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GIOVANNI ALDEGHI GIANLUIGI RIVA ANTICHE CARTE: LA VALLE S. MARTINO NEI DOCUMENTI DELL'ARCHIVIO DELLA PIEVE DI GARLATE-OLGINATE OLD PAPERS: S. MARTINO VALLEY IN THE DOCUMENTS OF THE ARCHIVE OF THE PIEVE OF GARLATE-OLGINATE Estratto da "Archivi di LeccoN. 3 Luglio-Settembre 1993 In questa serata abbiamo pensato, visto l'interessamento dei dirigenti la Comunità Montana della Valle S. Martino nel ricercare le origini e le tradizioni del territorio, di contribuire a questo sforzo presentando alcuni documenti che si trovano nell'archivio parrocchiale di Olginate e che interessano questa Valle. In questo archivio sono conservati, fra gli altri, documenti che riguardano sei parrocchie della Val S. Martino: Vercurago, Calolzio, Rossino, Erve, Carenno, Lorentino. Di una settima cioè Somasca, vi sono invece solo poche carte perché, pur appartenendo anch'essa alla stessa Pieve, era ed è retta da clero regolare, quindi sottoposta solo in parte all'autorità del Prevosto e Vicario Foraneo di Olginate, nelle mani del quale passavano tutti i documenti che dalla Curia di Milano dovevano pervenire ai Curati delle parrocchie della Pieve, e viceversa. A questo compito il Prevosto assommava anche una funzione più strettamente giuridica riguardante il comportamento degli ecclesiastici, o i fatti che coinvolgevano laici, ma che si svolgevano in luoghi consacrati e quindi sottratti alla giustizia secolare. Nel recente riordino dell'archivio, ad ognuna di queste parrocchie è stata intestata una sezione, mentre altri documenti si trovano nelle parti che riguardano l'attività della Pieve e la sua amministrazione: Visite pastorali, verbali delle Congregazioni plebane, ecc.. Essi sono una parte degli oltre 30000 documenti raccolti e catalogati in 4500 voci che li descrivono singolarmente e per gruppi omogenei. Per ogni singola voce è stata compilata una scheda computerizzata nella quale sono contenuti: la collocazione del documento, il nome dell'autore, il numero di protocollo, il titolo della sezione, il luogo di conservazione, la data, lingua con cui è steso, la sua classificazione (originale, copia o fotocopia), il luogo di provenienza, un piccolo riassunto del contenuto, gli argomenti trattati nel documento. Questi dati, ormai tutti inseriti in un computer, facilitano la ricerca veloce di un documento o gruppi di documenti aventi la stessa base di ricerca, ed è quello che si è fatto per trovare documenti che riguardano le parrocchie della Val S. Martino, alcuni dei quali saranno qui di seguito presentati. A conclusione di questa rapida introduzione, occorre dire che, purtroppo, la parte più preziosa di questo Archivio non è più in loco ma è stata trasferita a Milano, nell'Archivio Storico Diocesano. Si tratta di circa 150 pergamene datate tra la fine del XIV e l'inizio del XVI secolo, che lì formano il "Fondo Pergamene di Olginate".
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ANTICHE CARTE: LA VALLE S. MARTINO NEI DOCUMENTI DELL'ARCHIVIO DELLA PIEVE DI GARLATE-OLGINATE // OLD PAPERS: S. MARTINO VALLEY IN THE DOCUMENTS OF THE ARCHIVE OF THE PIEVE OF GARLATE-OLGINATE

Mar 06, 2023

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GIOVANNI ALDEGHI – GIANLUIGI RIVA

ANTICHE CARTE: LA VALLE S. MARTINO NEI DOCUMENTI

DELL'ARCHIVIO DELLA PIEVE DI GARLATE-OLGINATE

OLD PAPERS: S. MARTINO VALLEY IN THE DOCUMENTS

OF THE ARCHIVE OF THE PIEVE OF GARLATE-OLGINATE

Estratto da "Archivi di Lecco”

N. 3 Luglio-Settembre 1993

In questa serata abbiamo pensato, visto l'interessamento dei dirigenti la Comunità Montana della Valle

S. Martino nel ricercare le origini e le tradizioni del territorio, di contribuire a questo sforzo

presentando alcuni documenti che si trovano nell'archivio parrocchiale di Olginate e che interessano

questa Valle.

In questo archivio sono conservati, fra gli altri, documenti che riguardano sei parrocchie della Val S.

Martino: Vercurago, Calolzio, Rossino, Erve, Carenno, Lorentino. Di una settima cioè Somasca, vi

sono invece solo poche carte perché, pur appartenendo anch'essa alla stessa Pieve, era ed è retta da

clero regolare, quindi sottoposta solo in parte all'autorità del Prevosto e Vicario Foraneo di Olginate,

nelle mani del quale passavano tutti i documenti che dalla Curia di Milano dovevano pervenire ai

Curati delle parrocchie della Pieve, e viceversa. A questo compito il Prevosto assommava anche una

funzione più strettamente giuridica riguardante il comportamento degli ecclesiastici, o i fatti che

coinvolgevano laici, ma che si svolgevano in luoghi consacrati e quindi sottratti alla giustizia secolare.

Nel recente riordino dell'archivio, ad ognuna di queste parrocchie è stata intestata una sezione, mentre

altri documenti si trovano nelle parti che riguardano l'attività della Pieve e la sua amministrazione:

Visite pastorali, verbali delle Congregazioni plebane, ecc..

Essi sono una parte degli oltre 30000 documenti raccolti e catalogati in 4500 voci che li descrivono

singolarmente e per gruppi omogenei. Per ogni singola voce è stata compilata una scheda

computerizzata nella quale sono contenuti: la collocazione del documento, il nome dell'autore, il

numero di protocollo, il titolo della sezione, il luogo di conservazione, la data, lingua con cui è steso, la

sua classificazione (originale, copia o fotocopia), il luogo di provenienza, un piccolo riassunto del

contenuto, gli argomenti trattati nel documento. Questi dati, ormai tutti inseriti in un computer,

facilitano la ricerca veloce di un documento o gruppi di documenti aventi la stessa base di ricerca, ed è

quello che si è fatto per trovare documenti che riguardano le parrocchie della Val S. Martino, alcuni dei

quali saranno qui di seguito presentati.

A conclusione di questa rapida introduzione, occorre dire che, purtroppo, la parte più preziosa di questo

Archivio non è più in loco ma è stata trasferita a Milano, nell'Archivio Storico Diocesano. Si tratta di

circa 150 pergamene datate tra la fine del XIV e l'inizio del XVI secolo, che lì formano il "Fondo

Pergamene di Olginate".

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Una di queste interessa la Val S. Martino e precisamente il paese di Erve, dove un certo Antonio vende

ad un certo Pietro un terreno prativo situato in una località detta "Laguzo" per 38 lire imperiali. Non è

possibile risalire alla data esatta in cui questo atto è stato redatto da Pietro Giovanni Moioli, notaio di

Calolzio, perchè la pergamena è mancante della parte iniziale ed inoltre rovinata e parzialmente

illeggibile. È invece chiaro il nome dei confinanti col terreno venduto: un certo Vitallis fq. Zanni Regij

de Bollis de Erve e ser Beltramo detto Comarde figlio del fu ser Jacobo della famiglia dei Rota. Di

quest'ultimo sappiamo, da altri documenti, che è vivente a Calolzio nel 1494 e questo ci permette di far

risalire la pergamena alla seconda metà del 1400.1

Ma prima di presentare altri documenti riguardanti singoli paesi della Valle vale la pena di soffermarci

su di un atto notarile che è forse la testimonianza più importante, insieme ad un registro contabile che

vedremo in seguito, per ricostruire la storia religiosa della Valle.2 È datato 1438 e raccoglie la

deposizione di tredici persone chiamate dal Prevosto della chiesa plebana dei Santi Stefano e Agnese di

Garlate, don Bartolomeo Riva, a testimoniare nella controversia che lo opponeva ai suoi parrocchiani

delle chiese o cappelle di San Martino di Calolzio, San Bartolomeo di Somasca, San Michele del

Monastero di Foppenico, San Damiano di Sala e Santa Maria del Lavello, (rappresentati dal loro

procuratore, Cristoforo da Calolzio) durante il processo canonico discusso davanti a Francesco della

Croce, Vicario Generale dell'arcivescovo di Milano Francesco Piccolpasso. Agli abitanti di questi

luoghi che esigevano che queste chiese fossero staccate da Garlate ed unite in un unica parrocchia retta

da un Rettore o Curato, il Prevosto ribatteva, attraverso le testimonianze raccolte dal notaio Giovanni

de Rocchi di Olginate, che tutte queste chiese e cappelle appartenevano alla parrocchia di Garlate e da

tempo immemorabile erano officiate dal Prevosto pro tempore o dai suoi Canonici.

Queste testimonianze sono interessanti perché ritornano all'indietro per quasi 60 anni, fino al 1380

circa, e ci fanno conoscere fatti, situazioni e nomi di Curati di alcune chiese della Valle S. Martino

come Lorentino, Rossino e Vercurago che già alla fine del 1300 erano costituite in parrocchie

autonome, pur continuando a far parte della Pieve di Garlate. Veniamo così a sapere che a Vercurago,

nel 1438, era rettore prete Danilo de Averaria e prima di lui erano stati curati Ambrogio da Curte,

Percivalis de Benalis ed un certo frate Pietro, i quali officiavano anche le chiese di Calolzio e Somasca

su incarico del Prevosto di Garlate.

A Lorentino era Curato Sozius de Plazonibus de Caprino e prima di lui Giovanni de Moioli di

Lorentino i quali, per delega del Prevosto, officiavano anche le chiese di S. Michele di Foppenico e S.

Damiano di Sala.

Dalle testimonianze del Curato di Lorentino e del signor Stefano d'Adda di Olginate si viene anche a

sapere che la località del Lavello e la sua chiesa era, già dalla seconda metà del 1300, diroccata e

disabitata.

Ser Perutus de Benalis, abitante a Somasca, dichiara che suo padre Guido detto Corigioni era stato

battezzato nella chiesa di S. Agnese di Garlate e, descrivendo il percorso seguito dai suoi padri per

portarlo a Garlate, dice che dapprima si recarono al Cornello poi a Rossino e da lì a Garlate.

Prete Antonio de Torgionibus, da 22 anni Curato di quel luogo, racconta che, per conto del Prevosto

Gregorio da Besana (che resse la chiesa di Garlate tra il 1416 ed il 1428 circa) aiutava i Cappellani a

celebrare i funerali dei defunti di Calolzio, del Cornello e di Foppenico; tutti questi funerali si tenevano

nella chiesa di Rossino.

Queste notizie ci portano a formulare l'ipotesi che fino all'inizio del 1400 gli abitanti delle località

sopraddette facessero riferimento a quest'ultima chiesa, avendo Calolzio solo una piccola cappella

dedicata a S. Martino, quella che S. Carlo, nella sua visita del 1583, ordinò di abbattere perché 1 A.S.D.: Fondo perg. Olginate 2 A.P.Ol.: P-BF/ VII, cart.1 n° 1840

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fatiscente. Questa Cappella era situata in un luogo che ancora nella Visita Pastorale del 1722 era detto

alli "Cariggi o Carali" in territorio di Corte.

Solo 5 anni dopo la stesura di questo documento, nell' ottobre del 14433, veniva concesso che le chiese

sopra nominate fossero officiate da un Rettore, istituendo di fatto la parrocchia di Calolzio, atto che

però ebbe piena applicazione solo nel 1452.4

Passiamo ora a presentare, in rapida sintesi alcuni documenti, tra i più significativi, e qualcuno anche

curioso, riguardanti i paesi della Valle.

Cominciamo da Erve, il paese della Valle più difficile da raggiungere, almeno fino al nostro secolo:

questo fatto è annotato diligentemente negli atti di due Visite Pastorali compiute nel 1685 dal card.

Federico Visconti e nel 1722 dal card. Benedetto Odescalchi. Entrambi situano questa parrocchia "in

una valle a malapena accessibile, con malagevoli sentieri."5

I Parroci che si sono succeduti a guidare questa piccola Comunità ci hanno lasciato, sopratutto tra il

XVII ed il XVIII secolo, numerosi "Stati della Cura" in cui sono annotati le attività religiose,

l'amministrazione della parrocchia, lo stato delle chiese. Da questi documenti si può ricavare anche

l'andamento demografico del paese. Nel 1639, pochi anni dopo la grande peste, il paese si stava

ripopolando: su 305 abitanti ben 139 erano ragazzi, come annota il Curato Carlo Invernizzi "essendo

nati dalla peste in qua molti figlioli". 6

Un secolo dopo, nel 1742, si era arrivati a 545 abitanti dei quali però 116 assenti dal paese, il 20% del

totale, perché emigrati per lavoro, a testimonianza della vita grama e piena di stenti che si conduceva in

questa sperduta valle.

Nel più antico "Stato della Cura" tra quelli conservati nell’archivio di Olginate, datato 1604, viene

minutamente descritta anche la chiesa di Santa Maria. Eccone alcuni brani: "la giesa è con due porte, è

sofittata d'assi, vi sonno duoi vasi per l'aqua santa, uno per porta, ha due finestre grandi con le sue

invidriate (...) vi è la capella maggior con la ferata di ferro et è depinta... "; segue poi un inventario dei

paramenti e delle suppellettili sacre e termina con la somma annua percepita dal Curato come congrua,

50 scudi che era una somma abbastanza miserevole anche a quei tempi.7

Inoltre vi è un documento del 1651 riguardante un litigio che vide coinvolto il Curato con scambi di

parole volgari ed un accenno a un lancio di sassi contro lo stesso Curato. 8

Passiamo a Carenno, stessa altezza di Erve ma diversa posizione, più favorevole alle coltivazioni tanto

che nella seconda metà del 1500 era il paese più popolato della Valle. In compenso era molto più

turbolento di Erve: vi avvenivano spesso litigi e risse, anche con uso di armi da fuoco.

