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LEX ET RELIGIO. UNA NOTA INTRODUTTIVA Prima parte Il sintagma
lex et religio si adatta bene alle ricerche in corso in questi
anni. In occasione della celebrazione del cosiddetto editto di
Milano del febbraio del 313, Costantino domina la scena degli
studiosi del tardoantico (molti congressi, conferenze,
pubblicazioni di ogni tipo, ricerche storiche e numismatiche,
mostre e articoli anche sui giornali), della storia del
cristianesimo antico e dello studio del diritto romano. Infatti la
tematica proposta per questanno 2012, nel nostro Incontro annuale,
nonostante tante attivit, ha riscosso una vasta risposta
internazionale. Segno del suo interesse. Largomento dei pagani e
cristiani nella societ del quarto secolo e della prima met del
quinto, la legislazione imperiale, lapplicazione e linterpretazione
di questa vasta produzione, restano ancora al centro dellinteresse
alla luce di nuovi strumenti di ricerca e di nuove sensibilit.
Il titolo della mia nota introduttiva e del titolo dellIncontro
di questanno riprende una frase di Cicerone (Pro Cluentio 58,
159)1, alla quale siamo portati ad attribuire un significato un po
diverso rispetto allintenzione ciceroniana, anche tenendo presente
le mutate condizioni politiche, sociali e religiose a partire dagli
inizi del quarto secolo. Orosio, agli inizi del V secolo, scriveva
ubique patria, ubique lex et religio mea est (Orosio V, 2, 2). Si
constata in questo caso una permanenza linguistica e un cambiamento
semantico dei termini: il termine lex assume ora anche altri
significati (es. lex christiana; Christus legem dat), come pure il
termine religio, che si arricchisce di altre sfumature e contenuti.
Il termine lo stesso, ma la sua risonanza del suo significato e
portata diversa nelle persone degli inizi del quinto secolo.
Insieme con esso anche il contenuto della parola superstitio, sia
nei testi cristiani che in quelli legislativi, viene capovolto
rispetto ad autori come Svetonio (Nero 16), Tacito (Ann. XIV, 4) e
Plinio (Ep. 10, 96). Avviene un rovesciamento linguistico: la
religio romana nelle leggi diventa superstitio e la superstitio
christiana, secondo lantica definizione di Plinio il giovane e di
Tacito, diventa la vera religio gi a partire degli inizi del terzo
secolo nel linguaggio cristiano. Altrettanto
1 R.J. Goar, Cicero and State Religion, Amsterdam 1972.
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10 ANGELO DI BERARDINO
avviene per la legislazione religiosa, in quanto secondo lantica
tradizione romana, che mutando permane, le leges devono regolare il
culto come presupposto della identit romana dei cives. Durante i
christiana tempora la legge imperiale non divorzia dalla religione,
che in qualche modo resta parte dello ius publicum (riguarda il
populus) e lintervento legislativo nella protezione dei cristiani
cattolici quindi si giustifica pienamente secondo la visione
tradizionale. Ora la lex concerne non solo la religio licita o
illicita, ma anche la religio vera (o catholica o orthodoxa),
creando cos nuove relazioni tra Impero e cristianesimo, pur
nascendo e sviluppandosi la distinzione tra imperium e sacerdotium.
Nel quarto secolo sorgono nuove figure di reato: i nuovi delitti
contro la sessualit, la religione e lindirizzo
costituzionale-amministrativo dellImpero. Si introduce il concetto
di eresia (termine che prima aveva altro significato), che
considerata come un crimen; anche lapostasia religiosa punita, se
si diventa pagani (CTh XVI, 7, 1); anzi per il testamento tali
apostati sono considerati absque iure romano (CTh XVI, 7, 2).
Leresia qualcosa di nocivo alla res publica e pertanto va
eliminata. Il titolo primo del XVI libro del CTh si intitola de
fide catholica e il quinto titolo de haereticis. La categoria dei
crimina publica, perseguibili da qualsiasi cittadino, nel periodo
tardoantico si amplier con altri crimini (es. la relazione di una
donna libera con uno schiavo: CTh IX, 9, 1).
Le parole non sono dei contenitori vuoti, ma pieni di
significato a seconda delle categorie culturali nelle quali vengono
usate. Il cristianesimo inizialmente si presenta nel mondo giudaico
come una nuova via; quando si trasferisce nel mondo greco una
filosofia, una nuova filosofia e un modo di vivere, a cui si
aggiunge laggettivo di vera, in quanto rivelata. Come dice Eusebio
dellapologista Milziade, che scrisse ai reggitori del mondo
unapologia della filosofia che egli seguiva (Eus., HE V, 17, 5).
Taziano scrive nel suo Discorso ai Greci: Ora ritengo che sia utile
dimostrare che la nostra filosofia pi antica delle discipline che
sono presso i Greci (31). Alla met del terzo secolo Cipriano esorta
i cristiani con queste parole:
Carissimi fratelli, noi invece che siamo filosofi non a parole,
ma con i fatti, e mostriamo di essere saggi non con un determinato
modo di vestire, ma attraverso la verit, perch conosciamo la virt
per esperienza pi che per esortazione (De bono pat. 3).
Nel mondo latino il cristianesimo si percepisce subito come
religio, ma non la solita religio romana tradizionale, la vera
religio, a partire da Tertulliano e Minucio Felice. Il termine lex
si riferisce sia alle leggi imperiali che al cristianesimo (lex
christiana), mentre religio comprende sia la religione pagana che
quella cristiana. Giustino definisce il cristianesimo come la sola
filosofia sicura e giovevole (Dial. 81,) e pertanto quella
vera.
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LEX ET RELIGIO. UNA NOTA INTRODUTTIVA 11
I termini singoli di religio e lex hanno una lunga storia alle
spalle e uno sviluppo semantico, e sono relazionati tra di loro. La
radice latina leg-, legare, comune ad ambedue, sia a lex che a
religio. Anzitutto il termine lex indicava la legge religiosa, poi
esso si laicizzato per assumere significati nuovi: la legge emanata
da qualcuno (dal popolo, da un personaggio, e successivamente
dallimperatore); accanto alla legge scritta, esiste quella non
scritta. oppure un insieme di leggi in senso collettivo (un codice
legale), o sistema giuridico (lex romana, lex romana visigothorum).
Alla base del termine lex c lidea di convenzione, di contratto
espresso tra due persone o due gruppi, e in ci che la lex
differisce da ius formula dettata2. La legge deve essere scritta e
promulgata.
Il termine religio 3 come viene spesso ricordato citando le
fonti latine, ha il prefisso di re-, che indica una ripetizione.
Nigidio Figulo fa derivare il termine religio da relegere; questa
etimologia accettata dal suo amico Cicerone nel De natura deorum
(II, 28, 72)4 e nella citata opera Pro Cluentio 5: quindi re (di
nuovo) e legere, nel senso di scegliere, eleggere, distinguere,
considerare attentamente. Cicerone sta spiegando laggettivo
religiosus, che esprime un atteggiamento attento, riflessivo,
meticoloso, anche in modo eccessivo (scrupoloso). Unaltra
spiegazione, meno diffusa, invece fa derivare religio da religare
(unire, connettere), cio da re-ligare. Lattanzio, un convertito al
cristianesimo, il primo che sostiene questa opinione, che poi
accettata da Servio. Scrive: Il nome religione deriva dal vincolo
della piet, in quanto Dio che si lega luomo e lo unisce con la
piet6.
Letimologia di Lattanzio ha una connotazione religiosa cristiana
e ha avuto molto successo nella tradizione occidentale. Anche
Agostino segue questa interpretazione: unobbligazione verso la
divinit7. Queste due etimologie si ripetono a seconda degli autori
e delle preferenze. In ogni caso, il significato primitivo di
religio quello di scrupolo.
2 A. Ernout A. Meillet, Dictionnaire tymologique de la langue
latine, Paris4 1967,
353. 3 W.W. Fowler, The Latin history of the word Religio,
Oxford 1908; P. Joon,
Ltymologie de religiosus dans Cicron et un trait caractristique
de lhomme religieux en Isral, in Recherches de Science Religieuse
26 (1936), 181-185.
4 Poi culto reso alla divinit: P. Joon, Ltymologie de
religiosus. 5 M. Sachot, Origine et trajectoire dun mot: religion,
in Revue de philosophie ancienne
21 (2003), 3-32, qui p. 5. 6 Nomen religionis a vinculo pietatis
esse deductum, quod hominem sibi Deus relegaveri et
pietate construxerit (inst. VI, 28, 12). 7 Jan den Boeft, Some
Etymologies in Augustines De Ciuitate Dei X, in Vigiliae
Christianae 33 (1979), 242-259.
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12 ANGELO DI BERARDINO
Dobbiamo aggiungere che il termine religione nei nostri tempi
molto usato nella storia delle religioni e nelle discussioni
politiche attuali, ma il suo contenuto concettuale non identico al
contenuto veicolato dal latino religio, termine tipicamente latino
che anche nella latinit ha subito una variazione nel tempo. Esso
stato usato da Plauto in poi per indicare una qualche relazione con
la divinit. Cicerone usa il termine talvolta in connessione con
altri: pietas, sanctitas, etc. Ma ci sono anche altri termini come
cultus deorum, caerimoniae, ritus, sacra, res divinae.
