COMMERCIALI E PRODUTTIVE
MARGINALI
Entrate per cessioni di beni (*);
Entrate per prestazioni di servizi (*).
V. ENTRATE PER CORRISPETTIVI
DERIVANTI DA CESSIONI DI BENI E
PRESTAZIONI DI SERVIZI A PRIVATI
(diverse da quelle di cui al punto IV):
Entrate per cessioni di beni;
Entrate per prestazioni di servizi.
I. USCITE PER ATTIVITA’ ISTITUZIONALI
Spese di segreteria (es. affitto, cancelleria, telefoniche,
ecc.);
Altri oneri e spese;
Spese per lavoro dipendente;
Compensi per collaborazioni coordinate e continuative;
Compensi per prestazioni occasionali;
Rimborsi spese agli aderenti volontari (*);
Altri rimborsi spese.
II. USCITE PER ATTIVITA’ COMMERCIALI E PRODUTTIVE MARGINALI:
Uscite di gestione;
Spese per lavoro dipendente;
Compensi per collaborazioni coordinate e continuative;
Compensi per prestazioni occasionali;
Rimborsi spese agli aderenti volontari;
Altri rimborsi spese.
III. USCITE PER CORRISPETTIVI DERIVANTI DA CESSIONI DI BENI
E
PRESTAZIONI DI SERVIZI A PRIVATI
(diverse da quelle di cui al punto II):
Uscite di gestione;
Spese per lavoro dipendente;
Compensi per collaborazioni coordinate e continuative;
Compensi per prestazioni occasionali;
Rimborsi spese agli aderenti volontari;
Altri rimborsi spese;
Altro.
(*) = Voci obbligatorie
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Il solo rendiconto finanziario non fornisce tuttavia altre
informazioni
rilevanti, come la consistenza del patrimonio
dell’associazione.
E’ opportuno pertanto allegare un elenco dei beni e dei
crediti/debiti
esistenti alla fine dell’esercizio.
Esempio:
Attività e passività sociali al 31.12.2015
ATTIVITA’
PASSIVITA’
Computer Olivetti acquistato 15.12.2015, ecc. € 800,00
Stampante HP 2000 € 400,00
N° 1 scrivania 1999 € 200,00
N° 3 sedie pieghevoli € 180,00
TOTALE IMMOBILIZZ. €
1.580,00
+ Contributo Comune di
Parma deliberato nel 2015
ma non ancora incassato € 2.500,00
TOTALE ATTIVO € 4.080,00
Fatt. acquisto Computer Olivetti 15.12.2015 € 800,00
Socio Rossi Mario
c/o anticipazioni da
rimborsare € 1.500,00
TOTALE PASSIVO € 2.300,00
NOTE:
1. La scrivania e le sedie, acquistate nel 2010 ad un costo di €
380,00, sono valutabili a tutt’oggi complessivamente in non più di
€ 100,00;
2. L’associazione e’ inoltre proprietaria di n° 56 volumi di
argomento (…) ricevuti in donazione, ai quali non e’ possibile
attribuire un valore
commerciale.
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RENDICONTO - REGOLE GENERALI:
Non esiste una scadenza di legge per l’approvazione del
rendiconto da parte dell’assemblea dei soci; si fa quindi
riferimento al termine
statutario (in genere entro i quattro mesi dalla chiusura
dell’anno
sociale);
Il rendiconto non deve essere pubblicato ne’ depositato presso
alcun ente od ufficio pubblico (diversamente dalle società
commerciali);
Deve però essere conservato presso la sede dell’ente (o presso
il legale rappresentante) per:
a. essere liberamente consultato dai soci; b. eventuali
controlli da parte delle autorità competenti:
1. Regione quale Associazione di Promozione Sociale ex Legge
383/2000 o O.D.V. ex L. 266/91;
2. Amministrazione finanziaria se viene svolta anche attività
comerciale;
3. Altri enti pubblici o privati che, per effetto di calusole
contrattuali o convenzionali, abbiano il diritto di ispezionare
contabilità e
bilancio a fronte dell’elargizione di contributi.
Quando le caratteristiche e le dimensioni dell’associazione lo
richiedono, il bilancio può essere accompagnato da una relazione
sulla gestione (o
relazione sociale) dell’esercizio, che descriva
sinteticamente:
1. Ambito di operatività (es. minori, handicappati, ecc.),
numero dei soci e volontari attivi, numero di dipendenti e
collaboratori, luogo di
attività ed eventuali sedi distaccate dell’associazione;
2. Iniziative e manifestazioni principali svolte durante l’anno;
3. Eventuali rapporti con soggetti pubblici (es. per
convenzioni,
contributi ricevuti);
4. Progetti ed iniziative future; 5. Altro.
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RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO NAZIONALE DEI
DOTTORI COMMERCIALISTI
La Commissione Aziende Non Profit dell’allora Consiglio
Nazionale
dei Dottori Commercialisti è a suo tempo intervenuta per fornire
una guida
alla redazione del bilancio degli enti no-profit.
Il Bilancio, per poter soddisfare i requisiti di contenuto
minimo, deve
essere costituito dai seguenti documenti:
1. Stato Patrimoniale; 2. Rendiconto della Gestione; 3. Allegati
esplicativi: Nota integrativa e prospetto di movimentazione dei
fondi:
4. relazione sulla gestione (o anche relazione morale); 5.
relazione dell’organo incaricato del controllo ove previsto
(Collegio dei
revisori o sindacale).
Le modalità di rilevazione contabile e di rendicontazione sono
quelle
connesse al principio della competenza; tuttavia, per le realtà
che non
superino i € 50.000 di entrate annue, è ammessa la procedura
semplificata
di rilevazione contabile per cassa.
RENDICONTO PER RACCOLTE PUBBLICHE DI FONDI
Riferimenti normativi: D. Lgs. 460/97, art. 2 comma 1 e art. 8
comma 1.
Se l’ente effettua raccolte pubbliche di fondi
in via occasionale (deve essere ancora emanato un Decreto
Ministeriale che determini i parametri dell’occasionalità),
anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai
sovventori,
in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze, campagne di
sensibilizzazione (esempio banchetti con vendita di fiori ad
offerta, ma anche organizzazione di feste con servizio di bar e
ristorante – sempre rispettando le
condizioni della legge 266/91)
deve tenere un apposito e separato rendiconto.
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Tale documento deve essere redatto:
1. indipendentemente dalla redazione del bilancio annuale
dell’ente; 2. entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio
sociale; 3. con sintesi delle entrate e delle spese relative alla
manifestazione; 4. eventualmente allegando anche una relazione
illustrativa; 5. da conservarsi per almeno 5 anni.
Esempio di rendiconto per raccolte pubbliche di fondi
Entrate Uscite
Liberalità ed offerte da privati;
Contributi da aziende;
Contributi da enti pubblici;
Entrate da cessione di beni;
Entrate da prestazioni di servizi.
Altri proventi
Disavanzo
Acquisti di beni e servizi;
Prestazioni di lavoro dipendente;
Collaborazioni e prestazioni occasionali
Avanzo
Note:
La manifestazione si e’ svolta dal giorno ….. al giorno ……
presso il/i seguente/i luogo/i: …….;
L’evento e’ stato organizzato in concomitanza della campagna ……
(o dell’anniversario ….. );
La raccolta e’ stata effettuata mediante offerta dei seguenti
beni: ……, e/o dei seguenti servizi ………. ;
Il ricavato, al netto delle spese sostenute, verrà/e’ stato
utilizzato per le seguenti iniziative istituzionali
dell’associazione …………-
Segue breve relazione illustrativa.
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COSA CAMBIERA’ CON LA RIFORMA DEL TERZO
SETTORE???
