ABSTRACT EVALUATION OF STRENGTH AND MASS OF PROXIMAL UPPER LIMB MUSCLES IN MICROGRAVITY CONDITIONS DURING SPACE-FLIGHT Muscle unloading in microgravity during space-flight is known to produce significant functional and structural alterations. In microgravity, however, the task to control posture and locomotion is transferred from lower limbs to upper limbs. Actually, careful observation of the space station crew allows the identification of precise and repetitive patterns of upper limb movement aimed to stabilize or to move the body inside or outside the station. It is, therefore, important to develop a facility to quantify the adaptation of the upper limb muscles to new activity conditions. To this end, a facility, the Pullgrip Dynamometer (PGD), was designed as an upgrading of the HPA facility already available on board of the IIS and a testing protocol called MAAT (Methods for Astronaut Arm Testing) was implemented. In parallel, a computerized protocol (Fitnext ® ) for determination of muscle mass in the proximal part of upper limbs based on anthropometric measurements was developed. PGD, MAAT protocol were validated: 1) in a transversal study on a largely group of 40 young and healthy volunteers (age, 25±2,02 years; body mass 71,7±16,3 kg; height 174,8±9,71 cm) equally divided in 4 groups: trained men (TM), trained women (TW), untrained men (UM), untrained women (UW) and 2) in a longitudinal study on 17 young and healthy subjects (age, 24±1,3 years; body mass 70,6±6,2 kg; height 176,4±9,1 cm) who underwent to a resistance training specific for upper limb muscles. Fitnext ® validation included NMR measurements of lean mass of shoulder muscles and was performed: 1) in a transversal study on a largely heterogeneous group of 33 subjects (21-65 years; body mass 59-98 kg; height 160-193 cm) and 2) in the same longitudinal study on 17 subjects shown above for PGD validation. The results showed that PGD and MAAT can very well discriminate between subjects in relation to their muscle strength and detect variations due to training. Fitnext proved to be suitable to follow changes in muscle mass.
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ABSTRACT
EVALUATION OF STRENGTH AND MASS OF PROXIMAL UPPER
LIMB MUSCLES IN MICROGRAVITY CONDITIONS DURING
SPACE-FLIGHT
Muscle unloading in microgravity during space-flight is known to produce significant
functional and structural alterations. In microgravity, however, the task to control posture
and locomotion is transferred from lower limbs to upper limbs. Actually, careful
observation of the space station crew allows the identification of precise and repetitive
patterns of upper limb movement aimed to stabilize or to move the body inside or outside
the station. It is, therefore, important to develop a facility to quantify the adaptation of the
upper limb muscles to new activity conditions. To this end, a facility, the Pullgrip
Dynamometer (PGD), was designed as an upgrading of the HPA facility already available on
board of the IIS and a testing protocol called MAAT (Methods for Astronaut Arm Testing)
was implemented. In parallel, a computerized protocol (Fitnext®
) for determination of muscle
mass in the proximal part of upper limbs based on anthropometric measurements was
developed. PGD, MAAT protocol were validated: 1) in a transversal study on a largely
group of 40 young and healthy volunteers (age, 25±2,02 years; body mass 71,7±16,3 kg;
height 174,8±9,71 cm) equally divided in 4 groups: trained men (TM), trained women
(TW), untrained men (UM), untrained women (UW) and 2) in a longitudinal study on 17
young and healthy subjects (age, 24±1,3 years; body mass 70,6±6,2 kg; height 176,4±9,1
cm) who underwent to a resistance training specific for upper limb muscles. Fitnext®
validation included NMR measurements of lean mass of shoulder muscles and was
performed: 1) in a transversal study on a largely heterogeneous group of 33 subjects (21-65
years; body mass 59-98 kg; height 160-193 cm) and 2) in the same longitudinal study on 17
subjects shown above for PGD validation.
The results showed that PGD and MAAT can very well discriminate between subjects in
relation to their muscle strength and detect variations due to training. Fitnext proved to be
suitable to follow changes in muscle mass.
INDICE
1. INTRODUZIONE 1
1.1 Atrofia muscolare e Progetto OSMA 1
1.2 Atrofia muscolare come espressione della plasticità muscolare 3
1.3 Ipertrofia muscolare come espressione della plasticità muscolare 12
2. ANALISI ELETROMIOGRAFICA DELLA 31
MUSCOLATURA DEL CINGOLO SCAPOLO-OMERALE
COINVOLTA NELLA LOCOMOZIONE IN CONDIZIONI
DI MICROGRAVITA’
3. PULLGRIP DYNAMOMETER: VALUTAZIONE 41
DELLA FORZA E DELLA MASSA MUSCOLARE
DELL’ARTO SUPERIORE
4. VALIDAZIONE LONGITUDINALE DEL 47
PULLGRIP DYNAMOMETER
5. LA PLICOMETRIA COME MEZZO DI VALUTAZIONE 71
DELLA MASSA MUSCOLARE NELL’ARTO SUPERIORE:
VALIDAZIONE TRASVERSALE E LONGITUDINALE
DEL METODO FITNEXT
6. DISCUSSIONE 97
7. CONCLUSIONI 101
8. APPENDICE
Implementation and ground validation of a facility for functional
and structural analysis of proximal upper limb muscles in
microgravity
1
1. INTRODUZIONE
1.1 Atrofia muscolare e Progetto OSMA
Il lavoro sperimentale presentato in questa tesi si inserisce come segmento di un
programma di ricerca ampio e finalizzato allo studio delle modificazioni che possono
avvenire a livello muscolare e osteoarticolare nei soggetti che partecipano a missioni nello
spazio. Nello specifico, il progetto prende il nome di “OSMA”, ovvero “Osteoporosis and
Muscle Atrophy”, nato dall’esigenza dell’Agenzia Spaziale Italiana di approfondire i
meccanismi non ancora chiari coinvolti nell’insorgenza di problematiche quali
l’osteoporosi e l’atrofia muscolare in condizioni di microgravità. Anche se a prima vista
può sembrare sorprendente, la condizione degli astronauti esposti alla microgravità è
paragonabile, per molti aspetti, a quella degli anziani o dei pazienti allettati. Durante la
permanenza nello spazio l'organismo va incontro a tali e tante alterazioni che il rientro a
terra richiede una notevole capacità di riadattamento alla forza di gravità e un lungo
periodo di riabilitazione.
La forza di gravità alla quale sono sottoposti sulla terra gli esseri viventi, regola in modo
determinante la funzionalità di tutti gli apparati del nostro organismo. Il funzionamento del
sistema cardiocircolatorio e respiratorio, la distribuzione dei liquidi corporei nei vari tessuti
e nei vasi sanguigni, la struttura dell'osso e la sua possibilità di mantenerne elevato il
contenuto minerale, la composizione del muscolo, il complesso controllo dei movimenti
corporei, tutto ciò é stato per millenni condizionato dalla forza di gravità. Pertanto, la
permanenza per periodi più o meno lunghi nello spazio, in condizioni di assenza di gravità,
provoca una serie di squilibri ad un organismo perfettamente adattato alla gravità terrestre.
Fra queste diverse conseguenze dell’assenza di gravità, il progetto OSMA si focalizza sullo
studio, la prevenzione e il trattamento dei problemi relativi all’osso e al muscolo.
Uno dei sottoprogetti in cui si articola il progetto OSMA è dedicato alle conseguenze della
microgravità sulla funzionalità dell’arto superiore. L’arto superiore in un ambiente a
microgravità diventa fondamentale per la locomozione e la stabilizzazione posturale.
2
In particolare gli obiettivi del sottoprogetto sono:
Sviluppo di nuove strumentazioni per la misurazione della forza durante le missioni
spaziali; in particolare per la misurazione della forza nel distretto prossimale degli arti
superiori.
Validazione degli strumenti di misurazione: comparazione tra soggetti allenati e non
allenati; misurazione della forza durante una massima contrazione volontaria muscolare ad
angoli predefiniti prima, durante e dopo i voli spaziali.
Messa a punto di un protocollo per misurare la massa muscolare: comparazione tra
soggetti allenati e non allenati; misurazione della massa muscolare prima e dopo il viaggio
spaziale.
Studi a livello cellulare e molecolare per caratterizzare l’ atrofia muscolare nell’arto
superiore, basati su biopsia muscolare, analisi delle singole fibre muscolari e creazione di
profili di espressione genica nei muscoli degli arti superiori e inferiori.
