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La Struttura della IOGKF…………..pag.3 La Costituzione……………….. ..….pag. 4 Diavoli armati………………...….….pag.6 Kata………………………………….pag.9 Don’t move…………………...…….pag.19 La Sincerità…………….…...….…..pag.21 Il Fattore Ki………………………..pag.23 Graduazioni IOGKF……………….pag.26 L’Allenamento……………………..pag.27 Cucinare la Vita………...………….pag.29 Agenda IOGKF Italia.........……..…pag.32 Nei numeri precedenti…..…………pag.33 ANNO 13 - NUMERO 42 Estate/Autunno2008 Notiziario di informazione del Tora Kan Dōjō Honbu Dōjō dell’International Okinawan Goju-Ryu Karate-Do Federation Italia Zen Dōjō affiliato all’Istituto Italiano Zen Sōtō
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ANNO 13 - NUMERO 42 Estate/Autunno2008 · Slovenia -- BogdanVukosavljevic ... la vostra gioventù, farla vivere, sen- ... «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà

Feb 21, 2019

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La Struttura della IOGKF…………..pag.3

La Costituzione……………….. ..….pag. 4

Diavoli armati………………...….….pag.6

Kata………………………………….pag.9

Don’t move…………………...…….pag.19

La Sincerità…………….…...….…..pag.21

Il Fattore Ki………………………..pag.23

Graduazioni IOGKF……………….pag.26

L’Allenamento……………………..pag.27

Cucinare la Vita………...………….pag.29

Agenda IOGKF Italia.........……..…pag.32

Nei numeri precedenti…..…………pag.33

ANNO 13 - NUMERO 42 Estate/Autunno2008

Notiziario di informazione del Tora Kan Dōjō

Honbu Dōjō dell’International Okinawan Goju-Ryu Karate-Do Federation Italia

Zen Dōjō affiliato all’Istituto Italiano Zen Sōtō

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Paolo Taigō Spongia : 45 anni, cintura nera 6° dan, Maestro Federale Fijlkam, Responsabile nazionale

e Capo Istruttore I.O.G.K.F. per l’Italia. Monaco novizio Zen Sōtō.

Silvia Kōjun Arriga: 35 anni, impiegata, terapista Shiatsu, cintura nera 2° dan assistente di dojo, pratica Karate-Do e Zen al Tora Kan Dojo di Roma.

Fabrizio Angelici: 36 anni, cintura nera 3°dan, insegnante di Karate-Do responsabile del Dojo Karate-Do Kenkyu Kai di Cerenova.

Manzari Giuseppe: 57 anni, colonnello dell’esercito, cintura nera 3° dan, assistente di Dojo, pratica Karate-Do al Tora Kan Dojo di Roma

Alessandro Hakuyu Romagnoli: 39 anni, cintura Marrone, pratica Karate-Do e Zen al Tora Kan Dojo di Roma.

Tora Kan Dojo è il notiziario informativo dell’Associazione Tora Kan di Via di Selva Can-dida 49 in Roma, Honbu Dôjô dell’International Okinawan Goju-Ryu Karate-Do Federa-tion Italia e Dôjô di pratica Zen riconosciuto dall’Istituto Zen Sôtô Shôbôzan Fudenji. E’ diffuso tra gli Allievi della scuola con cadenza stagionale con l’intento di fornire uno strumento di approfondimento culturale relativamente ad argomenti attinenti le Discipline praticate nella Scuola e ad ogni argomento di interesse comune. Ogni Allievo della Scuola e membro IOGKF Italia può contribuire alla realizzazione del notiziario con articoli, foto, traduzioni e con ogni altra possibile forma di collaborazione. Si prega di consegnare in segreteria il materiale da pubblicare nel prossimo numero entro il 30 Ottobre 2008.

immagine di copertina: Il Manifesto del World Budo Sai tenutosi in Okinawa a Luglio 2008 per celebrare il 120° anno dalla nascita di Chojun Miyagi Sensei

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La Struttura della I.O.G.K.F.

Meiyo Komon Honorary Advisor: Shuichi Aragaki Goju-Ryu Nidaime Soke (successore di seconda generazione): An’ichi Miyagi Goju-Ryu Sandaime Soke (successore di terza generazione) e Shuseki Shihan (Chief Instructor): Morio Higaonna Gijutsu Komon /Technical Advisor): Bakkies Laubscher, Kazuo Terauchi, Takeshi Kamimura Kaicho (IOGKF Chairman): Katsuya Yamashiro Fuku Shuseki Shihan (Vice Chief instructor) : Tetsuji Nakamura Shikko Iinkai (executive Committee) : Ernie Molyneux, Henrik Larsen Komon Advisors: Hidenobu Goya, Seizen Uehara, Kosei Wakugawa, Daikaku Chodoin, Masatake Oda, Tomonori Namiki.

Argentina -- Gustavo Tata Australia -- Joe Roses Austria -- Raoul Werner Walter Wogel Azerbaijan Republic -- Allahverdiev Tarverdi Aflan Bermuda -- Bobby Smith Belarus -- Viktor Grinevich Belgium -- Patrick Curinckx Canada -- Tetsuji Nakamura Chile -- Rodrigo Sepulveda T. Czech Republic -- Lubomir Moucka Denmark -- Henrik Larsen England -- George Andrews, Ernie Molyneux F.R. Germany -- Peter Lembke France -- Bemard Cousin Georgia, Rep. of -- Paata Chelidze Hong Kong -- Lam King Fung Hungary -- Ferenc Szigetvari Iceland -- Gretar Om Halldorsson India -- Pervez Mistry Israel -- Leon Pantanowiz Italy -- Paolo Taigo Spongia Japan -- Morio Higaonna Kazakhstan -- Karmenov Amangeldi

Mexico -- Ricardo C. Olalde-Tirado Moldovia -- Viktor Panasiuk Namibia -- Carl van der Merwe Netherlands -- Sydney Leijenhorst New Zealand -- Mark Gallagher Norway -- Rune Forsberg Hansen Okinawa -- Katsuya Yamashiro Peru -- Victor de la Rosa Poland -- Adam Litwinshiki Portugal -- Jorge Monteiro Puerto Rico -- Ricarte Rivera Scotland -- John Lambert Singapore -- Chris de Vet Slovenia -- BogdanVukosavljevic South Africa -- Bakkies Laubscher Spain -- Luis Nunes Sweden -- Bjom Jonzon Tadjikistan -- Oleg Khen Turkey -- Fatih Ince Ukraine -- Alexandre Grishniakov United States -- Miko Peled Venezuela -- Shunji Sudo

IOGKF Nazioni Aderenti & Capo Istruttori (Shibucho)

IOGKF ITALIA Dôjô riconosciuti

Honbu Dôjô: Tora Kan (Sensei Paolo Spongia) Via di Selva Candida 49 Roma tel. 06/61550149 Dôjô: Tai Ji (Sensei Davide Incarbone) Via dei Cybo 6 Roma tel. 06/66157020 Dôjô: Ryū Kan (Sensei Arcangelo Landi) Via Bistagno 90 Roma Tel. 066243274 Dôjô: Scuola di Karate-Do (Sensei Roberto Ugolini) Via Pietro Sterbini 12 Roma Tel. 06/68805454 Dôjô: Chojun Miyagi Dojo (Sensei Ricardo Peirano) Via Basilicata 14 Olbia Tel. 0789 / 26428 Dôjô: Karate do Kenkyu Kai (Sensei Angelici Fabrizio) Technofitness, Cerenova, 3383696353 Dôjô: Sui Shin Kan (Sensei Salustri Miriam) Istituto Galilei Via Conte Verde 3394620752 Dôjô: Bu Shin Kan (Sensei Proietti Valerio)a.s.d. Palmarola Isola dello Sport Via Varzi n° 73 Tel.0630998391 Dôjô: Hakutsuru (Sensei Zandi Ermes) Via Roma, San Pietro Viminario (PD)Tel. 3284851893

IOGKF Administrative Office

Mr. Tetsuji Nakamura Administrative Director

1055 Shawnmarr Rd Unit#9, Mississauga, Ontario L5H 3V2, Canada

IOGKF Honbu Dojo

Higaonna Dojo 42-22-3 Chome Makishi

Naha-shi Okinawa-ken 900

Japan

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La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promes-se, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una malattia dei giovani l’indifferentismo. «La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?». Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traver-sano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?» E questo dice: «Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda». Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno. Dice: «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda». Quello dice: «Che me ne importa? Unn’è mica mio!». Questo è l’indifferentismo alla politica. È così bello, è così comodo! E’ vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà. C’è altre cose da fare che interessarsi alla politica! Eh, lo so anche io, ci sono… Il mondo è così bello ve-ro? Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a man-care, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perchè questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica… Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sen-tirla come vostra; metterci dentro il vostro senso civico, la coscienza civica; rendersi conto (questa è una delle gioie della vita), rendersi conto che nessuno di noi nel mondo non è solo, non è solo che sia-mo in più, che siamo parte, parte di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo. Ora io ho poco altro da dirvi. In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Sono tutti sfociati qui in questi articoli; e, a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane… E quando io leggo nell’art. 2: «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economi-ca, sociale»; o quando leggo nell’art. 11: «L’Italia ripudia le guerre come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», la patria italiana in mezzo alle altre patrie… ma questo è Mazzini! questa è la voce di Mazzini! O quando io leggo nell’art. 8:«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla leg-ge», ma questo è Cavour! O quando io leggo nell’art. 5: «La Repubblica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali», ma questo è Cattaneo! O quando nell’art. 52 io leggo a proposito delle forze armate: «l’ordinamento delle forze armate si in-

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di Piero Calamndrei

Il 26 gennaio 1955 per iniziativa di un gruppo di studenti universitari e medi, fu organizzato a Milano, nel sa-lone degli affreschi della Società Umanitaria, un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione italiana, invitando insigni cultori del diritto ad illustrare, in modo accessibile a tutti, i princìpi morali e giuridici che stanno a fondamenta della nostra vita sociale. Il corso fu inaugurato e concluso da Piero Cala-mandrei, Maestro del Diritto.

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forma allo spirito democratico della Repubblica», esercito di popoli, ma questo è Garibaldi! E quando leggo nell’art. 27: «Non è ammessa la pena di morte», ma questo è Beccaria! Grandi voci lonta-ne, grandi nomi lontani… Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa costituzio-ne! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, cha hanno dato la vita perché liber-tà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove cad-dero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione. Piero Calamandrei

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Ordinazione

Francesca Ludovici del Tora Kan Zen Dojo ha ricevuto il 4 Maggio 2008 dal Rev. B.Wakō Flach l’Ordinazione Laica a Bodhisattva (Zaike Tokudo)

ricevendo il nome di Dharma Myōkan. A Francesca Myōkan vanno i nostri più affettosi auguri consapevoli che ogni

Ordinazione dei praticanti del Dōjō è una benedizione ed un felice auspicio per tutti noi.

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Tutto è avvenuto ai “tempi d’oro” della Marina imperiale giapponese. Verso sera, mentre l’ombra invadeva il campo di manovra di Iriyamazu, presso Yokosuda, due marinai si incontrarono lungo il sentiero che costeggia la rada. Il loro sguardo si posò istintivamente sulle rispettive maniche, ma entrambi avevano una sola barretta. Il più alto era primo marinaio sulla corazzata Aso, di base a Saseho. E l’altro aveva lo stesso grado sul guar-diacoste Yamaziro, operativo a Yokosuka. Tra gli equipaggi delle due navi non correva buon sangue per episodi di cui si era persa la memoria, per cui quando una nave faceva scalo nella base dell’altra i marinai evitavano di andare da soli in libera uscita… Quello che aveva scritto a lettere d’oro “Yamaziro” sul berretto si chiamava Sakurai e rifletteva attento: «Dove cavolo ho visto questo buffone…?» Anche l’altro aveva dei dubbi, poteva avere 23 o 24 anni e non era certo più anziano di Sakurai… Appariva maledettamente deciso e solo a vederlo dava l’impressione di essere forte. Sakurai, che era cintura nera di judo, comprese dallo sviluppo delle spalle e dalla particolare agilità dell’anca, che si trovava davanti a un esperto combattente. Il judo si era diffuso nella Marina all’epoca del generale Yashiro e del comandante Hirose2. E aveva avuto successo ma, all’epoca in cui si situa il nostro racconto, i quarti dan come Sakurai erano piuttosto rari. Avanzare e spingere forte era la caratteristica del judo della Marina, i cui insegnanti mette-vano l’accento sulla formazione del carattere e del corpo più che sulla tecnica. I due giovanotti che si guardavano in cagnesco erano proprio del tipo che non indietreggia e in silenzio si negavano il passo. - Di che classe sei ? – apostrofò con arroganza il marinaio di Saseho, sperando di imporre la sua anziani-tà, ma…erano stati richiamati nel medesimo anno… - Spostati che devo passare! – usava toni da quartier-mastro e roteava gli occhi in modo terribile. - Per chi mi prendi, spirlunga, per un venditore di castagne? – rispose Sakurai, accennando a togliersi la giubba. - Disgraziato, te la sei voluta! – ruggì il marinaio di Saseho. Entrambi restarono in canottiera per risparmiare l’uniforme, dato che non era opportuno attirare l’attenzione dei superiori una volta rientrati. - Chi perde cede il passo – disse Sakurai per il quale una rissa equivaleva a un aperitivo. - Vieni che ti polverizzo! – Se Sakurai non fosse stato quel che era sarebbe atterrato nel canale di scolo che costeggiava il sentiero davanti al formidabile attacco d’anca eseguito prendendo il collo con un brac-cio. Ma riuscì a resistere e contrattaccò di ko-uchi-gari, mandando l’avversario a sedere nella polvere. - Niente male… ti difendi – A queste parole Sakurai ricordò improvvisamente dove aveva visto quell’uomo. Circa un anno prima, una squadra navale aveva gettato l’ancora nella baia di Yokozuka. Un marinaio di Saseho era apparso nel dojo del circolo ufficiali. I marinai avevano la loro sezione di judo, ma a Yokozuka i più appassionati potevano accedere al club degli ufficiali, dove una volta la settimana compariva un insegnante del Kodokan. La maggior parte dei

(Continua a pagina 7)

Il testo che segue è stato tratto dal sito Judo-Educazione che ringraziamo. Fa parte delle ‘Storie del Dojo’ dedicate ai più giovani, per comunicare lo spirito dell’arte. Si tratta di una storia vera raccontata da Ono e Takamori

1: ‘Diavolo armato di una spranga di ferro’ è un’espressione popolare giapponese per indicare uno spirito forte in un corpo micidiale. 2: Takeo Hirose, forte e simpaticissimo 4° dan, morto da eroe al secondo tentativo di bloccare la flotta Russa a Port Arthur affondando dei brulotti, durante la guerra russo-giapponese (1905). I buoni libri di storia ricordano la sua impresa e Jigoro Kano volle conferirgli postumo il 6° dan.