Lespansione dellimpero porta ad unevoluzione dellantica
religione romana, che si confronta e interagisce con le religioni
di altri popoli. Si insiste sul culto pubblico e approvato (sacra
publica), anche con laccettazione e il riconoscimento di alcuni
culti stranieri8. Invece nel culto privato cera maggiore libert.
Dal periodo tardo repubblicano in poi religione viene ad indicare
un insieme di pratiche pubbliche negli atti pi importanti della
vita sociale e politica e nella vita famigliare e una variet di
credenze.
Esse andavano osservate con scrupolosa attenzione secondo la
categoria del diritto pubblico (ius publicum, che abbraccia anche
lo ius divinum) e delle istituzioni politiche, totalmente distinte
da quelle che possiamo dire oggi teologiche o personali. I
sacerdoti romani dovevano conoscere bene quello che era permesso
fare o non fare, le parole che si potevano dire o non dire, il
tempo fasto o nefasto, cio il tempo degli di e il tempo degli
uomini, i sacrifici congrui e le vittime adatte, in ordine a
conservare la pax deorum (la pace con gli di)9. Tutte le
manifestazioni della vita pubblica del popolo romano erano connesse
con la religio. Era importante conoscere lo ius divinum per sapere
sempre la volont degli di, che assicuravano la grandezza e la forza
dellimperium populi romani 10. Esso appartiene allo ius publicum,
in quanto, come scrive Ulpiano, riguarda la condizione della res
publica romana: Publicum ius in sacris, in sacerdotibus, in
magistratibus consistit (D. 1, 1, 1, 2)11. Il concetto di pubblico
abbraccia anche altri settori della sacralit romana, per esempio
edifici o altre cose sono sacri solo se sono stati consacrati con
una cerimonia pubblicamente dalle persone incaricate (pontefici o
magistrati). Come dice Marciano: Sacrae autem res sunt hae, quae
publice consecratae sunt, non private: si quis ergo privatim sibi
sacrum
8 Livio: tamquam veterum religionum memores, et peregrinos deos
transtulimus Romam et instituimus novos (V, 52).
9 R. Orestano, I fatti di normazione nellesperienza romana
arcaica, Torino 1967, 114; M. Sordi, Pax deorum e libert religiosa
nella storia di Roma, in La pace nel mondo antico, a cura di M.
Sordi, Milano 1985, 146-154.
10 Ius Divinum, a cura di J.I. Arrieta, Venezia 2010 (per la
storia di questo concetto).
11 V. Marotta, Ulpiano e limpero, I, Napoli 2000, 153 ss.
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LEX ET RELIGIO. UNA NOTA INTRODUTTIVA 13
constituerit, sacrum non est sed profanum (D. 1, 8, 6, 3 =
Marciano 3 Inst.)12. Le Institutiones di Giustiniano naturalmente
rispecchiano levoluzione avvenuta con la cristianizzazione, per cui
tale affermazione subisce un adattamento alla religione cristiana.
Infatti si dice: Sacra sunt quae rite et per pontifices (vescovi)
deo consacrata sunt, veluti aedes sacrae et dona, quae rite ad
ministerium dei dedicata sunt (Inst. 2, 18).
Gli atti cultuali della religione romana avevano lo scopo di
assicurare sempre la pax deorum. Secondo Ulpiano la iurisprudentia
deve tenere conto della summa divisio rerum, concetto accolto nel
Digesto: Summa itaque rerum divisio in duos articulos diducitur:
nam aliae sunt divini iuris, aliae humani (Gaius, Inst. 2, 2 = D.
1, 8, 1 pr.)13.
Le pratiche religiose, essendo connesse con le istituzioni
pubbliche, allora ogni civitas, nel senso di citt-stato, ha la sua
religione, come si esprime Cicerone: ogni citt ha la sua religione
(sua cuique civitati religio: Pro Flacco 28, 70). O come dice
Tertulliano: Unicuiquae etiam provinciae et civitati suus deus est
(Apol. 24, 8). Questo il principio del politeismo, per cui non
esiste la distinzione tra di veri e quelli falsi. Ci sono tante
religiones (alienae religiones14) quanto sono gli stati, anche se
si ammette lannessione di divinit in un altro stato o lemigrazione
di divinit. In questa emigrazione quelle religiones non accettate e
non riconosciute ufficialmente sono considerate superstitiones. I
pontefici romani dovevano aggiornare la lista dei nomi delle
divinit. La superstitio, da superstites, qualcosa che sopravvive,
ma non ha ragione dessere; nel campo religioso un rito o insieme di
culti non ufficialmente riconosciuti dalle autorit. In quanto la
superstitio qualcosa di barbara, exitiabilis, vana, malefica,
prava, immodica, etc. (cf. Tacito, Ann. XV, 44, 5; Sve., Nero 16,
3; Pl., Ep. 10, 96 per il cristianesimo). Essa una religio illicita
come si suole dire abitualmente, cio non ammessa dalla legge15. Il
termine religio viene ad indicare solo la religio licita, quella
dei cittadini, e superstitio indica la religio illicita. Per
Lucrezio, traduttore di Epicuro, ogni religione una superstizione,
ma qui
12 Cf. G. Crif, Dimensions de la lacit dans lexprience romaine
tardive, in Les
frontires du profane dans lantiquit Tardive, d. par . Rebillard
C. Sotinel, Rome 2010, 75-97, qui p. 94.
13 F. Fabbrini, voce Res divini iuris, in Novissimo Digesto
Italiano, XV, Torino 1968, pp. 510ss.
14 Tert., Ad nat. I, 12, 5. 15 S. Calderone, Superstitio, in
ANRW, vol. 2, 337-396; L.-F. Jansen, Superstitio and
persecution of the Christians, in Vigiliae Christianae 33
(1979), 131-159; X. Levieils, Crises dans lempire romain et lutte
contre la superstition chrtienne (Ier-IVe sicles), in RSLR 41
(2005), 1-38.
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14 ANGELO DI BERARDINO
siamo nel campo della speculazione16. Il sintagma di religio
licita (religione approvata, permessa) stato creato da Tertulliano
e applicato al giudaismo, e soltanto al giudaismo, riconosciuto da
Roma (Apol. 21, 1) a partire da Giulio Cesare, alla cui ombra
inizialmente emerge e cresce il cristianesimo.
Tertulliano definisce il giudaismo insignissima religio (Apol.
19, 2), mentre i romani, ma non tutti, spesso nutrivano disprezzo
per esso (taeterrima gens: Tacito, Hist. V, 8). Esso non si trova
nel diritto romano. Il concetto implicito in Ulpiano (D. 47, 11,
2), quando scrive che non possono costituirsi associazioni illecite
con il pretesto religioso neanche dai veterani (Sub praetextu
religionis vel sub specie solvendi voti coetus illicitos nec a
veteranis temptari oportet). Erano permesse per le riunioni per
ragioni religiose (religionis causa coire non prohibentur), a meno
che non fossero dei collegia illicita 17. Le comunit cristiane,
come collegia tenuiorum, agli inizi del terzo secolo potevano anche
avere delle propriet comuni, come i cimiteri.
Tertulliano descrive le comunit cristiane come dei collegia
religionis causa, dei corpora (cf. Apol. 39, 1 s.; cf. Ad nat. I,
20, 5; D. 47, 22, 1).
Ma in che consiste questa religio? Ancora ci soccorre Cicerone,
che scrive:
Tutto il rituale religioso dei Romani si riduce alle cerimonie
sacre e agli auspici; a questi si potrebbe aggiungere un terzo
elemento consistente negli ammonimenti che gli interpreti della
Sibilla e gli aruspici, nello sforzo di predire il futuro, hanno
ricavato dai portenti e dai prodigi18.
Cicerone qualifica la religione come cultus deorum (nat. Deor.
II, 8 e I, 117). Cio porre in atto quelle attivit per coltivare il
corretto rapporto con gli di. Ci richiede unadeguata e propria
conoscenza (sanctitas est scientia colendorum deorum)19. La prima
definizione di Cicerone ripresa da Agostino in senso monoteistico:
ut fidenter dicere valeamus religionem non esse nisi cultum Dei
(civ. Dei X, 1). Lidea ripetuta dal pagano Cecilio nellOctavius di
Minucio Felice:
Tutti i riti religiosi da essi (romani) istituiti avevano lo
scopo o di ricambiare i favori degli di o di stornarne lira
incombente o di placarne lo sdegno che gi ribolliva e infieriva
(Oct. 7, 2).
16 J. Korpanty, La religio dans le pome de Lucrce, in Grazer
Beitrge 17(1990), 81-
112. 17 Ulp., D. 47, 22, 1, 1: Sed religionis causa coire non
prohibentur, dum tamen per hoc
non fiat contra senatus consultum, quo illicita collegia
arcentur. 18 Cumque omnis populi Romani religio in sacra et in
auspicia divisa sit, tertium
adiunctum sit, si quid praedictionis causa ex portentis et
monstris Sibyllae interpretes haruspicesve monuerunt (nat. deor.
III, 5).
19 Cic., nat. deor. I, 116.
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LEX ET RELIGIO. UNA NOTA INTRODUTTIVA 15
Pertanto la religione romana non un sentimento vago e personale,
una paura vuota (superstitio) ma un qualcosa che comporta
laccettazione degli di come parte dellordine sociale e politico di
una comunit (civitas), che si esprime nel rituale corrispondente
(cultus deorum I, 117)20; la moltiplicazione degli di pu
danneggiare la repubblica. La religione un fatto sociale e politico
per la stabilit della societ21. I cittadini vivevano in continuo
connubio tra il loro mondo e quello invisibile degli di formando
una sola cittadinanza. Ancora Cicerone scrive: una civitas communis
deorum atque hominum (leg. I, 23, ed. De Plinval, p. 22; fin. III,
64)22. Aggiunge: lege quoque consociati homines cum dis putandi
sumus. Inter quos porro est communio legis, inter eos communio
iuris est (leg. I, 23)23.
