1 L'AVVENIRE DEI LAVORATORI www.avvenirelavoratori.eu La più antica testata della sinistra italiana, Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano > > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < < e-Settimanale - inviato oggi a 44281 utenti - Zurigo, 7 maggio 2015 Per disdire / unsubscribe / e-mail > [email protected]Per iscrivervi inviateci p.f. il testo: "includimi" a: ADL Edizioni In caso di trasmissioni doppie inviateci p.f. il testo: "doppio" a: ADL Edizioni IPSE DIXIT L’argento è più vile – «L’argento è più vile dell’oro, l’oro delle virtù». – Orazio Se volete deprimervi – «Se volete deprimervi sul futuro dell'Europa, leggete quel che scrive Wolfgang Schäuble sul New York Times. Troverete un ripudio di ciò che sappiamo di macroeconomia, delle intuizioni che l'esperienza europea degli ultimi cinque anni avvalora. Nel mondo di Schäuble l'austerità conduce alla fiducia, la fiducia genera crescita e, nel caso in cui per il vostro Paese ciò non funzionasse, ciò significa solo che lo state facendo nel modo sbagliato». – Paul Krugman Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione, da fonti di pubblico dominio o da E-mail ricevute. La nostra attività d'informazione politica, economica e culturale è svolta senza scopi di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico come pure un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 24). L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà. Giustizia e legalità Cooperazione internazionale per colpire la ’Ndrangheta globalizzata Il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia, commenta l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria guidata dal procuratore De Rao e dall’aggiunto Gratteri e condotta dagli uomini dello Sco e dell’Fbi. di Giuseppe Lumia, senatore della Repubblica
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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI www.avvenirelavoratori.eu La più antica testata della sinistra italiana,
Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo
Direttore: Andrea Ermano
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e-Settimanale - inviato oggi a 44281 utenti - Zurigo, 7 maggio 2015
Per disdire / unsubscribe / e-mail > [email protected] Per iscrivervi inviateci p.f. il testo: "includimi" a: ADL Edizioni In caso di trasmissioni doppie inviateci p.f. il testo: "doppio" a: ADL Edizioni
IPSE DIXIT
L’argento è più vile – «L’argento è più vile dell’oro, l’oro delle
virtù». – Orazio
Se volete deprimervi – «Se volete deprimervi sul futuro dell'Europa,
leggete quel che scrive Wolfgang Schäuble sul New York Times.
Troverete un ripudio di ciò che sappiamo di macroeconomia, delle
intuizioni che l'esperienza europea degli ultimi cinque anni avvalora.
Nel mondo di Schäuble l'austerità conduce alla fiducia, la fiducia
genera crescita e, nel caso in cui per il vostro Paese ciò non
funzionasse, ciò significa solo che lo state facendo nel modo
sbagliato». – Paul Krugman
Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione, da fonti di pubblico dominio o da E-mail ricevute. La nostra attività d'informazione politica, economica e culturale è svolta senza scopi di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico come pure un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 24). L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.
Giustizia e legalità
Cooperazione internazionale per
colpire la ’Ndrangheta globalizzata
Il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione
parlamentare antimafia, commenta l’inchiesta della Direzione
distrettuale antimafia di Reggio Calabria guidata dal procuratore De
Rao e dall’aggiunto Gratteri e condotta dagli uomini dello Sco e
vede rosa nella ricerca della formula giusta per garantire la stabilità.
C'è però un dettaglio che probabilmente è sfuggito alla stampa
internazionale; e cioè che l'approvazione della legge è avvenuta alla
vigilia del 5 maggio, l'ode manzoniana che ammonisce quanto poco ci
voglia per passare dagli altari alla polvere.
SOLIDARIETÀ . All'EXPO2015 si racconta la storia del cibo, ma per un
miliardo di individui il cibo è solo un racconto. Tale pensiero,
condensato nella vignetta di Repubblica, è quello che dovrebbe
convogliare gli sforzi e le iniziative della rassegna per raccogliere una
sfida che non è esagerato definire epocale. Si tratta di ridefinire il
concetto di solidarietà ancora troppo spesso frenato dalla logica
spietata delle multinazionali che crea spaventose sacche di
sottosviluppo in cui si vive ( si fa per dire) con meno di un dollaro al
giorno. Sbaglia però chi pensa di arrivarci con la violenza che per sua
natura vanifica sul nascere le speranze di ridurre il divario tra il resto
del pianeta e la parte minoritaria del mondo. Quella parte che si
definisce moderna e civilizzata, ma ancora una volta incapace di
fermare quei quattro imbecilli mascherati che hanno devastato Milano,
perdendo però la partita sul campo.
