F ino a pochi decenni fa il danno al sistema visivo veniva considerato irreversibile senza alcuna speranza di recu- pero. Solo recentemente la scienza si è interroga- ta per capire quanto vi sia di innato e quanto di acquisito nel funzio- namento del sistema visivo. Negli anni sessanta, grazie a Natalie Barra- ga e agli studi neurofi- siologici della vista, si è compreso che un si- stema visivo, seppur gravemente danneg- giato, merita di essere stimolato, anche nei casi in cui non può di- ventare la modalità principale di apprendi- mento senza il sup- porto del tatto e dell’udito. Dopo queste scoperte il soggetto ipovedente ha iniziato ad ac- quisire una propria identità e caratteristiche specifiche che lo differenziano dal soggetto cieco assoluto (vedi la dispensa “Primi passi per l’integrazione scolastica dell’alunno con deficit visivo”). QUADERNI DI LAVORO Chi è il soggetto ipove- dente 2 I disordini visivi e le relative distinzioni 4 L’intervento educativo e i modelli comporta- mentali 7 I prerequisiti per l’ap- prendimento 11 Il progetto educativo e il ruolo dell’educatore 14 Centro per l’integrazione scolastica e la piena realizzazione dei non vedenti Enti fondatori: - Provincia di Brescia - Comune di Brescia Viale Piave 46 25123 BRESCIA Tel.: 030360764 - 0303361105 Fax: 0303367223 E-mail: segreteria @centrononvedenti.it www.centrononvedenti.it APPUNTI OPERATIVI PER LA DISABILITA’ VISIVA L’alunno ipovedente a scuola Caratteristiche e principali obiettivi di intervento Sommario:
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
F ino a pochi decenni fa il danno al sistema visivo veniva considerato irreversibile senza alcuna speranza di recu-
pero.
Solo recentemente la scienza si è interroga-
ta per capire quanto vi sia di innato e quanto
di acquisito nel funzio-namento del sistema visivo.
Negli anni sessanta, grazie a Natalie Barra-
ga e agli studi neurofi-siologici della vista, si è compreso che un si-
stema visivo, seppur gravemente danneg-
giato, merita di essere stimolato, anche nei casi in cui non può di-
ventare la modalità principale di apprendi-
mento senza il sup-porto del tatto e dell’udito.
Dopo queste scoperte il soggetto ipovedente ha iniziato ad ac-quisire una propria identità e caratteristiche specifiche che lo
differenziano dal soggetto cieco assoluto (vedi la dispensa “Primi passi per l’integrazione scolastica dell’alunno con deficit visivo”).
QUADERNI DI LAVORO
Chi è il soggetto ipove-
dente
2
I disordini visivi e le
relative distinzioni
4
L’intervento educativo
e i modelli comporta-
mentali
7
I prerequisiti per l’ap-
prendimento
11
Il progetto educativo e
il ruolo dell’educatore
14
Centro per
l’integrazione
scolastica e la piena
realizzazione dei non
vedenti
Enti fondatori:
- Provincia di Brescia
- Comune di Brescia
Viale Piave 46
25123 BRESCIA
Tel.: 030360764 - 0303361105
Fax: 0303367223
E-mail: segreteria @centrononvedenti.it
www.centrononvedenti.it
APPUNTI OPERATIVI PER LA DISABILITA’ VISIVA
L’alunno ipovedente a scuola
Caratteristiche e principali obiettivi di intervento
Cecità assoluta Motus Manus, Ombra/luce, Spento Campo visivo < 3%
La seconda categoria delle difficoltà visive riguarda tutte le situazioni in
cui entrambi gli occhi sono fortemente ostacolati a compiere i principali
movimenti del vedere, cioè, spostare gli occhi sull’oggetto di interesse,
mantenerli fermi e ben allineati, inseguire rapidamente o lentamente in
modo fluido ciò che si sposta nello spazio.
Le cause principali di difficoltà sono
derivate dalla presenza di importanti
strabismi (divergenza o convergenza
di uno o di entrambi i bulbi oculari),
di nistagmo (movimento involontario
dell’occhio, simile a rapide scosse,
che può avere direzione orizzontale,
verticale o rotatoria), di danni che
coinvolgono le strutture muscolari
dell’occhio o i centri nervosi di co-
mando.
Spesso in queste situazioni anche l’acuità e/o il campo visivo non sono
completamente integri pur collocandosi al di sopra delle soglie dell’ipo-
visione.
In questa categoria vengono com-
presi i disturbi dell’elaborazione,
dell’interpretazione e della inte-
grazione delle informazioni visive
che gli occhi raccolgono e tra-
smettono al cervello. Si definisco-
no di origine centrale perché non
riguardano tanto le strutture peri-
feriche dell’apparato visivo, ma le
aree cerebrali deputate all’elabo-
razione complessa dell’imput visi-
vo.
Pagina 4
Nel definire la
condizione di
ipovisione
intervengono due
importanti
variabili: l’acuità
e il campo visivo.