Lassociazione tra gli uomini e gli di si basa sulla comunanza
della legge. In ogni citt, sia in Oriente che in Occidente, le
autorit cittadine e il senato locale controllavano e organizzavano
il culto ufficiale, che era un fatto della comunit in quanto tale.
Non si potevano introdurre culti stranieri; dice Tertulliano: Ut de
origine aliquid retractemus eiusmodi legum, vetus erat decretum, ne
qui deus ab imperatore consecraretur (Apol. 5, 1).
Cicerone riferisce una legge antica: separatim nemo habessit
deos neve novos neve advenas nisi publice adscitos (leg. II, 8, 9).
Nel 213 a.C., durante la seconda guerra punica, il pretore M.
Attilio Regolo, in base ad un decreto del senato, proibisce a
chiunque di sacrificare in luoghi pubblici o sacri con riti
stranieri (Livio XXV, 1, 6). C una identificazione tra
laccettazione di una certa religione e la cittadinanza. Per cui i
cristiani, che non seguono la religione romana, non vengono neanche
considerati romani (nec Romani habemur : Apol. 24, 9; 36, 1). Anzi
sono degli hostes publici.
Invece secondo la prassi romana, lintroduzione di divinit in
ambito romano richiedeva lapprovazione pubblica del senato, secondo
la ben conosciuta espressione di Cicerone: separatim nemo habessit
deos neve novos neve advenas nisi publice adscitos (Cic., leg. II,
19)24. Aulo Gellio scrive: de rebusque divinis prius quam humanis
ad senatum referendum esse (Noctes Act. XIV, 7, 9). Tertulliano
parla di un vetus decretum che richiedeva lapprovazione
20 Cic., nat. deor. I, 117. Altri testi: nat. deor. II, 8; leg.
I, 60; II, 30; har. resp. 18. Cf. J.
Rpke Religio and religiones in Roman thinking, in Les tudes
classiques 75 (2007), 67-78, qui p. 68.
21 P. Catalano, Una civitas communis deorum atque hominum:
Cicerone tra Temperatio Reipublicae e rivoluzioni, in SDHI
61(1995), 723-730.
22 Cf. nat. deor. II, 154: Est enim mundusquasi communis deorum
atque hominum domus aut urbs utrorumque: soli enim ratione utentes
iure ac lege vivunt.
23 M. Ducos, Les Romains et la loi. Recherches sur les rapports
de la philosophie grecque et de la tradition romaine la fin de la
Rpublique, Paris 1984, 225 ss.
24 Cf. Tac., Ann. III, 60-64.
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16 ANGELO DI BERARDINO
del senato (Ad nat. I, 10; Apol. 5, 1; 13, 3). Secondo Cassio
Dione (LII, 35, 5), Mecenate sconsiglia Augusto ad accettare templi
e statue, perch nessun uomo mai diventato dio per voto
popolare25.
La legittimit della religio importante in relazione alla societ.
Per questo i membri di una civitas romana non possono avere altri
di: Separatim nemo habessit deos neve novos neve advenas nisi
publice adscitos; privatim colunto quos rite a patribus cultos
acceperint (Nessuno abbia di a parte n nuovi n stranieri se non
pubblicamente adottati; siano coltivati privatamente quei culti i
cui riti che saranno accettati dai Padri) (leg. II, 18; cf. Tert.,
Apol.). Anche nel giudaismo cera una stretta connessione tra il
popolo e il suo Dio. Il giudaismo definiva se stesso come una
nazione, a cui si apparteneva per nascita da madre giudaica; la
discendenza biologica, la nascita, incorporava alla comunit, non la
professione religiosa, anche se poi per i maschi si compiva il rito
della circoncisione, come segno visibile di tale appartenenza: la
religione era un equipaggiamento della nazione. Per questo il
popolo giudaico, come nazione religiosa, combatteva anche le sue
guerre.
La stretta connessione tra tutti i componenti della compagine
sociale e politica della citt romana magnificamente illustrata da
questo testo di Cicerone: Cum multa divinitus, pontifices, a
maioribus nostris inventa acque instituta sunt fra le molte
istituzioni che dai nostri antenati divinamente, o pontefici, sono
state ideate ed introdotte cum nihil praeclarius quam quod eosdem
et religionibus deorum immortalium et summae rei publicae praeesse
voluerunt niente pi bello dellaver voluto che le stesse persone
presiedessero sia al culto degli di immortali, sia al governo della
repubblica ut amplissimi et clarissimi cives rem publicam bene
gerendas religiones, religiones sapienter interpretandos rem
publicam conservarent cos che cittadini ragguardevolissimi e
famosissimi conservassero la repubblica ben governando le cose
sacre, sapientemente le cose sacre interpretando.
Sono le famosissime parole con le quali Cicerone, aprendo
lorazione sulla propria casa (De domo sua 1, 1), traccia un quadro
idilliaco dei rapporti tra sacerdozio e magistratura, che
caratterizzerebbero la costituzione repubblicana26.
Le religio pubblica serve a proteggere la respublica dalle
sventure di ogni genere (terremoti, inondazioni, peste, guerre,
sconfitte, che avvengono per colpa dei cristiani, che non
contribuiscono al bene pubblico). Questa
25 M. Sordi, Il problema religioso nel discorso di Mecenate, in
Loghos anr. Studi M.A.
Levi, Milano 2002, 470-471. 26A. Lisdorf, The conflict over
Ciceros house: an analysis of the ritual element in De
domo sua, in Numen 52 (2005), 445-464.
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LEX ET RELIGIO. UNA NOTA INTRODUTTIVA 17
accusa ricorrente, a cui risponde lapologetica cristiana a
partire dal secondo secolo e culmina nella Citt di Dio di Agostino.
Tutti sono convinti di questa funzione della religione. Essendo la
religione parte integrante dellamministrazione dellimpero,
lastenersi si configurava come eversione dellordine stabilito.
Pertanto alla vita della citt era essenziale il culto. Possiamo
distinguere vari tipi di pratica religiosa, riassumibili nella
distinzione antica tra sacra privata e sacra publica. Tra i sacra
privata erano: la religione propria della familia, intesa nel senso
antico del termine, e quindi riservata alla famiglia e senza
obblighi per gli estranei, ma in qualche modo obbligatoria per
tutti i soggetti alla patria potestas del paterfamilias (dai figli,
alla moglie, ai liberti, agli schiavi, e in qualche modo anche ai
clientes). Tertulliano a proposito di divinit domestiche scrive:
Gli di domestici, che chiamate Lari, li trattate sulla base della
potest domestica, pignorandoli, vendendoli, trasformandoli
(domesticos deos, Lares dicitis, domestica potestate tractatis,
pignerando, venditando, demutando aliquando: Apol. 13, 3). Tra i
sacra privata cera anche il culto proprio di un gruppo religioso
(culti orientali: Mithra, Iside, etc.; dei vari collegia o
associazioni), e quindi limitato al gruppo stesso. Alcuni culti,
pur essendo particolarmente coltivati in qualche citt, avevano in
realt una vasta diffusione. Tra tanti culti non cera alcuna
concorrenza e i loro adepti non si preoccupavano di svolgere una
attivit missionaria, perch i differenti culti non si escludevano a
vicenda. La stessa persona poteva essere sacerdote di pi culti, che
venivano accuratamente registrati nelle iscrizioni commemorative
che presentavano la sua immagine pubblica.
Mentre i sacra publica costituivano il culto distintivo della
citt, di ogni citt, che aveva le sue divinit poliadi, nel caso di
Roma, essi si identificavano con lImpero, con la religione
ufficiale dellesercito, che solo in parte coincideva con quella
ufficiale dellImpero tutto.
Questultima coincideva con il culto dellimperatore o della dea
Roma, al quale ogni cittadino era obbligato in quanto facente parte
della comunit civile imperiale. Tertulliano parlando delle divinit
pubbliche scrive: Ugualmente, in base al diritto pubblico voi
oltraggiate gli di pubblici (Publicos aeque publico iure foedatis:
Apol. 13, 5). Tra i sacra publica si deve annoverare anche la
religio Caesarianae maiestatis (Tert., Ad nat. I, 17, 2), per cui i
cristiani sono irreligiosi e hostes populi. Questa accusa era
grave, perch poteva fare nascere il sospetto che i cristiani
fossero contro limperatore e limpero. I cristiani invece insistono
sulla loro lealt alle autorit. Tertulliano parla anche della
castrensis religio (Ad nat. I, 12; Apol. 16, 8). Questa viene cos
spiegata: Tutto il culto militare venera le insegne, adora le
insegne, giura per le insegne, antepone le insegne a tutti gli di
(Apol. 16, 8).
