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Agostino di Duccio a Perugia: novità documentarie.

Feb 20, 2023

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La porta San Pietro: un’opera di collaborazione

«Armorum tu dux, dux est deus alter amorum»Giovanni Antonio Campano, Carmen ad Braccium Balionem

Non sono note le vere ragioni per le quali Agostino di Duccio nei primi anni Settanta del Quattrocento approda nuovamente a Perugia. Forse lo scultore, ar-tista estroso e girovago, di sua iniziativa ha prescelto ancora la città umbra dove già godeva di grande reputazione e consenso.1 D’altronde Perugia aveva offerto allo scultore fiorentino poco valutato in patria, ottime opportunità di lavoro; gli onori e i riconoscimenti che seguirono le opere perugine, ne riconoscevano le raffinate qualità di lapicida, soprattutto quando, alla fine degli anni Cinquanta, dal Comune cittadino gli fu concesso il prestigioso incarico per la realizzazione della facciata dell’oratorio di San Bernardino,2 un monumento celebrativo de-dicato al santo dell’Osservanza più venerato in città.

Ma è più plausibile che lo scultore fiorentino sia stato richiamato a Perugia, ora all’apice del suo prestigio, come capocantiere alle nuove fabbriche cittadine, pubbliche e private, che in quel periodo stavano nascendo con l’intento di dare alla città l’assetto urbano e la sembianza di una città rinascimentale. Un rina-scimento che si stava rivelando soprattutto attraverso la nuova edilizia dei suoi palazzi pubblici, rappresentativi della raggiunta magnificenza di uno stato non più oligarchico ma retto da un signore.

Perugia, soprattutto negli anni Settanta del Quattrocento, si presenta poli-ticamente come una velata signoria realizzata da un abile e prudente signore: Braccio di Malatesta Baglioni.3 Braccio governa lo stato con l’appoggio delle famiglie aristocratiche più rappresentative della città, come i Ranieri, gli Ar-manni della Staffa e i della Corgna, famiglie amiche grazie anche ad un’accorta politica matrimoniale; egli pilota la politica cittadina tramite un gruppo ristretto di fidati alleati senza eliminare le strutture costituzionali esistenti della Perugia comunale, garanzie di libertà popolare.4

In questi anni il clima voluto da Braccio è quello di una magnificenza cortese che cercava di emulare, senza mai raggiungerla, i maggiori centri signorili della peniso-la; e il 1473 è un anno particolarmente significativo per Perugia e per il Baglioni.

Quando nel maggio Agostino è documentato in città, già da un mese si è aperto il cantiere del nuovo palazzo del Capitano del Popolo (1473 aprile 9),5 e

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da più di un anno si sono avviati i lavori di ampliamento alla chiesa di Santa Ma-ria dei Servi sul Colle Landone. La chiesa si trovava nel quartiere dei Baglioni, a ridosso e confinante con i palazzi di Braccio, il quale si era reso promotore del nuovo ampliamento da apportare all’edificio. È lo stesso Baglioni infatti che ne accordava al capitolo dei Servi di Maria, nel 1471, sovvenzioni e protezione.6

Inoltre, sempre in quegli anni, si è aperto il nuovo cantiere di Santa Maria dei Fossi; l’insediamento monastico, sede dei Canonici Regolari del Santissimo Salvatore di Venezia, era situato sotto i cosiddetti «Orti di Braccio», giardini dove il signore era solito riunire la sua corte in allegri divertimenti e giostre; an-che il luogo religioso per estensione territoriale era posto sotto la sua protezione. Soprastanti eletti alla fabbrica dell’insediamento sono Melchiorre di Goro7 e Francesco dei Randoli, due fedelissimi di Braccio, molto vicini alla sua corte.8

Proprio nella primavera Braccio, ora all’apice del potere, e in un clima di pace cittadina raggiunta sotto la sua protezione, per i servigi offerti alla Santa Sede, ottiene da Sisto IV l’investitura del feudo di Montebello, presso Tosca-nella nel viterbese.9 Si tratta di un considerevole riconoscimento da parte di Francesco della Rovere, papa che aveva avuto un rapporto speciale con la città umbra, essendo stato professore di teologia presso l’università perugina negli anni Cinquanta, e avendo intessuto significative relazioni nell’ambito dello Stu-dium e dell’Ordine Minorita perugino.10 Va ricordato soprattutto che Sisto IV è cittadino onorario della città già dal 1464, quando, dopo essere stato eletto a Pe-rugia Ministro Generale dell’Ordine Francescano,11 il Comune gli concedeva il privilegio della cittadinanza. La consacrazione al soglio pontificio di un cittadi-no perugino, il 9 agosto 1471, ha significato per Perugia e per Braccio Baglioni assurgere, almeno nelle intenzioni, al ruolo di città egemone e autonoma dello Stato Pontificio, sotto la protezione e i favori di un papa amico.

Alla stagione segnata dalla signoria di Braccio si riconducono dunque le nuove imprese architettoniche, volte al riconoscimento di un raggiunto potere signorile. Infatti, la spinta propulsiva data alla fabbrica alle Due Porte con l’asse-

1. Agostino di Duccio, Polidoro di Stefano e Antonio Camarotti di Firenze, prospetto della porta San Pietro, Perugia

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gnazione del cottimo della monumentale porta San Pietro allo scultore fiorenti-no, il 17 maggio del 1473,12 non si disgiunge dal premio ecclesiastico concesso a Braccio dal pontefice. Tramite il completamento della porta allocata all’artista, Perugia celebra la legittimazione di un potere pubblico concesso al Baglioni da Sisto IV, il ‘papa perugino’. Va ricordato infatti che la porta San Pietro, ingresso in città per chi viene da Roma, e tramite il quale transitavano i pontefici in visita a Perugia, era considerata come appartenente alla famiglia Baglioni; il rione pertinente alla porta, uno dei cinque cittadini, insieme al territorio posto a sud della città, era da sempre amministrato dai componenti della stirpe o da quelli delle famiglie alleate. Più che una porta, il progetto consegnato nel maggio da Agostino ai priori delle arti di Perugia, presenta le caratteristiche dell’arco trion-fale: un monumento a conferma di una rinnovata identità signorile.13

La longa manus di Braccio e il forte impulso che egli ha ridato alla ripresa dei lavori della fabbrica, ferma dal 1468, per il completamento dell’ingresso trion-fale, si realizza nella scelta dei soprastanti eletti dal Comune a soprintendere l’opera. Questi infatti sono tre fra i ‘dignitari di corte’ più intimi di cui si cir-conda il Baglioni, fedelissimi alla sua politica nonché figure intermediarie nelle relazioni fra questi, l’oligarchia perugina, e le istituzioni comunali.

Fra i soprastanti eletti dal Comune sotto l’egida di Braccio, degna di rilievo è la figura del cambiatore Carlo Cinaglia, che nel 1496 sarà anche fra i cinque commissari deputati alla realizzazione degli affreschi dell’Udienza del Cambio commissionati al Perugino.14 Il Cinaglia è uomo colto e raffinato, molto vicino al signore nonché suo consigliere. Lo stretto legame che lo unisce a Braccio, è documentato anche nelle opere letterarie composte dagli umanisti inseriti già da tempo alla corte del Baglioni. Carlo Cinaglia viene cantato dal poeta Pa-cifico Massimi nei suoi Trionfi e nelle Draconides, opere dedicate a Braccio: egli ricorre ancora nell’epigramma, premesso alle Epistole, indirizzate al signore pe-rugino.15 Rilevante, a conferma di un dialogo fra il Baglioni e il Cinaglia, è che nello stesso epigramma viene cantata la leggendaria Margherita Montesperelli, la bellissima ‘Diana’ protagonista dei numerosi sonetti dedicati agli amori di Braccio. L’amante del signore è anche la moglie dell’altro stretto collaboratore Francesco dei Randoli.

Il secondo soprastante alle Due Porte è Ugolino dei Crispolti. Il Crispolti appartiene a una famiglia di giuristi che condividono con i Baglioni il potere sulla cittadina di Bettona. Ugolino viene considerato da Braccio alla stregua di un figlio putativo;16 gli ha concesso infatti di fondare, nel 1472, una propria cap-pella in Santa Maria dei Servi, chiesa della quale Crispolti risulta anche ufficiale e soprastante.17 La cappella, allocata al maestro di pietra Polidoro di Stefano, lo stesso lapicida impegnato alla fabbrica delle Due Porte [Appendice, doc. 2], si deve realizzare nel nuovo ampliamento, dove oltre alla tomba gentilizia dello stesso Baglioni, si trovano anche quelle dei suoi amici più stretti.18 È lo stesso Ugolino che nell’ottobre del 1474, quando i lavori alle Due Porte rallentano per mancanza di materiale, propone e ottiene dai decemviri il trasporto di traverti-no alle Due Porte. Nella delibera il materiale lapideo viene citato come ‘quelle pietre’, che si trovano situate presso la porta Marzia, «que sunt in strata […] et per ipsum opus erant optime».19 Non è un caso che proprio dai pressi della por-ta Marzia si prelevino pietre da reimpiegare alle Due Porte; si tratta di un’esten-sione in linea fisica e simbolica dell’influenza dei Baglioni dalla monumentale

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porta etrusca a quella medioevale del rione di porta San Pietro; la porta Marzia infatti è intesa in questo momento come l’accesso privilegiato al quartiere dei Baglioni, quasi un arco cittadino spettante alla famiglia.

