0 Angelo Pagliaro GUAZZABUGLIO DI PAESE Gli scontri del 1° maggio 1920 a Paola, la morte di Nicola De Seta e il complotto antisocialista Prefazione di Giuseppe Masi
0
Angelo Pagliaro
GUAZZABUGLIO DI PAESE
Gli scontri del 1° maggio 1920 a Paola, la morte
di Nicola De Seta e il complotto antisocialista
Prefazione di Giuseppe Masi
1
2
Angelo Pagliaro
GUAZZABUGLIO DI PAESE
Gli scontri del 1° maggio 1920 a Paola, la morte
di Nicola De Seta e il complotto antisocialista
Prefazione di Giuseppe Masi
3
“…(…)…Relativamente poi all’uccisione del povero
Nicola De Seta è accaduto questo fatto.
Quei signori furono arrestati. Io non so quale
sia stata la loro abilità nel difendersi.
Ma dopo vari giorni furono messi in libertà provvisoria
e fu mutato il titolo di imputazione da quello di omicidio
in quello di ferimento. L’arresto del Cinelli è avvenuto
su una deposizione, che io affermo falsa,
di una mala femmina…(…)……”
Dal discorso tenuto alla Camera dei Deputati dall’On. Miceli Picardi il 16 luglio 1920
Edito in proprio
Finito di stampare nel mese di ottobre 2011
presso Grafiche G.Gnisci – San Lucido (CS)
Proprietà letteraria riservata all’autore
In copertina:
Il sergente Nicola De Seta durante il servizio militare
(per gentile concessione del nipote Claudio)
4
Premessa metodologica sull’uso critico delle fonti di
polizia
Tra le fonti essenziali, che il ricercatore utilizza per le ricerche
storico - documentali, la più conosciuta è il CPC (Casellario
Politico Centrale), organizzato in fascicoli personali ordinati
alfabeticamente. Questa fonte ritenuta dagli studiosi di primo
livello non è certo sufficiente in quanto ritenuto, anche dalla
polizia, “permeabile”. Le schedature più importanti sono reperibili
in un fondo denominato Polizia politica Fascicoli personali. Altri
fondi sono quelli denominati “Materia”, “Tribunale Speciale per la
difesa dello Stato”, “Confino Politico” ed altri. In questo tipo di
ricerche bisogna cercare sempre di tenere queste fonti a distanza,
disaggregarle, interpretarle, e non accettarle mai acriticamente,
ogni documento pubblicato va inserito in un contesto più ampio
senza utilizzarlo, come fanno purtroppo in molti, per delineare la
figura del soggetto o della storia trattata. Non bisogna mai
dimenticare che la finalità della raccolta delle notizie era quella di
reprimere dei soggetti ritenuti “pericolosi in linea politica”.
Naturalmente è impossibile conoscere l’identità degli
“informatori”, c’era tutto un sistema di codici, numeri ecc. che il
capo della polizia conosceva e che rendevano possibile conoscere
l’identità. Non è quindi raro trovare nelle “riservate” apprezzamenti
personali, accenti rancorosi, menzogne, inutili e pignole
descrizioni, tutte finalizzate ad ottenere la “condanna sociale”
prima che giudiziaria del soggetto trattato e dimostrare la propria
bravura per garantirsi lo stipendio da spia. I poliziotti, in epoca
fascista, erano contigui ai militanti, li pedinavano, li spiavano, in
certe situazioni li arrestavano e verificavano in ogni caso se
potevano fungere da confidenti visto che inserire degli infiltrati
nelle cellule era quasi impossibile per la rigida osservanza delle
regole della clandestinità. Per quanto riguarda la polemica sulla
nomina a sindaco di Sergio Pizzini ho volutamente ritardato la
pubblicazione del libro perché in possesso solo dei documenti
prodotti dai partiti della sinistra, dalla CGIL e dall’Alto
Commissariato per l’epurazione e la defascistizzazione. Dopo
alcuni anni di ricerche ho potuto acquisire altre fonti primarie
5
(relazione dei carabinieri e lettere del prefetto di Cosenza) che
esprimono posizioni completamente diverse da quelle espresse
dalle organizzazioni della sinistra paolana e, quindi, capaci di
fornire al lettore elementi utili per una più corretta, completa ed
obiettiva valutazione dei fatti. Ho voluto, inoltre, portare a
conoscenza dei lettori la vicenda di uno dei tanti ferrovieri schedati
come sovversivi, il socialista D’Agostino Francesco Paolo. Le
parole contenute nei documenti parlano da sole e dovrebbero
servire per una riflessione più attenta ed un’analisi più rispettosa
delle vicende umane nel periodo più triste della nostra storia.
Schede biografiche
Alcuni dei documenti di riportati in questo libro fanno parte dei
fascicoli personali del fondo del Ministero dell’Interno, Direzione
Generale di Pubblica Sicurezza – Divisione Affari Generali e
Riservati, Casellario Politico Centrale (d’ora in poi, CPC) e sono
seguite dalla collocazione archivistica che comprende l’indicazione
della serie (CPC), della busta (b.), e del fascicolo (f.)
corrispondente, del numero delle carte (cc.) e degli anni della
documentazione contenuta nel fascicolo. Tutti i fascicoli personali
delle persone nate o residenti in Calabria e schedate nel CPC sono
conservati in copia presso il Dipartimento di Storia dell’Università
degli Studi della Calabria.
Ringraziamenti
Si ringraziano i sig.ri Claudio De Seta e Francesco Miceli –
Picardi per la documentazione fornita. Ringrazio, con particolare
affetto, il mio caro amico Alfonso Perrotta che mi ha aiutato nelle
ricerche presso l’Archivio di Stato di Roma e il Prof. Giuseppe
Masi, Direttore dell’ICSAIC di Cosenza.
6
Prefazione
I fatti luttuosi, accaduti a Paola il 1 maggio del 1920, con il
coinvolgimento del presidente della locale Lega cattolica dei
contadini, Nicola De Seta, e di altri otto manifestanti, non possono
definirsi soltanto un guazzabuglio di paese. C’è qualcosa di più
attendibile. L’autore ne è consapevole e perciò accenna ad una
congiura antisocialista, ma, nello stesso istante, da accorto
conoscitore della storia locale paolana del Novecento, non vuole
sbilanciarsi troppo per non forzare di molto gli avvenimenti.
Dovuta, secondo le autorità di polizia, anche ad “odi tradizionali” e
alle solite discordie paesane tra le diverse fazioni per la conquista
del potere municipale, nel nostro caso tra socialisti e popolari, la
giornata paolana per la celebrazione del primo maggio, con corteo
socialista e contro-corteo popolare, viceversa è parte integrante del
periodo di tensione e di conflittualità che caratterizza la Calabria
e le altre regioni italiane negli anni immediatamente successivi alla
conclusione della prima guerra mondiale; sono i giorni del
cosiddetto “biennio rosso”, in cui lo Stato liberale assiste,
impotente, al mutamento dei vecchi equilibri politici, in parte già
incrinati dal conflitto.
L’evento di Paola, sicuramente, risente delle motivazioni locali, ma
vi si accompagnano altri fattori, sia di carattere politico, sia sociale
che investono la natura stessa della lotta, dello stato dei partiti
impegnati in queste battaglie, non immuni, nello specifico
frangente, da trasformismi e da infiltrazioni clientelari.
Esso s’inserisce nella crisi d’identità ideologica della Federazione
socialista cosentina, spaccatasi, a pochi mesi dalla sua
ricostituzione, tra “elezionisti” e “astensionisti”, tra gli esponenti
della città e quelli della campagna, tra riformisti e massimalisti.
Una dicotomia questa che, pur essendo nelle linee generali, la
ripercussione di un dissenso dottrinale a livello nazionale, nella
città bruzia scade in accuse contro le persone, con addebiti di tale
gravità da portare il partito a non essere presente, con una lista
propria, nella competizione elettorale del 1919. Ai dissidi interni si
aggiungono, poi, i rapporti esterni, in particolare il confronto e i
passi politici da compiere col giovane partito popolare, nato di
recente a Cosenza ad opera di De Cardona, di don Luigi Nicoletti e
di altri esponenti cattolici.
7
L’episodio si collega anche alle incognite dei popolari, divisi tra il
proselitismo, impersonato da Carlo De Cardona, un prete di
formazione murriana, ed imperniato su una larga fioritura di leghe
bianche e casse rurali sparse nei centri intorno al capoluogo e lungo
il dorsale prospiciente il Tirreno cosentino, e la corrente che fa
capo alla proprietà terriera e ai notabili. Se quella progressista,
portatrice di un socialismo cristiano, ritiene che il riscatto delle
masse sia la base di partenza per il miglioramento sociale ed
economico della provincia e nutre simpatie per le idee di Miglioli e
della sinistra popolare, quella conservatrice, espressione di un
classe che intende trasformare il partito in una forza d’ordine da
opporre all’ avanzata socialista, non accetta pacificamente il
leghismo bianco.
S’inquadra, infine, nell’atteggiamento fortemente difensivo dei
proprietari terrieri che, accusano i cattolici, considerati il vero
nemico da battere, e i socialisti per le istanze di modifica dei patti
agrari, e contemporaneamente si appellano alla magistratura per i
danni prodotti alle colture dagli affittuari. Perplessi, inoltre, circa
le richieste esorbitanti avanzate dai contadini, paventano che le
rivendicazioni possano contribuire al ribaltamento “delle basi
della proprietà della terra”.
Ad un socialismo teorico e dogmatico, ma debole
nell’organizzazione delle classi lavoratrici, si contrappone una
vitalità apparente del popolarismo,che, nel circondario tirrenico,
dove si muovono forze in qualche modo antitetiche, da il via ad un
processo non lineare con alcune circostanze denotanti, in qualche
modo, una certa ambiguità: l’arresto e la immediata scarcerazione
del prete don Colistro, seguace del De Cardona ed organizzatore
della cassa rurale e della lega del lavoro di Paola, accusato di aver
capeggiato, nel luglio del 1919, una manifestazione contro il
caroviveri, e sempre nello stesso anno l’elezione al Parlamento di
un candidato popolare della destra, il paolano Francesco Miceli
Picardi, sostenitore, insieme con il fratello Domenico, membro
dell’associazione agricoltori di Cosenza, degli interessi agrari della
zona.
Da questo quadro politico, sinteticamente delineato, è spiegabile
come le divergenze, culminate nella tragica giornata del 1 maggio,
si tramutano in esasperazione e né la presenza in loco di Pietro
Mancini e Carlo De Cardona è sufficiente a bloccare l’epilogo, cioè
8
la morte del capolega e il ferimento di otto persone, di cui un
bambino di pochi anni.
Gli strascichi continuano per qualche giorno. La morte di De Seta,
per un giornale cattolico, diventa un monito contro “il monopolio
della rappresentanza dei lavoratori e l’uso della violenza”. La
Commissione esecutiva della Camera del Lavoro di Cosenza,
guidata dal repubblicano Federico Adami, dopo la proclamazione
di uno sciopero di 24 ore per protestare contro l’aggressione dei
cattolici, da un lato deplora gli articoli del giornale cattolico
cosentino e dall’altro critica alcuni resoconti della Parola
Socialista, organo provinciale del partito, definendoli strani e non
corrispondenti al vero.
Al termine della giornata c’è il turbamento della popolazione di
Paola per il doloroso sbocco della festa dei lavoratori; il risultato
politico, invece, sancisce lo scontro tra le due formazioni nella
quasi identica data in cui il movimento dei fasci, ancora da venire
in Calabria, inizia il suo cammino. Nella vicina San Lucido
Agostino Guerresi, destinato a diventare uno dei “pezzi grossi” del
fascismo provinciale, costituisce la prima sezione. Da questo lasso
di tempo l’antitesi fra i partiti, sciaguratamente, durerà poco.
Insediatosi, infatti, il regime di Mussolini, in breve tutto sarà messo
a tacere.
Non nuovo nel ricomporre atti e momenti di storia della sua Paola,
Angelo Pagliaro delinea la vicenda e la ricostruisce attraverso
svariati documenti che sottopone all’ attenzione del lettore. La
documentazione, quasi tutta inedita, e il materiale iconografico
spesso travalicano il testo, parlano da soli, per cui l’impianto
narrativo del volumetto, alla fine, si presenta interessante e
leggibile.
Giuseppe Masi
Direttore dell’ICSAIC di Cosenza
Deputato di Storia Patria per la Calabria
9
Capitolo primo C’è qualcosa che non ci dicono,
qualcosa di cui non siamo a conoscenza.
C’è qualcosa di più. C’è sempre qualcosa di più.
E’ di questo che è fatta la storia.
E’ la somma, il totale di tutto quello che non ci dicono.
Don De Lillo
La storia di Paola tra revisionismi, rimozioni e silenzi.
In questo libro si offrono, ai lettori, i documenti conservati
nell’Archivio Centrale dello Stato di Roma riguardanti gli
accadimenti del 1° maggio 1920 a Paola e alcuni frutti raccolti
dopo decenni di ricerche sulla storia del fascismo e
dell’antifascismo paolano. Ho sempre creduto che per rendere un
buon servizio al lettore fosse indispensabile affidarsi ad una ricerca
storica di profilo alto, senza timore di suscitare il fastidio di
nessuno (a destra come a sinistra), per leggere coerentemente
l'evoluzione della società paolana nel secolo scorso, condicio sine
qua non per comprendere anche le tristezze attuali di una “politica”
caratterizzata oltre che dall’autoreferenzialità, dal più sfrenato
trasformismo e da comportamenti che sfociano spesso
nell’autoritarismo. Siamo tutti consapevoli che la differenza tra il
ricordare e il non ricordare passa attraverso il racconto e, dunque,
attraverso la parola. Il silenzio diventa elemento pericoloso nei
processi di rimozione della memoria sia individuale che collettiva,
non solo: bisogna avere il coraggio di ricercare la verità storica che
a volte viene nascosta proprio dalle fonti primarie, da documenti i
cui contenuti, non veritieri, sono stati creati ad arte per depistare,
nascondere, occultare, addolcire o trasformare del tutto la realtà dei
fatti. Basti ricordare alcuni fatti dolorosi accaduti nell’Italia del
novecento; dalla strana morte di Enrico Mattei, a quella di Peppino
Impastato, per non parlare della strage di Piazza Fontana,
dell’uccisione di Giuseppe Pinelli, del rapimento e della morte di
Aldo Moro, della strage di Gioia Tauro. Il ripetersi ciclico di stragi
e delitti politici coperti dal segreto di Stato, a volte commessi e/o
permessi, da “servitori” dello stesso ha reso l’Italia un paese
10
particolare. Di questa anomalia, tutta italiana, ne hanno parlato e
scritto in tanti: ricordiamo brevemente il lavoro di
controinformazione eseguito negli anni ’70 sulla strage di Piazza
Fontana raccolto nel libro dal titolo “La strage di Stato”, il
bellissimo film dal titolo “Piazza delle cinque lune” del regista
Renzo Martinelli, sul rapimento e l’uccisione dell’On.le Aldo Moro
e ancora il libro che tratta lo stesso tema, scritto dal giudice
Ferdinando Imposimato in collaborazione con il giornalista Sandro
Provvisionato, dal titolo “Doveva morire” edito da Chiarelettere.
“E’ un caso all’italiana” si dice in tutto il mondo quando ci si trova
in presenza di avvenimenti per decifrare i quali, nel migliore dei
casi, occorrono decenni. Depistaggi, coinvolgimenti di pezzi
significativi dello Stato, convergenze e accordi tra mafie, poteri
forti, servizi deviati e massoneria deviata sono sempre state le
costanti che gli inquirenti hanno riscontrato nel lavoro di ricerca
della verità. Senza questo coraggio, sarà sempre possibile che le
ombre di una storia non raccontata, o raccontata falsamente,
offuschino ricordi che meritano di appartenere ancora al nostro
presente. Per tanti anni i ricordi sono stati volutamente distorti.
Anche nella nostra città il fascismo ha utilizzato la violenza fisica e
psicologica come strumento di lotta politica, e il nodo centrale della
questione è stato e resta il difficile rapporto tra storia e memoria,
indipendentemente dall'angolo prospettico dal quale si osservano e
si narrano le vicende. Mettere le mani nelle fonti primarie,
aggregarle e disaggregarle, cercare, per dirla con G.Bateson, “la
struttura che connette” non è opera da imbianchini della memoria.
Partendo da queste considerazioni è necessario rivolgere un appello
agli amministratori, agli studiosi, ai giovani ricercatori ad evitare
che la costruzione di una identità/memoria collettiva rischi di
poggiarsi su fondamenta che non hanno nulla a che vedere con una
seria ricostruzione storica. La lotta della memoria contro l’oblio, a
Paola, è più impegnativa che altrove perchè non è tema di dibattito,
di discussione ma, soprattutto, perchè questa lotta, per ovvi motivi,
ha avuto ed ha pochi sostenitori. L’aver dedicato una lapide a
Nicola De Seta è stata opera meritoria, ma, su quella lapide,
bisognava scrivere le vere motivazioni del suo sacrificio e per
fare ciò occorreva istituire una commissione di studiosi e di
storici incaricata di analizzare tutta la documentazione
esistente e di formulare motivazioni quanto più aderenti alla
11
verità storica, così come la gran parte delle amministrazioni
pubbliche italiane fanno quando decidono di intitolare una strada o
una piazza ad un cittadino meritevole.
Alcuni articoli apparsi sulla stampa locale nel maggio 2004.
12
na mia cara amica, Piera Bruno, fine intellettuale marxista e
docente di storia e filosofia, amava dire che “la storia senza
documenti è leggenda”. Ho promesso a lei, qualche mese prima
che ci lasciasse, che avrei continuato il mio lavoro di ricerca
storico-documentale su questo triste avvenimento storico perché
come me, la cara Piera, era consapevole che leggendo attentamente
quelle carte si può cogliere non solo la verità sull’accaduto ma
percepire lo spirito competitivo e, per certi versi autodistruttivo
che, da sempre, anima la vita politica della città tirrenica segnata
irrimediabilmente dal secolare scontro tra gruppi di potere
familiari. Dalla lettura attenta degli atti qui pubblicati si può
constatare quanta parte della storiografia sia stata costruita
artificialmente, a tavolino, e quanto questa costruzione abbia
contribuito al disfacimento del tessuto sociale e all’ampliamento
della distanza tra cittadini e, come ama dire Beppe Grillo, i
“dipendenti” della politica. Nel mio primo libro dal titolo “I
Dimenticati”, mi chiedevo perché il ricordo di “questi uomini e
donne semplici, antifascisti e ribelli che compirono, al contrario di
altri, che appartennero a quella “zona grigia” della passività e
dell’attendismo, una scelta etica esprimendo “a voce alta” il loro
dissenso al fascismo” sia stato rimosso dalla memoria collettiva.