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18 ANGELO DI BERARDINO
Nei sacra publica gli atti cultuali erano pubblici sia nel senso
che si svolgevano di fronte alla cittadinanza in luoghi aperti, ma
anche perch erano sostenuti finanziariamente dalla citt e officiati
da funzionari pubblici ed erano per tutto il popolo (pro populo
fiunt). Scrive Festo: Publica sacra, quae publico sumptu pro populo
fiunt (Festo 284L). Si spiega pienamente il contrasto sulla statua
e sullaltare della Vittoria al tempo di Graziano solo alla luce di
questo principio. La presenza della statua era occasio di
sacrifici, esigiti dai senatori pagani per il diritto pubblico che
richiedeva il giuramento27. Quei ricchi romani e pagani erano pi
che in grado di finanziare di tasca propria le poche spese per
sostenere il culto ufficiale nella citt di Roma, ma allora esso
perdeva il carattere di pubblico. Infatti Paolino, il biografo di
Ambrogio, esplicitamente fa riferimento due volte al sumptibus
caerimoniarum (Vita Ambrosii 26, 1.3). Del resto, anche in un
periodo successivo Zosimo insiste nel dire che il culto perch sia
giovevole allImpero deve essere fatto a spese dellerario28. Il
culto pubblico, quello ufficiale che fondava lidentit religiosa di
ogni citt, pertanto doveva essere a spese del pubblico denaro;
compiuto da officianti pubblici, siano essi magistrati o sacerdoti,
in templi pubblici; e comportava in generale astensione dallattivit
pubblica. Gli officianti erano i magistrati, cio le autorit
pubbliche, ed anche i sacerdoti eletti a questo ufficio dalle
autorit e dalle assemblee cittadine; il sacerdozio non era un fatto
di ordinazione sacramentale o per tutta la vita, ma temporaneo e
legato allufficio. Talvolta gli aspiranti ai sacerdozi pubblici
facevano propaganda elettorale; elargivano doni dopo la elezione;
non cera una preparazione specifica, perch i sacerdoti non erano
direttori di coscienza, ma dovevano apprendere solo le norme del
culto ed eseguirle con scrupolosa esattezza. Inoltre insieme ai
sacra publica e ai sacra privata esisteva uninfinit di culti locali
e di oracoli, per cui, in senso ampio, si potrebbe parlare non di
un paganesimo, ma di molti paganesimi come espressione della
religiosit.
Lesistenza degli di porta alla religio, o alle religiones. Ogni
entit politica e sociale, in parole romane, ogni civitas (ogni) ha
la sua religione propria, e in quanto tale va rispettata29. Ma
nella citt romana, come si esprime Cicerone in una frase molta
citata: nessuno abbia di privati, n nuovi e n forestieri, se non
sono pubblicamente riconosciuti; in privato coltivino i [culti
ricevuti] secondo il rito dei loro padri (Separatim nemo
27 Mazzarino, Tolleranza, 258. 28 Hist. Nova IV, 18, 2; 59, 3;
V, 38, 2; 41, 3. Cf. ed. F. Paschoud, II, 368 e bibl.;
471 s.; Id., Cinq tudes sur Zosime, Paris 1976, 137. 29
Cicerone: Sua cuique civitati religio (Pro Flacco 28, 70).
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LEX ET RELIGIO. UNA NOTA INTRODUTTIVA 19
habessit deos neve novos neve advenas nisi publice adscitos;
privatim colunto quos rite a patribus) (leg. II, 19).
Connesso con il concetto di religio quello di supertistio,
anchesso molto antico, un termine che ricorre sia nei testi pagani
contro i cristiani, sia nel CTh, nei testi cristiani contro i
pagani, specialmente a partire dal quarto secolo. Per i pagani,
come Plinio, Tacito e Svetonio la superstitio dei cristiani
qualcosa di pericoloso per la civitas; i cristiani successivamente
hanno capovolto laccusa. Tertulliano parla di superstitio romana
(Adv. Marc. I, 9, 2). Comunque i due termini non sono documentabili
prima del terzo secolo a.C., cos pure i loro derivati (religiosus e
superstitiosus). Questi ultimi termini non avevano una connotazione
negativa. Supertistio e superstitiosus avevano ancora una
connotazione positiva30. Per la prima volta troviamo i due termini
in Cicerone (quibus illa etiam deos immortales de suo scelere
testatur neque intellegit pietate et religione et iustis precibus
deorum mentes, non contaminata superstitione neque ad scelus
perficiendum caesis hostiis posse placari [con essi ella vorrebbe
rendere gli di immortali complici del suo delitto; non capisce che
con la piet, la religione e le preghiere innocenti le menti degli
di possono essere placate, e non con una colpevole superstizione, n
con le vittime uccise per il successo di un crimine]) (Pro Cluentio
68, 194).
Il sintagma Lex et religio si trova in una pagina famosa tra i
giuristi di Cicerone, che sta parlando della imparzialit che il
giudice deve avere.
Egli deve emettere la sua sentenza non secondo personali
preferenze (simpatie, antipatie, rapporti di amicizia), ma secondo
la legge del popolo romano e la sua religio (coscienza di quello
che giusto e corretto, lo scrupolo dellimparzialit). Non a caso
Cicerone considera giudice equo soltanto colui che sia
psicologicamente capace di assolvere anche chi odia e di condannare
chi non odia, valutando e decidendo non in base a ci che egli
personalmente vuole, ma in base a ci che la legge e la coscienza
esigono: Est enim sapientis iudicis cogitare [...] posse quem
oderit absolvere, quem non oderit condemnare, et semper non quid
ipse velit sed quid lex et religio cogat cogitare (Pro Cluentio 58,
159)31. Qualche riga prima aveva detto: se lo assolvereste a
malincuore, tuttavia lo assolvereste e ubbidireste pi alla vostra
religio (coscienza) che allodio.
30 I. Ronca, Whats in two names: old and new thoughts on the
history and etymology of religio and superstitio, in Res Publica
Litterarum 15 (1992), 43-60, p. 44.
31 P. Cerami, Diritto al processo e diritto ad un giusto
processo: radici romane di una problematica attuale, in Diritto
romano, tradizione romanistica e formazione del diritto e
formazione del diritto europeo, a cura di L. Vacca, Padova 2008,
59. Cf. P. Cerami, Aequum iudicium e giusto processo: prospettive
romane e moderne, in ASGP 46 (2000), 115-130.
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20 ANGELO DI BERARDINO
Tale sintagma si ritrova in Orosio, nelle Storie contro i pagani
(V, 2, 1), scritte oltre 450 anni dopo Cicerone. Il contesto molto
differente, quello delle invasioni barbariche che sconvolgono tutto
limpero romano, in particolare in occidente. Alarico aveva gi
saccheggiato Roma nellagosto del 410 e poco dopo era morto a
Cosenza. I visigoti, per sopravvivere, avevano saccheggiato lItalia
per anni spostandosi da una regione allaltra per approvvigionarsi
di viveri e di altro. Ormai erano passati in Gallia e poi in
Spagna, nel 416, dove facevano la stessa cosa. Orosio stesso era
fuggito in Africa, e qui si era messo al sicuro in Africa. Per il
fatto che molta gente dallItalia e dalla sponda settentrionale del
Mediterraneo si era recato altrove, restando sempre dentro i
confini dellimpero, Orosio scrive una pagina di entusiastica
esaltazione di Roma, del suo impero, della sua organizzazione,
delle sue leggi:
Per me, se al primo cenno di disordine, quale che sia, ben certo
di trovare un porto di salvezza mi do alla fuga, dovunque la mia
patria, dovunque la mia legge e la mia fede (ubique patria, ubique
lex et religio mea est). Ora lAfrica tanto volentieri mi ha
accolto, quanto fiduciosamente vi sono approdato; ora, ripeto, mi
ha accolto con sincera pace, duratura protezione, parit di leggi
(iure communi) [...]. Ora, essa spontaneamente allarga il suo
grembo benigno ad accogliere chi le alleato di religione e di pace
(socios religionis et pacis), e spontaneamente invita chi stanco,
per ristorarlo. Lampiezza dellOriente, labbondanza del
Settentrione, le fertilissime sedi delle grandi isole hanno le mie
leggi e il mio nome (mei iuris et nominis), poich romano e
cristiano giungo tra cristiani e romani (ad Christianos et Romanos
Romanus et Christianus accedo) [...]. Un unico Dio, che ha voluto
questunit del regno per i tempi in cui gli piaciuto manifestarsi,
da tutti amato e temuto; le medesime leggi, sottoposte a un unico
Dio, regnano ovunque; dovunque giunger sconosciuto, non avr da
temere violenza improvvisa come chi senza protezione. Tra romani,
come ho detto, romano, tra cristiani cristiano, tra uomini uomo mi
appello allo stato in base alle leggi (homo legibus inploro
rempublicam), alla coscienza in virt della fede (religione
conscientiam), alla natura in virt delluguaglianza.
Orosio difende la completa unit tra la patria, la legge e la
religione; e Roma aveva unificato, nel presente, questi tre
elementi superando tutte le divisioni precedenti anche per opera
della stessa religione cristiana. Oltre limpero romano cerano le
gentes (o populi). Egli considera tutto limpero romano come la sua
casa, dove regnano la stessa legge e la stessa religione, cio
quella cristiana. Mentre la legge quella romana, fondamento della
respublica, oltre c la barbarie senza leggi. Secondo Orosio, che ne
afferma lautenticit, Ataulfo (Atawulf = nobile lupo), il re
visigoto successore di Alarico (415), aveva intenzione di fondare
un impero gotico (cio
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LEX ET RELIGIO. UNA NOTA INTRODUTTIVA 21
trasformare la Romania in Gothia32), facendo scomparire il nome
romano; essere un nuovo Cesare Augusto, ma il progetto gli era
sembrato impossibile, perch secondo la sua esperienza, i goti non
potevano in nessun modo obbedire alle leggi a motivo della loro
sfrenata barbarie, n era opportuno abrogare le leggi dello stato,
senza le quali lo stato non stato (Orosio, Historiae VII,43,6);
pertanto la soluzione concreta era quella di restaurare limpero
romano e rafforzarlo con laiuto gotico. C unopposizione tra la
sfrenata barbarie dei goti, che vivono senza leggi e non hanno
bisogno di esse, e la respublica romana che invece si basa sulle
leggi, creando la civilitas romana e cristiana. Orosio vuole
affermare che persino i goti riconoscono limportanza delle leggi
per una pacifica convivenza.