Il terzo soprastante alle Due Porte appartiene ai della Corgna, famiglia anch’essa di giureconsulti, da sempre alleata dei Baglioni in lotta contro la fa-zione rivale dei degli Oddi. Si tratta di Lamberto, fratello del famoso giurista

2. Cedola in volgare della suddivisione dei lavori da effettuarsi alle Due Porte. Sottoscrizione autografa di Agostino di Duccio, Polidoro di Stefano e Antonio Camarotti di Firenze, 10 maggio 1473. Perugia, Archivio di Stato

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Pierfilippo; il della Corgna, in quegli anni di espansione edilizia, si trova coin-volto quale soprastante alle fabbriche più importanti della città, fra cui figura quella della Maestà delle Volte, allocata il 19 aprile 1475 allo stesso Agostino; egli è anche ufficiale incaricato per la realizzazione del tabernacolo di pietra da porre davanti all’immagine della Vergine della Maestà.20

L’individuazione di un nuovo documento sull’attività dello scultore alle Due Porte, consente di tracciare un più preciso percorso e delineare più chiaramente la fisionomia dell’artista nell’ambito della articolata attività perugina; si tratta di un contratto che mette in evidenza come fin dall’inizio Agostino abbia condotto i lavori alla porta in collaborazione. Una novità documentaria che consente di attribuire l’opera non solamente allo scultore fiorentino, ma anche a Polidoro di Stefano e ad Antonio Camarotti di Firenze, suoi collaboratori poi documentati nelle fasi successive della fabbrica a lavori già iniziati.

Il documento è una cedola in volgare del 10 maggio 1473 [Appendice, doc. 3], nella quale i lapicidi Agostino di Duccio, Polidoro di Stefano e Antonio Ca-marotti di Firenze, suddividono fra di loro il cottimo dei lavori da eseguire. La carta riporta la firma autografa degli scultori, ed è redatta una settimana prima della presentazione della cedola dei lavori, scritta da Agostino, e sottoposta a delibera comunale. Il documento dimostra quindi che da subito Agostino rico-pre il ruolo di capocantiere di una équipe di collaboratori e capomastri non solo perugini.

Nella polizza infatti è scritto che «mastro Aghustino», cottimatario del lavoro alle Due Porte del Comune di Perugia, «accomuna ditto lavorio et construtione d’esso a mastro Pulidoro de mastro Stefano de Peroscia, e a mastro Antonio de Bartolomeyo da Fierençe», e che, il detto lavoro, sia condotto insieme dai tre la-picidi, un terzo per ciascuno. Unica deroga stabilita nella cedola, è che «nel ditto lavorio, ciè a fare certe figure, cioè statue, tesste e grifoni, y quali el ditto mastro Aghustino (h)a a lavorare de sue proprie mano», per un compenso complessivo di 80 fiorini. Quindi lo scultore, oltre al terzo stabilito nei patti, s’impegna per l’esecuzione degli elementi decorativi di più raffinato ingegno. D’altronde tali ornamenti risultano già disposti e citati nella prima cedola dei lavori, esibita da Agostino ai decemviri il 17 maggio del 1473, il cui progetto verrà poi vanificato con un nuovo elaborato del lapicida presentato ai priori nel 1475.21

Inoltre, da un ulteriore documento [Appendice, doc. 4], si viene a conoscen-za che già nel settembre del 1473 i lavori alle Due Porte subiscono un arresto; infatti il travertino che i tre soci avevano richiesto non è ancora stato condotto alle Due Porte per negligenza del trasportatore. La notizia si ricava da un pre-cetto nel quale Polidoro di Stefano denuncia al podestà del comune tale Simone di Pietro vetturino, il quale non ha ottemperato alla consegna del travertino utile alla costruzione della porta, come risulta da un contratto stipulato fra Po-lidoro e i suoi soci, e che vede Simone obbligarsi, per 5 fiorini, al trasporto e alla consegna del materiale «ad civitatem Perusii iuxta Duas Portas». Polidoro dichiara comunque che lui, insieme ad Agostino e al Camarotti, ha già comin-ciato i lavori di costruzione alle «Due Porte», ma che per il momento l’opera non procede per la mancanza del travertino richiesto.

Alla luce dei nuovi documenti, il ruolo di capocantiere cittadino rivestito da Agostino in quegli anni, si può adesso anche estendere all’altro incarico che il lapicida aveva preso a cottimo l’8 maggio, solamente due giorni prima

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3. Agostino di Duccio, Vergine incoronata, particolare della Maestà delle Volte. Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria

la cedola di suddivisione dei lavori alle «Due Porte». Si tratta dell’altare della Pietà, da eseguirsi in San Lorenzo, e commissionato allo scultore dai priori dell’Ospedale di Santa Maria della Misericordia per la cappella Ranieri nel duomo perugino.22 È verosimile che anche in questo caso, Agostino si sia avval-

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so dell’aiuto di alcuni collaboratori, fra cui lo stesso Camarotti, documentato a Perugia già a tale data.23

La stretta relazione fra i due cottimi, stipulati praticamente lo stesso giorno, presuppone un progetto unitario per entrambe le opere dove si vedono coinvolti probabilmente gli stessi collaboratori del lapicida, in accordo con il gruppo dei soprastanti e committenti, sotto la tacita approvazione di Braccio Baglioni.

Infatti, per quanto riguarda l’altare della Pietà, si deve considerare il ruo-lo non secondario svolto nella committenza, non solo da Antonio da Macera-ta, priore chierico dell’Ospedale della Misericordia, ma anche da Melchiorre di Goro, altro priore dell’Ospedale, personaggio appartenente alla cerchia di Braccio Baglioni e da porre in relazione con lo stesso Agostino. Ciò viene at-testato da un ulteriore nuovo documento, nel quale Melchiorre è presente in un atto del 29 aprile 1474,24 in cui si rilascia quietanza al maestro fiorentino, per la somma di 200 fiorini, compenso dovuto allo scultore per la realizzazione dell’altare, somma che era già stata stabilita nella stima dell’opera il 4 aprile dello stesso 1474.

Infine, va aggiunto che il Camarotti non è l’unico artista fiorentino documen-tato a Perugia insieme a Agostino. Infatti, da un testamento del 7 aprile 1475, si viene a conoscenza che un gruppo di artisti fiorentini, insieme allo scultore, dimora a Perugia. Si tratta delle ultime volontà di Giuliano Laurentii Filippi di Firenze, il quale elegge sepoltura presso la chiesa di San Domenico di Perugia, e istituisce suoi fidecommissari nonché curatori delle figlie Alessandra e Antonia, Agostino di Duccio, Bartolomeo orefice e Iacopo di Mariotto intagliatore (ma-gister tarsie), tutti di Firenze, abitanti nel rione di porta San Pietro. L’intagliatore risiede a Perugia già dall’ottobre del 1473, quando prende in affitto una casa dal monastero di Santa Maria Maddalena nel sopraddetto rione. È probabile che fra gli artisti fiorentini esista un legame societario, forse fra lo stesso Agostino e Giacomo di Mariotto; a quest’ultimo infatti viene commissionato un pulpito per l’oratorio di San Bernardino, stimato 45 fiorini nel dicembre 1477.25

La facciata della Maestà delle Volte: il contratto

Si debbono a Adamo Rossi le indagini documentarie sino a oggi effettuate ri-guardanti le vicende costruttive dell’oratorio perugino della Maestà delle Volte.26

Gli studi, intrapresi dall’erudito sulla base di accurate ricerche d’archivio, hanno inizio con la pubblicazione di un primo documento del 1297, anno in cui il Comune delibera l’esecuzione di un affresco raffigurante «la Madonna col Bambino e Santi»27 da «pegnere sub volta palacii comunis», sotto il quale «una lampana continue ibi esse debeat, et de nocte ardere a sero usque ad mane».28 L’affresco venne poi inglobato in un oratorio, che nei due secoli seguenti subì alterne vicende di ingrandimento, smantellamenti e complesse ristrutturazioni.

