Antibiotico profilassi perioperatoria Linea guida 1 AZIENDA ULSS 12 VENEZIANA Antibiotico profilassi perioperatoria nell’adulto LINEA GUIDA REVISIONE COMITATO DI REDAZIONE VERIFICA E CONTROLLO VALIDITA’ Data prima stesura Aprile 2008 Data della revisione della prima stesura Dr. S. Barra Direttore sanitario Azienda ULSS 12 Veneziana Dr. ssa N. Burlon Direttore S.C. Farmacia Ospedaliera Dr. ssa R. Gavagnin Presidente C. I. O Dr. M . Gion Direttore S.C Laboratorio Analisi Dr. S. Grandesso Dirigente Medico S.C Laboratorio Analisi Dr. O. Lamanna Dirigente medico Presidio Ospedaliero di Mestre Prof . E. Raise Direttore S.C. Malattie Infettive Dr. V. Selle Dirigente medico Presidio Ospedaliero di Venezia Dr. ssa M. Zanutti Dirigente farmacista S. C. Farmacia Ospedaliera Comitato aziendale per la sorveglianza ed il controllo delle infezioni correlate a processi assistenziali Data di decadenza Aprile 2011
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Antibiotico profilassi perioperatoria nell’adulto antibiotica.pdf · Aprile 2011 . Antibiotico profilassi perioperatoria Linea guida 2 Introduzione Con il termine profilassi antibiotica
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Antibiotico profilassi perioperatoria
Linea guida
1
AZIENDA ULSS 12 VENEZIANA
Antibiotico profilassi perioperatoria nell’adulto
LINEA GUIDA
REVISIONE
COMITATO DI REDAZIONE
VERIFICA E CONTROLLO
VALIDITA’
Data prima stesura
Aprile 2008
Data della revisione della
prima stesura
Dr. S. Barra
Direttore sanitario Azienda
ULSS 12 Veneziana
Dr. ssa N. Burlon
Direttore
S.C. Farmacia Ospedaliera
Dr. ssa R. Gavagnin
Presidente C. I. O
Dr. M . Gion
Direttore S.C Laboratorio Analisi
Dr. S. Grandesso
Dirigente Medico
S.C Laboratorio Analisi
Dr. O. Lamanna
Dirigente medico
Presidio Ospedaliero di
Mestre
Prof . E. Raise Direttore
S.C. Malattie Infettive
Dr. V. Selle
Dirigente medico
Presidio Ospedaliero di
Venezia
Dr. ssa M. Zanutti
Dirigente farmacista
S. C. Farmacia Ospedaliera
Comitato aziendale per la
sorveglianza ed il controllo
delle infezioni correlate a
processi assistenziali
Data di decadenza
Aprile 2011
Antibiotico profilassi perioperatoria
Linea guida
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Introduzione
Con il termine profilassi antibiotica si intende la somministrazione di antibiotici
secondo modalità ben definite, in assenza di infezione in atto, allo scopo di prevenire
l’insorgenza e la successiva diffusione. L’uso dell’antibiotico in questo caso non ha
finalità terapeutiche ma solo preventive.
In ambito ospedaliero una larga scala percentuale (circa il 30%) degli antibiotici
è utilizzata a scopo profilattico. Il loro uso comporta pur sempre un rischio legato alla
tossicità ed all’insorgenza di resistenze batteriche e di sovrainfezioni micotiche.
In chirurgia, per profilassi si intende la somministrazione di un farmaco prima
che si verifichi la contaminazione batterica del campo operatorio ed il successivo
sviluppo di un’infezione del sito chirurgico (ISC). La profilassi non ha lo scopo di
“sterilizzare” i tessuti, ma quello di ridurre la carica microbica nel sito di intervento ad
un livello che possa venire controllato dalle difese dell’ospite.
Una corretta profilassi può ridurre l’incidenza di infezioni del sito chirurgico,
cioè infezioni superficiali o profonde in sede di intervento e infezioni sistemiche, più
correttamente definite con il termine di sepsi. Pertanto è corretto affermare che
l’elaborazione di linee guida riguardanti l’uso degli antibiotici nella profilassi
chirurgica, al fine di razionalizzarne ed ottimizzarne l’uso, ha lo scopo diretto di
prevenire le infezioni riducendo nel contempo il rischio di eventuali effetti collaterali,
l’insorgenza di resistenze nell’ottica in una politica sanitaria di contenimento dei costi.
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Linea guida
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Obiettivi della Linea Guida
Alla luce delle premesse sino ad ora esposte, la presente linea guida è stata elaborata
allo scopo di raggiungere i seguenti obiettivi:
1. razionalizzare l’uso di antibiotici in profilassi chirurgica, sulla base delle
evidenze scientifiche;
2. ridurre l’incidenza delle infezioni della ferita chirurgica;
3. ridurre il rischio di insorgenza di antibiotico resistenze batteriche;
4. minimizzare i costi dell’intervento migliorando il rapporto costo/beneficio nella
profilassi antibiotica.
E’ importante sottolineare che la profilassi antibiotica si aggiunge ad una buona
tecnica chirurgica ma non la sostituisce. Le misure di prevenzione sono determinanti per
contenere lo sviluppo delle infezioni nel sito chirurgico ed infatti la maggior parte degli
studi che valutano l’efficacia dei vari schemi di profilassi antibiotica perioperatoria sono
stati realizzati nel rispetto di tali regole. Il mancato rispetto delle misure di prevenzione
(Tabella 1),può annullare l’efficacia della profilassi antibiotica.
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Tabella 1 Misure di prevenzione delle infezioni della ferita chirurgica secondo la linea guida dei Centers for Disease Control and Prevention *
MISURE PREOPERATORIE 1. Preparazione del paziente:
identificare e trattare tutte le infezioni prima degli interventi elettivi e posticipare l'intervento fino alla risoluzione dell'infezione; evitare la tricotomia a meno che i peli nell'area di incisione non interferiscano con l'intervento; se la tricotomia è necessaria eseguirla immediatamente prima dell'intervento e preferibilmente utilizzando rasoi elettrici; controllare la glicemia in tutti i pazienti diabetici ed evitare iperglicemia nel periodo perioperatorio; incoraggiare la cessazione del fumo o almeno l'astinenza nei 30 giorni precedenti l'intervento; non negare gli emoderivati ai pazienti chirurgici con lo scopo di prevenire le infezioni; far eseguire al paziente una doccia o un bagno con antisettico almeno la notte prima dell'intervento; lavare e pulire accuratamente l'area dell'incisione per rimuovere le macrocontaminazioni prima della disinfezione del campo operatorio;utilizzare un'appropriata preparazione antisettica per la cute.