La legge Delega di Riforma del Terzo Settore all’Art.4, comma f)
afferma
che:” occorre individuare criteri che consentano di distinguere,
nella
tenuta della contabilità e dei rendiconti, la diversa natura
delle poste
contabili in relazione al perseguimento dell’oggetto sociale e
definire
criteri e vincoli in base ai quali l’attività di impresa svolta
dall’Ente in
forma non prevalente e non stabile risulta finalizzata alla
realizzazione
degli scopi istituzionali.”
Fino ad oggi le norme legate all’obbligo di tenuta della
contabilità, per gli
Enti non Profit sono state frammentarie e assai poco organiche.
Gli
obblighi di tenuta della contabilità esistono solo in maniera
implicita, in
quanto strettamente legati alla redazione del bilancio e/o del
rendiconto
finanziario e alla possibilità di valutazione dei risultati
dell’ente del quale
l’amministratore è responsabile. Ciò ha comportato nel corso
degli anni,
enormi problemi, a chi ha avuto bisogno di rendicontare
quotidianamente
in maniera trasparente, ai propri stakeholder, l’esito e la
governance
dell’attività.
Per sopperire a questa mancanza, e per fornire al mondo degli
Enti non
Profit punti di riferimento operativi, il mondo delle
professioni e altre
organizzazioni, hanno progressivamente definito raccomandazioni
e linee
guida per la predisposizione di “un sistema di bilancio”
coerente con le
esigenze informative di tutti gli stakeholder.
I principi e le linee guida di rendicontazione, maggiormente
diffusi, sono
principalmente quelli emanati da 3 operatori:
1) I due principi contabili per gli Enti non Profit emanati
congiuntamente,
tra il 2011 e il 2012, dall’Organismo Italiano di Contabilità
(OIC), dal
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti
Contabili
(CNDCEC) e dall’Agenzia per le Onlus;
2) Le raccomandazioni economico-contabili per gli Enti Non
Profit emanati
dal CNDCEC tra il 2004 e il 2010;
3) Le “Linee guida e schemi per la redazione dei bilanci di
esercizio degli
Enti non Profit” emanati dall’Agenzia per le Onlus nel 2009.
Inutile forse dire che all’interno di questi documenti già
sussistono gli
strumenti per rispondere pienamente a quanto richiesto dal comma
f)
dell’articolo 4, prima citato. Si dovrà partire proprio da
questi strumenti di
analisi per trovare soluzioni migliori al fine di rendere più
trasparenti e
leggibili le mission del mondo del non profit.
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ASPETTI FISCALI DELLE ORGANIZZAZIONI DI
VOLONTARIATO
Principio di portata generale:
gli enti non commerciali, se esercitano una qualsiasi attività
commerciale,
relativamente ad essa sono soggetti agli obblighi di contabilità
e di
imposta al pari delle società ed enti commerciali.
L’applicazione di questo principio normativo è stata, nel
tempo,
modificata, a seguito dell’emanazione di leggi speciali studiate
per
agevolare determinati soggetti o determinate attività svolte da
“enti non
profit”.
RIFERIMENTI LEGISLATIVI (i più rilevanti):
IV. T.U.I.R. 917/86, (artt. da 143 a 150): disciplina dei
redditi delle associazioni ed enti non commerciali;
V. D.P.R. 633/72: disciplina I.V.A. delle associazioni ed enti
non commerciali;
VI. D. Lgs. n° 446 del 15.12.1997: istituzione dell’IRAP.
VII. Legge 398/91: regime forfettario IVA e redditi per le
associazioni senza scopo di
lucro e sportive dilettantistiche (volume di ricavi annuo non
superiore
ad € 250.000,00);
VIII. Legge 266/91 (art. 8): disciplina fiscale delle
Organizzazioni di Volontariato iscritte ai
registri regionali;
IX. D. Lgs. n° 460 del 4.12.1997: disciplina delle O.N.L.U.S. ed
enti non commerciali;
X. Legge n° 383 del 7.12.2000: disciplina delle associazioni di
promozione sociale;
A seconda della qualificazione degli enti (associazione
generica,
Organizzazione di volontariato ex Legge 266/91, ONLUS,
Promozione
Sociale, ecc.), a sua volta discendente dalla tipologia di
attività esercitata,
sono applicabili alternativamente o cumulativamente le predette
fonti
normative.
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QUANDO UN ENTE SI CONSIDERA NON COMMERCIALE?
Occorre verificare:
Forma giuridica (es. le società quali S.p.A., S.r.L., S.n.C.
ecc. sono sempre considerate enti commerciali);
Requisiti formali dello statuto (l’attività principale deve
essere di tipo non lucrativo – cosiddetta attività
“istituzionale”);
Il tipo di attività effettivamente esercitata (l’attività
prevalente non deve comunque essere di tipo commerciale).
Il corretto inquadramento di un’associazione nel settore degli
enti
commerciali e degli e.n.c. è molto importante, perché porta
all’applicazione
di differenti regimi fiscali.
Per le associazioni generiche (non ONLUS) il mantenimento
della
qualifica di ente non commerciale è legato al fatto che
l’attività
istituzionale deve sempre essere “prevalente” rispetto alle
attività
commerciali.
COME SI MISURA LA PREVALENZA?
Ai fini fiscali l’art. 149 del T.U.I.R. offre vari indici
presuntivi, che
non vanno applicati in modo meccanico, ma che nel loro complesso
e
assieme ad altri elementi di valutazione raccolti dal fisco,
possono
costituire la base per eventuali accertamenti.
Gli indici presuntivi sono i seguenti:
a) prevalenza delle immobilizzazioni relative all’attività
commerciale, al netto degli ammortamenti, rispetto alle restanti
attività;
b) prevalenza dei ricavi derivanti da attività commerciali
rispetto al valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti
le attività istituzionali
c) prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali
rispetto alle entrate istituzionali (contributi, sovvenzioni,
liberalità, quote associative)
d) prevalenza delle componenti negative inerenti all’attività
commerciale rispetto alle restanti spese.
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PRINCIPALI NORME AGEVOLATIVE PER GLI
ENTI NON COMMERCIALI
1. RACCOLTE PUBBLICHE FONDI OCCASIONALI
L'art. 143, comma 3, lett. a), del T.U.I.R. prevede che i fondi
raccolti
in generale dagli enti non commerciali:
a) non concorrono alla formazione del reddito
b) non siano soggetti ad IVA
c) siano esenti da ogni altro tributo (statale) in astratto
ipotizzabile
se rispettano i seguenti requisiti:
1. si tratti di raccolte pubbliche 2. effettuate occasionalmente
(il Ministero delle Finanze non ha ancora
emanato il previsto decreto per fissare i limiti della
occasionalità)
3. in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di
sensibilizzazione.
E' consentito anche che, in tali occasioni, gli enti offrano ai
sovventori:
- dei beni di modico valore (es. le arance, le azalee, e
simili)
- e/o dei servizi (es. alimenti e bevande).
A fronte di tale agevolazione l'art. 20, 2^ comma, del D.P.R.
600/73,
impone l'obbligo, a prescindere dalla tipologia di ente non
commerciale, di
" …redigere, entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio,
un apposito e
separato rendiconto ... dal quale devono risultare, anche a
mezzo di una
relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente, le entrate
e le spese
relative a ciascuna delle celebrazioni, ricorrenze o campagne
di
sensibilizzazione ...". Il rendiconto deve essere tenuto agli
atti fino a
quando non siano scaduti i termini per gli accertamenti fiscali
(in genere 5
anni salvo proroghe).