Tuttavia, alla ricostruzione documentaria effettuata da Rossi sulle fasi di ampliamento della Maestà fino alla sua completa demolizione e al successi-vo rifacimento,29 faceva difetto proprio l’impianto iconografico dell’insieme di statue della facciata realizzata dallo scultore fiorentino, per il mancato reperi-mento del contratto relativo all’opera. Oggi è possibile formulare nuove ipo-tesi sul complesso scolpito grazie al rinvenimento del ‘Contratto della Maestà’

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4. Agostino di Duccio, Testa dell’Eterno (?), particolare della Maestà delle Volte. Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria

[Appendice, doc. 5], carta d’archivio che può permettere di avanzare una ri-costruzione sull’assetto originario della frammentarietà di statue e di complessi scultorei conservati presso la Galleria Nazionale dell’Umbria, e attribuiti pro-prio da Adamo Rossi al maestro fiorentino come facenti parte della ‘Facciata della Maestà delle Volte’.30

Il contratto, titolato Suprastantium Maiestatis de Volta promissio construtionis certi laborerii, viene stipulato in data 19 aprile 1475, quando, dopo più di un anno, Agostino si ripresenta sulla scena pubblica con l’acquisizione dei cottimi delle tre più importanti opere scultoree da condurre a termine in città.

L’artista, infatti, dopo aver presentato ai decemviri la cedola del nuovo mo-dello architettonico per le Due Porte, in data 17 aprile, che ne rescindeva la precedente, solamente due giorni dopo acquisisce il cottimo della Maestà delle

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Volte, infine il 23 maggio, in maniera assolutamente anomala rispetto alla prassi consueta, egli ottiene l’incarico di estimatore e insieme cottimatario della cap-pella di San Bernardino da completarsi nella cattedrale di San Lorenzo.

L’assegnazione contemporanea dei tre lavori all’artista nel 1475, rappresenta una prosecuzione nel progetto di mutamento architettonico della città signo-rile retta da Braccio Baglioni e avviato nel 1473, dove già Agostino assume la veste di architetto ufficiale prescelto in città. Ma l’impulso decisivo dato ai lavori di completamento alla facciata dell’oratorio, definitivamente deliberato nel dicembre del 1473, si deve soprattutto al clima di esaltazione religiosa susci-tato dall’arrivo in agosto a Perugia del Santo Anello della Vergine; la preziosa reliquia, che ancora si conserva presso il duomo perugino, era giunta in città portata dal frate tedesco Winterio di Magonza, il quale, dopo averla trafugata dalla cittadina di Chiusi la donava al popolo perugino.31

L’evento eccezionale della reliquia nella città umbra, che si vuole celebrare e conservare gelosamente, diviene l’elemento propulsivo che promuove a Perugia un culto speciale per la Madonna e per le sue reliquie, impulso chiave che ha dato il via all’imponente impianto scultoreo attuato da Agostino per la facciata della Maestà. D’altronde, sino a quel momento, le numerose sovvenzioni per l’oratorio, erano costituite da somme esigue, e seguivano sempre le continue suppliche promosse presso il Comune da fra Bartolomeo di Antonio dei Servi Osservanti di Maria, rettore della Maestà, il quale si dedicava con assiduo zelo e impegno costante ai continui miglioramenti da apportare al luogo nella seconda metà del Quattrocento. Ebbene, nel dicembre del 1473, senza alcuna supplica da parte del servita, i decemviri, dopo aver eletto i soprastanti «ad faciendum fieri et fabricari dictam parietem Maiestatis de Volta» stanziano la somma di 200 fiorini «pro perficenda dicta pariete supra dictis colunnellis in ea existenti-bus […] ad laudem et gloriam intemerate semperque Virginis Matris Marie et ad devotionem totius populi Civitatis Perusii». La disposizione, contenente un significativo inno alla Vergine da parte del popolo perugino, ratifica il rinnovato culto verso il luogo della Maestà, ora pubblicamente legittimato, mentre ai so-prastanti viene dato il termine di due anni per portare a termine l’incarico.32

Quindi si giunge all’aprile del 1475 per la stesura del contratto vero e proprio col lapicida, a cui segue un documento del 23 settembre del 1475, già reperito dal Rossi, nel quale Agostino, citato quale cottimatario del lavoro della Maestà delle Volte, contratta con due ‘campagnoli’, il trasporto di circa 14 pietre, utili a fare statue e immagini, dalla Fratticiola Condicesca, nel territorio perugino, sino a Perugia.33

Infatti di 14 statue – o più – si tratta, come adesso è desumibile dalla cedola dei lavori inserita nel contratto stipulato con l’artista; questo è costituito da una scritta in volgare, nella quale risulta che «Masstro Aghostino […] a tolto a fare la nostra Donna Vergine Maria et el Gloriosissimo nostro Signore Yhesu Cristo coli dodici Apostoli […] de pietra palombina, de mezzo rilievo, de grandezza quanto naturali, per pregio de floreni docento, sicondo uno certo desegno sopra dicto lavorio, el quale desegno al presente lo conserva frate Bartolomeo rectore de la dicta Maestà de legname intagliato de cera».34

Lo scultore si obbliga per l’esecuzione dell’opera nei confronti di Bartolo-meo domini Baldassarris de Hermannis e Lamberto Berardi de nobilibus de Cornia, so-prastanti eletti dal Comune sopra la Maestà,35 affianca i due nobili il mercante

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5. Agostino di Duccio, sculture della Maestà delle Volte: a) angelo annunciante; b) angelo in volo; c) Vergine incoronata; d) testa dell’Eterno; e) testina di angelo; f) angelo in volo; g) Vergine annuncitata. Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria

Baldo Tome Vici Baldi. Infine viene deciso che l’opera dovrà essere realizzata entro il termine di 18 mesi, e per un compenso complessivo di 200 fiorini, com-prese le logagioni.

Il contratto descrive l’Incoronazione della Vergine come da modello intagliato di cera, già preparato dall’artista e depositato presso fra Bartolomeo rettore della Maestà.

L’iconografia proposta nella cedola, si articola dunque su due piani: una parte superiore, alla quale appartiene la Madonna con le braccia incrociate sul petto nell’atto di ricevere la corona da Cristo in gloria – la cui statua però sem-brerebbe purtroppo perduta – e una scena in basso costituita dai dodici apo-stoli in una complessità compositiva alla quale appartengono altri frammentari gruppi scultorei.

La problematicità di una ricostruzione iconografica determinata dal consi-derevole numero di frammenti, aveva indotto a ritenere le statue come apparte-nenti a gruppi scultorei diversi; ad esempio le braccia incrociate e l’inclinazione del volto della Madonna hanno ispirato l’ipotesi, spesso accreditata, di una Ver-gine annunciata, opera a se stante di Agostino e non appartenente all’impianto scultoreo della Maestà [fig. 3].36

Il primo a identificare la Vergine come facente parte del complesso monu-mentale della facciata fu Francesco Santi, il quale ne attribuì l’appartenenza al gruppo scultoreo, oltre che per l’uso dello stesso tipo di pietra calcarea utilizzata anche per le altre figure, proprio per la nuova espressione stilistica uniforme in tutti i frammenti rinvenuti, espressione profondamente mutata rispetto alle pre-cedenti opere del lapicida fiorentino. Si tratta di una trasformazione nello stile di Agostino già iniziata in quegli anni a Perugia con l’altare della Pietà, situato nella cattedrale di San Lorenzo.

Secondo Santi infatti nelle sculture della Maestà non vi è più traccia dell’ele-mento decorativo architettonico che ha segnato le opere giovanili di Agostino, ma da queste nuove opere dell’artista emergono fortemente i lineamenti dei volti, i panneggi si articolano in forti spezzature, il tutto è reso in senso dramma-tico, in accordo con le iconografie dolorose come la Morte della Vergine o la Pietà.

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6. Agostino di Duccio, apostoli (gruppi scultorei e frammenti della Maestà delle Volte). Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria

L’ipotesi di una Dormitio Virginis per l’intero ciclo illustrativo, aveva indotto Santi a interpretare la figura della Vergine come quella di un’Incoronata, «nel qual caso» egli aggiunge «si sarebbe perduta la statua dell’Eterno»,37 elemento invece che si può identificare in un volto scultoreo rimasto fra i frammenti [fig. 4].

Il doppio registro compositivo, similare in qualche modo alla facciata dell’ora-torio di San Bernardino, era posato sopra un portichetto: «pariete supra dictis colunnellis in ea existentibus»;38 nella sezione superiore vi era forse inserita una mandorla con la Vergine incoronata da Cristo, l’Eterno, e gli angeli volanti, ai cui lati, vi erano due nicchie con l’Angelo e la Vergine annunciata [fig. 5]. Nella sezione inferiore, si trovavano allineati i dodici apostoli molto probabilmente attorno alla tomba fiorita [fig. 6].