2. Preparazione dell'equipe chirurgica: tenere le unghie corte ed evitare l'uso di unghie artificiali; effettuare il lavaggio chirurgico ,con antisettico per 2-5 minuti e lavare mani ed avambracci fino ai gomiti; dopo essersi lavati tenere braccia e mani in alto e lontane dal corpo in modo da far scolare l'acqua dalle dita verso i gomiti, asciugare con un telo sterile e indossare guanti e camice sterili.
3. Gestione del personale sanitario colonizzato o infetto: istruire e incoraggiare il personale della sala operatoria che presenti segni/sintomi di malattie trasmissibili a segnalarlo prontamente; mettere a punto protocolli specifici per l'allontanamento o la riammissione dal lavoro in caso di infezioni trasmissibili del personale di sala operatoria; a scopo precauzionale, allontanare dal lavoro il personale con lesioni cutanee essudative e ottenere colture appropriate della lesione; non escludere dal lavoro personale colonizzato con Staphylococcus aureus o Streptococco di gruppo A, a meno che non sia stata dimostrata una relazione epidemiologica con casi di infezione nei pazienti.
MISURE INTRAOPERATORIE 1. Sistemi di ventilazione:
nella sala operatoria mantenere aria a pressione positiva rispetto ai locali adiacenti; garantire almeno 15 ricambi l'ora di cui 3 di aria fresca filtrare tutta l'aria, ricircolante e fresca, con filtri appropriati; far entrare l'aria dal soffitto e farla uscire dal pavimento non usare raggi ultravioletti in sala operatoria per prevenire le infezioni;tenere le porte della sala operatoria chiuse.
2. Pulizia e disinfezione dell'ambiente: in caso di contaminazione visibile del pavimento, di superfici o attrezzature con sangue o altri liquidi biologici pulire prima del successivo intervento utilizzando un disinfettante approvato dall'apposita commissione locale; non effettuare interventi speciali di pulizia o chiusura della sala dopo interventi contaminati o sporchi; non usare tappetini adesivi all'ingresso dell'area operatoria;
3. Campionamento microbiologico ambientale: non
effettuare campionamento di routine, ma ottenere campioni ambientali dell'aria e delle superfici della sala operatoria solo nel contesto di specifiche indagini epidemiologiche.
4. Sterilizzazione degli strumenti chirurgici:
sterilizzare tutti gli strumenti chirurgici secondo protocolli approvati; ricorrere alla sterilizzazione “flash” solo per gli strumenti da riutilizzare immediatamente.
5. Indumenti e teli chirurgici: all'ingresso della sala operatoria indossare una mascherina che copra adeguatamente bocca e naso, una cuffia o copri-capo per coprire capelli e barba;non indossare soprascarpe allo scopo di prevenire le infezioni; indossare i guanti sterili e farlo dopo aver indossato un camice sterili; usare camici e teli che mantengano efficacia di barriera anche quando bagnati; cambiare l'abbigliamento chirurgico se visibilmente sporco o contaminato con sangue o altro materiale.
6. Asepsi e tecniche chirurgiche: rispettare le norme di asepsi quando si posizionano un catetere vascolare, cateteri da anestesia spinale o epidurale o quando si somministrano farmaci per via endovenosa manipolare i tessuti con cura, eseguire una buona emostasi, rimuovere i tessuti devitalizzati e i corpi estranei dal sito chirurgico; posticipare la chiusura della ferita o lasciare l’incisione aperta, per portarla a guarigione “per seconda intenzione” quando il sito chirurgico è pesantemente contaminato; laddove sia necessario un drenaggio, utilizzare un drenaggio chiuso, posizionarlo attraverso una incisione separata e distante dalla incisione chirurgica e rimuovere il drenaggio appena possibile.
7. Medicazione della ferita: proteggere le ferite
chirurgiche per 24 - 48 ore con medicazioni sterili;lavarsi le mani prima e dopo aver effettuato la medicazione o aver toccato il sito chirurgico.
* vengono riportate solo le misure che nello
schema di grading dei CDC sono classificate come categorie lA e 1B (lA: misura fortemente raccomandata perché supportata da studi sperimentali clinici o epidemiologici ben disegnati; 1B: misura fortemente raccomandata perché supportata da alcuni studi sperimentali clinici o epidemiologici e sottesa a un forte razionale.
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Benefici e rischi della profilassi antibiotica Benefici
Uno degli scopi della razionalizzazione della profilassi è quello di ridurre l’uso
improprio degli antibiotici al fine di minimizzarne le conseguenze.
Il valore clinico della profilassi antibiotica perioperatoria dopo chirurgia elettiva
è correlato con la gravità delle conseguenze dell’infezione postoperatoria ed è in
relazione con l’incidenza di sviluppo di infezioni del sito chirurgico, con la mortalità
postoperatoria e con la morbilità postoperatoria nel lungo termine.
La presenza di un’infezione della ferita chirurgica è causa di un aumento dei
tempi di degenza. Anche il tipo di intervento condiziona il prolungarsi della degenza: la
profilassi sembra avere quindi la potenzialità di ridurre i tempi di degenza in ospedale,
anche se le prove dirette su tale punto sono scarse in quanto pochi trial randomizzati
hanno incluso che la prevenzione delle infezioni della ferita si associ a un più rapido
ritorno alle normali attività dopo la dimissione dall’ospedale.
Rischi
Un uso inappropriato della profilassi antibiotica può causare un aumento
dell’antibiotico resistenza. I tassi di resistenza dei microrganismi sono infatti in
aumento in tutti gli ospedali e in genere si può affermare che il fenomeno
dell’antibiotico resistenza prevale nelle popolazioni che fanno maggiore uso degli
antibiotici.
Altra conseguenza della diffusione sempre maggiore dell’uso degli antibiotici è
rappresentata dall’ aumento del numero di casi di colite o diarrea associata a
Clostridium difficile.
La prevalenza di infezioni da Clostridium difficile è correlata in generale all’uso
di qualsiasi tipo di antibiotico e in particolare all’uso di clindamicina e di cefalosporine
di terza generazione. Studi epidemiologici sulla colite da Clostridium difficile, mostrano
come la motivazione più comune all’uso di antibiotici sia la profilassi chirurgica; ogni
dose di antibiotico assunta aumenta per il paziente il rischio di diventare portatore di
Clostridium difficile, studi clinici hanno dimostrato che lo stato di portatore è risultato
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più comune fra coloro che avevano ricevuto la profilassi per più di 24 ore (56% vs
17%). Biblio n. 48
Le conseguenze dell’infezione da Clostridium difficile comprendono un aumento
della morbilità e della mortalità, un prolungamento dei tempi di degenza e un
conseguente aumento generale dei costi.