CARRELLO. Dalla Germania all'Italia i negozianti di confine
sorridono. Ogni fine settimana i loro empori sono presi d'assalto dalla
clientela svizzera che nonostante le prediche anti europee dei populisti
se ne va tranquillamente a fare spesa all'estero a condizioni
decisamente favorevoli. Nessun slogan è stato in grado di arginare "i
frontalieri del carrello" che riempiono il frigorifero spendendo molto
meno che sotto casa. Sul piano interno il fenomeno preoccupa. Quando
si tocca il portafoglio non è facile fare breccia nel cuore della gente che
da un lato magari dice no alla libera circolazione delle persone, ma
dall'altro ,fatti due calcoli, pare poco incline a rinunciare ai vantaggi
della libera circolazione degli acquisti nella vicina UE che dopotutto
non sembra poi così ostile come la dipinge la propaganda nazionalista.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :
(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana
(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Pertini e gli altri e le altre
Il 70° della Liberazione nel luogo dell’eccidio di Fondotoce. Oltre al
grande nome di Sandro Pertini. Eroi comuni, uomini e donne, nord e
sud. E qualcosa su mio padre. Riproduciamo qui il testo
dell'intervento tenuto dal professor Rolando alla Casa della
Resistenza, Fondotoce-Verbania, domenica 26 aprile 2015. Alla
manifestazione di Fondotoce sono intervenuti Irene Magistrini (Casa
della Resistenza), Mario Artali ed Emanuele Nicora (Fiap), Umberto
Voltolina e Stefano Rolando (Fondazione Pertini) nonché l’on.
Renzo Righi (già sindaco e parlamentare socialista di Como,
partigiano, segretario di Pertini quando era presidente della
Camera).
di Stefano Rolando *)
Ho conosciuto Sandro Pertini da ragazzo e – onorato di una amicizia di
famiglia – lo ho accompagnato per tutta la vita, rendendo poi in questi
ultimi venti anni – ove chiamato, ove possibile, attraverso le nostre
Fondazioni – testimonianza sul monumento che è stato.
Ma Pertini stesso, come ha detto poco fa anche Mario Artali, era
cosciente che la storia eroica che rappresentava, o meglio che
incarnava, sarebbe diventata cultura di popolo trovando anche i
percorsi naturali per fare comprendere che senza l’antifascismo nel suo
complesso l’Italia che conosciamo e in cui abbiamo vissuto non
avrebbe avuto né una classe dirigente, né una Costituzione, né una
reputazione internazionale.
Proprio ieri, il 25 aprile, ho fatto da cittadino – cioè in rete – un
ennesimo diverbio con Giampaolo Pansa proprio su questo aspetto. Per
lucrare audience lui – che come giornalista, anche bravo giornalista, ha
largamente beneficiato della libertà di informazione generata dalla
cultura antifascista – mescola cose vere, verosimili e false. E’
certamente vero che una guerra civile non poteva essere, tragicamente
e per entrambe le parti, un minuetto ma una pagina violenta (pensando
poi la storia stessa a chiarire chi violava e chi difendeva la libertà). Ed
è anche vero che una certa storiografia ideologica ha sagomato la
Resistenza in un certo modo lasciando in ombra contributi civili e
militari, moderati o minoritari, persino non appartenenti. Ma è certo
falso dire che i resistenti italiani furono “quattro gatti” e che l’unico
loro scopo era riconducibile ad una trama per un successivo golpe
comunista. Se fossero stati “quattro gatti” noi oggi non ricorderemmo
70 mila caduti – di cui 1200 solo qui nel novarese, nel verbano e
nell’Ossola – altrettanti incarcerati e torturati, 40 mila mutilati a vita. E
se tutta la loro trama fosse stata unilaterale e golpista la storia politica e
progettuale che, in dialettica con le “forze alleate”, portò alla
Costituzione e alla Repubblica non sarebbe stata quella che
conosciamo.
“Quattro gatti” furono purtroppo i resistenti tedeschi (pur con atti di
eroismo) e questo spiega perché, per la verità e la complessità della
riscossa interna degli italiani, i vincitori della guerra permisero appunto
agli italiani di scriversi da sé la loro Costituzione ritrovando così
immediata dignità istituzionale e politica mentre imposero la carta
delle regole alla Germania (così come fu imposta al Giappone). Chi ha
beneficiato per tutta la vita professionale dell’art. 21 della
Costituzione, insieme a tanti altri diritti personali e collettivi, dovrebbe
rifletterci tornando a rileggere ogni tanto l’epigrafe dettata a Cuneo da
Piero Calamandrei: “Lo avrai camerata Kesserling il monumento che
pretendi da noi italiani…”.