La sua opera, composta nel 417/418 contro i pagani, o anche
contro quei cristiani che non apprezzavano limpero romano e avevano
aspettative millenaristiche. Lantica unione tra impero e religione
(pagana) ora viene esaltata nella prospettiva cristiana, in quanto
esiste una stretta connessione vitale. Il cristianesimo si diffonde
nellambito dellimpero e solo in questo ambito, non oltre i suoi
confini, mondo dei barbari; e il cristianesimo sostenuto dalla
legislazione romana, come a sua volta il cristianesimo aiuta e
sostiene limpero. I barbari non hanno una societ organizzata e
limpero romano deve fare i conti con loro, per questo Orosio vuole
una piena integrazione mediante la loro conversione. Il suo ideale
un impero pienamente romano e pienamente cristiano, in quanto nella
nuova civitas non c distinzione tra civis e christianus; questa
identificazione non possibile nel mondo barbarico, perch si diventa
veramente uomo solo con le leggi di Roma, e chi veramente uomo pu
diventare cristiano. Esiste una enorme differenza tar un civis
romanus e un barbaro, paragonabile tra quella tra un essere umano e
un quadrupede come si esprime Prudenzio.33 Limperatore Teodosio era
stato protetto da Dio, pertanto anche suo figlio Onorio, allora
regnante, aveva la protezione divina. La sussistenza dellimpero
romano non permetteva la venuta dellanticristo. Era tradizionale e
tipicamente romana il connubio tra religione e Roma, in quanto la
pietas verso gli di assicurava il loro appoggio per la vittoria e
la pax deorum. La crescita e lespansione di Roma
32 Il termine Gothia, inteso in senso territoriale, pu indicare
diverse aree geografiche a secondo del contesto. Cf. A. Di
Berardino, Atlante storico del cristianesimo antico, Bologna 2010,
200 s.;, Orosio, Le storie contro i pagani, a cura di A. Lippold,
Milano 1976, II, 533.
33 Prudenzio: Sed tantum distant Romana et barbara
quantum/Quadrupes abiuncta est bipedi vel muta loquenti (Contra
Orationem Symmachi, II, 816-817). Cf. Ambr., Ep. ad Rom. I, 14 (PL
17, 57); Hier., Comm. in Ep. ad Gal. 2, 3 (PL 26, 380).
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22 ANGELO DI BERARDINO
sono conseguenze della sua religione, che assicurava anche la
sua aeternitas nel tempo (imperium sine fine). I romani sono
superiori a tutti gli altri popoli per il culto degli di:
religione, id est cultu deorum, multo superiores (Cic., nat. deor.
II, 8). Lunione tra religione e successo dellespansione romana una
convinzione comune. Anche il pagano Cecilio, nellOctavius di
Minucio Felice, la ricorda, quando dice:
Il loro potere e il loro dominio si estese a tutta la terra,
dilatando il loro impero oltre le vie del sole e gli stessi confini
segnati dallOceano, mentre uniscono alla forza delle armi la
pratica della religione, mentre rendono forte la citt con i riti
sacri, con le caste vergini, con sacerdoti di varia dignit e titolo
(6, 2).
E continua con questo tono per tutto il capitolo. Tertulliano
naturalmente non manca di affrontare questa stessa convinzione, che
la ragione della polemica pagana. Scrive:
Tuttavia poich entra in causa lautorit del nome di Roma, non
tralascio la disputa provocata dalla presunzione di quanti
affermano che i Romani sono giunti tanto in alto e si sono imposti
da dominare il mondo grazie alla loro zelantissima religiosit, e
che gli di esistono, poich pi degli altri prosperano coloro che pi
degli altri li venerano (Apol. 25, 2)34.
Questa concezione criticata anche da Cipriano (Quod idola dii
non sint, 4-5: PL 4, 569-573) in base alla storia romana35.
Seconda parte I cristiani si intromettono nella discussione su
religione e superstizione,
anche perch essi erano accusati di ateismo, non praticando la
religione pubblica (i sacra publica). La letteratura apologetica
cristiana del secondo secolo confutava questa visione; gli autori
cristiani si confrontavano con filosofi. Gli autori latini invece
devono affrontare la religione e i culti praticati nelle loro citt
e discutere con la tradizione letteraria latina. Essi si
confrontano specialmente con gli scrittori per discutere della
Romana religio. In ambito latino si opera un capovolgimento dei due
termini, non solo, e si introduce un concetto nuovo, quello di vera
religio. Il confronto tra le due concezioni non soltanto un fatto
intellettuale tra due scuole di
34 M. Sordi, Pax deorum e libert religiosa nella storia di Roma,
in CISA 11 (1985),
146-154. 35 Cf. Marco Minucio Felice, Ottavio, a cura di M.
Pellegrino/P. Siniscalco/M.
Rizzi, Torino 2000, 254.
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LEX ET RELIGIO. UNA NOTA INTRODUTTIVA 23
pensiero che discutono nei loro scritti, anche in maniera di
vivace polemica. Anzitutto essa vive sulla pelle dei cristiani,
che, proprio perch hanno unaltra concezione della religione, sono
condannati dalle autorit e anche dal popolo.
Il primo esempio lo registriamo gi dal primo testo cristiano di
lingua latina, che stabilisce un confronto tra la religio romana e
il modo di vivere dei cristiani. Sono gli Atti dei martiri di Scili
una borgata non localizzata nella Proconsolare - che riportano un
processo svoltosi a Cartagine il 17 di luglio del 180. Il
proconsole Saturnino dice: Anche noi abbiamo una religione, e la
nostra una religione semplice: giuriamo sul genio dellimperatore
signore nostro e facciamo sacrifici per la sua salute (Et nos
religiosi sumus, et simplex est religio nostra, et iuramus per
genium domini nostri imperatoris, et pro salute eius supplicamus
(o.c. 3). Il governatore fa consistere la sua religione solo in
alcuni atti cultuali, che comportavano forme di sacrifici ufficiali
(= supplicare), che successivamente chiama i sacra nostra. Gli atti
consistono nel giuramento e supplicationes per limperatore. La sua
affermazione suppone che egli si era reso conto che anche i
cristiani avevano una religione, che nella spiegazione del
cristiano Sperato consiste in un comportamento etico. Sperato vuole
discutere di contenuti e di comportamento, non di atti di culto. Il
dotto Varrone, citato da Agostino, nellesporre la tradizione
religiosa del popolo romano, si atteneva ad essa:
Ma poich si trovava in un popolo antico, afferma che costretto,
per quanto riguarda nomi e appellativi, a ritenere la tradizione
degli avi, come stata trasmessa e che ha pubblicato le proprie
ricerche con lo scopo che la massa onori gli di anzich disprezzarli
(civ. Dei IV, 31).
Il pagano Cecilio, in Minucio, afferma che sarebbe pi rispettoso
e saggio [] osservare i culti tradizionali, adorare quegli di che i
genitori tinsegnarono a temere piuttosto che a volerli conoscere
troppo da vicino, n sentenziare sui numi (Oct. 6, 1). Anche Celso,
verso il 180, insisteva sullosservanza delle tradizioni religiose:
non conforme a piet abbandonare le istituzioni radicate sin
dallinizio dei tempi nei singoli luoghi (in Origene, CC V, 25).
Tale abbandono era percepito come sovvertimento dellimpero romano.
Il capitolo decimo del Protrettico di Clemente Alessandrino svolge
ampiamente questo motivo pagano di essere fedeli alle tradizioni
dei padri. Cassio Dione insiste sullosservanza dei culti
tradizionali locali (LII, 36, 1). Ci non percepito come il riflesso
di un pluralismo religioso, ma solo come prassi da osservare da
ciascuno a suo modo. Non esistito, anche nel momento di massima
unit imperiale, il desiderio dellunificazione religiosa
dellimpero.
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24 ANGELO DI BERARDINO
Ora, ritornando agli Atti dei martiri scilitani, il governatore
Saturnino rifiuta questo piano di confronto proposto da Sperato.
Cos anche in altre occasioni negli Atti dei martiri, ogni qualvolta
i cristiani vogliono presentare una dottrina. Nei processi non c
luogo a discussioni teoriche.
Infatti nella sentenza di morte, i cristiani di Scili vengono
condannati perch vivono ritu christiano, e hanno rifiutato di
ritornare ad Romanorum morem. Minucio Felice parla di due genera
vivendi, uno ripudiato e laltro accettato (5, 1). Sperato parla del
mistero della semplicit, cio della religione cristiana. I cristiani
tutti, in differenti modi, affermano una identificazione tra il
loro credo (persuasio) e il modo di vivere, che esclude atti
cultuali per limperatore. Una donna, di nome Secunda, si limita ad
affermare la corrispondenza del nome e del vivere: quod sum, ipsud
volo esse. Alcuni si limitano a dire christianus sum, che include
un credo religioso e un comportamento, quasi come corrispondenza
dellespressione civis romanus sum.