Ma prima di passare a questi fatti non si può non citare un documento risalente al 1489.9

A quel tempo gli abitati e le chiese di S. Pietro di Carenno e di S. Brigida di Lorentino costituivano un

unica parrocchia che però era retta da due diversi rettori (presumibilmente uno stava in Carenno e uno

in Lorentino). Nel gennaio di quell'anno il sacerdote Angelo Rota del fu Tonali rettore, forse, della

chiesa di Carenno, attraverso il suo procuratore Martino Brini rassegna le sue dimissioni nelle mani del

Prevosto di Garlate, Giovanni de Bassi, il quale gli subentra in via provvisoria. È una strana decisione,

ma sappiamo da altri documenti che, nello stesso anno, la chiesa di S. Pietro di Carenno venne staccata 3 A.S.D.: Visite, Olginate, vol. 11 q.5; A.P.Cal. 4 A.P.Ol.: VM/II – Registro visita pastorale 1615 5 A.P.Ol: VM/IV, n°3488 e P-P/I, cart.4 n°256 6 A.P.Ol.: P-P/ I, cart.3 n° 247 7 A.P.Ol.:P-P/I cart.2 n°235 – vedi doc. n°1 8 A.P.Ol.: P-P/ I, cart.2 n°239 9 A.P.Ol.: P-P/ XVII, cart.6 n° 2337

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da Lorentino e costituita in parrocchia autonoma ed è quindi probabile che queste dimissioni furono

dettate proprio dal fatto che si era in attesa di questa separazione.

Ritornando ai litigi, occorre dire che quando questi fatti avvenivano in luoghi sacri, (e luoghi sacri

erano considerati oltre alle chiese anche il sagrato ed il cimitero) le persone coinvolte incorrevano nelle

censure e pene emanate dalle autorità ecclesiastiche di Milano, quindi facenti parte di uno Stato estero.

Questa situazione non era gradita alle autorità Veneziane che controllavano la Valle e che si

opponevano al fatto che i loro sudditi fossero giudicati e prendessero ordini da persone, sia pure

ecclesiastiche, appartenenti ad un altro Stato. Questo obbligava il Prevosto di Olginate, nelle veste di

Vicario Foraneo della pieve, a destreggiarsi in queste situazioni per non provocare le autorità

Veneziane. E questo è confermato da quanto successe a Carenno nel 1594.10 All'inizio di quell'anno

avvenne nella chiesa di S. Pietro e Biagio di Carenno una rissa tra i componente di due clan famigliari

a causa di una tresca tra una ragazza ed un uomo sposato appartenenti alle due diverse famiglie.

Incontrandosi in chiesa durante la messa, i due gruppi cominciarono a scambiarsi ingiurie, poi schiaffi e

pugni, ed infine sfoderarono spade e coltelli causando grande panico e scandalo tra i fedeli.

Non potendo perseguire i colpevoli, attraverso il braccio secolare per via della giurisdizione estera, la

Curia di Milano si limitò ad intimare loro di presentarsi a Milano per essere giudicati. Sennonché

questa ordinanza provocò la reazione dei Rettori di Bergamo i quali proibirono, a Martino di Caresano

e suo figlio Martino, a Paolo Valsecchi, Rocco Fontana, Giacomo Castelletto e Sebastiano Padovano,

tutti di Carenno, di ubbidire a questo ordine sotto "pena della disgratia della Serenissima Signoria et

della confisca de loro beni". A questo punto la Curia milanese non potendo avere tra le mani i colpevoli

comminò loro la scomunica, salvo poi, dopo pochi mesi, riammetterli ai sacramenti, previa una salutare

penitenza pubblica.

Infatti il 27 aprile 1594 il Vicario Generale dell'Arcivescovo diede istruzioni al Prevosto Giò Antonio

Maria Vimercati in merito alla vicenda di Carenno: "Molto reverendo signor. Con questa do’ facoltà a

Vostra Signoria d'assolvere quelle persone di Carenno per parte de Martino che comisero quello

scandalo nella chiesa de detto luogo, dandoli penitenza di dimandare tutti uniti, perdono al populo

publicamente del scandolo dato, et ancho altra penitenza salutare che parerà a V.S....".

Una annotazione del Prevosto in calce alla lettera conferma che la penitenza e relativa assoluzione fu

attuata il 9 maggio ed in più fu fatto obbligo ai rei "di dire 5 pater e tante ave marie tutti i veneri et

mercore sino a S. Pedro proximo." 11

Ma ancora nel 1653, per un fatto analogo avvenuto sul sagrato e nel cimitero della stessa chiesa, il

conflitto giurisdizionale tra i due Stati impediva l’intervento diretto della Curia milanese. Infatti il

Vicario Criminale, Giovan Battista Ravelli, consigliava al Prevosto di Olginate, don Giovanni Battista

Ferrario, che era anche Vicario della “Santa Inquisizione”12 di: "destreggiarsi perchè è nel dominio

veneto in temporalibus, per schifare la giurisditione, per non lasciare fare pregiuditio ne all'uno ne

all'altro."13

Altri documenti ci presentano invece una Carenno, se non all'avanguardia, almeno al passo con i tempi

in fatto di istruzione scolastica. Verso il 1650 il sacerdote Giò Francesco Poletti, avendo in passato

ottenuto il dottorato in Roma ed insegnato morale e teologia, ed essendo residente in Carenno, per

evitare "l'otio" chiese il permesso alla Curia di Milano di potere tenere una scuola di Grammatica.14

10 A.P.Ol.: P-P/IV, cart.1 n° 397-398, vedi doc.n°2 11 Ibidem 12 A.P.Ol.: P-AT/I, cart.6 n° 1455 13 A.P.Ol.: P-P/ IV, cart.3 n°413 14 A.P.Ol.: P-P/ IV, cart.1 n°400

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Quasi un secolo dopo tra il 1731 ed il 1733 una vertenza tra Giacomo Carsana, vecchio maestro

patentato, ed il suo aiutante, Aurelio Rosa, il quale cercava di aprire un altra scuola sottraendo così

alunni al vecchio maestro, ci conferma che già da tempo in Carenno esisteva una scuola, fornendoci

anche i dettagli sul suo funzionamento. Il Curato, Carlo Mariani, interviene nella vicenda per evitare il

formarsi di due scuole: "per alcuni riguardi spirituali et temporali che certamente insorgerebbero" e

riesce ad ottenere che i due gestiscano insieme la scuola facendogli sottoscrivere un accordo, che però,

nel 1733, sarà poi disatteso dal Rosa. La scuola era frequentata mediamente da 48 alunni, ma ogni

giorno ne mancavano da 4 a 8 per malattia od altri motivi. L'accordo prevedeva che se il numero dei

ragazzi fosse stabilmente al disotto dei 40, la scuola fosse gestita dal solo Carsana, in casa del quale si

tenevano le lezioni, ma aumentando questo numero quest'ultimo avrebbe dovuto accettare l'aiuto del

Rosa che avrebbe avuto come paga un terzo delle rette versate dagli alunni. La scuola cominciava al

mattino mezz'ora dopo l'Ave Maria e subito dopo il mezzogiorno ed era aperta fino al 15 di marzo

quando: "all'aprirsi della primavera li figlioli sogliono sminuirsi". Se uno dei due maestri si fosse

assentato per lavorare i campi doveva essere escluso dall'insegnamento. (Il Rosa possedeva molti campi

ed aveva un solo figlio di 10 anni avviato a far il sarto e quindi aveva tempo libero solo in inverno

quando non si lavorava nei campi). Inoltre i due maestri dovevano accompagnare tutti i giorni, con la

bacchetta in mano, gli alunni ad ascoltare: "con la più possibile modestia la santa messa."15

Della Parrocchia di Vercurago, nell'archivio plebano di Olginate, vi sono alcuni antichi documenti,

consultati anche dal sacerdote Mario Tagliabue negli anni precedenti la guerra, per la sua ricerca su

Cremellina. Si tratta di atti di nomina del Rettore della locale chiesa a cui spettava anche di celebrare

nelle Cappelle di S. Giovanni di Cornedo (l'attuale chiesa detta del Beato Serafino di Chiuso) e di S.

Barnaba di Cremellina, anche se quest'ultima cappella e località già dalla fine del 1300 non esisteva

più. Si può desumere che in questi atti quest'ultima vi figurasse come titolo onorifico più che come

affermazione della esistenza della stessa.

Nel 1491 il sacerdote Pietro de Benaglio del fu Petrolo rassegna le dimissioni dalla carica. A sostituirlo

viene proposto, da parte della parentela dei Benaglio, a cui spetta la scelta del Rettore della chiesa di

Vercurago, il sacerdote Martino de Bolis "de nobili genere procreatum" e già rettore della chiesa di

Fuipiano in Valle Imagna. Il 4 agosto il Bolis viene ufficialmente presentato, nella chiesa di Santa

Margherita di Olginate, al Prevosto di Garlate, Giovanni de Bassi, al quale spettava da antichissimo

tempo di dare il suo assenso alla nomina. In questi atti sono elencati tutti i componenti l'antica e potente

famiglia dei Benagli a partire dal Conte Marco del fu Guidoto a Bernardino Sozzi del fu Giacomo ed

altri residenti in Bergamo, oltre a quelli abitanti in Calolzio, Vercurago e Somasca.16

Un documento della metà del Seicento ci apre, invece, uno squarcio di luce su di una triste realtà di

quei tempi: i molti omicidi che si compivano nella Valle. Solo a Vercurago, nella zona antistante la

Chiusa, tra il 1590 ed il 1629 si contarono 5 omicidi e diversi ferimenti di persone.

Il documento in oggetto, dell'ottobre del 1649, oltre a descrivere l'atto dell'omicidio, è uno specchio di

una visione alquanto notarile della vita e della morte di un uomo. 17

In quel giorno, a Vercurago, viene assassinato, mentre si trovava nella sua "canepa", cioè nel

seminterrato della casa, un notabile del luogo, Giovan Andrea Borello fu Crisostomo del casato dei

Benaglio. Colpito, verso le sette di sera, da una archibugiata sparatagli attraverso una finestrella che si

apriva sulla strada, il Borello muore praticamente sul colpo. Poiché egli non si era confessato nella

Pasqua precedente, secondo le norme ecclesiastiche vigenti a quel tempo non era possibile dargli 15 A.P.Ol.: P-P/ IV, cart.5, n°431; vedi doc.n°3

16 A.P.Ol.: P-P/ II, cart.1 n° 296-297

17 A.P.Ol.: P-P/ II, cart.2 n° 306, vedi doc.n°4

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sepoltura in luogo sacro e per questo il Prevosto di Olginate e Vicario dell’Inquisizione, don Giovan

Battista Ferrario, aveva proceduto ad interrogare le persone presenti al fatto per appurare se "in articulo

mortis num dederit saltem signa contritionis nec non ad effectum ut eiusdem sepulture dari nec non

possit" cioè se avesse dato segno di contrizione prima della morte, per sapere se si potesse dargli

sepoltura in luogo sacro.

Il racconto delle tre persone che erano con lui al momento dello sparo, il chierico Giuseppe Benaglio di

Vercurago, Carlo Biffi di Oggiono e Bernardo Volpe di Somasca, è tragicomico e descrive la paura e il

panico che si era creato nella canepa dopo lo sparo. La domanda più persistente loro rivolta era di

questo tenore: "se detto Borello morisse senza dire parolla alcuna, ne dare alcun segno di contritione"

ma il primo pensiero dei presenti fu quello di fuggire e non di prestare attenzione se il Borello dicesse

qualcosa, quindi davanti all’inquisitore cercano di barcamenarsi abbozzando che forse il moribondo ha

espresso il suo pentimento.

Il chierico Giuseppe Benaglio, dopo aver sentito lo sparo così vicino che: "ci venne la fiamma della

polvere sino sopra la tavola et si smorzò la candella", scappò verso l'uscita della cantina dove "ivi

restando io dubioso chi di noi fuosse colpito, cominciai prima di fare riflessione a me stesso, e poi

accorgendomi d'haver appresso detto Carlo Biffo a lui dimandai con somessa voce s'era lui colpito, et

in quel mentre sentissimo il signor Borello che fece una voce come di spirante, et così dissi io è colpito

il signor Borello et alhora gionse al uschiola la di lui serva con la candella in mano, et riguardando

perciò tutti detto signor Borello il medessimo già era spiratto, a tanto che se bene mi si gli accostai io

et gli dissi si ricordasse del Signor Iddio non m'avidi però che mi dasse ascolto...".

Ed è su quel rantolo "come di spirante" che divergono le interpretazioni dei testi. Il Benaglio afferma di

aver capito che il Borello disse "O Jesus" mentre il Biffo dichiara che "gli pare dicesse Oimè Jesus ma

non lo sò di sicuro." Sollecitato a chiarire il perchè non è sicuro il teste fa capire che in fondo non è un

cuor di leone, e lo "smaritio o timore o spavento mi portò fuora di me che ero lì attacato a lui e

dubioso anch'io d'essere colpito".

Anche dalla testimonianza del Volpe affiora la paura ed il panico provato al momento dello sparo.

Infatti fra le altre risposte egli dice: "Lui può havere e fatto atti et detto parole, che a dirla la verità, io

non gli diedi ascolto, tanto restai atterito in sentire rimbombare quella caneva per quella botta

dell'archibugiata, et dico a Vostra Signoria che tanto rimbombò e fece tanto fracasso, che ancor che

puossa essere che gridasse e gridasse forte, io con tutto ciò non lo puotei sentire ..." e si giustifica

dicendo: "se non fuosse morta la candella, la quale morse per il colpo, forsi non mi sarei sbigotito

tanto, et haverei atteso a quanto che lui faceva et diceva .."

Molto sottile ed umoristica è la sua risposta al Prevosto che gli chiedeva se per lui il Borello sia morto

"con dolore de suoi peccati sì o no" egli dice che siccome il dolore materiale per i propri peccati non si

sente "non si può dire ne bene ne male caro signor Prevosto."

Anche il parroco di Vercurago viene interrogato sulla condotta morale del suo parrocchiano ed egli

minimizza la mancata comunione pasquale del Borello dicendo che "non ho osservato in lui vitio grave

di bestemmia (...) non l'ho interdetto perchè di volta in volta che io l'ho avisato in persona o l'ho fatto

avisar d'altri, ha sempre risposto che voleva confessarsi ..."

Non sappiamo con certezza dove infine il signor Borello sia stato sepolto. Però abbiamo una supplica

inviata al Prevosto Ferrario dai parenti più prossimi del Borello, i signori Paolo Castagna di Chiuso e

Andrea Zambelletti di Corte, affinché si permetta la sua sepoltura, se non in chiesa, almeno nel

cimitero. In calce al documento che raccoglie la deposizione dei testi, un appunto riporta i risultati di

una votazione fatta tra i sacerdoti della Pieve delegati a decidere sulla sepoltura. Esso dice : "in chiesa 3

cum dubio, in cemeterio 8 cum dubio, fora nessuno", il che ci autorizza a pensare che infine il signor

Andrea Borello sia stato sepolto nel cimitero di Vercurago.