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2. LE ATTIVITA’ ISTITUZIONALI
DECOMMERCIALIZZATE
Vari tipi di prestazioni di servizi svolte verso corrispettivo
dagli enti
non commerciali di tipo associativo, possono godere di un regime
fiscale di
favore, se svolte nel rispetto di determinati requisiti formali
e sostanziali.
Si tratta di molteplici attività a pagamento a favore dei soci,
tra cui si
segnalano, a titolo esemplificativo:
corsi svolti nei confronti dei soci;
affitto strutture sportive a favore dei soci;
gestione diretta di un bar interno al circolo (ma vd. ulteriori
requisiti);
pubblicazione di un bollettino;
gestione di spettacoli per i soci.
La disciplina fiscale di favore è contenuta principalmente
nell’art.
148 del T.U.I.R. (e nell’art. 4 ai fini IVA).
L’agevolazione consiste nel non considerare “imprese
commerciali”
alcune attività che, per loro natura, sarebbero sicuramente
tali. In questo
senso si usa il termine di attività “decommercializzate”
Le associazioni che possono godere del regime agevolato ex art.
148
TUIR sono le seguenti (la grande maggioranza delle associazioni
esistenti
in Italia):
politiche
sindacali
di categoria
religiose
assistenziali
culturali
sportive dilettantistiche
di promozione sociale (-> tra cui c’è il volontariato)
di formazione extrascolastica della persona (-> es.
università degli adulti).
Le attività agevolate, per la generalità delle associazioni,
sono le
seguenti:
attività di prestazioni di servizi svolte in diretta attuazione
degli scopi istituzionali (anche in presenza di corrispettivi
specifici)
cessione (a pagamento) di proprie pubblicazioni ai soci
cessione (a pagamento) di proprie pubblicazioni anche a non soci
(purché in modo non prevalente rispetto alle cessioni ai soci)
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per le sole associazioni di promozione sociale (nel senso di
iscritte
nei registri tenuti presso il Ministero dell’Interno ai sensi
della Legge 25
agosto 1991, n. 287) sono agevolabili anche le seguenti
attività:
somministrazione di alimenti e bevande (-> bar) svolta presso
le sedi istituzionali
organizzazione di viaggi (N.B.: applicazione dell’IVA
ordinaria)
organizzazione di soggiorni turistici (N.B.: applicazione
dell’IVA ordinaria)
E’ necessario che i fruitori (paganti) del servizio siano
esclusivamente i soci (e per le sole a.p.s., anche i familiari
conviventi).
L’esclusione da imposizione opera, dal 2009, a condizione
che
l’associazione adempia alla comunicazione in via telematica
all’Agenzia
delle Entrate di dati e notizie a carattere fiscale (cosiddetto
Modello EAS),
di cui all’art. 30 del D.L. 185/2008, pena la assoggettabilità a
tassazione di
tali proventi (vd. oltre).
L’art. 148, 4^ comma, del T.U.I.R. prevede, infine, che in ogni
caso
determinate attività siano sempre “commerciali”, fra cui:
a) cessione di beni nuovi prodotti per la vendita (->
commercio) b) somministrazione di pasti (->bar e ristoranti) c)
organizzazione di viaggi e soggiorni turistici d) prestazioni
alberghiere e di alloggio (-> strutture ricettive) e)
prestazioni di trasporto f) gestione di spacci aziendali g)
gestione di mense h) pubblicità commerciale (-> anche
sponsorizzazioni) i) gestione di fiere ed esposizioni a carattere
commerciale j) telecomunicazioni e radiodiffusioni.
Queste ultime attività sono sempre considerate “commerciali”,
anche se
svolte verso i soci, per cui sono soggette a tutte le regole
fiscali ordinarie
(IVA, IRES, IRAP, scritture contabili, ecc.).
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3. ORGANIZZAZIONI NON LUCRATIVE DI UTILITA’
SOCIALE (O.N.L.U.S.) D. LGS. 460/97
Associazioni (di volontariato o non), comitati, fondazioni,
società
cooperative ed in generale enti non commerciali possono assumere
la
qualifica di ONLUS.
Esse devono innanzitutto esercitare una o più delle seguenti
attività,
caratterizzata dall’esclusivo perseguimento di finalità di
solidarietà sociale:
1) assistenza sociale e socio-sanitaria; 2) assistenza
sanitaria; 3) beneficenza; 4) istruzione; 5) formazione; 6) sport
dilettantistico; 7) tutela, promozione e valorizzazione delle cose
d’interesse artistico e
storico ex Legge 1089/39;
8) tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente; 9)
promozione della cultura e dell’arte; 10) tutela dei diritti
civili; 11) ricerca scientifica di particolare interesse
sociale.
Gli statuti debbono prevedere:
il divieto di svolgere attività diverse da quelle sopra
elencate;
il divieto di distribuzione, anche indiretto, di utili e
l’obbligo di impiegarli per la realizzazione delle attività
istituzionali e quelle ad esse
connesse;
in caso di scioglimento, l’obbligo di devolvere il patrimonio ad
altre ONLUS aventi finalità analoghe;
garantire agli associati l’effettività dei diritti (di voto, di
partecipazione, di nomina dei rappresentanti);
obbligo di redazione di un bilancio o rendiconto;
l’uso, nella denominazione e nella corrispondenza, della sigla
“ONLUS”.
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SERIE “A”- Se la ONLUS svolge attività di:
- assistenza sociale e socio-sanitaria; - beneficenza; - tutela,
promozione e valorizzazione delle cose d’interesse artistico e
storico ex Legge 1089/39;
- tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente; -
ricerca scientifica di particolare interesse sociale; - promozione
della cultura e dell’arte (per la quale sono riconosciuti
apporti dallo Stato),
allora il perseguimento di esclusiva finalità sociale si ha
sempre e
comunque, indipendentemente dalla qualifica dei beneficiari.
SERIE “B” - Se la ONLUS svolge attività di:
- assistenza sanitaria; - istruzione; - formazione; - sport
dilettantistico; - promozione della cultura e dell’arte; - tutela
dei diritti civili,
il perseguimento di esclusiva finalità sociale si ha solo
quando:
1. l’attivita’ viene svolta prevalentemente nei confronti di
persone svantaggiate (per condizioni fisiche, psichiche,
economiche, sociali e
familiari);
2. L’attivita’ nei confronti di persone non svantaggiate
(direttamente connessa) deve generare proventi non superiori al 66%
del totale
delle spese complessive dell’organizzazione.
In particolare, le Organizzazioni di Volontariato iscritte
all’albo ex Legge
266/91, le cooperative sociali e le O.N.G. sono in ogni caso
considerate
ONLUS (ONLUS cosiddette “di diritto”),
salvo che svolgano attività commerciale eccedente i limiti
di
marginalità di cui a D.M. 25.5.2005 (VD. OLTRE).
Per esse vale il regime cosiddetto di maggior favore (art. 10,
comma 8).
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ONLUS – EROGAZIONI LIBERALI (art. 13 D. Lgs 460/97)
Dal 1.1.1998 è ammessa la deducibilità dalle imposte sui
redditi
(IRPEF/IRES) di offerte o erogazioni liberali alle ONLUS, con
modalità
differenti.
A seconda dei soggetti eroganti si distinguono:
PERSONE FISICHE Per esse è riconosciuta una detrazione d’imposta
IRPEF pari al 26%
(dall’anno d’imposta 2014) delle erogazioni liberali e donazioni
effettuate a
favore di ONLUS, entro un limite complessivo annuo – dal 2015 -
di €
30.000,00 (sino al 2014 il limite era di € 2.065,83 - art. 15
comma 1.1,
D.P.R. 917/86).
Pertanto il massimo detraibile è pari ad € 30.000,00 x 26% =
7.800,00.