Ciò che tuttavia resta problematico sono le motivazioni che hanno indotto la committenza, che in questo caso è rappresentata anche dal servita dell’Osser-vanza fra Bartolomeo, alla scelta iconografica riproducente una Incoronazione con apostoli. Sembrerebbe trattarsi di un ritorno ad una tradizione dell’impianto scultoreo eseguita da Agostino in cui nella scena terrestre intervengono insieme la cerchia degli apostoli, invece dell’usuale allestimento illustrativo che vede in quegli anni la Vergine Incoronata sopra il gruppo dei santi inginocchiati in ado-razione. Un indizio sopra la selezione relativa a una Incoronazione viene fornito da un inventario dei beni e degli arredi dell’oratorio, stilato nel 1403, in cui com-pare fra i preziosi «una Maiestas Yhesus Cristi et Virginis Marie […] ipse filius Dey incoronat ipsam beatam Virginem Mariam matrem suam cum figuris an-gelorum circhumcircha, in scatarço racamato cum coverta de carta de sopra»,39 ma l’inusuale ritorno a una tradizionale iconografia che vede tutti gli apostoli riuniti in un’opera scultorea così imponente, porta a ritenere che con essi si sia voluto trasmettere un preciso messaggio simbolico-religioso della città, rivolto a tutti i fedeli e ai pellegrini in visita all’oratorio. Molto probabilmente tale scelta non si disgiunge da un più ampio programma celebrativo che si stava attuando a Perugia per celebrare l’arrivo del Santo Anello della Vergine: la reliquia trafugata da Chiusi diviene infatti per la città di Braccio l’elemento propulsore di ambiziose aspirazioni di centralità politica e economica cittadina, volte a inserire Perugia

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7. Ricostruzione virtuale della facciata della Maestà delle Volte (montaggio di Luca Sportellini)

negli itinerari del pellegrinaggio lauretano e soprattutto francescano. Quindi, mentre si prepara il ‘luogo sacro’ nella cattedrale di San Lorenzo, dove acco-gliere la reliquia, meta del pellegrinaggio mariano, nel contempo, presso la fac-ciata dell’oratorio limitrofo al duomo, si propone il trionfo della Vergine; così si celebra l’evento della sua ascesa al cielo mentre la Sacra Cintola cade nelle mani dell’apostolo Tommaso. Non è improbabile che nell’allestimento degli apostoli si voglia proprio alludere anche all’evento della ‘cintola di Maria’, che insieme all’Anello degli sponsali, rappresentano le due reliquie più importati della Vergi-ne, come d’altro canto non è improbabile che l’Incoronazione con apostoli della

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facciata realizzata da Agostino, sia stata il modello di riferimento iconografico per la Pala Oddi, voluta da Alessandra degli Oddi, figlia di Braccio Baglioni, e realizzata dal giovane Raffaello nel 1505, per la cappella di famiglia in San Francesco al Prato di Perugia.40 D’altronde, l’aspirazione della città a divenire un centro di culto mariano, si realizza tramite la venerazione delle sue reliquie, consistente anche in un messaggio illustrativo che le evochi.

In tale ottica simbolico-religiosa si possono comprendere al meglio anche le motivazioni per le quali la complessa e estesa struttura possa essere stata costruita sotto la grande volta sottostante il palazzo del Legato perugino, in un luogo angusto e oscuro che ne ostacolava la veduta [fig. 7]. Francesco Santi ri-ferisce che l’intero imponente impianto non poteva essere situato a quota molto elevata; la facciata a suo avviso è sproporzionata per un luogo buio e nascosto sottostante le volte.41 In realtà si tratta di uno ‘spazio sacro’ cittadino, utile a pro-teggere e chiudere l’oratorio, dove si venera l’antica immagine miracolosa della Vergine coronata «cum una corona de here aurata in capite dicte figure».42

Con la nuova facciata viene inaugurata a Perugia, almeno nelle intenzioni, la stagione per il culto del Santo Anello; la città si propone quale tappa nell’iti-nerario dei pellegrini che procedevano poi verso Assisi per l’indulgenza del Perdono alla Porziuncola del 1 e 2 di agosto, data corrispondente a quella dell’ostensione dell’Anello a Perugia, stabilita per delibera proprio per il 2 dello stesso mese.43

La Maestà si presenta quindi come una struttura liturgica in un qualche modo da collegare e assimilare alla Casa Santa di Loreto, modello di riferimen-to simbolico per l’oratorio perugino. Infatti, proprio in quegli anni si assiste al nuovo impulso dato alla fabbrica per i lavori alla basilica da parte del cardinale Girolamo Basso della Rovere, vescovo di Recanati e nipote di Sisto IV,44 grande promotore, durante tutto il periodo del suo pontificato, del culto per la Vergine.

Infine, per quanto riguarda l’orientamento della facciata, dalla documenta-zione raccolta da Rossi si ha notizia che il luogo venne ampliato già nel 1335 e l’edicola con l’affresco riproducente la Madonna, fu inclusa in un oratorio avente sul davanti un piccolo portico, costituito da tre arcate, e prospiciente l’inizio della via delle Volte, quasi ad affacciarsi sull’attuale piazza IV Novem-bre. Inoltre, dall’inventario degli arredi del 1403, la chiesa risulta ubicata nel rione di porta Sant’Angelo, «in capite platee inter suos confines». Tale dato fornisce la collocazione urbanistica dell’oratorio come esposto sulla piazza, ma la facciata non era volta sullo slargo in vista della Fontana Maggiore, bensì nelle immediate pertinenze. Dall’inventario si ricostruisce la struttura agli inizi del Quattrocento: la chiesa risulta abbastanza grande, e in essa sono già distinti i due oratori inferiore e superiore. Infine, per accedere all’oratorio superiore, vi erano delle scale esterne, costruite per facilitare il transito ai fedeli, situate sulla parete sinistra dell’oratorio, dove ancora in alto, si possono scorgere le arcate di una porta tamponata.

Il rinvenimento di un ulteriore contratto, datato 18 maggio 1461 [Appen-dice, doc. 1], subito dopo il completamento dell’oratorio di San Bernardino, documenta i lavori effettuati alla Maestà per la realizzazione e ultimazione del solaio di copertura che divideva l’oratorio inferiore da quello superiore. Anche in questo caso si tratta di una cedola in volgare di opere date in appalto dal Comune di Perugia che nel dettaglio descrivono le fasi costruttive da eseguirsi.

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AgoStino di duccio

1. In merito al secondo soggiorno di Agostino di Duccio a Perugia, Ettore Ricci scrive: «Troppo parendogli meglio esser primo a Perugia che ultimo a Fi-renze». Sembrerebbe quindi che lo scul-tore abbia preferito ripiegare su Perugia, città molto meno competitiva rispetto a Firenze. dAniele PiSAni, Piuttosto un arco trionfale che una porta di città, Agostino di Duccio e la porta San Pietro a Perugia, Vene-zia, Marsilio, 2009, p. 37.

2. Sulla cappella di San Bernardino e la prima sosta di Agostino di Duccio a Perugia cfr. AdAMo roSSi, Prospetto cronologico della vita e delle opere di Agostino d’Antonio, scultore fiorentino con la storia e i documenti di quelle da lui fatte in Perugia, in

«Giornale di Erudizione Artistica», IV (1875), I, pp. 3-25; 2, pp. 33-50.

3. Cfr. roberto AbbondAnzA, Baglio-ni Braccio, in Dizionario Biografico degli Ita-liani, Roma, Istituto per l’Enciclopedia Italiana, 1963, V, pp. 207-212.

4. Ivi, p. 211. Secondo Black la si-gnoria baglionesca fu limitata dalla oligarchia larga e dalla presenza e in-fluenza degli ufficiali papali in città. chriStoPher F. blAck, Il problema di una signoria umbra, in Signorie in Umbria fra Me-dioevo e Rinascimento: l’esperienza dei Trinci, 2 voll., Atti del Convegno (Foligno, 10-13 dicembre 1986), Perugia, Deputazio-ne di storia patria per l’Umbria, 1989, I, p. 111.

5. Il cottimo dei lavori alla nuova fabbrica del palazzo è assegnato ai mae-stri di pietra Gasperino di Antonio lom-bardo e Leone di Matteo. Cfr. A. roSSi, Prospetto cronologico cit., pp. 270-272.

6. Per la vicenda storica della chiesa cfr. MArinA regni, Apporti documentari per la ricostruzione delle vicende di Santa Maria dei Servi, in Perugino il Divin Pittore, a cura di Vittoria Garibaldi, Francesco Federi-co Mancini, Cinisello Balsamo (Mi), Sil-vana Editoriale, 2004, pp. 547-549.

7. Il rilievo del personaggio è noto in quanto a questi è stata ricondotta la committenza della pala di Santa Maria dei Fossi, realizzata dopo 15 anni dalla sua morte nel 1495 dal Pinturicchio, e

La puntualità dei dati fornisce con estrema accuratezza l’elegante fisionomia della Maestà nel suo interno prima dell’attuazione della facciata. Cottimatario dell’opera è il magister lignaminis Pietro di Bernardo da Firenze, maestro intaglia-tore abitante a Perugia, forse da ricondurre alla stretta cerchia del Rossellino.