Ad oggi, poche ricerche sono state condotte per descrivere la risposta dei muscoli degli arti
superiori in condizioni di microgravità reali o simulate. Una normale funzionalità delle
braccia è necessaria per lavorare in condizioni di gravità standard. In un ambiente privo di
gravità come lo spazio, l'astronauta è obbligato ad utilizzare le braccia per la
deambulazione. Inoltre, le attività extraveicolari come le riparazioni ai moduli spaziali o ai
satelliti richiedono grande impegno degli arti superiori che vanno incontro ad un
significativo stress e a fatica. E’ per tali motivi che diventa di fondamentale importanza
attuare dei protocolli, durante la missione, che prevedano l’introduzione di test di
valutazione della forza, della massa corporea ed esercizi di contromisura che abbiano il
fine di ridurre la perdita di massa muscolare e di calcio osseo.
Le esperienze di permanenza di mesi nello spazio e le previsioni di voli interplanetari della
durata di alcuni anni nel prossimo futuro, pongono alla fisiologia umana e alla medicina
dell'esercizio una serie di difficili interrogativi.
Dalla capacità dei ricercatori di rispondere in modo adeguato alle esigenze dell'astronauta,
dipenderà il mantenimento di condizioni fisiche accettabili nella nave spaziale, anche dopo
anni di permanenza nello spazio, e un pronto riadeguamento alle caratteristiche terrestri al
momento del rientro.
3
- Osso e osteoporosi
Sulla terra l'osso é costantemente sottoposto a processi di decalcificazione e
ricalcificazione ad opera degli osteoblasti, che lo producono, e degli osteoclasti, che invece
lo distruggono. Tali processi sono regolati da numerosi fattori, tra cui è essenziale il carico
applicato dalla contrazione muscolare e il meccanismo ormonale controllato dalla
calcitonina e da altri ormoni. Il mantenimento della stazione eretta sulla terra dipende da
continue contrazioni dei muscoli che impediscono al corpo di cadere in avanti. Tali
muscoli sono per questo chiamati antigravitari (muscoli della colonna vertebrale, della
parte anteriore della coscia e posteriore della gamba). Le continue contrazioni muscolari,
del tutto inavvertite, necessarie alla stazione eretta, provocano continue sollecitazioni
sull'osso, sollecitazioni che rappresentano uno stimolo alla deposizione di calcio. L'osso è
una struttura complessa formata da cellule che producono osso, gli osteoblasti e da cellule
che lo distruggono, gli osteoclasti. Queste cellule sono appoggiate su una struttura
trabecolare a base di proteine, che è la matrice ossea, che una volta distrutta non è facile
reintegrare. L'attività fisica, poi, più o meno accentuata e intensa, e la quotidiana vita di
relazione, rappresentano un secondo stimolo fondamentale. Nello spazio, non esistendo la
stazione eretta, così come nella lunga permanenza a letto, o nelle condizioni di ridotto
movimento fisico, (anziani, disabili, ecc.), l'osso perde la sua capacità di rigenerarsi, e la
decalcificazione (osteoporosi) prevale sulla deposizione di minerali di calcio. L'osteoporosi
spaziale colpisce tutti gli astronauti, dissipando dal 30 al 70% dell'osso, a seconda della
lunghezza del periodo passato nello spazio (Collet et al. 1997, LeBlanc et al. 1990): è un
fenomeno imponente e preoccupante che ha colpito tutti gli astronauti che sono rimasti
nello spazio per periodi più lunghi di tre mesi.
1.2 Atrofia muscolare come espressione della plasticità muscolare
La contrazione muscolare, lo sforzo fisico, l'esercizio, il movimento contro resistenza, le
stesse continue contrazioni per mantenere la stazione eretta sono i mezzi che permettono al
muscolo di mantenere massa e capacità contrattile (Goldberg AL et al. 1975) . Un aumento
dell'attività fisica, del carico abituale cui il muscolo é sottoposto, rappresenta lo stimolo ad
aumentarne il volume (ipertrofia muscolare). Nello spazio, l'assenza di gravità non richiede
il mantenimento della posizione eretta e la contrazione muscolare avviene, se non in
4
condizioni particolari e in rari momenti, con uno sforzo minimo. Ciò comporta una
riduzione della massa muscolare del 20-30% già dopo poche settimane di permanenza in
assenza di gravità (Jaffe DM et al. 1978), esattamente come la massa muscolare tende a
ridursi sulla terra con l’immobilità a letto, con la sedentarietà e con la disabilità di
qualunque tipo. Alla riduzione della massa muscolare si associa una perdita di forza e
soprattutto di forza esplosiva (massima potenza muscolare), che richiede una fine
coordinazione dell'attivazione di più muscoli. Dopo un anno di permanenza nello spazio la
riduzione della forza e della potenza è drammatica. Il tempo di recupero, al ritorno sulla
terra, pare sia tanto più lungo quanto maggiore é stata la durata del volo.
Con il termine ATROFIA (dal gr. atrophía, comp. di a-privativa e il tema di tréphein
"nutrire") si definisce una diminuzione nella dimensione delle cellule, tessuti o organi. Le
cause principali dell’atrofia possono dipendere da una scarsa nutrizione, una ridotta
circolazione a livello sanguigno, un ridotto apporto di sostanze ormonali, la perdita di
funzionalità dovuta ad un evento traumatico o patologico di un nervo sull’organo o
struttura bersaglio, il disuso o la ridotta quantità di esercizio fisico o infine problematiche
intrinseche a livello del tessuto stesso. L’atrofia è in generale un fisiologico processo di
riassorbimento e degradazione dei tessuti. Questo tipo di processo può essere interpretato
come normale risposta omeostatica oppure come un risultato di una patologia: l’atrofia
infatti può derivare da una perdita del trofismo del tessuto o da altre problematiche molto
diverse tra loro che conducono ad una sostanziale riduzione dimensionale delle fibre. La
diminuzione della grandezza a causa della perdita di sostanza rappresenta una forma
adattativa ad un determinato stimolo e può arrivare alla morte della cellula stessa: quando
un numero sufficiente di cellule sono coinvolte in questo processo degenerativo, l’intero
tessuto o organo diminuisce in misura e diventa atrofico.
- Meccanismi di regolazione dell’atrofia
Diverse patologie sistemiche, quali il diabete, la sepsi, la cachessia neoplastica, e
condizioni cataboliche, come la denervazione, l’immobilizzazione, i trattamenti con
glucocorticioidi o digiuno, portano conseguenza sono caratterizzate dalla perdita di massa
muscolare, definita come atrofia muscolare. Questa perdita di massa muscolare è dovuta
all’aumento dell’attività di sistemi proteolitici, come il sistema dell’ubiquitina-proteosoma
e il sistema autofagicolisosomiale. Studi di espressione genica hanno evidenziato
5
l’esistenza di un gruppo comune di geni, sovraespressi o repressi in molte condizioni
atrofiche. Questi geni sono stati chiamati geni dell’atrofia o atrogenes (Jagoe and
Goldberg, 2001; Lecker et al., 2004). Tra questi spiccano due geni, MuRF-1 and atrogin-1,
altamente espressi in molte condizioni atrofiche, che codificano per due ubiquitine ligasi
muscolo specifiche. L’induzione di atrogin-1 and MuRF-1 precede la perdita di massa
muscolare e continua per tutto il processo. L’identificazione di queste due ubiquitine ligasi
tra i geni dell’atrofia è importante in quanto esse costituiscono la componente limitante del
processo di ubiquitinizzazione, e, quindi, sono cruciali per la regolazione della
degradazione proteica dipendente dal protesoma (Gomes et al., 2001). Atrogin-1 è regolato
dai fattori trascrizionali FoxO che sono a loro volta inibiti dalla via di segnale di IGF1-
PI3K-Akt. L’assenza di stimoli della crescita, come IGF1 o l’insulina, rende AKT non
attivo e quindi non in grado di bloccare i fattori FoxO, che possono traslocare nel nucleo e
interagire con i promotori dei geni bersaglio (Sandri et al., 2004). Nel tessuto muscolare
dei mammiferi sono espressi tre fattori FoxO: FoxO1, FoxO3 and FoxO4, caratterizzati da
un “forkhead box”, che comprende il dominio di legame con il DNA. I fattori FoxO
riconoscono e legano, come monomeri, una stessa sequenza consensus sul DNA.