Ciò a condizione che il versamento avvenga tramite:
banca o ufficio postale (preferibilmente bonifico o bollettino
di c/c postale);
carte di credito, Paypal, Postepay ecc.;
assegni bancari o circolari direttamente intestati alla ONLUS
(in tal caso si consiglia di conservare la fotocopia
dell’assegno).
E’ inoltre fortemente consigliato rilasciare una ricevuta, dalla
quale si rilevi
la qualità di ONLUS. L’intera documentazione deve essere
conservata dal
donante entro i termini ordinari di accertamento (5 anni).
IMPRESE
- OFFERTE IN CONTANTI. E’ ammessa la deducibilità dal reddito di
impresa (ai fini IRES) delle
erogazioni liberali per un importo non superiore,
alternativamente, a €
30.000,00 (dal 2015) o al 2% del reddito di impresa (da
intendersi che si
può prendere come limite il maggiore tra i due valori).
Esempio:
1. Reddito di impresa € 50.000,00: max. deducibile € 30.000,00;
2. Reddito di impresa € 2.000.000,00: max. deducibile € 30.000,00
(2%).
N.B. Nel caso in cui la deduzione risulti indebita per
l’insussistenza dei
caratteri solidaristici e sociali dichiarati in comunicazioni
rivolte al
pubblico o rappresentati a chi effettua l’erogazione, l’ente
beneficiario e i
suoi amministratori sono obbligati in solido con coloro che
hanno donato
per le maggiori imposte accertate e per le sanzioni
applicate.
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- OFFERTE IN NATURA
La cessione gratuita di beni prodotti o commercializzati
dall’impresa
non è considerata reddito (ed è esente anche da IVA), per un
importo
massimo di € 1.032,91 (pari al costo sostenuto dall’impresa per
la loro
produzione o acquisto), importo che comunque fa cumulo con il
limite di
cui sopra valido per le offerte in contanti (€ 2.065,83 o 2% del
reddito).
Non esistono limiti di importo, invece, per la cessione di
derrate
alimentari e prodotti farmaceutici donati in alternativa alla
usuale
eliminazione commerciale (es. difetto di confezionamento,
prossimità della
scadenza, ecc.).
Infine, dal 1.1.2008, sono deducibili anche le donazioni ad
ONLUS di
beni prodotti o commercializzati dall’impresa, diversi da
derrate alimentari
e prodotti farmaceutici, che presentano imperfezioni, vizi,
danni ecc. tali da
non consentirne la commercializzazione: l’agevolazione spetta
entro il
limite del 5% del reddito d’impresa dichiarato.
Esempi:
1. Donazione di € 1.291,14 in contanti: la ditta può effettuare
donazione di merce di propria produzione o commercio fino a €
774,69 (se il limite
max di deducibilità e’ € 2.065,83);
2. Donazione di € 516,46 in contanti: la ditta può effettuare
donazione di merce di propria produzione o commercio fino a €
1.291,14;
3. Donazione di € 516,46 in contanti: la ditta può effettuare
donazione di merce di propria produzione o commercio senza limiti,
purché sia
rappresentata da derrate alimentari e farmaceutici “in
scadenza”.
4. In ogni caso, in aggiunta a quanto previsto nei precedenti
casi 1, 2 e 3, è comunque possibile effettuare donazioni di merce
di propria produzione
o commercio “difettata” nel limite del 5% del reddito
d’impresa.
In ogni caso per la cessione di beni prodotti dall’impresa sono
necessarie:
una comunicazione preventiva della ditta, mediante raccomandata
con avviso di ricevimento, all’Agenzia delle Entrate (e al locale
comando
della G.d.F. se l’importo supera i € 5.164,57). Tale
raccomandata non e’
necessaria per le cessioni di beni deperibili o di modico
valore. La
raccomandata deve pervenire entro 5 gg. prima della consegna
della
merce e deve contenere i seguenti dati:
a. data, ora e luogo di inizio trasporto; b. luogo di
destinazione finale del trasporto; c. valore complessivo della
merce ceduta, sulla base del costo di
acquisto o produzione;
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d. natura, qualità e quantità della merce donata; e. dati
identificativi della ditta e dell’ONLUS ricevente.
La ditta deve accompagnare la merce con D.D.T. ed annotarne
qualità e
quantità dei beni sui registri IVA entro il giorno 15 del mese
successivo
alla donazione.
Una dichiarazione rilasciata all’impresa della ONLUS
beneficiaria, con la quale si dichiara:
a. La corrispondenza della natura, qualità e quantità della
merce ricevuta ai dati contenuti nel D.D.T.;
b. Il proprio impegno ad utilizzare direttamente i beni in
conformità alle finalità istituzionali.
La dichiarazione deve essere firmata dal legale rappresentante
della
ONLUS o da un soggetto da lui delegato, e, trattandosi di
una
dichiarazione sostitutiva di atto notorio deve essere allegata
la fotocopia
di un documento di identità del firmatario.
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(Esempio di ricevuta per erogazioni in denaro da privati o
imprese)
Associazione XYZ Via Mazzini, 10 – 43121 Parma C. Fisc.:
900015697236
Registro Regionale Volontariato n° 548/98
O.N.L.U.S.
Parma, 05.10.2015
RICEVUTA N° 20
Riceviamo da ___________ residente in ___________________ ,
P.IVA/Cod. Fisc. ________________________ la somma di € 500,00
a
titolo di erogazione liberale.
Esente da bollo ex art. 8, comma 1, legge 266/91
La presente ricevuta è titolo valido per la detrazione ai fini
delle imposte
sul reddito del soggetto erogante, ai sensi dell’art. 13 del
decreto legislativo
4.12.1997 n° 460 (per le A.P.S. art. 22 Legge 383/2000).
p. Associazione XYZ
(firma)
Riferimenti normativi:
- SOGGETTO PRIVATO: detrazione IRPEF ex art. 15, comma 1.1, (per
le A.P.S.
comma 1, lett. i-quater), D.P.R. 917/86;
- IMPRESA: deduzione IRES ex art. 100, comma 2, lett. h (per le
A.P.S. lett. l), D.P.R.
917/86.
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(Esempio di lettera da inviare agli uffici finanziari da parte
della ditta che
vuole donare merci)
OMEGA S.r.L. Supermercato Alimentari
Via Garibaldi, 10 – 43121 Parma
P. IVA: 000555650342
Parma, 05.10.2015
Spett.le
Agenzia delle Entrate di
43100 – Parma
Spett.le
Comando Guardia di Finanza
Via Torelli 18 – Parma
E, p.c. Spett.le
Associazione XYZ
Via Mazzini 10 - Parma
Raccomandata A.R.
Oggetto: donazione merci ad ONLUS.
Con la presente si comunica agli Uffici in indirizzo che, ai
sensi
dell’art. 13 D. Lgs 460/97, intendiamo donare una partita di
merci
all’Associazione XYZ, con sede in ________, C. Fisc.
_____________,
che gode dei requisiti ONLUS.
Si comunica quindi che:
Le merci sono di nostra proprietà e non sono più commerciabili
in quanto … (elencare la motivazione, es. presentano difetti di
confezionamento, sono prodotti non più in assortimento,
ecc.)
Il trasporto avverrà a cura dell’associazione il giorno _____
con inizio alle ore ____ ;
Luogo di destinazione: sede dell’associazione in via __________
;
La merce ha un valore complessivo, sulla base del costo
d’acquisto, pari a € 6.000,00, così suddivisi:
n° 500 pacchi di _______ ;
n° 200 pacchi di _______ ;
………..-
p. OMEGA S.r.L. (firma)
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LA DISCIPLINA FISCALE DELLE EROGAZIONI
LIBERALI “PIU’ DAI MENO VERSI”
La legge 14/05/2005 n. 80, all’art. 14, prevede una ulteriore
disciplina
agevolativa per le erogazioni liberali compiute in favore di
determinati enti
no profit.