Disordini della
motricità oculare
Disordini visivi di
origine centrale
La causa più frequente dei D.V.O.C. è la sofferenza ipossico–ischemica, cioè la mancanza di
ossigeno o di sangue nei tessuti cerebrali prima o durante la nascita; altre cause possono es-
sere i danni che coinvolgono vaste zone dell’encefalo o l’immaturità e le anomalie nell’archi-
tettura cerebrale dovute alla grave prematurità. A volte lo stato di salute dell’occhio è buono,
ma le informazioni visive che vengono raccolte e portate al cervello non sono elaborate in
modo efficace e il bambino, pur vedendo, ha difficoltà a svolgere compiti visivi complessi co-
me per esempio leggere, riconoscere e denominare le immagini quando ce ne sono molte pre-
senti, analizzare gli elementi spaziali per programmare l’azione. Anche i parametri dell’acuità,
del campo visivo e della motricità oculare non risultano – a volte - completamente integri in
presenza di D.V.O.C.
.
Come possiamo vedere nel riquadro più sotto, le variabili che intervengono nel definire la con-
dizione di ipovisione sono tante e non riducibili a semplici classificazioni patologiche.
Pagina 5
Distinzione tra minorazione visiva, disabilità visiva, handicap visivo.
Minorazione visiva: è il danno sensoriale che la malattia provoca a carico delle diverse componenti della funzione visiva. Disabilità visiva: è data dalle incapacità che il danno genera in tutte quelle attività che implicano un impegno visivo. Handicap visivo: è dato dallo svantaggio sociale che la disabilità provoca, ostacolando la realizzazione delle aspirazioni personali. In Italia, su tutto l’arco della vita, ci sono 150.000 ciechi con visus minore di 1/20 e un milione di ipovedenti.
Distinzione tra visus o acuità visiva e funzionalità visiva.
Il visus viene evidenziato dalla diagnosi oculistica che si avvale di criteri oggettivi di misurazione del danno sensoriale.
La funzionalità visiva è data dal comportamento soggettivo, cioè la capacità del soggetto di utilizzare al meglio il proprio residuo visivo e le strategie per limitare al massimo le conseguenze del danno sul piano delle autonomie.
L’alunno ipovedente
Alcune importanti
distinzioni
Ogni individuo vive la propria specifica condizione di ipovisione e, anche
in presenza di minorazioni visive simili, i problemi funzionali che ne deri-
vano possono variare ampiamente da soggetto a soggetto.
E' importante che chi sta accanto all’ipovedente impari ad osservare i
suoi comportamenti per comprenderne i bisogni, difficilmente deducibili
da una semplice cartella clinica. Solo l’ipovedente infatti può descrivere a
chi gli sta vicino cosa e quando è in grado di vedere e cosa e quando non
è in grado di vedere. Quale tipo di illuminazione, di ausilio o di testo sia
necessario, ad esempio, per essere in grado di leggere. Ma per fare tutto
ciò l'ipovedente deve conoscere ed individuare le proprie esigenze, e ciò
non è sempre possibile in presenza di bambini molto piccoli o di soggetti
pluriminorati. Un soggetto nato con minorazione visiva, quando si trova
con persone normovedenti, non è in grado di sapere quanto queste vedo-
no.
Deve allora chiedere alle
persone con una "normale
funzione visiva" che cosa
vedono, fino a che distanza
vedono e quali colori vedo-
no. Solo così sarà possibile
avere un'idea degli ausili e
dei sussidi didattici da adot-
tare.
Questo è possibile in sog-
getti che hanno maturato
una chiara consapevolezza
della propria minorazione
ed hanno accettato la pro-
pria condizione.
Pagina 6
QUADERNI DI
LAVORO QUADERNI DI LAVORO
L’ipovedente è un soggetto che deve
imparare ad utilizzare in modo ottimale
il proprio residuo visivo accettando la
propria situazione.
L’intervento su un soggetto ipovedente è molto diverso da quello programmato per un alunno
cieco e, per molti aspetti, risulta più complesso. Il cieco è infatti colui che non vede, punto e ba-
sta. Per lui vi è – di solito - un percorso quasi totalmente standardizzato.
L’ipovedente è colui che vede poco e male, non vede sempre allo stesso modo e ciò può dipen-
dere da fattori emotivi, ambientali, di illuminazione. Per l’ipovedente non vi è e non può esservi
nulla di standardizzato.
Obiettivo principale dell’intervento educativo rivolto ad un
bambino ipovedente è sicuramente favorire la funzionalità visi-
va e le potenzialità di sviluppo del soggetto in un’ottica di inte-
grazione; vale a dire ridurre la possibilità di arresti e/o ritardi
di sviluppo attraverso quelle stimolazioni che aiutino il sogget-
to ad acquisire consapevolezza delle proprie capacità visive re-
sidue e delle possibilità di recupero attraverso tutti i canali
sensoriali vicarianti e gli ausili-strumenti più idonei.
