la Repubblica 50 GIOVEDÌ 26 FEBBRAIO 2015 Le Guide DI REPUBBLICA CONTATTI [email protected] WWW.REPUBBLICA.IT Antiquariato e modernariato a Parma Una mostra racconta la Prima guerra mondiale con stampe, pubblicità, tavole illustrate, barzellette, libri di scuola e altri documenti. E confrontandoli con fotografie dal fronte ne svela sistematiche bugie e retorica. A Mercanteinfiera dal 28 febbraio AURELIO MAGISTÀ T utte le guerre sono bugiarde. Ma ve- derlo confermato usando materiali originali d’epoca - vere rarità da colle- zione - per smentire puntualmente menzogne e retorica del potere ha un’evidenza particolare. Pubblico accusatore è Serena Bertolucci, che ha curato “Battaglie di in- chiostro”: «La mostra è costituita soprattutto da affiches d’epoca, sessanta esemplari autentici, che vanno dalla propaganda del prestito di guer- ra alla pubblicità della Campari, cui giustappo- niamo fotografie dal fronte. Senza commenti, semplicemente per confronto». “Battaglie di in- chiostro”, dedicata alla Prima guerra mondiale nell’anno del centenario, è a Mercanteinfiera, ap- puntamento internazionale di modernariato, an- tichità e collezionismo, a Parma dal 28 febbraio all’8 marzo. Oltre ad affiches e fotografie, si com- pone di oggetti di vario tipo, quaderni di schizzi dei soldati, libri per bambini, lettere dal fronte, bar- zellette «ma anche telegrammi che annunciava- no la morte dei soldati, molto retorici, cui abbiamo abbinato, per esempio, fotografie delle vedove al cimitero o l’arrivo dei corpi dei caduti, e rari ste- reogrammi: immagini, per così dire, in 3D di inizio Novecento, da guardare con visori che verranno consegnati durante la visita», spiega la Bertoluc- ci, anche direttrice di Villa Carlotta, che firma il progetto. Un progetto in equilibrio fra propagan- da e realismo documentario in cui «si vuole narra- re la guerra al pubblico di oggi, con il linguaggio che gli è più congeniale: le immagini. Abbiamo vo- lutamente limitato le didascalie alle informazioni di servizio». Un modo diverso per parlare del primo grande conflitto, secondo alcuni storici il più logorante e devastante di tutti, in cui gli inviati dei giornali, anche quelli più importanti, cui non è consentito di andare sul fronte di guerra se non occasional- mente e sempre accompagnati da militari, rac- contano relegati a Udine le verità ufficiali precon- fenzionate dall’esercito; una prova generale delle veline che il Fascismo eleggerà a sistema per la so- fisticata macchina comunicativa del Minculpop. La censura militare, infatti, entra in vigore fin dal primo giorno di guerra, il 24 maggio 1915. Le im- magini non mancano, ma sono scattate da foto- grafi dell’esercito, selezionate e poi diffuse attra- verso i canali ufficiali. Quindi il pubblico vede solo quello che vuole il comandante supremo Luigi Ca- dorna. Quando dopo Caporetto gli succede Ar- mando Diaz, le maglie della censura si allentano ma è tutta apparenza: viene attivato il Servizio P. dell’esercito, dove P sta per propaganda. Una pro- paganda che nel Paese domina stabilmente tutti i media, come ben testimonia la mostra. Se i giornalisti vengono di fatto arruolati, in pri- ma linea sono i soldati a improvvisarsi giornalisti con l’incoraggiamento dei vertici militari. Certo non per fare sapere la verità sugli orrori della guer- ra, ma per realizzare i cosiddetti “giornali di trin- cea”, stampati con l’obiettivo di tenere alto il mo- rale della truppa o scoraggiare i nemici. Alcune di queste pubblicazioni infatti sono specificamente mirate alla contropropaganda: contengono infor- mazioni volutamente false e fuorvianti e vengono fatte arrivare al di là delle linee nemiche con me- todi a volte ingegnosi come il lancio di missili; una di queste testate si chiama proprio Il razzo. In mostra non mancano pagine di giornali, «per esempio il Novello, la cui satira vuole raccontarci che “la guerra è bella anche se fa male”, o il Gior- nale della Terza Armata, che offre una tale ab- bondanza da creare problemi di scelta», sottoli- nea la Bertolucci. Dalla giustapposizione tra ma- nifesti e fotografie, in ogni caso, la distanza fra ve- rità e menzogna o retorica appare chiara ma par- ziale, considerato che ogni fotogramma era ap- provato dallo Stato maggiore. Le uniche vere te- stimonianze della mostruosità del conflitto resta- no nelle parole di chi l’ha vissuto e ricordato, magari magistralmente come il soldato Giuseppe Ungaretti. © RIPRODUZIONE RISERVATA Menzogne intrincea Satira e propaganda “Vienna avvisata mezzo bombardata”, una stampa satirica del Giornale della Terza armata. Sotto, una manifesto della Frera, “Fornitrice del regio esercito italiano”, che usa i bersaglieri per fare pubblicità ai pneumatici Pirelli. La maggior parte dei materiali in mostra è dell’Archivio storico pubblicitario di Como di Paola Mazza