1 Psicologia & Giustizia Anno XVI, numero 2 Luglio – Dicembre 2015 ASCOLTO DEI MINORI, RIFIUTI E PROCEDURE M. Malagoli Togliatti, A. Lubrano Lavadera, A. Imbellone 1 Abstract. Negli ultimi anni, in Italia, l’entrata in vigore di diverse Leggi e Convenzioni internazionali hanno sancito il diritto dei minori ad essere ascoltati direttamente dal giudice in tutte le procedure che li riguardano, purché abbiano compiuto 12 anni, o anche di età inferiore se capaci di discernimento o se ascoltati da un esperto in psicoterapia/psicologia dell’età evolutiva e delle relazioni familiari. Si tratta di una particolare attenzione ai diritti delle persone (New York 1989) in cui il diritto viene proiettato verso “soluzioni miti, comprensive di tutte le ragioni che possono rivendicare buoni principii a loro favore”. Si parla di diritto mite (Zagrebelsky, 1992, Occhiogrosso, 2002) come un diritto che pensa che “le persone sostenute da adeguati richiami etici possano rendersi protagonisti attivi di una visione antropologica positiva della società civile”. In questo contributo vogliamo sintetizzare alcune indicazioni per gli esperti che possono essere incaricati dell’ascolto, ribadendo che con l’ascolto del figlio conteso tra genitori separati ci si propone di avere la possibilità di comprendere il ruolo che egli assume all’interno del suo contesto di vita dandogli la opportunità di far ascoltare i suoi bisogni, le sue aspirazioni e di dare spazio alle sue esigenze e alle sue emozioni. L’esperto avrà così modo di sintonizzarsi con il suo mondo interno e la sua visione degli eventi aiutandolo a “pensare” anche al suo ruolo nelle dinamiche genitoriali e familiari. In particolare l’ascolto può essere utile ad indicare in che modo il figlio può “coordinarsi” tra due case, in cosa ciascuno dei due genitori è più competente e soprattutto come ognuno dei due genitori può diventare più attento a gestire insieme all’altro la funzione educativa. Infine, l’ascolto del minore - soprattutto se avviene nel corso di una consulenza tecnica di ufficio attenta agli stati d’animo, ai legami significativi, alle dinamiche intrapsichiche e relazionali - può favorire la capacità di ascolto da parte dei genitori che in occasione dell’evento separativo spesso sono troppo coinvolti nei loro stati emotivi, per “dare retta” al figlio. Una consulenza “trasformativa” può aiutare i genitori a non dimenticare che è loro dovere tener conto delle capacità, inclinazioni e 1 Prof. M. Malagoli Togliatti, PhD A. Lubrano Lavadera, PhD A. Imbellone. Facoltà di Medicina e Psicologia, Università La Sapienza, Roma
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ASCOLTO DEI MINORI, RIFIUTI E PROCEDURE XVI - 2/Ascolto d… · Parole chiave: minori, ascolto, separazione, figli contesi, genitori, rifiuto, consulenza L’ascolto: premessa Negli
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Psicologia & Giustizia
Anno XVI, numero 2
Luglio – Dicembre 2015
ASCOLTO DEI MINORI, RIFIUTI E PROCEDURE
M. Malagoli Togliatti, A. Lubrano Lavadera, A. Imbellone1
Abstract. Negli ultimi anni, in Italia, l’entrata in vigore di diverse Leggi e Convenzioni
internazionali hanno sancito il diritto dei minori ad essere ascoltati direttamente dal giudice in tutte
le procedure che li riguardano, purché abbiano compiuto 12 anni, o anche di età inferiore se capaci
di discernimento o se ascoltati da un esperto in psicoterapia/psicologia dell’età evolutiva e delle
relazioni familiari. Si tratta di una particolare attenzione ai diritti delle persone (New York 1989)
in cui il diritto viene proiettato verso “soluzioni miti, comprensive di tutte le ragioni che possono
rivendicare buoni principii a loro favore”. Si parla di diritto mite (Zagrebelsky, 1992,
Occhiogrosso, 2002) come un diritto che pensa che “le persone sostenute da adeguati richiami etici
possano rendersi protagonisti attivi di una visione antropologica positiva della società civile”. In
questo contributo vogliamo sintetizzare alcune indicazioni per gli esperti che possono essere
incaricati dell’ascolto, ribadendo che con l’ascolto del figlio conteso tra genitori separati ci si
propone di avere la possibilità di comprendere il ruolo che egli assume all’interno del suo
contesto di vita dandogli la opportunità di far ascoltare i suoi bisogni, le sue aspirazioni e di
dare spazio alle sue esigenze e alle sue emozioni. L’esperto avrà così modo di sintonizzarsi con il
suo mondo interno e la sua visione degli eventi aiutandolo a “pensare” anche al suo ruolo nelle
dinamiche genitoriali e familiari.