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Somasca, assieme al Lavello era ed è il centro devozionale e religioso della Valle S. Martino.

In Somasca svolse il suo apostolato S. Girolamo Emiliani e alla Congregazione da lui fondata venne

affidata, dal card. Carlo Borromeo, la cura dei suoi abitanti quando, nel 1566, Somasca venne eretta in

parrocchia autonoma staccandola da Calolzio.

Nell'archivio di Olginate, vi è un documento molto interessante legato alla memoria di S. Girolamo.

Si tratta di una deposizione fatta il 5 agosto 1624 davanti al Vicario foraneo delle Pievi di Lecco e

Olginate, don Giovanni Battista Longo, dal possidente e pescatore Costantino Pescarenico abitante in

Olginate. Il Pescarenico, aderendo all'invito fatto a coloro che possono provare i meriti del Beato

Girolamo Emiliani fondatore della Congregazione di deporre sui fatti: "in occasione della venuta del

Signor Vicario Generale", testimonia su ciò che aveva sentito dire da suo nonno sui prodigi fatti dal

beato. Egli racconta il prodigio della botte sempre piena di vino, fatto famoso in Olginate e tramandato

da generazione in generazione, tanto che fino a pochi decenni fa si diceva "la sarà mia la böta del

Pescarena" per dire di una cosa che non finiva mai.

Il beato Girolamo che tutti "per bona vita che menava lo tenevano per santo", passava spesso per

Olginate e molte volte si fermava nella chiesa di Santa Margherita a spiegare la dottrina cristiana agli

abitanti. Un giorno d'estate il Santo, accompagnato da 35 o 36 orfani, stava uscendo dalla chiesa

quando venne invitato da Battista Pescarenico detto il Moro, nonno di Costantino, a dissetarsi nella sua

casa. Però la moglie, di nome Diamante, sapeva che aveva in casa poco vino perchè il "vasello era in

setono (mezzoritto) et con pocho vino perchè quello anno non se ne haveva fatto per la tempesta .." e

quindi si oppose alla pretesa del marito di dare da bere a tutta quella gente. Ma di fronte alla insistenza

di questi, che non voleva far brutta figura davanti al Miani che stimava tanto, si mise a spillare il vino e

con somma sua sorpresa questo bastò per tutti e dalla botte continuò ad uscirne fino al nuovo raccolto

"et deto vasello se bene era in setono li stette sempre dentro vino sin al novo raccolto dell'altro vino."

Prosegue poi raccontando che anche un suo figlio di nome Fermo, prete e cappellano in S. Margherita

di Olginate, guarì per intercessione di S. Gerolamo da una malattia così grave che “all'hora non

l'haveria datto per una lira di trolli.” Essendo un giorno andato a Somasca a portare dei pesci a quei

Padri e parlando con loro della malattia del figlio fu da essi consigliato di pregare il Santo che faceva

grandi miracoli. Costantino accettò il suggerimento e quindi pregò il cuciniere, un certo messer Andrea,

di recarsi "in quello loco dove il Beato Gerolamo faceva penitentia a pigliare del'aqua da una

fontanella dove beveva il Beato mentre viveva ..."

Il cuciniere ritornò con "sei cugiali" di quell'acqua che Costantino fece poi bere al figlio il quale

"comenciò subito a migliorare et in breve per li meriti del Beato sorse sanno da detta infermità." 18

Per la storia questo prete Fermo divenne poi parroco di Vercurago e quindi, dal 1631, di Calolzio, dove

morì nel 1651.

Di Lorentino, la cui chiesa è di antichissima origine, tanto da far dire all'inizio del 1600 che "la

fondatione de la chiesa parrocchiale di Santa Brigida di Lorentino non si trova nè homo antico ne sà",

può essere interessante la descrizione dell'edificio sacro fatta nel 1608 dal curato, il rev. Battista

Ravasio. 19

L'altare maggiore di questa chiesa era posto "ne la capela vechia ovata e tutta dipinta con Dio padre in

mezo con il figlio che incoronano la Madonna, con angeli che sonano la viola e piato, e li 4

evangelisti, soto l'arco vi sono 8 perfeti con l'agnello in mezo e S. Lorenzo e S. Stefano e diverse altre

piture.” Il Curato prevedeva che l'anno seguente questa Cappella maggiore o Presbiterio venisse

18 A.P.Ol.: P-AT/I, cart.3 n°435; vedi doc.n°5 19 A.P.Ol.: P-P/ II, cart.6 n° 326; vedi doc. n°6

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distrutta perché già si era costruito un muro alto sei cubiti (tre metri circa) tutto intorno ad essa per

ingrandirla e quindi non la descrive più minutamente.

La navata della chiesa era soffittata con assi, aveva archi ogivali ed un pavimento mal fatto e rotto, con

un sepolcro per i sacerdoti posto in coro, chiuso con una pietra rotta che non era secondo le

prescrizioni. Sulle pareti della navata vi erano molti dipinti che non sono descritti dal Curato perchè già

si era deciso di imbiancarla tutta l'anno seguente. Mancava il vestibolo davanti alla porta di ingresso

mentre il sagrato era racchiuso da un muro e da un portico da una parte mentre dall'altra era aperto e

terminava con una croce che guardava verso settentrione.

Passando a Rossino che, come Lorentino, può vantare di essere una delle più antiche parrocchie della

Valle, documenti degni di nota sono le descrizioni delle due chiese di S. Lorenzo vecchio e nuovo che

l'anziano Curato Giacomo Briosco stese nel 1608 dandoci notizie interessanti e finora poco note della

disposizione interna delle due chiese e degli antichi dipinti che le abbellivano. In quella di S. Lorenzo

vecchia che, fino al 1615 è stata la chiesa parrocchiale di Rossino, descrive la capella maggiore “ .. fata

tutta in volta e tutta dipinta de la vita di S. Lorenzo con il Crocifixo con la Madonna e la Madalena

duoi latroni e il misterio de la pasione e angeli e soldati. Soto l'arco vi sono 10 profeti e sopra un Dio

padre con l'anuntiatione .....”

Passando alla navata dice che dalla parte dell'epistola “... vi è una niceta ove altre volte vi era un altare

e vi sono depinte diverse piture di Dio padre la Madonna, S. Chatarina, S. Jeronimo, S. Stefano e altri

santi e diverse altre figure sono dipinte in detta Chiesa che sono antiche e scure.” Inoltre sul muro

esterno della chiesa, quello rivolto a sud, vi erano dipinti la Madonna, con il figlio in braccio, con S.

Bernardo, S. Antonio e S. Cristoforo.

Questa vecchissima chiesa aveva urgente bisogno di restauri sia nella muratura che nei dipinti

superstiti, una parte dei quali si possono ammirare ancor oggi, per riscoprire particolari, anche curiosi,

come il grafito lasciato a mo' di firma da un Curato della seconda metà del 1400. Ma anche la chiesa

detta nuova, (l'attuale parrocchiale) che veniva officiata solo d'estate, era ricca di pitture che già

all'epoca erano dette "guaste per la vechiaia" e che oggi sono state in parte riscoperte. Dalla parte

dell'ambone erano raffigurati "duoi angeli che dipingono S. Pedro Martire e la sua compagnia de

scolari, una Madonna con il figlio in brazo, S. Lorenzo, un altra Madonna con il figlio in piedi e molte

altre che per la vechiaia non si pono intendere. Nel secondo pilastro da la parte del evangelio vi è

depinta la Madonna con li 7 dolori ..." 20

Un curioso documento del 1599 riguarda un abitante di Rossino che girava per i paesi suonando e

facendo ballare la gente. Si tratta di un certo Giacomo de Berti e del suo socio Giacomo Rosa di

Carenno i quali, ripresi dai loro Curati per questa loro attività, risposero con male parole. Informato di

questo e del fatto che i due continuavano imperterriti a suonare nei giorni di festa, cosa proibita dalla

chiesa, il Vicario Generale interviene pesantemente ordinando al Prevosto di Olginate che " .... quando

non obediscano li dichiari interdetti et li facia publicare per tutta la Pieve ..".21

Già 10 anni prima il Vicario Generale Antonio Seneca aveva avvisato il Prevosto che si comminava la

pena dell'interdetto a tutti coloro che violavano il giorno di festa dedicato a lodare e onorare il Signore,

e che "... in codesta pieve, et nelli luoghi circonvicini specialmente nel distretto bergamasco si sono

molto rilasciati li popoli ... facendosi publicamente mercati tanto deli terrieri come da forastieri che in

grandissima copia concorono, non havendo alcun risguardo che l'osservanza delli sacri giorni sia

commandata dalla legge divina ..."22 20 A.P.OL.: P-P/ I, cart.6 n° 262) (doc. n°7 21 A.P.Ol.: P-P/ IV, cart.1 n° 399 22 A.P.OL.: P-LR/ I, cart.2 n° 1253; P-LR/I, cart.8 n°1313) (doc. n°8

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Da questi documenti si può rilevare come fosse difficile far osservare nella Val S. Martino le rigide

norme scaturite dal Concilio di Trento, anche per l'opposizione delle autorità veneziane che avevano

l'interesse ad incrementare i traffici commerciali in un territorio povero di risorse naturali.

Molti ed interessanti sono i documenti conservati nell'archivio plebano di Olginate relativi alla

parrocchia di Calolzio e alla chiesa di S. Maria del Lavello, un tempo facente parte di questa

parrocchia. Importante per conoscere la toponomastica e la composizione dei nuclei familiari del suo

territorio, è un registro contabile compilato a partire dal 22 luglio 1492 dal Rettore ossia Curato

Bartolomeo Guarignoni, originario di Averara, che resse la parrocchia fino al 1508. In esso, con una

bella e ordinata scrittura gotica, sono elencati, oltre ai legati ed i fitti spettanti alla parrocchia, i nomi

dei capi famiglia che versavano la decima o primizia per il mantenimento del Curato, suddivisi per

contrada o per frazione. Le contrade sono elencate a partire dal "Portico" di Sala per finire all'estremo

opposto con la Fola, posta sul torrente Galavesa. Stranamente manca in questo elenco la località di

Somasca che pur apparteneva alla parrocchia di Calolzio, ma probabilmente a quel tempo Somasca era

aggregata alla parrocchia di Rossino.

La decima consisteva in una certa quantità di cereali e vino che però variava secondo le località: ogni

famiglia di Sala e Monasterio dava circa 14 kg. di segale e 14 di panico (graminacea simile al miglio

che cresce in luoghi umidi) o anche miglio. Quelle di Fopenico, Corte, Carsano, Calolzio, Cornello e

Tuffo dovevano dare in più anche 19 litri di vino, mentre quelle della Fola davano 19 litri di vino e

uniche in tutto il territorio per via dei mulini ivi esistenti, 14 kg. di frumento.

Vi ricorrono nomi di famiglie che ancor oggi abitano nel Comune di Calolzio come i Rondalli, i

Mazzoleni oltre ai Benaglio, i Rota, i Cola questi ultimi detti “dei patarini di Corte”. In totale erano 134

i fuochi o famiglie che facevano capo alla parrocchia di S. Martino così suddivisi: 28 a Sala, 11 in

località Monasterio, 16 a Foppenico, 13 a Corte, 6 in Carsano, 40 in Calolzio, 6 al Cornello, 6 al Tuffo

e 5 in località Fola.

Molte altre sono le notizie interessanti contenute in questo registro, come le entrate e le spese della

parrocchia per gli anni 1494-96: l'acquisto di badili e picconi fatti in quegli anni, ci può far credere che

ancora si stesse lavorando alla nuova chiesa di S. Martino. Nella parrocchiale il 29 settembre, giorno di

S. Michele, si ricordava la dedicazione della stessa. In essa vi aveva sede la Confraternita di S. Pietro

Martire. Il registro contiene anche annotazioni fatte dai successori del Guarignoni, che arrivano fino al

1611, ma in modo saltuario e molto disordinato e quindi di difficile lettura. Però un elenco di spese

fatte per la "fabrica del campanile", databile tra il 1512 ed il 1527, ci fa ipotizzare che fino a

quell'epoca la nuova chiesa mancasse del campanile. Comunque siamo sicuri che questo registro dovrà

essere ripreso e studiato a fondo in futuro e che se ne potrà trarre molte preziose informazioni sulla

organizzazione religiosa della Comunità di Calolzio alla fine del 1400.23

A conclusione: il Lavello! Con la chiesa e il convento abitato dai frati Servi di Maria, fino alla

soppressione dello stesso avvenuta nell'ottobre del 1772. Molti sono i documenti riguardanti i non

sempre facili rapporti intercorsi tra i Padri e le autorità ecclesiastiche non solo della Pieve ma anche

locali.

Come clero regolare essi agivano in autonomia, celebrando nella loro chiesa in Rito Romano e non

sempre si uniformavano alle decisioni prese dall'arcivescovo di Milano. Godendo anche dell'appoggio

delle autorità civili, si permettevano di ignorare gli innumerevoli ordini e comandi di non celebrare

nella chiesa di S. Maria e di non aprire le sue porte mentre fuori si teneva il mercato e la fiera. Questi

fatti, assieme alle numerose controversie sorte tra loro ed i Curati di Calolzio per motivi di 23 A.P.Ol.: P-P/ III, Registro

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giurisdizione parrocchiale ed economici, spinsero il card. Carlo Borromeo ad usare le maniere forti

contro di loro. Nel luglio del 1583, durante la sua Visita Pastorale alla pieve di Olginate, intimò al

Priore , frate Clemente de Insilvinis da Brescia, di soddisfare, entro 15 giorni, gli obblighi del Convento

verso la chiesa di S. Martino sottoscritti quasi cento anni prima, nel 1494, e mai onorati. In quell'anno i

frati si erano impegnati a versare 10 lire imperiali al Curato, 10 lire imperiali e dieci libbre di cera ogni

anno alla chiesa di S. Martino, ed inoltre donare alla stessa parrocchiale un calice ed un tabernacolo

d'argento.

L'intimazione venne portata ai frati dal chierico Giò Battista Amigone che venne fermato sulla soglia

della chiesa di S. Maria da frate Guglielmo, il quale respinse il documento che venne allora affisso al

portone d'ingresso dallo stesso Amigoni assieme al signor Forsante Cola ed ad altre persone.