Precedenti studi hanno dimostrato che FoxO1 e FoxO3 sono coinvolti nell’atrofia
muscolare (Sandri et al., 2004; Stitt et al., 2004). Non sono ancora stati resi noti quali siano
i geni controllati dai entrambi i fattori FoxO o in modo specifico da uno dei due, che
determinano la perdita di massa muscolare. Studi di microscopia elettronica hanno
precedentemente dimostrato che l’autofagia è attivata nella atrofia da denervazione
(Schiaffino and Hanzlikova, 1972b) e tale sistema è stimolato in differenti condizioni
inducenti l’atrofia muscolare (Bechet et al., 2005).
L’atrofia di tipo patologico dipende da numerose cause e può essere locale o colpire la
persona in maniera molto più globale. Le principali cause di questo tipo di degenerazione
sono:
- Atrofia da disuso (diminuzione del carico)
Quando una gamba viene immobilizzata da un gesso a causa di una rottura o un paziente
viene costretto a restare a letto in una situazione di riposo assoluto, i muscoli scheletrici
rapidamente decrescono portando il soggetto ad una condizione di atrofia. La rapida
degenerazione iniziale della dimensione delle cellule risulta essere reversibile solo quando
6
viene ripristinata l’attività da parte del paziente. Nel caso in cui il disuso sia prolungato
ulteriormente, i muscoli scheletrici cominciano a diminuire non solo da un punto di vista di
dimensioni, ma anche in numero di fibre (Nicks DK et al. 1989): questo tipo di atrofia
viene comunemente accompagnata anche da un processo di riassorbimento osseo
aumentato a causa delle mancate sollecitazioni meccaniche a livello corporeo, condizione
che conduce inevitabilmente ad una osteoporosi da inattività. Questo processo
degenerativo può inoltre coinvolgere anche la componente nervosa.
- Atrofia da denervazione
Le normali funzioni del muscolo scheletrico e il mantenimento della sua massa dipendono
dall’innervazione. Danni per cause traumatiche a livello nervoso portano ad una rapida
atrofia delle fibre muscolari innervate dalla struttura danneggiata.
- Atrofia da diminuzione del flusso sanguigno
Un diminuito apporto di sangue (ischemia) ai tessuti come risultato di una patologia
occlusiva porta ad una atrofia del tessuto stesso con una progressiva perdita a livello
cellulare.
- Atrofia da malnutrizione
Una malnutrizione generale porta il soggetto all’uso di muscolo scheletrico come fonte di
energia dopo aver depletato anche le riserve di tipo adiposo. Questo tipo di condizione
viene comunemente definita come cachessia: viene inoltre riscontrata in pazienti con
problematiche di tipo infiammatorio cronico e cancro. In quest’ultima patologia inoltre la
sovraproduzione cronica della citochina infiammatoria TNF (Tumor Necrosis Factor)
viene ritenuta responsabile della diminuzione di appetito e dell’atrofia muscolare.
(McArdle et al. 2009).
- Atrofia a diminuzione della stimolazione endocrina
La diminuzione di massa muscolare in questo frangente si riferisce in particolar modo alla
carenza di androgeni ed estrogeni nelle persone anziane, che provocano una riduzione della
massa muscolare e contribuiscono con altri fattori quali la ridotta attività, la parziale
denervazione, la scarsa alimentazione a condurre il soggetto ad una generale condizione di
sarcopenia.
7
In tutte le suddette situazioni, i cambiamenti fondamentali a livello cellulare associati ad
atrofia sono simili, mostrando una riduzione della misura delle cellule fino ad un minimo
che ne permette la sopravvivenza: l’atrofia è il risultato della riduzione a livello strutturale
delle componenti cellulari (Jones TE et al. 2009)
- Atrofia e Microgravità
Nella fibra muscolare atrofizzata, le quantità di mitocondri e miofilamenti sono minori
rispetto le cellule normali ed è possibile valutare anche una riduzione del reticolo
endoplasmatico. I meccanismi biochimici responsabili dell’atrofia non sono però ancora
chiari ma sembrano essere dipendenti dal bilancio tra la sintesi e la degradazione delle
proteine.
Numerosi studi sono stati condotti sia a livello locale che a livello generale per una
valutazione significativa dell’atrofia dovuta al disuso spesso ricorrendo al “bed rest” , un
allettamento della durata di 4-6 settimane, che è un modello accettato e diffuso per lo
studio dei meccanismi della atrofia muscolare e delle contromisure per prevenirla. La
situazione del disuso riguarda, come detto in precedenza, in particolar modo gli astronauti
che in situazione di microgravità risultano deficienti delle normali sollecitazioni
meccaniche a carico delle articolazioni.
È facile inoltre capire come la riduzione della massa muscolare con la conseguente perdita
di forza negli arti inferiori sia problematica nello svolgimento delle attività quotidiane da
parte dei soggetti colpiti. Quindi, come descritto in precedenza l’atrofia del quadricipite
costituisce un evento di notevole importanza clinica e può essere l’espressione di una
involuzione fisiologica o di un processo degenerativo primitivo del muscolo o conseguire a
malattie motoneuronali a patologie traumatiche o articolari o periarticolari del ginocchio.
Tra queste ultime particolarmente frequente nella pratica clinica è l’atrofia correlata a
lesioni legamentose del ginocchio, ed in particolare del legamento crociato anteriore, che
insorge spesso a breve distanza dall’evento lesivo e, nel tempo, in seguito a fenomeni di
fibrosi, può indurre un vero e proprio blocco articolare (McDonald PB et al. 1996)
L’aumento della instabilità multiplanare del ginocchio generalmente si protrae nel tempo,
in media per più di anno (Jaffe DM et al. 1978) dopo l’evento traumatico. Studi condotti
con la Tomografia Computerizzata e l’Ecografia Bidimensionale e con biopsie muscolari
hanno confermato la riduzione dell’area media delle fibre del quadricipite, in sezione,
nell’ordine del 40%; è stato osservato, inoltre, che in media una diminuzione della
circonferenza della coscia del 5% è associata ad un decremento del 22-33% dell’area in
8
sezione del quadricipite (MacDougall JD et al. 1980). L’atrofia da immobilizzazione del
muscolo scheletrico comporta alterazioni delle sue caratteristiche macroscopiche,
funzionali, biochimiche e microscopiche peraltro dettagliatamente descritte in letteratura.
Controversi e discordanti sono i risultati riguardanti i tempi di insorgenza, l’evoluzione e
l’entità dell’atrofia; analogamente, è difficile stabilire se essa riguardi in particolare un tipo
specifico di fibra muscolare o se abbia tempi ed evoluzione differenti a seconda delle
proprietà istochimiche delle fibre. Tali “incertezze” sono correlate principalmente alla
estrema variabilità delle caratteristiche istochimiche delle fibre muscolari, dello stesso
soggetto, tra muscolo e muscolo. Inoltre, altrettanto importante ci sembra la carenza di
tecniche morfometriche precise ed affidabili; infatti la maggior parte delle metodiche
utilizzate nel corso degli anni per la misurazione del diametro e dell’area delle fibre in
sezione, si sono rivelate spesso imprecise e sono state rapidamente accantonate (Nicks et
al. 1989).
Per quanto riguarda le esperienze cliniche, Lindboe et al. nel 1984 hanno evidenziato in
dieci pazienti dopo 3 giorni di immobilizzazione, una riduzione del 14,4% e del 17% del
diametro medio rispettivamente delle fibre tipo 1 e tipo 2 del vasto mediale. Durante
l’immobilizzazione del ginocchio in estensione, trovandosi il quadricipite in posizione
accorciata, è risultato maggiormente soggetto ad atrofia ed a perdita di forza, rispetto ai
suoi antagonisti; a differenza di quanto accade nell’immobilizzazione in flessione
(MacDougall et al. 1980). La minor gravità dell’atrofia da immobilizzazione a ginocchio
flesso sarebbe correlata ad una maggiore espressione dell’IGF-1 mRNA ed ad un aumento
del livello locale di IGF-1 come risposta locale a stimoli meccanici quali l’allungamento
passivo (Yang et al. 1997).