In particolare l’ascolto può essere utile ad indicare in che modo il figlio può “coordinarsi” tra
due case, in cosa ciascuno dei due genitori è più competente e soprattutto come ognuno dei due
genitori può diventare più attento a gestire insieme all’altro la funzione educativa. Infine, l’ascolto
del minore - soprattutto se avviene nel corso di una consulenza tecnica di ufficio attenta agli stati
d’animo, ai legami significativi, alle dinamiche intrapsichiche e relazionali - può favorire la
capacità di ascolto da parte dei genitori che in occasione dell’evento separativo spesso sono
troppo coinvolti nei loro stati emotivi, per “dare retta” al figlio. Una consulenza “trasformativa” può
aiutare i genitori a non dimenticare che è loro dovere tener conto delle capacità, inclinazioni e
1 Prof. M. Malagoli Togliatti, PhD A. Lubrano Lavadera, PhD A. Imbellone. Facoltà di Medicina e Psicologia, Università La
Sapienza, Roma
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aspirazioni dei figli anche in relazione a quella particolare fase di riorganizzazione delle relazioni
familiari.
Parole chiave: minori, ascolto, separazione, figli contesi, genitori, rifiuto, consulenza
L’ascolto: premessa
Negli ultimi anni, in Italia, l’entrata in vigore di diverse Leggi a livello nazionale e Convenzioni
internazionali (tra cui la n. 54 dell’8 febbraio 2006 e la n.219 del 10 dic. 2012 e quelle di
Strasburgo, Bruxelles II bis, Nizza) hanno sancito il diritto dei minori ad essere ascoltati
direttamente dal giudice in tutte le procedure che li riguardano, purché abbiano compiuto 12 anni, o
anche di età inferiore se capaci di discernimento o se ascoltati da un esperto in psicoterapia/
psicologia dell’età evolutiva e delle relazioni familiari. Si tratta di una particolare attenzione ai
diritti delle persone(New York 1989) in cui il diritto viene proiettato verso”soluzioni miti,
comprensive di tutte le ragioni che possono rivendicare buoni principii a loro favore”. Si parla di
diritto mite(Zagrebelsky, 1992, Occhiogrosso, 2002) come un diritto che pensa che “le persone
sostenute da adeguati richiami etici possano rendersi protagonisti attivi di una visione
antropologica positiva della società civile”.
In base a dette convenzioni internazionali e alle leggi nazionali che le hanno recepite abbiamo
una grande attenzione alla tematica relativa all’ascolto dei minori nei procedimenti giudiziari che
riguardano la separazione o il divorzio dei loro genitori2, affidandone la pratica ai magistrati con
l’eventuale ausilio di esperti in ambito psicologico (ascolto indiretto). Illustri giudici hanno scritto
sull’ascolto diretto in tale ambito (citiamo tra gli altri: Cavallo, 2012; Fadiga, 2008; Pazè, 2011;
Russo, 2011; Serrao, 2014, Velletti, 2012), mettendone in evidenza le caratteristiche e le
problematiche. Gli autori hanno evidenziato che l’ascolto diretto, inserito nel procedimento
giuridico civile, assume una finalità “informativa” riguardo alle sue opinioni, desideri ed
emozioni e contribuisce, ma non determina, il convincimento del giudice, né costituisce una
prova o testimonianza.