Nel caso di un soggetto ipovedente, molti sono i fattori che
possono intervenire ad influenzare le performances visive met-
tendo a dura prova il lavoro di insegnanti, esperti e specialisti.
L’efficacia dell’intervento educativo infatti dipende da molti fattori:
A) dalle caratteristiche personali del bambino.
La limitazione visiva puó giocare un ruolo molto importante a livello di motivazione, di apprendi-
mento e di sviluppo psicomotorio del bambino nei primi anni di vita. La minorazione visiva é un
fattore che inibisce la motivazione, la curiositá, l'interesse verso il mondo esterno e, di conse-
guenza, inibisce il movimento e l'esplorazione nel bambino. Stimolare il bambino a essere con-
sapevole del suo residuo e della sua funzione porta a migliorare anche le sue capacitá motorie e
di conseguenza cognitive.
B) dal grado di accettazione della minorazione.
Fondamentale é il momento della diagnosi, ovvero a quale età
viene evidenziato il problema visivo del soggetto. Nonostante
le tecniche di prevenzione siano notevolmente migliorate, capi-
ta ancora che, soprattutto nel caso di patologie particolari, il
problema visivo sia diagnosticato con ritardo. Quanto più lungo
é il tempo che intercorre tra il sospetto diagnostico e la sua
conferma, tanto più sono destinati a protrarsi meccanismi di
difesa e dinamiche relazionali e comportamentali inadeguate
che rendono alquanto difficile ripristinare condizioni di norma-
litá e nuocciono allo sviluppo del bambino. Si possono mettere
in atto comportamenti di evitamento e mascheramento confusi
spesso con disturbi di attenzione e di iperattività generici.
Pagina 7
L’alunno ipovedente
L’intervento
educativo
Quando la patologia sopraggiunge tardivamente (come nei casi di retinite
pigmentosa, di ipovisione da trauma, di infezioni, ecc.), é il soggetto
stesso che si accorge dei mutamenti a livello visivo e ne informa la fami-
glia che procede agli accertamenti del caso. Tuttavia quando la patologia
è degenerativa aumenta l’incertezza delle prospettive future e l’incognita
del “come e quando”.
A livello educativo-sensoriale il soggetto sarà avvantaggiato grazie al ba-
gaglio mnemonico di informazioni visive accumulate, ma le sue presta-
zioni e la sua autonomia potrebbero essere invalidate seriamente qualora
la minorazione fosse negata o rifiutata.
C) dal contesto di vita
La diagnosi di ipovisione può disorientare ancor più di quella di cecità,
perché é più difficile per i genitori comprenderne il reale significato e
mettersi nei panni di un figlio "quasi cieco".
La difficoltà a comprendere i problemi del figlio ipovedente porta la fami-
glia a mettere continuamente alla prova le sue facoltà, ma con il risultato
di porgli, a volte, richieste superiori alle sue possibilità. Al piccolo ipove-
dente possono derivare esperienze di insuccesso che generano un diffuso
senso di insicurezza destinato a influire sull'organizzazione del suo “Io”.
La scuola e il contesto di vita in cui il soggetto ipovedente é inserito han-
no una notevole influenza sul suo percorso di accettazione e di conse-
guenza sullo sviluppo e il benessere generale del soggetto (così come per
tutti).
Due gli atteggiamenti più frequenti nei confronti del bambino ipovedente:
IPOVEDENTE = CIECO e quindi si ipotizza:
l’inutilità di stimolazioni visive;
atteggiamento pietistico;
iperprotezione;
limitazioni all’autonomia.
IPOVEDENTE = VEDENTE e quindi si richiedono prestazioni spropor-
zionate e aspettative eccessive con le seguenti conseguenze:
insuccessi e frustrazioni;
insicurezza;
vissuto di inadeguatezza;
alterazioni nell'organizzazione del “Se”.
Pagina 8
QUADERNI DI
LAVORO QUADERNI DI LAVORO
La difficoltà a
comprendere i
problemi del
figlio ipovedente
porta la famiglia
a mettere
continuamente
alla prova le sue
facoltà, ma con il
risultato di porgli,
a volte, richieste
superiori alle sue
possibilità.
Tentare di individuare un quadro psicologico e comporta-
mentale "tipico" dell'ipovedente sarebbe una forzatura,
tuttavia, nel caso di una compromissione visiva precoce, é
possibile descrivere un repertorio comportamentale comu-
ne di frequente riscontro nei soggetti ipovedenti.
1) In età prescolare.
Tendenza all'immobilismo ed alla chiusura sociale; stereo-
tipie accentuate (è un bambino che sta spesso seduto in
un angolo a giocare con la luce dondolando la testa a de-
stra e a sinistra); autostimolazione visiva (picchia i pu-
gnetti sugli occhi e volge lo sguardo verso la fonte lumi-
nosa, tentando di avvicinarsi e dondolando il capo, ruo-
tando il corpo su se stesso poiché ciò gli procura piacere);