D’altra parte, l’atrofia muscolare del quadricipite insorge anche in assenza di
immobilizzazione, quando sono presenti lesioni delle strutture capsulo-legamentose (Nicks
et al. 1989). Nakamura et al. nel 1986, studiando il vasto laterale di atleti affetti da diverse
patologie articolari del ginocchio, hanno descritto che si può osservare in tutte le patologie
la atrofia delle fibre tipo 2 (Young et al. 1987) che quindi sarebbe una aspecifica
conseguenza della inattività muscolare, mentre le fibre di tipo 1 sarebbero interessate solo
in caso di lesione del legamento crociato anteriore. Devono essere considerati, alla base di
tale atrofia, diversi fattori; tra i quali il principale è rappresentato dall’inibizione riflessa
dell’attività muscolare, volontaria ed involontaria, a partire da stimoli afferenti provenienti
da recettori posti nelle strutture capsulo-legamentose lese ed intorno all’articolazione
9
danneggiata. Young et al. nel 1987 hanno evidenziato che la massima contrazione
isometrica volontaria quadricipitale si riduce del 70-90% dopo 3-4 gg dalla lesione delle
strutture articolari e rimane ridotta del 40% anche a distanza di 2 settimane. Anche una
modesta infusione intraarticolare (20-30 ml) causa l’inibizione riflessa del quadricipite
(nell’ordine del 60%) (Jozsa L 1990) che è maggiore in caso di immobilizzazione del
ginocchio in estensione e rappresenta il risultato di stimoli inibitori afferenti a partenza
dagli organi muscolo tendinei del Golgi e da recettori intra e periarticolari. Secondo altri
Autori (Lephart 1997, McDonald 1996, Nakamura 1986) invece, la neuro inibizione
sarebbe la conseguenza dell’attività afferente dei meccanocettori articolari e dei
tensocettori tipo Golgi (coinvolti nella regolazione del tono muscolare) e della instabilità
indotta in particolare del vasto laterale, che, contraendosi, tende a sublussare antero-
lateralmente il ginocchio. Miyatsu ed al. nel 1993 (Miyatsu et al. 1993) hanno ipotizzato la
presenza di un riflesso neuroinibitorio muscolare a partenza da meccanocettori periferici
dell’articolazione del ginocchio e del legamento crociato anteriore in particolare, che
interverrebbe precocemente nell’induzione dell’atrofia muscolare, soprattutto nei gruppi
muscolari che, come il vasto mediale ed il vasto laterale, concorrono alla dinamica ed al
riequilibrio della rotula. Tale ipotesi spiegherebbe come la lesione articolare del ginocchio
possa, anche senza immobilizzazione e così precocemente, determinare atrofia muscolare.
Come sottolineato in precedenza, la situazione di atrofia muscolare più comune è quella
relativa all’invecchiamento. L’invecchiamento e la scarsità di attività sono le due
condizioni principali che portano il muscolo scheletrico all’atrofia nell’uomo. In entrambe
le situazioni infatti la forza del muscolo decresce (Bruce et al. 1989, Eric 2003); con
l’invecchiamento, avviene anche un decremento della velocità del movimento (Narici et al.
1997). Nonostante la maggior parte delle spiegazioni di queste condizioni derivino da un
decremento nella massa muscolare, studi recenti hanno dimostrato che un contributo
importante è da attribuire ai cambiamenti nelle proprietà delle fibre muscolari.
In un recente articolo Edgerton et al. (1995) studiano la profonda riduzione nella massa e
nella capacità funzionale dei muscoli dovuta ad una scarsa attività fisica associata ad uno
stile di vita sedentario, ai voli spaziali o a prolungati periodi di bed rest. I fattori fisiologici
che inducono all’atrofia causano una marcata tendenza delle fibre lente di acquisire
caratteristiche veloci, aumentando quindi l’affaticamento e la perdita di proteine a livello
miofibrillare causata dalla diminuzione della sintesi e dall’aumento della degradazione.
Visti questi adattamenti muscolari, è chiaro quindi che occorre definire l’atrofia non solo
come un processo degenerativo ma come un vero e proprio adattamento. La mancanza di
10
stimoli a livello della muscolatura evidenziati durante i voli spaziali hanno dimostrato di
produrre significative diminuzioni a livello neurologico, morfologico e funzionale della
caratteristiche dei muscoli scheletrici. (Edgerton et al. 1995, Larsson et al. 1996, LeBlanc
et al. 1995). Anche se queste perdite fisiologiche sembrano essere recuperabili dopo un
viaggio spaziale non eccessivamente lungo, le esplorazioni che prevedono lunghi periodi
nello spazio (come per esempio futuri viaggi su Marte) hanno sottolineato la necessità di
approfondire i meccanismi di risposta muscolare associati alla microgravità.
I muscoli posturali come gli estensori del ginocchio e i flessori plantari della caviglia sono
continuamente sottoposti agli stimoli ambientali. Di conseguenza, questi muscoli soffrono
maggiormente la perdita a livello di forza e diametro in situazione di inattività se comparati
con muscoli meno attivi come per esempio quelli del braccio (Desplanches et al. 1987,
Gorgia et al. 1998, Greenleaf 1983). Come sottolineato nelle ricerche precedenti la maggior
parte di studi sull’atrofia muscolare hanno preso in considerazione l’arto inferiore. Sono
stati però verificate significative diminuzioni nella forza di estensione nel braccio in
seguito a voli spaziali (Fusco et al. 2005).
Ad oggi, pochi studi sono stati pubblicati per descrivere la risposta dei muscoli del braccio
ad una microgravità reale o simulata. La funzione normale dei muscoli del braccio è
necessaria per le performance lavorative e per vincere la gravità ambientale nelle azioni di
vita quotidiana. In ambiente con assenza di peso come per esempio quello spaziale,
l’astronauta è costretto ad utilizzare gli arti superiori per la deambulazione. Inoltre,
l’attività extraveicolare nello spazio, come per esempio il recupero di satelliti o la
riparazione e la costruzione della stazione spaziale, richiedono in particolar modo una
importante forza della parte superiore del corpo e in particolar modo delle braccia.
In risposta quindi alla scarsità di dati riguardo gli arti superiori, un importante studio
(Gorgia P et al. 1998) ha sviluppato un modello di arto superiore in assenza di gravità al
fine di valutare quelle che possono essere le risposte muscolari a questa condizione. I
risultati hanno dimostrato che quattro settimane di assenza di carico a livello del braccio
portano ad una significativa riduzione nella forza del tricipite brachiale, nell’intera area di
sezione del muscolo e nella massima attività a livello elettromiografico. Inoltre, le singole
muscolari fibre hanno mostrato un aumento nella presenza di miosina di tipo rapido e una
tendenza alla riduzione nella sezione dell’area. È stata inoltre riscontrata una riduzione del
11
12% nella forza isometrica massimale, con una riduzione osservata del 4% del muscolo
tricipite e con un concomitante declino del 21% delle attività elettromiografiche.
Sempre per quanto riguarda gli studi sugli arti superiori Parcell et al. (2002) hanno valutato
i cambiamenti a carico del muscolo tricipite brachiale, del braccio non dominante, in
seguito all’immobilizzazione dell’arto per 4 settimane. I risultati ottenuti sono stati una
riduzione della forza isometrica massima durante l’estensione a 90° è pari al 21%, mentre
non sono state riscontrate alterazioni nella relazione forza- velocità.
I dati che si possono reperire in letteratura inerenti il grado di atrofia a carico dei diversi
tipi di fibra sono discordanti infatti:
- Parcell et al. (2000) attraverso un’analisi istochimica delle fibre muscolari del
tricipite osservano una diminuzione del 27 % nelle fibre di tipo I e del 18% delle
fibre di tipo II.
- Mac Dougall nel 1980 attraverso l’immobilizzazione del gomito ottenne un grado
di atrofia del 25% per le fibre I e del 30% per le fibre II del tricipite brachiale.
- Edgerton et al nel 1995 affermarono che dopo 11 giorni di volo la riduzione di
trofismo è del 16% per le fibre di tipo I e del 36% per le fibre di tipo II.