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judoka che frequentavano il club era forte e così fece ancor più impressione il dojo-yaburi (devastazione del dojo) del marinaio di Saseho. Portava la cintura bianca, ma era così forte che i 1° e i 2° dan andavano invariabilmente a mordere la polvere del tatami per un hane-goshi eseguito prendendo saldamente il collo dell’avversario, che non riusciva a districarsi da quella presa. Proiettato l’avversario, invariabilmente egli chiedeva con ironia: - Allora, l’hai sentito passare? - Era grande e forte. Chi subiva quella tecnica finiva intontito, comunque a fiato mozzo, da non poter ri-spondere alla domanda. Quel giorno i presenti le presero sonoramente. Quando l’ospite s’accorse che gli ultimi sfuggivano il suo invito, si rivolse all’insegnante, che assisteva seduto, e chiese mielatamente: - Maestro, avreste la com-piacenza di marcarmi un punto? 3- Questo divenne verde, bofonchiò: - Sapete, veramente, oggi… - E rifiutò. Saseo non mostrava segni di fatica per aver combattuto con una ventina di giovanotti. L’insegnante si chiamava Suzuki, pesava quasi 130 Kg, ma era solo 2° dan, aveva una quarantina d’anni e rimpiazzava il maestro titolare che era a Tokyo per commissioni. - Sei molto forte, giovane. Che dan sei? – Chiese Suzuki . - Dan? Non ho dan – rispose il marinaio. Questa frase suonò male alle orecchie di chi era stato sconfitto, quasi un’affermazione di disprezzo per il loro grado. Il marinaio di Saseho rivestì la divisa e ripartì tranquillamente, ma il suo atteggiamento sembrava dire: «Questa base si trova vicina al Kodokan e io pensavo di trovare degni avversari, ma sono invero pieto-si…» - Ah, se ci fosse stato Sakurai, non sarebbe andata così… - - Sarebbe stato divertente. Chi sarà il più forte? Costui ha un hane-goshi irresistibile e Sakurai, che è pic-colo, rischia di caderci dentro - - Se non arriva a piazzargli prima il suo seoi-nage speciale… - Così parlavano i judoisti dopo la partenza del marinaio di Saseho. Quel giorno Sakurai era stato trattenu-to sulla nave per una corvée. Seppe tutto l’indomani e scoppiò in un ruggito: - Buoni a nulla, gli darò io una lezione! – Per qualche tempo non mancò un allenamento, ma l’altro era ripartito con la squadra per far ritorno alla base. Sakurai era deluso, perché non poteva rischiare la prigione per vendicare l’affronto andando a cercare l’avversario nel sud del Giappone. Tuttavia il destino ebbe pietà di lui e il Comando Generale progettò le manovre a Kyushu, con qualche giorno di scalo alla base di Saseho. Così, qualche settimana dopo, in un giorno uggioso d’autunno, la Yamaziro affondò l’ancora nel porto di Saseho. L’indomani Sakurai aveva il pomeriggio di riposo. All’ora giusta marciò dritto verso il circo-lo ufficiali, presso cui si trovava il dojo dei marinai. Non avendo mai visto colui che cercava, si era por-tato dietro un compagno di nome Yamashita che aveva un cattivo ricordo del marinaio in questione. - Ti ripeto, Sakurai, quando ti prende saldamente attorno al collo sta pensando ad hanegoshi e tu non rie-sci più a svincolarti. Schiva prima! - - Ho capito, vecchio. Speriamo che ci sia… - Giunsero al dojo e spiarono da una finestra. L’allenamento era già cominciato. - Lo vedi? – chiedeva ansiosamente Sakurai all’amico. - Aspetta… - rispondeva Yamashita. E lo scorse trattenendo un grido di gioia. Disse, quasi senza muove-re le labbra: - E’ seduto nel tokonoma (il luogo del Maestro) e guarda gli altri seduto come un pascià - - Diavolo, un marinaio seduto nel tokonoma! Se è il Maestro, deve essere ben forte! – Con aria innocen-te Sakurai entrò e chiese il permesso di indossare il gi, poi si rivolse a un praticante: - E’ forte, quello là? -

(Continua da pagina 6)

(Continua a pagina 8)

3: La formula tradizionale per invitare qualcuno a praticare (il randori) suona all’incirca: “Vuole farmi ippon?”.

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- Da dove vieni? Quello è il più forte di Saseho, si chiama Kamakawa e vale il 5° dan. Anche il nostro Maestro con lui prende due ippon su tre - - Vengo da Yokosuka - - Siete della Yamaziro, entrata ieri? A proposito, sorrise ironicamente, sembra che laggiù siate tranquilli, non ve la prendete mai. Ottenete i gradi perché siete vicini al Kodokan. Ma ora che siete qui, potete ave-re una lezione di judo! - - Grazie dell’opportunità che mi offrite, sareste così gentile da farmi qualche ippon? - - Non mi piace il randori con i principianti ma, per una volta… - si alzò pigramente, facendo scrocchiare le giunture. Il maligno Sakurai indossava la cintura bianca; il suo avversario ne portava una nera, tutta nuova ma, proiettato due o tre volte con leggeri ashi-barai, cominciò a sospettare qualcosa. La sala si era fermata a guardare. - Keiko-o-yare (praticate!) – gridò Kamakawa. Ma nessuno gli dava retta, affascinati dalla facilità con cui Sakurai faceva volteggiare uno dopo l’altro una quindicina di avversari. Venne il momento di affrontarsi: - Volete farmi ippon? – - Certamente – e si salutarono. Era un avvenimento; nel silenzio si sentì qualcuno inghiottire la saliva a fatica. Per l’uno era in gioco l’onore della città, l’altro correva il rischio di diventarne lo zimbello. A contatto, subito Kamakawa prese Sakurai attorno al collo e attaccò hane-goshi così velocemente che questi fu sollevato. Ma approfittando del contatto attaccò o-soto-gari continuando a spingere l’avversario fin contro la parete. - Niente male, ti difendi niente male! – gridava Kamakawa come se fosse felice di trovare finalmente un degno avversario. Questo randori memorabile terminò in parità. Sakurai aveva fatto ippon di seoi-nage e l’altro di hane-goshi. Ma ricordando che Sakurai veniva dall’aver affrontato una quindicina di avversari e quindi doveva essere stanco, dobbiamo concludere che fosse il più forte 4. Ritroviamo i nostri due campioni sul sentiero del campo di manovra di Yokosuka. Kamakawa era notevolmente progredito in tecnica e forza. Il combattimento durò più di un’ora, finché la notte scese e la luna fece capolino dal monte. Ansavano, stremati. Ma non allentavano la tensione. Fu Kamakawa a parlare: - Basta per oggi, devo tornare a bordo per le 9 - Sakurai rispose: - Ricordi che ci siamo già conosciuti? - - Certo, quando sei venuto a fare dojo-yaburi a Saseho— - Mi riconosci! – esclamò Sakurai – Ma ti ho solo ripagato della stessa moneta! - Kamakawa rise con gioia: - Non ti è venuta sete, vecchio? - - Se andassimo a farci un goccio? – rispose Sakurai.

(Continua da pagina 7)

4: Non ci sarebbe bisogno di stabilire chi sia il più forte in un incontro finito pari; ma questa conclusione è una battuta umoristica nei confronti dei tifosi giapponesi (soprattutto di sumo), che lo fanno sempre.

Il bullismo è sempre esistito. I ragazzi sono crudeli, peggio di loro solo i bambini. La perfidia è in noi: va educata. Adulti, scuola, mamme e papà, datevi da fare. Ricordate la ragione della vostra remissività adolescenziale: avevate paura. Lina Sotis, giornalista

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di P.Taigō Spongia

A grande richiesta pubblichiamo integralmente l’estratto dalla conferenza sul Kata di Sensei P.Taigō Spongia tenuta al Tora Kan Dojo durante un recente incontro Bun Bu Ryō Dō

Il Kata è il modello pedagogico, la struttura attorno alla quale la pratica e la tra-smissione delle Discipline tradizionali denominate Vie (Dō 道) viene organizzata.

Kata è comunemente tradotto con: forma, modello, stampo (ed anche model-lare, formare). Chi era presente alla mia lezione sul terzo capitolo dello Shūshōgi riconoscerà forse nel carattere Kata un radicale che è presente anche nel carattere

Kai , Precetti, che abbiamo trovato nel titolo del terzo capitolo, Ju Kai Nyui, che rappresenta due mani unite in segno di rispetto (gasshō) che tengono una lan-cia. In questo caso al carattere che rappresenta le due mani unite in segno di rispetto si aggiunge una linea superiore e quest’insieme rappresenta l’offerta. Il radicale di destra invece rappresenta un pennello. Il Kata, possiede molte caratteristiche del rito: si svolge in uno spazio ed un tempo determinato, il Kata come il rito è rigido nella sua manifestazione, nel senso che non ammette deroghe alla sua esecuzione for-male, coinvolge tutti i sensi (il rito è performance multimediale), ha un carattere ludico-simbolico, la pro-fondità del Kata è difficilmente apprezzabile dall’esterno (se non per chi ha fatto profonda esperienza di quella percezione) perché nel rito come nel kata o si è dentro o si è fuori, il kata, così come il rito, permet-te di riaccedere all’evento fondante, alla percezione primigenia, ancestrale, primordiale. Nell’esecuzione del kata, proprio come nel rito, mettiamo in atto una ‘vivente opera d’arte’. Come nello shōdō, la calligrafia su carta di riso, il gesto è decisivo. Dipingendo sulla carta di riso, il pensiero e l’esitazione sono fatali, così eseguire un kata è come dipinge-re con il proprio corpo-mente nello spazio-tempo, dipingere un mandala che immediatamente si cancella ma che lascia un’impronta nei corpi che vivono, di volta in volta, in un tempo differente. Ogni volta che rieseguiamo il kata dobbiamo riorganizzare la memoria in relazione al momento presente costituito da un corpo-mente in continua trasformazione, dalle percezioni, sensazioni, dallo spazio/tempo. Non può mai trattarsi di una ripetizione identica perché è un’illusione pensare che quell’io (illusorio e composito) possa eseguire due volte lo stesso kata… Inoltre, nella tensione verso la perfezione il kata implica un continuo, inesorabile dinamismo interno. Il carattere esprime in senso dell’offerta e questo è un punto, a mio parere, determinante. Cos’è che offriamo eseguendo un kata ? Offriamo noi stessi, quel che siamo in quel momento preciso: la nostra forza e la nostra fragilità, la salute come la malattia, tutta la nostra piena umanità. Pur esprimendo qualità fisiche quali forza, velocità, equilibrio…non ha nulla a che vedere con una presta-zione atletica. Il Kata di un anziano Maestro, tremante sulle sue gambe non può essere apprezzato secondo i canoni del-lo sport. Ricordo che nel 2002 al termine del mio esame a Godan, ad Okinawa, nel Dōjō di Higaonna Sensei, An’ichi Miyagi Sensei, che era in commissione d’esame, ci volle offrire la sua esecuzione del Kata

(Continua a pagina 10)

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Seiyunchin. Era uscito dall’ospedale da pochi giorni e in camicia e pantaloni si è alzato dalla sedia ed ha eseguito il Kata…è stato un momento di intensità straordinaria. Il Maestro, avrebbe potuto fare un discorso per manifestare la sua soddisfazione, invece si è alzato e ha eseguito un Kata. Ci ha offerto il suo cuore. Ora, per apprezzare appieno il valore e l’importanza del Kata, parlando in particolare del nostro stile, il Goju-Ryu di Okinawa, dobbiamo partire dal presupposto che il kata ha varie chiavi di interpretazione e di esercizio. Chiavi che possono essere, nell’uno o nell’altro kata, più o meno presenti e rilevanti:

Automatizzazione e perfezionamento di gesti tecnici. Studio e perfezionamento della postura/e in relazione allo spazio ed al tempo

(Ma ai間/Hyōshi拍子).

Studio del ritmo, Hyōshi 拍子.

Studio e sviluppo dell’energia (Ki 気) e del respiro, con qualità terapeutiche. Ricerca e affinamento sensoriale propriocettivo ed esterocettivo e ricerca emozionale. Sviluppo dell’atteggiamento mentale, attraverso respiro, sguardo, concentrazione… Strategia ,Heiho 兵法 .

Questi elementi sono tutti in misura maggiore o minore presenti in ogni Kata. Poi possiamo suddividere i Kata in Kata di formazione e Kata applicativi, anche se a volte rimane diffici-le decidere se inserire alcuni kata nell’una o l’altra categoria e stabilire dei confini netti. Nel Goju-Ryu Kata prevalentemente formativi sono i kata definiti anche Heishugata: Kata Sanchin e Kata Tensho. Higaonna Sensei ha affermato: “ allenando costantemente Sanchin e Tensho, si coglie ‘kukuchi’ l’essenza, la chiave, di tutti gli altri kata… quando si vede eseguire un kata superio-re si capisce chiaramente se colui che lo esegue allena co-stantemente Sanchin e Tensho. Senza cogliere il ‘kukuchi’ attraverso Sanchin, il kata è vuo-to, magari ha anche una bella forma, ma è ginnastica, non Karate-Do”1

Il nome Heishugata o Heishu Kata sta a significare che il tanden rimane sempre chiuso durante tutta l’esecuzione del Kata. Ma in entrambi i Kata ci sono elementi tecnici direttamente applicabili al combattimento, in particolare nel Tensho. L’altra categoria di Kata del Goju-Ryu sono i Kaishugata o Kaishu Kata. Di questa categoria fanno parte: Gekisai dai ichi Gekisai dai ni Saifa Seiyunchin Shisochin Sanseru Sepai Kururunfa Sesan Suparinpei.

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Higaonna Sensei in Suparinpei

1: Note personali dell’Autore

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Anche Suparinpei ad esempio è di difficile collocazione perché lo si può considerare a cavallo delle due categorie. Così anche in molti kaishugata sono presenti elementi formativi. La definizione Kaishugata da ad intendere che durante l’esecuzione del Kata il tanden si apre e si chiude in relazione al ritmo, al respiro e all’applicazione. Vediamo di analizzare i singoli punti elencati. 1) automatizzazione e perfezionamento del gesto tecnico. Il Kata viene allenato come un’unica sequenza continua e in tal modo si allenano alcune specifiche quali-tà. Ma il Kata viene esercitato anche ripetendo e perfezionando le singole sequenze. La ripetizione delle singole azioni permette di raffinare e perfezionare qualità di velocità, equilibrio, po-tenza… necessarie all’efficace applicazione delle tecniche al combattimento. Si varia la simmetria (versione omote e ura) dell’esecuzione, il ritmo, la direzione. Attraverso la ripetizione si lascia che l’intuizione ci porti ad elaborare nuove interpretazioni del gesto. A volte all’ennesima ripetizione, che, come tutte le ripetizioni può sembrare maniacale, apparentemente incomprensibile, sterile, scaturisce una nuova intuizione, nuove sensazioni, che aprono un’inatteso oriz-zonte. L’allenamento delle singole azioni e sequenze ha come naturale integrazione e conseguenza l’allenamento del Bunkai con un partner (bunkai significa proprio, da Bunkai suru分解する, scomporre, smontare, il Kata). 2) Studio e perfezionamento della postura/e in relazione allo spazio ed al tempo . La postura è il leit motive, il fondamento dello studio del Kata. La postura è strettamente collegata al respiro ed all’atteggiamento mentale. Rettificando la postura si arriva a rettificare la mente e a permettere all’energia di fluire potentemente. La postura corretta integra il corretto ritmo/profondità del respiro, la verticalità della spina dorsale e del tratto cervicale, lo sguardo e, soprattutto, stabilisce un centro all’azione attraverso la percezione e padro-nanza del tanden. La postura è indissolubile dalla sua relazione con lo spazio (ma 間) e con il tempo e ritmo (hyōshi拍子). La postura è corretta nella sua relazione con la specifica situazione spazio/temporale, non esiste una po-stura corretta a priori, pur conservando alcuni principi fondamentali questa deve essere elastica ed adatta-bile. La postura fisica è sempre anche una postura mentale. E’ non irrigidirsi, non bloccarsi in nessuna postura rigida. Tutta la confusione del mondo deriva da questo ‘assumere una posizione rigida nei confronti della realtà’. La postura come detto integra molteplici aspetti fisici e mentali ed è questo che non ha capito una certa medicina ortopedica che ha pensato di correggere i paramorfismi intervenendo solo sulla struttura schele-trica e muscolare, come dire, intervenendo dall’esterno. Mentre si deve trattare di una rieducazione globale che faccia sì che ognuno trovi la sua propria postura in base alle proprie caratteristiche. 3) Studio del ritmo, Hyoshi 拍子. Il ritmo è il corpo sottile di ogni energia. Ritmo significa anche ordine. Il ritmo è presente in ogni ambito della vita, dal circolare del sangue, al ritmo delle stagioni, dal respiro alla musica, al combattimento in cui la padronanza del ritmo fa la differenza tra la vittoria e la sconfitta. Così nella vita quotidiana conoscere il ritmo di ogni situazione è determinante. I giapponesi parlano anche di ‘aria’ (iki 息) di una situazione. “Se si vuol tagliare velocemente con una spada, la spada non taglia affatto” cita un vecchio adagio giap-