Uno studio Bibio n. 49 eseguito su pazienti chirurgici ha dimostrato che colore
che avevano ricevuto una profilassi antibiotica per più di quattro giorni presentavano un
aumento statisticamente significativo della frequenza di batteriemie originate dalla via
venosa rispetto a coloro che avevano ricevuto la profilassi per un giorno o meno.
La decisione finale riguardo ai benefici della profilassi per un singolo paziente
dipenderà da:
� il rischio di infezione del sito chirurgico;
� la potenziale gravità delle conseguenze dell’eventuale infezione;
� l’efficacia della profilassi in quello specifico intervento;
� le conseguenze della profilassi per quel paziente – come per esempio un
aumentato rischio di colite o diarrea associata a Clostridium difficile.
Indicazioni per la profilassi antibiotica in chirurgia
Le raccomandazioni che di seguito vengono riportate sono classificate, dalla
Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) sulla base dei dati scientifici
esistenti, del razionale teorico e dell’applicabilità, nelle seguenti categorie:
� IA: fortemente raccomandata per l’implementazione e supportata da studi
sperimentali, clinici o epidemiologici ben condotti;
� IB: raccomandata per l’implementazione e supportata da alcuni studi
sperimentali, clinici o epidemiologici ben condotti e forte razionale teorico;
� II: raccomandata con possibili eccezioni locali per l’implementazione e
supportate da alcuni studi clinici o epidemiologici suggestivi o razionale teorico;
� III: non raccomandata, in quanto la somministrazione di antibiotico offre prove
sulla cui efficacia non esiste sufficiente evidenza o consenso.
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Sempre secondo il metodo di classificazione della SIGN la profilassi fortemente
raccomandata ha un triplice scopo: ridurre la morbilità legata alle complicanze più
gravi, ridurre i costi ospedalieri ed infine ridurre il consumo generale di antibiotici. Si
identificano tra gli interventi elettivi che richiedono questo grado di profilassi le
manovre operatorie della chirurgia colon rettale, l’artoprotesi d’anca e artoprotesi
di ginocchio.
La profilassi raccomandata dimostra efficacia nella riduzione della morbilità a
breve termine, non esistendo evidenze che provino un’effettiva riduzione della mortalità
o morbilità a lungo termine. Si ipotizza, con elevata probabilità, che essa riduca anche
l’incidenza di infezioni maggiori e, quando applicata a valutazioni di impatto
farmacoeconomico, dimostra la capacità di incidere positivamente sul contenimento del
consumo generale di antibiotici. Pertanto risulta elettiva per le seguenti tipologie di
interventi chirurgici: inserzione di pacemaker cardiaco, chirurgia a cuore aperto
inclusi bypass aorto-coronarico e protesi delle valvole cardiache, resezione
polmonare, chirurgia a testa e collo contaminata e pulito-
contaminata,neurochirurgia, fissazione della frattura chiusa, riparazione di
fattura dell’anca, chirurgia spinale, biopsia transrettale della prostata,
amputazione degli arti inferiori, chirurgia vascolare degli arti inferiori e
addominale.
Si prevede inoltre che i responsabili locali della politica antibiotica possano
effettuare una scelta che tenga conto dei tassi di infezione a livello della propria realtà.
E’ in questo contesto che trovano giustificazione e convalidato riscontro gli interventi di
profilassi raccomandata con possibili eccezioni all’implementazione locale.
Quest’ultima, mentre in alcuni casi può, non solo non ridurre i costi ospedalieri, ma
addirittura incrementare l’utilizzo complessivo degli antibiotici, in altri casi ha bisogno
che sia dimostrato che il rischio di infezione per i pazienti cui non è stata somministrata
la profilassi, sia al di sotto della soglia limite calcolata sulla base della tipologia di
paziente e del tipo di intervento chirurgico eseguito. Le manovre chirurgiche per la cui
profilassi antibiotica perioperatora possono essere ammesse delle eccezioni si
diversificano molto a seconda della realtà locale nella quale si trovano ad essere
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osservate, tuttavia nella generalità dei casi di applicazione si distinguono delle tipologie
di intervento assai frequente quali appendicectomia, chirurgia biliare aperta,
chirurgia della mammella, procedure pulito-contaminate non menzionate
esplicitamente altrove, chirurgia dello stomaco, del duodeno, dell’intestino tenue e
dell’esofago, riparazione di ernia in laparoscopia e non con utilizzo di materiale
protesico, taglio cesareo, isterectomia, IVG, cataratta, inserimento di protesi,
resezione transuretrale della prostata.
Trattasi di profilassi non raccomandata quella per la quale non esistono prove
della sua efficacia clinica oppure, quella che , se applicata incrementa i costi ospedalieri
senza offrire benefici clinici. I casi che più comunemente si riscontrano in letteratura si
riscontrano nella chirurgia dell’orecchio pulita, nella chirurgia di capo collo pulita,
nella chirurgia al naso e ai seni paranasali, nella tonsillectomia, della
colecistectomia laparoscopica, nella resezione transuretrale di tumori alla vescica,
nella chirurgia dell’ernia senza utilizzo di materiale protesico ed infine nella
chirurgia ortopedica senza protesi.
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Classificazione degli interventi chirurgici
Il National Research Council nel 1964 ha provveduto alla classificazione degli
interventi chirurgici, identificandone quattro categorie secondo un ordine crescente per
rischio di contaminazione batterica. La classificazione distingue le diverse manovre
chirurgiche in:
� interventi puliti
� interventi puliti-contaminati
� interventi contaminati
� interventi sporchi
Sono da annoverare nella categoria degli interventi puliti gli interventi elettivi,
ovvero chiusi in prima istanza e non drenati, i non traumatici e non infetti, quelli in
assenza di processi infiammatori, quelli nei quali non vi è stata interruzione delle
procedure asettiche e infine quelli che non interessano l’apparato respiratorio,
gastro-enterico o genito-urinario.
Nella categoria degli interventi puliti contaminati sono da includere gli
interventi sull’apparato respiratorio gastroenterico o genitourinario in assenza di
urina o bile infetta, quelli durante i quali si è verificata un’interruzione di lieve entità
delle procedure asettiche e non da ultimo quelli per i quali è prevista la presenza di
drenaggio meccanico.