Ci furono eroi, certo. Ci furono protagonisti coerenti, con atti
immensi di coraggio fisico.
Gli storici italiani hanno attribuito a Sandro Pertini questa dote,
coerentemente esercitata da esule e da rivoluzionario in patria, da
confinato e da organizzatore dell’insurrezione, con 16 anni di carceri,
confini ed evasioni. Lo stesso Pertini vedeva queste doti in altri e se
doveva fare nomi (ho riportato un colloquio del 25 aprile dell’85, in
occasione del quarantennale, che contiene cenni) faceva quelli di Leo
Valiani e di Giancarlo Pajetta. Senza dimenticare mai il nome di
Matteotti che, nel coraggio della resistenza parlamentare, mostrò al
mondo la natura e la brutalità del regime.
Ma ci fu una complessa declinazione di quel coraggio. I nomi sono
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tanti. Presiedo la Fondazione legata al nome di Francesco Saverio Nitti
che esule a Parigi – dopo che gli squadristi gli distrussero la casa e
prima che i nazisti lo imprigionassero in Tirolo – fu un tessitore di
alleanze politiche e di legittimazione internazionale per predisporre le
vie della pur lunga e difficile trasformazione dell’Italia. Nella sua casa
passarono in tanti, da don Sturzo ai Rosselli, da Turati a Nenni, da
Saragat a Gobetti e Amendola (questi ultimi due, massacrati dai
fascisti e curati fin negli ultimi istanti di vita dal figlio medico
Federico). E sempre nelle diverse declinazioni di quel coraggio
dobbiamo ricordare chi – come Alcide De Gasperi – pur nell’ombra
della Biblioteca Vaticana mise la sua vita a disposizione di un pensiero
lungo per preparare, appunto nell’ombra, la classe dirigente che
sarebbe stata necessaria per il cambiamento del Paese.
E poi l’intelaiatura delle partecipazione politica che l’avvio del ‘900
aveva prodotto nell’Italia post-risorgimentale e prefascista, in cui si
erano formati i primi partiti di massa. Il fascismo spezzò questa genesi
(pur essendo a sua volta portatore di una nuova partecipazione sociale
alla politica), ma non cancellò figure che – a loro modo – fecero
resistenza e si ritrovarono, dopo molti sacrifici, all’appuntamento della
storia.
Proprio ieri, ero a Melfi appunto al Centro Nitti (dove tra l’altro è
custodita la biblioteca di casa di Carla e Sandro Pertini e dove vi è una
stanza che ricorda tutti gli esuli antifascisti italiani in Francia tra le due
guerre) in cui abbiamo presentato – con il sindaco della città Livio
Valvano e il direttore della rivista fondata da Pietro Nenni
“Mondoperaio” Luigi Covatta – la biografia di Attilio Di Napoli.
Nome forse sconosciuto ai più qui. Che fu leader del socialismo
melfitano, appunto in quel primo ‘900, sindaco della città, e dopo la
caduta del fascismo parlamentare e anche ministro nei governi di
transizione. La biografia lo chiama “intransigente”, perché avvocato
difensore dei braccianti e dei più poveri. Quando evitò il confino
accettando di neutralizzare la sua attività politica, attraversò così i
lunghi anni del fascismo: difese da avvocato la povera gente.
Ciò che vorrei dire, accanto a questi, come a tanti altri possibili nomi
non sempre di una storia maggiore, è che proprio in questi giorni,
attorno a questo settantennale, chi frequenta i social network vede un
fenomeno diffuso che non avevo percepito negli anni precedenti. Molti
postano la fotografia di un nonno, di una nonna, di un padre, di uno
zio, di un parente carabiniere, di un amico di famiglia, per ricordare
che all’epoca ebbero la schiena dritta, fecero il loro dovere, si presero
la responsabilità di esercitare il difficile diritto al coraggio civile.
Raccontano episodi che non entrerebbero nei libri di storia, ma che
sono entrati nel libro di tante famiglie come l’anello all’educazione
virtuosa che legava il paese reale a quella storia che spesso passa sopra
la testa di tanta gente, di tante famiglie.
Se in questa cornice mi è concessa una breve testimonianza
personale – che non ho mai fatto in pubblico – incoraggiato dalle
parole del presidente Ciampi, che sono scritte alle nostre spalle in
questo luogo, perché grazie a Ciampi la vicenda delle migliaia di
militari italiani trucidati a Cefalonia è stata riportata a piena luce –
vorrei dire una cosa riguardante mio padre.