Era una domanda retorica perché, dopo decenni trascorsi a sfogliare
fascicoli del Casellario Politico Centrale, carte di polizia,
documenti provenienti da vari archivi italiani e europei quelle che
consideravo supposizioni, con il tempo, sono diventate certezze. Il
problema non è solo quello del riconoscimento del ruolo che
ognuno dei nostri concittadini ha ricoperto durante la dittatura
fascista (periodo che in ogni biografia, finora pubblicata, viene
accuratamente evitato o, nel migliore dei casi, banalizzato) ma la
conoscenza storica dello stesso perché non ci si può scoprire
comunisti o socialisti, a cose fatte, dopo essere stati iscritti, per
decenni, al Partito Nazionale Fascista 1. Nel momento in cui la vita
di coloro che si adeguarono al regime scorreva senza molti
problemi, gli antifascisti paolani, pochi ma ostinati, languivano
nelle carceri, al confino oppure sopravvivevano, anche a Paola, in
un clima irrespirabile, continuamente minacciati, purgati, bastonati.
Le uniche testimonianze di vita erano i lamenti dei figli dovuti ai
morsi della fame, e le confidenze delle mogli umiliate
quotidianamente dai gerarchi locali e dai capimanipolo solo per
13
aver chiesto loro di allentare la presa, di mitigare le vessazioni, di
non accanirsi sui propri congiunti ritenuti sovversivi. Dopo la
Liberazione, anziché tramandare, nel silenzio delle verità
documentate, una storia dell’antifascismo paolano che appare oggi
artificiosa se non addirittura affetta da una vera e propria rimozione
della memoria, bisognava riconoscere il tributo e il sacrificio di
questi “insuscettibili di ravvedimento” ai quali ognuno di noi
deve qualcosa perché, grazie a quella fiammella di speranza che
seppero tenere accesa in quei momenti tristi per la democrazia
italiana, abbiamo potuto nutrire qualche speranza nel futuro. Dalla
lettura dei documenti e dalle testimonianze raccolte dai figli degli
antifascisti paolani si evince che, dopo la caduta del regime, più
che una rottura con il passato, a Paola, si affermò una vera e
propria continuità storica e politica. Basta leggere le lettere e i
telegrammi scritti dai rappresentanti dei partiti della sinistra
paolana ai neo-ministri Togliatti e Nenni, sull’opportunità di non
riproporre candidature di persone coinvolte con il fascismo per
rendersi conto del clima che si viveva nella nostra città.
14
Lettera del Prefetto di Cosenza, in data 23 gennaio 1945, inviata al Comandante
Gruppo RR.CC. di Cosenza
15
Ma tutta l’avversione espressa in modo esplicito dagli antifascisti
paolani nei confronti di chi durante il ventennio era stato percepito
come nemico di classe viene oggi edulcorata. Nel leggere alcune
biografie, pubblicate nell’ultimo decennio, sembra che, a Paola,
alla fine, fossero tutti buoni amici e che ci fosse una reciprocità di
sentimenti e un rispetto per le altrui idee tanto da arrivare ad
affermare che tutto lo scontro tra fascisti e antifascisti si ridusse, in
pratica, a qualche ceffone o alla somministrazione di qualche
cucchiaio di olio di ricino. Proprio per dimostrare che le cose sono
andate diversamente ho inteso pubblicare, in appendice, alcuni
documenti che riguardano la nota aspra polemica sull’elezione di
Sergio Pizzini a sindaco di Paola, che coinvolse, a vario titolo,
partiti politici, sindacati, prefetto, perseguitati politici e persino i
ministri Pietro Nenni, Palmiro Togliatti e Ferruccio Parri e alcune
lettere scritte da un ferroviere socialista ridotto alla fame e alla
disperazione solo per aver partecipato ad uno sciopero indetto dal
sindacato dei ferrovieri (S.F.I.). In appendice si possono
visualizzare alcune pagine dell’elenco degli iscritti al Fascio di
Paola alcuni dei quali (socialisti, popolari, radical-massoni) dopo
essersi scontrati, armi in pugno, il primo maggio 1920 si
ritrovarono a militare, per molti anni, nella stessa sezione dello stesso partito… il Partito Nazionale Fascista.
16
“Non c’ero. Queste storie sono state versate nel mio ascolto di bambino da
adulti che si raccontavano com’era andata a loro nella città “tiella” (padella).
Non si rivolgevano a me. Così vanno a piantarsi le storie, per ascolto rubato,
dietro porte che chiudono male. Davide in un salmo scrive: “Un paio di
orecchie hai scavato in me”. Adopera il verbo con cui si scavano i pozzi. Perché
così sono le orecchie: cisterne in cui raccogliere l’acqua piovana delle storie.
Così riemergono con le loro voci, dalle orecchie scavate nell’infanzia.”
Erri De Luca
Paola nel primo dopoguerra tra crisi politica e
economica
Lo stato di miseria in cui vivevano i cittadini Paolani durante e
dopo la prima guerra mondiale, fu aggravato dall’epidemia
influenzale definita “spagnola” verificatasi nell’autunno del 1918.
La grave crisi economica, verso la quale risultarono inutili i
provvedimenti presi dalla giunta Pizzini, suscitò nei reduci e nelle
classi meno abbienti un rinnovato impegno di partecipazione
politica. L’adesione al Partito Socialista Italiano fu massiccia.
Ferrovieri, maestri elementari e reduci organizzati nella lega
proletaria, nata nel settembre del 1919, guidati dal maestro
elementare Francesco Itria e da Ignazio Maselli, socialisti,
costituirono il blocco di una sinistra sociale molto forte.
Considerato che il comune era amministrato da una giunta frutto di
un’alleanza tra socialisti e radicali, cementata più che dalle affinità
politiche dalla comune appartenenza alla massoneria2 , il
malcontento popolare venne convogliato e rappresentato dalla lega
cattolica di mutuo soccorso, fondata nell’aprile del 1919, dal
sacerdote Don Michele Colistro.
Alla lega cattolica aderirono numerosi ferrovieri e naturalmente il
neonato Partito Popolare guidato dai fratelli Francesco e Domenico
Miceli-Picardi. Quest’ultimo aveva fondato, nel 1918,
l’Associazione tra gli agricoltori della provincia, organismo che
difendeva la grande proprietà terriera in contrasto perenne con le
leghe sia bianche che rosse.
17
Paola: la stazione ferroviaria e il quartiere marina negli anni ‘20
Le precondizioni che portarono agli scontri del 1°
maggio 1920
Il 13 Luglio 1919, circa un anno prima dell’uccisione di Nicola De
Seta, durante una delle tante manifestazioni che si susseguivano in
quel periodo, in Piazza Municipio, la forza pubblica spara sulla
folla e uccide un manifestante e ne ferisce parecchi. Il parroco
Colistro, avversario della giunta Pizzini, in una delle tante riunioni
tenutesi presso il circolo dei ferrovieri tiene un comizio criticando
aspramente l’operato della giunta Pizzini. Nel 1920 è la volta degli
operai socialisti del deposito locomotive di Paola, organizzati dal
maestro elementare Francesco Itria, (socialista massimalista) e dai
dirigenti della sezione del Sindacato dei ferrovieri ( S.F.I.) di Paola,
ad entrare in sciopero per la scarsità di generi alimentari. In questo
18
contesto il giovane Nicola De Seta che aveva ereditato le ansie, le
paure, le rivendicazioni e le giuste aspirazioni dei contadini paolani
poveri, insieme agli operai del deposito di Paola, organizza delle
proteste per chiedere lo stretto necessario per poter sfamare i propri
figli. I piccoli proprietari terrieri, colonna vertebrale
dell’agricoltura paolana, contestano con tutte le loro forze la giunta
Pizzini al punto tale da bloccare la produzione e la vendita di beni
primari.
Le elezioni per la Camera dei Deputati si svolgono con il nuovo
sistema elettorale proporzionale e questo consente la partecipazione
di varie liste. Pizzini insieme ad altri ex deputati radicali calabresi
entra nella lista capeggiata da Luigi Fera, detta di “opposizione” o
“concentrazione democratica”, contrapposta a quella capeggiata da
Carlo Falbo, al governo. L’altro candidato, Francesco Miceli
Picardi nei suoi comizi si rivolge spesso, non senza ambiguità,
all’elettorato socialista sperando in un’alleanza che metta fuori
gioco Pizzini.
La federazione cosentina del P.S.I., preoccupata di avallare
un’alleanza etero-diretta o influenzata dalla massoneria paolana
sceglie la linea astensionista impedendo a Francesco Itria,
prestigioso dirigente socialista e collaboratore del giornale “La
Parola Socialista”, di presentare una lista provinciale socialista. Le
elezioni vengono vinte da Miceli Picardi il quale viene eletto
mentre Pizzini perde ed il comune di Paola, in pieno dissesto
economico-finanziario, viene commissariato.
19
Due momenti della festa del primo maggio 1922 a Paola. (Fototeca ICSAIC
Cosenza)
20
Sindacato Ferrovieri Italiani, Sezione di Paola
Manifesto commemorativo dello Sciopero del 1920 (Conservato in cornice e
visibile presso la sede sindacale dello S.F.I. di Paola).
Il primo Maggio1920, in questo clima di malcontento, crisi
economica e sociale, instabilità politica, i Socialisti, i radicali ed i
dipendenti comunali, che per oltre un decennio avevano lavorato
con il sindaco Pizzini, gremiscono, con un corteo imponente, le
strade del centro storico di Paola e in Piazza del Popolo, al tempo la
più importante piazza della città, in occasione della festa dei
lavoratori, partecipano ad un affollato comizio il cui oratore
principale è l’on. Pietro Mancini.
21
Paola ha avuto sempre i suoi partiti; prima erano le famiglie
signorili che ogni loro attività consumavano nelle sterili
lotte locali; gli aggruppamenti con identico contegno di
sprezzata avversione hanno soltanto altro nome.
Ispettore Gen.le Pugliese
L’omicidio De Seta e il complotto antisocialista
Il corteo festoso composto da donne, bambini, migliaia di militanti
con le bandiere rosse e nere, la banda musicale in testa, seguita dai
dirigenti socialisti, segue fino al palco l’on. Pietro Mancini,
maggiore esponente del P.S.I. calabrese, il quale, forte della
rinnovata alleanza con i radicali, più che un discorso
commemorativo tiene un comizio elettorale, sferrando un durissimo
attacco ai popolari capeggiati dai fratelli Miceli-Picardi. Terminato
il comizio, il deputato Francesco Miceli Picardi, stizzito, chiede,
alle autorità di pubblica sicurezza, l’autorizzazione a tenere un
comizio di risposta, ma dopo estenuanti trattative e implorazioni da
parte degli organi di polizia di soprassedere e di raggiungere
Cosenza, ove il deputato avrebbe dovuto tenere un comizio 3 , gli
viene concesso, per motivi di sicurezza, di parlare unicamente dal
balcone della sua abitazione senza scendere in strada. Il clima di
tensione è alle stelle, la folla chiede a Miceli Picardi di recarsi in
corteo verso Corso Garibaldi ignorando il divieto imposto dagli
organi di polizia; egli accetta, compiendo un errore gravissimo 4,
che costerà la vita a Nicola De Seta e il ferimento di numerosi
manifestanti
. L’imponente corteo sbaraglia i cordoni dei
carabinieri e si avvicina minacciosamente alla sezione socialista ed
alla Camera del Lavoro. In piazza Fontana Vecchia si sparano vari
colpi di arma da fuoco e si usano coltelli, pietre, bastoni. Il bilancio
finale degli scontri è di un morto e sei feriti tra cui l’avvocato
Raffaele De Luca , il quale viene arrestato insieme a Francesco
Itria.
22
Nella stessa serata, esperite le prime indagini, insieme a Raffaele
De Luca e Francesco Itria vengono tratti in arresto: Russo Luigi
(imputato di omicidio), Meone Pietro, Maddalena Arturo, Caruso
Giuseppe, Tarsitano Ernesto, Tarsitano Eugenio e Tarsitano
Amabile 5.
Lo scontro tra popolari e socialisti viene commentato in
parlamento, il processo di riavvicinamento tra radicali e socialisti,
in vista delle elezioni comunali viene congelato dagli organi
politici superiori dei due partiti. L’azione di demolizione dei
socialisti, il complotto ordito nei riguardi dei loro esponenti è solo
all’inizio. La campagna elettorale, per le elezioni comunali e
provinciali, come volevasi dimostrare, registra un immediato
riavvicinamento tra radicali (antinittiani), con Pizzini in testa e il
deputato Falbo (nittiano) i quali, come se nulla fosse accaduto,
partecipano insieme al comizio tenuto da quest’ultimo ai primi di
settembre. L’atteggiamento di puro trasformismo utilitarista di
Pizzini non meraviglia i dirigenti della Federazione Socialista di
Cosenza che non hanno mai visto di buon occhio la strana alleanza
tra De Luca, Itria e Pizzini. Nel mandamento provinciale viene
candidato ed eletto Miceli Picardi mentre, per il Comune di Paola,
il Partito Popolare candida, sfruttando l’emozione che permane
nell’opinione pubblica paolana per la morte di Nicola De Seta, il
fratello, Albino Paolo, il quale risulta il primo degli eletti ed il 9
ottobre viene nominato sindaco. Nel 1922 si compie il vero
“capolavoro politico”. Albino Paolo De Seta, dopo aver contribuito
al successo elettorale dei popolari inspiegabilmente si dimette, per
“ragioni personali”, e Domenico Miceli Picardi, fratello del
Deputato, diventa il nuovo sindaco di Paola.
Il vecchio ambiente conservatore paolano, ancora una volta,
gattopardescamente ha vinto, è salvo: “tutto doveva cambiare
affinché nulla cambiasse”. I piccoli proprietari terrieri, morto il
giovane capolega Nicola De Seta, possono contare nuovamente su
un esercito di contadini poveri senza alcuna tutela sindacale, senza
il capolega e con famiglie da sfamare, con i dirigenti socialisti in
galera, persi tra condanne, persecuzioni poliziesche ed inutili
polemiche politiche.
Due anni dopo l’omicidio De Seta, il 13/3/1922 il Giudice
Istruttore Martini, uno dei pochi magistrati che non si piega al
giogo fascista e continua a fare il proprio dovere, non condannando
23
degli innocenti o peggio, non trasformando le vittime in carnefici,
come spesso si tenta d’imporre, con una sentenza che è entrata
nella storia politica calabrese, proscioglie, per legittima difesa,
Francesco Itria ed altri socialisti di Paola, contro i quali era stato
architettato un gravissimo teorema per l’uccisione del capolega
Nicola De Seta. Tutti gli arrestati vengono condannati per rissa ed
alcuni di loro per porto di armi abusivo. Negli anni a venire
Raffaele De Luca e Francesco Itria verranno ripetutamente
bastonati, aggrediti, umiliati al punto che verrà loro imposto, dai
fascisti locali al soldo dei grossi agrari, l’ostracismo e quindi
costretti ad allontanarsi, alla svelta, da Paola .
Le classi lavoratrici paolane, cattoliche e socialiste, avendo perso i
loro rappresentanti politici, assistono impotenti all’avanzata
fascista. Molti dei protagonisti di questa vicenda, calpestando le
loro idee, si recano frettolosamente, senza esitazione alcuna, alla
sede del fascio per ritirare la tessera del Partito Nazionale Fascista
(PNF) e garantirsi il “quieto vivere” fino al 1943 ed anche in
seguito, grazie all’amnistia voluta dal segretario generale del P.C.I.
Palmiro Togliatti nella sua veste di ministro. Anche a Paola come
in altri paesi della Calabria, si ritrovarono nel fascismo, tutti coloro
che si erano scontrati nella lotta politico-amministrativa locale
spinti unicamente da “una mentalità opportunistica e piccolo-
borghese” 6. Gerarchi, podestà, funzionari e picchiatori
appartenenti alla milizia volontaria ritornano ai loro vecchi posti di
comando, vengono reintegrati nei ruoli e, senza verificare le
personali responsabilità, continuano ad esercitare, non sempre in
modo corretto, il loro potere personale. I figli di molti ex fascisti, al
contrario dei figli dei perseguitati politici e dei confinati hanno,
così, la possibilità di studiare, trovano subito un lavoro, ricoprirono
incarichi pubblici e ricostituirono, praticamente, quella classe
dirigente che caratterizzerà il futuro della politica paolana. Nella
nostra cittadina, quindi, più che parlare di Liberazione sarebbe più
giusto parlare di continuismo. Qualche socialista emigrato in
America latina, come il maestro socialista Francesco Itria, nel
dopoguerra, ritornerà a Paola, la stessa cosa faranno Giuseppe
Bottino7 (comunista), Biagio Ganino
8 (socialista), Giacomo
Bottino 9
e Ida Scarselli 10
(anarchici), tutti più volte confinati.
Alcuni di loro continueranno ad essere schedati e vigilati per tutta
la vita ovunque vadano; ritenuti pericolosi questa volta dalla
24
Repubblica nata dalla Resistenza, per la quale hanno sofferto pene
inenarrabili e pagato prezzi altissimi. A proposito della mancata
defascistizzazione ed epurazione riportiamo un passo della protesta
avanzata, all'interno dell'Assemblea Costituente, dal socialista
Sandro Pertini perseguitato e confinato politico:
(…) Attraverso queste maglie del decreto di amnistia noi abbiamo
visto uscire non soltanto coloro che dell'amnistia erano meritevoli,
cioè coloro che avevano commesso reati politici di lieve
importanza, ma anche gerarchi: Sansonelli, Suvich, Pala; abbiamo
visto uscire propagandisti e giornalisti che si chiamano Giovanni
Ansaldo, Spampanato, Amicucci, Concetto Pettinato, Gray.
Costoro, per noi, sono più responsabili di quei giovani che,
cresciuti e nati nel clima politico pestifero creato da questi
propagandisti, si sono arruolati nelle brigate nere ed in lotta
aperta hanno affrontato i partigiani e ne hanno anche uccisi (...)
Attraverso queste maglie abbiamo visto uscire coloro che hanno
incendiato villaggi con i tedeschi, che hanno violentato donne
colpevoli solo di aver assistito i partigiani (...) Abbiamo visto
uscire una parte della banda Kock, la Marchi, la Rivera,
Bernasconi (...) Ricordiamo che l'epurazione è mancata: si disse
che si doveva colpire in alto e non in basso, ma praticamente non
si è colpito nè, in alto nè, in basso. Vediamo ora lo spettacolo di
questa amnistia che raggiunge lo scopo contrario a quello per cui
era stata emanata: pensiamo, quindi, che verrà giorno in cui
dovremo vergognarci di aver combattuto contro il fascismo e
costituirà colpa essere stati in carcere ed al confino per
questo(…).
Angelo Pagliaro
25
L’autopsia sul corpo di Nicola De Seta
Il Dott. Francesco Ferrari
(all’epoca dei fatti studente al quarto anno di medicina e chirurgia)
“Quando i popolari giunsero al punto in cui, alla sede della loro
sezione erano raccolti parecchi socialisti, nacque una furiosa
mischia, durante la quale da una parte e dall’altra furono esplosi
colpi di rivoltella e da un terrapieno adiacente alla sezione
socialista furono anche lanciati vari sassi. Dai colpi di rivoltella
rimasero feriti Bruno Ernesto, che guarì in giorni 74, Maselli
Domenico, che guarì in giorni 30, Gravina Adalberto che guarì in
giorni 90, Meoni Roberto che guarì in giorni 38, De Luca
Raffaele e Camarda Giuseppe che guarirono in giorni 19.”