Per interventi contaminati si intendono gli interventi secondari a traumi o
ferite aperte, nonché quelli riguardanti importanti contaminazioni per spandimento
del contenuto gastrointestinale, gli interventi sul tratto genitourinario o biliare in
presenza di urina o bile infetta, interventi con importanti violazioni delle procedure
asettiche o in presenza di un processo infiammatorio acuto non purulento.
Per ultimi vengono annoverati gli interventi definiti sporchi quali gli interventi
secondari a traumi in presenza di tessuto devitalizzato o corpi estranei o con
contaminazione fecale, ferite sporche o di vecchia data, i casi di perforazione di
visceri, interventi in presenza di un processo infiammatorio acuto e purulento.
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Tabella 2 Classificazione degli interventi in base al grado di contaminazione batterica secondo la
definizione del National Research Council , 1964.
puliti interventi elettivi, chiusi in prima istanza, non drenati, non traumatici, non
infetti, in assenza di processi infiammatori, in cui non vi è stata interruzione
delle procedure asettiche e che non interessano l’apparato respiratorio,
gastroenterico e genito-urinario.
puliti - contaminati interventi sull’apparato respiratorio, gastroenterico e genito-urinario in
assenza di urina o bile, con interruzione di lieve entità delle procedure
asettiche, in presenza di drenaggio meccanico.
contaminati interventi secondari a traumi o ferite aperte, con importante contaminazione
per spandimento del contenuto gastrointestinale, interventi sul tratto genito-
urinario o biliare in presenza di urina o bile infetta, importante interruzione
delle procedure asettiche, presenza di un processo infiammatorio acuto non
purulento.
sporchi interventi secondari a traumi in presenza di tessuto devitalizzato, corpi
estranei, contaminazione fecale, ferite sporche o di vecchia data, perforazione
dei visceri, presenza di un processo infiammatorio acuto e purulento.
Fattori di rischio nelle infezioni del sito chirurgico
La letteratura internazionale ha identificato la presenza di alcuni fattori di rischio
che predispongono l’individuo sottoposto ad intervento chirurgico, ad un maggiore
rischio di contrazione di infezioni dovute a contaminazione della ferita contratte durante
le manovre operatorie. Tali fattori sono riassunti nella tabella 3 di seguito riportata.
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Tabella 3 Fattori di rischio nelle infezioni del sito chirurgico
� obesità
� tabagismo
� malattie concomitanti
� malnutrizione
� prolungata degenza preoperatoria (spesso surrogato della gravità clinica del paziente)
� colonizzazione nasale da Staphylococcus aureus nel preoperatorio
� diabete
� consumo di farmaci steroidei
� trasfusioni perioperatorie ( la trasfusione di emoderivati allogenici contententi leucociti
rappresenta un apparente fattore di rischio per lo sviluppo di infezioni batteriche nella fase post
operatoria)
� età (fattore correlato all’incremento del numero di pazienti sottoposti a chirurgia in età avanzata)
� alterazione della riposta immune (dovuta al progressivo aumento della popolazione con differenti
livelli di immunocompromissione)
� insorgenza di farmaco-resistenza
Principi della profilassi antibiotica: scelta dell’antibiotico,
modalità di somministrazione e durata
L’antibiotico scelto dovrà avere uno spettro di azione che garantisca
l’efficacia nei confronti dei probabili contaminanti.
E’ opportuno infatti che in ogni realtà chirurgica locale venga effettuato un
monitoraggio della flora batterica responsabile delle complicanze infettive
postoperatorie e della sensibilità di questa agli antibiotici utilizzati in profilassi. Ciò sarà
possibile solo se ogni materiale proveniente da un’infezione del sito chirurgico sarà
inviato alla microbiologia per eseguire l’esame colturale e l’antibiogramma.
I pazienti con un’ anamnesi positiva per anafilassi, orticaria o esantema
insorti immediatamente dopo un terapia con penicillina sono a maggiore rischio di
presentare un fenomeno di ipersensibilità immediata e non devono essere
sottoposti a profilassi con antibiotici beta-lattamici.
Infatti quando la linea guida operativa di profilassi antibiotica perioperatoria
raccomanda l’uso di antibiotici beta lattamici si dovrebbe sempre prevedere
un’alternativa per i pazienti con allergia alle penicilline o alle cefalosporine.
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Nel paziente standard le cefalosporine di III e IV generazione, i
monobattami, i carbapenemi e talune penicilline associate ad un inibitore delle
beta lattamasi non sono raccomandate a scopo profilattico.
E’ preferibile infatti riservare tali antibiotici, efficaci sui patogeni multiresistenti,
agli usi terapeutici. A tale scopo profilattico potranno essere utilizzati quelli di provata
efficacia per tale uso, e che vengono impiegati in terapia solo per il trattamento delle
infezioni da patogeni che non presentano particolari fenomeni di resistenza.
La maggiore parte delle prove di efficacia disponibili non dimostra la
superiorità dei glicopeptidi nella prevenzione del sito chirurgico causate dagli
stafilococchi. L’uso eccessivo di tali farmaci rischia di vanificarne l’efficacia nella
terapia delle infezioni nosocomiali da stafilococco ed enterococco.
La scelta di utilizzare un glicopeptide in profilassi deve essere limitata
esclusivamente a situazioni selezionate e comunque solo in occasione di interventi
maggiori con impianto di materiale protesico (cardiochirurgia, chirurgia ortopedica,
chirurgia vascolare, neurochirurgia) e solo in presenza di un’incidenza alta di infezioni
nel sito chirurgico causate da stafilococchi meticillino-resistenti, verificata attraverso
sorveglianza clinica e microbiologica locale.
La singola dose di antibiotico utilizzato a scopo profilattico coincide, nella
maggiore parte dei casi, con una dose terapeutica medio alta.
La profilassi antibiotica deve essere somministrata per via endovenosa.
Nella maggiore parte dei casi la profilassi antibiotica deve essere iniziata
immediatamente prima delle manovre anestesiologiche.
La profilassi antibiotica deve essere limitata al periodo perioperatorio e la
somministrazione deve avvenire immediatamente prima dell’inizio dell’intervento.
Non esistono prove a supporto di un prolungamento della profilassi: nella
maggioranza dei casi è sufficiente la somministrazione di un’unica dose di
antibiotico. La scelta di continuare la profilassi oltre le prime 24 ore del periodo
postoperatorio non è giustificata.