Il 30 agosto del 257, a Cartagine, il proconsole Paterno disse
nel proprio ufficio al vescovo Cipriano: i santissimi imperatori
Valeriano e Gallieno si sono degnati di spedirmi una missiva con la
quale ordinano che tutti coloro che non praticano la religione
romana (eos qui non romanam religionem colunt) devono riconoscere i
riti romani (debere Romanas cerimonias recognoscere)36. Questa
distinzione tra religio e caerimoniae si trova anche in Cicerone,
quando scrive: Nihil loquor de pontificio iure [] nihil de
religione et caerimoniis (De domo sua 121).
Limperatore Valeriano, in questa circolare inviata anche ad
altri governatori, esige, come Decio nel 249, di onorare gli dei
publici romani mediante la partecipazione agli atti pubblici e
ufficiali. Non si richiedeva una convinzione personale ma il
prendere parte ad atti cultuali espletati in luogo pubblico dalla
comunit in quanto tale. Religionem colere implica una intenzionalit
e quindi una qualche credenza, anche se non una ortodossia, verso
le divinit adorate; tuttavia le autorit si contentano del
compimento di qualche rito, che manifesti il rispetto della loro
religione (cerimonias recognoscere), come religione della
citt-impero. In questi ultimi anni si discute molto su che cosa
credessero i romani quando praticavano i loro culti; se avessero
delle credenze, oppure si affidavano meccanicamente al semplice
rito37. Alle autorit romane non interessava la professione
36 Acta Cypriani 1, 1, in Atti dei Martiri, ed. A.A.R.
Bastiaensen, Milano 1987, 206. Cf. L. Koep, Religion und Ritus als
Problem des frhen Christentums, in JbAC 5(1962), 43-59.
37 Si veda, tra laltro, J. Sheid, Les sens des rites. Lexemple
romain, in Rites et croyances dans les religions du monde romain:
huit exposs suivis de discussions, d. par C. Bonnet et al., Genve
2006, 40-63.
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LEX ET RELIGIO. UNA NOTA INTRODUTTIVA 25
religiosa dei sudditi, ma il compimento degli atti di culto
destinati agli di romani. Limperatore riconosce e ammette
lesistenza di persone e gruppi che praticano altri culti, distinti
da quello romano; non sua intenzione la loro proibizione o il loro
bando, anzi non solo viene ammessa di fatto una tolleranza
religiosa verso di essi, ma talvolta altre divinit trovano piena
cittadinanza nella vita romana. Anche i numina victa le divinit dei
popoli sconfitti dai romani sono venerati dai romani (Min., Oct. 6,
2). Questo possibile anche per il Dio dei cristiani, come dice
Emiliano, il prefetto di Egitto, nellinterrogatorio di Dionigi,
vescovo di Alessandria, nello stesso anno del processo di Cipriano.
Tuttavia Emiliano intende richiedere che vengano riconosciute le
cerimonie romane, cio quelle proprie della citt di Roma, e quindi
dellImpero. Egli, facendo riferimento allo stesso editto imperiale,
chiede a Dionigi, vescovo di Alessandria e ai suoi compagni:
Chi impedisce di adorarlo [il Dio cristiano], se veramente egli
Dio, con tutti gli di, che sono tali per natura? Vi si ordina di
adorare gli di e gli di che tutti conoscono (Eus., HE VII, 11,
9).
Se i cristiani adorano gli di, custodi dellimpero, essi nello
stesso tempo possono adorare anche il loro Dio (Eus., HE VII, 11,
7).
Dai due testi emerge che allimperatore non interessava
direttamente lessere cristiano, ma atti di culto verso gli di
pagani nazionali o verso le statue degli imperatori, ed egli si
rivolgeva principalmente contro il clero cristiano38. Anche leditto
di Decio, di qualche anno prima, prescriveva di onorare gli dei
publici populi romani 39. Nel momento stesso in cui limperatore
Galerio, nel 311 a Serdica (Sofia attuale) riconosce il fallimento
della politica di persecuzione scatenata nel 303 fa due ammissioni
quanto mai significative. La prima la constatazione che la
persecuzione aveva creato una situazione paradossale e non
prevista: i cristiani, perseguitati, non potevano praticare il loro
culto; erano diventati degli atei di fatto, cosa estranea ed
assurda alla mentalit antica.
Il cambiamento comincia con Tertulliano, quando il cristianesimo
si esprime anche nella lingua latina. Anzitutto applica il termine
religio al cristianesimo, parlando della nostra religio (Ad nat. I,
16, 20; Apol. 16, 14; 21, 27; 24, 9)40, come quella giudaica
(insignissima religio), sulla cui ombra nato e si sviluppato.
Lapplicazione al cristianesimo deriva dal fatto che i cristiani
sono imparentati con la religione giudaica (nos, ut Iudaicae
religionis propinquos: Ad nat. I, 11, 3; Apol. 16, 3). Ora questa
religione
38 M.M. Sage, The Persecution of Valerian and the Peace of
Gallienus, in Wiener Studien 17(1983), 138-155.
39 Cf. Saumagne, passim; Atti dei Martiri, ed. A.A. Bastiaensen,
479. 40 In precedenza era indicato come secta Christianorum (Ad
nat. I, 10, 19).
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26 ANGELO DI BERARDINO
riconosce un solo vero Dio, pertanto bisogna rinunziare alle
false divinit, ai falsi dei, alla falsa religione. Mentre ora la
Romana religio, per la prima volta, con riferimento a Seneca viene
qualificata come vestra superstitio (Apol. 12, 6; cf. 21, 29; 46,
4)41.
Un passo importante nel ragionamento di Tertulliano riguardo il
fatto che se i cristiani adorano il vero Dio, lunico Dio di tutti,
cade laccusa di delitto contra la religione pubblica e soprattutto
di quella romana (crimen laesae publicae at maxime Romanae
religionis), perch questa non una religione vera, perch gli di sono
falsi. Anzi laccusa deve ritorcersi verso i romani, che adorano la
menzogna: Cos facendo non solo trascurate la vera religione del
vero Dio; ma anzi combattendola, incorrete nel vero delitto di vera
irreligiosit (Apol. 24, 2; 35, 1)42.
Il concetto della vera religio veri Dei capovolge totalmente i
ragionamenti tradizionali e costituisce la base della polemica
cristiana contro i non cristiani da una parte, e dallaltra
fondamento della legislazione religiosa del quarto secolo. Gli di
sono falsi, mentre il Dio cristiano lunico e vero Dio. La religione
che venera gli di falsa, irreligiosit, e persino toglie la libertas
religionis (Apol. 24, 6). Credo che sia di grande rilevanza
storica, come momento creativo di tutta una corrente di pensiero e
di azioni, quanto scrive subito dopo:
Per fortuna che c un solo Dio di tutti, a cui tutti, volenti o
nolenti, apparteniamo. Invece presso di voi c il diritto di adorare
chiunque fuorch il vero Dio, come se questo non fosse piuttosto (il
Dio) di tutti, a cui tutti apparteniamo (Apol. 24, 10)43.
Tertulliano, nel contesto polemico, parla anche della falsa et
vera divinitas (Apol. 25, 1), per cui c la pi grande libert
religiosa (religiones) con una moltitudine di culti a un infinito
numero di divinit. Invece solamente la nostra religio con
ladorazione del verus Deus non permessa (Apol. 24, 9; 25, 3
ss.).
Il concetto di religio, nel mondo latino, rimanda ad un popolo,
ad una comunit, ad una civitas, alla quale non si appartiene per
nascita con una scelta (fiunt, non nascuntur christiani: Apol. 18,
4). Per questo i martiri, nei
41 Seneca aveva criticato il culto pagano (Epp. 41; 95, 47) e
nel De superstitione,
opera perduta. 42 At e contrario in vos exprobratio resultabit,
qui mendacium colentes veram religionem
veri dei non modo neglegendo, quin insuper expugnando, in verum
committitis crimen verae irreligiositatis.
43 Bene quod omnium deus est, cuius, velimus ac nolimus, omnes
sumus. Sed apud vos quodvis colere ius est praeter deum verum,
quasi non hic magis omnium sit deus, cuius omnes sumus.
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LEX ET RELIGIO. UNA NOTA INTRODUTTIVA 27
loro interrogatori sulla loro identit, si limitano a rispondere
soltanto: Christianus sum. Lespressione indica un identit e
unappartenenza.
Come religio il cristianesimo anche una institutio (Apol. 21,
27). Lespressione religio christiana si trova per la prima volta in
Arnobio (Ad
nat. I, 2; 3; III, 1)44. Tertulliano parla della vera religio
(singolare), mentre si diceva spesso Romanae religiones. Il
cristianesimo si configura anche come coetus religioso. Tertulliano
usa tale espressione per sostenere che anche i cristiani devono
essere liberi di praticare la loro religione. Del resto il
cristianesimo non fu mai dichiarato religio illicita, per cui i
suoi aderenti erano perseguitati. Tertulliano insinua questa idea
quando scrive: non licet esse vos (Apol. 4, 5; 24, 9) o espressioni
simili45.