Nonostante ciò i frati continuarono ad ignorare quanto loro ordinato e giunsero a denunciare alla

autorità civili e far arrestare quelle persone che li sollecitavano ad eseguire l'ordine del Cardinale.

Finirono così in carcere, fra gli altri, il signor Forsante Cola di Corte ed il signor Antonio Moneta di

Lecco. A questo punto il card. Borromeo dichiarò scomunicati tutti i frati del convento che vennero

così a più miti consigli.

Nell'agosto del 1584 tre di essi si recarono a Castello di Lecco, dove il Cardinale era in Visita Pastorale,

ed implorarono di essere assolti dalla scomunica dichiarando di essere pronti a soddisfare ogni loro

obbligo. Fu così che il mattino del 24 agosto sulla porta della chiesa del Lavello tutti i frati del

Convento, con alla testa il Priore, si inginocchiarono davanti al Prevosto di Olginate, delegato a ciò dal

Cardinale, facendo una solenne ritrattazione dei loro atti precedenti ed umilmente chiesero di essere

riammessi in seno alla Santa Madre Chiesa. Si obbligarono anche a far liberare a loro spese, entro un

mese, le persone che avevano denunciato.

Però i frati del Lavello non donarono mai alla chiesa di S. Martino la pisside ed il tabernacolo perché,

approfittando della morte del Cardinale Carlo Borromeo, avvenuta nello stesso anno, ricorsero a Roma

contro gli obblighi loro imposti e trascinarono la causa fino al 1588 quando finalmente si giunse ad un

accordo fra le due parti che prevedeva la rinuncia ad ogni lite futura annullando tutti gli screzi passati

ed inoltre fu stabilito che “... nella festa della SS. Annunciazione per sempre il Parroco di Calolzio

possa celebrare una messa nella chiesa del Lavello e raccogliere l'elemosina. Non deve però

intromettersi nelle altre elemosine. I Padri, a S. Martino, devono dare al Curato, per sempre, 14 lire

imp. e 6 lire imp. alla fabbrica della chiesa di S. Martino. I Padri devono pagare 40 lire imp. per censo

di 4 anni al Prevosto di Olginate, Capo Pieve, in cambio il Prevosto non molesterà più i Padri per il

contenzioso passato.” Inoltre i frati si impegnarono ad impedire fiere e mercati durante le feste di

precetto, cosa questa che poi si guardarono bene dal fare. 24

Termina qui questo rapido sguardo sui documenti conservati nell'archivio Parrocchiale di Olginate

riguardanti i paesi della Valle San Martino. Auspichiamo che quanto esposto sia uno stimolo affinché

altri ne approfondiscano lo studio e, conoscendo l'interesse che i responsabili della "Comunità Montana

della Valle S. Martino" hanno da sempre verso le vicende che hanno segnato il cammino della gente di

questo territorio, auspichiamo che incoraggino il riordino e la catalogazione degli archivi parrocchiali

dei singoli paesi della Valle.

24 A.P.Ol.: P-P/ III, cart.1 nn. 352- 358; vedi doc. n°9

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Documento n°1

1604

Statto della parochiale di Santa Maria in Val d'Erve, qual è consecrata.

Primo - la giesa è con due porte, è sofitatta d'assi, vi sonno duoi vasi per l'aqua santa uno per porta, ha

due finestre grandi con le sue invidriate, vi è un confessionale con la latta et vello con la bolla in Cena

domini et tabella de casi riservati, vi è l'altare et capella del Santissimo Rosario con la bradella depinta

di legno et ferata di legno, sopra del qual altare vi è una croce con suso il Crocifiso et una croce di

ottone, et devanti di esso un lampadario de ottone, vi è la Capella per il Batisterio seratatta con la

feratta di ferro, vi è il Batisterio di pietra con dentro un vase di arame coperto d'assi con la coperta di

tella argentina, in essa Capella vi è una finestra per getarvi l'aqua adoperata nel Batisterio con un ochio

per haver il splendore, vi sonno li vasi per portar l'aqua baptismale et olii santi con le sue borse, vi è la

Capella magior e con la ferratta di ferro, et è depinta, con un travo depinto con suso un Crocifiso grande

coperto di tella rossa, vi è l'altare di pietra con la pietra sacrata murata nel altare sopra del quale vi è il

tabernacolo di legno fodrato di setta rossa et coperto di setta rossa et gialda con sopra una croce grande

argentata et adorata, esso altare ha la bradella di legno de duoi gradi con un paro di canzelle di legno.

Vi è l'altarino per tenervi suso li orzoli, in essa Capella vi è una finestra grande con la sua invitriata,

sopra l'altare vi sono duoi Angeli; inanzi l'altare vi è un lampadario di ottone; vi sono tre lanterne per

far le processioni, palii per gli altari n° 5, duoi de corame depinto, duoi de damasco bianco, uno de

damasco rosso.

Tovaglie n° 7, una servieta per la communione. Camesi n° 3. Amiti n° 3. Cordini 3. Una pianetta di

damasco bianco con stola et manipolo, una pianeta rossa di setta con stola et manipolo, una pianeta

verde di setta con stola et manipolo, una pianeta di setta morella con stola et manipolo, una pianeta di

panno negro con stola et manipolo.

Calici n° 2 con le patene indorati, corporali n° 4. Animeti n° 4. Borse da calice n° 5. Velli da calice n°

7. Purificatori n° 24. Paneti per il lavabo 6. Piside n° 2, una grande et l'altra piciola per li infermi. Uno

tabernacolo alla forma per far la processione del Santissimo Sacramento.

Vi è la sacrestia dalla parte sinistra del choro con un credenzone per li paramenti, et una scatola per li

purificatori.

Mesali n° 3, il Sacramentario, il libro delle Litanie, il libretto per far l'aqua santa. Baldachini n° 2, un de

damasco rosso l'altro gialdo. Un stendardo biancho di damasco con l'effigie della Madonna et S.

Dominico. Una cotta grande et una piciola per il chierico et una vestina per il chierico fatta de saija

negra. Una vestina per uso del batezzare.

In sacrestia vi è il lettorino sopra dil quale sonno l'oratione da dire ante et post missam. Continenze n°

2. Un turibolo et navicella argentati. Una bacila per gli orzoli. Candeleri di ottone n° 5. Cossini n° 2 per

il messale.

La entratta del Curato è scuti 50 da gazettoni sette per 5 a moneta bergamascha quali scudi li pagano li

vicini dila Val d'Erve ad esso Curato. Con alcuni altri utensili ad uso del detto Curato comprati delli

dinari della giesa.

A retro

1604 Val de Erve. Inventario della chiesa. Erve

A.P.Ol, : P-P/I cart.2 n°235

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Documento n° 2

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Havendo noi veduta una citatione fatta a voi infrascritti sotto nome del molto reverendo vicario

Archiepiscopale di Milano, per la quale, pare che siete citati a comparere personalmente devanti esso

Reverendo Vicario, per causa, et occasione di certa rissa seguita come si dice in loco sacro nella terra di

Careno, di val de Santo Martino giurisditione nostra, et non volendo tolerare che li sudetti nostri, sieno

per delitti che aspettano al nostro foro da giudice di alcuna giurisditione travagliati, comeseme alli

infrascritti che in pena della disgratia della Serenissima Signoria, et della confisca de loro beni, non

debono asentire nel giudice supradetto ma dogni acto che fusse fatto contro di loro darne a noi subito

notitia perchè pigliaremo quello rimedio che giudicaremo espedienti per conservatione della nostra

giurisditione, et per solevatione de tale indebita vesatione ...

Da Bergomi 1594 die 27 aprilis

Li nomi di quelli a quali deve essere intimato per caduno officiale della Valle:

Martino, et Martino padre et figlio de Caresano; Pavolo Valsichi; Rocho Fontana; Jacomo Castelleto;

Sebastiano Padovano, tutti del loco de Careno

Subscriptus

Jo Maria Sorestus notarij et coadiutor Cancellarius pretoriae, signatij sigilo Sancti Marcij

sul retro; Mandatum illorum de Careno 1594

A.P.Ol: P-P/IV cart.1 n°398

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Molto reverendo signore.

Da un altra mia V. S. haverà inteso la risolutione che si è presa sopra il particulare de quelli de Careno

che è ch'ella sopraseda nel precedere contra quello adultero, contro il quale se designava procedere se

non per la causa del tumulto comesso in chiesa nel quale conviene che io faccia qualche ....... per essere

loro cascati nelle censure, et publicati per tali dal Curato, et già per opera di V. S. è stata assoluta la

parte aversa, et per degne et honeste cause è stato totalmente liberato, onde non si desiderava altro che

l'altra parte cercasse il medesimo per sicurezza delle loro conscientie non potendo in questo li clarissimi

signori metter mano, et ancor il tumulto comesso in chiesa, et anco l'adulterio siano delitti .......... che

l'un'laltro foro può ragionevolmente procedere et la cognitione specta a quello foro che proviene,

nondimeno non è stato mio sentimento di precedere se non a correttione del tumulto scandaloso

occorso in chiesa, et in ciò quei clarissimi signori doveranno contentarsi che la chiesa si possa vendicar

del ingiuria fattali, mi piace però che V. S. mi raguagli come per un'altra mia ho scritto, et anco di quel

di più zche intenderà dal Curato per l'andata sua a Bergamo. Conchè offerrendomi le supplico dal

Signor Dio abundante gratia

Di Milano lì 9 maggio 1594

D. V. S. come fratello amorevole

Antonio Seneca Vicario Generale

Indirizzata al prevosto di Olginate

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Molto Rev. Signor

Col mezzo et opera de V. R. mi contentai di assolvere dalla scomunica quelli che fecero quel tumulto

con armi in chiesa, et perdonarà ancora la colpa grave per le cause che lei sà, et resterà di procedere

all'altra parte forsi manco meritevole di perdono, ancorche nel tumulto vi habbia manco causa, et sin

hora non ho aviso alchuno, onde V. R. non manchi di darmene raguaglio pieno, et fra questo mezzo

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soprasedere et non fare alcuna novità ch'è quanto mi occorre dire con questa, a V. R. alla quale

offerendi mi reccomando.

Di Milano lì 21 di maggio 1594

Di V.R. come fratello amorevole Antonio Seneca Vicario Generale

Indirizzata: Al molto R. Sig. come fratello il signor prevosto di Olginate Vicario foraneo della Val S.

Martino

-------------------------------------------

Faccio fede io infrascritto come nella filza delle lettere Archiepiscopali quale stà apreso di me fra le

altre, una sene ritrova del tenore infrascritto videlicet:

Molto Rev. Signor

con questa dò facultà a V. S. d'asolvere quelle persone di Careno per parte de Martino, che commisero

quello scandalo nella chiesa de detto luogo, dandoli penitenza di dimandare tutti uniti, perdono al

populo publicamente del scandalo dato et ancho altra penitanza salutare che parerà a V. S. alla quale

offeremdomi le supplico dal Signor Dio ogni bene.

Da Milano il 27 aprile 1594

sottoscritta - D. V. S. come fratello amorevole Antonio Seneca Vicario Generale

a tergo - Al molto R. S. come fratello il prevosto de Olginate

Le quale lettere furono da me sudeto, et infrascritto preposto, eseguite adì 9 magio con penitenza come

di sopra, et de dire 5 pater et tante ave marie tutti i veneri et mercore sino a S. Pedro proximo et in fedi

di mio ho scritto la presente di mio propria mane et sigillata col mio solito sigillo.

minuta del prevosto A. Maria Vimercati in A.P.Ol: P-P/IV cart.1 n°397

**************************

Documento n° 3

Fu fatta la presente conventione alla mia presenza, fra Giacomo Carsana, maestro di scola patentato da

superiori, con Aurelio Rosa che ancor luij pretende formare un altra scola, et fu inpedito da me per

alcuni riguardi spirituali et temporali che certamente insorgerebbero si vi fossero due scole divise, onde

mi è parso aconcio acordarli nel sottoscritto tenore:

Primo - che Giacomo Carsana q. Giovanni sij luij solo il vero maestro, et che Aurelio sij puro

coadiutore tenuto ad ubedire il detto Giacomo Carsana in riguardo al ordine della scola.

Secondo - Acciò non abbino da perdere tempo due homini per pocchi scolari sino al numero di

quaranta figlioli seguiti il detto Giacomo solo che pasato detto numero si tenuto ad accetare il detto

Aurelio.

Terzo - che alla mattina mezza ora incerca doppo l'avemaria si rittrovino tutti due in scola come ancora

subito sonato il mezzo giorno, et che il luogo della scola sarà in casa del detto Giacomo.

Quarto - che per la merzede de detto Aurelio coadiutore li si dij uno terzo di tutti li scolari, che esso sij

tenuto a farsi pagare da genitori de essi mesi, però boni et cativi, per quel tempo solamente che averà

aiutato.

Quinto - che tutti due con la bachetta in mano accompagnino tutti li giorni detti scolari ad udire la santa

messa con la più possibile modestia.

Sesto - quando aprendosi la primavera, che sogliono sminuirsi li figlioli, che detto Aurelio seguiti sino

che resterano sino al numero detto nel secondo capitolo, se non accordasero altrimenti fra di loro, et

così dacordio deve seguitare sino alli 15 di marzo se non fossero il numero maggiore .

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Settimo - se per absenza della scola o di Giacomo o di Aurelio si tengha notta distinta perchè è di

dovere che si goda la merzede solo chi opera quando non concertassero fra di loro altrimenti.

Ottavo - chi mancherà senza causa grave o di malatia o per altra grave necesità, eccetto landare in

campagna non dovendosi in tempo di scola andare in campagna, sij subbito escluso da questo officio.

E questo annuo acordio promettono ambe le parti senza alcuna contraditione et per segno della verità

ambi le parti si sono sottoscritti

Io Prete Carlo Mariani ho fatto la sudetta scrittura et fuij presente per testimonio

Nono - se per acidente mancassero alcuni figlioli per malatia debbe seguitare sino a mezzo marzo come

abiamo detto di sopra.

Decimo - li proprij figlioli non devono entrare in numero ne per il principio ne per il fine.

Undecimo - che ne Giacomo ne Aurelio in nesun tempo faccino leggere figlioli fuori della scola quando

non fossero suoi figlioli.

Io Giacomo Carsana q. Gio affermo et prometto quanto contiene nella presente scrittura.

Io Aurelio Rosa q. Gio Batta affermo et prometto quanto contiene la presente.

Io Gio Batta Rotta fuij presente per testimonio del sudetto aggiustamento.