Il contratto vede obbligare il maestro, impegnato nella realizzazione del sola-io nei confronti di Pierfrancesco di Bertoldo Gelomie e Luca di Andrea Menecutii, soprastanti alla Maestà eletti dal Comune, per un compenso complessivo di 37 fiorini, da sborsare al maestro in tre fasi successive dell’opera, fino al suo com-pletamento, e da ultimare nel termine di due mesi.

Nella cedola è scritto che colui che accetterà il cottimo dei lavori è tenuto a fare «uno terrato a la Maestà […] a la prima entrata sopra li doie altari», in-cominciando dal vecchio ‘terrato’, già iniziato e non ancora concluso qualche tempo prima, e di ultimarlo nella medesima forma in cui questo è stato già eseguito. Il ‘terrato’ dovrà poi essere «vergolato de vergoglie e tagliole» atte a sostenere un cielo ligneo da fabbricarsi in tavole di abete «fatto a navicelle, o veramente ad archetto vergholato e scorniciato», quindi poi di seguito «pento de buono colore a forme del cielo de la camora de Diamante de Alfano»; anche se, in questo caso, il cielo lo si vuole ‘piano’ e non ‘imbussolato’ come quello del nobile mercante perugino. Infine ci si preoccupa per l’illuminazione dell’orato-rio superiore, quindi si stabiliscono i lavori in modo tale che «el lume che da la finestre grande invetriata» possa filtrare verso l’alto; e si dispone infatti di «fare uno sportelino nel cielo a lato la finestre per dare el lume de sopre al terrato».

Nel 1461 viene dunque realizzato alla Maestà un solaio con un cielo ligneo dipinto e ornato ad archetti con sottili decorazioni, il cui modello di riferimento è il soffitto che si trova nel fondaco di Diamante Alfani, fulcro della vita econo-mica e culturale della città, dove verrà anche stipulato il contratto per la Pala di Santa Maria dei Fossi, allogata al Pinturicchio nel 1495. Diamante è padre dell’umanista Alfano, colto discendente del giurista Bartolo da Sassoferrato.45

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Alberto MAriA SArtore

posta sopra l’altare maggiore della chie-sa. Pietro ScArPellini - MAriA ritA Sil-veStrelli, Pintoricchio, Milano, Federico Motta Editore, 2004, p. 193. Melchiorre si allinea agli ‘uomini di Braccio’, nel contempo mantiene uno stretto legame anche con la chiesa di San Domenico e i frati predicatori. Devoto a san Girola-mo, Melchiorre nel 1476 commissiona una cappella in San Domenico dedicata al santo il cui prototipo sia quello della cappella di San Bernardino in duomo, allocata allo stesso Agostino, che ne ese-gue anche la stima. Infatti, il 16 gennaio 1479, lo scultore, insieme a Pietro Paolo di Andrea da Como, agisce come arbi-tro in una contesa relativa alla cappella di San Girolamo di Melchiorre di Goro. lAurA tezA, Una nuova storia per le tavolette di San Bernardino, in Pietro Vannucci il Pe-rugino, Atti del Convegno (25-28 ottobre 2000), a cura di Ead., Perugia, Volum-nia, 2004, pp. 280-281, nota 16.

8. Personaggio chiave della politica baglionesca, Francesco dei Randoli è protagonista assoluto nel panorama isti-tuzionale e artistico della città di Braccio. Il Randoli, fra le altre attività, presenzia nel 1477 al contratto per la Madonna del Verde in duomo commissionata a Barto-lomeo Caporali, ed è eletto soprastante per la cappella del Santo Anello nella cattedrale perugina. Il forte legame col Baglioni è evidente nel novembre del 1473, quando, per le nozze di Grifone suo figlio, egli è incaricato di sposare per procura Atalanta Baglioni. Archivio di Stato di Perugia (d’ora in poi: ASPg), Notarile, Protocolli, 110, c. 121r. P. ScAr-Pellini - M.r. SilveStrelli, Pintoricchio cit., p. 285; l. tezA, Una nuova storia per le tavolette di San Bernardino cit., p. 289.

9. Cfr. r. AbbondAnzA, Baglioni Brac-cio cit., p. 210.

10. Per i rapporti di Sisto IV con Pe-rugia cfr. benvenuto bughetti, France-sco della Rovere da Savona, Ord. Min., lettore di filosofia, Min. Generale, cardinale e papa Sisto IV nelle sue relazioni con Perugia, in «Archivum Franciscanum Historicum», XXXVI (1943), pp. 200-226.

11. PoMPeo Pellini, Dell’Historia di Perugia [...], in Venetia, appresso Gio. Giacomo Hertz, 1664, II, p. 712.

12. Nella delibera dove è inclusa la prima cedola dei lavori alle Due Porte è

scritto: «pro completamento et perfetio-ne porte et turris incepte in dicta civitate apud Duas Portas Sancti Petri». d. PiSA-ni, Piuttosto un arco trionfale cit., p. 193.

13. Per l’intera vicenda storico-architettonica della porta San Pietro si rimanda al lavoro di Daniele Pisani. Lo studioso riunisce una vasta serie di documenti editi e inediti. I nuovi do-cumenti riportati in questa sede sulla fabbrica alle Due Porte, vanno dunque a integrarsi alla recente ricostruzione elaborata da Pisani (ivi). Per le relazioni della porta civica con l’arco trionfale cfr. ivi, pp. 99-127.

14. Cfr. Il Collegio del Cambio in Perugia, a cura di Pietro Scarpellini, Cinisello Bal-samo (Mi), Amilcare Pizzi, 1998, p. 79.

15. giovAn bAttiStA verMiglioli, Poesie inedite di Pacifico Massimi ascolano, in lode di Braccio II Baglioni, Perugia, France-sco Baduel, 1818, pp. 133; 114: dedica di Pacifico Massimi indirizzata a Brac-cio Baglioni e premessa alle Epistole po-etiche nel codice di sue poesie. Si estra-pola da qui il relativo dialogo poetico: «Qua Margaritam fronte videre soles / qua Karolum spectas Bracci frontes Cinagliae». Inoltre l’epigramma XVI: «Ad Karolum Cinagliae Perusinum / Mille modis miris flexas curvare chore-as / scit Karolus, doctos scit bene ferre pedes».

16. Braccio Baglioni aveva un grave debito nei confronti di Ugolino; duran-te la congiura, ordita da Braccio, in cui furono trucidati i suoi cugini, Pandolfo e Niccolò, venne ucciso anche Pietro Cri-spolti, padre di Ugolino. Dopo la pace del 1460 fra il Baglioni e i Crispolti, vo-luta dal cardinale Alessandro Oliva, in-viato dal papa a Perugia per pacificare le parti, Braccio trattò poi Ugolino alla stregua di un figlio. PoMPeo Pellini, Dell’Historia di Perugia cit., p. 660.

17. ASPg, Archivio Storico del Co-mune di Perugia (d’ora in poi ASCP), Riformanze, 110, c. 129r. Il Crispolti nel 1473 risulta anche depositario so-prastante alla fabbrica del palazzo del Capitano. A. roSSi, Prospetto cronologico cit., p. 273.

18. Braccio Baglioni nel 1471 per la costruzione di una cappella in Santa Maria dei Servi, «a somiglianza di quel-la della Madonna delle Grazie in San

Francesco al Prato», dona ai Serviti 120 ducati e 10 fiorini. M. regni, Apporti do-cumentari per la ricostruzione delle vicende di Santa Maria dei Servi cit., p. 549.

19. Molto probabilmente si tratta di travertino che apparteneva alla vecchia cinta muraria etrusca, la cui concessio-ne nel riutilizzo si rivela particolarmente eccezionale poiché severamente vietata dal Comune. La delibera sembrerebbe comprensibile solamente se autorizzata dal Baglioni tramite il Crispolti. ASPg, ASCP, Riformanze, 110, c. 132v.

20. Lamberto ricopre la carica di Primo Priore nel bimestre novembre-di-cembre del 1473, quando Perugia, sotto l’impulso di Braccio Baglioni, entra in guerra contro Siena per causa del Santo Anello della Vergine, trafugato da Chiusi e donato ai perugini da fra Winterio da Magonza.

21. A. roSSi, Prospetto cronologico cit., pp. 178-181.

22. Per la vicenda documentaria dell’altare della Pietà cfr. ivi, pp. 117-122.

23. Dopo il soggiorno perugino, An-tonio Camarotti il 9 giugno 1475 si tro-va a Rimini, impegnato nella cappella di Santa Caterina nella chiesa di San Ca-taldo. d. PiSAni, Piuttosto un arco trionfale cit., p. 29, n. 30.

24. ASPg, Congregazione in Carità, OSMM, Protocolli, 111, c. 136v.

25. ASPg, Notarile, Bastardelli, 587, cc. 77r-v, 78r; e 586, c. 169v. Si veda an-che il saggio di Maria Rita Silvestrelli in questo volume.