Viene fatta dagli esperti citati una distinzione esplicita tra ascolto nelle procedure di
separazione, divorzio, dalle forme di esame che, specie in ambito penale, prevedono l’ascolto del
minore per la conoscenza di fatti ritenuti rilevanti da parte del giudice (“ascolto protetto” o
2 Tra questi ci si riferisce anche ai procedimenti che riguardano l’affidamento dei figli delle coppie di fatto equiparati ai figli delle
coppie coniugate, come previsto dalla legge n. 219 del 10 dic. 2012 e nei decreti attuativi entrati in vigore l’8 febbraio del 2014, che,
tra l’altro abolisce la dizione “figli naturali”, sostituendola con la dizione “figli” tout court e prevede il rapporto con i nonni e i
parenti di entrambi i genitori.
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“audizione protetta”).
L’ascolto indiretto da parte del giudice o indiretto da parte del CTU (o di altro ausiliario
quale il giudice onorario: Re, 2012) è un atto che richiede competenze specifiche e l’attenzione al
fatto che l’accesso del minore all’interno del contesto giudiziario potrebbe costituire per lui
motivo di turbamento (anche per il contesto ambientale) o di aggravamento di responsabilità
nella conflittualità genitoriale. In particolare i giudici hanno messo in evidenza che l’ascolto nei
procedimenti civili non essendo una testimonianza, né un interrogatorio, deve essere finalizzato alla
ricerca di come una specifica situazione relazionale e ambientale sia vissuta dal figlio ed in che
modo sia possibile facilitare il mantenimento dei rapporti con entrambi i genitori, attraverso
un’indagine sui progetti di riorganizzazione dei rapporti familiari di cui il minore è soggetto attivo e
partecipe insieme ai suoi genitori.
Le finalità dell’ascolto dei figli contesi da parte del CTU
In questo contributo vogliamo riflettere su alcuni elementi che possono essere significativi per
gli ausiliari cui può rivolgersi il giudice per l’ascolto indiretto: operatori dei Servizi
Territoriali, giudici onorari e soprattutto Consulenti Tecnici di Ufficio (CTU). Vogliamo, inoltre,
sintetizzare alcune indicazioni da noi già proposte in altri contributi, ribadendo che con
l’ascolto del figlio conteso tra genitori separati ci si propone di avere la possibilità di
comprendere il ruolo che egli assume all’interno del suo contesto di vita dandogli la opportunità di
far ascoltare i suoi bisogni, le sue aspirazioni e di dare spazio alle sue esigenze e alle sue
emozioni (Malagoli Togliatti, Lubrano Lavadera, 2012). L’esperto avrà così modo di
sintonizzarsi con il suo mondo interno e la sua visione degli eventi aiutandolo a “pensare”
anche al suo ruolo nelle dinamiche genitoriali e familiari. Le sue opinioni saranno considerate
rilevanti anche se non corrispondono alle scelte o ai desideri dei genitori soprattutto per quel che
concerne la sua vita quotidiana, ma anche le sue scelte per l’educazione, la salute o per le
decisioni che riguardano le modalità e i tempi della sua collocazione presso l’uno o l’altro
dei genitori. Affinché ciò diventi possibile l’attenzione deve essere rivolta non soltanto verso gli
aspetti oggettivi (situazioni, eventi, dichiarazioni), ma anche e soprattutto verso gli aspetti
soggettivi che riguardano il modo con cui vengono attribuiti significati ai comportamenti delle
persone di riferimento e il modo con cui vengono “costruite” le sue opinioni nel corso del tempo
facendo attenzione alla ricostruzione alle interpunzioni che lo hanno coinvolto. In particolare
l’ascolto può essere utile ad indicare in che modo il figlio può “coordinarsi” tra due case, in cosa
ciascuno dei due genitori è più competente e soprattutto come ognuno dei due genitori può
diventare più attento a gestire insieme all’altro la funzione educativa. Infine, l’ascolto del
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minore - soprattutto se avviene nel corso di una consulenza attenta agli stati d’animo, ai legami
significativi, alle dinamiche intrapsichiche e relazionali - può favorire la capacità di ascolto da
parte dei genitori che in occasione dell’evento separativo spesso sono troppo coinvolti nei loro
stati emotivi, per “dare retta” al figlio (Martinelli 2006). Una consulenza “trasformativa” può
aiutare i genitori a non dimenticare che è loro dovere tener conto delle capacità, inclinazioni e
aspirazioni dei figli anche in relazione a quella particolare fase di riorganizzazione delle relazioni
familiari. La scarsa capacità di ascolto delle aspirazioni e delle scelte ragionevoli del figlio da parte
dei genitori indica limitate competenze genitoriali e può essere un elemento su cui lavorare in senso
trasformativo durante gli incontri di consulenza.