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ponese. E’ il giusto tempo che rende la spada tagliente. L’uomo ha perso il senso del ritmo perché vive ormai fuori dal ritmo delle stagioni, è diventato sordo al ritmo del proprio cor-po e della propria mente. La nostra pratica è fondata sul rivitalizzare questa percezione del ritmo e, riscoprire il ritmo, è riscoprire le leggi della natura, l’Ordine Cosmico (Dharma). Il Kata è come una sinfonia. Le pause sono importanti quanto le note, non si tratta di eseguire una sequenza, il ritmo da vita alla sequenza. Un ritmo inadeguato uccide il Kata. 4) Studio e sviluppo dell’energia (Ki気) e del respiro, con qua-lità terapeutiche. Il respiro nel kata è esercitato in molteplici forme. Dall’intensa circolazione del Sanchin e Tensho, alla ritenzione operata attraverso il respiro noon in alcuni kata superiori, al respiro che accompagna l’applicazione del muchimi (contatto pesante e appiccicoso), al respiro che accompagna le fasi di Chiru no chan chan ovvero le fasi di ‘esplosività elastica’. In un andare e venire il respiro da il ritmo al Kata. In particolare i Kata Sanchin e Tensho sono specificamente kata per lo sviluppo energetico. Si tratta di forme di Chi Kung marziale in cui il respiro, colle-gato alla postura ed all’atteggiamento mentale, favoriscono l’accumulo e la circolazione dell’energia vitale (Ki気) lungo i meridiani. Nel Kata Sanchin, raggiunto un sufficiente livello di esecuzio-ne in cui si padroneggia la chiusura del tanden, la postura ed il respiro, la circolazione del Ki viene visualizzata lungo il canale centrale (Du mei) con un’orientamento circolatorio inverso, in sen-so antiorario. Ma anche nei kaishugata l’aspetto energetico non è trascurabile. Il Kata qualunque sia lo stile, è un contenitore di un certo tipo di energie, ogni gesto che noi facciamo è un contenitore di un certo modo di muovere il corpo, con una certa qualità del movimento. La concentrazione richiesta all’esecuzione, la postura con il suo tono equilibrato, il respiro… vanno auto-maticamente a ripristinare e potenziare l’equilibrio energetico del praticante. L’esecuzione del kata permettendo di entrare in contatto profondo con se stessi nel momento presente, affinata sufficiente sensibilità, permette di percepire chiaramente gli squilibri consentendo di ripristinare l’equilibrio (omeostasi) attraverso l’armonia del gesto gesto e del respiro . 5) Ricerca sensoriale propriocettiva ed esterocettiva ed in ambito emozionale. “La messa in opera del kata ci interroga sull’articolazione tra conscio ed inconscio, rimettendo in causa l’organizzazione dell’attività percettiva quotidiana 2” La pratica ci porta a rimettere in discussione la nostra capacità percettiva. Il Maestro Taisen Deshimaru diceva io non credo ai miei occhi e alle mie orecchie, sottolineando così co-me l’illusorietà dei sensi non permette di cogliere la realtà nella sua pienezza ed immediatezza, ma la per-cezione della realtà deve coinvolgere simultaneamente tutti i sensi compresa la mente (nel Buddhismo la mente è uno dei sensi). Ordinariamente percepiamo la realtà in modo frammentario e ci attacchiamo ad i frammenti che riuscia-

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Sakiyama Sogen Roshi, in gioventù discepolo di C.Miyagi

Sensei in Kata Sanchin

2: K.Tokitsu, Kata, Luni editrice, 2002

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mo a cogliere. L’altro ieri sono riuscito finalmente a veder un film che mi ha dato H., che stava lì da mesi e non trovavo il tempo di vederlo. Il film si intitola ‘Memento’ e parla proprio di questo: il protagonista a causa di un incidente ha perso la memoria a breve termine (poi anche la sua memoria a lungo termine in realtà si rivelerà illusoria) allora in ogni momento deve scrivere delle note, scattare delle istantanee, arriva a tatuarsi sul corpo le sue importanti annotazioni, al fine di non ‘perdere’ la memoria del momento precedente. Ma questo catturare dei frammenti si rivela alla fine fallimentare. I frammenti non permetteranno mai di cogliere l’insieme. Dai frammenti non riuscirà a ricostruire la mutevole e complessa realtà e alla fine, nelle scene finali del film lo si vede chiudere gli occhi e chiedersi se esiste davvero quel mondo al di fuori della sua mente… Si deve dunque affinare una capacità percettiva che a partire dai sensi trascenda i sensi stessi in una per-cezione intuitiva della realtà (pensiero hishiryo), ovvero la pura percezione sensoriale prima che la mente calcolatrice intervenga incasellando l’esperienza in una categoria razionale (prima di fare una foto e scri-verci su le proprie annotazioni). L’interno e l’esterno, la propriocezione e l’esterocezione, in qualche modo devono esplodere (Tokitsu parla di tempo esploso) tanto che il limite tra esterno ed interno scompaia e il corpo-mente sia mosso in qualche modo dall’intero Universo. Esperienza che si fa potentemente durante la pratica dello Zazen e che solo ad alti livelli si raggiunge du-rante l’esecuzione del Kata. Il Kata, così come il rito, è rigido nella sua manifestazione, nel senso che non ammette deroghe alla sua esecuzione formale, ma quando vai a interpretarlo nella sua esecuzione, nella sua applicazione, consente alla tua mente di liberarsi in modo globale. “L’orientamento della psiche nel momento della realizzazione di un kata procede da una tecnica Largamente comune allo Zen e alle arti tradizionali giapponesi. Dietro l’apparenza gestuale di un kata, un lavoro psicologico tende ad allargare e a spostare la profon-dità e l’apertura del campo di coscienza. E’ così per la postura immobile dello Zazen. La profondità e l’apertura dello stato di coscienza variano secondo l’avanzamento nello Zazen…”3

L’influenza tra Zazen e Kata diventa in questo ambito di grande rilevanza ed efficacia. Così come nello Zazen si esplora nell’immobilità attraverso una raffinatissima esplorazione, così durante l’esecuzione del Kata si esplora nel movimento. Ma, il feedback che deriva dal vivere entrambe le espe-rienze permette di comprendere intimamente come movimento ed immobilità siano indissolubili. Vi è grande movimento, azione, nell’apparente immobilità dello Zazen così come un nucleo immobile deve essere mantenuto nella più impetuosa azione. Yukio Mishima descrive questa condizione in questo bel brano: “Lo stemma della famiglia Kokubu, una genziana color oro dalle foglie bilobate, splendeva sulla corazza laccata di nero. Nella luce del sole al tramonto, che entrava dalle finestre del dojo, il sudore riluceva sul completo blu imbottito da esercitazione di Kokubu Jiro. I lembi del suo kimono pieghettato permettevano di intravedere cosce giovanili color ambra, così pie-ne di vita e guizzanti da lasciar immaginare il giovane corpo danzante dentro l'uniforme e l'equipag-giamento protettivo. Tutti i suoi movimenti sembravano emanare dalla calma perfetta, ispirata dall'indaco cupo della sua veste. Entrando nel dojo lo si notava immediatamente. In mezzo agli altri il suo corpo, e solo il suo, sembrava avvolto da una sorta di immobilità che nasceva dall'essenzialità di ciascuna delle posizioni as-

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3: K.Tokitsu, Kata, Luni editrice, 2002

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sunte. Queste posizioni non facevano mai violenza all'atteggiamento naturale del suo corpo ed erano sempre aggraziate. Per quanto furioso lo scatto, egli vi restava immobile al centro; come la corda di un arco una volta scoccata la freccia, ritornava subito da sé nella posizione iniziale, rilassato e compo-sto. Il piede sinistro seguiva come un'ombra il destro, e i passi riecheggiavano, sovrapponendosi, proprio come bianche creste di onde si sovrappongono l'una all'altra.” 4

Takuan Osho ha scritto un’illuminante trattato sulla Via della Spada in cui definisce questa mente inamo-vibile, come la mente che non si ferma su nulla. Yagyu Munenori (grande Maestro di spada e discepolo di Takuan) scrive: ‘La rimozione delle afflizioni (Klesa: illusioni, condizionamenti, attac-camenti che derivano dalla visione frammentaria della realtà) è necessaria per percepire le intuizioni. Se le affli-zioni non vengono eliminate, esse vi domineranno e voi non riuscirete a vedere. E mancando di vedere avrete perduto. Le ‘afflizioni’ sono malattie della mente, il che signifi-ca che la mente si è fissata su una cosa o un’altra… Vedere con il cuore e con la mente è fondamentale. Solo quando vedete con il cuore e con la mente i vo-stri occhi vedono davvero. Così, il vedere con gli occhi viene dopo il vedere con il cuore e con la mente. Dopo di ciò potrete guardare con il corpo, con le mani ed i piedi… Poiché tutte queste malattie sono nella mente per eliminare la malattia non resta che tonificare la mente…. Il guardare le cose con una semplice occhiata senza fissare la mente su di esse è definito esse-re fermi. Quando la vostra mente indugia sulle cose, vari pensieri analitici prendono forma. Quando ciò non avviene, anche se la mente che stava indugiando si muove, voi sarete fermi.5

Anche l’aspetto emozionale è fortemente coltivato attraverso l’esecuzione del Kata. Sin dal primo apprendimento del Kata l’aspetto emozionale si esprime potente-mente attraverso il lavoro sulla postura e sul respiro. Le nostre rigidità, complessi, paure…vengono immediatamente in superficie e sta a noi se decidere di continuare ad ignorarle e a nasconderle attraverso le molteplici strategie che mettiamo in atto durante la vita quotidiana, oppure affrontarle e conoscere finalmente noi stessi innescando così una trasformazione in queste espres-sioni energetiche. In qualche modo il Kata ci mette a nudo di fronte a noi stessi e di fronte alla sensibilità del Maestro. Non possiamo più fingere, e le impalcature del nostro ego cominciano a scricchiolare.

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4: Y.Mishima, Atti di Adorazione, edizioni 5: T.Cleary, L’Arte Giapponese della Guerra, oscar mondadori, 1991

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Questo è un vero e proprio shock per molti, una vera terapia d’urto. La Via delle Arti Marziali è una Via iniziatica. Ma, come si diceva poc’anzi, se abbiamo il coraggio di rimanere di fronte a noi stessi, qualcosa comincia a trasformarsi. Nel vedere, forse per la prima volta, inneschiamo il processo trasformativo e curativo. Alla base di questa ricerca, quel che protegge in questo processo iniziatico, sono umiltà e rispetto. Solo l’umiltà ed il rispetto possono schiudere il cerchio intorno al piccolo ‘io’ ed aprire le porte ad una piena coscienza vitale, alla possibilità di attingere a piene mani alla profonda saggezza (Buddha natura) insita in ognuno. Umiltà e rispetto che solo possono scaturire da un esercizio di fede che non detta alcuna condizione. Non si tratta di una decisione intellettuale. La pretesa dell’intelletto risulta essere un ostacolo insuperabile sulla Via. Nelle Arti Marziali il giusto atteggiamento viene prima della decisione. Il Rei no kokoro (sincero spirito di rispetto e gratitudine) viene prima della pretesa. Karate-Do wa rei ni hajimari, rei ni owaru koto wo wasuruna (il Karate-Do inizia e termina col rispetto e armonia) affermava Funakoshi Sensei. Questo processo di introspezione continua costantemente per tutta la vita del praticante e, raggiunto un livello di approfondimento e interiorizzazione sufficiente nell’esecuzione del Kata il praticante comincia ad ‘evocare’ aspetti emotivi legati al combattimento che vengono così esperiti e coltivati e permettono di scendere un ulteriore gradino nelle profondità di se stessi. Inoltre questo esercizio introspettivo e di integrazione sensoriale permette di coltivare una capacità per-cettiva intuitiva (yomi 読, saper ‘leggere’ la situazione, un uomo capace di intuito profondo è detto: yomi no fukai jin 読みの深い人) determinante nel combattimento e nella vita quotidiana. Si tratta, in qualche modo, di rivitalizzare un istinto animale che si è atrofizzato nell’uomo a causa del suo stile di vita e di pensiero. Nei kata si evocano anche caratteristiche del movimento degli animali, a volte con atteggiamento ‘sciamanico’. Nel nostro stile in particolare la Gru Bianca e la Tigre. Anche questo evocare le movenze degli animali innesca una processo di rivitalizzazione dell’istinto. Nel kata Suparinpei, ad esempio, è evidente la presenza della Gru nei movimenti evasivi, leggeri e rapi-dissimi, come la presenza della Tigre, nelle azioni potenti e radicate. Il praticante durante quel movimento deve entrare nella pelle della Tigre, serrare la mascella, infuocare lo sguardo… La sensibilità che ci avverte delle vibrazioni di un pericolo mortale viene chiamata in giapponese satsui o kanzuru感ずる. L’abilità di trattare con gli altri, di vedere con chiarezza dalla loro prospettiva, è detta Kyokan共感. Possedere il sesto senso che ci consente di cogliere i problemi o comunque i sentimenti na-scosti si chiama dairokkan第六感. In ciascuno di questi termini si trova il Kanji di Kan (sentire o perce-pire)感 . Kan viene usato dunque per descrivere sentimenti, simpatie e moti dell’animo, piuttosto che per indicare i poteri meramente fisici della percezione. Anche il metodo pedagogico proprio delle Arti tradizionali è finalizzato a risvegliare questa capacità di ‘cogliere intuitivamente’. “Il concetto di kan ha una particolare importanza per il Bugeisha. Abituato com'è alla familiarità con le sue armi, è naturalmente portato a estendere la metafora della lama affilata sia ai sensi sia alla mente. La capacità di affinare le facoltà di intuizione è una sensibilità che comincia non appena inizia la sua istruzione tecnica, anche se il Bugeisha potrebbe, in quel momento, non esserne consapevole. Per il fatto che l'insegnamento delle arti Bugei è in gran parte fisico, scarsamente corredato da parole pronunciate o scritte, il Bugeisha deve estendere una sorta di antenna mentale per scoprire ciò che davvero gli viene tra-smesso. Il maestro preferisce impartire lezioni empiriche. Può mostrare una mezza dozzina di singole

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6: D.Lowry, Lo Spirito delle Arti Marziali, Mondadori Editore,1995

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tecniche, senza mai spiegare quale principio abbiano in comune. È compito del suo discepolo fare pro-prio tale principio attraverso uno sforzo personale, attraverso il kan. Quando il maestro parla, le sue pa-role sono sempre oblique o enigmatiche. II suo studente, se vuole progredire, deve dedicarsi alla coltiva-zione delle percezioni che possono recepire le implicazioni celate nelle parole del maestro. Mentre la loro relazione prosegue, il maestro e lo studente (e uno può ben dimenticare di affinare il kan in circostanze differenti da quelle intensamente personali dove il maestro si trova in comunicazione di-retta con il suo allievo) sviluppano un rapporto ancora più elusivo. Basta un solo gesto per esprimere un enorme numero di concetti. Il bugeisha apprende intuitivamente gran parte di ciò che il maestro vuo-le da lui. Assorbe le nozioni in maniera inconsapevole durante l'allenamento. Perfino nel mezzo di un esercizio vigoroso eseguito a tutta velocità assimila questi messaggi. Si tratta di un processo troppo rapido per l'intelletto, troppo elusivo per qualsiasi elaborazione cerebrale. Lo si può realizzare solo attraverso il kan. Una volta che ha sperimentato il kan con il suo maestro, il bugeisha può applicarlo ad altre aree dell'esi-stenza. Può diventare più sensibile al pericolo, ai sentimenti altrui, alle interazioni delle emozioni che si agitano continuamente dentro di lui. Per il bugeisha che possiede un'intuizione acuta del kan, l'interazio-ne con gli altri implica livelli oltre e sotto la normale comunicazione. La sua mente è acuta e gli fornisce uno strumento che può penetrare nelle risorse nascoste di coloro che lo circondano.”6