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Il sottotenente Emilio Rolando, non ancora laureato in Economia
all’Università Cattolica a Milano, partì volontario nel 1940, come
molti ragazzi facevano, per “amor di patria”. E raggiungendo con la
Divisione Cuneo la città di Brindisi non sapeva se da lì avrebbe preso
un aereo per l’Africa oppure una nave per la Grecia. Lo imbarcarono
su una nave per la Grecia, che in realtà giunse in Albania da dove
Mussolini pensava che si sarebbero spezzate le reni ai greci in quattro e
quattr’otto. Quei greci che, per difendere la loro patria e la loro casa,
aspettavano appunto gli italiani sugli stessi monti albanesi a molti
chilometri dal loro confine. Sulla Vojussa gli italiani – mal vestiti,
male armati, male informati – morirono come le mosche. E una volta
entrati – grazie ai tedeschi – in Grecia fino ad occuparla, quei ragazzi
avevano capito quasi tutto della storia in cui erano diventati piccoli
attori. Andai pochi anni fa nella piccola isola che poi, nel ’42, toccò a
mio padre comandare, come comandante di compagnia, l’isola di
Furni, vicino alle coste turche. Trovando ancora gente che li aveva
visti sbarcare. Ricordavano gli italiani con un certo affetto. Ma – così
mi disse una vecchia donna, vestita di nero, con due occhi lucenti -
quella gente chiamava gli italiani “purquades”, un misto di greco e
francese che corrispondeva alla domanda sul “perché” erano lì a fare la
guerra proprio ai greci. Domanda a cui nemmeno gli ufficiali sapevano
rispondere. La Divisione Cuneo occupò l’isola di Samos e il 9
settembre del ’43 il generale comandante riunì – come avveniva in
tutte le isole e in altre parti del mondo – ufficiali e soldati, tutti, per
leggere il proclama di Badoglio e chiedere (era la prima volta che
qualcuno nella vita chiedeva loro una cosa del genere) cosa volessero
fare. Naturalmente la risposta di massa era “tornare a casa”. Ma ciò era
l’unica cosa che - senza aerei e senza navi – non si poteva fare. In
verità la scelta era se tenersi le armi o – come volevano i tedeschi –
consegnarle appunto a loro, poco presenti sull’isola ma in grado di
riprendersi rapidamente il controllo. Il grosso fece un po’ all’italiana,
cercò di prendere tempo, molti pensavano che comunque gli inglesi o
gli americani li avrebbero salvati. Mio padre apparteneva a un reparto
di fanteria da prima linea, quindi d’assalto. Con dentro volontari, cioè
ragazzi di buona famiglia e avanzi di galera. Ma la guerra aveva
cementato rapporti reali. E quei ragazzi avevano già rapporti veri con il
popolo greco. E la stessa sera del 9 settembre gli spiegarono quello che
i greci sapevano, che mai gli inglesi o gli americani avrebbero messo il
naso in Grecia. La decisione così fu notturna e immediata. Radunò la
compagnia e per salvare la vita a 120 uomini propose loro di mettere
subito in rischio quella vita. All’unanimità tennero le armi e andarono
insieme ai greci sulle montagne di Samos per fare la resistenza contro i
tedeschi. Raramente sentii mio padre parlare della guerra (da cui tornò
a fine 1946, dopo aver portato la compagnia in Turchia e poi nel
periplo mediorientale fino in Egitto perché, condannato a morte dai
tedeschi, si consegnava in divisa come cobelligerante agli inglesi che
però misero lui e tutti quanti invece nel campo di concentramento di
Ismailia). Tornò per fare famiglia, dedicarsi alla ricostruzione e alla
vita industriale della Milano tornata a pulsare e per non vantarsi né di
appartenenze né di storie, che portavano in sé troppi dolori. Morì di
infarto nel 1971. Ma pochi mesi prima – con un bel ritardo istruttorio
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degli uffici del Ministero della Difesa – ricevette il plico e le
motivazioni della medaglia al valor miliare “per atti fieri e intrepidi
compiuti nel corso della guerra di resistenza insieme ai greci contro i
tedeschi sulle montagne di Samos nell’inverno del 1943”. Ripose con
un sorriso quella medaglia in un cassetto, dove teneva per sé la sua
tessera di “partigiano all’estero”.
Nel capitolo delle storie comuni ci sono poi le storie delle donne.