26. A. roSSi, Prospetto cronologico cit., pp. 241-249.

27. Ivi, p. 241; AnnibAle MAriot-ti, Lettere pittoriche perugine, Perugia, dalle stampe Badueliane, 1788, p. 6, n. 1.

28. La scelta effettuata dal Comune di eseguire un affresco raffigurante la Madonna, e di porvi una lampada che vi restasse sempre accesa, era determi-nata dal fatto che, date le volte sopra-stanti alla via, questa era luogo oscuro, dove spesso avvenivano ‘cose disoneste e reati turpi’. In seguito la Maestà divenne luogo di sempre più grande devozione da parte della popolazione cittadina, tanto da giustificare i successivi amplia-menti, soprattutto in epoca quattrocen-tesca, con la realizzazione di un oratorio

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AgoStino di duccio

inferiore e superiore, unitamente alla costruzione di una scala esterna, iniziata nel 1440, ‘affinché i devoti abbiano un comodo accesso’. Per una ricostruzio-ne storica della Maestà delle Volte cfr. MAriA grAziA biStoni - giovAnnA cA-SAgrAnde - PAolA MonAcchiA, Bino Sozi architetto della Maestà delle Volte a Perugia, in «Esercizi», 1, Istituto di storia dell’Arte Medioevale e Moderna, Università de-gli studi di Perugia, 1978.

29. Le statue forse furono rimosse a seguito dei danni subiti nell’incendio che nel 1534 devastò gran parte degli edifici adiacenti la chiesa. A. roSSi, Pro-spetto cronologico cit., p. 248.

30. Ad Adamo Rossi va soprattutto il merito di aver individuato in alcuni gruppi di sculture, che nel secolo XIX erano impropriamente situate nel porti-co del seminario perugino, certi reper-ti superstiti della facciata della Maestà delle Volte. Si tratta degli unici gruppi scultorei composti da più figure da iden-tificare, adesso, con gli apostoli. Altre due statue erano collocate nella chiesa parrocchiale di Casaglia, presso Peru-gia. Dalle nicchie laterali della porta di San Girolamo, costruita nel 1582, pro-vengono invece ‘i due apostoli’ che Siepi identifica come san Pietro e san Paolo. La Vergine Incoronata, insieme alle teste di altri due apostoli, e altri due frammenti si trovavano nel portico della cattedrale perugina di San Lorenzo. SerAFino Sie-Pi, Descrizione topologica-istorica di Perugia, 5 voll., Perugia, dalla tipografia Garbinesi e Santucci, 1822, I, p. 555; Dipinti, Scul-ture e Oggetti dei Secoli XV e XVI, Galleria Nazionale dell’Umbria, a cura di Francesco Santi, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1985, pp. 228-232.

31. PoMPeo Pellini, Dell’Historia di Perugia cit., pp. 726-727.

32. A. roSSi, Prospetto cronologico cit., p. 247. Forse non è un caso che la pri-ma delibera che dà l’avvio definitivo ai lavori della facciata sia emessa in data 20 novembre 1473 sotto il priorato di Lamberto della Corgna; si tratta inoltre dello stesso giorno in cui si celebrano per procura le nozze fra Grifone figlio di Braccio con Atalanta Baglioni.

33. Ibidem.34. Il rettore sottopose già un dise-

gno ai priori delle arti nel 1470, anno

in cui si determina la volontà di fare la nuova facciata alla chiesa. Ivi, p. 246.

35. Bartolomeo Armanni della Staf-fa è un condottiero illustre anch’egli im-parentato col Baglioni tramite le nozze di sua sorella Agnesina con Baldassarre, padre di Bartolomeo. Lamberto della Corgna viene altresì incaricato dai prio-ri, il 14 giugno del 1475, per la realizza-zione di un tabernacolo «noviter fiendi de petra ad figuram Beatissime Marie semper virginis existentem in loco qui dicitur la Maestà de le Volte». ASPg, ASCP, Riformanze, 111, c. 73 v.

36. Cfr. guStAvo cuccini, Agostino di Duccio, Itinerari di un esilio, Perugia, Guer-ra, 1990, p. 35; Dipinti, sculture e ceramiche della Galleria Nazionale dell’Umbria. Studi e restauri, a cura di Caterina Bon Valsassi-na, Vittoria Garibaldi, Firenze, Arnaud, 1994, pp. 224-225.

37. Galleria Nazionale dell’Umbria, Di-pinti, Sculture e Oggetti dei Secoli XV e XVI, a cura di Francesco Santi, Roma, Istitu-to Poligrafico e Zecca dello Stato, 1985, p. 231.

38. È probabile che la facciata non fosse fornita di un vero e proprio tetto, ma che fosse in qualche modo diretta-mente inserita sotto le volte che fun-gevano da copertura. Nel 1470 infatti quando si decide di rinnovare l’intero ‘tavolato’ sopra il portichetto, per ap-portare più luce e ornare maggiormente il luogo, si delibera d’imbiancare «in su-per parietes seu voltas existentes super capellam et viam publicam», A. roSSi, Prospetto cronologico cit., p. 267.

39. L’inventario fornisce inoltre la composizione dei vani componenti lo stabile all’anno 1403, che risulta così composto: una sacrestia, un altare supe-riore e un altare inferiore, la cucina, una camera superiore, una salecta davanti alla sacrestia, e infine un celario inferio-re e uno superiore. Tra le cose notevoli risultano: «unum velum exile auratum ante figuram dicte Sanctissime Maie-statis Virginis Marie de bombice; unum par oculorum argenti ante dictam figu-ram; unum fregium pulcrum duplum de filo auri ante dictam figuram; unum lamparium ante dictam figuram cum vigintiuna lampadibus; sex figue releva-te sanctorum e viatorum in dicto altari superiori; unum scannum ferratum cum

duabus lanternis de ferro ante dictam figuram; una tabulecta picta; unum ho-stium conficatum ante dictam figuram beate Virginis actum ad claudendum et aperindum». ASPg, Notarile, Protocolli, 42, cc. 189r-194r. Vedi il saggio di Ma-ria Rita Silvestrelli in questo volume.

40. Si tratta di un evidente rapporto iconografico fra le due opere soprattutto riconoscibile nella scena degli apostoli scalzi attorno alla tomba fiorita, nonché il chiaro riferimento all’evento dominan-te della Cintola che nell’Incoronazione Oddi viene sorretta con entrambe le mani da san Tommaso, situato nel centro del-la tavola d’altare. Sulla datazione della Pala Oddi Alberto MAriA SArtore, New documents for Raphael’s ‘Coronation of the Virgin’ and Perugino’s Corciano ‘Assumption of the Virgin’, in «The Burlington Maga-zine», cl (2008), pp. 669-672.

41. Nel merito Francesco Santi scri-ve: «resta problematico come tale estesa struttura possa essere stata situata sotto la grande volta dalla quale la via prende nome». Dipinti, Sculture e Oggetti dei Secoli XV e XVI cit., p. 231.

42. ASPg, Notarile, Protocolli, 42, cc. 189r-194r.

43. ASPg, ASCP, Riformanze, 110, c. 143v (5 dicembre 1474). Nel vasto progetto cittadino per il culto mariano, si può ricondurre anche il dossale con l’Incoronazione della Vergine, conservato presso il museo della Porziuncola e rea-lizzato intorno al 1475 da Andrea della Robbia, su probabile commissione di Anastasia Sforza, moglie di Braccio Ba-glioni.

44. I lavori alla basilica di Loreto vengono avviati nel 1468 per volere del pontefice Paolo II.

45. Umanista e banchiere perugino, Alfano Alfani è personaggio di prima grandezza nel panorama culturale e politico della città sul volgere del XV secolo. All’Alfani è stata ricondotta la committenza della Madonna Conestabile di Raffaello; l’umanista è anche impli-cato nella vicenda della Pala di Monteluce allocata all’artista urbinate nel 1505, da Battista Alfani, badessa del monastero, zia di Alfano e sorella di Diamante. Cfr. Aldo StellA, Alfani Alfano, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto per l’Enciclopedia Italiana, 1960, II, p. 249.

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Alberto MAriA SArtore

1. 1461 maggio 19, Perugia ASPg, Giudiziario Antico, ‘Pozzo’, b. n.n.

In nomine Domini amen. Anno Domini millesimo quadringentesimo sexagesimo primo, indictione octa-va, tempore domini Pii divina disposizione pape secon-di, die martis XVIIII maii. Actum Perusii, in apotecha infrascripti Luce et sotiorum ubi exercerunt artem bar-bitonsorie, sita in porta Sancte Subxanne, sub domibus [spazio bianco nel testo]. Presentibus: Antonio ser Bati-ste Matei Datoli et ser Tancio Nicolay, civibus perusinis dicte porte. Testibus ad hec habitis, vocatis et rogatis.