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Non si esclude che l’estensione della profilassi alla prime 24 ore del
postoperatorio possa essere giustificata da situazioni cliniche definite quando l’indice di
rischio di infezioni postoperatorie è alto; la decisione di prolungare la profilassi oltre la
durata stabilita dalla linea guida locale dovrebbe essere motivata in cartella clinica.
La somministrazione di una dose aggiuntiva intraoperatoria di antibiotico è
indicata nell’adulto se nel corso dell’intervento di verifica una perdita di sangue
superiore ai 1500 mL o se è stata eseguita un’emodiluizione oltre i 15 mL per
chilogrammo.
Nel caso di interventi di durata superiore alle 3 ore, si suggerisce di
somministrare una dose intraoperatoria se l’operazione è ancora in corso dopo un
tempo dall’inizio dell’intervento pari al doppio dell’emivita del farmaco impiegato.
Scelta dell’antibiotico
La valutazione globale del rischio deve essere parte del processo di scelta
dell’antibiotico appropriato, tenendo conto di alcuni fattori determinanti di cui i
principali sono indicati in tabella 4.
Tabella 4 Fattori che condizionano la scelta dell’antibiotico a scopo profilattico
1. i batteri responsabili delle infezioni del sito chirurgico
2. la sede dell'intervento e caratteristiche farmaco cinetiche dell’antibiotico
3. la presenza di eventuali allergie ad antibiotici
4. la tossicità intrinseca del farmaco e le sue possibili interazioni
5. l'efficacia dimostrata in studi clinici controllati randomizzati ed effetti sull'ecosistema
6. il costo
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1. Batteri responsabili della contaminazione del campo operatorio e
dell’infezione del sito chirurgico
La contaminazione del campo operatorio è un evento frequente nel corso di un
intervento chirurgico: nella maggioranza dei casi è la conseguenza inevitabile di una
tecnica chirurgica che prevede l’apertura di un organo o tessuto non sterile; altre volte è
la conseguenza di una violazione delle tecniche di asepsi.
Tale evento può causare l’annidamento di microrganismi nella sede chirurgica, oppure
provocarne una batteriemia e il conseguente annidamento dei batteri in organi o tessuti
lontani dalla sede dell’intervento.
Si distinguono due tipi di contaminazione, quella endogena e quella esogena.
Si parla di contaminazione endogena quando i microrganismi responsabili della
contaminazione sono i saprofiti presenti sulla cute e/o sulle mucose sede dell’intervento,
come nei casi di infezione provocati da Staphylococcus aureus e Stapylococcus
epidermidis provenienti dalla cute o da Escherichia coli / altro enterobatterio aerobio o
anaerobio a seguito di interventi al colon.
La contaminazione endogena è provocata da microrganismi prevedibili per ogni tipo di
intervento, in quanto espressione della flora batterica saprofita, un numero limitato dei
quali rappresenta la causa eziologica delle infezioni postchirurgiche. Se il paziente nel
periodo immediatamente precedente l’intervento non ha soggiornato a lungo in ospedale
e/o non è stato sottoposto a terapia antibiotica, il microrganismo contaminante
solitamente non presenta antibiotico – resistenza.
Si parla di contaminazione esogena quando si verifica una contaminazione da
parte di microrganismi ambientali o comunque non provenienti della flora batterica del
paziente; tale contaminazione è la conseguenza del mancato rispetto delle norme di
prevenzione.
La contaminazione esogena è causata da microrganismi che vengono in contatto con il
paziente in modo accidentale e che pertanto non sono prevedibili a priori. Spesso si
tratta di batteri provenienti dall’ambiente della sala operatoria e la loro sensibilità agli
antibiotici dipenderà dalle abitudini prescrittive locali.
Il farmaco scelto per la profilassi dovrà avere uno spettro di azione che
garantisca l’efficacia nei confronti dei probabili contaminanti.
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E’ dimostrato che l’efficacia della profilassi si limita ai contaminanti endogeni;
solo questi patogeni possono infatti essere ragionevolmente previsti e quindi coperti
dalla profilassi antibiotica.
Nel caso si verifichi una contaminazione ambientale e questa sia la causa di episodi di
infezione postoperatoria, nell’attesa di individuare e rimuovere la causa della
contaminazione, l’antibiotico usato a scopo profilattico dovrà essere efficace nei
confronti del microrganismo responsabile dell’epidemia.
L’antibiotico scelto deve avere uno spettro di azione che garantisca l’efficacia
nei confronti dei probabili contaminanti.
E’ opportuno che in ogni realtà chirurgica locale venga effettuato un monitoraggio della
flora batterica responsabile delle complicanze infettive postoperatorie e della sensibilità
di questa agli antibiotici utilizzati in profilassi.
Ciò sarà possibile inviando il materiale proveniente da ciascun caso di infezione del sito
chirurgico al laboratorio di microbiologia per l’esame colturale e l’antibiogramma.
2. Sede dell’intervento e caratteristiche farmacocinetiche
dell’antibiotico
L’antibiotico scelto dovrà avere le caratteristiche cinetiche che gli consentano di
raggiungere la sede dell’intervento in concentrazioni superiori alle concentrazioni
minime inibenti (Minimal Inibitory Concentration - MIC) per i microrganismi patogeni
e tale concentrazione dovrà essere mantenuta per l’intera durata dell’intervento.
3. Presenza di eventuali allergie ai beta lattamici
Le reazioni avverse ai beta lattamici possono dipendere dalla molecola come tale
o dai suoi metaboliti. Il rilievo nell’anamnesi di una reazione avversa ad un antibiotico o
ad una classe di antibiotici dovrebbe precluderne la possibilità di utilizzo.
I pazienti con una storia di anafilassi, orticaria o esantema insorti
immediatamente dopo una terapia con penicilline sono a maggiore rischio di
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presentare un fenomeno di ipersensibilità immediata e non devono essere sottoposti a
profilasi con antibiotici beta lattamici.
Quando le linee guida operative di profilassi antibiotica perioperatoria raccomandando
in prima linea l’uso di antibiotici beta lattamici, si dovrebbe sempre prevedere
un’alternativa per i pazienti con allergia alle penicilline o alle cefalosporine.
4. Tossicità intrinseca del farmaco e sue possibili interazioni
Tra i farmaci efficaci la scelta dovrà cadere su quelli con il miglior rapporto
rischio / beneficio; a parità di efficacia dovrà infatti essere scelto il farmaco con la
minore probabilità di provocare una patologia di organo o di interagire con gli altri
farmaci somministrati al paziente in particolare con quelli utilizzati per l’anestesia.