Che viste da vicino non sono mai “storie comuni”, ma quasi sempre
esemplari. Ne parlammo a Melfi in un recente 25 aprile con Marisa
Ombra, piemontese, che unisce al suo racconto umile di staffetta, una
memoria di famiglia e di ambiente che fa comprendere appunto quella
esemplarità, fatta di critica e di coraggio, tanto che lei è vice-presidente
nazionale dell’ANPI. Ne parlai con la figlia di Nullo Baldini (il
socialista fondatore della cooperazione romagnola) e nuora di Nitti,
Maria Luigia Baldini Nitti, che aveva conosciuto il carcere fascista a
Ravenna e poi il lungo esilio con il padre, nel quale sommò la sua
laurea in Diritto romano a Bologna con una seconda laurea in Storia
dei Trattati (che è una sorta di scuola diplomatica) alla Sorbona e la
dedizione quotidiana alla trama della “Concentrazione antifascista” di
Parigi che comprendeva quasi tutta la classe dirigente italiana del
dopoguerra. Lei – nel colloquio che mi diede quasi centenaria nel 2008
pubblicato da Bompiani – limitava il ricordo di tutto ciò al fatto che in
quegli anni “aveva servito il caffè” a tutti quegli illustri esiliati.
E ne parlai tante volte con una donna speciale, di cui vi mostro ora
la fotografia, casualmente scattata in piazza del Duomo a Milano
proprio nel gennaio del 1945. Come avete visto si tratta di Carla
Voltolina, sorella del qui presente Umberto e al tempo staffetta
partigiana assegnata alla sicurezza di uno dei massimi capi della
Resistenza, con cui preparava, nel piccolo covo di viale Tunisia,
l’insurrezione di Milano. Lei, la prima bandiera rossa sulla CGE
occupata. Si sposarono a Roma nel 1946 e senza la Carla – con tutte le
sue originalità - non si potrebbe scrivere una compiuta biografia di
Sandro Pertini. A lei abbiamo dedicato un convegno a Milano l’anno
scorso e la Fondazione Pertini sta avviando ora alle stampe un libro
che ne ricostruisce il profilo.
Carla Voltolina
Mi commuove avere qui accanto per parlare di Sandro Pertini l’on.
Renzo Pigni, oggi splendido novantenne, che fu tra i più giovani
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parlamentari socialisti nella seconda legislatura e che proprio alla
Camera dei Deputati fu il segretario di Pertini quando esercitò la
presidenza di quel ramo del Parlamento. Ed è giusto che sia lui a dire
qualcosa in più sul messaggio che la sua vicenda può ancora
trasmettere alle nuove generazioni di italiani.
Io mi limiterò a raccontare brevi episodi “visti da vicino” che, per
averli ripresi in un testo già citato, non annoto nel testo scritto di
questo intervento, limitando il cenno a voce.
Ma Pertini – legato a questo luogo che inaugurò nel 1964 –
rappresenta davvero la cornice giusta per riporre queste e le tante altre
storie che la Casa di Fondotoce custodisce e ci ricorda.
Per due volte fu protagonista di un tema cruciale nella storia d’Italia.
Quello del legame spezzato tra istituzioni e popolo. La prima volta con
il percorso militante della lotta di resistenza fino all’insurrezione delle
maggiori città italiane. La seconda volta, riconquistando la fiducia
degli italiani nelle istituzioni, con l’incarico di presidente della
Repubblica dal 1978 al 1985.
Colpisce l’osservazione – con cui voglio concludere – che nella
vicenda italiana il ruolo di capo dello Stato, che ormai sappiamo bene
che non ha carattere ornamentale, è toccato più a figure che hanno
rappresentato molto nel “simbolico politico” e magari meno di altre nel
“potere politico”.
Sandro Pertini con Giuseppe
Saragat a Fondotoce
Nella vicenda dei rappresentanti maggiori dell’antifascismo italiano il
Quirinale toccò a Giuseppe Saragat e a Sandro Pertini. Diversi, ma
uniti da una storia forte. Non si può non vedere che ciò avvenne nei
due periodi di maggiore riorganizzazione delle riforme e di rilancio
concreto del Paese – cioè una parte degli anni ’60 e una parte degli
anni ’80 – che alcuni continuano invece a descrivere come anni di
declino. Ma questa è un’altra storia a cui destinare altri commenti. *) Stefano Rolando è docente di Politiche pubbliche per le Comunicazioni
all’Università Iulm di Milano. Già direttore generale alla Presidenza del
Consiglio, è presidente della Fondazione Nitti, nella direzione della rivista
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Mondoperaio, membro della Fondazione Pertini e della Fondazione Grassi.
Presso Bompiani ha pubblicato il volume Quarantotto – Argomenti per un
bilancio generazionale, Milano, 2008.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.