Magister Petrus Bernardi de Florentia, habitatore Pe-rusii, magister lignaminis, pro minori pretio offerens ad banimenta ad fabricandum, actandum, costruendum et reparandum infrascriptum laborerium pro ut in infra-scripta cedula continetur, per se et suos heredes, promisit et convenit prudentibus viris Perfrancescho Bertuldi Ge-lomie et Luce Andree Menecutii, civibus perusinis supra-stantibus super dicta construtione, acconcimine et fabrica dicti infrascripti laborerii, contenti in cedula infrascripta, electis et deputatis per dominos priores artium civitatis Perusii, et camerarios prout de eorum electione, arbitrio, potestate et auctoritate plene dixerunt patet manu ser Ma-riotti ser Iuliani de Perusio, publici notarii, presentibus, stipulantibus et recipientibus vice et nomine comunis Pe-rusii, dictum instrumentum, laborerium, construtionem et reparationem facere et adimplere modis conditionibus et pactis in infrascripta cedula contentis, et hoc omni fe-cit pro eo quia prefati Perfranciscus et Lucas suprastantes predicti, ex omni arbitrio et potestate eis concessis et atri-butis pro forma dicti instrumenti manu dicti ser Mariocti, obligando comune Perusii et eius res et bona, nomine dicti comunis, promiserunt et convenerunt dicto magistro Petro, presenti, stipulanti et recipienti pro se et suis heredi-bus, et cui ius suum concessit sibi dare et solvere florenos triginta septem ad rationem XL bolonenos pro quolibet floreno, iuxta et secundum formam capitulorum conten-torum in dicta infrascripta cedula dicti laborerii factis et adimpletis omnibus his qui eidem magistro Petro incum-bunt et tenetur et debet per formam dicte infrascripte ce-dule laborerii predicti tenor talis est, videlicet:

+ Yehsus Qualunche persona vole toglere a fare uno terato a

la Maesta de la Volta, a la prima entrata sopra a lii doie altare, incomençando a la fine de uno terato vecchio el quale fo fatto più tempo fa, e seguitarlo in quella mede-sima forma como el ditto terato vecchio, cioè in quella

medesima pianeça con buone e sofiçiente trave e trave-ceglie e tavole nuove, e matonarlo con matone nuove e calcina, e chavigliato con aguti e omni cose fare a uso de buono e liale maestro;

e sotto el ditto terato vergholarlo de verghoglie e ta-gliole per armadure de uno cielo in forma che sie forte e atto a tenere el peso che importa, e sotto la ditte arma-dure a fare uno cielo de tavole de abeto fatto a navicel-le, o veramente ad archetto vergholato e schorniciato e pento de buono cholore a forme del cielo de la camora de Diamante de Alfano, salvo ch’el volemo piano e non imbussolato, com cose a tutte suoi spese incomençando el cielo al fondello a lato la schale da andare a la Madon-na. E chi vole togliere el ditto lavorio a fare, venghe a promettere qui o veramente vada a proferire a Pierfran-cescho de Brettoldo e a Lucha de Andreia barbiere, doie hofiçiaglie deputati per lo comuno de Peroscia sopra el ditto lavorio, e che chi per mancho pregio el fare a colui sera conceduto e fornito che sera el lavorio volemo stare al giudigio de II maestrie infra le parti.

E a quille persone che sera stabilito el detto lavorio sia tenuto revedere el terato vecchio e besogniando for-tificarlo de trave o traveceglie o de tavole o d’altre cose, sia tenuto a concare e mettere onni cose a suoi spese, e a conciare si che sia forte a tenere lo incarcho del cielo e che sia durabile.

El lume che da la finestre grande invetriate sie tenuto a concare el terrato el cielo in forma che tutto el lume venche de sotto, e besognando fare uno sportelino nel cielo a lato la finestre per dare el lume de sopre al terrato, sia tenuto a farlo in forma che stia bene e adatto.

E di denare che montera el ditto lavorio, volemo pa-gare onni legname e feramente e colore e calcine che centra contante de dì in dì secondo besognerà dal ban-cho de l’eredi de Fomagiolo de Bacciolo e compagne, o veramente dal bancho d’Antonio Petrini, el resto che monterà el cottemo per suo maesterio volemo pagare reveduto che sera el lavorio dai maestrie chiamati da le parti a sue petiçione e termene, o veramente daendo (?) buone e sofiçienti ricolte volemo pagare el terço dei de-nare che monterà el cottimo in principio del lavorio, el 1/3 in meço, el 1/3 ala fine reveduto el lavorio como ditto de sopra.

E volemo che colui che toglera el ditto cottimo el dia fornito de onni cose per tempo de doi mese incominçiando

APPendice

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AgoStino di duccio

el dì che glie serà stabilito, altramente noi metteremo e i maestrie a fornirlo a tutte suoi spese danni e interesse, salvo non fosse per legittimo impedimento.

2. 1472 luglio 3, Perugia ASPg, Giudiziario Antico, ‘Pozzo’, b. n.n.

Yhesus +Al nome di Dio amen, addì III de luglio 1472

Sia noto et manifesto a qualunque persona leggerà o vederà quista presente scripta, overo pulizza, come che conciò sia così che mastro Pulidoro de mastro Stefano, ag-gia tolto più tempo fa, a fare uno certo lavorio cioè una chappella in la chiesa de Sancta Maria dei Servi de Pero-scia da Ugholino Crespolti da Peroscia, la quale a fare si-condo uno desegno et cedola come appare per mano di ser Giovanni de Santi da Peroscia, et volendo lui dare opera a fare dicto lavorio, da a coptimo et nomine de coptimo, a mastro Domenecho de Andrea, altremente Farina, a fare, chavare, et rechare in la dicta chiesa tucto el lavorio de pietre abbisogna per lo dicto lavorio, cioè pietra morta et abbozzata come colonde, mezze colonde, in quarto colon-de, freggi, buste e capitelli et architrave, cornicie, incorni-cione et generalmente in tucto l’altro concime in fighure, quisto dichiarato che el detto Farina, sia tenuto dare omne cosa abbozzata excepto che le colonde, mezze colonde, in quarto colonde tonde et quadre, et la base de esse quale debbia darle fornite et pulite come che si contiene nel ditto desegno de lavorio in contracto d’esso lavorio ditto de so-pra, al quale è ubblighato el detto mastro Pulidoro el dette colonde quadre debbiano essere schanellate, come appare nel ditto desegno; el quale lavorio el detto Farina vole es-sere ublighato averello (sic) datto et facto come de sopra in dicta chiesa ac tucte suoi spese per tucto el mese de settembre che viene, et cosi se obligha el dicto mastro Pu-lidoro et promecte et quisto fe el dicto mastro Domenecho ditto Farina per prezzo et pagamento de floreni cinquanta a bolognini 40 floreno, de quali floreni L a bolognini 40 floreno, el dicto mastro Pulidoro se obbligha di pagarlo di tempo in tempo, cioè parte in principio, parte in mezzo, in parte infine de dicto lavorio, si come verà lavorando, et sono dacordo insieme el detto Farina et mastro Pulido-ro, che caso che el ditto Farina non avesse fornito el ditto lavorio per tucto el mese di settembre prossimo come è ditto de sopra, che esso Farina sia tenuto et debbia rifare et dare al ditto mastro Pulidoro per li suoi interessi di non avere fornito ditto lavorio floreni vinticinque a bologni 40 floreno, per li quali floreni XXV se obligha se in tucti suoi beni di darli et pagarli la ditta quantità al ditto mastro Pulidoro a sua petizione et termini, et per le ditte cagione vuole potere esse presente in Peroscia.

Et ancora sono dacordo et dichiarano che tutte le dicte colonde tonde debbiano essere d’altezza de pieie dodici e mezzo […].

3. 1473 maggio 10, Perugia ASPg, Giudiziario Antico, ‘Pozzo’, b. n.n.

Al nome de Dio amen. A dì X de maggio 1473

Sia noto et manifesto a qualunche persona leggerà quista presente scripta, o vero poliça come che con ciò sia cosa che mastro Aghustino de Antonio da Fiorenççe, mastro intagliatore di pietre, aggie tolto a fare e con-struire de lavorio dale Doi porte del comuno, dali nobili uomini Ugholino Crespolti, Lamberto de Bernardo da Corgni, e Carolo de Cinaglie, soprastanti d’esso lavorio con modi pacti e condetioni como dixe aparere scripta per mano d’esso mastro Aghustino, et pertanto esso ma-stro Aghustino accomuna ditto lavorio et construtione d’esso a mastro Pulidoro de mastro Stefano de Peroscia, e a mastro Antonio de Bartolomeyo da Fierençe con qui-sti modo, pacti et capituli:

in prima sonno dacordo y ditti mastro Augustino, mastro Pulidoro e mastro Antonio, che el ditto lavorio sia infra loro comuno, a pro e dampno che Dio cessi el dampno, cioè che omni uno di loro sia per lo terço d’esso si per l’utile e si per lo dampno, che Dio cessi el dapno.