Watsuji Tetsuro scrive recentemente: “esiste nella società giapponese una tendenza etnica ad accordare fiducia solo ai fatti colti intuitivamente e trascurare l’apprendimento attraverso la riflessione logica”. La percezione intuitiva coglie in uno sguardo tutta la realtà di un determinato momento prima che la ri-flessione logica fissi la realtà in uno schema dejavù e la frammenti perdendone irrimediabilmente il respi-ro globale. Si tratta di percepire l’albero nella sua interezza senza essere catturati dalla singola foglia. “La nozione di temporalità nel combattimento può aiutare a meglio cogliere lo stato di coscienza ricerca-to nella pratica delle arti marziali e spesso raggiunto nella pratica dello Zen. Non è un caso se a partire da un certo livello, gli adepti di spada hanno spesso fatto ricorso allo Zen per pervenire ad una integrazione senza incrinature dello spirito e del corpo. L’elemento che determinerà questa riorganizzazione è la morte. E’ un’intuizione della morte che viene ricercata.7

Nell’evocare emotivamente l’avversario, l’altro, si evoca la morte che non è più rimossa. Suzuki Shosan insegna: “Quando la gente dimentica che dovrà morire e agisce come se fosse immortale, non appreza né utilizza appieno gli anni che passano. Finchè la gente è così, agisce solo per avidità, collera e falsità, discostan-dosi dai doveri sociali e familiari, non comprendendo l’umana gentilezza, impiegando adulazione e lusin-ghe, trascurando la famiglia ed il lavoro perdendo il tempo in attività inutili”8

6) Sviluppo dell’atteggiamento mentale, attraverso respiro, sguardo, concentrazione… Questo punto si ricollega al precedente. L’atteggiamento mentale è indissolubile dalla postura, dal respiro… Attraverso il corpo si determina una trasformazione dello spirito. Lo sguardo va esercitato, raffinato, così come gli altri sensi. Molti di voi hanno difficoltà a concentrare lo sguardo. Lo sguardo vaga senza orientamento oppure cade verso terra in un atteggiamento timoroso e sfuggente, o assume una rigidità aggressiva, ulteriore sintomo di fragilità interiore…. Lo sguardo esprime qualità interiori, stati d’animo, e affinando lo sguardo si lavora sull’interiorità. Ogni gesto nel Dōjō è kata ed è teso a rivitalizzare queste qualità percettive.

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(Continua a pagina 17) 7: K.Tokitsu, Kata, Luni editrice, 2002 8:T.Cleary, L’Arte Giapponese della Guerra, oscar mondadori, 1991

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La concentrazione è alla base dell’esercizio. Bisogna però fare attenzione perché in Occidente la concentrazione è spesso immaginata come una lente che concentra i raggi del sole in un punto, escludendo il resto. Concentrazione è sì focalizzare l’attenzione potentemente su di una cosa ma, questa cosa, è il momento presente che come una circonferenza si estende all’infinito, ed è totalmente inclusivo. La vera concentrazione non esclude nulla nel suo essere totalmente presente ed aperta. E’ un’apertura totale non un chiudersi su se stessi. 7) Heiho兵法, la strategia. Il kata suggerisce strategie, dissimulazioni, angolazioni di movimento in relazione all’intenzione e all’azione dell’avversario… dalla postura allo sguardo al respiro tutto è oggetto di studio strategico, nel combattimento come nella vita quotidiana. In Kata di spada troviamo indicazioni di movimento rispetto alla posizione del sole ovvero sul modo di muovere i piedi in relazione alla qualità della superficie… Tornando al parlare del Kata in generale dobbiamo pensare al Kata come ad una stratificazione di cono-scenze. In un gesto sono condensati spesso molteplici messaggi. Il gesto come significante produce in tal modo innumerevoli significati che vanno ben oltre l’intenzione del creatore. I volti dei Maestri che hanno elaborato e vissuto il kata si sovrappongono. E con questi Maestri dialoghiamo durante l’esecuzione dei Kata e più la nostra pratica si approfondisce più la voce dei Maestri si fa più chiara e suggerisce nuove interpretazioni. Il kata contiene più di quel che appare a prima vista. Ogni gesto è un condensato di memoria. La memoria del movimento originale e di tutte le sue varianti elaborate di generazione in generazione. Quel che perviene a noi pertanto attraverso il Kata è un insieme di significanti gravido di significati. Così come nella pratica religiosa il testo sacro non è scritto una volta per tutte ma viene riscritto, riattua-lizzato costantemente attraverso il rito. Carne e sangue devono nutrire il testo sacro, così eseguire il kata è ridare vita con il nostro corpo e mente all’intuizione e allo spirito dei Maestri, è riattingere all’antica saggezza (Keiko 稽古: meditare sulle cose antiche). Ogni gesto nel Dōjō è kata. Quando varcate la soglia (si entra col piede sinistro ed esce col destro…), quando gestite lo spazio in rela-zione all’Insegnante ed ai compagni di pratica, in relazione all’orientamento simbolico dello spazio nella sala di pratica, in ogni istante, nel Dōjō, vi è richiesto di aderire a delle forme perché si attivi una com-plessa rieducazione percettiva. Quando vi scalzate, disponete le vostre ciabatte e i vostri abiti, fate il saluto ed entrate sul tatami, vi state predisponendo ad una raffinata esplorazione della realtà, voi state conoscendo. State conoscendo attraverso il vostro corpo, attingendo ad una saggezza originaria che è soffocata da tutta la spazzatura che colma la nostra mente e si riflette nei nostri gesti (è senz’altro più preoccupante l’emergenza spazzatura nella nostra mente, che quella di Napoli). Il gesto richiesto nel kata è un gesto armonioso, spesso elegante, ma che nel contempo ha un carattere ar-caico ed efficace. Il kata pur essendo un esercizio solitario ha immanente la percezione dell’altro. L’altro è sempre presente nel nostro Kata. L’avversario è fronteggiato ad ogni passo, il modello incarnato dal Maestro è costantemente presente. Questo aspetto fa anche la differenza tra una semplice sequenza codificata di gesti ed un kata.

(Continua da pagina 16)

(Continua a pagina 18) 9: K.Tokitsu, Kata, pag.87/88, edizioni Luni editrice, 2002 10: K.Tokitsu, Kata, pag.87/88, edizioni Luni editrice, 2002

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“l’intensità di questa sensazione varia secondo il tipo di evoluzione tecnica che il kata sottende… Questo <altro>, la cui immagine può variare, è sempre un modello che guida verso la perfezione. Per Tesshu quest’immagine era quella del Maestro: una presenza schiacciante, con la quale si identifica-va pur cercando di vincerlo. Un ceramista che realizza un vaso, anche secondo la migliore tecnica tradizionale, non per questo ese-gue un kata. Il suo atto diventa un Kata quando si verifica una concatenazione dinamica tra lui, l’oggetto che modella e l’immagine del movimento del suo Maestro che produce un oggetto immaginato perfet-to…”9

Quando la fase di automatizzazione del Kata è superata la pratica del Kata assume la dimensione del Gyō, come in tutte le arti tradizionali giapponesi. L’aspetto etico viene ad assumere, nell’approfondirsi dell’arte, sempre maggior importanza. ‘La tecnica è l’uomo’. “per accedere al livello superiore della tecnica bisogna che l’uomo stesso divenga superiore. Le qualità dell’uomo e quella della sua tecnica sono in rapporto dialettico: esse mirano ad un compimento qualita-tivo”10. Senza una riorganizzazione della vita quotidiana sulla base dei principi studiati nel Dōjō, senza che la propria vita ne sia ‘contaminata’ determinando una trasformazione qualitativa, la pratica non può appro-fondirsi oltre un certo livello di base e l’esperienza del Kata rimane superficiale. Il kata diviene un mondo in cui perdersi per ritrovarsi non più un oggetto da oggettivare. Per le arti tradizionali giapponesi la perfezione è accessibile all’uomo. La tecnica, il gesto perfetto (kami waza 神技: tecnica divina) è raggiunta quando l’uomo, attraverso la ripetizione, abbandona se stesso e nella sua azione respira l’intero Universo,. La mia mano non è più solo la mia mano. Ecco anche il senso di Kara-te, mano vuota, la mano che scaturisce dal vuoto (della mente). Quando è libero dall’attaccamento al sé il gesto dell’uomo partecipa alla creazione del mondo e la perfezione può essere soltanto nel momento, ogni momento ha la sua perfezione in se stesso, non si tratta di una condizione permanente. Ogni momento abbandonare sé stessi è essere riconosciuti da ogni esistenza (Datsu Raku Shin Jin).

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di A. Hakuyu Romagnoli

La vita è un invito. “Senza inizio ira, brama, ignoranza di tutto il nostro male causa sono: col corpo, parola, mente nasce ogni male, del quale ora faccio ampia, piena confessione”. Eppure dobbiamo dire qualcosa, fare qualcosa. “Buddha e i Patriarchi, grazie alla loro grande misericordia, hanno lasciato aperte le porte della compassione, affinché tutti gli esseri umani e celesti, potessero realizzare il Risveglio” [Shushogi, Confessione]. Gli uomini di buona volontà seguono. Essere pronti a ricevere, pronti ad offrire. C’è un sacro in questa esistenza da cui veniamo intercettati, non è facile e non è difficile. Concentra-zione, entusiasmo e fare il nostro meglio è la Confessione. Un come: come dire, come fare? Come? Come!. Pare che tutto sia sotto i nostri occhi, o meglio a portata della nostra percezione, basta imparare a vedere l’evidente invisibile. Non-ostante noi. E’ con queste considerazioni e sentimenti che guardo ai Ken Zen Ichinyo Gasshuku e, dunque, ho accolto di buon grado l’invito di Sensei Paolo Taigo a partecipare a quello organizzato in Olanda, anche lui accettando l’invito di Sensei Sydney Leijenhorst a condurlo. E’ la terza edizione (l’ultima nel 2005) e, come mi viene raccontato delle precedenti edizioni, troviamo all’arrivo fermento ed entusiasmo. I preparativi e l’introduzione al programma che poi abbiamo seguito nei tre giorni di questo ritiro, sono stati un’ottima occasione per esprimere il piacere di ritrovarsi o semplicemente di fare le nuove conoscenze. Le lezioni di Karate, e Qi Gong, si alternano allo Zazen e alle conferenze di Paolo Taigo e Sydney Leijenhorst con i partecipanti, per parlare, raccontare, interrogarsi. Il Samu ed i pasti, anche, sono determinanti per creare una atmosfera di concentrazione e di offerta. Gli incontri, con lo scambio di domande e risposte, in particolare mi mostrano quella sensibilità degli uomini che sempre mi crea stupore: le domande esprimono le medesime preoccupazioni che un uomo problematizza al nord come al sud, all’ovest come all’est. Magari assumono forme diverse ma nella loro essenza sono assai simili. Il desiderio di chiarire le modalità dell’esistenza, quindi, s’intreccia a domande animate da una sincera curiosi-tà sullo Zen, sul Tempio di Fudenji e la vita quotidiana che i monaci vi conducono, i riti, il Maestro Taiten. Ed io tento di comunicare, quando mi viene data la parola, che al di là della nostra comprensione intorno ai perché dell’esistere, il vero viaggio è, per me, l’accettare l’invito della stessa vita a lasciarsi vivere; è la nostra stessa decisione di partecipare, il nostro passo in avanti, che fa l’incontro, che crea l’apertura, la possibilità di una visione. Alcuni episodi su tutti mi sono portato gelosamente con me nel viaggio di ritorno. Uno ha avuto luogo durante una lezione di Karate, quando ci è stato chiesto da Paolo Taigo di offrire, facendo del nostro meglio, un kata. Ciascuno di noi, solo, davanti a tutti gli altri partecipanti. Mentre guardavo gli altri eseguire il loro kata, mi sentivo sereno riguardo alla mia prossima esecuzione, ma quando mi sono trovato solo davanti a tanti volti, le gambe mi pareva poggiassero su un suolo fatto di burro, e solo quando mi sono rammentato che quella era la mia offerta, sono riuscito riprendere la respirazione ed uscire dall’apnea. Un secondo episodio riguarda il nostro pranzo in aereoporto in compagnia di Sensei Leijenhorst prima del rientro. Ho conosciuto Sydney Leijenhorst in Italia un paio di anni fa e sin dalla prima volta ho creduto di ri-conoscere nel suo sguardo, nei suoi occhi, qualcosa che conosco bene, forse un comune sentimento che è fatto di sogno, duro lavoro, semplicità, e di quella strana solitudine che circonda i viandanti. Magari mi sbaglio. Ad ogni modo per qualche minuto sono rimasto solo con l’olandese, e subito ho approfittato per scambiare con lui

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due parole, tra un’insalata e un panino. La mia solita buffonesca esagerata disperazione nel chiedere e la sua rasserenante visione fatta di cose minime, essenziali ! Grazie Sensei. Infine? Infine: Nella quiete dello Zazen del mattino, con cautela si affaccia qualche insofferenza, caduta di concentrazione, capita di perdersi dietro qualche pensiero, me ne rendo appena conto, un battito di palpebra, un ordine perento-rio, un tuono irrompe nella sala occupandola tutta: “DON’T MOVE!” ruggisce Paolo Taigo, quell’incitamento equivale a venticinque colpi di kyosaku (uno per ogni persona seduta in zazen): shin jin datsu raku, datsu raku shin jin: dobbiamo svuotare la ciotola per poter ricevere ed offrire ancora. Onegai shimasu.