Rimasero poi feriti da colpi di pietra Lo Bianco Antonio e Stefano
Antonio che guarirono nei primi dieci giorni. Vi fu anche un
morto, certo De Seta Nicola, ferito da vari colpi di coltello da
Russo Luigi e da un colpo d’arma da fuoco ad opera di Cinelli
Luigi, ma entrambi questi giudicabili furono prosciolti per
legittima difesa dalla Sezione di Accusa che rinviò il Russo e tutti
gli altri imputati segnati in rubrica al giudizio di questo tribunale
per rispondere dei reati loro rispettivamente ascritti………il
26
tribunale ha potuto assodare con sicurezza che colpi di rivoltella
furono esplosi da Gisberto Salvatore, Maddalena Arturo, Russo
Luigi, Lattari Luigi, Itria Francesco, Sbano Giuseppe, Laudonio
Alfredo, Camarda Giuseppe, Camarda Antonio, Gravina Alberto.
E’ rimasto altresì provato che Tarsitano Ernesto lanciò numerosi
sassi e che anche Lattari Luigi, oltre allo sparare con la rivoltella,
tirò numerose pietre una delle quali attinse Stefano
Antonio…………………La mischia sorta fra i due gruppi
contendenti è proprio una rissa, e cioè una lotta ed uno scambio di
atti ostili diretto a sfogare il reciproco risentimento; e non vi è
dubbio d’altro lato che i giudicabili vi abbiano preso una parte
molto attiva.”
Dalla sentenza n° 78 del Tribunale penale di Cosenza in data 11 Marzo 1922
(Fonte: Archivio Centrale dello Stato – Cosenza)
Si parla quindi di una mischia, di una vera e propria rissa nel
corso della quale sparano dieci persone (quelle assodate dal
tribunale) e molti lanciano pietre dal terrapieno posto nelle
vicinanze delle sette fontane. Nicola De Seta fu ferito gravemente e
cercò di fuggire risalendo Corso Garibaldi, in direzione S.Giacomo
ma crollò proprio nei pressi della chiesa, precisamente sul lato
destro delle scalinate di accesso alla stessa vicino ad un negozietto
di frutta e verdura. Accasciatosi venne ferito al collo con un
coltello da Luigi Russo. Nella notte furono arrestati 15 persone tra
cui: il Dott. Tarsitano Eugenio, il Dott. Natale Lo Gatto, l’avvocato
Raffaele De Luca, il maestro Francesco Itria, Luigi Russo ed altri.
Furono tutti scagionati e liberati subito mentre fu incriminato il
popolare Luigi Cinelli che più tardi venne assolto per legittima
difesa. I fermati debbono la loro immediata liberazione ai risultati
dell’autopsia eseguita dai Dott.ri Magnavita e Cinelli, coadiuvati
dallo studente in medicina, amico della vittima, Francesco Ferrari.
E’ utile, a questo punto, pubblicare integralmente quanto scritto dal
Dr. Ferrari (all’epoca studente) che partecipò insieme a due sanitari
( Dott.ri Magnavita e Cinelli) all’autopsia eseguita sul corpo dell’
amico fraterno, Nicola De Seta, con il quale condivideva la
passione per la caccia.
27
Ed ecco il secondo episodio, non in guerra, ma per politica.
Era il primo maggio del 1921 (trattasi di un errore perché fu nel
1920 - n.d.a) Io ero al quarto anno di medicina e chirurgia, ma mi
trovavo a Paola.
Si decise dai componenti del partito Popolare di solennizzare quel
giorno, e si procedette, nel pomeriggio, ad una dimostrazione.
Ciò parve una sfida al Partito Socialista.
In piazza, presso la fontana Vecchia, vi furono parecchi colpi di
arma da fuoco con oltre trenta feriti ed un morto, Nicola De Seta,
un giovane, valoroso soldato, che era presidente dell’Associazione
dei contadini di Paola.
Io ero compagno di caccia del deceduto e provai grave dolore per
la sua cruenta ed immatura fine.
Si procedette all’autopsia del cadavere e il dottor Cinelli, anziano
e valoroso chirurgo, volle portarmi con lui, per aiutarlo.
Io, in verità, prima non volevo, perché mi faceva pena di straziare
il cadavere del compagno; però dovetti cedere e a malincuore
accettai. Vi era anche il dottor Magnavita, più anziano ancora.
Ne furono arrestati 15 circa, tra cui i dottori Tarsitano e Logatto,
socialisti, accusandoli di avere sparato, chi col fucile e chi con la
rivoltella: ciò non era vero.
I due professionisti non erano in piazza e, se avessero sparato, non
si poteva obiettare, che da lontano, perché io, durante l’autopsia,
feci notare, che il proiettile, da pistola, aveva prodotto una ustione
all’entrata sulla ferita, quindi era stato sparato a breve distanza.
Ciò fu ammesso anche dai due sanitari, e per questo i due
professionisti furono liberati insieme con quasi tutti gli altri. Tra
gli arrestati era anche Luigi Russo, che aveva ferito il De Seta al
collo con arma bianca, ma dalla perizia risultò che la lesione era
lieve, quindi anch’egli fu liberato.
La Corte di Assise di Cosenza assolse l’unico accusato, Cinelli
Luigi, (il quale era anche innocente) per legittima difesa, perché fu
provato, che avesse sparato con una rivoltella.
Fonte: Francesco Ferrari, “Storia Folkloristica Drammatizzata di Paola e
memorie di Cosenza e della Calabria” – Paola, Tip. Fratelli Esposito 1962
(Volume unico conservato presso la Biblioteca Comunale “Roberta Lanzino” di
Paola).
28
Foglio di licenza illimitata del sergente Nicola De Seta
29
Capitolo secondo
Le indagini
30
Prima versione dei fatti - Cosenza, 1° Maggio 1920
Il testo del telegramma spedito dal Prefetto Andreoli, al Ministero degli Interni, da Cosenza il 1° Maggio 1920 alle ore 21,20.
Ricorrenza primo maggio in questo capoluogo e parecchi comuni
provincia furono tenuti comizi e cortei senza fino ad ora mi sia
segnalato alcun incidente tranne che a Paola. In questo comune
comizio tenuto nel mattino da partiti socialista e radicale passò
indisturbato ma nel pomeriggio partito popolare volle tenere altro
comizio e corteo. Sottoprefetto vietò manifestazione ma
appartenenti partito popolare vollero nonostante recarsi in piazza.
Dovendo passare davanti sede sezione socialista funzionario coi
carabinieri sua disposizione tentò arrestare marcia. Tardando truppa
che era stata chiamata verbalmente, carabinieri non poterono
resistere urto dimostranti che rotto cordone avviaronsi piazza.
Giunti presso sezione socialista partirono da questa colpi sassi
bastone rivoltella. Si esplosero oltre venti colpi rivoltella e furono
accertati per ora un morto e quattro feriti di cui due gravi.
Riservami comunicare eventuali ulteriori notizie.
Prefetto Andreoli
31
32
Seconda versione dei fatti – Cosenza, 5 Maggio 1920
Il testo del telegramma spedito del Prefetto Andreoli, al
Ministero degli Interni, da Cosenza il 5 Maggio 1920 alle ore 21,20
Sento dovere comunicare che si sta delineando altra versione circa
svolgimento incidenti avvenuti
1° maggio Paola che modificherebbe altra comunicata primo
corrente in base prime notizie avute da sottoprefetto. Mentre
riservami riferire dettagliatamente appena Sottoprefetto mi fornirà
elementi già richiesti, posso intanto dire che anche da parte
popolari furono dati colpi bastone esplosi colpi di rivoltella pare
anche da presidente lega popolare De Seta Nicola rimasto ucciso.
Rimasero complessivamente feriti nel conflitto 10 persone di cui 5
popolari quattro socialisti e un ragazzo.
Sul luogo trovansi procuratore Re e Giudice Istruttore per
accertamento responsabilità penali.
Pref. Andreoli
33
34
Paola, 5 Maggio 1920. Testo della relazione dettagliata del
sottoprefetto Casale inviata al Prefetto di Cosenza sui fatti del
1° maggio a Paola.
In questo capoluogo havvi un fortissimo attrito tra gli ascritti al
partito popolare che, dopo la vittoria conseguita nelle ultime
elezioni politiche, si approntano a conquistare il potere municipale
ed i seguaci della cessata amministrazione i quali intendono, ad
ogni costo, tornare al comune. I contendenti si schierano gli uni
contro gli altri anche negli attriti esistenti tra i ferrovieri così i primi
il 25 aprile scorso, in occasione della inaugurazione della bandiera
della associazione sindacale dei ferrovieri, diede al relativo comizio
e corteo di oltre mille persone, il contributo delle proprie forze.
Così, per ricambio, gli elementi ed i seguaci della cessata
amministrazione comunale vollero dare il loro contributo al
comizio indetto dalla sezione socialista, s’accordo con i ferrovieri
ascritti al Sindacato, per la festa del 1° maggio ed anche al relativo
corteo che, con le sezioni socialiste di S.Lucido e Falconara,
raggiunse un numero di oltre trecento persone. Così si sono viste ,
il primo maggio, persone finora mostratesi di fede monarchica
seguire, assieme ad impiegati municipali ed anche dello Stato, con
le guardie del comune, la bandiera rossa e nera e plaudire al grido
di: Viva il Socialismo. Peraltro, detto corteo si svolse
pacificamente, senza grida di abbasso come egualmente ordinato fu
il comizio tenuto in Piazza del Popolo, nel quale parlarono
l’insegnante elementare Itria ed il Prof. Mancini da costà. Questo
ultimo non si limitò alla illustrazione dell’origine e significato della
festa, ma fece un attacco al partito popolare in genere. Gli ascritti a
detto partito si erano allontanati giusta accordi e però l’oratore non
fu disturbato – sembrava quindi che, sciolto il corteo alle ore 12,30,
il resto della giornata dovesse trascorrere tranquillo- Ma pare che la
notizia dell’attacco Mancini sia stata subito portata all’on. Miceli
Picardi, qui fermatosi la sera precedente per non aver potuto
proseguire, a causa dell’astensione dal lavoro, per Cosenza. I
popolari che portarono tale notizia dovettero proporre un comizio
di contraddittorio in Piazza del Popolo- Io venni a conoscenza della
cosa alle ore 13,30 a mezzo del fratello e del padre dell’on.le ad
35
entrambi i quali feci subito presente la impossibilità, per le
tassative disposizioni della legge di P.S., di tenere il comizio quel
giorno stesso soggiungendo che ne sarebbe certo turbato, e forse
anche gravemente, l’ordine pubblico. Fu concretato , in presenza
del commissario di P.S. Morici Francesco, che il comizio sarebbe
stato rimandato all’indomani o ad altro giorno e che l’onorevole
sarebbe partito nell’automobile dell’ingegnere Capo del Genio
civile, qui di passaggio, cortesemente da lui messo a disposizione.
Subito dopo, verso le ore 14, il predetto Commissario di P.S.,
preoccupato come me delle conseguenze che il comizio avrebbe
potuto avere ed al fine di farle presenti a viva voce all’on. Miceli
personalmente, dietro accordi con me presi, si recò a casa di questi
ed ebbe da lui assicurazione che si sarebbe limitato a dire qualche
parola di saluto dal balcone di sua casa agli elettori che egli
avrebbe invitato subito a sciogliersi sul posto, partendo dopo con
l’automobile che io gli avevo procurato. Tale determinazione venne
esplicitamente confermata da un biglietto scrittomi dal fratello
Domenico recapitatomi alle ore 15, mentre era da me il R
Commissario di questo comune. Spersi, ad ogni buon fine, potere
anticipare la partenza del Miceli, pregando il colonnello del 18
fanteria, Cav Bardi, di dargli posto nel suo automobile che partiva
proprio allora (ore 15), ma disgraziatamente l’egregio colonnello
non potette tenere la mia preghiera avendo già troppa gente
nell’auto. L’intero abitato di questo capoluogo è attraversato da tre
strade parallele. La superiore “”Via Cristoforo Colombo”, mena da
un lato a Fuscaldo ed ha all’estremo opposto il palazzo Miceli.
L’inferiore Corso Garibaldi ha la piazza del Popolo, ove si tengono
i comizi, a pochi passi dalla Camera del lavoro- vicino poi alla
strada media “Corso Duomo” è sita la Caserma sede del Presidio
militare dove travasi la truppa già in precedenza consegnata ed a
portata di mano per eventuali bisogni, distando quasi ugualmente
dalla casa Miceli e dalla piazza Popolo.
Alle ore 16 venne da me il maestro della banda popolare
chiedendo, con mia sorpresa, licenza di suonare in un corteo che si
intendeva fare per l’onorevole Miceli alle ore 17, licenza che fu
subito negata. Contemporaneamente gli elementi della cessata
amministrazione comunale, con vari socialisti, fra i quali il maestro
Itria, l’avv. De Luca e tal Caruso Giuseppe con qualche facinoroso,
cominciarono ad agitarsi, essendo giunta improvvisa la notizia che
36
venivano da Fuscaldo i componenti della sezione del partito
popolare con banda. Riunitisi in numero di oltre cento, essi
volevano andare incontro ai fuscaldesi tanto che vennero a
colluttazione coi militari dell’Arma come dati dal Tenente sig.
Sartore, alle esortazioni del quale, il De Luca rispose in modo da
lasciar capire chiaramente l’intenzione di venire alle mani.
Intervenuto subito questo commissario di P.S. sig. Morici
Francesco e ristabilito poco dopo l’ordine, alle ore 17 si recò
nuovamente dall’onorevole Miceli per diffidarlo anche a mio
nome, di attenersi in modo assoluto al divieto in precedenza
comunicatogli. In risposta, il Miceli, confermò l’assicurazione che
non sarebbe uscito di casa evitando così il corteo ed il comizio in
piazza. “Erano le 17,15 riferisce il commissario Monici, quando
uscendo dal portone di casa Miceli, vide, provenienti da Fuscaldo,
venire per la Via Colombo, un 400 persone che raggiunsero la casa
Miceli, poco dopo, l’onorevole, pare costretto dagli accorsi, uscì
evidentemente per andare in piazza. Diedi subito ordine all’agente,
investigativo Lombardi Stefano di recarsi dal Comandante del
Presidio con la richiesta verbale di inviare in piazza tutta la truppa
disponibile (ore 17,20) e mi recai in piazza, dove alle 17,30 fui
raggiunto dall’agente Lombardo, il quale mi comunicava che il
Comandante del Presidio voleva la richiesta per iscritto, che
immediatamente feci e consegnai al carabiniere soggiunto
Parantelli Pasquale che di corsa la portò a destinazione. Intanto in
piazza, gli oppositori dei popolari, si agitavano sempre più e l’avv.
De Luca incitava dicendo che se i popolari si fossero avanzati verso
la piazza, si sarebbe fatto un “conflitto a fuoco” e perciò venne da
me vivamente redarguito ed anche dal Tenente dell’Arma che era
presente col maresciallo, 20 carabinieri e i due agenti investigativi
di questo ufficio. Tardando a venire la truppa, pensai di tagliare,
con la forza predetta, il passaggio al corteo dei popolari, al di sopra
della chiesa di S.Giacomo, ove la strada è larga circa 3 metri e lì
attesi. Alle ore 18,15, il predetto corteo, passando innanzi al
Presidio, scese da Via Rocchetta e giunse in vista della forza
schierata a contrastarne il passo. Intimai invano di sciogliersi e
siccome varie persone del corteo dissero che l’onorevole Miceli
avrebbe parlato dalla chiesa S.Giacomo, stimai, pur di evitare tristi
conseguenze , che ciò potesse consentirsi senza conseguenze
dell’ordine e perciò diedi libero il passo, intercettando la via al di
37
sotto della chiesa predetta, allo scopo di impedire loro di
raggiungere il gruppo avversario fermo presso la Camera del
Lavoro. Ma il corteo, lungi dal far parlare l’oratore dalla chiesa,
volle cozzare con la forza per raggiungere la piazza. Si sostenne
una accanita colluttazione che durò circa 10 minuti, durante i quali
potette resistersi alla pressione sempre maggiore della folla finchè
il cordone fu spezzato ed i primi comizianti si slanciarono di corsa.
Avvenne immediatamente il contatto, furono subito tirati colpi di
pietra, bastonate cui seguirono fulmineamente circa trenta colpi di
rivoltella con qualche fucilata anche dalle botteghe e balconi dove
gli oppositori erano in attesa. La lotta durò un minuto e quindi
tutti, atterriti dalla scena selvaggia, fuggirono lasciando sul posto
un morto, De Seta Nicola fu Francesco, di anni 36, Presidente della
Lega dei Contadini, popolare ed i feriti Bruno Ernesto di Enrico di
anni 9 popolare, Gravina Adalberto di Alberto anni 17 popolare e
Maselli Domenico fu Salvatore anni 38, socialista. Furono inoltre
feriti leggermente con arma da fuoco De Luca Raffaele di Florindo
anni 45, socialista, Meoni Roberto fu Francesco anni 27 socialista.
Camarda Giuseppe di Domenico anni 27 popolare- Raimondo
Caterina fu Vincenzo anni 32 con ferita arma da taglio alla mano
destra ed il marito Russo Luigi fu Fortunato di anni 34 pregiudicato
entrambi coniugi militanti per i socialisti (contusioni al capo) Lo
Bianco Antonio di Giuseppe anni 17 e Stefano Antonio anni 40
entrambi popolari feriti col colpi di pietra. Quindici minuti dopo
avvenuto il conflitto che si verificò alle 18,30 giunse la truppa.
Dalle indagini esperite sul posto subito si potè assodare che ad
uccidere il DE Seta era stato presumibilmente il pregiudicato Russo
Luigi che fu nella sera tratto in arresto. Si sono accertate anche
responsabilità a carico del maestro elementare Itria Francesco
socialista, dell’avv. De Luca Raffaele- socialista - Meone Pietro
ferroviere – socialista – Maddalena Arturo- ferroviere socialista -
Caruso Giuseppe ferroviere, socialista – e dei fratelli Tarsitano
Ernesto, negoziante, Eugenio, medico condotto ed Amabile
esattore, tutti denunciati per lesioni in rissa ed eccitamento all’odio
di classe al sig. Procuratore del Re giunto qui da Cosenza, del quale
si attendono i provvedimenti. Le indagini continuano e ritengo
accerteranno altri responsabili della selvaggia rissa. - Il contegno
serbato sia dal commissario di P.S. che dal Tenente dei R.R. C.C.,
38
dai militi dell’arma e dagli agenti d’investigazione fu energico e
contribuì ad impedire più gravi conseguenze.
Il Sottoprefetto firmato Casale
Per copia conforme - Cosenza 6 maggio 1920
Il Capo di Gabinetto
39
40
41
42
43
44
45
Paola, 9 Maggio 1920. Testo della relazione dettagliata
dell’Ispettore Generale Pugliese inviata al Capo Gabinetto
Presidenza del Consiglio. Roma sui fatti del 1° maggio a Paola.