Io Gioseppe Brino q. Batta fuij presente per testimonio del presente acordio.

Siamo poi dacordio che della legna che avanza in scola, fora di quella che si abrucia per scaldarsi con li

doutti modestie et bisogno, che siano mia et questo acordio in vocce solo alla presenza delli sudetti

testimoni che cossì detti testimoni testificano se farà il bisogno.

[a retro]

Copia dell'acordio fatto con Aurelio Rosa, sopra della scola et lo originale là nelle mani il signor Curato

nostro di Carenno.

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adì 11 lulio 1733 in Carenno

Faciamo fede noi sotoscriti anche con nostro giuramento come Aurelio Rosa possiede molti beni tanto

campivi quanto prativi et la magior parte vidati, et molte selve et tutti questi beni lavorati da luj di

propria mano, dove che essendo due in casa atti a tale lavoriero cioè esso Aurelio et uno suo filio di

anni dieci otto in circa, qual essendo impiegato a fare il sarto, perciò essendo impossibile che esso

Aurelio possa lavorare et attendere ad altre arte o esercicij et in fede:

Io Carlo Berizzio aferme come sopra

Io Carlo Ruggeri afermo come sopra

Io Giuseppe Brino afermo come sopra

Io Giuseppe Rotta q. Santo afermo come sopra

Io Domenico Roseto condam Pietro afermo come sopra

Io Carlo Carsana q. Gio afermo come sopra

Io A.... Rotta q. Batta a fermo come sopra

Io Charlo Berizzi q. Antonio afermo come sopra

Io Bertolameo Rotta q. Carlo afermo come sopra

Io Giovan Peruchino di Giraldo sottoscrivo a nome di Gioseppe Batta condam Batista per non saper lui

scrivere, quale aferma come sopra per segno per verità far la seguente croce.

Io Dominico Roseto q. Pietro io sotoscrivo a nomme di Carolo Carsana q. Batista per non sapere lui

scrivere, quale aferma come di sopra et per la verità farà la seguente croce.

Io Carlo Brini afermo come di sopra.

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Adì 23 luglio 1733 in Carenno

Facciamo fede noi infrascritti anche con nostro giuramento qualmente Aurelio Rosa mi à adimandato li

nostri figlioli a scola da luij et benchè li anni passati savè detto Aurelio che li abiamo mandatti a scuola

da Giacomo Carsana q. Gio, et in fede di che etcetera.

Io Dominico Roseto del condam Pietro sotoscrivo a nome di Carlo Carsana condam Batista per non

sapere lui scrivere per senio de la verità farà la seguente croce.

Io Giosepe Poletto q. Batista a fermo come di sopra

Io Martino Carsana a ferma come sopra

Io Antonio Carsana a ferma come sopra

Io Giuseppe Brino q. Batta a fermo come sopra

Io Giovano Carsana soto scrivo a nome di Franzesco Carsana q. Battista per non sapere lui scrivere

quelo aferma come sopra e per segno della verità farà la seguente crozze

Io Bernardo Bolino filiolo di Gioseppe afermo come sopra

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Adì 24 luglio 1733 in Carenno

Faccio fede io infrascritto anco con mio giuramento qualmente in questa stagione dell'anno 1733 ò

autto alla mia cura a instruire alla mia scuola et insegnarli tutto quello che ò potuto e saputo conforme il

talento che mi à datto Idio, il numero de figlioli n° 48 dico quaranta otto nel più concorso della scuolari,

et ancora di questi ne mancavano quasi tutti li giorni quatro a seij o otto per sua malatia o per suoi

affari, et in questo tempo mi à agiutato la maggiore parte del tempo mio figliolo de anni vinti duj; e

prego e sempre ò pregato Santa Divina Maestà che mi dia agiuto di potere insegnare et instruire li miei

scuolari aonore e gloria di Dio e salute della sua et mia anima et sostamento del corpo, et in fede.

Io Giacomo Carsana quondam Gio

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Lì 24 luglio 1733

Faciamo fede noi infrascritti hominij del Commune di Carenno ancho con nostro giuramento come anni

sono Aurelio Rossa pretendendo di formare scola per istruire de figlioli, con procurare con modo

improprio di apropriarsi queli medemi figlioli soliti a frequentare la scola di Giacomo Carsana et con

dichiarationi contra detto Giacomo con grande dispetto di tutti e pericolo de inconvenienti criminali;

ancora perchè due Scole in questo nostro Commune erano più tosto in pregiuditio de medemi figlioli

per causa di non poterli castigare per li loro padri troppo indulgenti, che coretti li avrebero levati da una

Scola per meterli nel altra et che sarebero sempre stati continue discordie tra essi diversi maestri, onde

alchuni di questo Commune risoluti di farsi ricorso a Superiori temporali per il dispiacere di questo

iminente disordine, et ciò inteso dal nostro reverendo signore Curato egli si intropose et inpedì tal

ricorso agiustandosi da far Scola in compagnia, onde adessso si tratta di fare il medemo ricorso, mentre

si vede questi discordie maggiore per tutti li finali sudeti, et in fede.

Io Bertolamè Rosa condam Giovan Giacomo a fermo come sopra

Io Giuseppe Butta q. Dominico afermo come sopra

Io Carlo Butta q. Sebastiano affermo come sopra

Io Carlo Ruggeri afermo quanto di sopra

Io Bertolamo Rotta q. Carlo io afermo quanto sopra

Io Andrea Rotta confesso io soto forma quanti sopra

Io Gio Batta Carsana condam Francesco a fermo come sopra

Io Defendo q. Gio Roseti confermo et confesso come sopra et mi dichiaro

Io Tomaso Roseti q. Giacomo afermo come sopra

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Io Defendo Roseti q. Gio soto scrivo a nome di Bernardo Rigamonte q. Giuseppe per non saper luij

scrivere et per segno della verità farà la seguente croce + croce fatta da detto Bernardo Rigamonte che

aferma come sopra.

Io Carlo Berizzj q. Antonio affermo come sopra

Io Giuseppe Berizzj q. Antonio a fermo come sopra

Io Giuseppe Brino q. Batta afermo quanto di sopra

Io Dominico Roseto condam Pietro afermo quanto di sopra

Io Giacomo Carsana q. Francesco sotto scrivo a nome di Francesco Carsana q.Batta per non saper lui

scrivere per segno di la verità farà la seguente croce + croce fatta da detto Francesco che aferma come

sopra

Io Giacomo Carsana q. Francesco afermo come sopra

Io Carlo Carsana q. Gio affermo come sopra

Io Pietro Sibela di Pietro sotoscrivo a nome di Gioseppe Mazoleni per non saper lui scrivere qual

afferma e per segno de la verità farà la seguente croce + croce fata da deto Gioseppe che aferma come

sopra.

Io Carlo Berrizi q. Beltrame sotto scrivo come sopra et afermo

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Illustrissimo et Reverendissimo Signore

Havendo Aurelio Rosa ottenuta la patenta di far scola dalla Curia Archiepiscopale, il quale Aurelio anni

sono procurai accordare in compagnia di Giacomo Carsana già maestro vechio, tra i quali passavano

alcuni disapori con pericolo de criminali, et risoluti di far ricorso al foro secolare come sua Ill. Rev.

puotrà vedere dal'inclusa fede di questo publico, et per sfugire tutti li inconvenienti et acciò il foro

secolare non metese mano in queste cose spettanti alla giurisditione ecclesiastica, li accordai secondo

nel'inclusa copia contenente tutte la parti, tenendo a presso di me l'originale, il quale acordio era più

tosto in utile di Aurelio che di Giacomo non puotendo detto Aurelio attendere alla scola se non nel

cuore del inverno quando la terra è coperta di neve come vedrà in un altra fede, paremente vederà Sua

Ill. la fede del numero de figlioli perchè penso che il Superiore sij stato inganato, quello che più a me

pesa è che Aurelio Rosa pare che cimenti il detto Giacomo nel tentare di levarli li scolari com modo

improprio come con un altra fede, certamente due scole oltre le continue discordie sarebbero più di

danno a figlioli che di utile, come toccai con mano ancor io, quando arivai a questa Cura per haver

qualche esercitio procurai di tener scola, ma per l'inconvenienti che ne avenivano bisognai tralasciarla.

Onde suplico la begnina bontà di Sua Ill. e Reverendissima ad obligare il detto Aurelio a stare al detto

acordio da lui già accettato con anullarli la patenta di far scola da sè solo, per li finali sudetti; et

rasegnandoli la mia più devota oservanza mi dico

Adì 26 luglio 1733

Di Sua Ill. e Rev. devotissimo servo

Prete Carlo Mariani Curato di Carenno

A.P.Ol: P-P /IV, cart.5 N°431

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Documento n° 4

1649 die trigesima prima octobris

Interrogande sunt informationes sumptum per me notarium infrascriptum coram per Ill. et ad modum

reverendo domino Preposito ac Vicario Foraneo Olginati cape Plebis mediolani diocesi specialiter ab

hoc delegatum occasione necis per Andreae Borelli loci Vercuragi dicta plebis prout ex decreto prefati

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eminentissimi Archiepiscopi Mediolani et caetera cuius tenor fideliter per me describendus est

infrascriptos.

Ponatur tenor

Adprobandum num prefatus q. Andreas de Borelli inconfessos in Paschate proxime preterite, nec post

modum quantum ....... in articulo mortis num dederit saltem signa contritionis nec non ad effectum ut

eusdem sepulture dari nec non possit.

Primo: exhibitus est Joseph Benaleus filius q. Lombardi clericus habitij dicto loci Vercuragi uti unus ex

illis, quod relatum fuit prefato domino Vicario ad fuisse in domo predicti Borelli defuncti, tum cum

occisus fuit, qui quid prius delato etjuravit veritatis et caetera et quem juravit et caetera tactis.

Interrogantis - se lui si trovò in casa del quondam Andrea Borello mentre fu amazzato

Respondit- signor sì

Interrogantis - che dica il giorno et l'hora in che seguì detto homicidio

Respondit - fu lunedi prossimo passato circa le due hore di notte [circa le sette di sera odierne]

Interrogantis - che dica in che luogo della casa fu amazzato et se ivi presente v'era anch'elli medemo

chierico, o se pure in un altra stanza di detta casa.

Respondit - lui fu amazzato nella sua cantina dove era solito stare a scrivere et così scriveva mentre fu

amazzato et morse con la pena in mano, et all'istessa tavola alla quale lui scriveva vi ero anch'io che

tenevo in mano il calamaro, et in mezzo tra me et detto signor Borello, quale era in capo di tavola, vi si

trovava un Carlo Biffo habitanti in Oggiono et di sotto di me v'era un tale Bernardo Volpe habitanti in

Somascha.

Interrogantis - in che modo seguì detto homicidio et se colpito detto Borello morì subito, se parlò prima

et cosa disse.

Respondit - vi fu sparata un archibuggiata d'una finestra di detta cantina puoca discosta da detta tavola,

per un bucho di sotto le antene di detta finestra, le quali erano serrate, et ci venne la fiamma della

polvera sino sopra la tavola et si smorzò la candella, et così restassimo sbigotitti di tale maniera che non

sapendo, come fuori di noi, che cosa fare, corressimo al uschio della detta cantina, il quale era aperto, et

ivi restando io dubioso, chi di noi fuosse colpito, cominciai prima di fare reflessione a me stesso, e poi

accorgendomi d'havere appresso detto Carlo Biffo a lui dimandai così con somessa voce, s'era lui

colpito, et in quel mentre sentissimo il signor Borello che fece una voce come di spirante, et così dissi

io è colpito il signor Borello, et alhora gionse al uschiola di lui serva con la candella in mano, et

riguardando perciò tutti detto signor Borello il medessimo già spiratto, a tanto che se bene mi gli

accostai io et gli dissi si ricordasse del Signore Iddio non m'avidi però che mi dasse ascolto, ma lo tenne

per totalmente morto.

Interrogantis - se dunque sà di certo che detto Borello morisse senza dire parolla alcuna, ne dare alcun

segno di contritione.

Respondit - mi pare che in quel mentre che fu sparata l'archibuggiata di sentirsi a dire "o Jesus" ma

come che non sapevo che lui fosse colpito e tanto temevo di me stesso, come dell'altri in quello ponto

non gli feci avertatta reflessione, che io sappia.

Super generalibus recte

Respondit se scire quibus utsupra et est etatis annorum 24

Successive coram utsupra

Examinatos est Carolus Biffius habitij loci Ugloni qui juravit et caetera tactis et caetera, et uti presenti

utsupra.

Interrogantis - se lui è statto in casa del quondam signor Borello in Vercurago e che dica quando.

Respondit - signor sì vi ero quando lui fu amazzato chè lunedi sera verso due hore di notte.

Interrogantis - che dica con che fu amazzato detto signor Borello.

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Respondit - con una archibuggiata.

Interrogantis - se lui ha parlato con detto Borello doppo che elli fu colpito con detta schiopettata.

Respondit - signor nò

Interrogantis - se detto quondam Borello parlò con esso o con altri doppo che fu parimente colpito.

Respondit - signor nò

Interrogantis - se detto Borello colpito che fu disse almeno qualche parolla, o diede qualche segno di

contritione de suoi peccati prima di morire.

Respondit - così al mio parere mi pare dicesse "oimè Jesus" ma non lo sò di sicuro.

Interrogantis - perchè non lo sà di sicuro.

Respondit - perchè smaritio o timore o spavento mi portò fuora di me, che ero lì attaccato a lui.

Interrogantis - se quelle parole, che gli pare havere sentito a dire da detto Borello, furono doppo sparata

detta schiopettata d'assai tempo o come.

Respondit - in subito sparatta detta l'archibuggiata in quell mente che noi altri che eravamo là cioè io et

il chierico Josefo Benalio, corressimo al uschio non sapendo che cosa fuosse accaduto, dubioso anch'io

d'essere colpito.

Interrogandis - se si riccorda almeno d'havere fatto riflessione al'hora o puoco doppo d'havere sentitto si

o nò il detto Borello a dire le dette parole "Oimè Jesus"

Respondit - signor sì che quando ci fu porto un lume et lo vedessimo che non dava più ascolto io dissi

al detto chierico, mi pare d'haverlo sentitto a dire "Oimè Jesus"

Interrogantis - che dica un puoco per verità et suo sentimento, se tiene o nò che il detto Borello sia

morto in contritione de suoi peccati

Respondit - manos in formam crucis languendo; signore io in questo non puosso dire, ne il sì ne il nò.