L’ascolto del minore, da parte dell’esperto, inoltre, parte dalla necessità di tutelare la
“continuità” dello stile di vita del figlio e delle sue relazioni con le figure significative,
puntando alla salvaguardia del rapporto con le famiglie di origine e con entrambi i genitori.
L’ascolto peraltro viene e deve essere graduato a seconda della età e comunque l’esperto
deve procedere con il massimo dell’accordo possibile cercando sia il consenso del minore stesso
(che deve essere informato degli obiettivi e delle opportunità che l’ascolto gli offre), sia il consenso
dei genitori che possono fornire all’esperto informazioni (a volte anche diverse se non
contrapposte) utili a conoscere il loro punto di vista sul figlio e quindi l’esperto potrà verificare se
quei genitori “conoscono” ovvero “sono capaci di ascoltare” il figlio. Si deve tendere verso un
ascolto “relazionale” che correli le caratteristiche dei genitori con quelle del figlio secondo
procedure capaci di integrare il livello dinamico con il livello giuridico.
Soprattutto con i minori al disotto dei dodici anni o nei “casi complessi”3 è opportuno che il
figlio venga ascoltato in maniera indiretta: nel contesto del Servizio sociale, se sono presenti figure
professionali con adeguata formazione, o meglio all’interno di una procedura di Consulenza tecnica
d’ufficio4. Questa modalità, nonostante sia maggiormente dispendiosa in termini di tempi e di
risorse, è più efficace in quanto consente di inserire il colloquio all’interno del contesto familiare e
relazionale allargato, oltre che esplorare il suo mondo sul piano affettivo ed emotivo anche a livello
intrapsichico. Correlando il suo mondo intrapsichico con quello relazionale possiamo cercare uno
spazio psicologico per testare la “modificabilità” di posizioni disadattive – ad esempio i rifiuti –
assunte, nell’ambito del conflitto tra i genitori. Un altro vantaggio della CTU riguarda il fatto che
l’ascolto viene fatto da personale esperto e in una situazione ambientale non giudiziaria, un contesto
più informale, più empatico, può aiutare a creare una maggiore confidenza con l’esperto, che
3 In ambito internazione, in base agli elementi riconosciuti dalle varie autorità è emerso che al di sotto di una determinata età, che è
orientativamente fissata a dieci anni, può presumersi l’incapacità del minore di esprimersi in base al raggiungimento di una adeguata
capacità di discernimento e, pertanto, l’ascolto può essere predisposto attraverso una modalità indiretta da parte di un esperto
(Velletti, 2012). 4 Per un approfondimento sulle modalità di conduzione della consulenza tecnica di ufficio e sull’ascolto del minore da parte del
Servizio Sociale e/o del CTU si veda Malagoli Togliatti e Lubrano Lavadera (2011, 2012).
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cercherà di andare oltre il contenuto manifesto e cogliere le diverse sfaccettature della situazione in
cui vive il minore per dargli la possibilità di essere riconosciuto quale soggetto portatore di diritti.
D’altro canto l’utilità dell’ascolto del minore all’interno delle indagini riguarda la possibilità che il
CTU raccolga e si faccia delle ipotesi, attraverso indagini cliniche accurate sulla personalità dei
genitori e su altri adulti significativi, informazioni riguardo al contesto relazionale e ambientale in
cui vive il minore.