Soggetto Donante: persone fisiche e soggetti Ires
Soggetto beneficiario: Organizzazioni non lucrative di utilità
sociali
(ONLUS) ex art. 10, commi 1, 8 e 9 del D. Lgs. 460/1997;
Associazioni di
Promozione Sociale (APS) iscritte nel registro nazionale di cui
all’art. 7,
commi 1 e 2 della L. 283/2000); Fondazioni e associazioni
riconosciute
aventi per oggetto statutario la tutela, la promozione e la
valorizzazione dei
beni di interesse artistico, storico e paesaggistico di cui al
D. Lgs. 42/2004.
Importo massimo deducibile: le erogazioni liberali effettuate in
denaro o in
natura sono deducibili dal reddito complessivo dichiarato del
soggetto
donante a condizione che sia rispettato il duplice limite
quantitativo
indicato nell’articolo di legge, rappresentato dal 10% del
reddito
complessivo dichiarato e comunque nella misura massima di
70.000,00
euro annui.
Le disposizioni contenute nella Legge 80/2005 integrano il
quadro
normativo esistente secondo il quale le erogazioni liberali sono
disciplinate
in linea di massima dagli artt. 15, comma 1, lettere i-bis) e
i-quater) e 100
comma 2 lettere h) e l) del TUIR, come già precedentemente
analizzato.
A tali norme, dunque, che continuano a rimanere in vigore, si
affiancano le
disposizioni contenute nella Legge 80/2005.
Questi due sistemi agevolativi non sono pertanto cumulabili,
ragion per cui,
sussistendo i presupposti applicativi di entrambi, il
contribuente dovrà
operare una scelta a favore dell’una oppure dell’altra
disciplina.
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Da osservare inoltre che per accedere alla deduzione, secondo
quanto
previsto dall’art. 14 comma 2, è necessario che il soggetto
beneficiario:
- tenga le scritture contabili atte a rappresentare con
completezza e
analiticità le operazioni poste in essere nel periodo di
gestione;
- rediga, entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, un
adeguato
documento illustrativo della situazione patrimoniale, economica
e
finanziaria.
La dottrina prevalente ritiene ormai necessario, per le ONLUS
che
vogliano accedere al nuovo regime della deducibilità fiscale
delle
donazioni, l’adozione della contabilità ordinaria (metodo della
partita
doppia); la presenza di una semplice contabilità tenuta mediante
la prima
nota cassa/banca non sarebbe pertanto sufficiente a questi fini.
In attesa di
eventuali chiarimenti ufficiali in materia, si consiglia
pertanto alle
associazioni che NON adottano la contabilità ordinaria di
comunicarlo ai
soggetti donanti, affinchè questi ultimi siano consapevoli del
rischio di
irrogazione di sanzioni in caso di controlli.
Da ultimo è opportuno segnalare che le disposizioni contenute
nella Legge
80/2005 non trovano applicazione nei confronti delle società di
persone
commerciali.
La L. 80/2005 prevede infine l’esenzione da tasse e imposte
indirette nel
caso di donazioni a favore di enti universitari e di ricerca, un
inasprimento
del regime sanzionatorio in materia di indebite deduzioni
dall’imponibile e
la responsabilità solidale tra soggetto erogatore ed ente
beneficiario.
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ATTIVITA’ ESERCITATE DALLE ORGANIZZAZIONI DI
VOLONTARIATO EX LEGGE 266/91
REGIME I.V.A.
Legge 266/91 – art. 8, comma 2: “Le operazioni effettuate
dalle
Organizzazioni di Volontariato … non si considerano cessioni di
beni ne’
prestazioni di servizi ai fini I.V.A.”
Ne discende dunque:
1. Non deve essere aperta Partita IVA; 2. Non devono essere
emesse ricevute o fatture con applicazione di IVA; 3. Non debbono
essere tenuti registri IVA acquisti e vendite; 4. Non deve essere
presentata denuncia annuale IVA.
Per quanto riguarda gli acquisti effettuati, le Associazioni di
Volontariato
non possono detrarre l’IVA addebitata, essendo equiparate a
privati
consumatori.
(L'Agenzia delle Entrate ha definitivamente escluso anche le
poche
eccezioni – ambulanze, natanti ed elicotteri da soccorso – che
in passato
erano state, per un breve periodo, ritenute ammissibili.)
Il Legislatore, con l’art. 96 della Legge 1/11/2000 e i
successivi decreti di
attuazione, ha istituto la possibilità per le OdV di acquisire
un contributo
per l’acquisto di “autoambulanze e di beni mobili iscritti in
pubblici
registri destinati ad attività antincendio da parte dei vigili
del fuoco
volontari”. Il contributo riconosciuto è pari al 20% del prezzo
complessivo
di acquisto ed è attribuito grazie all’applicazione di uno
sconto da parte del
venditore che poi, indicando la riduzione nella propria
dichiarazione dei
redditi, acquisisce un credito d’imposta da utilizzare in
compensazione
delle proprie imposte e contributi”.
Cosa succede nel caso in cui l’Associazione eserciti una
attività
commerciale abituale? La norma non è chiara, e consentiva, in
passato, due
diverse interpretazioni:
1. L’interpretazione letterale della legge portava ad affermare
l’esclusione da IVA per i proventi da attività commerciali
abituali;
2. L’interpretazione sistematica dell’intero provvedimento
legislativo, al contrario, faceva concludere per la necessità di
assoggettare ad
IVA i suddetti proventi.
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Il ministero, nelle poche occasioni in cui si era pronunciato,
aveva
generalmente escluso l’assoggettabilità ad IVA di tutte le
operazioni
effettuate dalle O.d.V. (soluzione 1).
Oggi, tuttavia, l’approvazione del D.L. 185/2008 (vd. oltre)
rende
oltremodo problematico, per una O.d.V., mantenere una
attività
commerciale con tanto di Partita IVA, anche in considerazione
degli
orientamenti assunti in proposito dai Registri Provinciali ex L.
266/91.
REGIME I.R.E.S.
Legge 266/91 – art. 8, comma 4: “I proventi derivanti da
attività
commerciali e produttive marginali non costituiscono redditi
imponibili ai
fini dell’Imposta sul reddito delle persone giuridiche (ora
IRES) qualora
sia documentato il loro totale impiego per fini
istituzionali”
Quali sono queste attività commerciali e produttive
marginali?
Lo stabilisce il Decreto del Ministero delle Finanze del
25.5.1995 (G.U. n°
134 del 10.6.95):
COMMA 1°
a) attività di vendita occasionali o iniziative occasionali di
solidarietà svolte nel corso di celebrazioni o ricorrenze o in
concomitanza a campagne di
sensibilizzazione pubblica verso i fini istituzionali
dell’organizzazione di
volontariato;
(esempio: vendite di magliette, gadgets, ecc., nel corso di
manifestazioni
a carattere occasionale; i beni rivenduti possono essere stati
acquistati
anche a titolo oneroso.
Viceversa, non si può definire attività marginale la gestione,
p. es., di un
punto vendita per commercio equo-solidale, se i prodotti ceduti
sono
stati acquistati a titolo oneroso; ciò in quanto manca il
requisito
dell’occasionalità);
b) attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo
gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia
curata direttamente
dall’organizzazione senza alcun intermediario;
(esempio: commercio di vestiti usati o altri beni ricevuti in
dono da
privati; questa attività può essere esercitata anche in via
continuativa,
utilizzando locali adibiti esclusivamente a tale scopo, dal
momento che
l’acquisizione dei beni successivamente rivenduti e’ a titolo
gratuito);
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c) cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari
semprechè la vendita dei prodotti sia curata direttamente
dall’organizzazione senza
alcun intermediario;
(esempio: vendita di manufatti in legno o carta prodotti
direttamente dai
volontari; anche in questo caso l’attività può essere esercitata
anche in
via continuativa, utilizzando locali adibiti esclusivamente a
tale scopo.