Super generalibus recte est etatis annorum 30

Successive coram utsupra

Ad ... circa mores dicti quondam Borelli, num benem et chatolicem vixenti et num alqua digna causa

abstinverit a confessione in proximo praeterito Paschate num que contumax fuerit correctiones sibi

factas repellendo licet paternas monitiones parochiales admittendo necne.

Ex.lus fuit molto rev. dominos Curatus prefati loci Vercuragi et interrogantis se ha osservatto che vita

menava il quondam Andrea Borello suo parochiano mentre viveva. Che dica se frequentava la chiesa le

messe le feste s'era bestemmiatore almeno publico se sà perchè non si sia confessato la prossima

passata Pascha, se non havendolo interdetto, l'ha almeno amonito che si confessasse, et che cosa ha

risposto.

Respondit - in quanto a l'havere osservatto le sue actioni circa al freguentare la chiesa, le messe tanto le

messe feriali quanto le feste se era a casa, alle vesperi et orationi della sera molte volte vi veniva, circa

al bestemmiare fuora di certe parole così solite a dirsi da molti, spensierattamente, io non ho osservatto

in lui vitio grave di bestemma. Perchè non si sia confessato a Pascha non lo sò. Non l'ho interdetto

perchè di volta in volta che, o l'ho avisato in persona, o l'ho fatto avisare d'altri, ha sempre risposto che

voleva confessarsi o che voleva confessarsi.

Successive coram utsupra

In loco predicto Vercuragi auditis ...... hominibus dicti loci, quorum varius fuit sentus circa

sepelimentum dictum cadaver in ecclesia .. ut alij in caemeterio, ....... aut fere nullus extra locum

sacrum ibi in sachristia parochialis antedictis.

Ex.lus est Bernardus de Vulpis ...... delato et prius juravit veritatis et caetera qui tactis iuravit et caetera.

Interogantis - vorrei sapere se voi foste presente alla morte del quondam Andrea Borello.

Respondit - v'ero signore.

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Interrogantis - se sà dire che detto Borello prima di morire mostrasse segno di contritione de suoi

peccati con atti o parole.

Respondit - signore lui può havere e fatto atti et detto parole, che a dirla la verità, io non gli diedi

ascolto, tanto restai attento in sentire a ribombare quela caneva per quella botta dell'archibuggiata, et

dico a V.S. che tanto ribombò e fece tanto fracaso, che ancor che puossa essere, che gridasse e gridasse

forte io con tutto ciò non lo puotei sentire.

Interrogantis - se lui era presso a detto Borello tanto come l'altri ivi presenti o come.

Respondit - signor nò che il chierico Benaglio et suo padregno erano più vicini, io ero lontano dalla

tavola, dove il detto Borello scriveva, et loro erano assentati a quella, se non fuosse morta la candella,

la quale morse per il colpo, forsi non mi sarei sbigotito tanto, et haverei atteso a quanto che lui faceva et

diceva.

Interrogantis - se ha sentimento quanto a se stesso che il detto Borello sia morto con dolore de suoi

peccati sì o nò. .

Respondit - come non si sente, non si può dire ne bene ne male caro signore Prevosto.

Super generalibus recte est annorum 35.

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Chiesa iii cum dubio

Cemeterio iiiiiiii cum dubio

Fora --

[ndr - queste sono le votazioni dei componenti il Consiglio di sacerdoti delegato a decidere sul luogo

dove seppellire il cadavere del Borello]

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Molto illustre et molto reverendo signor Prevosto e Vicario Foraneo

Il signor Paulo Castagna habitj in Chiuso et il signor Andrea Zambelletti da Corte parenti più prossimi

del deffonto Andrea Borello intendendo con loro dispiacere la dificoltà che V. S. ha d'admettere il

cadavero del sudetto quondam Borello alla sepoltura in Chiesa suono almeno a suplicarla.

Si compiacia lasciarlo sepelire nel Cemeterio della Chiesa parochiale di Vercurago.

Io Paolo Castagna di Chiuso

Io sottoscritto Zambeletti di Corte

A.P.Ol: P-P/II, cart.2 n° 306

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Documento n° 5

Die quinta mensis augusti 1624

Cum ex mandato Ill. et molto Reverendi Jo Baptistae Longhi S.T.D. Curati Galbiati Plebum Olginati et

Leuci Vicarij foranei.

Omnibus Curatis Olginati praeceptum fuit quos in suis parochijs habent qui obtinuerint mentis Beati

Hieronimi Emiliani Congregationis Somaschae fundatoris compareant ...... domino Vicario ..... aliquam

gratiam, comparvit D. Costantinus Pescharenicus loci Olginati filius quondam Petri uti admonitus a

Domino Preposito Olginati in sua messa parochiali, cui delato iuramento tactis corporaliter scripturis a

me infrascripto notario et cancellario suprascripti D. Vicarij in Plebe Olginati ....... de veritate dicenda

coram me notario suprascripto exposuit ut infra.

Interogatus - che gratia ha havuto dal Beato Hieronimo da Somascha.

Respondit - signore mentre viveva la felice memoria de mio avo il quale si chiamava Baptam

Pescharenico ho sentito a dire da esso che mentre veneva detto Beato Hieronimo da Somascha alla

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Scola della doctrina Christiana qui a Olginate con forsi da trentacinque o trentasei figlioli orfani, detto

Batta mio avo, finito la scola della doctrina christiana, invitò detto Padre Hieronimo con detti figlioli a

bevere, et detto Beato Hieronimo per la amicitia che haveva insieme con detto mio avo, accettò

l'invito, et subito accettato da esso Beato Hieronimo l'invito detto mio avo venete a casa da sua moglie

la quale si chiamava Diamante, che dovesse apparechiare da bevere, et lei non volle apparechiare

perchè il vasello dove dentro si ritrovava il vino all'hora era in sentono, (1) et con pocho vino perchè

quello anno non se ne haveva fatto per la tempesta, et esso Beato Hieronimo con li sudetti orfani

aspettando che detta Diamante venesse con il vino, il detto Batta, chiamato per sopra nome il Moro, va

subbito a cercare detta Diamante sua moglie che portasse il vino, et lei respondendo a detto Batta suo

marito come volette fare a dare da bevere a tanti che non vi è vino abastanza, et lui rispondendoli va a

cavare da bevere che li voglio dare da bevere se ....... ma quello, et detta Diamante sua moglia obedendo

andette a cavare subito del vino dal vasello sebene era in setono, et dette da bevere a tutti; et detto

vasello se bene era in setono li stette sempre dentro vino sin al novo racolto dell'altro vino.

Interogatus - de che tempo, mese o giorno fusse quando detto Battam detto il Moro et Diamante sua

moglia dettero da bevere al detto Beato et sua famiglia.

Respondit - signore, questo non lo saperia dire, è bene vero che ho sentito a dire che fusse da trei o

quatro mese inanzi al racolto del vino da sopradetto mio avo mentre vivea et questo ho sentito a dire da

essi mio avo et mia ava mentre vivevano che lo tenevano per miracolo.

Interogatus - se ha sentito a dire che detto Beato havesse fatto altri miracoli et gratie.

Respondit - Signor nò, è ben vero che tutti li vechij come diceva mio avo sudetto, per la bona vita che

menava detto Beato lo tenevano per santo.

Interogatus - denovo se sà che detto Beato habbia fatto altri miracoli et gratie

Respondit - signore, ho sentito a dire da Giovana mia amitta, (2)la quale era la madre di messer

Dionisio mio cugino, che il Beato Hieronimo da Somascha alcuna volta andava nel loco che si chiama

Piazio il quale è una terretta sopra Ranchio della Pieve di Lecco, a demandare elemosina insieme con li

suoi orfanelli da una dona la quale era ammorevole, et pietosa che ivi habitava, dove più et più volte

essendoli fatte elemosina da essa dona di vino con rimpizarle (3)le sue barisella, vene il tempo che il

marito di detta dona credendoci che li vasselli fossero pieni, et non sapendo quanto dalla dona sua

moglia fusse fatto, vendette il vino a mercanti, et ciò lo notificò alla moglia come sogliono fare li mariti

con le sue done, et la dona sapendo delle elemosine de esso vino fatto a detto Beato, et temendo che il

marito che .... era terribile non li dasse (4), si imaginò di impire il mancamento delli vaselli de aqua di

quella fontana che corre fresca che si trova in detto loco di Piazzio acciò il suo marito non havesse da

cridare et andando alli vaselli per vedere quanto vino li calava, et quanto li andava, trovò

miracolosamente li vaselli pieni sin al calcono(5) di vini et che andavano fora senza metterli aqua.

Interogatus - se sa che altri habbino havuto gratia da esso Beato Hieronimo de Somascha.

Respondit - mentre era amalato Prete Fermo (6) mio figliolo, Capellano di Olginate, in caso di morte

che all'hora l'haveria datto per una lira de trolli (7), andai dalli Pretti di Somascha alli quali li davo il

pesce come suo pescatore che lo era, per pigliare denari per il pesce datoli, et detti Reverendi Padri

havendomi pagato il pesce, come amici di casa dimandarono che cosa si faceva in casa mia, et come

passavano le cose, et io li risposi confidentemente ho il mio Prette che ha tanto male che l'ho daria per

una lira di trolli, perchè mi dubbitava veramente che dovesse morire per la gravissima infirmità che

haveva, et essi Reverendi Padri si per lamore che portano alla mia casa et anco perchè sono molto

ammorevolli me dissero, fatte una divotione al Beato Hieronimo, che poco fa sono visti delli altri

miracoli, che haverette gratia. Et io subbito per l'amore quale portavo al detto Prette mio figliolo, l'ho

vottai al detto Santo subbito et pregai uno il quale si chiamava messer Andrea il quale in quel tempo

faceva la cocina a essi Padri, che dovesse per amor mio andare in quello loco dove il Beato faceva

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penitentia a pigliare del'aqua de una fontanella dove beveva il Beato mentre viveva, et detto messer

Andrea per l'amore che mi portava perchè ero il suo pescatore, subbito andò e mi portò da sei otto

cugiali di quella aqua, et io pigliando detta aqua l'ha portai subbito al detto mio figliolo il quale

gustando da doi cugiali subbito comenciò a migliorare et in breve per li meritti del Beato sorse sanno da

detta infirmità.

Interogatus - se è stato indotto o per pretio o per preghi a deporre le sudette cose et da chi.

Respondit - signore nò, ma è ben vero che ho intesso dal signore Prevosto nostro il quale ha avisato al

suo popolo che se alcuno dessi ha havuto qualche gratia dal Beato Heronimo o [ad] esso o al signor

Vicario o Cancellario ciò lo deponesse in occasione della venuta del signor Vicario Generale.

(1) sentono = mezzoritto

(2) amitta = zia

(3) rimpizarlo = riempire

(4) dasse = malmenare

(5) calcono = sino all'orlo

(6) Fermo Pescarenico, poi curato di Vercurago e infine di Calolzio dal 1631 al 1651

(7) trolli = pesci di poco valore

A.P.Ol: P-AT/I, cart.3 n° 1435

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Documento n°6 (il documento è mancante della parte alta del bordo destro)

1608

In nomine domini anno a Nativitate eiusdem millesimo sexcentesimo octavo die jovis undecimo mensis

..... Visitatio facta in ecclesia Sanctae Brigidae loci Lorentini ............. Rev. Prete Battista Ravasio

curato titularij .........

Primo visitato il santo sacramento ritrovato sopra una piside ……….uno mondino picolo coperto di

grograno .......... con la sua franzeta morella e una croce grande .......... nel deto mondino vi è fodrato, se

non l'uschiolo con zendal roso, e la parte di drietro restato con parte da fodrare, qual mondino è vechio

e la Chiesa ne desidera un altro più bello; qual piside ha la copa di argento sopradorata, coperta di vello

gialo con il piede di lotone, per comunichini alla form, soto deta piside vi è il corpolare.

Vi è la piside picola con la borsa di raso roso da portar il santo sacramento alli infermi.

Sopra detto altare vi è un ancona dove sono dipinti diversi santi, vechia, longa, che tiene l'altare alta

cubiti 5-1/2 con una coperta di tela rosa vechia.

Vi sono duoi quadri di corame uno S. Gio; l'altro S. Francesco sopradorati guarniti di asse di noce et

incornisate

Vi sono para 4 candileri di ottone honorevoli

Vi è la tavoleta de li secreti cornisata in assi di noce

Vi è una pace di legno sopradorata con la figura de la Madonna con il Christo in bracio morto.

E' coperto l'altare di due tovaglie curte con una longa che copre tutto l'altare da tutte le bande, ha un

palio inanzi atacato di corame figurato con la Madonna in mezo che ha il figlio sopra un ...... di S.

Brigida e S. Roco da la bande …........... consacrato ma non ha la tela ............... sopra .........; l’altare è

separato dal muro un cubito e onze 12.

E' situato ne la capela vechia ovata e tutta dipinta con Dio Padre in mezo con il figliolo che incoronano

la Madonna, con angeli che sonano la viola e piato, e li 4 evangelisti; soto l'arco vi sono 8 profeti con

l'agnello in mezo e S. Lorenzo e S. Stefano e diverse altre pinture; vi sono due scancelle per

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l'elevatione; vi è sotto l'arco uno crucifixo coperto di tela argentina ; con un trave nel qual vi è attacato

uno campaniletto per la elevatione de le messe; vi è una lampada di ottone con una lampeda di vetro

con l'olio quale è governata da Battista di gratis; vi è una finestra de li orzoli con la bacileta di terra cota

biancha; vi è un altra finestra sopra la finestra de li orzoli con la sua anta e chiave ove si puotrebe

metter li orzoli; vi è anco una finestra larga cubito uno, alta tre con la stemegna di tela.

Al detto altare vi è la compagnia dil S. Sacramento de la Minerva ereta dal Beato Carlo l'anno 1593

(1583 - ndr); ha la detta Scola un campo avidato di pertiche 3 dove si dice al campo di Roc, legato per

il q. messer Battista figlio di un altro q. Battista Consoleto in Lorentino come per testamento rogato per

messer Lisandro di Curte novi in Caprino adi [manca] con obligo ali scolari di far celebrare ogni anno

messe deci, alla qual petia di tera coherente ... .. parte la Chiesa di S. Brigida da ............ suoi heredi da

laltra Stefano Consoleti .. l'altra li medemi heredi quali ........... 4 sorelle figlie dil q. Battista e di

Jsabella de Testori sua moglie; qual detta peza di terra di presente è goduta e poseduta da Ambrosio di

Carchano habitante in Lorentino a fito semplice a raggione de lire 38 di moneta bergamascha a l'anno,

fitata da li officiali di detta Scola al incanto.