Yue et al. nel 1997 osservarono che si può raggiungere un recupero della forza degli
estensori del gomito attraverso un lavoro isometrico dopo solo 2 settimane di lavoro in
seguito a 4 settimane di immobilizzazione del gomito. Sia Yue nel 1997 che Mac Dougall
nel 1980 segnalano che si arriva circa al 100% di aumento della forza negli estensori del
gomito dopo 5-6 mesi.
Per quanta riguarda gli studi a carico dell’ atrofia e della diminuzione di forza a carico del
bicipite brachiale Yue et al. nel 1997 hanno rilevato sia in soggetti a cui era stato
immobilizzato l’arto superiore sia su soggetti a cui non era stata imposta alcuna limitazione
riscontrarono una riduzione del 10% delle dimensioni bicipitali sui soggetti immobilizzati
rispetto a quelli di controllo.
Durante le EVA o attività extra-veicolari è fondamentale per l’astronauta l’utilizzo degli
arti superiori, ma durante queste passeggiate spaziali la muscolatura del braccio viene
utilizzato al 26-31% della VO2max. (Cowell et al. 2002). Paragonando VO2submax e
VO2max negli arti superiori ed inferiori in condizioni di normale gravità e di microgravità
si è rilevato che ad 1 g la VO2submax è più elevata di quella che si può raggiungere in una
ambiente a ridotta gravità, mentre la VO2max e l’ efficacia metabolica risultano più basse
durante l’ esecuzione di esercizi per gli arti superiori rispetto a quella che si può ottenere
12
per gli arti inferiori. Quindi gli astronauti sottoposti a decondizionamento
microgravitazionale presentano: una perdita di forza nel braccio tra il 10-20% , una perdita
di forza nella coscia del 20-30% ed una diminuzione delle capacità aerobiche negli arti
inferiori. Mentre i dati di laboratorio, ottenuti mediante immobilizzazione o bed rest,
dimostrano una perdita di forza del 6-8% nella parte superiore del corpo, una perdita di
forza del 10-16% dell’ estensore della coscia ed il 15-20% di perdita delle capacità
aerobiche della parte inferiore del corpo .
È importante quindi sottolineare l’importanza delle problematiche che derivano
dall’ipomobilità e in particolar modo l’effetto che l’assenza di gravità provoca a livello
muscolare anche a livello dell’arto superiore. Un approfondimento su queste problematiche
risulta quindi basilare nello studio che ci siamo proposti per verificare con maggior
accuratezza quali possono essere le differenze nell’esecuzione di uno stesso gesto motorio
in differenti componenti gravitarie.
1.3 Ipertrofia muscolare come espressione della plasticità muscolare
I meccanismi che sottendono all’ipertrofia muscolare da esercizio sono diversi e complessi.
Le ricerche che hanno analizzato l’effetto dell’esercizio sul muscolo hanno evidenziato
diverse vie attraverso cui l’allenamento può produrre un aumento di massa del muscolo.
L’aumento di massa muscolare viene riferito in primo luogo all’ipertrofia, cioè alla crescita
dimensionale delle fibre muscolari e in secondo luogo alla iperplasia, cioè alla generazione
di nuove fibre muscolari. Nell’iperplasia le nuove fibre muscolari possono essere generate
a partire da precursori già orientati, cioè le cellule satelliti, o forse anche da precursori
multipotenti, cioè cellule staminali residenti nel tessuto, ad esempio lungo le pareti vasali,
o circolanti nel sangue e di probabile origine midollare.
Poiché nelle fibre muscolari il rapporto nucleo/citoplasma è costante, nell’ipertrofia le
variazioni dimensionali delle fibre sono associate a variazione del numero dei nuclei e
quindi anche l’ipertrofia richiede una simultanea attivazione delle cellule satelliti o delle
cellule staminali (Hawke e Garry, 2001; Adams et al., 2002; Rando, 2005). In altri termini,
poiché sembra che ad aumenti della dimensione della cellula muscolare (quindi per lo più
il citoplasma), debba corrispondere un corrispettivo aumento dei nuclei, per mantenere
13
questo rapporto nucleo/citoplasma costante, si suppone un’attivazione delle cellule satelliti
o staminali come fonte di nuovi nuclei (fig.1).
- Meccanismi della regolazione della sintesi proteica
A livello generale ci sono due vie attraverso cui le proteine possono venir accumulate
durante la crescita o l’allenamento e quindi indurre ipertrofia: una via è l’aumento della
sintesi proteica e l’altra è la riduzione della velocità di degradazione. Nei muscoli adulti le
proteine vengono continuamente sostituite con un turnover di circa 7-15 giorni, cosicché la
condizione finale di anabolismo, di equilibrio o di catabolismo sono l’espressione del
rapporto tra sintesi e degradazione proteica.
Sembra non vi sia differenza nella velocità di turnover proteico tra diversi tipi di fibre
(Rennie & Tipton, 2000) ma sappiamo anche che le fibre veloci, che vengono reclutate
generalmente in maniera meno frequente, sono più predisposte all’ipertrofia.
In effetti anche le fibre lente possono sviluppare ipertrofia ma in maniera forse meno
evidente (Goldspink & Harridge, 2003). Questa diversa predisposizione dipende dal
diverso metabolismo: in una fibra ossidativa con tanti mitocondri la velocità di utilizzo
dell’ossigeno è elevata e la fibra deve essere mantenuta piccola per garantire che la
velocità di diffusione dell’ossigeno all’interno della fibra sia sufficientemente elevata,
mentre una fibra con pochi mitocondri può crescere più facilmente poichè il suo
metabolismo è meno dipendente dall’ossigeno. Probabilmente, ci sono segnali che mentre
attivano la crescita dei mitocondri inibiscono l’ ipertrofia.
Da un punto di vista più generale l’esercizio finalizzato all’aumento della massa muscolare
è associato a delle modifiche in una o più variabili muscolari come la tensione passiva, la
tensione indotta dalla contrazione, la concentrazione di calcio sarcoplasmatica, la richiesta
di energia, la concentrazione di ossigeno intramuscolare, la presenza di ormoni, fattori di
crescita e citochine, la temperatura e il danno cellulare.
Un cambiamento sufficiente in una di queste variabili conduce a un’alterazione dell’attività
della trasduzione del segnale delle vie che regolano la trascrizione dei geni coinvolti nella
crescita muscolare. È stato dimostrato che le vie di trasduzione del segnale vengono
attivate da diversi tipi di contrazione.
14
Le più importanti di queste vie sono quelle che coinvolgono una serie di proteine con
attività chinasica o fosfatasica, cioè molecole che catalizzano l’aggiunta o l’eliminazione di
una gruppo fosfato a uno specifico substrato. Questa aggiunta, reversibile, modula l’attività
del substrato stesso aumentandola o inibendola e innescando una cascata di risposte
cellulari che si amplificano in modo esponenziale.
Alcune di questi enzimi sono l’AMP chinasi (AMP K; Sakamoto, 2002), la calcineurina
(una fosfatasi; Meissner, 2000), le kinasi regolate extracellularmente 1 e 2 (ERK1/2), la
Mitogen Activated Protein Kinase (MAP K p38) (Widegren, 2000), la chinasi JNK
Sandri M, Sandri C, Gilbert A, Skurk C, Calabria E, Picard A, Walsh K, Schiaffino S, Lecker
SH, Goldberg AL: Foxo transcription factors induce the atrophy-related ubiquitin
ligase atrogin-1 and cause skeletal muscle atrophy. Cell 2004, 117(3):399-412
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27
Figura 1. Influenza dell’allenamento sui fattori implicati nell’ipertrofia muscolare.
Figura 2. Vie metaboliche e di segnale per l’IGF-1: la rappresentazione schematica enfatizza il ruolo primario della cascata PKB/Akt.
Stimoli meccanici
(MGF, Integrine, azione
diretta sulle cellule,
p70s6k)
Stimoli
paracrini
(IGF 1, FGF)
Iperplasia?
ALLENAMENTO
Stimoli ormonali
(GH,
Insulina,Testosterone,
IGF-1)
Stimoli metabolici
(Lattato, ipossia)
28
Figura 3. Proteine del sarcomero (Silverthorn 2 Ed.)
Figura 4. Schema delle risposte acute e croniche del muscolo all’esercizio. Da Sakamoto, 2002.
29
Figura 5. Vie di segnale dell’insulina sulla sintesi proteica. E’ evidenziato il ruolo centrale dell’mTOR Da Anthony, 2001.