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di Kyuzo Mifune Sensei

Articolo a firma di Kyuzo Mifune Sensei, mitico 10° dan di judo e discepolo del fondatore, pubblica-to sulla rivista ufficiale del Kodokan di Tokyo, vol 8 n. 1 del 15.01.1958. I principi espressi dal grande Maestro non sono esclusivi al Judo ma appartengono ad ogni disci-plina del Budo

Il Judo che è sinonimo di Via della morbidezza, può essere definito come “ il miglior uso del potenziale fisico e mentale”. A questo concetto si riferisce la celebre massima che dice: ”Ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo”. Conseguentemente si può desumere che nell’allenamento di Judo si impara ad attaccare e difen-dersi, conservando una grande riserva di energie. Durante una gara l’obbiettivo è quello di vincere, e perciò l’uso di tutta la forza disponibile in un determi-nato momento è in quel caso ammissibile. Nella pratica quotidiana invece questo significa non soltanto tradire la nobiltà degli scopi del Judo, ma an-che cadere in un errore profondo. Come si può scoprire il giusto tempo dell’attacco o utilizzare al meglio il Tai Sabaki o l’Ashi Sabaki, se ogni volta usiamo tutta la nostra forza? Attraverso la pratica si può acquisire una profonda conoscenza, mentre ciò che si vede o si ascolta lascia soltanto una impressione superficiale. Nel Judo come in tutte le cose è soltanto attraverso la pratica che si può trovare vicino a noi stessi la verità. Così se sarete sinceri nel Judo sarete sinceri anche nella vostra vita. Per esempio se trovate la sincerità nella pratica la vostra mente sarà sempre attenta, non sarete mai preoc-cupati, mai troppo fieri o depressi, mai sarete arrabbiati, e così facendo i vostri progressi saranno rapidi e gli incidenti si faranno sempre più rari. Quando avete un momento libero, che ci sia o no il vostro insegnante, perfezionate la vostra tecnica senza rabbia o eccitazione, tanta è la strada che deve essere compiuta prima che i miglioramenti si rendano mani-festi. Anche se siete soli potete progredire allenando la velocità dei movimenti delle gambe e del corpo, praticando con la vostra ombra proiezioni di braccia, di anca e di gambe. Potete fare degli educativi o esercitare la vostra flessibilità oppure anche migliorare il tono della vostra for-za. Un ora di pratica sincera è molto meglio di una settimana di cattivo Randori. Per poter essere sinceri nella vita reale si deve imparare a non voler fare esclusivamente ciò che è nostro desiderio, ma adattare se stessi a ciò che richiede ogni situazione. Così se farete vostri i principi della sincerità nel vostro Judo, migliorerà di pari passo la vostra tecnica e la vostra personalità. La sincerità è anche importante nel movimento. Se non avete il coraggio di attaccare, come accade spesso, non potrete fare progressi e sarete spesso proiet-tati e battuti. Ma se i vostri combattimenti finiranno pari,( senza che voi o l’altro siate riusciti in una tecnica), moral-mente la vostra sconfitta sarà ancora più grande, perché la maestria del Judo non può che essere acquisita che con l’attacco. Soltanto la conoscenza sviluppata dalla pratica ha valore. Comunque se nell’attaccare sentite nel profondo del vostro cuore la paura di essere contrattaccati e battuti, non potrete mai attaccare con sincerità. Se siete sinceri e in grado di tenere una riserva di energia nel vostro attacco, sarete allora pronti a lanciare

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la totalità del vostro corpo nell’attaccare l’avversario, sarete in grado di tener conto della tecnica e dei con-sigli degli anziani, potrete muovervi con rapidità e contrattaccare immediatamente ogni attacco dell’altro. Il Kokoro-e del Judo ( letteralmente :la acquisizione dello Spirito del Judo), implica un duro lavoro in ordi-ne di poter sviluppare al meglio le proprie possibilità dal punto di vista tecnico, fisico e morale. Migliorati dalla pratica e avendo fatto del vostro meglio nella “Sincerità”, attaccate allora senza la paura di essere proiettati, e se avrete fatto tutto quanto vi era possibile e chi vi è di fronte è ancora migliore, vi sia di stimolo a praticare ancora di più. Non farete alcun progresso nel vostro allenamento se cercherete di prevalere usando espedienti, anche se ciò è a volte ammissibile in competizione. Dovete lavorare ad altre cose, ( non alla ricerca di espedienti ) come pure incessantemente alle vostre cadu-te, così che non proviate mai apprensione, e possiate attaccare con sincerità. Se vi concentrate sul “non perdere”, la vostra attenzione si focalizzerà su un dettaglio, e sarete sorpresi da un altro che avevate trascurato. Se invece la mancanza di sincerità offuscherà la vostra attenzione, sarete ugualmente battuti perché i vostri attacchi non troveranno mai il momento opportuno e le vostre schivate si faranno lente. “ La Sincerità” è la prima e l’ultima tappa del Judo.

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Jigoro Kano Sensei e Kyuzo Mifune Sensei

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di Giulia Niccolai

Articolo a firma di Giulia Niccolai, pubblicato sull’Unità del 27/10/2002. L’articolo è dedicato a tutti i ‘reduci’ dal recente soggiorno in Giappone che riconosceranno nelle parole dell’autrice l’emozione e il fascino nato dal contatto con questa straordinaria cultura.

Mi trovavo a Kyoto in uno dei templi più grandi di quella città, il Sanjusangen do, che risale al 1164 ed è fa-moso perché ospita le statue di 1001 Bodhisattva, termine sanscrito che significa “essere la cui essenza è la sapienza”, il che, grosso modo, può corrispondere al nostro “santo” (in questo caso “santi”). Le statue in le-gno dorato di pregevolissima fattura, alte un metro e sessantasei centimetri, allineate in dieci compattissime file, con al centro Kannon il Buddha della Compassione (alto tre metri), hanno espressioni, capigliature e abbigliamenti diversi l'una dall'altra; ognuna possiede 40 mani e poiché ogni mano ha il potere di salvare 25 “mondi”, il totale dei mondi che ogni statua può salvare è 1000, numero che nel Budddhismo equivale all'in-finito. Così in quel tempio il Buddha della Compassione si trova circondato da 1000 Bodhisattva (dunque da un numero infinito di santi, ognuno dei quali è in grado di salvare un numero infinito di mondi). In piedi con altri, di fronte a quella folla allineata di straordinarie sculture che ci sovrastano da un livello più alto del pavimento sul quale ci trovavamo noi, avevo deciso di soffermare lo sguardo su una singola figura, per comprenderne la bellezza, ma contemporaneamente con l'orecchio seguivo le spiegazioni che la guida, un monaco Zen, ci dava in inglese. Ricordo che quando gli sentii dire che Sanju-san, il nome del tempio, signifi-ca “33”, per la sorpresa distolsi lo sguardo dalla scultura che stavo esaminando, mi voltai e lo diressi su di lui come per rendermi conto se non avessi frainteso le sue parole. “Come potete vedere”, proseguì il monaco “questo lungo salone è sorretto da 35 colonne, 33 sono gli spazi vuoti tra le colonne. Anche per questa ragione il nome del tempio è 33”. queste sue parole mi diedero la sen-sazione di vivere, come mai prima di allora, il concetto orientale della perfezione, la possibilità della perfe-zione, facendomi provare il balsamo della meraviglia e della gratitudine, rese ancora più intense da uno spon-taneo senso di deferenza e di umiltà. Il fatto di aver dato al tempio il nome del numero delle campate – mi dicevo – riesce di conseguenza a com-prendere anche noi, che vi siamo presenti più di ottocento anni dopo la sua costruzione, proprio in quegli spa-zi vuoti tra le colonne. Nel contesto di quel nome aritmetico tutto è effettivamente o virtualmente presente. Il fatto che, per quella geometria che privilegia il vuoto implicitamente nulla possa essere rimosso o dimentica-to, è il motivo per cui sentii di sfiorare la qualità della perfezione. Lo spazio, il vuoto. Secondo la filosofia buddhista la Vacuità, ossia la non-esistenza indipendente dai feno-meni, dunque la loro esistenza dipendente o interdipendente, in una continuità spazio-temporale. Questo con-cetto di Vacuità è, fra tutti, il più difficile da afferrare, anche perché non può essere compreso solo concet-tualmente, esiste e diviene reale per ognuno di noi solo se riusciamo a farne l'esperienza. Ma certo, dobbiamo sapere di che si tratta, dobbiamo aver ascoltato e studiato certi insegnamenti, avendoci anche meditato sopra a lungo, perché il fenomeno riesca a prendere corpo e a materializzarsi per ognuno di noi. Per quanto riguar-da questo caso in particolare, i libri da me letti negli anni sono tanti, dunque non è di questi che intendo par-lare, ma ho voluto iniziare da qui questo mio racconto, per riferire il tipo di doni che sentii di ricevere durante quel mio viaggio in Giappone, fatto nel 1997. Sapevo molto poco di quel paese, conoscevo qualcosa della poesia e della filosofia Zen, avevo letto alcuni autori tradotti in italiano, visto qualcosa della loro pittura, non-ché i film di Kurosawa e di Ozu, non molto di più. Ma il Giappone mi è rimasto nel cuore per l'eleganza e la poesia con le quali mi si è rivelato in molteplici casi durante quella mia breve permanenza. In una seconda occasione, ero appena entrata in un vagone della Metropolitana di Tokio dove, avendo notato un posto libero, mi ero seduta. Guardandomi attorno, avevo potuto constatare che la carrozza non era affolla-ta, c'erano solo un paio di persone in piedi e una di loro era una bellissima giovane che si teneva a una sbarra

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in fondo al vagone e leggeva un libro tenendolo nell'altra mano. Fui subito colpita dalla sua straordinaria avvenenza e da una sua particolarissima grazia. Vidi subito che anche tutte le persone, uomini e donne, se-dute nella fila di fronte alla mia, avevano il capo voltato verso di lei e la stavano osservando. Intuii che la ragazza era consapevole di tutti quegli sguardi che la esaminavano, d'altronde doveva esserci abituata. Capii allora che la “grazia” che emanava dalla sua figura consisteva nel fatto che non ostentava in alcun modo la propria bellezza, non ne era fiera, non c'erano in lei ombra di sussiego o affettazione, anzi, sembrava offrirsi agli sguardi altrui, incantati, con l'umiltà di una ancella, quasi di una vittima che accetti con pazienza la pro-pria condizione. Io ne fui emozionata perché avevo la certezza di stare assistendo a un episodio molto particolare e raro e che potesse anche fornirmi la chiave per comprendere qualcosa di importante del Giappone. Avevo subito pen-sato al “fascino delle gheishe”, ma a dire il vero, la mia conoscenza di cosa fosse effettivamente una gheisha era molto vaga: una sorta di cortigiana o di prostituta d'alto bordo il cui fascino va individuato nell'apparente timidezza, nel ritegno e nel pudore simulati o mimati? Quella ragazza non stava solo “recitando”. La sua grazia emanava da qualcosa di molto più profondo e di più vero, ne ero convinta. E come me dovevano es-serne convinti anche tutti i passeggeri di quel vagone che, ammirando così incondizionatamente la bellezza della giovane, erano divenuti a loro volta bellissimi, apparentemente innocenti, perché del tutto privi di ma-lizia o di brama. La donna aveva avuto il potere di trasformarci tutti, come per un incantesimo. Quando sce-se ci voltammo per un'ultima occhiata. Tornata in Italia, raccontai questo episodio a diverse persone e un'amica mi chiese se conoscevo il libro del filosofo e poeta giapponese Kuki Shuzo, La struttura dell'iki (Adelphi). Shuzo era vissuto a lungo in Europa negli anni Venti, era stato amico di Heidegger, Bergson, Sartre, Claudel e altri. Egli aveva voluto scrivere questo suo trattato proprio per spiegare a noi occidentali come il termine “iki”, che significa “seduzione”, non abbia però un corrispettivo in alcun'altra lingua, in quanto composto di tali sfumature ed elementi con-trastanti da risultare unico e tipico solo della cultura giapponese. La lettura di questo libro mi permise di in-tuire quale fosse la filosofia del vivere sottesa a certe manifestazioni della realtà giapponese, e fece sì che alcune presenze umane o situazioni mi rivelassero come la concretizzazione di un'etica che privilegia la cau-sa e non l'effetto, il desiderio e non la sua soddisfazione, la coscienza dei meccanismi emotivi e non l'emo-zione. Il radicale “ki” (che deriva dal radicale “ci” cinese), esprime l'energia vitale ed è presente in molte parole base, ad esempio in numerosi termini che corrispondono ad alimenti. “Ki” significa anche “andare”: “ki ma-su”, “io vado” e “iki masu”, “io torno”. Così, per analogia, iki, “seduzione” avrà la connotazione poetica del moto pendolare: dell'andare e del tornare: “andare e tornare” come un'altalena. Ma la rivelazione sta nel fatto che l'”iki” è un composto di Seduzione, Energia spirituale e Rinuncia. Il libro di Shuzo ci fa capire che una tale mescolanza – per noi così' apparentemente contraddittoria – non potrà che essere la filosofia della seduzione e del desiderio, una tecnica di controllo che ci aiuti a superare l'istinto im-mediato, a trascenderlo, centellinandolo, gustandolo per quello che è, senza volerlo soddisfare a tutti i costi. Perché soddisfacendolo, lo distruggiamo, ne abbreviamo l'incanto e la durata. Se l'archetipo è effettivamente la figura della gheisha, quello dell'Energia spirituale è il samurai e quello della Rinuncia è il monaco o la monaca. Avremo dunque un'energia femminile, Yin; una maschile, Yang; e una terza, quella del monaco, che, con la radice “mono”, “uno”, “uno solo”, “costituito da uno solo”, le ha trascese, è idealmente riuscito a eliminare la dualità maschile/femminile, portandolo alla sintesi, su un piano superiore. Solo leggendo il sag-gio di Kuki Shuzo riuscii a spiegare a me stessa in maniera non approssimativa o banale la scena alla quale avevo assistito in quel vagone della metropolitana e le emozioni che io stessa avevo provato alla vista di quella giovane che impersonava in maniera così sublime l'essenza dell'”iki”. La civiltà giapponese ', per tradizione, soprattutto buddista e scintoista. Questo ci fa capire come possa es-servi germogliato e fiorito un concetto complesso come quello dell'iki. Essendo io stessa buddista, studiando la filosofia e la psicologia buddista del non- attaccamento, della non-avversione e della non-ignoranza (del metodo per uscire dalla ruota delle rinascite incontrollate), posso ora riconoscere nell'”iki” un aspetto dell'addestramento mentale per riuscire a superare un eccessivo o fenomeno. Perché l'eccessivo attaccamen-to, ovvero la passione (che la nostra cultura tende a valorizzare così incondizionatamente), finisce con l'es-

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sere quasi inevitabilmente un'insidia, una trappola, un miraggio deludente o devastante. “Scomparsa”. Fisicamente scomparsa la ragazza, nel momento in cui lascia il vagone della metropolitana; ma scomparsa anche – nel senso che corre il rischio di scomparire, in un Giappone industriale e tecnologico sempre più occidentalizzato – la nobiltà dell'iki, di una Seduzione indissolubilmente legata all'Energia spiri-tuale e alla Rinuncia. Sempre a Tokio mi era stato detto che ogni giorno, dalle due principali stazioni ferroviarie, arrivavano in città, per ripartire poi la sera, un milione di pendolari. Dato che il mio albergo si trovava a meno di dieci mi-nuti di strada da una delle due stazioni, decisi di andarci una mattina presto, tra le sette e le otto, per osser-vare l'arrivo di questa immane massa di gente. Su un marciapiede di fronte alla stazione, potevo vedere in tutta la sua altezza e ampiezza, la grande scalinata di marmo bianco al lato opposto della piazza, che dai bi-nari porta al piano stradale e sulla quale si riversavano quasi di corsa, uomini e donne, dirigenti e impiegati, quasi tutti vestiti di nero o di blu scuro. L'analogia con le formiche è inevitabile, ma ciò che vidi mi portò alla mente un episodio che mi aveva fatto un'impressione sconcertante per l'inverosimile immediatezza e portata con le quali si era materializzato. In una piccola casetta di legno, ai lati della foresta, che mi era stata assegnata una volta in un villaggio dello Sri Lanka, quale camera da letto con bagno, appena preso possesso della stanza, avevo appoggiato su un tavolo la borsa con gli oggetti da bagno, per togliere poi dalla valigia della biancheria pulita. Saranno passa-ti due o tre minuti al massimo, e dopo aver trovato ciò che cercavo, girandomi, vidi tutt'attorno al nécessai-re, uno spessore nero di un paio di centimetri, una sorta di marmellata semovente che, dopo un attimo di in-comprensione e sbalordimento, riuscii a identificare per formiche che continuavano a entrare, in fila com-patta, dalla finestra aperta. Non sapendo assolutamente cosa fare, chiesi aiuto a un ragazzo dell'albergo. Egli si limitò a soffiare delica-tamente, un paio di volte, in un punto attorno alla borda, e le formiche, invertendo la marcia, diligentemente si rediressero fuori dalla finestra. Sorridendo sollevata, non potei fare a meni di darmi della sciocca.