Il …….diligenza di haver l’istrumento di questo legato…….

In questa capella non serà altra diligentia in descriverla più minutamente essendo già fatti li fondamenti

alti di terra a circa sei cubiti tutta a torno si spera di finirla questo anno 1609 e di demolir questa vechia.

La detta capella è cinta de banchi da sentarsi li sacerdoti, ha il bancho con la sua scola, vi è il

confessionale ma non alla forma qual .......... la bola in cena domini e casi reservati; vi è il bancho

grande di noce per la scola e uno da sentarsi e da riponere le robe de la Scola; vi è una casseta con due

chiav, cioè la chiave una al parochiano e una al tesorere messer Stefano Consoleto in Lorentino.

.......... cason vechio dove è dentro uno ........... grande di loton di pretio di .......... e altri vasi da olio per

la chiesa. La chiesa è soffitata tutta di novo de assi con le cantinelle e travelli e li ha li archi ovati

L’astrico di detta Chiesa mal fato e roto ha una sepoltura in choro per li sacerdoti con l'anello e la pietra

rota e non è alla forma; non si descrivono altre piture in questa Chiesa perchè li vicini intendono di

dargli il biancho l'anno seguente.

Nella Chiesa vi è anco il batisterio ma non è cinto; non è fato il vestibulo avanti alla porta.

La dotrina cristiana è molto rilasata.

Il secrato è parte cinto e parte con un portico e l'altra parte aperto con una croce grande verso

setentrione con la casa dil parochiano atacata alla Chiesa e secrato.

Si fa una processione dil santo Sacramento il venerdì dopo il Corpus Domini con concorenza de

sacerdoti atorno a la Chiesa e si canta uno officio per li defunti de la Scola e puoi si canta la messa e si

fa la processione.

La fondatione de la Chiesa parochiale di S. Brigida di Lorentino non si trova ne homo antico ne sa ...

Ha l'infrascritti redditi ponantur in inventario…….; non si ritrovano alchune reliquie in questa chiesa.

Ha esebito li libri parochiali cioè; batesimi n° 28 matrimonij n° 8 e stato delle anime e libro de la nota

de le messe che celebra in questa Chiesa.

In deta Chiesa non vi sono altri oblighi se non come parochiano.

La detta Comunità fa le infrascritta festa: S. Francesco per voto dali vicini e confirmato soto il 22 aprile

1601 e confirmato l'anno 1602 di 7 febraro come apare per instrumento rogato per Alessandro de Corte

nova nodaro di Bergomo habitante in Bergomo, oltra la titulare che è S. Brigida ne la quale si fa un

puoco di mercato.

Si serve di uno figliolo: Iosefo figliolo di Martino di Valsechi de anni 14 ne la ministratione de li

sacramenti, messe e altre functioni con vesta e cota.

Ha una bola de la Scola dil santissimo sacramento de la Minerva concessa dal Beato Carlo l'anno 1584

adì 22 aprile sottoscritta dal Beato Carlo e dal canceliero M. Antonio Bellino.

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Bisogni de la Chiesa di S. Brigida

Fu l'anno 1581 che morse il q. messer prete Tomaso de Moioli curato di S. Brigida e lasò suo herede

Jeronimo de Moioli il quale hebbe tutte le sue robe perchè il detto reverendo havea trovata la

posessione di S. Brigida seminata dal suo predecessore messer prete Biasio, il quale havea lasato dette

semenze per servitio di detta posessione perpetuamente come il detto prete Tomaso protestò.

Et perciò havendo il detto messer Jeronimo herede receuto anche detta semenze con le altre robe ad

instantia de li sindici de la detta Curata il molto reverendo signore preposito et Vicario foraneo scrisse

una lettera al detto messer Jeronimo che non mancase dare e consignare dette semenze ali sindici overo

da chi sarà deputato da loro e così furno consignate e seminate come appare per lettera suprascritta

cuius tenor est talis è ;

Carissimo messer Jeronimo come fratello

Instando il tempo da seminar e aciochè i beni de la Chiesa non restino incolti per difeto de la semenza

vi piacerà consignare detta semenza nelle mani deli sindici overo a chi detti sindici de la Chiesa

ordinarano che sij data, e del tuto ne pigliarete la vostra cautione da chi la consegnarete acciò venendo

Monsignor Illustrissimo possiate dimostrare la vostra raggione che è quanto ci occorre e con questo di

tutto core prego il Signor Iddio che la conservi.

Di Olginate il 10 settembre 1581

Subscritta; vostro come fratello il preposito di Olginate e Vicario foraneo;

a retro, al molto magnifico come fratello messer Jeronimo Rato in Moiolo.

Post scriptam: e mì Alexandro Colombelli sindico de la Chiesa di S. Brigida de Lorentino ho receuto da

messer Jeronimo Rato de Moioli soma una formento da seminar li beni de la Chiesa come di sopra e

stara duoi segale per conto come da bon conto da seminar che sono stara 16,

Adì 6 novembre per stara 4 formento hauto dal suscritto per seminare detti beni, subscritto Alexandro

Colombelli

Adì 11 novembre recevuto stara 3 formento dal suscritto per seminar li beni de la Chiesa e il signor

preposito dichiari di farmi liberi messer Jeronimo de li quartari del formento de l'anno 1581.

Presente messer Prete Jacomo dal Castelo, Jacomo Bolis e Jacometto Panzalonga

Jo Alexandro Colombelli fui presente.

A.P.Ol:P-P/II, cart.6 n° 326

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Documento n°7

Castello Rosino 1608

Stato del Curato di S. Lorenzo

Il Reverendo Prete Jacomo Brioscho filio dil quondam Bernardino titulare de la sudeta de Rosino,

nativo nel luocho di Poma de la Bevera cura di Brianza pieve di Masaglia, di età de anni 67. Vestito

decentemente con veste talar longa sin ai piedi con cinta di fusa negra con il golare alla forma con la

chierica patente. Ha il breviario novo e diurnino col calendario.

Ha in casa una serva dimandata Maria di anni 58 senza licenza qual si perse per la fuga del interdeto.

Ha un nepote chiamato Gio Antonio de anni 14 che serve alla messa.

15 decembris 1608

Nella chiesa nova di S. Laurentio

Ne la chiesa parochiale di S. Laurentio nova

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Primo - sopra l'altare vi è posto un mondino honorevole con diversi sancti di rilevo, novo, qual non è

fodrato.

L'uschiolo è movibile con la chiave che non è indorata. Ha sopra un Cristo resuscitato in loco di croce.

Soto il detto mondino vi è un scalino di noce intagliato che tiene tutto l'altare. Ha sora il detto mondino

la coperta di tela san gallo argentina.

Ha sopra l'altare sei candalieri di ottone honorevoli con suoi candileti di cera biancha. Ha duoi cosini di

corame sopra dorati. Vi è la tavoleta de secreti cornisata di assi di pegio. Vi è la pace sopra dorata con

l'anonciatione. E' coperto detto altare di tre tovaglie, una corta e due che coprono tutto l'altare. Non vi è

la tela da coprire l'altare verda. Ha la preda secrata portatile, inserta ne la tavola di noce alla forma. E'

discosto dal muro cubiti 3, e longo detto altare cubiti 4 1/2, largo cubiti 2 e piedi 07-20, alto cubiti 2-

1\2 da la bredella in cima del altare, largo dal mondino al palio cubiti .. e piedi 0-39. E' vestito di uno

pallio di corame adorato con la Madonna con il figlio in brazo, e da le banda S. Lorenzo e S. Giovanni

che bateza il Signor.

Ha la sua bradella di assi di pegio che va atorno l'altare con duoi scalini, li duoi scalini sono uguali alti

piedi 03-13 l'uno, larga dal altare sin al scalino cubiti 2 e piedi 0-24, l'altro scalino piedi 02-18 tutto

atorno, si reduchi alla forma.

L'altare è posto ne la capella maggiore distante dal muro 3 cubiti come sopra. La capella maggiore è

longa cubiti 17-1|2, larga cubiti 16.

Vi è una scancella di legno per la elevatione de lo Santissimo Sacramento. Ha la fenestra con la sua

ferata verso mezo dì con la sua stamegna di tela, e tutta fatta in volta in quadro biancha. Vi è la

finestrella de li orzoli a mezzo dì per scontro al altare quasi sotto la finestra grande ma non è alla forma.

Vi è un altra dopo l'altare nel mezo de la chiesa. Ve nè un altra da la parte del evangelio. E' cinta di

balaustri di legno con il suo uschiolo, e sopra detta ferata una caseta de le elemosine con due chiave che

si tengono una dal Curato e l'altra da Battista Benolo tesorero. Vi sono le infrascritte piture: ne la

faciata vi è uno sbozo di Dio padre con tre cherubini e fiori che non sono finiti.

Dala parte del evangelio vi è la natività de nostro Signore con la Madonna, l'angelo, S. Josefo, e l'asino

e bue. Un altro quadro de la Madonna che lata il figlio con S. Lorenzo e S. Egidio.

Sotto l'arco vi sono la Madonna che tiene in brazo il figlio e da l'altra parte S. Defendente e S.

Bernardino.

Non vi è il trave soto l'arco. In detta capella vi è uno crucifixo per la processione de le pute, e uno

altarino con un palio e una tovaglia sopra. Vi è il letorino, vi sono duoi banchi uno di noce uno di assi

di pegio quali si sarano con chiave.

La detta capella ascende duoi scalini di pietra larghi cubiti 0-39, la detta capella è costruita di molta.

Il corpo de la chiesa è di quatro campi con tre archi che hano la ciave di legno. E' astricata meza di

pianelle e meza di molta.

Ha tre finestre mezo dì grande con le sue ferate senza stamegna alla forma. Vi è la portella laterale a

mezzo dì. Vi è un vase de l'aqua sancta asai honorevole apresso detta portella. Vi è il pulpito di noce da

la parte del evangelio senza scala. Vi è uno confessionale ma non alla forma con la bolla de casi

reservati, ha la feratela senza la tila con una maestà di Dio padre.

E' longa cubiti 51-1|3, larga cubiti 38.

Vi sono duoi banchi di noce longhi honorevoli soto il primo archo uno con le chiave per servitio della

compagnia del Santissimo Sacramento.

Vi è una tavola per ricoglier le elemosine di noce. Vi è uno oratorio over bradella da homo di noce. Vi è

un bancho vechio di assi di pegio. Vi sono depinte diverse figure da la parte del Evangelio guaste da la

vechiaia fra le quali vi sono duoi angeli che depingono S. Pedro Martire e la sua compagnia de scolari:

una Madonna con il figlio in brazo S. Lorenzo: un altra Madonna con il figlio in piedi e molte altre che

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per la vechiaia non si pono intendere. Nel secondo pilastro da la parte del evangelio vi è depinta la

Madonna con li 7 dolori. Da la parte del epistola nel primo campo vi è uno crocifiso con li angeli la

Madonna S. Giovanni: un altro quadro con la Madonna con il figlio sul ginochio in piedi e S. Job: un

altro quadro di S. Gotardo e S. Rocho: una finestrella dopia de li orzoli.

Nel primo pilastro vi è l'anonciatione de la Madonna.

Vi è la tavoleta de le feste cornisata di legno di pegio. E' sofitata de assi di pegera. Ha la porta fata de

assi di pobia fodrata di lares con dentro la portina con la chiave. Vi sono due sepulture del Comun.

Desiderata di esser consecrata.

E' solamente rizada e non vi è designato ...

In questa chiesa non vi si celebra se non lestate e l'inverno nela vechia dove si ministrano li sacramenti

ordinariamente.

S. Lorenzo vechio

Visitato il santissimo sacramento e trovato nel mondino vechio in una piside grande con la copa di

argento, con il piede di lotone sopradorato, con particule 3, alla forma con soto il corporale fodrato il

mondino di grograno rosso.

Vi si è trovato il tabernacolo gestatorio alla forma senza sacrameto per far le processioni le terze

dominiche del mese per la scola dil santissimo sacramento. Il detto mondino è sopradorato di fori con

una imagine del Salvatore con una croce grande sopra di legno, coperta di lame di ottone sopradorata

con la figura del crocifixo e 4 dotori e da l'altra la madonna con il figlio in brazo e 4 evangelisti. E'

coperto il mondino di sendal rosso. Ha la chiave che non è indorata.

Vi sono 4 candelieri di ottone honorevoli e duoi di ferro picoli con 4 candelle sopra. E' coperto l'altare

di tovaglie 3 due longe sin in terra e l'altra curta. Ha la tavorela de secreti straciata. Ha sopra la sua tela

stragula negra. Ha uno pallio di corame con la Madonna con figlio in brazo con S. Lorenzo e S. Rocho.

L'altare ha una pietra di marmo inserita ne la tavola di pietra e molta la quale si dice esser la

consecratione di detto altare e così si è tenuto e si tene che detto altare sia consacrato e così vi si

celebra.

E' longo il detto altare cubiti 3 e piedi 03-10, largo cubiti 2 e piedi 02-5 dal muro, è atacato al muro.

Ha duoi scalini alti piedi 02-21 dal scalino al fronte de l'altare vi è un cubito e uno terzo. Alto l'altare da

la bradela cubiti 2-1|3. Vi è uno cosino di corame sopra dorato. Vi è una campanela grande per la

elevatione de la messa granda. Il detto altare è tacato al muro come di sopra ne la capella magiore fata

tutta in volta e tutta dipinta de la vita di S. Lorenzo con il crocifixo con la Madonna e la Madalenna

duoi latroni e il misterio de la pasione e angeli e soldati. Soto il cielo vi è il Dio padre con li 4

evangelisti e 4 dotori. Soto l'arco vi sono 10 profeti e sopra un Dio padre con l'anuntiatione. Vi è la

ferata di ferro solia con il suo uschio.

Vi sono due banche da sentarsi uno di noce e uno di pobia.

Vi è una scancella di legno per la elevatione. Vi è un piede di pietra per la detta cancella. Vi è una

lampeda di lotone assai bella con la lampade di vetro con olio di noce per la illuminatione dil

Santissimo Sacramento acessa qual si mantiene. In deta capella vi è una finestra per dar chiaro al altare

con la sua ferata e la tela cerata. Vi è sopra l'altare una bacileta di terra cota con duoi orzoli.