Vale la pena di ricordare che i soci non debbono ricevere
alcun
compenso per l’opera prestata, ma solo rimborsi per spese
sostenute per
conto dell’associazione);
d) attività di somministrazione di alimenti e bevande in
occasione di
raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili a carattere
occasionale;
(esempio: gestione di bar e ristorante nel corso di sagre
annuali o feste
patronali, anche per più giorni; l’occasionalità va valutata
caso per
caso, tenendo anche conto della durata della manifestazione.
Implicazioni con disciplina SIAE e diritti d’autore);
e) attività di prestazione di servizi rese in conformità alle
finalità
istituzionali, non riconducibili nell’ambito applicativo
dell’articolo 111,
comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R.,
917/86),
verso pagamento di corrispettivi specifici che non eccedano del
50% i
costi di diretta imputazione.
(esempio: corso di formazione organizzato dall’associazione; se
il totale
delle quote per partecipare al corso e’ di € 1.500,00, il totale
dei costi
sostenuti per la realizzazione dello stesso corso non deve
essere
inferiore a € 1.000,00. Fra le spese debbono essere inclusi i
soli costi
diretti, quali i compensi e rimborsi spese ai relatori,
cancelleria, affitto
della sala, copisteria, ecc.);
COMMA 2°
“Le attività devono essere svolte:
a. in funzione della realizzazione dei fini istituzionali
dell’organizzazione di volontariato iscritta nei registri di cui
all’art. 6;
b. senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per
fini di concorrenzialità sul mercato, quali l’uso di pubblicità dei
prodotti, di
insegne elettriche, di locali attrezzati secondo gli usi dei
corrispondenti
esercizi commerciali, di marchi di distinzione
dell’impresa.”
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Ciò significa che:
a. le organizzazioni di volontariato debbono esercitare queste
attività al solo scopo ultimo di conseguire l’oggetto principale
stabilito dallo
statuto; l’eventuale utile deve essere investito nelle attività
istituzionali
dell’ente;
b. Deve mancare un'organizzazione specifica di impresa, anche in
riferimento all’aspetto esteriore, in modo da evitare ogni rischio
di
“concorrenza sleale” nei confronti di soggetti che svolgono
professionalmente attività analoghe.
Occorre inoltre ricordare che per ciascuna raccolta pubblica di
fondi va
redatto un apposito rendiconto, da conservarsi per 5 anni (vd.
paragrafo
precedente).
Cosa succede se si eccedono i limiti della marginalità?
Esempi:
Gestione di bar e ristorante in via continuativa (manca il
requisito dell’occasionalità);
Prestazione di trasporto malati: prestazione pagata dall’utente
= € 1,00 al Km; costo kilometrico sostenuto dall’associazione = €
0,50 (ricarico del
200%, non viene rispettato il requisito del ricarico massimo del
150%).
L’interpretazione più sono due:
1) INTERPRETAZIONE RESTRITTIVA: l’associazione perde i benefici
fiscali, per cui i proventi conseguiti diventano soggetti alle
imposte ordinarie sui redditi (IRES, IRAP). In più, secondo
parte della
dottrina (confermata dai più recenti orientamenti dei
Registri
Provinciali del Volontariato), si perde automaticamente lo
“status” di
Organizzazione di volontariato, per cui si deve procedere
automaticamente alla cancellazione dal registro regionale.
2) INTERPRETAZIONE NON RESTRITTIVA: l’associazione, analogamente
al caso 1), perde i benefici fiscali relativi alle attività
commerciali e produttive marginali, ma NON viene cancellata
dall’albo.
3) D.L. N° 185/2008, ART. 30: PERDITA DELLA QUALIFICA DI ONLUS:
l’associazione, analogamente al caso 2), perde i benefici
derivanti dalla automatica iscrizione all’anagrafe delle ONLUS,
ma
non verrebbe cancellata dall’albo. E’ inoltre soggetta alla
comunicazione dei dati fiscali di cui allo stesso D.L.
185/2008.
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Il comportamento tenuto fino a poco tempo fa dagli enti preposti
alla
gestione del registro del volontariato (Regione, provincia) era
quello di
mantenere l’iscrizione al registro per le O.d.V. che esercitano
una attività
commerciale che eccede i limiti della marginalità.
Oggi, al contrario, si tende (perlomeno per quanto riguarda
l’Emilia
Romagna) a concludere per la cancellazione d’ufficio di tutte le
O.d.V. in
possesso di Partita IVA, in quanto prive dei requisiti di
iscrivibilità
all’Albo.
Mancano comunque pronunciamenti giurisprudenziali in
materia.
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ENTI NON COMMERCIALI – ADEMPIMENTI
I.R.A.P.
(D. Lgs. n° 446 del 15.12.1997)
Con decorrenza 1.1.1998 è stata istituita l’Imposta Regionale
sulle
Attività Produttive (I.R.A.P.).
Per gli enti non commerciali in particolare le modalità di
applicazione
sono diverse a seconda che:
1. Venga esercitata un attività commerciale; 2. Non venga
esercitata alcuna attività commerciale.
1. ESERCIZIO DI ATTIVITA’ COMMERCIALE.
In questo caso la base imponibile si determina sottraendo ai
ricavi
commerciali i costi commerciali, ad eccezione dei costi
sostenuti per
lavoro dipendente o assimilato, collaborazioni coordinate e
continuative
o prestazioni occasionali, ed escludendo proventi ed oneri
finanziari e
straordinari.
Attualmente è prevista una deduzione pari ad € 1.850,00 per
ogni
dipendente sino ad un n° massimo di 5 dipendenti (tale
deduzione
compete solo agli enti che svolgono attività commerciale con
proventi
annui inferiori ad € 400.000,00);
2. ESERCIZIO DI ATTIVITA’ NON COMMERCIALE.
La base imponibile si calcola sommando i seguenti importi:
retribuzioni spettanti (principio della competenza) al personale
dipendente, al netto degli eventuali contributi INPS e INAIL
dovuti;
non rilevano tuttavia le retribuzioni degli apprendisti ed ai
disabili, e
quelle relative ai dipendenti con contratto di formazione
lavoro.
redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (es. lavoratori
a progetto - collaboratori coordinati e continuativi, borse di
studio);
compensi erogati per prestazioni di lavoro autonomo occasionale.
Ad essi si applica la sola ritenuta IRPEF del 20%;
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Se sono stati sostenuti nell’anno costi di tale natura, l’ente
e’ obbligato
l’anno successivo alla presentazione della relativa denuncia
annuale IRAP
ed al versamento dell’imposta, pari in Emilia Romagna al 3,21%
per le sole
ONLUS (l’aliquota nazionale è al 3,90% dal 1.1.2008) della
base
imponibile.
La base imponibile deve essere preventivamente diminuita di
una
franchigia di € 8.000,00, qualora il valore della stessa base
imponibile non
superi l’importo di € 180.759,91.
Vi è altresì obbligo di versamento dell’acconto per l’anno in
corso, di
misura variabile di anno in anno, dell’imposta relativa all’anno
precedente,
suddiviso in 2 rate (40% e 60%).
In ogni caso se le attività esercitate sono occasionali, esse
sono escluse
dalla base imponibile IRAP, dato il presupposto di legge: “…
esercizio
abituale di una attività di produzione o di scambio di beni, o
di produzione
di servizi…” – art. 2 D. Lgs. 446/97.
ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO – ALTRE
IMPOSTE INDIRETTE
IMPOSTA DI REGISTRO
Dal 1.1.2014 è stata eliminata l’agevolazione consistente
nell’applicazione
per le O.d.V. dell’imposta di Registro in cifra fissa (€ 200,00)
per gli atti
relativi ad acquisti di immobili, onde si applica l’ordinaria
aliquota
proporzionale. Per tutti gli altri atti delle O.d.V. l’imposta
non si applica
per tutti gli atti connessi allo svolgimento della loro attività
(art. 8, comma
1, legge 266/91).
IMPOSTA DI BOLLO
Per le ONLUS l’imposta di Bollo non si applica per gli atti,
documenti,
istanze, contratti, copie, estratti, certificazioni,
dichiarazioni, attestazioni,
posti in essere o richiesti.
Per le O.d.V. l’esenzione è prevista solo per gli ATTI (quindi
si applica la
normativa ONLUS in quanto più favorevole).
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TASSE SULLE CONCESSIONI GOVERNATIVE
Esenzione totale per le ONLUS (Art. 18 D. Lgs. 460/97), compresa
tassa
applicata ai telefoni cellulari.
TRIBUTI LOCALI
La legge sulle ONLUS (Art. 21 D. Lgs. 460/97) prevede che gli
enti locali
(comuni, province, regioni) possono stabilire esenzioni parziali
o totali per
i tributi di loro pertinenza, quali I.M.U., TOSAP, TARI (Tassa
rifiuti).
Dal 1.1.2005 vige l’esenzione dall’Imposta sulla pubblicità e,
in particolari
condizioni (affissione curata direttamente dall’associazione;
patrocinio o
partecipazione degli enti pubblici territoriali) anche
l’esenzione del diritto
sulle pubbliche affissioni).
(Comune di Parma: possibilità di richiedere l’esenzione da TARI
le
ONLUS a determinate condizioni)
I.M.U. (IMPOSTA MUNICIPALE UNICA)
Il comma 8 dell’art. 9 D.Lgs. n. 23/2011 (che ha istituito
l’IMU) dispone
che si applica all’I.M.U. l’esenzione prevista dalla norma (Art.
7, lett. i), D.
Lgs. 504/1992), recante disposizioni in materia di esenzione ICI
per gli enti
non commerciali (anche non ONLUS), relativamente agli
immobili
destinati esclusivamente allo svolgimento di attività
assistenziali,
previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche,
ricettive, culturali,
ricreative e sportive.
L’art. 91 bis, comma 3 del D. Lgs. 1/12 ha disposto che la
suddetta
esenzione si applica in proporzione all’utilizzazione non
commerciale
dell’immobile, quale risulta da specifica dichiarazione che ha
trovato la
veste definitiva, unitamente alle relative istruzioni, con il
D.M. 26/06/2014.
La comunicazione da effettuarsi mediante l’utilizzo di tale
modello esplica
i suoi effetti a decorrere dall’anno di imposta 2012 tanto ai
fini dell’IMU
quanto ai fini della TASI.
La dichiarazione, di regola, va presentata entro il 30 giugno
dell’anno
successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto
inizio o sono
intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione
dell’imposta.
La dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi sempre
che non si
verifichino modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui
consegua un
diverso ammontare dell’imposta dovuta.
Per le attività ad uso promiscuo esistono tabelle differenziate
per settore di
attività (assistenziali e sanitarie, didattiche, ricettive e
sportive) e in base
all’individuazione di tre parametri (spazio, destinatari e
tempo) che
determinano una percentuale da applicare alla rendita
catastale
dell’immobile destinato ad uso promiscuo.
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IMPOSTA SUGLI INTRATTENIMENTI
La legge ONLUS prevede (Art. 23 D. Lgs. 460/97) l’esenzione
dall’imposta sugli intrattenimenti (ex spettacoli) (ma non dai
diritti
d’autore) per le manifestazioni occasionali (orientativamente
non più di tre
all’anno) organizzate in concomitanza di celebrazioni,
ricorrenze o
campagne di sensibilizzazione.
Si attende un decreto del Min. delle Finanze che fissi i criteri
per stabilire
condizioni e limiti dell’occasionalità di un evento.
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COMUNICAZIONE DATI E NOTIZIE A CARATTERE
FISCALE (“MODELLO EAS”)
L’art. 30 del D.L. 185/2008 (convertito nella Legge n° 2 del
28.1.209)
introduce un nuovo obbligo per gli enti non profit: la
trasmissione, in via
telematica all’Agenzia delle Entrate (direttamente o tramite
intermediario),
di dati e notizie a fini fiscali (cosiddetto Modello EAS).
Tale modello, approvato il 2.9.2009, contiene una serie di
informazioni da fornire sull’attività svolta dall’associazione,
compresi
alcuni dati di bilancio e sul vigente statuto, e doveva essere
inviato in via
telematica entro il termine, per l’anno 2009, del 15 dicembre
2009 (termine
poi prorogato al 31.3.2011).
Per i nuovi enti non profit, tale modello deve essere compilato
entro
60 giorni dalla data di costituzione; a regime, il modello va
inoltre
presentato entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in
qui si sono
verificate variazioni “significative” (es. oggetto sociale).
Sono esonerati da tale adempimento:
1. le Organizzazioni di Volontariato regolarmente iscritte nei
registri ex L. 266/91, a condizione che non svolgano attività
commerciali
diverse da quelle considerate “marginali” elencate nel
Decreto
Interministeriale del 25.5.1995. Diversamente, le O.d.V.
sono
obbligate alla comunicazione, e non sono più considerate
ONLUS
“di diritto” ai sensi dell’art. 10, comma 8, D. Lgs. 460/97,
con
l’eliminazione dei relativi benefici fiscali;
2. le associazioni pro-loco che optano per il regime forfettario
di cui alla Legge 398/91;
3. le associazioni sportive dilettantistiche iscritte nel
registro tenuto presso il CONI che non svolgono attività
commerciale.
4. ONLUS iscritte alla relativa Anagrafe, ivi comprese le ONLUS
di diritto (oltre a Organizzazioni di Volontariato ex L. 266/91,
anche
Coop Sociali e Organizzazioni Non Governative).
5. Enti privi di natura associativa (es. Fondazioni); 6. Enti di
diritto pubblico; 7. Enti destinatari di una specifica disciplina
fiscale (es. fondi
pensione).
Secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, al di
fuori dei
casi sopraelencati, tutte le associazioni che riscuotono
proventi da
prestazioni di servizi ai soci, o anche semplicemente che
riscuotono quote associative dagli stessi soci, sono tenute a tale
adempimento.
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SOGGETTI AMMESSI A COMPILAZIONE “SEMPLIFICATA”
DEL MODELLO EAS
E’ stato stabilito, con provvedimento del 29.10.09, che
determinate
tipologie di soggetti, iscritti in pubblici registri, possono
trasmettere il
modello EAS in forma semplificata. Trattasi di:
a. Associazioni di Promozione Sociale iscritte nei registri di
cui alla Legge 383/2000.
b. Organizzazioni di Volontariato iscritte nei registri ex L.
266/91, e che svolgono attività commerciali diverse da quelle
“marginali” elencate nel
D.M. 25.5.1995;
c. associazioni sportive dilettantistiche iscritte nel registro
tenuto presso il CONI (diverse da quelle che non svolgono attività
commerciale,
esonerate del tutto dall’obbligo);
d. Associazioni dotate di personalità giuridica; e. Associazioni
religiose riconosciute dal Ministero dell’Interno o
riconosciute da associazioni con le quali lo Stato ha stipulato
patti,
accordi o intese;
f. Associazioni sindacali e di categoria rappresentate nel CNEL
o disciplinate normativamente, le loro articolazioni territoriali
ed i loro
patronati;
g. Associazioni riconosciute di ricerca scientifica individuate
con D.P.C.M.