I fatti di Paola si sono svolti nel modo già a cognizione di codesto
On.le Ministero. Al mattino del 1° maggio un comizio indetto dalla
sezione socialista del luogo e dal sindacato ferrovieri ed al quale
parteciparono le sezioni socialiste dei comuni di S.Lucido e
Falconara la società di mutuo soccorso Umberto I° e parecchi del
partito radicale che fa capo all’ex deputato O.le Pizzini e che conta
fra i suoi aderenti le persone più in vista del paese. Vi fu in piazza
ove di solito si tengono i pubblici comizi, un comizio del Prof.
Mancini di Cosenza che elogiando il socialismo criticò il contegno
e la origine degli altri partiti compreso il radicale. Alle ore 18.30 un
corteo numeroso del partito popolare rafforzato per la circostanza
dalla Lega contadini di Fuscaldo il tafferuglio con pochi socialisti
del luogo e con elementi del partito radicale le conseguenze
luttuoso avvenimento che si conoscono. Socialisti di Paola poco
numerosi raggiungendo appena il centinaio sono capeggiati dal
causidico Raffaele De Luca assessore anziano nella disciolta
amministrazione comunale radicale e dall’insegnante elementare
Francesco Itria lo uno e l’altro senza gran seguito e con scarsa
considerazione in paese. Sindacato ferrovieri di colore socialista e
in opposizione alla sindacale ferrovieri appartenente al partito
popolare conta circa 200 aderenti e per ragioni di disciplina di
partito dipende dalla locale Camera lavoro vive però a sé curante
più dei propri interessi di classe che desideroso di partecipare alle
questioni amministrative. A dimostrare solidarietà tra sindacato
ferrovieri e associazione socialisti di Paola si è affermato che
sciopero ferroviario del (…) attuato in tutto il compartimento di
Reggio Calabria su richiesta di questo sindacato ferrovieri fu
proclamato in segno di protesta contro aggressione patita dal partito
socialista il giorno innanzi e di solidarietà con le vittime di esso.
Così però non è giacchè è risaputo che lo sciopero fu voluto per la
difesa esclusiva intenzionata di classe e che esso cessò appena i
desiderata esposti furono pienamente accolti. Componimento di
questo sciopero rimase del tutto estraneo il sottoprefetto.
Celebrazione festa 1° maggio se fatta dalle sole associazioni
socialiste sarebbe passata tranquilla e inosservata in Paola, ebbe
46
invece importanza e interesse tutto locale per la partecipazione
insolita ad essa al seguito del socialista di forze costituzionali
raccolte nella società operaia Umberto I° e nel partito della
disciolta amministrazione comunale con a capo l’ex deputato On/le
Pizzini. Questo intervento non approvato da qualche maggiorente
dello stresso partito Pizzini non è stato nemmeno ben accetto
organi provinciali partito socialista Cosentino che apertamente
ripudiano ogni contatto con vecchia amministrazione di Paola che
come scrive giornale Cosenza parola socialista per farsi perdonare
il suo passato di vergogne cerca forse ora di nascondersi dietro
bandiera socialista ricordando come essa abbia per anni infestato
vita comunale partito radicale in modo da legittimare ogni reazione
contro di essa che è giustamente circondata da disistima in tutte le
classi cittadinanza. Metto in rilievo partecipazione forze
costituzionali e elementi vecchia amministrazione comunale
corteo socialista perché da essa ebbero origine fatti spiacevoli
1° maggio in cui non due partiti quello socialista e l’altro
popolare vennero in contrasto ma si ebbe una zuffa tra persone
del luogo che l’odio di parte tiene da tempo in stato di
inimicizia – Paola ha avuto sempre i suoi partiti; prima erano
le famiglie signorili che ogni loro attività consumavano nelle
sterili lotte sociali; gli aggruppamenti con identico contegno di
sprezzata avversione hanno preso soltanto altro nome: Il
partito radicale che fa capo all’O/le Pizzini e che comprende le
classi agiate del paese; quello popolare organizzato da un prete
scaltro per quanto poco scrupoloso e che è costituito in gran
parte da contadini che non vogliono più saperne dei signori ed
anelano alla conquista dell’amm.ne comunale. I dirigenti di
questo partito punti forse dalle parole vivaci dette dall’oratore
socialista all’indirizzo dei popolari e per la occasionale presenza in
paese dell’On.le Miceli-Picardi che diretto a Cosenza dove era stato
chiamato dai suoi amici per solennizzare la festa del lavoro erasi
dovuto fermare a Paola a causa dello sciopero ferroviario attuato
per tutto quel giorno decisero tenere anche essi pubblico comizio
nelle ore pomeridiane. Autorità politica fece subiti notare ai
promotori impossibilità del comizio mancando il preavviso nel
termine voluto dalla legge di P.S.
Fece presente all’On.le Miceli inopportunità di esso in quel giorno
e nelle ore pomeridiane colla quasi certezza disordini. Qualche
47
tafferuglio si era già avuto tra i soci della Vittorio Emanuele III° e
elementi socialisti locali e democratici senza conseguenze pel
pronto accorrere dell’arma. Il Deputato convenne in tale
considerazione e lui verbalmente e i suoi a mezzo di lettera
assicurarono il Sottoprefetto che egli si sarebbe limitato a
ringraziare dal balcone di casa gli amici che sarebbero andati a
salutarlo. Contrariamente agli affidamenti dati fu costretto
intervenire corteo e capeggiandolo si recò verso la Piazza ove si
sono sempre tenuti i comizi per arringare il popolo. Autorità di P.S.
cui non era riuscito di impedire formazione corteo cercò di
fermarlo in Piazza S.Giacomo al fine di non farlo passare sotto i
locali del circolo socialista ove erano ad attenderlo in atto
minaccioso aderenti al partito Pizzini e socialisti De Luca Itria e
qualche altro cui la detta autorità di P.S. aveva tentato anche di
desistere questi da ogni opposizione violenta di fare allontanare da
quel sito le persone che vi erano e parecchi si erano allontanati per
recarsi però al caseggiato vicino a nel circolo socialista da cui
furono lanciati sassi e partirono colpi di rivoltella contro corteo
popolari quando questi non accolta la precedente proposta del
Commissario di P.S. ed avuta ragione della resistenza oppostagli
per brevi momenti da Arma dei RR CC prese contatto con i pochi
socialisti rimasti a contrastare il passo ai dimostranti. Iniziatasi la
mischia che durò pochi istanti dagli uni e dagli altri si fece uso
delle armi, decisi i radicali ad opporsi a quella manifestazione
anche con spargimento di sangue come aveva pubblicamente
dichiarato il De Luca alla presenza anche del Commissario di PS
che ebbe perciò a redarguirlo dichiarandogli che lo avrebbe ritenuto
responsabile di ogni disordine, disposti e quindi preparati i popolari
a rintuzzare con ogni mezzo qualsiasi atto che sarebbe suonato
violenza a loro danno o menomazione della loro libertà riunione e
oggi che autorità giudiziaria procede con rigore accertamento delle
gravi responsabilità ed ha provveduto già allo arresto varie persone
tra cui il De Luca e i medici condotti Tarsitano e Logatto, oggi si
tenta da alcuni far ricadere la responsabilità degli avvenuti
disordini sulle autorità locali: sul Sottoprefetto che si accusa di
eccessiva arrendevolezza verso On. Miceli che doveva essere non
indotto a riconoscere la inopportunità del pubblico corteo ma
obbligato con ogni mezzo a rispetto legge; sul commissario di PS e
Tenente Reali Carabinieri che non ordinarono ai dipendenti
48
carabinieri – (erano 22 in tutto) – una resistenza ad oltranza
facendo magari uso armi per sciogliere corteo- E si dice che non fu
da essi a tempo richiesta ed impiegata la truppa consegnata perché
non si voleva proibire il corteo- Sta di fatto però che la truppa
consegnata perché non si voleva proibire corteo- Sta di fatto però
che la truppa venne richiesta dal Commissariato PS ma giunse con
ritardo per una cautela forse eccessiva da parte del comandante
deposito che non essendo ben sicuro della qualità di agenti della
forza pubblica, né in chi era andato in tutta fretta portarvi la
richiesta verbale del Commissario PS ed attenendosi strettamente
alle disposizioni date dai suoi superiori e per le quali la truppa in
servizio P.S. deve concedersi soltanto su richiesta scritta della
competente autorità, questa richiesta reclamò ed attese pur avendo
la truppa regolarmente consegnata in seguito ad ordine del
Sottoprefetto- In conclusione i fatti deplorati non si sarebbero
verificati se l’On. Miceli-Picardi avesse persistito nel proposito di
parlare dal balcone di casa sua mantenendo così anche l’impegno
preso col Sottoprefetto a voce e per iscritto e se avesse dato ascolto
al suggerimento opportuno del Commissario di P.S. di arrestare il
comizio nei pressi della piazza S.Giacomo ove avrebbe potuto
liberamente e con comodo parlare al pubblico, se i pochi socialisti
ed i pochi radicali del paese manifestando una suscettibilità fuori
posto ed una intolleranza non giustificabile avessero insistito nel
ritenere quella dimostrazione improvvisa come una ingiuria ed una
provocazione per loro e di tale entità; ed una altra da doversi
respingere con ogni mezzo- In realtà essi temevano che il corteo
popolare rafforzato dai componenti della lega di Fuscaldo con la
sua imponenza avrebbe cancellato troppo presto dall’animo della
cittadinanza la impressione suscitatavi a loro credere dalla
dimostrazione della mattina che doveva essere una rassegna ed uno
schieramento delle forze con le quali si sarebbe combattuto il
partito popolare nelle prossime elezioni amministrative- E la
imminenza delle elezioni à resi qui più violenti gli odi riaccesi con
l’aspra lotta politica creando uno stato di morbosa suscettibilità per
cui è facile trascendere ad atti inconsulti.
Ispettore Gle Pugliese
49
50
51
52
53
54
55
Paola, 30 Maggio 1920. Testo della relazione Riservata della
Prefettura di Cosenza inviata all’On.le Ministero dell’Interno,
Direzione generale della PS – Roma avente per oggetto: Paola –
Conflitto del I° maggio.
Facendo seguito al rapporto del 6 corrente di eguale numero,
pregiomi riferire a cotesto onorevole Ministero che, con ordinanza
23 corrente , l’Autorità Giudiziaria, ha disposto la scarcerazione dei
seguenti nove arrestati pei fatti di Paola del I° corrente:
Itria Francesco- socialista-
Maddalena Arturo id.
Lo Gatto Dott. Natale- seguace della passata amministrazione
comunale-
Tarsitano Dott. Eugenio- id
Tarsitano Ernesto- id
Tarsitano Amabile- id
De Luca Raffaele-socialista-
Sbano Giuseppe – popolare-
Camarda Giuseppe- id
I primi sette furono oggetto al loro arrivo a Paola di una
dimostrazione di amici e ferrovieri che li accompagnarono fino alle
loro case.
Il motivo della scarcerazione è da ricercarsi nell’esito delle ulteriori
indagini eseguite dall’autorità giudiziaria che avrebbero accertato
gravi indizi di reità pel delitto di omicidio del sig. De Seta Nicola a
carico tal Cinelli Luigi contro il quale fu emesso mandato di cattura
il 19 corr- eseguito il giorno dopo – La versione che avrebbe
provocato tale mandato di cattura sarebbe questa: che il Cinelli
Luigi, per difendere il De Seta, avrebbe esploso contro Russo Luigi
che aveva aggredito il primo a colpi di rasoio, un colpo, di
rivoltella che ferì, invece, il De Seta provocandone la morte- E
poiché la specifica imputazione fatta al Cinelli - come riferisce il
Procuratore del Re – è incompatibile con la imputazione di
concorso in omicidio a carico di tutti gli altri imputati ai sensi
dell’articolo 378 del Codice Penale, si è revocato per tutti il
56
mandato di cattura limitatamente a tale reato, si è concessa la
libertà provvisoria agl’imputati incensurati, per i quali il mandato
di cattura sarebbe giustificato dall’altra imputazione di concorso in
lesioni delle quali non si conosce il preciso autore. Intanto il
Sottoprefetto riferisce che si sarebbero accertate responsabilità
anche a carico di Siciliano Antonio e Vozza Angelo di Cosimo di
anni 33 da Taranto anche essi denunziati per omicidio e lesioni
qualificate in rissa nonché per eccitamento all’odio di classe.
Praticata una perquisizione in casa di tutti i prevenuti furono
rinvenute e sequestrate le seguenti armi: a Tarsitano Ernesto (però
si vuole che le armi siano del fratello Silvio coabitante col primo)
N 4 rivoltelle, delle quali, due non denunziate e perciò si è elevato
verbale a parte – a Gatto (Logatto n.d.a.) Natale una rivoltella, a
Maddalena Arturo una rivoltella, a Laudonio Alfredo tre rivoltelle,
a Gravina Alberto due fucili, a Camarda Giuseppe due rivoltelle, a
Tarsitano Amabile una rivoltella, a Tarsitano Eugenio un fucile, a
Sbano Giuseppe due rivoltelle - Dette armi, con appositi reperti,
sono state rimesse all’Autorità giudiziaria.
57
58
59
Armi sequestrate durante le perquisizioni
Armi sequestrate a Tarsitano Ernesto: n°. 4 rivoltelle, delle quali 2
non denunciate; a Gatto Natale: 1 rivoltella, Maddalena Arturo: 1
rivoltella, Laudonio Alfredo : 3 rivoltelle, Gravina Alberto: 2 fucili,
Camarda Giuseppe: 2 rivoltelle, Tarsitano Amabile: 1 rivoltella,
Tarsitano Eugenio: 1 fucile, Sbano Giuseppe : 2 rivoltelle. Gli
organizzatori del corteo dei popolari erano stati: Sbano Giuseppe di
Ercole di anni 26 e Maddalena Alfredo di Andrea di anni 28 da
Paola.
Il trigesimo della morte
Prefettura di Cosenza all’On.le Ministero dell’Interno - Direzione
generale della P.S. Roma
5 giugno 1920
Oggetto: Paola avvenimenti del 1°maggio
Il 2 corrente ebbe luogo a Paola la commemorazione di De Seta
Nicola, ucciso nel conflitto del 1° maggio. Alla funzione religiosa,
celebratasi alle ore 10 nella Chiesa del Rosario, intervennero, con
bandiere: società operaia Vittorio Emanuele III, Lega Contadini,
Sezione Sindacale Ferrovieri, Sezione AN Combattenti e Circoli
giovanili cattolici “S.Luigi” e “Nazionalista D’Annunzio”.
Alla uscita della chiesa, si formò, alle ore 11, un corteo che,
preceduto dalla banda musicale, ma al solo rullo del tamburo, si
diresse al cimitero. Furono disposte sulla tomba del De Seta corone
portate dalle associazioni predette e parlarono con molta
moderazione, limitandosi all’elogio delle qualità dell’estinto
concittadino e come soldato, Pisani Dott. Franco, Segretario della
locale Sezione del P.P.I. – Noce Angelo da Cosenza, in
rappresentanza della sezione di Cosenza- Avv. Carratelli Benedetto
per la sezione di Amantea – Prof. Reverendo di Cosenza - Comm.
AVV. R(i)occa Emilio, ed Avv. Francesco Miceli Picardi. Il corteo,
numeroso di circa mille persone, si sciolse senza incidenti alle ore
60
13.30, avendo tenuto,durante tutta la cerimonia, contegno calmo e
correttissimo generalmente rilevato ed ammirato. Alla
commemorazione aderirono con telegrammi: Segretario generale
politico del P.P.I. Don Sturzo, e numerose sezioni di comuni di
questa Provincia. Ordine indisturbato durante cerimonia e, durante
l’intera giornata, nessun incidente.
Il Prefetto
61
Relazione della prefettura di Cosenza inviata al Ministero dell’Interno, in data 5
giugno 1920 , in occasione del trigesimo della morte di Nicola De Seta.
62
63
Capitolo terzo
Alcuni protagonisti dei fatti del 1° maggio
On. Francesco Miceli Picardi (Partito Popolare
Italiano)
(Paola (CS) 21 aprile 1882 - Paola 18 dicembre 1954)
…(…)…..”Dico alla Camera questo - e i socialisti che mi
conoscono possono deporre se sono uso o non a dire la verità - che
nel pomeriggio alle quattro venne da me persona ad avvertirmi che
64
alcune persone di Paola, che non sono socialiste……erano decise
a tirar contro la dimostrazione popolare. Risposi alla persona, che
questo mi riferiva, che si fosse pure recato dall’autorità di
pubblica sicurezza ad avvertirla del fatto, ma che a me la minaccia
non faceva né caldo né freddo e che avrei tenuto il comizio. Difatti
nel pomeriggio la folla era tutta pronta, e attendeva soltanto che io
uscissi. Uscii. Percorremmo le vie della città nella massima quiete.
Arrivammo all’imboccatura della piazza, e trovammo su di una
linea in agguato queste tali persone, (dirò più tardi chi sono)
persone che non hanno nulla di comune né col socialismo, né coi
socialisti. Erano in agguato, e al mio invito tranquillo e sereno di
dare spettacolo di civiltà e di non compiere atti vigliacchi ci
risposero con una prima revolverata, seguita da altre e da colpi di
fucile! ………….Quei signori furono arrestati. Io non so quale sia
stata la loro abilità nel difendersi. Ma dopo vari giorni furono
messi in libertà provvisoria e fu mutato il titolo di imputazione da
quello di omicidio in quello di ferimento. L’arresto del Cinelli è
avvenuto su una deposizione, che io affermo falsa, di una mala
femmina…(…)……”
Dal discorso tenuto alla Camera dei Deputati dall’On. Miceli Picardi il 16 luglio
1920 (n.d.a. Il comizio era stato vietato dalle autorità di P.S.)
65
L’UNIONE ORGANO PROVINCIALE DEL P.P.I
Cosenza 3 Maggio 1920.
I FATTI DI PAOLA Ecco il racconto dei fatti avvenuti a Paola, il primo maggio, che
doveva essere la festa del lavoro. E’ un racconto che non teme
smentite, perché risulta da narrazione ufficiale. Al mattino, i
socialisti e i radicali tennero in piazza, il comizio per celebrare la
festa del lavoro e per dir male del Partito Popolare Italiano, come
fece uno degli oratori, l’avv. Mancini. Nessuno interruppe gli
oratori, nessuno protestò; non una parola, non un gesto che
turbasse, anche per poco, i festeggiamenti radico-socialisti. Più
tardi si seppe che i Popolari, provocati in quel modo, avrebbero
voluto tenere anch’essi, un comizio per affermare il loro punto di
vista. Il loro pensiero nella ricorrenza del Primo Maggio, tanto più
che si trovava in Paola il Deputato del Partito on. Miceli Picardi.