Molto importante è che l’esperto possa comprendere, facendo ipotesi specifiche, i rapporti tra
quel bambino e quei genitori, attraverso osservazioni sulle relazioni familiari sia direttamente
che indirettamente. Ascoltare il minore significa, infatti, porre attenzione non solo ai codici che
egli usa per esprimersi, siano essi verbali o non, ma attenzione anche ai “giochi relazionali” dei
membri della sua famiglia, i cui componenti devono essere ben conosciuti a tutti i livelli, e ancora
attenzione all’atteggiamento dei genitori verso il figlio e, in modo più ampio, a tutti i messaggi che
provengono dal contesto socioambientale in cui è inserito.
Come indicato nelle Linee Guida degli Psicologi del Lazio (Malagoli Togliatti, Capri,
Rossi, Lubrano Lavadera, Crescenzi, 2013), fondamentali sono le competenze professionali del
CTU, ovvero: conoscenze aggiornate della psicologia dell’età evolutiva e delle relazioni familiari,
adeguamento del setting e delle tecniche all’età del minore (gradazione delle modalità di
ascolto/osservazione), conoscenza delle Linee Guida degli ordini professionali e dei rispettivi codici
deontologici da parte di tutti i professionisti che possono essere coinvolti nel delicato lavoro della
riorganizzazione delle relazioni familiari: psicologi, psichiatri, assistenti sociali, ma anche avvocati
impegnati nel diritto di famiglia. Per quello che riguarda il CTU ricordiamo che egli svolge di fatto
un ruolo di “mediatore” tra il contesto giudiziario e il contesto clinico al “servizio” della famiglia e
le sue conoscenze tecniche devono essere sempre aggiornate. Queste conoscenze permetteranno al
CTU di utilizzare gli strumenti di indagine più opportuni e più adeguati nelle diverse situazioni.
Fig. 1. Setting dell’ascolto in rapporto alla età dei minori5
> 6 anni Osservazione presso i domicili dei due genitori;
Osservazione a studio attraverso procedure specialistiche, quali LTPc (Malagoli
Togliatti, Mazzoni, 2006) e osservazione diadica genitore-figli. 6 – 09 anni Osservazione presso i domicili dei due genitori;
Osservazione a studio attraverso procedure specialistiche, quali LTPc (Malagoli
Togliatti, Mazzoni, 2006) e osservazione diadica genitore-figli.
Colloquio individuale. Iter scolastico. Eventuali test psicodiagnostici
5 Chiaramente la tabella è orientativa e l’esperto, per minori di età a limite tra le categorie, dovrà valutare caso per caso.
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10 – 12 anni Valutazione della capacità di discernimento in base a dichiarazioni genitori, iter
scolastico, osservazione diretta, eventuali test psicodiagnostici, eventuali
cartelle cliniche;
Osservazione a studio attraverso procedure specialistiche, quali LTPc (Malagoli
Togliatti, Mazzoni, 2006) e osservazione diadica genitore-figli.
Colloquio individuale e familiare. > 12 anni Colloquio congiunto padre/figlio, madre/figlio;
Colloquio familiare;
Colloquio individuale col CTU
Non è sempre necessario od opportuno attivare tutte le procedure indicate, il CTU, con
l’accordo dei CTP, provvederà ad effettuare le operazioni indicate a seconda della complessità di
quanto andrà rilevando, di quanto indicato dalle dichiarazioni dei genitori, dalla documentazione
agli atti e dai colloqui/osservazioni del minore. Sul ruolo e le funzioni del CTP ricordiamo che
molte delle considerazioni finora effettuate lo riguardano in quanto il CTP è corresponsabile del
procedimento ed è tenuto al rispetto delle norme previste nel codice deontologico dell’ordine
professionale, non entreremo nel merito della deprecabile tendenza che in alcuni casi i CTP
tendono a trasformarsi in una sorta di avvocati di parte, abdicando alle loro competenze tecniche.
Rimandiamo a quanto scritto nei nostri contributi già ampiamente indicati, al Protocollo di
Milano, alle Linee Guida citate e alle più recenti riflessioni del collega Bencivenga (2014).