Quando si scelgono antibiotici in grado di interagire con gli altri trattamenti
farmacologici in corso si dovranno considerare gli opportuni aggiustamenti posologici.
5. Efficacia dimostrata in studi clinici controllati e randomizzati ed
effetti sull’ecosistema
I primi farmaci che hanno dato evidenza di efficacia clinica, rilevata in corso di
studi clinici randomizzati e controllati, sono state le cefalosporine di I e II generazione,
le penicillina, i lincosamidi e gli aminoglicosidi – in particolare tra questi ultimi la
gentamicina. Più recenti studi hanno pubblicato dati che confermano l’efficacia nella
profilassi di antibiotici utilizzati abitualmente nella terapia delle infezioni nosocomiali
da germi multiresistenti, quali talune penicilline associate a un inibitore delle beta
lattamasi, le cefalosporine di III o IV generazione, i glicopeptidi.
Molto meno numerosi sono gli studi che confrontano l’efficacia nella profilassi
dei farmaci recenti rispetto a quelli più vecchi. Non esistono comunque studi
metodologicamente corretti che ne dimostrino l’effettiva superiorità. Infine nessuna
sperimentazione ha dimostrato la maggiore efficacia delle cefalosporine di III o di IV
generazione.
Molte sono invece le dimostrazioni degli effetti negativi sulla flora batterica
causati dal massiccio impiego di antibiotici: è stata dimostrata che la frequenza di
stafilococchi meticillino resistenti è direttamente proporzionale al consumo di
cefalosporine di III generazione.
Antibiotico profilassi perioperatoria
Linea guida
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Pertanto nel paziente standard le cefalosporine di III e IV generazione, i
monobattami, i carbapenemi e talune penicilline associate ad un inibitore delle beta-
lattamasi non sono raccomandate a scopo profilattico. E’ preferibile riservare tali
antibiotici efficaci sui patogeni multiresistenti agli usi terapeutici .
Se si considerano i farmaci attivi nelle infezioni originate da Staphylococcus aureus e
da Staphylococcus epidermitis, la maggiore parte degli studi clinici esistenti non
dimostra una superiorità dei glicopeptidi rispetto ai beta lattamici.
La maggior parte delle prove di efficacia disponibili non dimostra la superiorità
dei glicopeptidi nella prevenzione delle infezioni del sito chirurgico causate dagli
stafilococchi. L’uso eccessivo di tali farmaci rischia di vanificare l’efficacia nella
terapia delle infezioni nosocomiali da stafilococco e da enterococco.
La scelta di utilizzare un glicopeptide in profilassi deve essere limitata
esclusivamente a situazioni selezionate e comunque solo in occasione di interventi
maggiori con impianto di materiale protesico e solo in presenza di un’incidenza di
infezioni del sito chirurgico causate da stafilococchi meticillino resistenti verificata
attraverso una sorveglianza clinica e microbiologica delle infezioni a livello locale,
scelta fatta in armonia con le strategie locali di politica antibiotica.
6. Costo
Non per ultimo dovrebbe essere considerato il costo dell’antibiotico da utilizzare
per la profilassi. Infatti a parità di efficacia e di impatto ambientale bisognerebbe
privilegiare il farmaco con minor prezzo e minori costi di preparazione e
somministrazione.
Scelta della dose
La dose utilizzata per la profilassi coincide con la stessa che si usa in terapia;
tale dose deve garantire che le concentrazioni plasmatiche di antibiotico siano sempre
superiori alle concentrazioni minime inibenti per i probabili germi contaminanti.
La singola dose di antibiotico utilizzato a scopo profilattico coincide nella
maggior parte dei casi con una dose terapeutica medio alta.
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Dosi addizionali nel corso dell’intervento
Molti antibiotici utilizzati in profilassi hanno emivite relativamente brevi quando
misurate su volontari sani, dell’ordine di 1-2 ore; se l’intervento dura più di 2-4 ore
sarebbe logico somministrare un’ulteriore dose di antibiotico.
Tuttavia i pazienti sottoposti a interventi chirurgici hanno un’eliminazione del
farmaco rallentata, per una compresenza di fattori: spesso infatti sono pazienti più
anziani con diminuita funzionalità renale, che presentano malattie concomitanti e
sottoposti alla somministrazione contemporanea di più classi di farmaci.
Ad oggi non sono emerse prove definitive a favore o contro la somministrazione
di dosi addizionali di antibiotico nel corso dell’intervento. Tuttavia, in caso di interventi
di durata superiore alle tre ore, si suggerisce di somministrare una seconda dose
intraoperatoria nel caso in cui l’operazione sia ancora in corso dopo un tempo
dall’inizio dell’intervento pari al doppio dell’emivita del farmaco impiegato.
E’ noto che le concentrazioni sieriche di antibiotico vengono ridotte dalla perdita
di sangue o dalla reintegrazione di liquidi, specialmente se si verificano nella prima ora
di intervento, momento in cui i livelli plasmatici di farmaco sono alti. Gli effetti precisi
della perdita di sangue e della reintegrazione di liquidi sono difficili da predire, in
quanto dipendono dal momento e dall’entità della perdita e della reintegrazione.
Normalmente negli adulti l’impatto del sanguinamento intraoperatorio e della
reintegrazione di liquidi sulle concentrazioni sieriche di farmaco è abitualmente
trascurabile. In caso di interventi cardiochirurgici in circolazione extracorporea non
esistono prove sull’efficacia di somministrazioni aggiuntive intraoperatorie di
antibiotico; tuttavia una dose alta di antibiotico somministrata all’inizio delle operazioni
anestesiologiche potrebbe ovviare in parte il rischio di contaminazione operatoria.
Resta comunque da osservare la nota in base alla quale la somministrazione di una dose
aggiuntiva intraoperatoria di antibiotico, da effettuare successivamente alla
reintegrazione di liquidi, è indicata nell’adulto se nel corso dell’intervento si verifica
una perdita di sangue superiore a 1.500 millilitri o se è stata eseguita un’emodiluizione
superiore a 15 millilitri per chilogrammo.
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Durata della profilassi
La somministrazione di dosi addizionali dopo la fine dell’intervento non è in
genere dimostrata come efficace nel ridurre ulteriormente la frequenza di infezioni del
sito chirurgico da gran parte della letteratura mondiale.
Singoli studi che suggeriscono la somministrazione di dosi addizionali
postoperatorie sono ritenuti metodologicamente criticabili. Tuttavia alcuni studiosi
(Gatell et coll.) sono frequentemente citati a supporto dell’efficacia della
somministrazione di dosi addizionali di antibiotici nei pazienti con fratture chirurgiche.