Di dietro a la detta Capella vi è la sacristia con luschio che va da la capella in sacristia da la parte de la

epistola con lanta di pobia e fodrata di assi di noce con la chiave che si chiava. La detta sacristia è longa

cubiti 7, larga cubiti 9-1\2. Ha la finestra da mezo giorno con la sua ferata senza stamegna. In detta

sacristia vi è uno vestiario a fogia di ...... dove si tengono li calici e altri paramenti. (si meta l'inventario

de li paramenti) Vi è una pertica dove si tengono li paramenti, uno tavolino vestito di tovaglia e palio

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dove si vestiscono li sacerdoti, vechio. Vi sono duoi banchi dove si metono la cira e robe de le

elemosine de la chiesa. Vi è uno vase de l'oglio per la lampeda. Non vi è oratorio ne lavatorio.

Il corpo de la Chiesa è longo dal scalino de la ferata cubiti cubiti 26-2\3 diviso in due parti, larga cubiti

15 piedi 02-18. Vi è in mezo uno arco con la chiave di legno. Da la parte de l'evangelio vi è una niceta

ove altre volte vi era un altare e vi è il misterio de la passione di Cristo tolto da la croce in bracio de la

Madonna con diversi santi. In detta niza vi è un confessionale novo di assi di noce senza uschiolo senza

tela al fenestrolo senza tavoleta de casi reservati e bola in cena domini.

Da la medema parte del evangelio vi è un uschio che va in casa del parochiano a mezo il campo. Da

detta parte vi è il Batisterio in una niza over capeleta senza ferata. Il detto batisterio è alla forma, bello,

non ha il coperto orbiculare, è coperto di tella rosa smarita, vi è il sacrario picolo senza saraglio.

Da la detta parte vi son l'uschio del campanile e l'altro sopra con uno campanile grande con sopra due

campane una di pesi 30 e l'altra di pesi 15 qual deve esser consecrata dal Reverendissimo Vescovo di

Com. L'altra non si ricorda che sia consecrata.

Da la parte de la epistola vi è una niceta ove altre volte vi era uno altare e vi sono depinte diverse piture

di Dio padre la Madonna, S. Chatarina, S. Jeronimo, S. Stefano e altri santi e diverse altre figure sono

dipinte in detta Chiesa che sono antiche e scure.

Da detta parte vi è una portella di pietra di molera picata con le sue ante di pobia e lares con la sua

chiave. Vi sono apresso il detto uschiolo uno naveto di molera picolo per l'aqua sancta murato nel muro

e un altro vechio nel muro da ..... L'astrico di detta chiesa è di calcina. La porta grande di detta Chiesa è

di pegera e fodrata di .... con la stanga. Ha la detta Chiesa di S. Lorenzo la detta porta verso il ponente

con sopra la meza luna senza ferata che non è ancor finita senza tela. E' sofitata detta Chiesa di assi di

castano con le sue cantinelle assai bene. Non ha il vestibulo ma sopra la porta vi è il tetto che viene

fuora cubiti .... assai ben comodato. In detta Chiesa non vi sono sepolture.

Da la parte di mezo giorno di fora di detta Chiesa sopra il muro vi sono depinti la Madonna con il figlio

in brazo in piedi S. Bernardo, S. Antonio, S. Christoforo. Fora de la porta magiore vi è il cimiterio largo

cubiti 15, longo cubiti 39 serato tutto di muro da la banda verso mezo dì e longo cubiti 18. In detto

cimiterio vi sono diverse sepulture al anticha fra le quali vi è una fatta in volta presso alla quale vi è un

luoco dove si metono li ossi detto il carlè e sopra il detto cimiterio vi sono rovede e sassi.

In detta Chiesa vi si ritrovano diverse reliquie incerte.

Ha il libro de li matrimoni e sono n°12

Ha il libro de li batesimi che sono n°55

Non ha il stato de le anime.

In questa Cura di S. Lorenzo fano festa di consuetudine overo devotione le infrascritte feste: S. Maria

Madalena e S. Bernardino.

Memoria di levar una licenza per tener in casa la servente infrascritta: Maria de Balzani de la Orcha

pieve di Leco de anni 58 atteso che ne la fuga de li sacerdoti ha perso la licenza.

Per il puto da servir alla mesa Gio Antonio figlio di Antonio Francesco di Brioschi de anni 14.

A.P.Ol, : P-P/I, cart.6 n°262

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Documento n°8

Illustrissimo et Reverendissimo signor mio colendissimo.

Celebrandosi hogi la solennità de Santa Brigida nel loco de Lorentino di questa pieve, territorio

bergamasco, alla quale solennità parochiale sono io intervenuto come è solito et costume per cantare la

messa; ma ritrovandovi essere concorso da diverse parti diversi mercanti che nel hora delle messe et

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altri divini ofitij vendevano, senza altro ..... io gli dissi che dovessero levare talle robe quali non volsero

assentire: domandai poi aiuto al cavaler del signor Comissario de Caprino quale mi rispose che non

solamente non mi voleva dare aiuto, ma che commandava a detti mercanti, in nome del signor

Comissario che vendessero, et cossì con questo ordine si camina in queste parti talmente che non vi

trovo rimedio di poter fare osservare in queste parti li santi Concilij perchè i Signori temporali sono

tanti contrarij: sotto questo senso, dimane che sarà la festa delli ..... tali mercanti saranno a Santa Maria

Lavello dove concorano tutti le feste della Madona qualle porta grandissimo scandalo per chè ditti

mercanti non pono venire nel Milanese ne giorni tali vano ivi come che fusse giorno feriato si che

havendo più volte detto a detti frati che faciano serà la chiesa et non volendolo fare non so più che

mezo pigliare senon tanto quanto V.S.Ill. ci ordena che si faccia.

Li vicini della valle d'Herve pregano Sua Signoria Ill. havere memoria d'essi; che sono già uno anno

senza Curato et con questo fine di tutto cuore le bascio le sacrate mane pregando il Signor Iddio che la

feliciti in ogni suo santo desiderio.

Di Olginate il primo febraro 1581

[segue un poscritto]

V'è honesto dubio alli confessori circa al caso novamente riservato n°11, qui restituere tenentur res, qua

insertum est, quibus restui debeant ad prescriptam Concili provinciali quarti.

Uno à ritrovato ... o vero uno scudo, altri hanno robato a diverse persone uve da fare una brenta de vino

altri come sono i sarti che hanno robato diverse pezze de drappi, et non sano a chi fare la restitutione si

ricerca se Sua Signoria Ill. intende tutte queste sorte di persone essere comprese nel detto caso.

Nel Concilio provinciale 4° de predicatione verbi dei, vi è comandamento alli confessori che faciano

dire alli penitenti il pater nostro, ave maria, credo et i comandamenti. Nasce dubio alli confessori se Sua

Signoria Ill. intende ancho nella reconciliacione; perchè vi è tanto puocho tempo che in una matina non

si comunicarebe se non pochissime persone, che è quanto ci occore, et con questo fine di tutto cuore

prego il Signor Iddio che lo feliciti in ogni suo sancto desiderio baciandoli le sacrate mane.

Di Olginate il primo febraro 1581

A.P.Ol: P-LR/I, cart.8 n°1313

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Molto Reverendo signor come fratello.

Si è inteso qua a Milano, che in cotesta pieve, et nelli luoghi circonvicini specialmente nel distretto

bergamasco si sono molto rilasciati li popoli nella gravissima transgressione, et violatione delli giorni

di festa dedicati a lodare, et honorare sua Divina Maestà facendosi publicamente mercati tanto dalli

terrieri, come da forastieri, che in grandissima copia concorono, non havendo alcuno risguardo, che

l'osservanza delli sacri giorni sia commandata dalla legge divina, sacri canoni, et tante constitutioni di

sommi Pontefici et specialmente con una bolla della Santa memoria di Pio quinto et dalli Concilij

Provinciali diocesani: et editti di questa chiesa: onde restaria gravemente offesa la Maestà di Dio se dal

canto nostro non si facesse quello risentimento che è consentaneo a simile scandalo, et eccesso. Perciò

non si può fare meno che non si faccia intorno a questo ogni gagliarda provisione. Vengo dunque con

questa mia a commettere a V.R. chella conforme all'editto publicato dichiari quelli che hanno violato

sin adesso sono incorsi nelle pene specificate nell'editto, el quale per la prattica, che si tiene contiene la

pena dell'interdetto ipso facto, et avisarà che se vi sarà alcuno che nell'avenire ardisca violar li sacri

giorni con opere servili, trafichi et mercantia si procederà al'interdetto generale non solamente delle

chiese, ma anco delli popoli, et si lasciarano così sin tanto si veggano vivi segni di emendatione, il che

V.R. farà intendere a tutti li Curati della sua pieve, o vicariato che essequiscano il medesimo, et

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proceda in questo virilmente et con zelo, perchè siano rimossi li scandali et i popoli si conservino nella

via delli santi precetti divini. Darà poi .... aviso qui a noi di quanto sarà sucesso et specialmente de

quelli Curati, che haverano mancato de essequirli. Con che il Signore doni a V.R. la sua santa gratia.

Di Milano alli 28 settembre 1589

Di V.R. come fratello amorevole Antonio Seneca Vicario Generale

Indirizzata: Al molto Reverendo signor come fratello il Prevosto di Olginate Vicario foraneo

A.P.Ol: P-LR/I, cart.2 n°1253

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Documento n°9

In Christi nomine, Anno Nativitatis eiusdem millesimo quimquangesimo octuagesimo quarto,

indictione duodecima, die vero vigesimo quarto mensis augusti hora tertiarum vel circa. Ibi Reverendus

dominus Presbiter Jo Antonius Maria de Capitaneis de Vicomercato honorando prepositus, et Vicarius

foraneus plebis Olginati Mediolanensis Diocesis, Vigore et in exequitione infra scriptarum literarum

Illustrissimi et Reverendissimi D.D. Caroli Cardinalis Borrhomei tituli Sancte Praxedis Archiepiscopi

Mediolani tenoris inferius de verbo ad verbo registratum.

Reverendos dominos fratres Clemente de Insilvinis Brixiense Priorem Conventus diva Mariae de

Lavello Vallis Sancti Martini, Angelum de Titis Veronense, et Petrum de Algarottis Bergoniensem con

fratrem dicti Conventus ibidem coram sua ... ante portam dictae ecclesiae diva Mariae de Lavello

genibusflexis constitutos, nec non fratum Georgium conversum dicti monasterij presentes, et instantes

publice, et palam absolvit et liberavit servatis servandis in foro Sancte Matris ecclesiae eiusdem

iniuneta penitentia salutari iuxta ritum eiusdem Sancte Matris ecclesiae ab excommunicatione, quam

dicti reverendi domini fratres incursi erant occasione litis inter eos ex una, et reverendum dominum

Curatum parochialis ecclesiae Sancti Martini de Caloltio ex alia vertentis et prout in actis prefati

Illustrissimi Domino Domino Cardinalis Borrhomei legitur, quibus itaque de caetero ab ipsa

excommunicatione suit, et intelligantur liberi, et absoluti per eos tantum servatis omnibus contentis in

dictis literis, et non altro.

Quarum literarum tenor est videlicet:

Reverendo Vicario havendoci i frati di Lavello data la satisfattione che ricercavamo da loro, vi

concediamo in vigore della presente, facoltà di assolvergli dalla scomunica con le penitenze salutari che

parrerà a Voi secondo la forma solita della chiesa dimani mattina alla porta della loro chiesa

publicamente con le conditioni infra scritte rogate per notaro nel instromento dell'assolutione, cioè:

Che fra termine de tre mesi faranno rethificare dal loro Generale in bona forma la promessa fattaci di

pagare nel avenire quanto si contiene nella nostra ordinatione cioè; Dieci lire ogni anno alla fabrica dela

Parochial chiesa di Calolzo; Diece altre al Curato di esso luogo, et altre diece alla Scola del Corpus

Domini, et per li frutti che devono per lo pasato di satisfare quanto sarà da noi dechiarato et ordinato,

oltre di pagar il calice con patena, et tabernacolo de argento, et che mancando per un mese doppo il

termine di satisfare come di sopra incorrano ipso facto la scommunica.

Che non possano celebrar messa le feste nel hora della messa, ne della predica o sermoni parochiali, ne

possano celebrare innanzi se non tanto per tempo che non habbiano a deviare i popoli di andare alla

messa parochiale, et però in ciò osservino l'hora et tempo che gli sarà prescritto dal Reverendissimo

Arcivescovo che sarà pro tempore.

Che ad ogni aviso delli sudetti Arcivescovi, et suoi ministri in occasione delle fere o mercati che si

facessero nelle feste, a chiudere le porte, et cessare a divinis come gli sarà ordinato.

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In oltre habbiano fra un mese a lor spese a far liberare ogni officiale, et altre persone che per le cose

passate in questa causa potessero patire molestia o danno dinnanzi ai giudici secolari della Signoria di

Venetia, et specialmente Antonio Moneta officiale di Lecco, et Forsante Cola di Corte Bergamascho.

Il Signore vi benedica

Di Lecco adì 23 di agosto 1584

subscriptio est videlicet

Tutto vostro il Cardinal de Santa Prassede

A tergo:

Al Reverendo nostro carissimo il Prevosto di Olginate Vicario foraneo, Olginate

Qua omnia contenta in dictis literis predicti Reverendi domini fratres dive Mariae de Lavello

convenerut et promiserut irrevocabiliter attendere et observare, ac exequutioni mandare omni

exceptione remota et caetera sub ab et caetera in .... et caetera et rogaverit me notarius predicti

reverendi domini fratrus ut de predictis omnibus publicum conficere debeam instrumentum et caetera.

Acta fuere premissa die suscripto in ecclesia Sancta Maria de Lavello Vallis Sancti Martini distrettus

Bergomi Mediolanensis Diocesis, presentibus testibus domino Antonio Vercellono habitator de Curte,

Baptam quondam Johannis Petri de Rota de Castro Rusini, Carolo quondam Julij de Panerolis habitj de

Caloltio, et Dominigo Melgazolo quondam Andreae de Bolis habitator de Sala omnibus et caetera.

Ego Joseph Cola de Curte quondam domino Jacobi civis Bergomi notarius de premissis omnibus

rogatur instrumemtum traditi et per manum michi fidem transcribere feci et pro fide subscripsi.

A.P.Ol: P-P/I, cart.1 n°352