Ma i socialisti e i radicali – in piena solidarietà – fecero a loro volta
sapere che ai popolari non avrebbero permesso il comizio, ad ogni
costo anche a costo di versar sangue…- frase consacrata in rapporti
ufficiali. Allora i popolari furono pregati di rinunziare al comizio –
rinunziare cioè alla libertà di affermare il proprio programma e di
difendersi pubblicamente, come pubblicamente erano stati accusati
da socialisti e da radicali. E in parte rinunziarono. Nel pomeriggio
di quell’infausto giorno, una schiera di popolari si recò innanzi alla
casa de l’on. Miceli Picardi, che fu invitato a parlare. Ma a molti di
quella schiera non parve ragionevole essere così paurosamente
remissivi, da evitare assolutamente la piazza dove altri cittadini non
superiori in niente a ciascuno di loro, avevano, al mattino, potuto
dire, indisturbati tutto quello che avevano voluto dire. Il corteo si
mosse risoluto e ordinato. Giunto in vicinanza della casa in cui ha
sede il circolo socialista, una scarica di pietre, seguita tosto da una
scarica di colpi di rivoltella – vero fuoco di sbarramento – accolse
(si noti la parola accolse, consacrata in atti ufficiali) i popolari e
particolarmente quelli che erano in testa al corteo. Il momento fu
breve e tragico. Colpito a morte da un proiettile radico-socialista,
66
cadde il contadino Nicola De Seta, un giovane mite e valoroso che
era il presidente della Lega dei contadini di Paola. Caddero altri,
feriti mortalmente: fra questi un fanciullo a nome Ernesto Bruno,
figlio di cantoniere e il falegname Rodolfo Gravina. Al momento in
cui scriviamo ci sfugge il nome di altri feriti. Tutti e solo tra i
popolari. La tragedia diè subito luogo al terrore e quindi, come
suole avvenire alla confusione, allo sbandamento, e infine alla
calma. Così i radico-socialisti di Paola, al mattino poterono,
indisturbati, insultare pubblicamente i popolari a mezzo di oratori
avvocati, alla sera dello stesso giorno, poterono ammazzarne uno e
ferirne parecchi a mezzo di coraggiose e libere…rivoltelle. Il
giorno seguente, gli uccisori di inermi operai e di poveri fanciulli,
tentarono d’intimidire il Governo e gli agenti di esso, con minacce
di sciopero ed altro. Ma di ciò meglio a suo tempo. Ora basti che
nella coscienza di tutti gli onesti – e ce ne saranno, sfido io, in
Calabria, in Italia e nel mondo – resti chiaro, nella sua tragica
verità, il racconto di quello che è avvenuto a Paola, il Primo
Maggio, festa del lavoro. I commenti sono inutili. Il sangue
innocente di un contadino, di un fanciullo, di altri operai, rimane in
eterno su questo Radico-Socialismo di Calabria Citeriore. Tutte le
acque dell’oceano non basterebbero a lavarne una goccia sola.
Sangue che per noi è sacro per sempre, ed è sementa di vita.
67
Il numero de “L’Unione” del 5 Maggio 1920 in cui si ricostruiscono i fatti
avvenuti a Paola.
68
Resoconto dell’intervento dell’On. Miceli Picardi, alla Camera dei deputati, in
data 16 Luglio 1920
69
70
On. Pietro Mancini (Partito Socialista Italiano)
(Malito (CS), 08/07/1876 - Cosenza, 19/02/1968)
…(…)…“I Popolari sanno come si sono svolti i comizi del 1°
maggio in tutta la provincia: non un arresto, non il più piccolo
disordine, tutto è proceduto come soole procedere, cioè nel
massimo ordine, quando la forza pubblica fa del suo meglio perché
disordini non avvengano e gli altri partiti dimostrano di avere il
senso della responsabilità. Ma quando, come a Paola, si trova un
uomo come Francesco Miceli Picardi, che preoccupato soprattutto
della ripercussione che il Comizio ed il corteo rosso della mattina
del 1° maggio avevano avuto nella pubblica opinione di Paola, non
si rende conto dello stato d’animo della folla che egli guida e di
quella contro la quale la guida, è vano in tal caso parlare di ideali
cristiani, di lupi travestiti da agnelli, di premeditazione, di
71
designazione delle vittime, e dell’on. Miceli – Picardi…….armato
di un mazzo di fiori.”…(…)…
Da “La parola socialista” del 14 Maggio 1920
72
“la parola socialista” ORGANO DELLA FEDERAZIONE PROVINCIALE
14 maggio 1920
Son sempre loro!
I lavoratori tutti della nostra provincia sappiano dunque che il
socialismo cosentino, municipio della radicaleria massonica
“plaude all’assassinio di pacifici ed onesti lavoratori”
Così scrive L’Unione, organo del Partito Popolare. Tante parole,
tante menzogne dette, naturalmente, allo scopo di trasformare i
luttuosi fatti di Paola in speculazione politica ed elettorale.
Quale scopo si propongono di raggiungere i preti riferendosi ad
inesistenti rapporti tra noi socialisti e la radicaleria massonica
paolana o di altrove non riusciamo a comprendere. Non certo
quello di dividerci: perché, i popolari lo sanno benissimo, noi non
conosciamo partiti affini: per noi non c’è che il socialismo da una
parte e tutti gli altri dall’altra.
Il socialismo quindi del cosentino non è mancipio di nessuno: tutta
la sua azione è ispirata ad intransigenza assoluta verso tutte le
frazioni borghesi. E nemmeno plaude all’assassinio di pacifici ed
onesti lavoratori, come scrive L’Unione.
I Popolari sanno come si sono svolti i comizi del 1° maggio in tutta
la provincia: non un arresto, non il più piccolo disordine, tutto è
proceduto come soole procedere, cioè nel massimo ordine, quando
la forza pubblica fa del suo meglio perché disordini non avvengano
e gli altri partiti dimostrano di avere il senso della responsabilità.
Ma quando, come a Paola, si trova un uomo come Francesco
Miceli Picardi, che preoccupato soprattutto della ripercussione che
il Comizio ed il corteo rosso della mattina del 1° maggio avevano
avuto nella pubblica opinione di Paola, non si rende conto dello
stato d’animo della folla che egli guida e di quella contro la quale
la guida, è vano in tal caso parlare di ideali cristiani, di lupi
travestiti da agnelli, di premeditazione, di designazione delle
vittime, e dell’on. Miceli – Picardi…….armato di un mazzo di
fiori. I socialisti per la natura stessa della loro dottrina non possono
73
essere per la violenza come fine a sé stessa: tutta la loro
predicazione è improntata oltre che ai fini di rivendicazioni sociali
e di emancipazione del proletariato dalla schiavitù borghese, anche
ad un’alta opera di educazione civile. Ben lungi quindi dal plaudire
all’assassinio di pacifici ed onesti lavoratori, noi invece facciamo
carico ai popolari del sangue versato a Paola, non per una nobile
idealità, ma perché chi più ne aveva il dovere non seppe contenere
il proprio livore settario, e dimentico o non ebbe quel senso della
responsabilità che deve avere chi si fa guida di folle, specialmente
se meridionali, facilmente eccitabili e non ancora addestrate alle
lotte civili. Questo sentono, dicono e praticano i socialisti a
differenza dei profanatori
della dottrina, ispirata a mitezza, del biondo Nazareno, i quali
hanno anche in occasione dei luttuosi fatti di Paola, di sapere
eccitare tutti gli istinti bestiali della loro folla per spingerla con
mano armata al massacro. Non avevamo bisogno di quest’altra
prova per conoscere di che cosa sia capace la bieca ed insidiosa
anima clericale. La storia di tanti secoli è il migliore documento
della perfidia e delle male arti con cui il clero ha speculato sempre
sulla parte più brutta della coscienza umana. Ed ora rivolgiamo una
parola all’autorità giudiziaria, nelle cui mani è la sorte di tanti padri
di famiglia. Noi, com’è nostra abitudine, non invochiamo
indulgenza. Ma, sentiamo che, oltre che dal magistrato, gli attuali
imputati hanno il diritto di vedere giudicata l’opera propria da un
giudice non meno autorevole, che è il pubblico di Paola, che tutto
sa e quindi tutto è in grado di giudicare. Confidiamo perciò che il
magistrato risponderà come deve alla giusta aspettativa del
pubblico onesto, che attende la sollecita definizione dell’istruttoria.
74
Il numero de “La parola socialista” del 14 Maggio 1920 in cui si ricostruiscono i
fatti e si invitano le sezioni socialiste, della provincia di Cosenza, alla
mobilitazione in solidarietà verso gli arrestati.
75
Dopo la Liberazione d’Italia dal nazi-fascismo Pietro Mancini e
Francesco Miceli – Picardi si ritrovarono in Tribunale, a Cosenza,
nello stesso collegio di difesa.
Itria Francesco nel Bollettino delle ricerche: “Socialista da perquisire, segnalare
e vigilare.”
76
Itria Francesco (Partito Socialista Italiano)
di Leonardo e di De Pietro Raffaella, nato a Paola (CS) il 3
gennaio 1889, Socialista.
Il 1° maggio 1920, a Paola, prese parte al conflitto fra socialisti e
popolari nel quale vi furono un morto e quattro feriti, venendo
condannato il 13 marzo 1922 dal tribunale di Cosenza a cinque
mesi e 12 giorni di reclusione. Iscritto al partito socialista e in
contatto con l'on. Pietro Mancini, fu per diversi anni segretario del
circolo socialista e della Camera del Lavoro di Paola. Nel 1919,
insieme ad Ignazio Maselli, entrò a far parte dell’esecutivo
provinciale del Partito Socialista Italiano. Fu membro della
Direzione del giornale “La Parola Socialista”. Considerato, dal
Ministero dell’Interno, “pericoloso” il suo nome venne inscritto
nella rubrica delle frontiere ed in quella dei ricercati da arrestare.
Nel 1925 era membro della federazione provinciale socialista di
Cosenza e collaborava al giornale "La parola socialista", edito nella
città. Insegnante elementare a Paola, nell'ottobre 1926, non avendo
voluto prestare giuramento, fu licenziato. Essendosi quindi venuto
a trovare in una situazione di indigenza e dovendo provvedere al
sostentamento della famiglia, ai primi del 1927 emigrò in
Venezuela, dove trovò lavoro in una oreficeria. Da Maracaibo si
trasferì poi a Rio de Janeiro dove - al suo arrivo - fu ospitato dal
compaesano Vincenzo Perrotta, distributore del quotidiano
antifascista "Il Globo". Nella capitale brasiliana divenne anche
presidente della lega antifascista e collaboratore del giornale
socialista "Esquerda", sotto lo pseudonimo di Spartaco Romano.
Diventò socio, insieme a Vincenzo Perrotta della loggia
massonica "Fratellanza italiana", il cui presidente era
Tarsitano Giuseppe. Nel 1931 era iscritto nel bollettino delle
ricerche per il provvedimento di perquisizione e segnalazione e nel
1934 per il provvedimento di fermo in rubrica di frontiera, dalla
quale, non avendo più dato luogo a rilievi di natura politica, nel
1939 fu revocata l'iscrizione. Nel 1940 risiedeva ancora in Brasile.
In Brasile, dove fu costretto ad emigrare, dopo aver ricevuto
l’ostracismo dai fascisti paolani, ebbe contatti con le organizzazioni
comuniste ed al suo rientro a Paola militò nel Partito Comunista
Italiano fino alla sua morte.
77
(ACS –Min. interno –Dir.Gen. P.S. –Div. AA.GG.RR. – CPC, b. 2651, f. 3851,
cc. 112, 1925-1940)
Itria Francesco, negli ani ’60, seduto davanti alla Sezione del P.C.I. di Paola, che
allora era in Corso Roma, in compagnia del giovane dirigente comunista Eusebio
Imbroinise
78
Telespresso del Ministero degli Affari Esteri, in data 20 febbraio 1920, diretto al
Prefetto di Cosenza ed al Ministero dell’Interno sul conto di Itria Francesco.
79
Lettera riservata della Regia Prefettura di Cosenza, in data 23 febbraio 1927,
diretta al Ministero dell’Interno sul conto di Itria Francesco.
80
Raffaele De Luca
De Luca Raffaele (Partito Socialista Italiano)
di Florindo e di Mazzuca Pasqualina, nato a Marri, frazione di
S.Benedetto Ullano il 24/03/coniugato con Mannarino Maria,
Socialista. Di umili origini (il padre era bracciante e la madre
filatrice), in gioventù studiò a Napoli dove si laureò in
giurisprudenza. Fin da ragazzo
professò idee anarchiche e poi
socialiste. A Paola, dove
risiedette per un breve periodo,
prese parte alla fondazione della
sezione socialista e fu in
contatto con l'avvocato Pietro
Mancini. Nel marzo 1896,
trovandosi a Napoli dove
frequentava l'università, fu
denunciato per violenza contro
gli agenti della forza pubblica in
occasione di una dimostrazione
anti-africanista tenuta il 3 marzo
al teatro "San Carlo", venendo
81
assolto il 18 novembre successivo dal tribunale locale. Nel 1897 il
suo nominativo era incluso in un elenco di anarchici posseduto da
Errico Malatesta. Nel 1908, l’avvocato paolano, risulta tra i
componenti di un “Triangolo” massonico, autorizzato su richiesta
della loggia “Bruzia De Roberto”, in compagnia di Vincenzo
Baroni e Giuseppe Ciachero 11
. Nel 1912 venne costituita la loggia
massonica “Germinal” a cui aderirono, nel corso della sua
esistenza, complessivamente 37 iniziati; questa fu molto attiva
negli anni che vanno dal 1913 al 1915, operando presumibilmente
fino al 1919 perché, nel 1920 non compare più nell’annuario
massonico.Nel 1923 a Paola venne eretta la Loggia “Giuseppe
Garibaldi” con sede in Corso Cristoforo Colombo n. 19. De Luca
partecipò alla furibonda rissa tra popolari e socialisti
scatenatasi il primo maggio del 1920 a Paola durante la quale
venne ucciso il capolega cattolico Nicola De Seta e vi furono
numerosi feriti tra cui egli stesso che riportò ferite guaribili in
19 giorni. Candidato Socialista alle elezioni politiche del 1921 fu
tra i pionieri del movimento socialista in Calabria, diventando
popolarissimo a Paola, dove esercitava la professione di avvocato,
e nei paesi della costa tirrenica cosentina sia per le sue grandi doti
di umanità che per il suo coraggio e per l’infaticabilità con la quale
diffondeva i suoi ideali di libertà e di giustizia sociale. Nel 1926 si
trasferì a Roma, dove fu costantemente vigilato in quanto ritenuto
sovversivo pericoloso da arrestare in determinate contingenze. Nel
gennaio 1930 si recò a Napoli per motivi di lavoro venendo
fermato in quanto si stavano celebrando le nozze del principe di
Piemonte. Capeggiò tutte le lotte che si svolsero nel circondario
paolano , da quelle contadine a quelle dei ferrovieri. Fu più volte
aggredito, ferito, arrestato sottoposto ad angherie di ogni genere 12
,
avendogli i fascisti di Paola dato l’ostracismo dovette trasferirsi a
Roma dove diede vita al gruppo comunista "Scintilla" con Ezio
Lombardi, Francesco Cretara, Orfeo Mucci, Pietro Battara, Aladino
Govoni. Nell’Agosto del 1943 fu tra i fondatori del Movimento
Comunista d’Italia, entrò nel comitato esecutivo e divenne
direttore del giornale "Bandiera Rossa". Fu uno dei principali
organizzatori della distribuzione di volantini antifascisti davanti ai
cinema romani. Arrestato il 4 dicembre 1943,a seguito di una
delazione, fu rinchiuso a Regina Coeli, con l'accusa di stampa
clandestina ed organizzazione di bande armate. Interrogato,
82
ammise tutte le proprie responsabilità e il 24 gennaio del ’44 fu
condannato a morte dal Tribunale militare di guerra tedesco.
Rifiutò di firmare la domanda di grazia, ma riuscì lo stesso a
sfuggire all'esecuzione perché, grazie all'aiuto di alcuni antifascisti
che operavano all'interno del carcere, fu dichiarato "intrasportabile"
al luogo della fucilazione, a causa di una malattia. Uscì dal carcere
il 4 giugno, in concomitanza con la liberazione di Roma. Nel
dopoguerra continuò a militare nelle file del Movimento comunista
d’Italia. Nel ’47, a settantatrè anni, chiese l’iscrizione al Pci. La
federazione romana accolse la domanda ma la Direzione
Nazionale, respinse questa decisione. Raffaele De Luca, umiliato
dal rifiuto, si ritirò a vita privata. Morì il 6/4/1949.
(ACS –Min. interno –Dir.Gen. P.S. –Div. AA.GG.RR. – CPC, b. 1711, f. 26035,
cc. 68, 1895, 1911, 1927-1930 e 1933-1942; S13A, b. 5, f. 24, 1929-1930)
Scheda del Casellario Politico Centrale N° 26035 di De Luca Raffaele di
Florindo
83
Dichiarazione di riconoscimento di Partigiano Combattente dell’Avv. Raffaele
De Luca
84
“ De Luca Raffaele di Paola. Fermato a Napoli. L’On. Maraviglia dice che è
innocuo. Vecchio socialista ormai sfiatato. Telegrafare a Napoli”.
85
Lettera del Ministero dell’Interno, in data 8.02.1929, diretta al Casellario Politico
Centrale, provvedimento di “Ritiro abbonamento ferroviario”
86
Il Dott. Eugenio Tarsitano
a seguito delle indagini esperite nell’immediatezza dei fatti del 1°
maggio 1920, viene arrestato insieme ai fratelli Ernesto e Amabile.
Nelle loro abitazioni vengono sequestrate le seguenti armi: 5
rivoltelle, delle quali 2 non denunciate, e un 1 fucile.
.
Tutti e tre i fratelli, in seguito, chiedono e ottengono l’iscrizione al
Partito Nazionale Fascista (PNF) di Paola
Tarsitano Ernesto iscritto al P.N.F. dal 20.7.1923
Tarsitano Eugenio iscritto al P.N.F. dal 30.7.1923
Tarsitano Amabile (ex socialista schedato) iscritto al P.N.F. dal
21.04.1926
87
TARSITANO Amabile (SCHEDATO)
di Vincenzo e di Granata Isabella, nato a Paola (CS) l'11 giugno
1882, residente a Paola, coniugato con tre figli, frequenza classi
elementari, esattore, socialista.
Iscritto al partito socialista, il 6 maggio 1920 fu arrestato per avere
partecipato ai disordini avvenuti nel suo paese in occasione del 1°
maggio, ma poco dopo (il 24 Maggio) ottenne la libertà
provvisoria. In seguito diede prova di ravvedimento e nel 1924
ottenne l'iscrizione al PNF.
(Dai documenti in nostro possesso risulta essere iscritto al PNF di
Paola dal 21.04.1926).
Nel 1930 fu radiato dal novero dei sovversivi.
(ACS –Min. interno –Dir.Gen. P.S. –Div. AA.GG.RR CPC, b. 5037, f. 105287,
cc. 6, 1920, 1925 e 1930)
88
Prefettura di Cosenza
RISERVATA
TARSITANO Amabile di Vincenzo e di Granata Isabella, nato a
Paola (CS) l'11 giugno 1882, ammogliato a Chimenti Maria con tre
figli- classe 1882- , 3 Categoria.
Cenno biografico al giorno 7 ottobre 1920
Riscuote nessuna fama, è di carattere serio e di educazione
mediocre, intelligenza comune e scarsa cultura, ha frequentato le
classi elementari ed è occupato quale esattore delle imposte.
Frequenta gli affiliati al suo partito e con la famiglia si comporta
bene. Non ebbe mai cariche amministrative. E’ inscritto al partito
socialista ufficiale.