In particolare uno studio fa riferimento ad un regime che includeva una dose
intraoperatoria due ore dopo l’inizio dell’intervento e una dose postoperatoria. Recenti
studi eseguiti sia su pazienti sottoposti a cardiochirurgia che in pazienti sottoposte a
parto cesareo ed ancora su soggetti operati per intervento di artroprotesi d’anca
dimostrano come una maggiore durata della profilassi non modifichi la frequenza di
infezioni del sito chirurgico anche sul lungo termine.
Infine non ci sono prove che dimostrino che continuare la profilassi antibiotica
in presenza di un drenaggio riduca le complicanze infettive postoperatorie.
Pertanto la profilassi antibiotica deve essere limitata al periodo perioperatorio
e la somministrazione deve avvenire immediatamente prima dell’inizio
dell’intervento. Non esistono prove a supporto di un prolungamento della profilassi:
nella maggioranza dei casi è sufficiente la somministrazione di un’unica dose di
antibiotico, ovvero quella somministrata immediatamente prima dell’inizio delle
manovre anestesiologiche. La scelta di continuare la profilassi oltre le prime 24 ore
del postoperatorio non è comunque giustificata.
Con quanto affermato non si intende escludere che l’estensione della profilassi
alle prime 24 ore del postoperatorio possa essere giustificata in situazioni cliniche
definite quando l’indice di rischio delle infezioni postoperatorie è alto. Qualsiasi
decisione di prolungare la profilassi oltre la durata stabilita dalla linea guida dovrebbe
essere motivata in cartella clinica.
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Allegato
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Allegato
MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE E POSOLOGIA DEI FARMACI
ANTIBIOTICI
AMOXICILLINA CLAVULANATO
L'associazione, annoverata nel gruppo delle penicilline resistenti alle beta
lattamasi, possiede un'emivita plasmatica di circa 1 ora, un legame alle proteine
plasmatiche del 20%, diffusione ubiquitaria. Non supera la barriera emato-encefalica; la
sua escrezione, immodificata, avviene per via renale dopo circa 6 ore.
Si somministra sotto forma di sale sodico-potassico alla dose di 2/3g ( fiale da
1200 e 2200 mg) per via endovenosa in soluzione della durata di 15-30 minuti circa. La
soluzione infusionale deve essere somministrata entro 60 minuti dalla ricostituzione. E’
bene evitare la ricostituzione del farmaco con soluzioni glucosate, soluzioni di
bicarbonato di sodio, lipidi.
Gli effetti collaterali consistono in fenomeni di ipersensibilità, eritemi,
anafilassi. La contemporanea assunzione di allopurinolo può favorire l'insorgenza di
rash cutanei. Si può verificare, in caso di elevata concentrazione urinaria, la
precipitazione dell'amoxicillina nelle sonde vescicali.
AMPICILLINA-SULBACTAM
L'ampicillina, associazione antibiotica resistente alle beta lattamasi, possiede
un'emivita plasmatica di circa 1 ora, un legame alle proteine plasmatiche del 20%,
diffusione ubiquitaria ma non supera la barriera emato-encefalica; escrezione al 75%
per via renale in forma immodificata in circa 6-8 ore.
Si somministra sotto forma di sale sodico alla dose di 2/3 g per via endovenosa
in 15-30 minuti circa, non ricostituire il farmaco con destrosio 5-
10%,mannitolo,ringer,ringer lattato .
Gli effetti collaterali consistono in fenomeni di ipersensibilità, quali eritemi e
anafilassi. L'associazione con sulbactam ( 1 g +500 mg di inibitore) presenta le stesse
caratteristiche cinetiche e di posologia dell' ampicillina.
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Si tenga presente che germi notoriamente resistenti all'ampicillina quali
Pseudomonas,Citrobacter, ed Enterobacter non sono parimenti sensibili all' associazione
ampicillina-sulbactam.
CEFAZOLINA
La cefazolina sale sodico, cefalosporina di prima generazione, va somministrata
per via endovena lenta (10 ml in 3-5-minuti, o per infusione in 100 ml di soluzione
fisiologica in 10-15 minuti). E' incompatibile con: aminoacidi, aminoglicosidi,
barbiturici e sodio bicarbonato.
La dose usuale per adulti è di 2 g; in soggetti con meno di 50 kg di peso il
dosaggio deve essere dimezzato (1 g).
Il farmaco presenta una emivita plasmatica di circa 2 ore, un legame con le
proteine plasmatiche del 60-85%, un'escrezione urinaria in forma immodificata;
mantiene concentrazioni tissutali utili per 8-12 ore. In caso di insufficienza renale la
posologia va ridotta in funzione del grado di compromissione.
CEFOXITINA
La cefoxitina, cefalosporina di seconda generazione, ha un'emivita plasmatica di
circa 1 ora, un legame alle proteine plasmatiche del 70-80%,diffusione ubiquitaria ma
non supera la barriera emato-encefalica; l’escrezione immodificata avviene per via
renale in circa 6 ore.
Si somministra sotto forma di sale sodico alla dose di 3/4g per via endovenosa in
infusione in circa 15-30 minuti. Gli effetti collaterali consistono in fenomeni di
ipersensibilità: eritemi ed anafilassi. La posologia deve essere ridotta in caso di
insufficienza renale.
Si ricorda che le cefalosporine di 3a generazione, ovvero cefotaxime cefodizime
ceftazidime e cefoperazone, non sono indicate nella profilassi chirurgica perchè:
� hanno un ruolo fondamentale in terapia e quindi il rapporto
rischio/beneficio in profilassi è sfavorevole per l'induzione di resistenze e
l'impossibilità del successivo uso in terapia;
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Allegato
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� hanno scarsa attività contro gli stafilococchi, gli streptococchi, gli
enterococchi e gli anaerobi;
� lo spettro d'azione più ampio sui gram-negativi non determina una maggiore
attività in profilassi;
� il rapporto costo/beneficio è sfavorevole;
� c'è un ampio consenso in letteratura contro il loro uso in profilassi.
CIPROFLOXACINA
Ciprofloxacina è un nuovo chinolone sintetico della serie dell’acido chinolon-
carbossilico. Viene assorbito in modo completo per via orale e presenta per questa via
una biodisponibilità superiore all’ 85%. Il farmaco può essere utilizzato anche per via
endovenosa; si concentra bene in tutti i tessuti, inclusa la prostata, con l’unica eccezione
dell’encefalo, e viene eliminato in forma attiva sia per via biliare che nelle urine.