Questi soggetti possono limitarsi a compilare solamente il
primo
riquadro del modello EAS contenente i dati identificativi
dell’ente e del
rappresentante legale, ed i dati di cui ai righi 4), 5), 6),
25), e 26). Le
Associazioni sportive compileranno altresì il rigo 20) mentre
le
associazioni con personalità giuridica dovranno barrare “si”
nella casella
3).
L’Agenzia delle Entrate, pertanto, potrà richiedere
ulteriori
informazioni presso i pubblici registri nei quali le
associazioni sono iscritte,
o direttamente alle singole associazioni.
La sanzione per il mancato invio del Modello EAS risulta essere
la
perdita dell’esenzione da imposizione fiscale per le suddette
entrate (quote
associative, proventi da attività di servizi nei confronti dei
soci, altre
attività commerciali) e quindi la loro tassabilità.
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RIPARTIZIONE DEL 5 PER MILLE IRPEF
Le Organizzazioni di Volontariato regolarmente iscritte nei
registri
nazionali, regionali e provinciali, al pari di altri soggetti
(ONLUS,
Organizzazioni di Promozione Sociale, Cooperative Sociali,
associazioni
riconosciute che operano nei settori di cui all’art. 10 D. Lgs.
460/97,
Fondazioni nazionali di carattere culturale, associazioni
sportive
dilettantistiche, Comuni per le attività sociali), possono
partecipare al
riparto del 5 per mille dell’IRPEF, secondo un meccanismo
analogo a
quello da tempo in vigore per la scelta dell'8 per mille da
destinare alle
varie confessioni religiose.
I contribuenti, pertanto, in sede di compilazione della
propria
dichiarazione dei redditi, possono decidere di destinare il 5
per mille della
propria IRPEF ad enti di volontariato, ricerca scientifica e
ricerca sanitaria,
comune di residenza ed Associazioni Sportive Dilettantistiche
(A.S.D.),
eventualmente indicando il codice fiscale del soggetto
beneficiario.
Per l'anno d'imposta 2015 (Mod. 730 o UNICO da presentare
nell'anno 2016), come da procedura ormai consolidata, gli enti
interessati
dovevano inoltrare apposita domanda all'Agenzia delle
Entrate,
esclusivamente in via telematica registrandosi al servizio
Entratel o a
mezzo intermediari abilitati, entro il termine del 7 maggio
2016;
successivamente, entro il 30 Giugno 2016, a pena di decadenza
del
beneficio, occorreva inviare alla Direzione Regionale
dell’Agenzia delle
Entrate (al CONI per le A.S.D.) competente per territorio, a
mezzo
raccomandata A.R., apposita autocertificazione di persistenza
dei requisiti
che danno diritto all’iscrizione, allegando copia di valido
documento di
identità del sottoscrittore.
Entro il 30 settembre di ogni anno è possibile ravvedere “a
regime” le
omissioni di cui ai precedenti adempimenti (es. mancata
trasmissione
telematica della domanda di iscrizione, mancata o incompleta
trasmissione
della autocertificazione, ecc.) versando € 258,00 a tiolo di
sanzione ridotta,
sanando quindi tali irregolarità e rientrando a pieno titolo tra
le associazioni
beneficiarie.
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RENDICONTAZIONE 5 PER MILLE
Linee guida per la predisposizione del Rendiconto
RIFERIMENTI LEGISLATIVI: Legge 24.12.2007 n. 244, art. 3,
comma
6, ribadito dal D.P.C.M. 19.3.2008 - art. 8, a decorrere
dall’esercizio
finanziario 2008 (dichiarazioni dei redditi presentate nel 2008
per l’anno di
imposta 2007)
Anche per gli anni successivi l’obbligo di rendiconto è previsto
dalle
normative di proroga del 5 per mille, mentre per gli anni
precedenti tale
obbligo non sussiste.
Il 7 dicembre 2010 il Ministero del lavoro e politiche sociali,
delegato al
controllo sulle erogazioni destinate agli enti del
“volontariato” di propria
competenza: ONLUS, Organizzazioni di Volontariato, A.P.S.,
associazioni
e fondazioni riconosciute ecc. (ivi incluse le associazioni
sportive
dilettantistiche obbligate peraltro dall’esercizio finanziario
2006), ha
emanato le linee guida per la predisposizione del
rendiconto.
Tali linee guida sono state integrate nel 17.7.2013: le
nuove
disposizioni andranno applicate presumibilmente a decorrere
dall’annualità
2011 e seguenti.
ANNUALITA’ INTERESSATE
L’anno finanziario 2008 (dichiarazioni presentate nel 2008 per
anno
d’imposta 2007) e successive.
MODALITÀ DI COMPILAZIONE DEL RENDICONTO
Per agevolare gli enti è stato predisposto dal Ministero un
fac-simile di
rendiconto (non obbligatorio, anche se senz’altro
consigliabile), composto
da una prima sezione anagrafica ed una seconda sezione
contenente il
rendiconto vero e proprio. In quest’ultima sezione vanno
suddivise, a
seconda della tipologia, le spese coperte con gli introiti del 5
per mille.
Il modello di rendiconto è scaricabile in formato PDF al
seguente indirizzo
web:
http://www.lavoro.gov.it/AreaSociale/CinquePerMille/Pages/default.aspx;
Le voci di costo possono essere ulteriormente dettagliate
all’interno della
stessa categoria (es.: 2. costi di funzionamento tot. €
3.000,00, di cui
cancelleria € 500,00, affitto € 1.500,00 ecc.)
In particolare, occorre sempre (diversamente dalle istruzioni
precedenti)
allegare una relazione descrittiva che illustri in dettaglio le
attività svolte e
le spese sostenute.
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Forum Solidarietà – Centro servizi Incontro Interregionale FIDAS
NORD-OVEST
Parma - Incontro 1 ottobre 2016
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Nel caso di utilizzo del 5 per mille per il pagamento di costi
del personale
per più del 50% dei fondi ricevuti, occorre allegare copia delle
buste paga
dei dipendenti (fino alla concorrenza della somma attribuita a
questa voce).
In alternativa alla presentazione del rendiconto è possibile
presentare il
bilancio sociale, senza obblighi particolari di forma e di
contenuto (e quindi
anche se non redatto secondo le Linee Guida di compilazione
fornite
dall’Agenzia delle ONLUS, come invece era richiesto nella
precedente
versione delle linee guida). In tal caso, qualora sussista
l’obbligo di
trasmissione (importo percepito superiore ad € 20.000,00),
questa potrà
essere sostituita dalla comunicazione dell’avvenuta
pubblicazione del
Bilancio Sociale sul sito web dell’associazione, allegando la
delibera
dell’organo competente di approvazione dello stesso).
Importante:
Il rendiconto deve essere redatto entro la fine del 12° mese
successivo alla
data di ricezione del contributo (es. erogazione 11.11.2013,
termine di
predisposizione 30.11.2014), allegando una copia del documento
di identità
del rappresentante legale, e conservato (unitamente ai
giustificativi di
spesa) per 10 anni;
Viene parzialmente derogato all’obbligo di spendere entro 12
mesi dalla
data dell’accredito l’importo del 5 per mille ricevuto, qualora
si voglia
accantonare in tutto o in parte l’importo percepito per progetti
ultrannuali.
Rimane peraltro l'obbligo di effettuare e rendicontare le altre
spese entro
l