Fa poca o quasi nessuna propaganda nei rapporti del partito, però si
serve di esso per giovarsi nelle lotte amministrative locali. Serba
contegno indifferente colle autorità. Prese e prende parte a tutte le
manifestazioni di partito. Non è stato mai condannato né proposto
per l’ammonizione o domicilio coatto. Egli il 6 maggio u.s. fu tratto
in arresto in seguito a mandato di cattura del Giudice Istruttore del
Tribunale di Cosenza in data 4 stesso mese quale imputato del reato
di cui all’art. 374 cod. Penale, commesso nel conflitto avvenuto in
Paola il 1° maggio 1920. Il 24 stesso mese il Tarsitano ottenne la
libertà provvisoria. Il predetto non pare possa dirsi del tutto
pericoloso in fini politici, ma si ritiene capace in eventuali
occasioni di perturbamento dell’ordine di prendervi parte attiva.
Il Prefetto
Cosenza 18 ottobre 1920
89
90
Riservata della Prefettura di Cosenza sul conto di Tarsitano Amabile - Cenno
biografico al giorno 7 ottobre 1920
91
Note
1) Nella lettera di risposta alla richiesta del Prefetto formulata in data 23
gennaio 2010, a cura della Legione territoriale dei carabinieri di Catanzaro,
gruppo di Cosenza, (prot.llo n° 1/165 del 26 febbraio 1945, a firma del
T.Colonnello Comandante del gruppo Quintilio Di Nunzio, si forniscono, al
Prefetto di Cosenza, informazioni dettagliate sul conto di: Bruno Giordano,
Lamberti Baldassarre, Arrigucci Enrico, Gaetano Domenico, Trotta
Ernesto, Maselli Ignazio, Lattari Giacomo. Nella parte conclusiva della
lettera il Di Nunzio comunica che:
“ …(…)…Tutti i suddetti, ad eccezione di Trotta, sono stati iscritti al
disciolto (P.N.F.), ma non hanno rivestito cariche né avuto qualifiche di
sorta.(…)….”
2) Nel 1923 venne eretta in città la loggia “Giuseppe Garibaldi” con sede in
Corso Cristoforo Colombo. Tra gli associati: Antonio Orazio Perrotta,
Francesco Cascardo, Aturo Veltri, Francesco Valenza, Alfredo Sabato, e
Domenico Maselli. Il maestro venerabile era Vincenzo Baroni. Sempre nello stesso periodo venne costituita la “Germinal”, a cui aderirono nel corso della
sua esistenza complessivamente 37 iniziati. Tra questi: Agostino Guerresi,
Giuseppe Russo,Giovanni Pizzini, Michele Losso, Saverio Veltri, Giuseppe
Garritano, Giacomo Garritano, Raffaele Ciodaro, Alfredo Marino, Pietro De
Luca. La nascita di questa loggia fu preceduta dalla realizzazione di un
“triangolo” autorizzato nel novembre 1908, composto da Vincenzo Baroni,
Giuseppe Giachero e Raffaele De Luca.
3) L’On.le Miceli-Picardi non potè recarsi a Cosenza a causa di uno sciopero
ferroviario
4) Il quotidiano la parola socialista nell’articolo “Son sempre loro!” , con queste parole, condanna il mancato senso di responsabilità di Miceli Picardi:
“….(…)….chi più ne aveva il dovere non seppe contenere il proprio livore
92
settario, e dimentico o non ebbe quel senso della responsabilità che deve
avere chi si fa guida di folle…(…)…
5) L’unico dei fratelli Tarsitano schedato come socialista
6) Cfr. Leonardo Falbo, Fascismo e antifascismo in Calabria. Il caso di
Rogliano, Cosenza 1995, p. 71.
7) Bottino Giuseppe detto Peppino
di Francesco detto Augusto e di Cupello Pasqualina Raffaella, nato a Paola (CS)
il 9 gennaio 1889, residente a Paola, coniugato con sette figli, ex ferroviere-operaio, comunista. Nella notte del 28 giugno 1938 a Castrovillari furono affissi
manifestini di carattere sovversivo. Tre giorni dopo numerosi manifestini dello
stesso genere furono affissi in tre zone di Paola. Esperite le indagini, i sospetti si
orientarono sui noti sovversivi Giuseppe Bottino e Biagio Ganino, che in quel
periodo avevano dato segni di ripresa di attività antifascista ed antinazionale, si
tenevano in stretto contatto tra di loro e frequentavano assiduamente la
compagnia di socialisti e comunisti, tra cui Giuseppe Lattari ed Ernesto Trotta.
Da prove testimoniali risultò che nel tardo pomeriggio del 30 giugno Bottino e
Ganino erano stati notati ad un tavolo di un caffé in compagnia di uno
sconosciuto, già visto altre due volte a Paola ad intervalli di mesi, che
probabilmente gli aveva consegnato i manifestini incaricandoli dell'affissione. Il Bottino apparteneva a famiglia di pericolosi sovversivi: il fratello Antonio,
residente a Roma, era comunista schedato; l'altro fratello Giacomo, anarchico
schedato, già confinato e condannato dal TSDS, era sposato con l'anarchica Ida
Scarselli, sorella degli 'anarchici Oscar, Tito, Ferruccio,Ines Leda e Egisto.
Giuseppe Bottino, che non faceva mistero delle idee comuniste sempre
professate, era stato licenziato per motivi politici dalle FFSS, dove era impiegato
come conduttore capo. Fermato il 10 luglio e denunciato alla CP di Cosenza, con
ordinanza del 20 settembre 1938 fu assegnato al confino per cinque anni e
destinato a Tremiti e successivamente a Castelvecchio Subequo. Fu prosciolto
condizionalmente il 19 novembre 1942 nella ricorrenza del ventennale dopo aver
trascorso in carcere e al confino quattro anni, quattro mesi e 10 giorni.
(ACS –Min. interno –Dir.Gen. P.S. –Div. AA.GG.RR. – CP, b. 144, cc. 179,
1938-1942; CPC, b. 797, f. 135003, cc. 17, 1938 e 1943)
8) Ganino Biagio
di Pasquale e di Gatto Caterina, nato a Laureana di Borrello (RC) il 12 Marzo
1886, socialista, residente a Paola (CS), in Vico Castello N° 27,coniugato il
giorno 8/8/1918 in Paola con Panaro Antonietta, otto figli , barbiere. Si stabilì a
Paola nel 1918 dopo avere ultimato il servizio militare. Fino al 1922 militò nel
partito socialista; successivamente, pur non svolgendo propaganda, continuò a
professare i propri principi politici e a ricevere stampe antifasciste. Per tale
93
motivo il 1° dicembre 1926 fu diffidato, rifiutandosi, però, di firmare il relativo
verbale. Nel 1927 fu ammonito.
Nel giugno 1929 fu nuovamente diffidato dal frequentare i compagni di fede e
dal proseguire con loro corrispondenza epistolare, ma nonostante ciò persistette
nel suo atteggiamento, continuando anche a ricevere stampe antifasciste. Fu
inoltre licenziato dall'amministrazione ferroviaria per motivi politici e, dopo
essersi recato per qualche tempo a Milano, ritornò a Paola. Nel febbraio 1930, in
occasione del lutto per la morte di Michele Bianchi, incurante dell'ordinanza
podestarile di tenere temporaneamente chiusi i negozi, non volle chiudere la sua
bottega di barbiere e, all'ingiunzione dei vigili municipali, reagì con parole
offensive. Ammonito il 17 febbraio dalla CP di Cosenza, l'11 maggio 1931 fu prosciolto dai vincoli dell'ammonizione; nello stesso anno richiese più volte, ma
inutilmente, un passaporto per l'estero per motivi di lavoro. Nel 1932 si trasferì a
Roma, tornando a Paola il 27 marzo 1933. Fu continuamente sottoposto a fermi,
arresti e ad angherie di ogni genere. Considerato “pericoloso” il 3 Febbraio 1934,
in occasione di una visita in Calabria di Starace il quale, proveniente da
Belmonte C., si recava in stazione a Paola per raggiungere Cosenza, al mattino,
i Carabinieri Reali ed una Guardia Municipale si recarono presso la sua
abitazione per condurlo in Commissariato per un fermo, lo trovarono ammalato
di influenza con i suoi sei bambini, praticamente in miseria, e riferirono la
situazione al Commissario di P.S. Nel 1936, iscritto nell'elenco delle persone
pericolose da arrestare in determinate contingenze, tornò nuovamente a Roma venendo rimpatriato, previa diffida, a Laureana di Borrello nel luglio 1937. Dopo
qualche tempo ritornò a Paola. Arrestato dai Carabinieri il 10 luglio 1938 per
avere incollato sui muri manifestini sovversivi nei pressi di Piazza del Popolo,
del dopolavoro ferroviario e dell'ex caffé "Impero" di Paola, fu assegnato al
confino per cinque anni dalla CP di Cosenza con ordinanza del 20 settembre
dello stesso anno. Assieme al Ganino e per lo stesso motivo fu assegnato al
confino il paolano Giuseppe Bottino. Destinato a Tremiti e successivamente a
Castelmauro, Baronissi e Sala Consilina, il 29 dicembre 1942 fu liberato per
commutazione in ammonizione per motivi di salute dopo avere trascorso in
carcere e al confino anni quattro, mesi cinque, giorni 20.
Nel 1944 fu Segretario del Comitato di Liberazione di Paola, Segretario della
Camera del Lavoro e leader locale della sinistra filoanarchica di Unità proletaria. Il 2/4/1949 emigrò a Milano dove morì il 1 Gennaio 1951.
(ACS –Min. interno –Dir.Gen. P.S. –Div. AA.GG.RR. – AD, b. 60, f. 710 CS, sf.
24.1, 1930; CP, b. 454, cc. 176, 1938-1942, 1945-1946 e 1956; CPC, b. 2273, f.
61898, cc. 67, 1930-1942; S13A, b. 5, f. 24, 1930, 1932-1933 e 1939)
9) Bottino Giacomo
di Augusto e di Raffaella Cupello, nasce a Paola (CS) il 12 Febbraio 1897.
Giovanissimo emigra a San Paolo del Brasile e rientra in Italia nel 1919. Prende
casa a Formia, dove trova lavoro come stuccatore presso la ditta del costruttore di villini, l'ingegner Naretti. Nel 1921, in casa di Errico Malatesta, durante una
94
riunione conosce una giovane anarchica toscana, Ida Scarselli, "ospite"di
Malatesta poichè ricercata dalla polizia con l'accusa di aver partecipato, insieme
a gran parte della sua famiglia, allo scontro armato contro i fascisti del 28
febbraio 1921 a Certaldo (FI). Giacomo è molto conosciuto negli ambienti
anarchici e altrettanto nelle questure di mezz'Italia. Nell'aprile del 1922, a Roma,
viene colto in flagrante mentre distribuisce volantini di propaganda anarchica tra
i militari, arrestato per apologia di reato e accusato di incitazione alla diserzione
e alla disobbedienza. Per sfuggire alla morsa poliziesca dal Lazio si nasconde in
Sicilia, ma il 13 Febbraio 1927, a Messina, viene catturato e arrestato con
l'accusa di appartenenza ad organizzazioni e partiti disciolti e per propaganda
sovversiva e assegnato al confino per anni cinque da trascorrere nelle isole di Lipari e Ponza. Otterrà la libertà il 14 Febbraio 1932, per fine periodo, dopo
cinque anni e 2 giorni di confino. E' proprio durante il confino che sposa la sua
amata compagna Ida Scarselli, sorella dei temutissimi anarchici Ferruccio,
Egisto, Oscar, Tito, Ines Leda, alcuni dei quali avevano dato vita alla cosiddetta
"Banda dello Zoppo". Nel 1933 Giacomo e Ida vengono condotti al soggiorno
obbligato a Paola, in provincia di Cosenza. In questa cittadina del Tirreno
cosentino la crisi occupazionale è un vero dramma sociale e l'impiego gli viene
garantito solo fino all'ultimazione delle palazzine del nascente quartiere destinato
a ospitare le famiglie dei ferrovieri. Nel mese di settembre del 1933 Giacomo
scrive a Bruno Misefari, suo compagno di fede e di confino a Ponza che dopo
l’amnistia si trova a Reggio Calabria chiedendogli se può trovargli un lavoro. Ma la grave crisi occupazionale interessa tutta la regione e impossibilitato a svolgere
altri lavori, con la paura di non poter garantire alla famiglia il minimo
indispensabile per sopravvivere, si reca dal commissario prefettizio paolano, ne
nasce un alterco e viene da questi denunciato ed in seguito dichiarato agli arresti
per trenta giorni. Nonostante le pressioni dei fascisti locali, che non riescono a
piegarlo neanche con le minacce fisiche, il Pretore di Paola, con sentenza del 7
luglio 1933, assolve Giacomo Bottino per insufficienza di prove dalla
imputazione di minaccia a pubblico ufficiale. Nei pressi della Pretura si
riuniscono decine di operai che salutano l’assoluzione del loro compagno con
entusiasmo. In data 2 dicembre 1932, considerato lo stato di profonda crisi
lavorativa che attanaglia la città di Paola, Giacomo rivolge un’istanza al
Ministero dell’Interno finalizzata ad ottenere il passaporto per tutta la famiglia onde recarsi in Brasile, a Niteròi, dove vive un fratello che di mestiere fa
l’impresario edile. In una nota della Regia Prefettura di Cosenza del 30.5.1933
N. 457 diretta al Ministero dell’Interno si legge che non si è potuto dare corso
alla domanda perché non corredata dall’atto di richiamo. Dopo l'arresto, per
Giacomo e la sua compagna Ida, in attesa del figlio Germinal, diventa difficile
vivere a Paola e allora Giacomo decide di recarsi clandestinamente a Cosenza e
grazie ad alcuni funzionari dello Stato conosciuti al confino riesce a trovare
lavoro e a ottenere il trasferimento di tutta la famiglia nella città dei Bruzi. Il 27
marzo del 1939, due giorni prima della visita di Benito Mussolini a Cosenza,
Giacomo, Ida e molti altri antifascisti calabresi vengono arrestati, per misure
cautelari di polizia, e solo dopo due o tre giorni di detenzione vengono rilasciati. Caduto il fascismo, Giacomo riprendere appieno la sua attività politica e nei
95
giorni 10 e 11 Settembre 1944 si reca a Napoli per la riunione organizzativa dei
Gruppi Libertari dell'Italia liberata. Il 6 maggio 1945 è a Roma dove partecipa,
insieme a Nino Malara e Stefano Vatteroni, alla riunione della Federazione
Comunista Libertaria Laziale. Nei giorni 15, 16, 17, 18 e 19 Settembre del 1945
parte per Carrara dove partecipa al Congresso Nazionale quale rappresentante del
Gruppo Anarchico "Pietro Gori" di Paola, con la delegazione calabrese composta
da Nino Malara e Luigi Sofrà. Il 1° Settembre del 1946, a Cosenza, sarà la figlia
ventenne, Scintilla, a presentare alla folla radunata al Super Cinema Italia il noto
conferenziere anarchico Armando Borghi. Il primo maggio del 1946 sempre a
Cosenza, Germinal, secondogenito di Ida e Giacomo, seppur giovanissimo, viene
incaricato di portare la bandiera rosso-nera alla gigantesca manifestazione che si tiene in quella città per festeggiare, dopo vent'anni di dittatura, la festa dei
lavoratori. Ma è giunto il momento di voltare pagina, di dichiarare chiusa
l'esperienza italiana e allora il 5 gennaio 1947, la famiglia Bottino parte per
Roma dove risiede per soli 14 giorni; difatti, il 19 gennaio riparte per Napoli da
dove s'imbarca alla volta del Brasile, terra in cui approderà il 17 febbraio.
Finalmente si realizza il sogno coltivato da Giacomo nei momenti più tristi della
dittatura fascista: ricongiungersi al fratello imprenditore edile per cercare di
garantire alla sua famiglia una vita più serena. Ma il sogno di condurre una vita
"normale", di riprendersi piano piano dalle tante sofferenze patite, non si
realizzerà completamente. Negli anni della dittatura militare brasiliana a Niteròi,
un provocatore minaccia continuamente la famiglia Bottino. Un giorno, rivoltella in mano, il delinquente minaccia di morte il figlio Germinal, e dopo poco tempo
denuncia ai militari i contatti di Giacomo con degli anarchici brasiliani. Due
settimane dopo aver tenuto in casa sua una riunione con degli anarchici
brasiliani, Giacomo viene convocato in un ufficio segreto del governo militare,
ma grazie alla lunga esperienza italiana ne esce senza gravi conseguenze. Non
pago dei rischi fatti correre all'intera famiglia, il 14 settembre 1970, nel corso
dell'ennesima lite il rissoso confinante apre il fuoco contro Giacomo
uccidendolo. Dopo aver contribuito alla ricostruzione del movimento anarchico e
sindacale in Italia, in quel caldo paese, l'infaticabile "Giacomino", amico di
Errico Malatesta, marito di una delle prime donne condannate dal tribunale
speciale, cessa di vivere lasciando alla lotta la sua amata compagna Ida e i tre
figli Scintilla, Germinal e Spartaco.
(ACS –Min. interno –Dir.Gen. P.S. –Div. AA.GG.RR. – CP, b. 144, cc. 55, 1927-
1932; CPC, b. 797, f. 77758, cc. 92, 1922-1942; S13A, b. 5 CS, f. 24, 1932-1933
e 1939)
10) Scarselli Ida
Nasce a Certaldo (FI) il 17 luglio 1897 da Eusebio e Maria Mancini, casalinga
anarchica, viene arrestata dopo i fatti di Certaldo del 28 febbraio 1921, nei quali
fu coinvolta l’intera famiglia, e tenuta in carcere per un anno. Assolta per
insufficienza di prove al processo del 1925, si stabilisce a Roma, insieme al suo compagno, l’anarchico Giacomo Bottino. Nuovamente imprigionata al principio
96
del 1927 per aver raccolto fondi in favore dei detenuti politici, viene condannata
dal Tribunale speciale, il 23 luglio 1927, a 2 anni e 6 mesi di carcere, a 3 anni di
vigilanza e all’interdizione dai pubblici uffici, insieme a Giacomo Bottino, a
Giulio Montanari e a Elisa Veracini. Il 5 dicembre 1927 subisce la schedatura. In
carcere, dove ha con sé la figlia Scintilla (dalla unione con Bottino nasceranno
altri due figli: Germinal e Spartaco), nata da poco, Ida incontra la prof. Tina
Pizzardo, comunista, che la ricorderà così nelle sue memorie: “Era molto in
pena per il [fratello] più giovane, finito in Sardegna senza speranza di fuga.