Ma lì, a Tokio, mentre la folla si diradava, notai in cima alla scalinata un monaco Zen, in una lunga tonaca grigio-perla, le due mani raccolte sotto la ciotola per l'elemosi-na, tenuta appena discosta al centro del pet-to, il volto invisibile sotto il tipico cappello di paglia a pagoda che lo nascondeva. Av-vicinandomi a lui, notai che indossava i geta, quegli zoccoli di legno sollevati da terra da due supporti, alti almeno cinque centimetri, fissati trasversalmente alle due assicelle sulle quali poggiano i piedi. Il monaco – mi chiesi – aveva scelto di met-tersi lì, immobile e silenzioso, quale dimo-strazione vivente di una possibile alternati-va alla vita sempre trafelata – alla continua ricerca di qualcosa – della folla dei pendo-lari? Se così è, quegli zoccoli tradizionali, i geta, sui quali stava in bilico come su trampoli, in cima alla scalinata, volutamente esposto al rischio di rovinare giù se solo una delle migliaia di persone affrettate l'avesse invo-lontariamente urtato, quei geta così perico-losi, mi parvero il dettaglio, che dava valo-re al suo monito, conferendogli nobiltà,

perché erano anche il tacito simbolo della sua disponibilità a un possibile sacrificio.

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Monaco Zen in questua. La foto è stata scattata a Kyoto durante la permanenza.

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5 0 Kyu - Cintura Gialla

Colafranceschi Federico, 18-06-2008, Tora Kan Evangelista Emiliano, 18-06-2008, Tora Kan

Frateschi Marco, 18-06-2008, Tora Kan Franceschini Alice, 18-06-2008, Tora Kan

Grosso Mirko, 18-06-2008, Tora Kan Guarino Massimo, 18-06-2008, Tora Kan Turchetta Roberta, 18-06-2008, Tora Kan Di Lorenzo Michele, 09-07-2008, Tora Kan Di Lorenzo Mauro, 09-07-2008, Tora Kan

Di Lorenzo Andrea, 09-07-2008, Tora Kan Fusco Paolo, 09-07-2008, Tora Kan

Policriti Gianluca, 09-07-2008, Tora Kan Zuccarello Gabriele, 09-07-2008, Tora Kan

/ /Simone Muraro, 01 07 2008, Hakutsuru Dojo /Baldissoni Daniele, 07 2008 Ryu Kan

Dell’Utri Salvatore, 07/ 2008 Ryu Kan /Giannetti Angelo, 07 2008 Ryu Kan

/Giuliana Luca, 07 2008 Ryu Kan /Trovatelli Alessio, 07 2008 Ryu Kan

/Landi Elisa, 07 2008 Ryu Kan /Sorakatty Andrea, 07 2008 Ryu Kan /Crisciotti Domenico, 07 2008 Ryu Kan

/ /Arisi Stefano, 18 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai / /Perini Giordano, 18 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai / /Massullo Gaia, 18 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai / /Biccari Alessio, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai / /Gentili Edoardo, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai

/ /Capobianco Matteo, 20 07 2008, Karate-Do K.K. / /Leuci Raoul Leon , 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai

/ /Falchi Sara, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai / /Spongia Elise, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai

/ /Calandriello Alex, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai / /Bombi Leonardo, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai

/ /Muscheri Elizabeth, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai / /Spongia Daniel, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai

/ /Buzzacconi Massimiliano, 20 07 2008, Karate-Do Kenk / /Muscheri Daniela, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai

/ /Troiani Debora, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai / /Nobili Massimiliano, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai

/ /Cucina Claudio, 03 07 2008, Scuola di Karate-Do

4 0 Kyu - Cintura Arancione Bonamici Giacomo, 18-06-2008, Tora Kan Curzi Gianmarco, 09-07-2008, Tora Kan De Cesare Danilo, 09-07-2008, Tora Kan

Mohamed Alì Simone, 09-07-2008, Tora Kan / /Bianchini Monica, 20 05 2008, Hakutsuru Dojo

/Cossu Giacomo, 07 2008 Ryu Kan / /Alva Argaez Dana, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu

/ /Benedetti Valerio, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai / /Pintus Gianni, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai / /Troiani Luca, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai

/ /Marusic Daniele, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai / /Marusic Alessio, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai

/ /Nieto Efrain, 03 07 2008, Scuola di Karate-Do

3 0 Kyu - Cintura Verde

Barbieri Rita Debora, 09-07-2008, Tora Kan Mernone Stefania, 09-07-2008, Tora Kan

Pietrucci Domenica, 09-07-2008, Tora Kan / /Buhus Bogdan, 18 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai

/ /Buhus Albert, 18 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai / /Pontini Alessandro, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai / /Cherubini Leonardo, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai

/ /Whitlow Korbin, 20 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai

2 0 Kyu - Cintura Blu

Carlesi Giuseppe, 16-03-2008, Ryu Kan Carlesi Matteo, 16-03-2008, Ryu Kan Aviceri Adriano, 16-03-2008, Ryu Kan

Giovannetti Lorenzo, 19-12-2007, Tora Kan Roncallo Roberta, 19-12-2007, Tora Kan

/ /Muraro Stefano, 20 05 2008, Hakutsuru Dojo / /Mantovan Massimo, 20 05 2008, Hakutsuru Dojo

/ /Crivellaro Lorenzo, 20 05 2008, Hakutsuru Dojo /Papa Davide, 07 2008 Ryu Kan

/ /Giusti Fabrizio, 18 07 2008, Karate-Do Kenkyu Kai

1° Kyu Cintura Marrone

De Bastiani Vittorio, 09-07-2008, Tora Kan Giannini Daniele, 09-07-2008, Tora Kan Ottaviani Erika, 09-07-2008, Tora Kan

Romagnoli Alessandro, 09-07-2008, Tora Kan Rubino Stefano, 09-07-2008, Tora Kan

Sabatini Giuliano, 09-07-2008, Tora Kan

Cintura Nera Shodan ( !° Dan)

Gutu Eduard, 25-05-2008, Karate-Do Kenkyu Kai Jaguraba Mariangela, 25-05-2008, Scuola di Karate-Do

Serantoni Cesare, 25-05-2008, Scuola di Karate-Do Labrozzi Alessandro, 25-05-2008, Ryu Kan

Cintura Nera Nidan ( 2° Dan)

Erriu Giancarlo, 25-05-2008, Tora Kan Gianni Scucugia, 25-05-2008, Chojun Miyagi

Cintura Nera Rokudan ( 6° Dan) P.Taigo Spongia, 22-07-2008, Okinawa

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Rubrica a cura di Sensei Fabrizio Angelici

Conoscere ed approfondire ciò che riguarda il miglioramento e l'ottimizzazione della condizione fisica può essere di interesse e di aiuto a tutti coloro che per passione, per ricerca o per lavoro si occupano e/o prati-cano attività fisica/sportiva. Attraverso le pagine di questa rubrica proveremo a dare un'idea di quelli che sono gli elementi che concorrono al miglioramento e l'ottimizzazione della condizione fisica e della pre-stazione, considerando accanto ai principi generali le caratteristiche e le esigenze di una pratica particolare e complessa come è quella del Goju Ryu di Okinawa.

Il ‘Core’ della forza 2 a Parte

Ai gruppi che costituiscono il nucleo, oltre ai muscoli della parete addominale (vedi numero pre-cedente - 1a parte), appartengono quelli che agiscono direttamente sulla colonna vertebrale e quel-li che agiscono sul bacino e sulle anche (e naturalmente sugli arti inferiori). I muscoli principali del primo gruppo sono: il m. sacrospinale (lunghissimo del dorso/del collo/del capo, ileocostale) - il m. quadrato dei lombi

(nota: tralasciamo per semplicità i minori, più piccoli, ma non meno importanti quali interspinali, intertrasversi, etc.)

Il m. sacrospinale origina dalla superficie posteriore del sacro e dalle vertebre lombari e, risalendo, si inserisce sulla colonna vertebrale (insieme alle costole), via via coprendone praticamente tutta la lun-ghezza fino al capo. La sua funzione è di estendere la colonna vertebrale e flettere il busto lateralmente (vedi figura). Il m. quadrato dei lombi fa parte della muscolatura addominale po-steriore; origina dalla cresta iliaca e si inserisce sulla 12a costa. La sua funzione, oltre che abbassare la 12a costa, è di mantenere la lor-dosi lombare e controllare l'equilibrio posturale. Il secondo gruppo è composto da quei muscoli che intervengono sul bacino e le anche: il m. ileopsoas (per essere precisi composto dal m. psoas ed il m. iliaco) i m. glutei (grande, medio e piccolo) il m. tensore della fascia lata il m. piriforme i m. otturatori (interno ed esterno) i m. gemelli (superiore ed inferiore) il m. quadrato del femore

(nota: qui accenneremo solo le funzioni dei maggiori)

Il m. ileopsoas origina dalla 12a vertebra toracica, dalle ultime 4 lom-bari e dalla superficie interna dell'osso iliaco, per andare ad inserirsi

(Continua a pagina 28)

Tora Kan Dojo Anno 13° n. 41

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nella parte interna (mediale) del femore (ndr:piccolo trocantere). E' il più potente flessore della coscia ed inoltre flette in avanti ed in basso la colonna vertebrale (spesso il suo eccessivo accorciamento o eccessiva tensione provoca un forte aumento della lordo-si lombare).

I m. grande, medio e piccolo gluteo originano dalle ossa del bacino (per semplicità eviteremo di specificare i punti) e si vanno ad inserire sul femore . La principale funzione del grande gluteo è quella di estendere la co-scia ; il piccolo e medio gluteo principalmente abducono (allontanano) ed intraruotano la coscia. Inoltre i glutei rivestono una importante fun-zione di controllo della postura. La funzione dei m. piriforme, otturatore int. ed est. , gemello sup. ed inf., quadrato del femore consiste principalmente nell'effettuare una decisa supinazione della coscia. Inoltre c'è da ricordare come anche i potenti muscoli della coscia agiscono in maniera rilevante sulla dinamica del bacino. Questo nucleo muscolare o “core” permette di stabilizzare la colonna vertebrale, mantenere la stazio-ne eretta, trasferire energia tra gli arti inferiori, il busto e gli arti superiori, controllare e generare il movimento dell'intera struttura corporea. Un forte “core” permette inoltre di salvaguardare la schiena da eventuali problematiche e traumi deri-vanti da posture errate o da sovraccarichi. Altri due elementi da non sottovalutare oltre al potenziamento ed al rafforzamento di questo “nucleo” muscolare, riguardano l'equilibrio e l'allungamento : molto spesso l'eccessivo rafforzamento/accorciamento di alcuni gruppi a discapito di altri può facilmente degenerare in problematiche spesso anche serie; è il caso, sovente, di una muscolatura addominale poco tonica che, unito ad un accorcia-mento dei muscoli lombari ed una eccessiva tensione di glutei e quadricipiti, porta nel tempo (soprattutto in mancanza di esercizio o a causa di uno scorretto allenamento) una sofferenza a carico della schiena . Risulta quindi chiaro quanto importante sia il ruolo della muscolatura del core, oltre che per la salute, anche per la capacità di prestazione atletica. In particolare nelle discipline marziali e di combattimento, dove l'espressione motoria risulta assai complessa e completa, è fondamentale sviluppare un nucleo forte, in grado di generare movimenti ra-pidi, precisi e potenti. Bibliografia: Kurt Tittel - “Anatomia funzionale dell'uomo” I disegni sono tratti dal sito sportmedicina.com

(Continua da pagina 27)

Tora Kan Dojo Anno 13° n. 42

Continua nel prossimo numero

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“Quando siamo intimi con il cibo che mangiamo, c’è intimità con tutte le cose; quando siamo in intimità con tutte le cose, siamo in intimità con il cibo che mangiamo.”

Vimalakirti Nirdesa sutra

Questo spazio vuole essere un modo nuovo, divertente e interessante, per parlare di cucina non solo legata alla nostra cultura-tradizione, ma anche a quella di altre tradizioni. Iniziamo così a spolverare vecchi e nuovi libri di cucina, sperando che tutti voi raccogliate l’invito a collaborare a questa rubrica, ritrovando magari quelle vecchie ricette tramandate da nonna a madre, che molti di noi tengono custodite gelosamente in qualche quaderno. Naturalmente ce ne saranno per tutti i gusti… Oggi parliamo di...

Rubrica a cura di Silvia Kōjun Arriga

Tora Kan Dojo Anno 13° n. 42

Ingredienti per 4 persone • 320 gr di riso • 7 dl di brodo di carne • 400 gr di funghi porcini • 150 gr di prosciutto crudo

in 1 fetta • 60 gr di gherigli di noce • 1 cipolla • 1 spicchio d'aglio, • 0,5 dl di olio d’oliva extra-

vergine • 1 bustina di zafferano • 1 ciuffo di prezzemolo • 3 cucchiai di Marsala • 20 gr di burro • sale, pepe nero

Soffriggete metà della cipolla, sbucciata e tritata, in una teglia con 2 cucchiai di olio, fatevi tostare il riso, cospar-getelo con lo zafferano, versate il brodo bollente, coprite e passate nel forno già caldo a 200 °C per 20 minuti cir-ca. Fate appassire in una padella con l’olio rimasto il resto della cipolla, l’aglio sbucciato e il prezzemolo lavato e sminuzzato. Aggiungete i funghi, puliti e affettati sottilmente, i gheri-gli di noce e il prosciutto a dadini. Fate insaporire, bagnate con il Marsala, salate e pepate e fate asciugare il liquido. Togliete il riso dal forno e conditelo con il burro, distri-buite uniformemente il sugo di funghi e servite. Consiglio: se si desidera modificare il quantitativo di riso indicato nella ricetta base è sufficiente ricordare che la quantità di liquido da utilizzare per il Pilaf deve essere di peso doppio rispetto a quello del riso.

Pilaf con prosciutto e porcini

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Tora Kan Dojo Anno 13° n. 42

Curiosità… La preparazione del riso Pilaf è di probabile origine persiana (il termine Pilaf deriva dal turco ma rimanda al persiano “pilaov” che significa “riso bollito”) e comune in tutto il Medio Oriente, il riso pilaf è entrato anche nella tradizione gastronomica italiana so-prattutto per accompagnare piatti a base di carne in umido, pesce o verdure. I chicci di riso, come quelli di tutti i cerali, sono composti da tre parti: il germe, che contiene proteine, vitamine e oli; l’endosperma, che contiene zuccheri e proteine e, la crusca che contiene proteine, sali minerali e fibre. Poiché con la brillatura (ovvero con il processo mediante il quale il cereale viene lucidato) il riso viene privato del germe e della crusca e perde quindi parte del potenziale nutritivo, volendo preparare piatti più ricchi dal punto di vista nutrizionale si possono utilizzare il riso parboiled o il riso in-tegrale. Il primo è il riso ancora integro che viene sottoposto a un trattamento grazie al quale i chicchi rimangono ben separati tra loro, difficilmente scuociono (per questo è in grado di mantenere intatte le proprie caratteristiche gastronomiche anche parec-chie ore dopo la cottura), e presentano un contenuto di vitamine e sali minerali supe-riore a quelli del riso bianco brillato. IL suo tempo di cottura è di circa 12 minuti. Il riso integrale, chiamato anche “sbramato di risone”, è il riso non brillato. Molto nu-triente e ricco di proteine e sali minerali, ha un sapore pieno che lo rende adatto ad essere cucinato con verdure o per guarnire cibi ricchi di salsa. Il suo tempo di cottura è di circa 40 minuti.