Minucio Felice, che scrive al tempo di Tertulliano, ma a Roma,
importante perch mette a confronto la mentalit pagana e quella
cristiana in uno stesso contesto religioso e nelluso dello stesso
linguaggio religioso. NellOctavius, i due dialoganti il cristiano e
il pagano usano il termine religio. Cecilio parla in generale di
religio, come la pietas, in contrapposizione alla negativa
superstitio (13, 5). Ottavio, dopo lunga perorazione, riprende i
due termini per concludere: Fruamur bono nostro et recti sententiam
temperemus: cohibeatur superstitio, impietas expietur, vera religio
reservetur (Godiamo del nostro bene e orientiamo la nostra
concezione del bene: sia frenata la superstizione, sia espiata
lempiet, sia preservata la vera religione) (Oct. 38, 7). Il
concetto di vera religio si trova gi nel primo capitolo (1, 5) per
esprimere lopinione dellautore. La conclusione della perorazione di
Ottavio che la vera religione trionfi, come sta avvenendo nel
pagano interlocutore.
Un altro autore latino che ha contribuito alla formazione del
repertorio terminologico cristiano Lattanzio di Sicca ( circa
320)46, che usa il termine plurale religiones47 o religio deorum48
per il paganesimo e le sue forme cultuali. Il cultus deorum privo
della sapientia e non influisce minimamente sulla condotta
delluomo, ma consiste solo in azioni rituali, e pertanto non da
considerarsi una religio (non est illa vero religio
44 Successivamente religio viene ad indicare anche la vita
religiosa nel
monachesimo. 45 Christianum puniunt leges (Ad nationes I, 6, 4);
Christianum legibus humanis reum
(De fuga 12, 9). Secondo Lattanzio, Ulpiano avrebbe fatto una
raccolta di leggi contro i cristiani (inst. V, 11; 18-19).
46 Prendo diverse idee da C. Aloe Spada, Luso di religio e
religiones nella polemica antipagana di Lattanzio, in The notion of
religion in comparative research, ed. by U. Bianchi, Roma 1994,
459-463 (con bibliografia).
47 Inst. II, 1, 1; 3, 11-12; 4, 10; IV, 1, 4; V, 8, 5. 48 Inst.
IV, 3, 4; 3, 23; V, 2, 7.
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28 ANGELO DI BERARDINO
iudicanda: inst. IV, 3, 1). Mentre chiama il cristianesimo vera
religio49, secondo una tradizione ormai consolidata. Inoltre c uno
stretto rapporto tra sapientia e religio: Lo stesso il Dio che deve
essere percepito dallintelletto, che propria della sapienza, e il
Dio che deve essere onorato, cosa propria della religione (inst.
IV, 4, 2)50. La vera religione riguarda la mente in relazione alla
verit e il culto negli atti di venerazione e anche la condotta di
vita (ad mores excolendos vitam formanda: inst. IV, 3, 1). Essa ha
anche una valenza etica. La religione non solo un fatto cultuale e
rituale, ma implica conoscenza. Il culto una conseguenza del
conoscere (quia prius est Deum scire, consequens colere: inst. V,
4, 3. Cf. III, 30, 3). Se esso pertanto connesso con la sapienza e
con un contenuto teologico, la sua validit e verit dipendono da
questo. La religio pertanto non solo culto esterno compiuto
scrupolosamente dagli incaricati, ma assume il suo profondo
significato in relazione alla sua motivazione dottrinale
soggiacente; lespressione di una speranza connessa alla fede in una
dottrina, che porta la salvezza. Le fonti romane talvolta cercano
di spiegare i riti tradizionali; le preghiere recitate non sono
propriamente la spiegazione del rito, ma solo formule
amministrative, parole che tradiscono una interpretazione letterale
del rito. In ogni caso, non esiste per niente un obbligo che
costringa i fedeli a interpretare il sacrificio o qualunque altro
rito51. La preoccupazione soltanto la celebrazione corretta dei
riti nello svolgimento preciso delle cerimonie e senza alcun
errore, nel tempo stabilito, nel luogo deputato, dai ministri
incaricati o dai magistrati del momento. Il rito non ha altra
spiegazione che nellesistenza del rito stesso, come benefico al
popolo romano: Nel caso specifico la verit esiste, risiede nella
volont collettiva e non nel rito stesso52. Quante volte, da bambino
in Abruzzo, ho assistito a numerosi riti svolti dai contadini in
relazione alla semina, alla mietitura, alla riproduzione degli
animali, che dovevano essere svolti con esattezza, da cui dipendeva
la loro efficacia. Cosa credevano i contadini? Non importava
credere in qualcosa, era importante compiere il rito.
Nel cristianesimo invece c una rivelazione di verit, e il rito
tende a riattualizzare il mistero che si celebra. Esso per gli
uomini, che ne devono trarre beneficio. Allora la spiegazione
importante per la comprensione del rito e del suo contenuto, che
apporta la salvezza dei
49 Inst. I, 2, 7; 1, 19; II, 3, 20-21. 50 Non potest igitur nec
religio a sapientia separari nec sapientia secerni, quia idem
Deus
est qui et intelligi debet, quod est sapientiae, et honorari
quod est religionis. 51 Sheid, 44. 52 Ivi, 47.
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LEX ET RELIGIO. UNA NOTA INTRODUTTIVA 29
partecipanti. Quindi la religione vera o falsa in relazione al
suo contenuto teologico. Letimologia avanzata da Lattanzio (religio
da religare) non innocente, ma fonda e giustifica il culto come
espressione del mondo interiore delluomo, spirituale e
intellettuale, dipendente da Dio.
Il pensiero di Lattanzio si riassume in questa frase citata
frequentemente: hac condicione gignimur, ut generanti nos Deo iusta
et debita obsequia praebeamus, hunc solum noverimus, hunc sequamur.
Hoc vinculo pietatis obstricti Deo et religati sumus, unde ipsa
religio nomen accepit (inst. IV, 28, 2 [PL 6, 535]). Il
cristianesimo pertanto la vera religio, ma anche il verus cultus
(inst. VI, 2, 13).
Firmico Materno parla di profanae religiones. Ammmiano
Marcellino parla della religio pagana, ma riguarda ai cristiani usa
espressioni simili: religio Christiana (XXVII, 7, 6); Christianus
ritus (XXVI, 3, 3); Christiana religio simplex (XXI, 16, 18) in
opposizione alla superstitio.
Ammiano parla del cristianesimo come religio simplex, che
tuttavia causa molte controversie. Si afferma anche una
personalizzazione della religione, in quanto si ha una scelta
possibile. Egli oppone il cultus christianorum ai deorum cultores
(XXI, 5, 3). Laspetto cultuale importante per Ammiano; pur
criticando le discussioni e le diversit tra i cristiani, i
concilio, egli parla sempre al singolare: religio christiana.
Parte terza Agli inizi del quarto secolo, dopo la Grande
Persecuzione, nella quale
sono morti migliaia di cristiani, si ha un radicale cambiamento,
a cominciare dallimperatore Galerio (aprile/ maggio 311), che molto
malato pubblica un editto di fine della persecuzione e della
concessione della libert ai cristiani. In quel momento si trovava a
Serdica (Sofia) e il testo delleditto viene affisso a Nicomedia il
30 aprile53. Galerio, dopo aver esposto il programma di riforme
volute da Diocleziano e da lui condivise, tra le quali quella che i
cristiani rinsavissero (ad bonas mentes redirent), per avere
abbandonato i vetera instituta, cio lordinamento della vita
pubblica e privata. Per Galerio era diventato un fatto
intollerabile che i cristiani non prestassero il culto agli di
tradizionali e n onorassero il loro Dio (nec diis cultum ac
religionem debitam exhibere, nec christianorum Deum observare), per
cui permette che essi possano esistere pubblicamente ed avere le
loro riunioni (ut denuo sint Christiani, et conventicula sua
componant). Alla fine delleditto Galerio avanza ai cristiani la
richiesta di pregare per lui e limpero:
53 Lact., mort. pers. 33, 11-35, 1; Eus., HE VIII, 16, 1; 17,
1-11.
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30 ANGELO DI BERARDINO
debebunt deum suum orare pro salute nostra et rei publicae ac
sua (Lact., mort. pers. 34). La richiesta, che denota il fallimento
della politica persecutoria, non un vago desiderio dellimperatore
di conversione al cristianesimo, ma si inquadra nella mentalit
antica di non negare lesistenza di altre divinit e del loro potere
(politeismo); la persecuzione nasceva dallesigenza che non si
abbandonasse la religione pubblica, non tanto che non si praticasse
il cristianesimo. Ma siccome i cristiani non potevano conciliare le
due cose, le autorit avevano due strade da percorrere: o che
abbandonassero la religione cristiana, che comportava un automatico
ritorno al paganesimo, o almeno che praticassero anche la religione
pubblica, non interessandosi esse alla sfera privata. Pertanto
Galerio, con leditto di tolleranza, non esige pi dai cristiani la
pratica dei sacra publica.
Cos dopo Galerio scompare il concetto di religio licita; anzi
prima le religiones licitae erano molte. La Romana religio (o
religio Romarorum), nel linguaggio cristiano e giuridico oltre a
diventare, superstitio, diventa paganesimo, e i suoi cultori
pagani. Ora si usa supertistiones come sinonimo di religiones e
Firmico intitola la sua opera De errore profanarum religionum.