L’emivita è di 3 – 4 ore. Si utilizza a dosaggi non molto sostenuti: 250-500 mg per via
orale, 2-3 volte al dì oppure 200-400 mg due volte die endovena.
CLINDAMICINA
La clindamicina, un antibiotico inserito nella classe delle lincosamidi, ha
un'emivita plasmatica di circa 3 ore, un legame alle proteine plasmatiche del 92% con
diffusione ubiquitaria (anche nel tessuto osseo) ma non supera la barriera emato-
encefalica; escrezione per 1'80% in forma metabolizzata con formazione di prodotti
ancora attivi con eliminazione prevalentemente biliare associata a renale in circa 24 ore.
Si somministra sotto forma di fosfato alla dose usuale di 600 mg per via
endovenosa non diretta in volume di 100ml con tempi di 30 minuti. Gli effetti collaterali
consistono in coliti (diarrea persistente e grave) che possono insorgere anche dopo
settimane dal termine della terapia, in esantemi di vario tipo ed in tromboflebiti in corso
di somministrazione endovena La clindamicina interagisce con i bloccanti
neuromuscolari potenziandone l'azione e causando depressione respiratoria.
DOXICICLINA
La doxiciclina è una tetraciclina semisintetica altamente liposolubile; somministrata per
via orale raggiunge rapidamente (15 minuti) concentrazioni plasmatiche sovrapponibili
a quelle ottenute per via parenterale. L’assorbimento è ottimo anche in presenza di latte
Antibiotico profilassi perioperatoria
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Allegato
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ed antiacidi, contrariamente a quanto si verifica per le altre tetracicline. L’emivita
plasmatica è di 8 – 12 ore. Il legame con le proteine plasmatiche è molto elevato (82%)
e il catabolismo è in parte (50%) epatico. Il dosaggio in somministrazione orale prevede
la somministrazione di 300 mg/ die nell’adulto e 4 mg/kg/die nel bambino. Per via
endovenosa si consigliano 100-200 mg/die nell’adulto e 3-4 mg/kg/die nel bambino, in
1-2 infusioni lente giornaliere.
GENTAMICINA
La gentamicina, antibiotico aminoglicoside, ha un’emivita plasmatica di 2-3
ore, un legame alle proteine plasmatiche del 5%, diffusione ubiquitaria, ma non supera
la barriera emato-encefalica; escrezione è immodificata per via renale in circa 4 ore.
Si somministra sotto forma di solfato alla dose di 80/160 mg per via endovenosa
in 100 ml di soluzione in circa 60 minuti. Gli effetti collaterali consistono in ototossicità
vestibolare ed uditiva. La posologia deve essere ridotta in caso di insufficienza renale.
Altri farmaci, che sono ampiamente utilizzati in ambito terapeutico (ampicillina;
amoxicillina, piperacillina, ampicillina/sulbactam, amoxicillina/clavulanico) e che
risultano attivi anche sugli enterococchi, non hanno dimostrato una maggior riduzione
delle infezioni del sito chirurgico rispetto ai farmaci sopra citati (il loro uso si basa
quindi su un razionale teorico, ma non c'è evidenza scientifica).
METRONIDAZOLO
Il metronidazolo è un chemioterapico della categoria degli nitroimidazoli e
possiede un’emivita plasmatica di circa 8 ore, un legame alle proteine plasmatiche del
20 % diffusione ubiquitaria, supera la barriera emato-encefalica; l’escrezione
prevalentemente urinaria in circa 12 ore.
Si somministra alla dose di 500 mg per via endovenosa in soluzione allo 0.5% in
5ml/min.Gli effetti collaterali consistono in sensazione di gusto metallico, lingua
saburrale, eruzioni cutanee.
PIPERACILLINA/TAZOBACTAM
La piperacillina è acido sensibile per cui non viene assorbita per via orale ed è
somministrata per via parenterale. Ha un’emivita plasmatica di circa 1 ora, un legame
alle proteine plasmatiche compreso tra il 16 e 48%, diffusione ubiquitaria ma non
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Allegato
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supera la barriera ematoencefalica; l’escrezione è immodificata prevalentemente per via
renale e in parte per via biliare in circa 6 ore.
Si somministra in associazione a tazobactam, un inibitore delle beta lattamasi.
TEICOPLANINA
La teicoplanina, antibiotico polipeptidico, ha un’emivita plasmatica di circa 24
ore, un legame alle proteine plasmatiche del 90 %, diffusione ubiquitaria con escrezione
urinaria immodificata in circa 70 ore. Si somministra alla dose di 400 mg (da 6mg/kg a
12 mg di peso corporeo) mediante infusione endovenosa in circa 30 minuti evitando
durante l’allestimento dell’infusione la formazione di schiuma.
VANCOMICINA
La vancomicina, considerata un antibiotico polipeptidico, ha un’emivita
plasmatica di 4-6 ore, un legame alle proteine plasmatiche del 55%, diffusione
ubiquitaria ma non supera la barriera ematoencefalica; è escreta immodificata nelle
urine per filtrazione glomerulare dopo circa 24 ore.
In profilassi si somministra sotto forma di cloridrato alla dose di 1 g per via
endovenosa in soluzione contenente 5 mg/ml in circa 60 minuti. Le reazioni avverse
durante l’infusione consistono in eruzione eritematosa a carico del tronco e del collo
(sindrome dell’uomo rosso), sindrome ipotensiva da moderata a grave, sindrome
spastica a livello della muscolatura toracica o para spinale. Tali effetti si risolvono di
solito entro 20 minuti e sono correlati alle modalità dell’infusione endovenosa.
Si ricorda che teicoplanina e vancomicina in cardiochirurgia e neurochirurgia non
devono essere usate di routine. (evidenza scientifica: categoria lA).
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FARMACI DA UTILIZZARE NEI PAZIENTI ALLERGICI ALLE
CEFALOSPORINE
In caso di intolleranza alle betalattamine possono essere considerati:
� Ciprofloxacina
Indicazione: chirurgia dell’addome, dello stomaco, delle vie biliari;
chirurgia urologica;
� Ciprofloxacina più metronidazolo
Indicazione: appendicectomia non perforata;
� Clindamicina fosfato
Indicazione: cardiochirurgia;
� Doxiciclina
Indicazione: chirurgia ostetrico-ginecologica, aborto al primo trimestre;
� Gentamicina più clindamicina
Indicazione: interventi sul colon e grosso intestino,