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Avviati i lavori di ampliamento di Fudenji: il progetto è diretto alla realizzazione dei Sette Edifici (Schichi-do-garan) della Tradizione. Il complesso a chiostro sarà così articolato: Sodo, Hondo - Tempio o Sala del Dharma, Dai-kui - Cucine, Yokushitsu - i bagni, Tosu - Servizi igienici, un auditorium, alloggi per gli ospiti, San-mon - il portale d'accesso. Il piano di sviluppo prevede edificazioni a breve, medio e lungo termine. A breve, il nuovo Sodo (che nascerà dalla ristrutturazione dell'attuale laboratorio) e i servizi igienici; successivamente gli altri edifici e gli alloggi adibiti a foresteria. Dogen Zenji, nello Shobogenzo Zuimonki (II, 6), dice: "Sto ora cercando di costruire un Sodo (monastero e chiostro Zen) e chiedo contributi. Mentre questo richiede molto sforzo da parte mia, non ritengo che questo stimoli necessariamente la crescita del Buddha-Dharma (…). Dal momento che non c'è posto per studiare desidero provvedere ad un luogo che permetta ai discepoli di praticare lo Zazen. Anche se non dovessi riuscire nel mio progetto non avrò rimpianti perché nel futuro qualcuno - vedendo in piedi anche una sola colonna - sarà portato naturalmente a pensare all'aspirazione che ora mi anima". Mettere un piede nella strada, cioè praticare, equivale oggi a raggiungere la meta e ricominciare con un nuovo entusiasmo proprio perché la vera riuscita è non avere rimpianti, qualunque cosa accada. Nell'esercizio di ogni cosa anche una sola colonna, una pietra, un mattone - nel dono dello spirito, nello spirito del dono disinteressato - sono tutta l'aspirazione (bodaishin), il nostro sforzo, i suoi frutti e la liberazione dal risultato. In dono, una pietra posata è una prima pietra che si posa su tutto il modo o che sostiene ogni mondo. Lo spirito del dono, la prima perfezione tra le Sei Paramita, è l'inizio e la fine, la buona mente, il buon principio a cui tutto si riconduce a da cui tutto costantemente risorge.

F. Taiten Guareschi

“ Di cosa discutevate ?”, mi chiede il Maestro. “Di come finanziare i lavori di edificazione del monastero”, rispondo. “Non perdete tempo a discutere. Raccogliete le foglie, pulite le scale, bruciate incenso. Solo così arriveranno le offerte per costruire il Tempio. Il Tempio si costruirà con i sacrifici ed il cuore puro.”

R. Myoren Giommetti

Costruiamo insieme Fudenji

Potete contribuire tramite Bonifico Bancario: c/o B.P. di Vicenza

intestato a : Istituto Italiano Zen soto Shobozan Fudenji

coordinate bancarie:

IBAN: IT05 N057 2865 7306 2057 0043 334

o in qualunque modo riterrete opportuno. Ringraziamo fin d’ora per la generosità.

La Comunità di Fudenji

Tora Kan Dojo Anno 13° n. 42

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Ogni primo mercoledì di ogni mese dalle ore 20 alle 22 Lezione Cinture Nere (Assist. e Resp. Dojo) Tora Kan Honbu Dojo

28 Settembre 2008 Seminario d’Autunno all’aperto Condotto da Spongia Sensei e Senior Instructors

15/16 Novembre 2008 Sensei no Gasshuku

Stage aggiornamento e perfezionamento insegnanti Honbu Dojo condotto da Spongia Sensei

Novembre 2008 (data da stabilire)

Trofeo IOGKF Italia

21 Dicembre 2008 (data da confermare)

Saggio Dimostrativo IOGKF Italia

1 Febbraio 2009 (data da confermare)

Seminario d’Inverno Condotto da Spongia Sensei e Senior Instructors

Ricordiamo che la pratica Zen presso il Tora Kan Dojo si tiene regolarmente il:

Martedi’ ore 05:50/06:50 Venerdì ore 05:50/06:50

ogni 2° Sabato del mese dalle 19:30 alle 22:00 Un Mercoledì del mese dalle 06:15 alle 07:00 Un Venerdì del mese dalle 21:30 alle 23:00

Possono prendere parte alle sedute di pratica tutti gli interessati.

Chi si avvicina alla pratica per la prima volta lo deve far presente al Dojo per essere opportunamente introdotto. Tel.:06-6155 0149

Altre informazioni e il calendario bimestrale degli incontri di pratica sul sito: www.torakanzendojo.org

Tora Kan Dojo Anno 13° n. 42

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Essendo la finalità primaria del nostro notiziario l'informazione culturale relativa alle Discipline praticate nella nostra Scuola. Chi non fosse in possesso dei numeri precedenti di "Tora Kan Dojo", vista anche l'importanza dei temi trattati, può farne richiesta alla segreteria

Sperando di fare cosa utile riportiamo a seguire i sommari dei numeri precedenti:

Anno I numero I Luglio 1995 Introduzione.................................................del M° P.Spongia Storia del Goju-Ryu (I parte) Allo Stage del M° Sudo....di E.Frittella,M.Salustri ,D.Manzari Zen e Arti Marziali.....................................del M°P.Spongia Calendario attività Federali e Sociali KENKON significato del simbolo La Tora kan ha adottato una bimba vietnamita

Anno I numero II Novembre 1995 Introduzione.....................................del M°P.Spongia La Storia del Goju-Ryu (2a parte) Training Autogeno. I Kata del Goju-Ryu: Gekisai Dai Ichi e Ni...del M° P.Spongia Esami Tora Kan Zen e Arti Marziali (2a parte).........del M° P.Spongia Questa Terra è Sacra I precetti dell'Okinawa Goju-Ryu Calendario. L'Arbitro.................................di G. Manzari Medicina Sportiva : L'integrazione Alimentare......del Dott.D.Incarbone

Anno II numero 3 Febbraio 1996 Introduzione......................del M°P.Spongia Miyamoto Musashi.........del M°P.Spongia Il Libro dei Cinque Anelli......di M.Musashi Medicina Sportiva : I danni del Fumo.....del Dott.Onconi Lo Sport e i Bambini.............del M°P.Spongia Zen - La Tora kan come Dojo Zen Zen - Perchè Zazen........................... di L.D.Lestingi Il Significato della Cintura Nera..............del M°P.Spongia I Kata del Goju-Ryu - Saifa......................del M°P.Spongia L'Arbitro - Ippon o Waza-ari ? ................di G.Manzari Calendario

Anno II numero 4 Giugno 1996 Introduzione................................................del M° P.Spongia Intervista al Maestro Shunji Sudo...........di G. Manzari Il Mandarino della Presenza Mentale..... del M° T.Nhat Han I kata del Goju-Ryu : Seiyunchin..............del M° P.Spongia Zen -"Camminando distrattamente..."......di C.Devezzi Shoto Niju Kun.......................................del M° G.Funakoshi Il Giardino Zen...............................................di G.Micheli L'Arbitro : Comportamento vietato e penalità...di G. Man-

Anno III n° 7 Marzo/Maggio 1997 Da Cuore a Cuore : cinque giorni con Higaonna Sensei............... del M°P.Spongia Esami di graduazione Due parole sulla Kick Boxing.......................... .....di Antonio Caffi Una tradizione non ancora riscoperta................del M° Taiten Guare-schi Calendario Provvisorio eventi L'arbitro: Modifiche al regolamento.....................di Manzari Giusep-pe Poesia Zen Risultati Gare Una Strana eredità................................................di Valerio Proietti

Anno III n° 8 Estate 1997 Ken Ogawa e la grandezza mancata..........................di John Yacalis L’Arte Marziale come Arte Educativa....................di Jigoro Kano Esami di graduazione.............................................. I Regolamenti della Kick Boxing..........................di Antonio Caffi Poesia Zen e non................................................. Accomunati dalla pratica............................ di Massimo Abbrugiati Una Strana eredità................................................di Valerio Proietti

Anno IV n°10 Inverno 1997 Non Perdete la Memoria.......................................di P. Spongia Hojo Undo l’allenamento supllementare........di John Porta e Jack McCabe Le regole del Full Contact..................................di Antonio Caffi Poesia Zen e non La Tora Kan ai nazionali Csain................di Daniela Manzari Sforzarsi di perfezionare la personalità......di H. Kanazawa Una strana eredità.......................................di Valerio Proietti

Anno III n° 9 Autunno 1997 Karate-do Gaisetsu...............................................del M° C. Mi-yagi One MoreTime...................................................di A. Bini Okinawa 1998.....................................................del M° Higaon-na Un allenamento straordinario anzi normale.........di G. Manzari Poesia Zen e non................................................. Nei numeri precedenti.......................................... Riconoscimento del Kobudo Kyokai .................... Antichi Metodi.....................................................di J. Marinow Una Strana Eredità................................................di V. Proietti

Anno IV n°11 Primavera 1998 Shuichi Aragaki.........................................di P. Spongia Aikido ovvero............................................di E. Vitalini Perchè parlare di Yoga oggi........................di Stefania Amici Poesia Zen e non Sulle Arti Marziali...................................del rev. Taiten Guare-schi Una strana eredità.......................................di Valerio Proietti

Anno IV n°12 Estate 1998 Sensazioni nel Dôjô...................di F. Mezzanotte La Storia del Karate Okinawa Goju-Ryu...................di Morio Higaon-na Voce del Futuro Risposta all’incontro con un Maestro Zen...................di D. Di Perna Il Paradosso Morale..................di C. Barioli Agenda Schegge Zen e non Bun Bu......................................di P. Spongia

Anno IV n°13 Autunno 1998 Sakiyama Sogen Roshi La Storia del Karate Okinawa Goju-Ryu...........di Morio Higaon-na Voce del Futuro A Distanza di quei Due Giorni...di P.Favale Autobiografia di un Allievo divenuto Discepolo........di A. Landi Okinawa Budo Sai.......di P.Spongia Schegge Zen e non. Bun Bu.................di P.Spongia

Anno IV n°14 Inverno 1998-99 La struttura della I.O.G.K.F..............pag.3 ‘Na Sera a Betlemme........................pag.4 Il Karate del Leone............................pag.5 La Storia del Karate Okinawa Goju-Ryu (segue)............pag. 10 Voce del Futuro...............................pag.13 XVII Gasshuku Europeo.................pag.14 Come un Cosmonauta....................pag. 15 Junbi Undo......................................pag.16 Trofei I.O.G.K.F. Italia...................pag.18 Agenda............................................pag.21 Schegge Zen e non.........................pag. 22

Anno V n°15 Primavera 1999 La struttura della I.O.G.K.F..................pag.3 Il Diritto del Bambino al Rispetto.....pag.4 Gli Scritti dei Maestri.........................pag.8 La Storia del Karate Okinawa Goju-Ryu (segue)............pag. 15 Voce del Futuro...............................pag.18 XVII Gasshuku Europeo.................pag.20 I Colori del Buio, La Vove del Silenzio......................................pag. 21 Grazie Sempai.................................pag.22 1° Coppa I.O.G.K.F. Italia Kata....pag.23 Agenda............................................pag.24 Schegge Zen e non.........................pag. 25 Nei Numeri Precedenti...............pag.26

Anno V n°16 Estate 1999 La struttura della I.O.G.K.F..........pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei.......pag.4 Qualcosa in più su Okinawa.........pag.5 Miyagi il Grande Viaggiatore.......pag.8 Icona Vivente............................pag.13 La Storia del Karate Okinawa Goju-Ryu(segue).........pag. 14 Lo Sguardo del Maestro..............pag.17 Voce del Futuro......................pag.18 Agenda...................................pag.20 Schegge Zen e non..................pag. 21

Anno V n°17 Autunno 1999 La struttura della I.O.G.K.F..............pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei..........pag.4 Benvenuti a Stoccolma!....................pag.5 Vent’anni I.O.G.K.F.........................pag.6 Il Kakie nel Goju-ryu di Okinawa...pag.8 La Storia del Karate Okinawa Goju-Ryu (segue)............pag. 14 Karate:Origine del nome.................pag.16 Voce del Futuro...............................pag.18 Agenda............................................pag.20 Schegge Zen e non.........................pag. 21

Anno VI n°18 Inverno 1999-2000 La struttura della I.O.G.K.F.........pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei....pag.4 Mò Vié Natale...........................….pag.5 Il Valore dei Kata.........................pag.6 Sydney Leijenhorst....................pag.7 Zazen e Kata Sanchin...............pag.10 Aikido alla Tora Kan.................pag.15 Il Guerriero-fiore.......................pag.16 La Storia del Karate Okinawa Goju-Ryu (segue)......pag. 18 Voce del Futuro.........................pag.20 Agenda......................................pag.21 Schegge Zen e non..................pag. 22

Anno VI n°19 Primavera 2000 La struttura della I.O.G.K.F.........pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei....pag.4 Kata e Kumite...........................….pag.5 Maestro Oggi?…..........................pag.6 Un Capodanno a Fudenji............pag.7 Budo e Sport…………................pag.11 Hyaku Hachi no Bonno............pag.12 La Storia del Karate Okinawa Goju-Ryu (segue)......pag. 17

Anno VI n°20 Estate 2000 La struttura della I.O.G.K.F...........pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei..…..pag.4 Rimanere Fedeli..............................pag.5 Vita da Zen.......................………….pag.9 Nel Cuore della Materia................pag.12 Graduazioni e Gare.................….pag.13 XVIII Gasshuku Europeo.........….pag.14 Appunti di Viaggio........................pag.16 La Storia del Karate Okinawa Goju-Ryu (segue)...…..pag. 18 Voce del Futuro............................pag.20 Agenda......................................….pag.21 Schegge Zen e non.....................pag. 22 Riflessioni………………………….pag.23

Anno II numero 5 Settembre/Novembre 1996 Introduzione.........................................del M°P.Spongia Sensei Morio Higaonna:il leone di Okinawa....di Terry Hill (I parte) Sho Jin : lo sforzo concentrato qui e ora........di C.Devezzi Calendario Provvisorio eventi L'arbitro: Il Kata nelle competizioni sportive....di G. Manza-ri XIV Gasshuku Europeo................................del M° P.Spongia Nei numeri precedenti Nuovi corsi alla Tora Kan Hanno parlato di noi (rassegna stampa)

Anno III n° 6 Dicembre/Febbraio 1996-97 Vent’anni................................................................del M° P. Spon-gia Sensei Morio Higaonna:il leone di Okinawa.............di Terry Hill (II parte) Educazione e Karate-Do........................................del M° P. Spon-gia Calendario Provvisorio eventi L'arbitro: Comportamento “sportivo”.....................di Giuseppe Manzari Poesia di Ryokan Tigri e Pecore....................................................di Patrick Mc

Tora Kan Dojo Anno 13° n. 42

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seguono sommari dei numeri precedenti:

Anno 6 numero 21 Inverno 2000/2001 La struttura della I.O.G.K.F..............pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei..….....pag.4 XIX Gasshuku Europeo.....................pag.5 Er Cambiamento..............…………...pag.6 Budo e Zazen Conferenza del M°Guareschi.............pag.7 Graduazioni IOGKF................….…pag.13 Album di Famiglia……….........…...pag.14 Lotta Libera……..............................pag.15 Dice lo Zen………………………...pag. 17 La Storia del Karate Okinawa Goju-Ryu (segue)........….pag. 19 Voce del Futuro...............................pag.21 Agenda.........................................….pag.22 Schegge Zen e non......................…pag. 23 Riflessioni………………………….pag.23 Crescita…………………………….pag.24

Anno 6 numero 22 Primavera 2001 La struttura della I.O.G.K.F..............pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei..….....pag.4 Riflessioni…………………………...pag.5 Miyagi Chojun Memorial Martial Arts Festival 2000………….pag.7 XIX Gasshuku Europeo...................pag.10 Budo e Zazen (2aparte) Conferenza del M°Guareschi...........pag.11 Ancora la Chiamano Olimpiade…..pag.16 L’attimo Da Non Perdere………….pag.18 Graduazioni IOGKF................….…pag.19 Dice lo Zen………………………...pag. 20 La Storia del Karate Okinawa Goju-Ryu (segue)........….pag. 21 Voce del Futuro......................…......pag.23 Agenda IOGKF Italia..................….pag.24 Schegge Zen e non...................…...pag. 25