30
Figura 6. Il sistema di segnalazione dell’ AKT signaling nell’ipertrofia ed atrofia. L’AKT occupa una posizione centrale nel sistema e la sua attivazione regola i meccanismo della sintesi protieca e la loro
inattivazione tramite l’espressione dell’atrogenina 1 (MAFbx), MuRF-1 ed altri possibili geni associati all’atrofia (atrogeni). La stimolazione del muscolo scheletrico con agenti anabolici come l’IGF-1 porta all’attivazione dell’AKT1 e dei meccanismi di sintesi proteica via mTOR e S6K1 inattivando contemporanemante gli ibitori della sintesi proteica 4E-BP1 and GSK3. Al contrario agenti catabolici come i glucocorticoidi portano all’inattivazione dell’Akt1 e questo conduce alla defoforilazione di FOXOs, la sua traslocazione nuclkeare e quindi alla conseguente regolazione di atrogeni. Modificato da Nader, 2005.
31
2. ANALISI ELETTROMIOGRAFICA DELLA MUSCOLATURA
DEL CINGOLO SCAPOLO-OMERALE COINVOLTA NELLA
LOCOMOZIONE IN CONDIZIONI DI MICROGRAVITA’
INTRODUZIONE
La muscolatura dell’arto superiore ha assunto un significato crescente nell'ambito di studio
della fisiologia umana nello spazio per almeno tre ragioni:
1. L'arto superiore è il principale mezzo di stabilizzazione posturale e
locomozione per i soggetti che vivono in microgravità.
2. La perdita di forza a livello distale nell’arto superiore può assumere un
significato importante, sia nelle attività veicolari sia per quanto riguarda le
attività extraveicolari (EVA);
3. Gli astronauti possono essere a rischio di lesioni al cingolo scapolo-omerale
durante permanenze in microgravità di lunga durata a causa dell’atrofia e della
diminuzione di forza della cuffia dei rotatori che (la cui funzione principale è
la stabilizzazione dell’articolazione della spalla).
Il primo obiettivo che ci siamo proposti è stato l’analisi degli specifici pattern di
attivazione, tramite elettromiografia (EMG), della muscolatura dell’articolazione gleno-
omerale coinvolta nel gesto di trazione.
METODI
- Soggetti:
Nove soggetti (età 23,1±2,42; altezza 182,5±7,18 cm; peso 79,4±9,62 kg) hanno eseguito
test di trazione isometrica in quattro condizioni differenti, ognuna delle quali si
differenziava dalle altre per il diverso angolo di trazione. Dopo aver firmato il consenso
32
informato ogni partecipante è stato intervistato riguardo alle proprie condizioni di salute.
Come indagine di screening è stata utilizzata una versione lievemente modificata del
Health Status Questionnaire; sono stati eliminati dallo studio i soggetti che presentavano
malattie o condizioni che li avrebbero posti ad rischio di salute durante i test. I criteri di
esclusione per lo studio includevano infortuni del cingolo scapolo omerale ed ipertensione.
- Elettromiografia di superficie:
Il sistema di acquisizione elettromiografico MuscleLab® (fig.1) dispone di otto canali di
acquisizione ad ognuno dei quali dovrà essere associato uno specifico muscolo di cui si
voglia conoscere entità e modalità di attivazione. Per i nostri test tuttavia sono stati
utilizzati solo 7 canali. La scelta dei gruppi muscolari interessati dal rilievo
elettromiografico doveva permettere di interpretare correttamente il movimento di trazione.
I muscoli considerati in questo studio sono:
Gran Dorsale
Fasci medi del trapezio
Gran rotondo
Fascio laterale del deltoide
Fascio posteriore del deltoide
Sottospinato
Capo lungo del tricipite brachiale
Il posizionamento degli elettrodi è stato effettuato rispettando i criteri descritti nel
progetto europeo SENIAM [W1] (fig. 2)
- Protocollo dei test:
Una volta predisposti gli elettrodi sul tester ed aver impostato i dati del soggetto all'interno
del programma MuscleLab®, il tester si dispone prono sulla panca ed afferra, con arto
superiore naturalmente teso, un montante d'acciaio perpendicolare al terreno. Le condizioni
di prova vengono impostate prima dell'esecuzione della prova stessa. Viene misurata
l'attivazione muscolare a riposo in modo da poter definire un valore delta che possa essere
utilizzato per sottrarre ai valori misurati il valore a riposo. Al soggetto viene chiesto di
effettuare una contrazione isometrica massimale per una durata di 10 secondi:
33
l'elettromiografo viene avviato contemporaneamente al comando vocale di una persona
addetta al monitoraggio dei segnali EMG. Trascorso il tempo previsto per l'acquisizione, il
tester si ferma e allo stesso momento viene interrotta la rilevazione elettromiografica.
Essendo il movimento di tipo isometrico, sono stati tagliati i primi e gli ultimi due secondi
di ogni rilevazione.
In totale ogni soggetto esegue otto prove (due per ogni angolo prestabilito).
Le prove sono state così suddivise:
2 prove con panca orizzontale (fig. 3a)
2 prove con panca inclinata a 30° (fig. 3b)
2 prove con panca inclinata a 45° (fig. 3c)
2 prove con panca inclinata a 90° (fig. 3d)
L'angolo tra busto e omero, misurato con un goniometro era quindi: 150° per la panca a
30°, 135° per la panca a 45°, 90° per la panca a 90° e 180° per la panca orizzontale.
Il recupero tra una prova e l'altra è stato standardizzato in sessanta secondi, durante il quale
al soggetto viene chiesto di riposare l'arto esaminato. Il recupero si è reso necessario per
avere la sicurezza di rilevare intensità assolute di contrazione simili.
ANALISI STATISTICA
II segnali EMG sono stati utilizzati per calcolare l'attivazione EMG media e la deviazione
standard di ogni singolo muscolo in tutte le condizione di trazione. Per confrontare i dati
tra tutti i gruppi muscolari è stata utilizzata l’analisi multivariata della varianza ad una
coda (ANOVA). Qualora si verificassero differenze significative, venivano eseguiti test
multi comparativi (al fine di determinare dove tali differenze fossero significative tra
coppie di gruppi) usando un post-hoc Tukey-Kramer test. Il livello di significatività alpha è
stato posto al 5%.
34
RISULTATI
L'attività del fascio medio del trapezio (Tfm) risulta molto elevata in tutte le condizioni di
trazione probabilmente per la vastità del muscolo stesso e le sue molteplici azioni; è
maggiormente attivato con panca inclinata di 30°. La sua espressione di forza è
significativamente maggiore del deltoide fascio laterale in tutte le quattro angolazioni (fig.
4).
Il fascio laterale del deltoide (Dfl) è risultato essere il meno attivo di tutti i muscoli
analizzati nelle diverse prove, non ci sono state inoltre differenze significative tra le
diverse inclinazioni. Risulta maggiormente attivo in situazione di panca orizzontale.
Il fascio posteriore del deltoide (Dfp) è stato uno dei due muscoli a dare significatività
statistica tra le prove svolte alle diverse angolazioni: risulta infatti essere maggiormente
attivo a 90° rispetto ai 45° (p<0,05) (fig. 5). Oltre ad essere uno dei muscoli più attivi
durante tutti i movimenti di trazione studiati, il fascio posteriore è risultato il più attivo
durante la trazione con panca a 90°.
L'attività EMG del sottospinato (SS) non ha mostrato differenze significative nelle diverse
prove, il sottospinato risulta tuttavia tra i più attivi dei muscoli presi in esame. Dai dati
analizzati il sottospinato risulta maggiormente attivato con panca inclinata a 90°
L'attività EMG del gran rotondo (GR) non mostra differenze significative tra i diversi
angoli di trazione. Il muscolo risulta mediamente attivo in tutte le condizioni studiate e
mostra una maggiore attività agli angoli di 30° e 90°.
Il gran dorsale (GD) risulta essere uno dei muscoli meno attivi nei movimenti di trazione
studiati. L'attività EMG risulta maggiore agli angoli di 30° e 90°.
Il capo lungo del tricipite (Tcl) è il secondo muscolo ad aver mostrato una significatività
statistica nelle prove svolte alle diverse angolazioni (p<0,05): ha mostrato un
comportamento inaspettato dimostrandosi maggiormente attivo con panca inclinata a 90° e
braccio perpendicolare al busto piuttosto che con panca orizzontale e braccio parallelo
quindi in posizione di massimo allungamento per il capo lungo del tricipite (fig.6).