Fuga che dal penitenziario di Volterra agli altri due era riuscita”. Rilasciata
nell’estate 1929, a pena interamente espiata, Ida viene proposta per il confino
dalla Questura di Roma. In contatto, tramite i comunisti francesi, con i fratelli Tito e Oscar, rifugiati in Russia, è assegnata al confino per cinque anni. Relegata
prima a Trani e in seguito nell’isola di Lipari, Ida presenta ricorso contro la
misura di polizia, ma l’appello viene respinto. Trasferita a Ponza il 2 agosto
1930, vi rimane fino al marzo 1932, quando viene rimessa in libertà e può partire
alla volta di Paola (Cosenza), dove si riunisce a Giacomo Bottino. Iscritta fra gli
antifascisti da arrestare in determinate circostanze e sottoposta a libertà vigilata
per 3 anni, è considerata, nel 1934, “avversaria irriducibile” del regime fascista e
nel 1937 è sorvegliata rigorosamente perché “serba immutati i suoi principi
anarchici”. Nel 1938 è “ritenuta pericolosa in linea politica perché “professa
apertamente” le sue idee politiche, e nel 1939, viene arrestata prima di una visita
di Mussolini nella città di Cosenza. Tre anni dopo è ancora “vigilata attentamente”. Dopo la liberazione, si trasferisce con la famiglia in Brasile, ove
Giacomo Bottino verrà ucciso, nel corso di una banale lite, da un rissoso
confinante. Ritornata nuovamente in Italia, a Roma, ospite della sorella Ines, nel
1973 avanza domanda al governo italiano affinché le vengano riconosciuti i
benefici di legge previsti per i perseguitati politici antifascisti e razziali e i loro
familiari superstiti. Nel 1975, accogliendo l’istanza, la Repubblica Italiana,
riconosce i suoi diritti e concede ad Ida un assegno vitalizio di benemerenza ed
uno di reversibilità di Giacomo Bottino. Muore a Niteròi, località vicino a Rio de
Janeiro, il 22 ottobre 1989, all’età di 92 anni.
(ACS –Min. interno –Dir.Gen. P.S. –Div. AA.GG.RR. – CPC, b. 4676, f. 13116,
cc. 80, 1927-1942; S13A, b. 5, f. 24 CS, 1932-1933 e 1939)
11) Cfr. Cambareri Rosalia. La Massoneria in Calabria dall’Unità al Fascismo.
Edizioni Brenner, Cosenza 1998.
12) F. Spezzano in Fascismo e antifascismo in Calabria. Lacaita editore
Manduria 1975 pag. 75 e 85 scrive: “A Paola nel luglio 1923 fu aggredito e
ferito l’avv. Raffaele De Luca. In una interrogazione (atti parlamentari del 10-7-
1923) Pietro Mancini così espose i fatti: “Alcuni militi sottoposti a giudizio
penale per violenza privata aggrediscono l’avv. De Luca percotendolo
ferocemente per vendicarsi dell’assistenza professionale che sospettavano prestasse al Rozza”. Si deduce facilmente che gli squadristi paolani non
97
consentivano nemmeno l’assistenza legale ai loro perseguitati. A Paola fu pure
aggredito e ferito , nel 1924, Francesco Mancuso.
“I Socialisti di Paola, aderendo a queste nuove direttive del comitato federale,
presentarono una propria lista di minoranza, ma le violenze e le minacce furono
tali che i candidati furono costretti a ritirarsi. Vennero aggrediti e feriti il
candidato Bottino e il dirigente De Luca”.
98
Appendice documentale
Interrogazioni parlamentari
99
5 maggio 1920. Interrogazione parlamentare dell’On. Argentieri
100
25 maggio 1920. Interrogazione parlamentare dell’On. Miceli Picardi
101
25 maggio 1920. Interrogazione parlamentare dell’On. Manes
102
Ministero dell’Interno – Telegramma in data 8 maggio 1920 – Rapporto incidenti
Paola spedito per espresso sera sei corrente
Ministero dell’Interno. Dispaccio telegrafico inviato al Prefetto di Cosenza in
data 3 maggio 1920.
Pregasi affrettare invio rapporto circa incidenti avvenuti Paola 1° corrente
103
6 maggio 1920. Lettera di protesta per gli accadimenti di Paola rivolti al
Ministero degli Interni da parte della Sezione del Partito Popolare di Scigliano
104
105
Ministero dell’Interno, Roma 30 maggio 1920. Si trascrivano le due
interrogazioni.
Risposta. Sui fatti di Paola si sono forniti già ampie informazioni……
106
107
Telegrammi, lettere di protesta e di
condoglianze
108
Lettera di protesta del Partito Popolare Italiano, Sezione di Fuscaldo, a firma del Segretario Francesco Santoro inviata al Ministero degli Interni in data 6 Maggio
1920.
109
Telegramma di protesta, inviato al Ministero degli Interni, dalla Cooperativa
pescatori di Cetraro.
110
Telegramma di protesta, inviato al Ministero degli Interni, dalla Associazione
giovanile di Cetraro
111
Telegramma di protesta, inviato al Ministero degli Interni, dalle leghe popolari di
Cetraro.
112
Telegramma di protesta, inviato al Ministero degli Interni, dalla Sezione del
Partito Popolare Italiano di Orsomarso, a firma del Segretario, Panebianco
113
Telegramma, inviato al Ministero degli Interni, dal Prefetto di Lecce Limongelli,
in data 4 maggio 1920, sullo Sciopero dei Ferrovieri di Taranto. Si era sparsa la
voce che negli scontri erano morti 4 ferrovieri
Telegramma di protesta, inviato al Ministero degli Interni, in data 4 maggio
1920, dalla Sezione del Partito Popolare Italiano di Rovito, a firma del
Segretario, Ripoli
114
Telegramma , inviato al Ministero degli Interni, in data 4 maggio 1920, dal
Prefetto di Lecce Limongelli circa lo sciopero generale di protesta Camera del
Lavoro di Taranto.
115
3 maggio 1920. Telegramma informativo sugli scioperi dei ferrovieri di Reggio
Calabria e Catanzaro.
116
Telegramma di protesta, inviato al Ministero degli Interni, dalla Sezione del
Partito Popolare Italiano di S. Vincenzo La Costa, a firma del segretario Delio
117
Telegramma di protesta, inviato al Ministero degli Interni, in data 5 maggio
1920, dalla Sezione del Partito Popolare Italiano di Parenti, a firma del
Segretario, Rizzuto
Telegramma di protesta, inviato al Ministero degli Interni, in data 5 maggio
1920, dalla Sezione del Partito Popolare Italiano di Paterno, a firma del Segretario, Brindisi.
118
Telegramma di protesta, inviato al Ministero degli Interni, in data 5 maggio
1920, dalla Sezione del Partito Popolare Italiano di Luzzi, a firma del Segretario,
Gallo.
119
Telegramma di protesta, inviato al Ministero degli Interni, dalla Sezione del Partito Popolare Italiano di Castrovillari, a firma del Presidente, Arguri.
120
Telegramma di protesta, inviato al Ministero degli Interni, dalla Sezione del
Partito Popolare Italiano di Cetraro, a firma del Presidente.
121
122
123
Telegramma della Regia Prefettura di Cosenza inviato, in data 6 maggio 1920, al
Ministero dell’Interno.
Arrestati giorno 5 maggio 1920: 1) Lattari Luigi – falegname
seguace cessata amministrazione comunale; 2) Maddalena Arturo –
ferroviere, seguace cessata amministrazione comunale; 3) Dott. Lo
Gatto Natale, medico condotto, id.; 4) Leonetti Francesco, barbiere
id. ; 5) Tarsitano Ernesto, commerciante id.,; 6) Tarsitano Dott.
Eugenio, medico, id.; 7) Tarsitano Amabile, esattore comunale, id.;
8) Sbano Giuseppe, popolare, 9) Laudonio Alfredo, id.; 10) Caruso
Giuseppe, ferroviere socialista; 11) Itria Francesco, insegnante
elementare, segretario sezione socialista. Sono piantonati perché
feriti, l’Avv. De Luca Raffaele, socialista, assessore della cessata
amministrazione e Camarda Giuseppe, ferroviere popolare, è stato
spiccato mandato di cattura.”
124
125
126
La sentenza
127
128
129
130
131
132
133
134
135
136
137
Le proteste dei ferrovieri
138
Il Prefetto Andreoli, in data 2 Maggio 1920, comunica al Ministero degli Interni
l’inizio degli scioperi ferroviari
139
Reggio Calabria, 2 Maggio 1920. Prefetto Coffari al Ministero dell’Interno:
“…….viva agitazione con spiccata tendenza sciopero…….”
140
Telegramma, inviato al Ministero degli Interni, in data 2 maggio 1920, dal
Prefetto Andreoli, sullo sciopero proclamato dai ferrovieri di Cosenza per
solidarietà con i colleghi di Paola
141
Telegramma, inviato al Ministero degli Interni, in data 3 maggio 1920, dal
Prefetto Andreoli, sullo sciopero generale di protesta proclamato dalla Camera
del Lavoro di Cosenza.
142
Telegramma, inviato al Ministero degli Interni, in data 3 maggio 1920, dal
Prefetto Andreoli, sull’accordo intervenuto fra ispettore e capodivisione
compartimento e ferrovieri sindacato.
143
La polemica sulla nomina di Sergio Pizzini a
sindaco di Paola
Lettera di assicurazione adempimento incarico inviata, in data 5 dicembre 1944,
dal Sindaco di Paola Sergio Pizzini al Prefetto di Cosenza.
144
Confederazione Generale Italiana del Lavoro
Camera Confederale del Lavoro di PAOLA e
Circondiario
Prot.llo n. 572 Paola 27-6-1945
On.le Comando alleato
Roma
Io sottoscritto Biagio Ganino segretario della Camera del Lavoro di
Paola ex confinato politico- giusto come è a conoscenza del signor
Maggiore Donald Little denuncio presso codesto On.le Comando
quanto appresso. Un mese fa il mare – deponeva sulla sabbia della
nostra spiaggia- il corpo di un cadavere identificato per un soldato
Inglese – il glorioso corpo veniva rimosso e trasportato al nostro
cimitero- tumulato nella nera terra a copro nudo la bassa pietà del
Sindaco sig. Sergio Pizzini gerarca fascista nipote del famigerato
senatore Maurizio Maraviglia non lo consigliò non solo a
tributargli tutti gli onori ma neppure di fargli una grezza cassa
funebre. Ieri giorno 26 c.m. si presenta una commissione Inglese
incaricata per la riesumazione dei Nobili resti e trovarono che il
milite glorioso giaceva con le carni alla terra. Quale amara sorpresa
fu quella dei suoi compagni quando constatarono che un loro
nobilissimo compagno era stato trattato in quelle condizioni quali
cattivo concetto non anno potuto concepire contro la
cittadinanza?... ma prego l’onorevole Comando alleato di credere
che la cittadinanza di Paola- non a nessuna colpa ed ignora tutta la
brutalità del sindaco Sergio Pizzini. Interrogai questo uomo nostro
sindaco - il perché non gli aveva tributato tutti gli onori al milite
che con la sua propria vita contribuì alla nostra libertà. Il signor
Sergio Pizzini Sindaco di Paola - protetto dal Prefetto di Cosenza -
fascistissimo mi rispose che lui e sempre un ardente fascista e che
se potrebbe struggere tutti gl’inglesi compresi gli antifascisti
Italiani commetterebbe tutto con piena coscienza e senza esitare o
rimorso. Per tanto prego a codesto On.le Comando di voler
mandare un funzionario di polizia sul posto e provvedere verso
quest’uomo scellerato. In attesa di un urgente vostro
provvedimento mi chiamo come sempre un simpatizzante ed
145
affettuoso amico della grande Nazione storica come grande
Inghilterra
Devot.mo Biagio Ganino – Paola Cosenza.
146
147
148
ALTO COMMISSARIATO AGGIUNTO PER
L’EPURAZIONE
DELEGAZIONE PROVINCIALE DI COSENZA
ELENCO DEFASCISTIZZATI ED
EPURANTI
COMUNE DI PAOLA
Trentatré- PIZZINI SERGIO: ex gerarca, nipote del senatore
Maurizio Maraviglia, per tramite del quale riusciva ad ottenere i
titoli di studio e il posto di direttore del patronato nazionale
sussistenza sociale di Cosenza. Profittava di detta carica per spillare
illeciti guadagni agli elementi operai che si presentavano a lui per il
disbrigo di pratiche di ordinaria amministrazione- In dipendenza
della seguente carica, si procura delle aderenze nelle gerarchie
fasciste della Provincia, che egli sfruttava poi per ottenerne dei
vantaggiosi personali illeciti lucri. SOSPETTO ADERENTE AL
MOVIMENTO NEOFASCISTA = PROBABILE
INTERMEDIARIO TRA IL CENTRO DI COSENZA E IL
NUCLEO LOCALE.
Per l’esecutivo
F.to Sganga Guido-
PER COPIA CONFORME ALL’ORIGINALE
LA DELEGAZIONE
149
Profilo di Sergio Pizzini redatto dall’Alto Commissariato aggiunto per
l’epurazione a firma Sganga Guido ( per l’esecutivo).
150
Documento redatto, nella sede del P.S.I. di Paola, in data 2 luglio
1945, dai rappresentanti dei partiti di sinistra
L’anno millenovecentoquarantacinque, il giorno due del mese di
luglio in Paola, nella sede del Partito Socialista.
Sono presenti i rappresentanti dei tre partiti di sinistra e
precisamente Socialista, Comunista e d’Azione, rispettivamente
nelle persone di Pisani Giovanni, Valle Vincenzo, Molino Luigi,
Oliva Orlando, Ciraulo Salvatore, Piccichè Bernardo, Fuoco
Salvatore e Gaudio Michele per il Partito Comunista; Giacomo
Lattari, Provenzano Agostino, Sganga Silvio, Trotta Ernesto, Lo
Bianco Arturo, Matera Leopoldo, Bottino Giuseppe per il Partito
Socialista; Virginio Gaetano, Romeo Domenico, Iovane Venturino
per il Partito d’Azione.
ORDINE DEL GIORNO
Sostituzione del sindaco e della giunta.
All’unanimità vengono nominati Presidente il Sig. Trotta Ernesto
del Partito Socialista e Segretario Vigiano Gaetano del Partito
d’Azione.
Aperta la seduta si dà lettura della lettera di protesta inviata dal
Partito d’Azione alla locale sezione Comunista e Socialista in data
1° luglio 1945, che si allega al presente verbale.
I partiti convocati aderiscono completamente a quanto contenuto
nella lettera di protesta di cui avanti, secondo la quale è menzionato
il patto che stabilisce che i posti di responsabilità non debbono
essere coperti da persone iscritte al defunto partito fascista o
comunque compromessi.
I Partiti della medesimi non intendono sopportare più oltre che il
sindaco di Paola Sig. Sergio Pizzini, gerarca fascista, presidente del
Patronato Nazionale fascista assistenza sociale di Cosenza, e
destituito il 25 luglio 1943, posto che ricoprì per interessamento
dello zio Maurizio Maraviglia ex membro del gran consiglio del
fascismo, continui a reggere le sorti del paese.
151
Pertanto s’invitano i membri della giunta rappresentanti i partiti
Socialista, Comunista e d’Azione a dimettersi dall’incarico fino a
quando non sarà provveduto secondo il deliberato convenuto nel
presente verbale.
Con riserva di fornire dettagliate notizie sul passato politico dei
membri della giunta attualmente in carica.
Si decide inoltre d’inviare copia del presente al Prefetto di
Cosenza, al Comitato Provinciale di Liberazione Nazionale, alle
rispettive federazioni dei suddetti tre partiti e al sig. sindaco del
comune di Paola. Si decide infine d’inviare telegrammi di protesta
a Parri, Nenni e Togliatti.
Del che il presente viene letto, confermato e sottoscritto.
(seguono tutte le firme autografe dei presenti): Pisani Giovanni,
Valle Vincenzo, Molino Luigi, Oliva Orlando, Ciraulo
Salvatore, Piccichè Bernardo, Fuoco Salvatore, Gaudio
Michele, Giacomo Lattari, Provenzano Agostino, Sganga Silvio,
Trotta Ernesto, Lo Bianco Arturo, Matera Leopoldo, Bottino
Giuseppe, Vigiano Gaetano, Romeo Domenico, Iovane
Venturino.
(Fonte: Archivio Centrale dello Stato di Cosenza)
152
153
Lettera inviata dal Ministero dell’Interno, in data 9 luglio 1945, al Prefetto di
Cosenza.
154
Lettera inviata dal Prefetto di Cosenza, in data 17 luglio1945, al Ministero
dell’Interno.
155
Lettera inviata da Massimo Caprara, segretario personale di Palmiro Togliatti, al
Prefetto di Cosenza, in data 25 luglio 1945.
156
LEGIONE TERRITORIALE DEI CARABINIERI REALI DI
CATANZARO
-GRUPPO DI COSENZA-
N° II/141-I RIS.PER.DI PROT Cosenza, lì 18 Settembre 1945 Risp. Al foglio n° 1973 del 25 Agosto u.s.
OGGETTO: PIZZINI Sergio- Sindaco di Paola
ALLA REGIA PREFETTURA DI COSENZA
Pizzini Sergio fu Pompeo Gustavo, nato a Paola il 9/2/1910, ivi
residente, benestante non risulta sia stato gerarca del cessato regime
fascista, al quale proveniente dal GUF, si iscrisse nel 1927.
Non rivestì cariche, né conseguì qualifiche fasciste. Egli è lontano
parente dell’ex gerarca Maurizio Maraviglia, il quale era cugino del
padre del Pizzini. Non risulta neanche che il Pizzini per il tramite
del Maraviglia sia riuscito a progredire negli studi o ottenere il
posto di direttore del patronato nazionale di assistenza sociale di
Cosenza. Per quanto riguarda gli studi conseguiti, risulta che il
Pizzini frequentò l’università ramo economico ramo scienze
economico-sociali senza conseguire però la laurea. Prima di
ottenere il posto di direttore del patronato nazionale di assistenza
sociale di Cosenza, istituto questo prettamente apolitico, e
preesistente al fascismo, il Pizzini dal 1935 al 1938 fu impiegato
come semplice scrivano giornaliero avventizio al governatorato di
Roma, da dove , nel 1939, promosso capo ufficio fu trasferito a
Parma. Nel maggio 1940 fu assegnato come direttore alla sede di
Cosenza. Ivi, nel 1942, poiché il patronato venne assorbito dai
sindacati, passò al posto di capo dell’ufficio assistenza del
sindacato dei lavoratori dell’industria, rimanendovi fino al gennaio
1944, data in cui i sindacati furono sciolti. Non consta che a Paola
Pizzini abbia profittato dei suddetti impieghi per spillare illeciti
guadagni agli operaio che si presentavano a lui per il disbrigo di
pratiche di ordinaria amministrazione. Non risulta neanche che egli
si sia procurato delle aderenze nelle gerarchie fasciste della
provincia e che le abbia sfruttate per ottenere dei vantaggi personali
illeciti lucri. E’ infondato che il Pizzini sia un sospetto aderente al
movimento neofascista che non esiste a Paola. Si fa riserva di
157
comunicare ulteriori risultanze a suo carico relativamente alla sua
attività svolta in questa città.
IL MAGGIORE COMANDANTE
Salvatore Calienno
158
Lettera inviata dal Prefetto di Cosenza, in data 20 ottobre 1945, al Ministero
dell’Interno
159
Telegramma a firma Pietro Nenni, in data 12 luglio 1945
160
“Per recarmi a Cosenza a conferire con la S.V. tre giorni fa,
dovetti prestarmi 20 lire per il biglietto e avendo perduto il treno
di mezzogiorno, rimasi costà digiuno per mancanza di mezzi fino alla sera.”