Item sonno dacordo che el ditto mastro Aghustino debbia avere e tirare e innante parte floreni ottanta a bolognini [...] per fiorino, et quisto perché nel ditto la-vorio ciè a fare certe figure, cioè statue, tesste e grifoni, y quali el ditto mastro Aghustino a a lavorare de sue pro-prie mano, et per quissto sonno dacordo che esso mastro Aghustino abbia innante parte per sua maestria y ditti floreni ottanta a bolognini [...] et el resto ciascuno abbia a tirare per terço.

Item sonno dacordo che el detto mastro Aghustino, el detto mastro Pulidoro e mastro Antonio, ciascuno debbia continuamente lavorare manualmente insino sera finini-to ditto lavorio di ttucto ponto, et quillo non lavorasse debbia per quillo tempo non lavorasse, mectere uno altro garçone a suoi spese de salario in suo luocho, el quale abbia allavorare continuamente.

Io Agostino d’Antonio sopraditto di quanto è scritto di sopra e […] dito io isgritto de mia propria mano anno e mese e dì detto.

Io Pulidoro de mastro Stefano sopradicto so contento quanto nella sopradicta scripta se contiene e a fede de ciò me so soscritto de mia propria mano dicto dì e millesimo.

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Alberto MAriA SArtore

Io Antonio de Bartolomeo sopradetto so chontento quanto de sopra se contiene, ano e mese e dì chome de sopra se chontiene.

In nomine Domini amen. Anno Domini millesimo CCCCLXXIII, indictione sexta, tempore santissimi do-mini Sisti, divina providentia pape quarti, et die X men-sis maii. Actum Perusii, in audientia corsortii notariorum civitatis Perusii. Presentibus: ser Iohanne Ranutii, porte Sancte Susanne, et Iacobo Andree, porte Solis. Testibus ad hec, habitis, vocatis et rogatis.

Magister Augustinus magistri Antonii de Florentia, magister lapidum, per se et cetera, obligando se et ce-tera, comunicavit magistro Pulidoro magistri Stefani de Perusio et magistro Antonio magistri Bartolomei de Florentia, presentibus, stipulantibus et recipientibus, la-borerium sive comptimum laborerii, sive muragli, extra duas portas civitatis Perusii, fiendum et construendum, quod ad coptimum a nobilibus viris Ugholino Crespolti et Lamberto Berardi et Carlo Cinalglie, pro ut apparet scripta manu dicti magistri Agustini, cum modis et con-ditionibus et cum pactis appositis in dicta scripta ut supra in preceduto latere. Et hoc fecit pro eo quia dicti magister Pulidorus et magister Antonius et quilibet eorum pro-miserunt et convenerunt se operari personas ipsorum et laborare pro ut supra in dicta scripta apparere et obser-vare et adimplere promiserunt predicta in dicta scripta apparet manu dicti magistri Agustini et que omnia dicte partes promiserunt inter se invicem singula singulis refe-rendo, actendere, observare et non venire contra aliqua ratione vel causa ; sub pena et ad penam centum florenos applicandorum parti observanti et observare volenti sol-lempniter stipulanti solvere promiserunt. Et pro predictis adimplendis et observandis voluerunt conveniri posse Perusii, Senis, Florentie et ubiquique locorum. [Segue formulario]

(ST) Ego Simon Iohannis de Perusio, porte Sancte Subsanne, publice imperiali auctoritate notarius et iu-dex ordinarius et predictis omnibus interfui et ea rogatus scripsi et publicavi.

4. 1473 settembre 20, PerugiaASPg, Giudiziario Antico, ‘Pozzo’, b. n.n.

Polidoro di Stefano, dinanzi a Lucchino de Nigris di Savo-na, podestà del comune di Perugia, contra et adversus Simone di Pietro, lavoratore dei beni dell’ospedale della Mercanzia, espone che il predetto Simone non ha ottemperato alla con-segna di una certa quantità di travertino atto alla costruzione delle Due Porte, come da contratto stipulato fra Polidoro e i suoi soci, che vede Simone obbligarsi, per 5 fiorini, al tra-sporto e alla consegna delle pietre, che si trovano a Ponte del-la Pietra, ad civitatem Perusii iuxta Duas Portas. Polidoro espone

inoltre che lui insieme ai suoi soci ha cominciato i lavori di costruzione delle Due Porte, ma che l’opera non procede per la mancanza del travertino richiesto. Il giudice precetta Si-mone affinché, entro il termine di una settimana, consegni il travertino a Polidoro.

5. 1475 aprile 19, PerugiaASPg, Giudiziario Antico, ‘Pozzo’, b. n.n.

Superstitum Maiestatis de Volta, promissio constru-tionis certi laborerii.

In nomine Domini amen. Anno Domini millesimo IIIIc LXXV, indictione VII, tempore sanctissimi in Cri-sto patris et domini nostri domini Sixti, divina providen-tia pape quarti et die XVIIII aprilis. Actum Perusii, in fundicho Garofani Cristofori mercatoris, sito in platea magna perusina. Presentibus: Ranaldo Luce Frogie de Perusio, porte Sancti Angeli et parocchie Sancti Fortu-nati, et Gabriele Valentini de Perusio dicte porte et paro-chie. Testibus ad infrascripta vocatis, habitis et rogatis.

Magister Augustinus Antonii de Florentia, habitator nunc Perusii in porta Santi Petri, magister incidendi la-pidum, per se et suos heredes, obligando se et omnia et singola eius bona mobilia et stabilia, presentia et futura pro observatione omnium et singulorum infrascripto-rum, promisit et convenit nobilibus viris Bartolomeo do-mini Baldassaris de Hermannis de Perusio, porte Sancti Angeli, et Lamberto Berardi de nobilibus de Cornia, civi perusino porte Sancte Subxanne, superstantibus fabrice et aconciminis Maiestatis de Volta de Perusio, una cum Baldo Tome Vici Baldi de Perusio mercatore, et mihi no-tario infrascripto uti publice persone, presenti stipulanti et recipienti pro comuni Perusii, et omnibus habentibus interesse facere, tenere actendere et observare dictis so-prastantibus ut supra, omnia et singula in infrascripta scripta contenta, infra tempus in ea descriptum cum qui-dem scriptum tenor est infrascriptus videlicet:

Sia noto et manifessto a qualunghe persona leggiera quissta presente scripta et cedola come che questo dì 19 d’aprile, masstro Aghusstino d’Antonio da Fiorenççe, mastro intagliatore di pietra, a tolto a fare et costruire dali spectabili huomini Bartolomeo de messer Baldas-sare deli Hermanni, Lamberto de Berardo de Corgni, et Baldo de Tommaso de Vicho de Baldo, cittadini pe-ruscini, soprastanti de uno lavorio da farsi a la Maesta dele Volte da Peroscia, secondo uno certo desegno sopra ditto lavorio facto, el quale desegno al presente lo con-serva frate Bartolomeyo, rettore de la ditta Maessta, de legname intagliato de cera, cio è a fare parte del ditto lavorio per dare a esso lavoro qualche principio, cioè a

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AgoStino di duccio

tolto a fare la nostra donna Vergene Maria et el glorio-sissimo nostro Signore Yeshu Cristo coli dodici apostoli, a la forma del ditto modello, de pietre palombine, de mezzo rilievo, de grandeçça quanto naturali, per pre-gio de floreni ducento e più et meno sicondo seranno facte et estimate per doi li maestri comuni da eleggerssi uno per ciaschune parte, et ancho sonno dacordo che lo ditto mastro Aghostino, si tolga per suo pagamento la summa de floreni CLXXXXIIII ad solidos 90 pro floreno quolibet, in loghagioni et che esso debierà ave-re floreni XV per lo interesso delo rischuotere de ditte loghagioni, el quale lavorio el detto mastro Aghustino, se obligha a darlo finito per tempo de XVIII mesi pro-ximi da venire.

Et hoc fecit dictus magister Augustinus pro eo quia dicti Bartolomeus et Lambertus, cum mandato sufficien-ti ad omnia et singola infrascripta prout constat dixerunt manu publici notarii, obligando dictum comune Perusii et eius res bona mobilia et stabilia, presentia et futura, pro infrascriptorum omnium singulorum observatione, promiserunt et convenerunt prefato magistro Augustino, presenti stipulanti et recipienti pro se et suis heredibus et cui ius suum concesserit, seu concedere voluerit in futu-rum eidem magistro Augustino, facere, tenere, actende-re, dare, consegnare, solvere et observare, omnia et sin-gola in suprascripta scripta contenta, modo et forma et prout et sint in dicta scripta continetur pro eius mercede, salario et provisione dicti laborerii. [Segue formulario]