35
DISCUSSIONE
Dalle rilevazioni effettuate si evince come i diversi angoli di inclinazione del busto
producano diversi pattern di attivazione nei muscoli presi in esame. Considerando quindi
che il movimento di trazione effettuato dagli astronauti in condizioni di microgravità
avviene con busto inclinato tra i 30 e i 45 gradi, possiamo notare come i muscoli
maggiormente attivati in suddette condizioni siano il trapezio (in particolare con i fasci
medi), il gran rotondo, il sottospinato e il capo posteriore del deltoide.
L'importante attivazione del trapezio probabilmente è da imputare alla ampiezza del
muscolo stesso e dai diversi movimenti ai quali sottende. Dai grafici si rileva come
l'angolo in cui il trapezio esprime la sua forza maggiore sia quello di 30°, tale angolo
probabilmente permette il reclutamento dei fasci medi del muscolo stesso. Il gran rotondo
invece risulta maggiormente attivo a 30° e a 90°. Per quanto riguarda il sottospinato
possiamo notare come la maggiore attività EMG si sia riscontrata ad un angolo di 90°; tale
muscolo, oltre ad essere uno dei muscoli maggiormente attivi in tutte le condizioni di
trazione, svolge un'importante azione di stabilizzazione della spalla agendo direttamente
sulla testa dell'omero e spingendo la stessa all'interno della cavità glenoidea della scapola.
Ciò è da tenere in notevole considerazione nel momento in cui gli astronauti tendono a
lussarsi la spalla più facilmente proprio a causa di un'ipotonia dei muscoli della cuffia dei
rotatori. E' auspicabile quindi il lavoro di tonificazione dei muscoli della cuffia anche alla
luce di questo studio elettromiografico. Passando ad analizzare l'attività del capo posteriore
del deltoide possiamo affermare che tale muscolo è stato uno dei due muscoli a dare una
significatività statistica (p<0,05) nei test effettuati. Le variazioni di attività EMG sono
notevoli a seconda dell'angolo preso in considerazione. Il muscolo risulta molto attivo in
tutte le condizioni di trazione; esprime un'attività minima ad un angolo di 45° mentre il
picco di contrazione lo troviamo ad un angolo di 90°, angolo in cui tale muscolo esprime
un valore di tensione superiore a tutti gli altri muscoli presi in esame. Passando alla
disamina dei muscoli meno coinvolti nei movimenti studiati, possiamo affermate come il
gran dorsale, nonostante la grande estensione del muscolo stesso, non intervenga in
maniera preponderante rispetto agli altri muscoli. Il muscolo tuttavia mostra una
particolare sensibilità all'attivazione agli angoli di 30° e 90°. Il fascio laterale del deltoide è
risultato essere il muscolo meno coinvolto in tutte le condizioni di test, nonostante mostri
un picco di attivazione ad un angolo di 0° imputabile probabilmente alla posizione
36
anatomica di partenza con braccio esteso sopra la testa. Il muscolo probabilmente tende a
spingere la testa dell'omero verso il basso. Possiamo quindi considerare il fascio laterale
del deltoide un muscolo sinergico della trazione. L'ultimo muscolo da considerare è il capo
lungo del tricipite brachiale: nonostante si sia dimostrato uno dei muscoli meno attivi in
tutte le condizioni studiate, è stato uno dei due muscoli a dare una significatività statistica
(p<0,05). Dai test abbiamo rilevato un comportamento abbastanza contraddittorio del capo
lungo del tricipite che mostra una maggiore attività EMG ad un angolo di 90° piuttosto che
ad un angolo di 0°, angolo un cui il capo lungo del tricipite risulta maggiormente allungato.
CONCLUSIONI
Dall’analisi video della deambulazione spaziale si può evincere come gli astronauti
eseguano prevalentemente i movimenti di trazione dell’arto superiore con un’inclinazione
tronco-omero tra i 30 ed i 45°; in tali condizioni i muscoli maggiormente coinvolti si sono
rivelati essere il trapezio (fasci medi), il gran rotondo, il sottospinato (muscolo
appartenente alla cuffia dei rotatori e dunque particolarmente importante nella stabilità
della spalla) e il capo posteriore del muscolo deltoide. Infine il capo posteriore del deltoide,
il capo lungo del tricipite ed il sottospinato sono i muscoli che presentano la rispettiva
maggiore attivazione elettromiografia ad un angolo tronco-omero di 90°: tale inclinazione
rappresenta la postura tipicamente assunta dagli astronauti durante le EVA (Extravehicular
Activity).
37
Figura 2. Applicazione degli elettrodi sui punti repere dei gruppi muscolari analizzati tramite EMG
Figura 1. Elettromiografico MuscleLab®
38
Figura 3. Posizione di effettuazione prove di trazione. a) panca orizzontale: angolo omero-busto 180°, b) panca inclinata a 30°: angolo omero-busto 150°, c) panca inclinata a 45°: angolo omero-busto 120°, d) panca inclinata a 90°: angolo omero-busto 90°.
Inclinazione 0°
Tfm Dfl GR GD SS Dfp Tcl0.0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5 * °
mV
Inclinazione 30°
Tfm Dfl GR GD SS Dfp Tcl0.0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
*°
mV
Inclinazione 45°
Tfm Dfl GR GD SS Dfp Tcl0.0
0.1
0.2
0.3
0.4 *
mV
EMG ai vari gradi di trazione
Inclinazione 90°
Tfm Dfl GR GD SS Dfp Tcl0.00
0.25
0.50
0.75 *° ç §
mV
Figura 4. Confronto dell’attivazione EMG tra tutti i gruppi muscolari nel movimento di trazione con
Figura 5. Attivazione EMG del fascio posteriore del deltoide (Dfp) in ognuna delle quattro angolazioni. *90° > 45° (p < 0.05)
Tcl
0° 30° 45° 90°0.0
0.1
0.2
0.3*
mV
Figura 6. Attivazione EMG del capo lungo del tricipite (Tcl) in ognuna delle quattro angolazioni. *90° > 0° (p < 0.05)
40
41
3. PULLGRIP DYNAMOMETER: VALUTAZIONE DELLA
FORZA E DELLA MASSA MUSCOLARE DELL’ARTO
SUPERIORE
Il “Pullgrip Dynamometer” (PGD) e il protocollo di utilizzo “Methods for
Astronaut Arm Testing” (MAAT).
In collaborazione tra l’Università di Padova e la Kayser Italia srl è stata progettata
e realizzata una nuova facility il cui nome è Pull Grip Dynamometer (PGD)
(fig.1). Il tool è basato su un dinamometro a forma di maniglia designato per
essere agevolmente fissato e rimosso dalle pareti della ISS (International Space
Station), connesso ad un computer il cui specifico software registra le misurazioni
di forza e guida la procedure dei test. La maniglia PGD è meccanicamente
connessa ad una cella di carico. Un’articolazione mobile permette l’allineamento
della direzione delle forze con l’asse della cella di carico al fine di permettere
un’adeguata misurazione della forza di trazione.
Il PGD è uno sviluppo dell’HPA system (fig.2) già presente sull’ISS
(International Space Station) ed è stata costruita per essere totalmente
compatibile con le caratteristiche della ISS.
I seguenti criteri hanno guidato lo sviluppo della facility:
- non invasività dei test della muscolatura dell’area prossimale dell’arto
superiore
- user-friendly software,
- buona riproducibilità delle condizioni in cui i muscoli della spalla sono
utilizzati in microgravità,
- ridotta durata per l’assemblaggio, i test e lo smontaggio del sistema (tempo
totale 15’)
- capacità di identificare i cambiamenti do forza, di controllo nervoso della
forza (controllo propriocettivo) e della fatica muscolare.
42
Il protocollo di test chiamato MAAT (Methods for Astronaut Arm Testing) (tab.1)
è stato implementato prendendo spunto dalla precedente esperienza della facility
HPA.