(Dalla lettera di D’Agostino al Prefetto di Cosenza)
La vicenda di D’Agostino Francesco Paolo, ferroviere
socialista
Foto segnaletica di D’Agostino Francesco Paolo
Il sindacato ferrovieri, S.F.I., protagonista delle lotte e degli scioperi negli
anni venti ricorda, con un manifesto, lo sciopero del 20-29 Gennaio 1920 ma,
nessuno studio, nessuna ricerca è stata compiuta sui numerosi ferrovieri
(oltre il 36% di tutti gli antifascisti schedati residenti a Paola) che vi
aderirono e che contribuirono, ad alimentare una stagione, seppur breve, di
opposizione al fascismo.
161
D'AGOSTINO Francesco Paolo
di Giovanni e di Carchidi Michelina, nato a Cittanova (RC) il 5
giugno 1887, residente a Paola (CS)- Cordoba (Argentina),
coniugato con cinque figli, ferroviere-venditore di biglietti della
lotteria, socialista. Impiegato presso le FFSS, fu licenziato nel 1925
per avere partecipato ad alcuni scioperi. Nel 1927, essendo
disoccupato, pieno di debiti e con una numerosa famiglia a carico,
chiese ed ottenne l'autorizzazione ad emigrare in Argentina, dove
poi si stabilì nel 1930 lasciando la famiglia a Paola. Qui trovò
lavoro dapprima presso un privato ed in seguito come venditore di
biglietti della lotteria. Non avendo più dato luogo a rilievi di natura
politica, nel 1933 fu proposta la sua radiazione dal novero dei
sovversivi.
Nel 1939 risiedeva ancora in Argentina, dove manteneva buona
condotta morale e politica.
(ACS –Min. interno –Dir.Gen. P.S. –Div. AA.GG.RR. – CPC, b. 1573, f. 78541,
cc. 15, 1927, 1930, 1932-1935 e 1939-1939)
162
Seconda pagina del fascicolo del C.P.C., contenente i dati anagrafici, i connotati
e la foto di D’Agostino Francesco Paolo.
163
Paola lì 2 Gennaio 1927
Ill.mo Sig. Prefetto di Cosenza
Sapevo - per quello che in merito si era vociferato qui a Paola - che
col 1° Gennaio 1927, sarebbe stata soppressa la locale
Sottoprefettura e accolsi lieto, la promessa fattami dalla S.V.Ill.ma
di esaminare benevolmente la pratica per il mio espatrio. Quando-
in conseguenza della detta soppressione- il rilascio dei passaporti
per tutta la provincia sarebbe stato devoluto a codesto On.le Ufficio
di Prefettura Pensavo perciò che, al più, avrei perduta la partenza
del 1° Gennaio ma avrei potuto fare in tempo a sbrigarmi per quella
del 12 and.
Ma la Sottoprefettura è tutt’ora in funzione mentre lo stato di
assoluta miseria in cui mi dibatto da nove mesi non consente attese
e perché la S.V. Ill.ma possa rendersi esatto conto di quelle che
potrebbero essere le conseguenze di una mia protratta permanenza
in Italia ove, soprattutto per l’entità della mia famiglia, non mi
riesce possibile assicurare il pane quotidiano alle nove persone che
la compongono, le espongo , qui appresso i dati di giudizio.
1° Avendo ricevuto dal Sig. Dott. Giuseppe Maraviglia
affidamento sicuro che mi sarebbe stato rilasciato il passaporto e,
nell’attesa, non disponendo di mezzi di sussistenza, ho dovuto
vendere quel po’ di masserizie, oro ed oggetti diversi che avevo,
agli inquilini del palazzo Calabria ove abito.
2° Debbo dare due mensilità arretrate per fitto alloggio al padrone
di casa Prof. Pasquale Calabria.
3° Fra i negozianti di Paola non c’è più chi mi faccia credito di un
solo chilo di pasta, perché è notorio che debbo ancora pagare i Sig.
Siciliano Ercole, Nicola De Rosa, Eboli, Anastasio per forniture di
generi alimentari, rispettivamente per lire 230 – 143 – 320- 270.
4° Non c’è più panettiere che mi dia a credito un solo pane essendo
notorio che ho ancora da pagare
lire 465 al forno Perrotta , lire 175 al forno Francesco Calabria e
lire 200 al forno Mauro.
5° Ho un residuo di debito di lire 480 verso Stefano Logiudice, lire
164
65 verso G.Bottino per confezioni e mercerie fornitemi nel passato
recente.
6° Sono in debito di lire 300 col farmacista Sganga di lire 30 col
Dott. Cinelli e di lire 200 col Dott. Roberti per medicinali e visite
mediche.
7° Quest’anno, per assoluta mancanza di scarpe, vesti e libri
non ho potuto fare iscrivere alle scuole alcuna delle mie quattro
bambine che nell’anno scorso frequentarono con molto
profitto.
8° Non c’è più chi mi faccia un soldo di prestito perché è notorio
che ho preso danaro, senza poterlo restituire dal Capostazione
Tardioli di Paola, e Bucchi di Scalea per lire 200 ciascuno; dal
Capotreno Chiurazzi di Cosenza, per lire 60; dal Sig. Raffaele
Grassia per lire 150; dal Rag. Cesario Urbano per lire 80; dal Sig.
Scambia Vitaliano per lire 500; dal Sig. Bottino Antonio per lire
285; dall’Ing. Guida Raffaele per lire 1.300; dall’Avv. De Luca per
lire 200; e da tanti e tanti altri, per somme diverse, per i quali per
non allungare indefinitamente la citazione, ometto nomi e cifre.
9° Non posso più avere un soldo dalle banche essendo notorio che
non ho potuto ancora decimare lire 900 avute dalla Banca di
Calabria, lire 225 avute dalla Cassa di Risparmio e lire 2800 avute
dalla Banca Rurale, da servire queste ultime per l’espatrio.
10° Per recarmi a Cosenza a conferire con la S.V., tre giorni fa,
dovetti prestarmi 20 lire per il biglietto ed avendo perduto il treno
di mezzogiorno rimasi costà digiuno per mancanza di mezzi fino
alla sera. Non può mancare alla S.V. la possibilità di assumere
sollecite informazioni e se uno solo dei dati esposti le risultasse
inesatto mi neghi pure il diritto alla vita né io mi lagnerò.
Contrariamente a quanto ha potuto dirle sul mio conto quel famoso
Capostazione Gioia, sta di fatto che io, pur avendo appartenuto al
partito socialista, fino al 1921, sempre da gregario, non ho mai in
nessuna occasione svolto propaganda socialista o antifascista, né
con lo scritto né con la parola, non fui mai arrestato né fermato per
misure di P.S. o altro, non ho mai ricoperto cariche rappresentative
o posti di responsabilità. Ho scioperato, ma fui largamente punito
disciplinarmente prima, con l’esonero dopo. Mi spetta ancora
l’ennesima punizione per la stessa mancanza? E dopo l’esonero, e
dopo tutto quanto ho sofferto in questi quattro anni, mentre
sull’orlo del precipizio senza fondo, tendo la mano per aggrapparmi
165
al fuscello nella speranza di scampare, vedo uomini che lungi dal
correre in aiuto, misurano e discutono con in mano un metro
politico sulle mie presumibili gradazioni di capacità di denigrare la
Patria e il Governo, e sulle responsabilità che dovrebbero accollarsi
acciuffandomi pei capelli e tirandomi al salvo. Le responsabilità
esistono di fatto e sono gravissime davvero; ma di altro ordine:
sono morali soprattutto. Voglio sperare che dinanzi all’appello che
un padre di famiglia le rivolge con l’animo straziato per non poter
sfamare i propri bambini, la S.V.Ill.ma si compiacerà di sorvolare
sulle formalità, dandomi la possibilità di recarmi al lavoro presso i
miei parenti di Argentina; mentre da parte mia Le assicuro, sulla
vita dei miei figli, che lungi dal pentirsi, avrà motivi di compiacersi
nell’intimo della sua coscienza, dell’aiuto prestatomi in questo
momento decisivo per le sorti mie e della mia famiglia.
Col massimo rispetto, di Lei devotissimo
Francesco Paolo D’Agostino, ex sottocapo F.F.S.S.
Paola
166
Lettera autografa scritta da Francesco Paolo D’Agostino al Prefetto di Cosenza
in data 2/1/1927
167
168
169
170
Lettera del Ministero dell’Interno, in data 23 Marzo 1930, diretta al Ministero
delle Comunicazioni contenente l’informativa su un’istanza rivolta dalla Sig.ra
Campisi Concetta, moglie di D’Agostino Francesco Paolo a Mussolini per la
riammissione in servizio del marito.
171
Alcuni fogli del registro degli iscritti al PNF (Partito Nazionale
Fascista), Fascio di Paola, firmato dal Segretario Politico Prof.
Giuseppe De Martino
Dott. Tarsitano Eugenio (partecipò agli scontri del primo maggio 1920) e
Sganga Temistocle (figlio del socialista Silvio).
172
Tarsitano Amabile (ex socialista, partecipò agli scontri del primo maggio
1920)
173
Camarda Giuseppe (ex popolare, partecipò agli scontri del primo maggio
1920)
174
Miceli-Picardi Domenico (ex popolare, partecipò agli scontri del primo
maggio 1920)
175
Bruno Giordano, futuro dirigente della sezione del Partito Comunista di
Paola.
(Durante il ventennio si potevano ricoprire incarichi negli enti pubblici solo dopo
aver prestato giuramento di fedeltà al fascismo ed essersi iscritti al PNF, ecco
perché, la maggior parte degli antifascisti, come nel caso del maestro elementare
Francesco Itria o dei ferrovieri Biagio Ganino e Giuseppe Bottino avendo
rifiutato il giuramento e la tessera, per sopravvivere, furono costretti a emigrare oppure a svolgere lavori umili o attività autonome artigianali come il barbiere, il
ciabattino ecc.)
176
BIBLIOGRAFIA
Antonioli M. [et al.], Dizionario Biografico degli Anarchici
Italiani, a cura BFS edizioni, Pisa 2003 -2004, 2 v.
Acs , Min. Int., Rirez. Gen. P.S., Div. AA. GG. E RR., 1920, Cat.
K9, B. 81, Fascicolo: “Cosenza. 1° maggio”
Acs Tribunale di Cosenza sentenze penali b. 77,11 marzo 1922
cc. 1-8.
A.A. V.V. Paola. Storia cultura economia. Rubbettino editore,
1999.
Cambareri Rosalia. La Massoneria in Calabria dall’Unità al
Fascismo. Edizioni Brenner, Cosenza 1998.
Carbone Salvatore, Il popolo al confino. La persecuzione fascista
in Calabria, Cosenza 1977.
Cordova Ferdinando, Il fascismo nel Mezzogiorno: le Calabrie.
Ed. Rubbettino, Cosenza, 2003.
Ferrari Francesco, “Storia Folkloristica Drammatizzata di Paola
e memorie di Cosenza e della Calabria” – Paola, Tip. Fratelli
Esposito 1962, pag. 175
Misefari E. - Marzotti A. ”L’avvento del fascismo in Calabria”.
Pellegrini editore Cosenza, 1980.
Pagliaro Alessandro, “La vera storia di Nicola De Seta”. Il
Quotidiano della Calabria, Sabato 1 ° Maggio 2004, pag. 26.
Pagliaro Alessandro, “Dalla Liberazione al continuismo”. Il
Quotidiano della Calabria, Domenica 24 Aprile 2005, pag. 28.
177
Pagliaro Alessandro, “Comunisti col grembiule. Il caso di Ciccio
Itria”. Il Quotidiano della Calabria, Domenica 20 Marzo 2005,
pag. 30.
Pagliaro Alessandro, “Il brindisi galeotto di Maione”. Il
Quotidiano della Calabria, Domenica 1 ° Maggio 2005, pag. 26.
Pagliaro Angelo, Giacomo Bottino e Ida Scarselli : Storia calabro
– toscana d’amore e d’anarchia. Rivista Storica dell’Anarchismo
Anno 11 – N° 1 -Gennaio – Giugno 2004. Biblioteca Franco
Serantini. Pisa.
Pagliaro Angelo, I Dimenticati. Confinati politici paolani
antifascisti ed altri ribelli durante la persecuzione fascista. Luigi
Pellegrini Editore, Cosenza 2004.
Pagliaro Angelo, Il Sarto Rosso. L’attività clandestina di Carlo
Antonio Alò, “corriere” del P.C.I. e di altri ribelli durante la
persecuzione fascista. Grafiche Gaetano Gnisci, S. Lucido 2004.
Pagliaro Angelo, Paolani emigranti e ribelli. Carte di polizia di
anarchici paolani emigrati in Sudamerica all’inizio del XX° secolo.
Grafiche Gaetano Gnisci, S. Lucido 2006.
Pagliaro Angelo, “Il Gruppo libertario cetrarese- Emigrazione e
coscienza anarchica: carte di polizia di sovversivi cetraresi in
Argentina”, Klipper , Cosenza, 2008
Pagliaro Angelo, Ritratto di due anarchici in Calabria: Giacomo
Bottino e Ida Scarselli. Rivista Calabrese di Storia del ‘900.
ICSAIC, Cosenza 2/2006-2008 nuova serie
Pagliaro Angelo, Profili. Giacomo Bottino, una anarchico
calabrese tra due dittature. Umanità Nova, n. 2, 18 gennaio 2009,
anno 89.
178
Romano Attilio, “Nicola De Seta martire delle lotte per il lavoro e
per la democrazia”. TuttoPaola N° 29
Sangineto Isolo, I calabresi nella guerra di liberazione. 1° I
partigiani della provincia di Cosenza. Pellegrini, Cosenza, 1992
Savaglio Antonio, “Francesco Miceli Picardi tra Luigi Sturzo e
Alcide De Gasperi” (l’uomo-l’avvocato- il politico) – Gaetano
Filice – Cosenza , 1994
Spezzano Francesco, Fascismo e antifascismo in Calabria.
Lacaita editore-Manduria, 1975
Taddei Berardo, Donne processate dal Tribunale speciale 1927-
43, Verona,1969
179
Indice
Premessa metodologica sull’uso critico delle fonti di polizia..pag.4
Schede biografiche…………………………….……………….…..pag.5
Ringraziamenti……………………………….………………..…..pag.5
Prefazione……………….…………………..………………..…….pag.6
Capitolo primo
La storia di Paola tra revisionismi, rimozioni e silenzi……pag.9
Paola nel primo dopoguerra tra crisi politica e economica..pag.16
Le precondizioni che portarono agli scontri del 1° maggio
1920………………………………………………………………...pag.17
L’omicidio De Seta e il complotto antisocialista…………….pag.21
L’autopsia di Nicola De Seta……………………………….…..pag.25
Capitolo secondo
Le indagini…………………………………………….…….…pag.29
Prima versione dei fatti - Cosenza, 1° Maggio 1920………pag.30
Seconda versione dei fatti – Cosenza, 5 Maggio 1920……pag.32
Armi sequestrate durante le perquisizioni……………….…pag.59
Il trigesimo della morte………………………………..pag.59
180
Capitolo terzo
Alcuni protagonisti dei fatti del 1° maggio………….………..pag.63
On. Francesco Miceli Picardi (Partito Popolare Italiano)....pag.63
On. Pietro Mancini (Partito Socialista Italiano)………….....pag.70
Itria Francesco (Partito Socialista Italiano)…………..……..pag.76
De Luca Raffaele (Partito Socialista Italiano…….………..pag.80
Appendice documentale
Interrogazioni parlamentari…………………………….……pag.98
Telegrammi, lettere di protesta e di condoglianze………….pag.107
La sentenza………………………………………………..……pag.126
Le proteste dei ferrovieri………………………………………..pag.137
La polemica sull’elezione di Sergio Pizzini a sindaco di
Paola…………………………………………………………….pag.143
La vicenda di D’Agostino Francesco Paolo, ferroviere
socialista………………………………………………………..pag.160
Alcuni fogli del registro degli iscritti al PNF (Partito Nazionale
Fascista) Fascio di Paola………………………………..…pag.171
Bibliografia…………………………………………………..pag.176
181
Paola, primo maggio 1920, ore 18.30. Durante una manifestazione
non autorizzata si scatena, nel corso principale del paese, una
grande rissa. Si fronteggiano, da una parte i radical-socialisti e
dall’altra i popolari. Il vero movente dello scontro è l’odio che da
anni cova negli animi esacerbati di vari gruppi politici e familiari
contrapposti. Si lanciano pietre, ci si prende a bastonate e si spara
da ambo le parti con rivoltelle e fucili. Qualcuno pensa che sia
giunto il momento di farla pagare all’On.le Domenico Miceli-
Picardi che, irresponsabilmente, nonostante le raccomandazioni
dei responsabili dell’ordine pubblico, è sceso dalla sua abitazione
per marciare in testa al corteo verso la sede socialista. Un colpo di
arma da fuoco a lui indirizzato attinge, per sbaglio, Nicola De
Seta, il capolega dei contadini poveri paolani. De Seta, colpito a
morte, si accascia esanime al suolo e, come se non bastasse, viene
aggredito e ferito a colpi di rasoio. Chi ha sparato? Il colpo
mortale è partito da un balcone o dal terrapieno? Le testimonianze
raccolte sono le più diverse. Vengono arrestati popolari, socialisti
e massoni che verranno rilasciati dopo qualche giorno. Si redige
una relazione autoptica che, paradossalmente, scagiona tutti e,
grazie alla “provvidenziale” testimonianza di una "mala
femmina", viene accusato dell’assassinio un certo Luigi Cinelli,
militante dello stesso partito della vittima. Nonostante alcune
evidenze che contrastano con la verità ufficiale, la propaganda
clericale ha ormai preso il via e Nicola De Seta diventa un martire
della violenza rossa. Nei documenti pubblicati in questo libro le
verità nascoste di un caso che, dopo novant’anni, è ancora aperto.
182
Angelo Pagliaro si è laureato presso l’Università degli Studi di
Milano. Dottore agronomo specializzato in divulgazione agricola, è
funzionario dell’ARSSA. E’ socio dell’I.C.S.A.I.C. (Istituto
Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia
Contemporanea) di Cosenza. Già collaboratore della rivista
Veronelli EV, oggi scrive per la stampa libertaria. Giornalista
pubblicista, rivolge i suoi interessi scientifici verso la storia delle
culture e delle colture locali, del circuito terra-prodotto-relazioni
sociali per una contadinità responsabile. Ha pubblicato I
Dimenticati, confinati politici paolani antifascisti ed altri ribelli
durante la persecuzione fascista (2004); Il sarto rosso,l’attività
clandestina di Carlo Antonio Alò, “corriere” del P.C.I. e di altri
ribelli durante la persecuzione fascista (2004); Paolani emigranti e
ribelli, carte di polizia di anarchici paolani emigrati in Sudamerica
all’inizio del XX secolo (2006); Il gruppo libertario cetrarese.
Emigrazione e coscienza anarchica: carte di polizia di sovversivi
cetraresi in Argentina (2008). Vive, studia e lavora a Paola (CS).