Ritornando agli aspetti tecnici precisiamo che nel caso in cui siano presenti più figli si utilizzeranno
le procedure che facilitano il coinvolgimento di tutti i figli, oltre che porre attenzione ai singoli
individui. In ogni caso, se l’età lo consente, l’esperto procederà a colloqui individuali e congiunti
con i minori, oltre che alla osservazione delle relazioni familiari anche per esaminare il ruolo svolto
dai fratelli e le posizioni autonome di ciascuno. Come si può notare dallo schema indicato si
utilizzano strumenti e procedure specifiche della psicologia clinica(osservazione, test, colloqui
clinici, anamnesi…), calibrandole sulle esigenze di approfondimento del caso in esame, sempre
attenti a non superare le richieste che saranno fatte al minore.
Obiettivi: superare difficoltà relazionali, non solo fotografare
Nell’introdurre il colloquio con il minore è importante innanzitutto chiarire adeguatamente il
contesto in cui ci si trova ed acquisire il consenso specifico del bambino/adolescente al colloquio.
Questa fase introduttiva è molto utile anche a comprendere quali informazioni hanno ricevuto i figli
e se queste sono state concordi, in quanto nonostante le specifiche raccomandazioni che
precedentemente possono essere state fatte ai genitori, i figli spesso hanno avuto informazioni
diverse o divergenti o addirittura contrastanti da parte dei genitori. Andranno indagati i
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condizionamenti, i timori, il desiderio ma anche la “paura” che il figlio potrebbe sperimentare nei
confronti delle indagini, soprattutto se il figlio possa essere condizionato dal timore di deludere
uno dei genitori o entrambi o più specificamente temere le “conseguenze” che potrà avere per lui
l’effettuare specifiche dichiarazioni. In definitiva il minore va incoraggiato e sostenuto nel suo
diritto all’ascolto per aiutarlo ad esprimere il suo punto di vista e le sue emozioni. Questa tematica
si correla strettamente alla considerazione relativa al fatto che il minore ha peraltro anche diritto a
rifiutare il colloquio (vedasi, art. 315 bis; Ballarani, 2011), in quanto l’ascolto è un diritto non un
dovere del minore; se egli non desidera essere ascoltato e motiva tale richiesta non si dovrà
procedere all’ascolto, ma sarà necessario capire l’origine di tale rifiuto, ovvero capire se è una
“scelta” dettata dalla paura o dal non voler prendere parte per l’uno o per l’altro o perché uno dei
due genitori lo ha inibito. Ancora l’esperto potrà decidere di non effettuare l’ascolto se il minore
non è idoneo per stati psichici particolari in cui si ravvisi(in base alla documentazione scolastica e
sanitaria e alle dichiarazioni dei genitori) che l’ascolto potrebbe recare pregiudizio o danni gravi
alla serenità del medesimo. Ancora si potrà procedere a non ascoltarlo (o si potrà differire tale
ascolto) se egli “viene portato” da un genitore come “testimone” o fuori dal contesto previsto, in
quanto questo atto può essere indice di un suo eccessivo coinvolgimento nel conflitto. Il CTU non
accettando la “proposta” di quel genitore o comunque decidendone tempi e modi, manda un
messaggio forte su ruoli, contesti e gerarchie relazionali. L’ascolto in definitiva è sempre e
comunque condizionato alla tutela dell’interesse del minore.
All’esito del colloquio, infine, è opportuno fornire una “restituzione”, un commento sulla
importanza di quanto ha detto il minore, ad es. anche rileggendo insieme a lui il verbale e la sintesi
delle sue dichiarazioni e successivamente tale “restituzione” sarà fornita anche ai genitori(insieme o
separatamente) soprattutto in forma di riflessioni sui comportamenti da assumere o modificare
(Rossi, 2014, Ruo, 2014).
Il rifiuto del figlio ad incontrare un genitore nelle situazioni ad alta conflittualità
Uno degli scopi più complessi dell’ascolto è quello di cercare di aiutare il minore a superare
eventuali rifiuti nei confronti di un genitore. Ricordiamo che nel corso degli ultimi anni siamo stati
impegnati per la comprensione del fenomeno del rifiuto nei casi di separazione e divorzio (Malagoli