Anno 6 numero 23 Esatate/Autunno 2001 La struttura della I.O.G.K.F....…......pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei..….....pag.4 Riflessioni…………………………...pag.5 Il Papalagi………………..………....pag.7 Intervista al Maestro Kase..........…...pag.8 L’Esercizio del Jiyu Kumite Nel Goju-Ryu di Okinawa.......……..pag.13 Penso che………….………..……...pag.18 Zen Humor………………………...pag.19 Graduazioni IOGKF................……pag.20 Dice lo Zen………………………...pag. 21 La Storia del Karate Okinawa Goju-Ryu (segue)........….pag. 22 Voce del Futuro......................….....pag.24 Agenda IOGKF Italia..................…pag.25 Risultati Gare……………………...pag.26 Schegge Zen e non...................…...pag. 27

Anno 7 numero 24 Inverno 2002 La struttura della I.O.G.K.F....….....pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei..…...pag.4 Riflessioni……………………….…pag.5 Natale Vero..……………..………...pag.7 Dipingere il Gasshuku.....................pag.8 Impressioni di Settembre.......…......pag.13 Collage d’emozioni.………..……...pag.14 Gasshuku Symposium………….....pag.22 Graduazioni e Gare IOGKF...…....pag.26 Dice lo Zen…………………..........pag. 27 La Storia del Karate Okinawa Goju-Ryu (segue)............pag. 28 Voce del Futuro......................…....pag.30 Agenda IOGKF Italia....................pag.31 Schegge Zen e non...................…..pag. 33 Nei Numeri Precedenti…………..pag.34

Anno 7 numero 25 Primavera 2002 La struttura della I.O.G.K.F.....….....pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei..….....pag.4 Varcando la Porta d’Ingresso.…...…pag.5 Dimostrazione alla Nippon Ko Budo di Higaonna Sensei............pag.8 Primo Trofeo Iri Kumi..........….......pag.10 Kangeiko - Tempo Restituito...…....pag.12 Casalotti e una Luna Zen..……......pag.15 Gasshuku Symposium : Leijenhorst........................................pag.18 Graduazioni IOGKF..............…......pag.20 Dice lo Zen…………………...........pag. 21 Sensei Ernie Molyneux...................pag. 22 La Storia del Karate Okinawa Goju-Ryu (segue).............pag. 25 Agenda IOGKF Italia.....................pag.27 Schegge Zen e non...................…...pag. 28

Anno 8 numero 26 Autunno2002 La struttura della I.O.G.K.F.....….....pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei..…....pag.4 XXI Gasshuku Europeo..........…......pag.5 Gasshuku Symposium: Taiten Guareschi Roshi.....................pag.6 Kyusho...................................….......pag.10 .da “Il Profeta”..........................…...pag.16 Flash News.........................…….....pag.17 Dice lo Zen…………………..........pag. 18 Kata.................................................pag. 19 La Storia del Karate Okinawa Goju-Ryu (segue)............pag. 22 Agenda IOGKF Italia.....................pag.26 Schegge Zen e non...................…..pag. 27 Nei Numeri Precedenti…….……..pag.28

Anno 8 numero 27 Inverno 2002/03 La struttura della I.O.G.K.F.....….....pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei..…....pag.4 Il Ki nella Pratica Buddhista Zen.....pag.6 Scoccare la freccia al proprio cuore....................................pag.12 Primo Viaggio..........................…....pag.13 Graduzioni IOGKF Flash News.........................…….....pag.15 La Totalità di Bohm e l’Ordine implicato...........................pag.16 Zen e Arti Marziali Il Principio dell’eccellenza.............pag.18 Dice lo Zen…………………..........pag. 23 La Visione Sciamanica...................pag. 24 La Storia del Karate Okinawa Goju-Ryu (segue)............pag. 26 Agenda IOGKF Italia.....................pag.28 Schegge Zen e non...................…..pag. 29 Nei Numeri Precedenti…….……..pag.30

Anno 8 numero 28 Primavera/Estate 2003

L’Agenda di Higaonna Sensei..…....pag.4 Sotto il Pino.....…...............................pag.5 Graduazioni IOGKF........................pag.11 Sensei Bakkies..................................pag.12 Ode alla Vita.............................…....pag.15 V Trofeo Higaonna..........................pag.16 Alla Gendronniere............................pag.18 Shuichi Aragaki Sensei....................pag.20 Dice lo Zen......................................pag. 24 Intevista ad una Karateka...............pag. 25 Lettera a Miriam.............................pag. 30 L’Agopuntura tradizionale cinese................................................pag.32 Agenda IOGKF Italia.....................pag. 36 Schegge Zen e non...........................pag.37 Nei Numeri Precedenti.....................pag.38

Anno 8 numero 29 Autunno 2003

L’Agenda di Higaonna Sensei..….....pag.4 Marcello Bernardi..............................pag.6 London Spring Gasshuku................pag.10 Graduazioni IOGKF........................pag.12 Intervista a Sensei Bakkies..............pag.13 Come acqua che scorre............…....pag.20 La Storia del Karate.........................pag.22 Scoprendo il corpo............................pag.24 Dice lo Zen......................................pag. 25 Agenda IOGKF Italia.....................pag. 26 Schegge Zen e non...........................pag.27 Nei Numeri Precedenti.....................pag.28

Anno 9 numero 30 Inverno 2003/2004

L’Agenda di Higaonna Sensei..…..…..pag.4 Il Maestro di Dattilografia.............…..pag.6 Breve Biografia di Sensei Tetsuji Nakamura………………...........……...pag.11 In Allegra Compagnia................……pag.13 Graduazioni IOGKF 1°Trofeo Kenkon………………….…..pag.14 Doping..………..............….…………..pag.15 Notizie Lampo.........................……...pag.17 Movimento del corpo e Stato della Mente........................…...pag.18 Significato dei Nomi dei Kata del Goju-Ryu.....................……pag. 21 La Missione di Taisen Deshimaru Roshi……………………..pag. 22 La Storia del Karate...……………….pag. 25 Dice lo Zen..…………………………..pag. 27 Agenda IOGKF Italia................……pag. 28 Schegge Zen e non.....…...........…….pag. 29 Nei Numeri Precedenti...............…...pag.30

Anno 9 numero 31 Primavera/Estate/2004

La Struttura della IOGKF…………….pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei..…..….pag.4 Lettera di Higaonna Sensei…………..pag.5 Speciale Kangeiko………...............…pag.6 Nakamura Sensei: tradizione moderna..12 Ricordi della visita di Jigoro Kano...pag.20 Bun Bu Ryodo, schegge di un’esperienzapag.22 Graduazioni IOGKF............….……….pag.24 Costruiamo insieme Fudenji....……..pag.25 Il Calendario di Fudenji.............…….pag.26 La Storia del Karate………………….pag. 27 Dice lo Zen……………………………..pag. 29 Agenda IOGKF Italia..................……pag.30 Schegge Zen e non…...................…….pag. 31 Nei Numeri Precedenti..................…...pag.32

Anno 9 numero 32 Autunno 2004

La Struttura della IOGKF…………….pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei..…..….pag.4 Riflessioni…………………..…………..pag.5 Ken Zen Ichinyo Gasshuku..............…pag.6 Tre giorni a Fudenji………………..pag.10 IOGKF Budo Sai 2004……………..pag.12 Immagini del Budo Sai 2004………pag.13 Appunti di viaggio…………………..pag.24 Graduazioni IOGKF............….…….pag.27 Costruiamo insieme Fudenji....……..pag.28 Il Calendario di Fudenji.............…….pag.29 IV Trofeo Iri Kumi…………………..pag. 30 Gasshuku a Palermo………………....pag.31 Dice lo Zen…………………………..pag. 34 Agenda IOGKF Italia..................……pag.35 Schegge Zen e non…...................…….pag. 36 Nei Numeri Precedenti..................…...pag.37

Anno 10 numero 33 Inverno 2004/05 La Struttura della IOGKF…………….pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei..…..….pag.4 Lo Sguardo che mi ri-guarda….……..pag.5 1°Trofeo Chojun Miyagi...............…….pag.7 Budo Sai Symposium: ‘Il Futuro del Karate’..............……………………………pag.9 Lettera aperta……………………....pag.14 Il Lavoro e il suo segreto…….………pag.15 Voce del Futuro…………………...pag. 19 Qualità del Tè verde…………….…pag.20 Graduazioni IOGKF............….……….pag.21 In ricordo del Maestro……………..pag.22 Costruiamo insieme Fudenji....……..pag.24 Il Calendario di Fudenji.............…….pag.25 La Storia del Karate………………….pag. 26 Dice lo Zen……………………………..pag. 28 Agenda IOGKF Italia..................……pag.29 Schegge Zen e non…...................…….pag. 30 Nei Numeri Precedenti..................…...pag.31

Anno 10 numero 34 Primavera 2005 La Struttura della IOGKF…………….pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei..…..….pag.4 1° Trinacria Gasshuku……..….……..pag.5 Il Karate di Zenko Heshiki...........…….pag.7 Voce del Futuro……………………...pag.13 L’Allenamento…...……………….…….pag.14 Graduazioni IOGKF............….……….pag.16 Cucinare la Vita……..…………………pag.17 La Mia Pratic con An’ichi Miyagi.pag.18 Pagine nel Vento…..……...……………pag.21 Budo e Zen: un cammino verso…….pag.22 Costruiamo insieme Fudenji....……..pag.25 Il Calendario di Fudenji.............…….pag.26 Kangeiko 2005…………………………pag. 27 La Storia del Goju-Ryu a fumetti…pag. 29 Agenda IOGKF Italia.........…......……pag.31 Nei Numeri Precedenti..................…...pag.32

Anno 11 numero 35 Inverno 2005/06 La Struttura della IOGKF…………..pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei..…….pag.4 Chojun Miyagi………….……….…..pag.5 Il Monaco e il Leone……........……pag.12 A Fudenji……..……………………pag.13 La gara di Judo-educazione…...…..pag.14 Nakamura Sensei 2005.......….……pag.15 Voce del Futuro……..……………..pag.20 L’Allenamento……………………..pag.21 Graduazioni IOGKF..…...…………pag.22 Cucinare la Vita……………………pag.23 Sydney Leijenhorst: in equilibrio tra Yin e Yang.……………......……pag.24 Pagine nel vento………..............….pag.31 Una breve disamina sul kata Sanchin……………………………pag. 33 Il Calendario di Fudenji………..…pag. 36 La Storia del Goju-Ryu a fumetti….pag.37 Agenda IOGKF Italia.........…......…pag.39 Nei Numeri Precedenti..............…...pag.40

Tora Kan Dojo Anno 13° n. 42

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seguono sommari dei numeri precedenti:

Anno 12 numero 37 Inverno 2007 La Struttura della IOGKF…………..pag.3 Il Suono del Fuoco………………….pag.4 Non è mai troppo tardi.……….…….pag.7 2° Trofeo Chojun Miyagi…….……..pag.8 La Storia dimenticata……………...pag.10 I Bersaglieri a Montelungo…..……pag.11 Carissima Mamma..……...…...…...pag.14 Il mio Otto Dicembre………………pag.15 Rikyu e i fiori..……….........….……pag.18 Il Fattore Ki..………………………pag.19 Ordinazioni..………………….……pag.21 L’Allenamento……………………..pag.22 Cucinare la Vita….....…...…………pag.25 Il Calendario di Fudenji………..…pag. 27 La Storia del Goju-Ryu a fumetti….pag.28 Agenda IOGKF Italia.........……..…pag.30

Anno 11 numero 36 Autunno 2006 La Struttura della IOGKF…………..pag.3 L’Agenda di Higaonna Sensei..…….pag.4 Miyagi Chojun MA Festival & World Championships……...….… .pag.5 Una breve riflessione sul Sanchin...pag.11 II Trofeo Kenkon:risultati…………pag.12 Afrodite e Marte…………...…...…..pag.13 Shodan……………………………..pag.23 Essere Insieme……….........….……pag.24 Graduazioni IOGKF..……………..pag.27 L’Allenamento……………………..pag.28 Cucinare la Vita….....…...…………pag.30 Il Calendario di Fudenji………..…pag. 32 La Storia del Goju-Ryu a fumetti….pag.33 Agenda IOGKF Italia.........…......…pag.35 Nei Numeri Precedenti..............…...pag.36

ATTENZIONE !!! Presto sarà disponibile un volume rilegato che raccoglierà i più

interessanti articoli pubblicati nei 13 anni di Tora Kan Dojo. Prenotatelo !!!

Anno 12 numero 38 Primavera 2007 La Struttura della IOGKF…………..pag.3 Zen e Psicosomatica (1a parte)….….pag.4 1000 Km. A Fudenji….……….…….pag.8 Quattro giorni lunghi un’ora.……..pag.11 Aprirsi alla domanda………………pag.12 La forza della pratica condivisa…...pag.13 Giocare la vita…….……...…...…...pag.14 L’Allenamento……………………..pag.16 Voce del futuro…………………….pag.18 Cucinare la Vita….....…...…………pag.19 Shodan……………………………..pag.20 Il Calendario di Fudenji………..…pag. 22 La Storia del Goju-Ryu a fumetti….pag.23 Agenda IOGKF Italia.........……..…pag.25

Tora Kan Dojo Anno 13° n. 41

Anno 13 numero 39 Autunno 2007 La Struttura della IOGKF…………..pag.3 Fudoshin, la mente inamovibile..….pag. 4 Zen e Psicosomatica (2a parte)….….pag.6 La Famiglia cresce………………..pag. 10 L’Azione Spontanea….……….…...pag.11 Guida al Bushido…………...……..pag.13 L’Allenamento……………………..pag.19 Cucinare la Vita….....…...…………pag.21 Il Calendario di Fudenji………..…pag. 24 Agenda IOGKF Italia.........……..…pag.25 Nei Numeri Precedenti..............…...pag.27

L’ International Okinawan Goju-Ryu Karate-Do Italia è presente su Internet con un sito ricco di preziose informazioni. Sul sito è anche disponibile l’albo delle cinture nere IOGKF Italia e una selezione di

articoli pubblicati sui vecchi numeri di T.K.Dojo

www . Iogkf . it

Anno 13 numero 40 Inverno 2007/08 La Struttura della IOGKF…………..pag.3 Lettera di Higaonna Sensei….. ..….pag. 4 Incontri ravvicinati tra scienza e mistica………………………...….….pag.5 L’attualità della Parola del Buddha………………………...pag.11 Judo-Moralità e pratica fisica.…….pag.12 3° Trofeo chojun Miyagi…...….…..pag.18 L’Allenamento……………………..pag.19 Cucinare la Vita….....…...…………pag.21 Agenda IOGKF Italia.........……..…pag.23 Sapore di Samu…………………….pag.24 Nei Numeri Precedenti..............…...pag.27

Anno 13 numero 41 Primavera 2008

La Struttura della IOGKF…………..pag.3 Lettera di Higaonna Sensei….. ..….pag. 4

Incontri ravvicinati tra scienza e mistica...pag.5 L’attualità della Parola del Buddha…..pag.11

Judo-Moralità e pratica fisica.…….pag.12 3° Trofeo chojun Miyagi…...….…..pag.18 L’Allenamento……………………..pag.19 Cucinare la Vita….....…...…………pag.21 Agenda IOGKF Italia.........……..…pag.23 Sapore di Samu…………………….pag.24 Nei Numeri Precedenti..............…...pag.27

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“ Nel coltivare se stessi, non esiste la parola

‘fine’ chi si ritiene completo, in realtà, ha voltato le spalle alla Via ”

Hagakure

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