In questa linea di pensiero sulla religione come fatto pubblico
e benefico per la respublica si muove anche Costantino, che concede
privilegi al clero per limportanza della religio per la salus, ma
nel nostro caso della religio christiana. Scrive ad Anulino:
Poich da lunga esperienza consta che il disprezzo della
religione, nella quale si conserva la somma riverenza della maest
santissima e celeste, ha recato gravi pericoli alla cosa pubblica,
e che invece, se la religione stessa conformemente alle leggi
accolta e custodita, ci ridondato a massima prosperit del nome
romano e a straordinaria felicit di tutte le imprese degli uomini
per effetto del benefico intervento divino, sembrato bene che
coloro, i quali dedicano il loro ministero al culto della divina
religione con dovuta santit e con assidua osservanza di questa
legge, ricevano, carissimo Anulino, ricompense per il lavoro.
Il ragionamento e la motivazione, per la concessione delle
esenzioni al clero cattolico sono i passati benefici avuti dal
retto culto, riprendono le affermazioni di Cicerone, gi citate, e
sono desunti dalla storia. Ma per Cicerone la religio romana,
mentre per Costantino ora quella cristiana.
Vedo nel testo costantiniano un salto di argomentazione: la
religione ha favorito limpero (cio in passato quella pagana),
quindi la religione essenziale, ma ora quella cristiana. Per
Cicerone trascurare (negligere) la religione ha causato dei
terribili vulnera al popolo romano (nat. deor. II,
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LEX ET RELIGIO. UNA NOTA INTRODUTTIVA 31
8)54. Il testo di Costantino continua in questa mentalit e in
questa convinzione.
Inoltre cambia molto il linguaggio religioso. Anzitutto non si
parla pi di leges sacrae, o lex sacra, ma piuttosto di lex oppure
leges de religione oppure si usano altre espressioni. Il poemetto
Laudes Domini, composto al tempo di Costantino, usa il sintagma lex
divina (v. 11), che indica ora, nel linguaggio cristiano, la Legge
antica e quella nuova data da Dio agli uomini. Negli scrittori
cristiani il termine lex designa la Sacra Scrittura oppure una
parte di essa (Comm., Carmen apol. 30, 230; 311; 313; 375; 540;
579; 698; 706; 956; Instruct. I, 29, 14). Per Lattanzio lex divina
la religione, oppure dottrina cristiana. Laggettivo divina: perch
proviene da Dio; mentre divinus sostituisce il genitivo di
appartenenza dei (Tert., poen. 4, 3; 4, 8; 6, 9; an. 3, 3; 21, 6;
33, 2; bapt. 2, 1: opera divina; Prud., Apoth. 32: legis
divinae).
Ora, nella legislazione imperiale, per indicare il cristianesimo
si usano diversi termini. Una legge emanata da Costantino e
Licinio, appena dopo dieci anni dallincontro di Milano, la CTh XVI,
2, 5, gi un concentrato del nuovo linguaggio. Cito il testo latino
per vedere la nuova terminologia nella legislazione imperiale:
Idem AA. ad Helpidium. Quoniam comperimus quosdam ecclesiasticos
et ceteros catholicae sectae servientes a diversarum religionum
hominibus ad lustrorum sacrificia celebranda compelli, hac
sanctione sancimus, si quis ad ritum alienae superstitionis
cogendos esse crediderit eos, qui sanctissimae legi serviunt, si
condicio patiatur, publice fustibus verberetur, si vero honoris
ratio talem ab eo repellat iniuriam, condemnationem sustineat damni
gravissimi, quod rebus publicis vidicabitur. Dat. VIII kal. Iun.
Sirmi Severo et Rufino conss. (323 mai. [?] 25).
Nella legislazione posteriore ricorre una grande variet di
termini o sintagmi, per indicare il cristianesimo nova lex; lex
evangelii; lex christiana; lex divina; catholica lex; il termine
lex viene usato anche per il giudaismo: Iudaica lex; lex, quae data
est per Moysen; Lex Moysis (infinite volte). Talvolta notiamo uno
scambio tra i termini religio e lex, che si usano indistintamente,
sia nei testi letterari che giuridici, come per esempio si scrive:
Christianae legis antistes (CTh VII, 8, 2). Il cristianesimo
chiamato religio al singolare: homines christianae religionis (CTh
XVI, 1, 1 [365]), cio i cristiani in genere; la religio che Pietro
ha trasmesso ai romani (CTh XVI, 1, 2 [380]); catholicae religionis
cultus (CTh IX, 16, 12 [409]; Cf. XVI, 2, 3; 5, 4; 5, 6; 5, 28);
catholica communio (CTh XVI, 5, 46). Anche il sintagma di fides
catholica (CTh XVI, 4, 3; 5, 41) oppure ecclesia cattolica (XVI, 1,
3); catholica
54 Cf. F. Sini, Sua cuique civitati religio, Torino 2001,
11s.
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32 ANGELO DI BERARDINO
sacrosancta ecclesia (CTh XVI, 5, 47); catholica secta (CTh XVI,
5, 42; cf. XVI, 5, 44); catholica veneratio (CTh XVI, 5, 38). Il
termine catholica usato non solo come aggettivo, ma anche come
sostantivo (CTh XVI, 5, 9). La terminologia si precisa in rapporto
alle suddivisioni interne dei cristiani, per raggiungere una grande
precisione, perch gli amministratori potessero capire; cerano anche
tra la gente di governo divisioni religiose, e pertanto i
governatori potevano avere difficolt nella interpretazione della
legga e nella sua applicazione. Un esempio pu essere la legge del
383 (CTh XVI, 5, 12; cf. anche XVI, 5, 6), che condanna alcune
sette eretiche, perch quas verae religionis venerabili cultu
catholicae observantiae fides sincera condemnat. Il testo parla di
una fides sincera della catholica observantia, della vera religio
del venerabilis cultus: i destinatari che devono applicare la legge
possono avere tutti gli strumenti per distinguere gli ortodossi
dagli eretici. Penso inoltre che bisogna cercare, per quanto
possibile, conoscere il redattore della legge: se un cristiano, un
pagano, un esperto della legge e della religione. Per esempio la
legge CTh XVI, 5, 7 (4 maggio 389 contro gli eunomiani, definiti
spadones), sembra sia stata redatta da Nicomaco Flaviano, quaestor
dal 388 al 390 con Teodosio I, strenuo difensore del
paganesimo.
Non solo il paganesimo viene qualificato come superstitio, ma
anche leresia, come nella legge CTh XVI, 5, 51 del 410: i seguaci
del ritus della haereticae superstitionis si oppongono ai seguaci
della sanctae legis. Nello stesso tempo che si afferma nella
legislazione religiosa un linguaggio cristiano, in ambiente pagano
si usano i termini tradizionali. In una iscrizione di Lambesi, al
tempo di Costantino, nel 320, Domitius Zenofilus, senatore,
governatore consolare della Numidia, un pagano convinto fa una
dedica di un oggetto (sacrum religionis suae) alle divinit salutari
di Esculapio e Igiea55. Una iscrizione al tempo di Giuliano (Casae,
oggi El Mahder, 20 km a est di Lambesi: CIL 8,4326; ILS 752) chiama
limperatore restitutor libertatis et romanarum religionum56. In
questo testo con religiones si indicano i riti pagani. Unaltra
iscrizione di Thibilis (Announa, Numidia) qualifica limperatore
Giuliano come restitutor sacrarum (riti religiosi, come
religiones).
Penso di terminare con un testo interessante e curioso nello
stesso tempo. Nel 361 limperatore Costanzo invia agli antiocheni un
testo sulla
55 C. Lepelley, De la raction paenne, in Cristianesimo nella
Storia 31(2009), 423-439;
424 s.; M. Christol M. Janon, Religio iuxta sculapium, in Ant.
Africaines 38-39 (2002-2003), 79-84.
56 Lepelley, 426.
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LEX ET RELIGIO. UNA NOTA INTRODUTTIVA 33
dispensa del clero cristiano dai munera (CTh XVI, 2, 16)57.
Ordina che in qualunque citt, in qualunque oppidum, vicus,
castellum o municipium, ogni persona che, a seguito di un voto di
fedelt alla legge di Cristo (clerici), per merito di una virt
speciale e singolare, goda una perpetua sicurezza (non obbligato ai
munera). Aggiunge la motivazione:
Infatti noi vogliamo sempre rallegrarci e gloriarci della fede
(fides), perch sappiano che la nostra respublica si mantiene pi con
le pratiche religiose (religionibus) che per il compimento delle
cariche pubbliche e il sudore del corpo.
Ora come va inteso religiones, qui al plurale, quando sta
parlando del clero cristiano, ma di ispirazione ariana?58 Parla del
cristianesimo, e quindi dovrebbe essere al singolare, oppure delle
religioni pagane? Nel linguaggio normale il termine religiones, al
plurale, indica il paganesimo, ma se lo traduciamo con atti
cultuali cristiani, come dobbiamo dedurre da tutto il contesto,
allora esso diventa comprensibile.
ANGELO DI BERARDINO
57 Idem AA. ad Antiochenses. In qualibet civitate, in quolibet
oppido vico castello
municipio quicumque voto christianae legis meritum eximiae
singularisque virtutis omnibus intimaverit, securitate perpetua
potiatur. Gaudere enim et gloriari ex fide semper volumus, scientes
magis religionibus quam officiis et labore corporis vel sudore
nostram rem publicam contineri. Dat. XVI kal. mart. Antiochiae
Tauro et Florentio conss. (361 febr. 14).
58 Cf. G. Crif, Dimensions de la lacit dans lexprience romaine
tardive, in Les frontires du profane dans lantiquit Tardive, d. par
. Rebillard C. Sotinel, Rome 2010, 75-97, qui p. 78 e n. 13.
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