Il primo step per la strutturazione del protocollo MAAT è stata la scelta del gesto
da eseguire con la muscolatura della parte prossimale dell’arto superiore e la
posizione in cui tale azione doveva essere eseguita. La decisione è stata guidata
principalmente da due linee guida: 1) la postura e la deambulazione dentro e fuori
la ISS sono generalmente basate sui movimenti di spinta e trazione, 2) le analisi
video mostrano come, durante la deambulazione sulla ISS, gli astronauti eseguono
principalmente sforzi di trazione con busto inclinato tra i 130° ed i 150° (fig 3A),
mentre durante le EVA l’angolo tra busto ed omero è approssimativamente di 90°
(Fig 3B).
Quindi la scelta dell’azione per valutare la perdita di forza nella muscolatura
dell’arto superiore è una trazione sul piano sagittale eseguita in 2 posizioni:
1. busto dell’astronauta parallelo alla parete della ISS ed il gesto di trazione
eseguito con un angolo di 90° tra tronco ed omero (fig. 4A)
2. busto dell’astronauta inclinato di circa 45° rispetto alla parete della ISS ed
il gesto di trazione eseguito con un angolo di 130-150° tra il tronco e
l’omero (fig. 4B).
Durante i test, il PGD è stato montato su uno scorrimano ed i soggetti erano in
ortostasi o in decubito prono su una panca inclinata per simulare la condizione di
miscorgravità rispettivamente delle EVA (90°) (fig. 4A) e della deambulazione
(135°) (fig. 4B).
Ogni tester eseguiva il protocollo MAAT (tab.1) tramite una sequenza predefinita
di contrazioni isometriche in trazione al 75%, 50%, 25% della forza massima (con
brevi tempi di recupero), aventi fasi con e senza visual feedback (fig.5).
43
Figura 1. Pullgrip Dynamometer, Software e maniglia con cella di carico
Figura 2. HPA system: Handgrip Dynamometer (HGD), Pinch Force Dynamometer (PFD) e Posture Acquisition Glove (PAG)
44
%
MVC ANGLE HAND VFb noVFb VFb REST
100%
MVC 90° R 5”
55"
100%
MVC 90° L 5”
55"
75%
MVC 90° R 5” 5” 5” 30”
75%
MVC 90° R 5” 5” 5” 30”
50%
MVC 90° R 5” 5” 5” 30”
50%
MVC 90° R 5” 5” 5” 30”
25%
MVC 90° R 5” 5” 5” 30”
25%
MVC 90° R 5” 5” 5” 30”
100%
MVC 135° R 5”
55”
100%
MVC 135° L 5”
55”
75%
MVC 135° L 5” 5” 5” 30”
75%
MVC 135° L 5” 5” 5” 30”
50%
MVC 135° L 5” 5” 5” 30”
50%
MVC 135° L 5” 5” 5” 30”
25%
MVC 135° L 5” 5” 5” 30”
25%
MVC 135° L 5” 5” 5” 30”
Total time 15’
Tabella 1. MAAT protocol: sequenza di test di trazione e tempi di recupero. MVC, maximal voluntary contraction, Vfb, periodo in presenza di visual feedback, noVfb, periodo senza visual feedback, REST, tempo di recupero
45
Figura 3. A. Deambulazione all’interno di una Space Station: l’angolo tra omero e busto dell’astronauta è circa di 135°. B. Astronauta durante Extra Vehicular Activities (EVA): l’angolo tra omero e busto dell’astronauta è circa di 90°.
Figura 4. A: Tester in ortostati per simulare la condizione di miscorgravità delle Extra Vehicular Activities (EVA); l’angolo tra omero e busto dell’astronauta è circa di 90°. B: Tester in decubito prono su una panca inclinata per simulare la condizione di deambulazione spaziale; l’angolo tra omero e busto dell’astronauta è circa di 135°
46
Figure 5. PGD software display. Le tre fasi del gesto di trazione possono essere osservate chiaramente, insieme alla rispettiva durata e la linea che è posta come parametro di riferimento per controllare l’intensità della forza di trazione. Fmax è la forza sviluppata nella MVC, maximal voluntary contraction, Vfb, periodo in presenza di visual feedback, noVfb, periodo senza visual feedback, REST, tempo di recupero
47
4. VALIDAZIONE LONGITUDINALE DEL PULLGRIP
DYNAMOMETER
INTRODUZIONE
Il secondo esperimento per la validazione del Pullgrip è stata un’analisi longitudinale su
18 soggetti sottoposti a un programma con sovraccarichi e ad un regime alimentare (normo
o iper proteico) per un periodo di otto settimane. L’obiettivo dell’allenamento e della dieta
era l’induzione di ipertrofia e aumento della forza muscolare al fine di valicare la capacità
discriminativi del PGD, del protocollo MAAT e del metodo Fitnext®.
Le seguenti determinazioni sono state eseguite sui 18 soggetti:
esami del sangue per la valutazione dello stato di salute
misure antropometriche (pliche cutanee, circonferenze di braccio e avambraccio e
diametri ossei per accertare la massa magra attraverso il metodo Fitnext, vedi
capitolo 5)
risonanza magnetica per la parte prossimale del braccio per la valutazione della
massa muscolare e la validazione del protocollo Fitnext (vedi capitolo 5)
Handgrip Dynamometer test e Pullgrip Dynamometer test per valutare la forza e la
propriocezione del distretto distale e prossimale dell’arto superiore
biopsia del muscolo Gran Dorsale per analizzare le proprietà biofisiche delle fibre
muscolari
test di forza massimale per esercizi di allenamento con sovraccarichi per
individualizzare il protocollo di allenamento.
48
METODI
- Soggetti
Sono stati analizzati 18 soggetti (peso corporeo 70,75±11,90 kg; altezza 176,44±9,08 cm;
età 25,05±5,41) suddivisi per 4 gruppi (5 WHP, 4 WNP, 5MHP, 4 MNP) in relazione al
sesso (Women e Men) e alla quantità di proteine assunte con la dieta (HP, High Protein
intake, NP, Normal Protein Intake), vedi Tab.1. Tutti i soggetti hanno riportato di non
avere patologie di tipo articolare o di non aver subito delle operazioni a livello della spalla
o di assumere farmaci che possono alterare il controllo o il trofismo dei muscoli.
Prima dei test iniziali i soggetti sono stati informati dello scopo dello studio e sono state
chieste loro informazioni riguardo la pregressa esperienza di allenamento con pesi a
medio-alta intensità, la quantità di attività fisica settimanale svolta, la compilazione di un
dettagliato diario alimentare settimanale (per l’attribuzione di un corretto regime calorico)
ed infine è stato chiesto loro l’approvazione di un consenso informato.
- Dieta
I soggetti sono stati quindi suddivisi in due gruppi, al primo (HP) è stata assegnata una
dieta iperproteica (apporto proteico di 1,8 g*Kg-1*die), mentre il secondo (NP) ha seguito
un regime alimentare normoproteico (0,85 g*Kg-1*die) (Tab.1)
- Allenamento con sovraccarichi
I 18 soggetti hanno seguito il medesimo allenamento finalizzato allo sviluppo della forza e
dell’ipertrofia della muscolatura superiore del corpo per una durata complessiva di 8
settimane con sedute bisettimanali distanziate almeno 48 ore l’una dall’altra.
Sono stati scelti i seguenti esercizi: Lat machine avanti presa supina; Pulley; Barbell bench
press; Hammer Curl; Dumbbell press; Extrarotazioni da seduto (Fig.1).
Il protocollo prevedeva una prima fase a moderata intensità (75% di 1RM) con un range di
ripetizioni 9-11 eseguite per 3 serie ed un recupero di 1 minuto tra una serie e l’altra
(Tab.2). Dopo 4 settimane l’intensità è stata portata all’85% 1RM per 3-4 serie da 6-8
ripetizioni con 2 minuti di recupero tra le serie (Tab.3).
49
- Misurazione della forza massima
La misurazione del massimo carico sollevabile una sola volta (1RM) è stata effettuata
prima di iniziare il protocollo di allenamento e alla fine dello stesso.
La procedura standardizzata utilizzata è qui di seguito descritta. Dopo aver eseguito un
breve riscaldamento costituito da alcune serie con basso carico si procede come segue:
• 1a serie da 8-10 ripetizioni al 50% del massimale previsto
• 2a serie da 5-6 ripetizioni al 75% del massimale previsto
• 3a serie da 2-3 ripetizioni all'85% del massimale previsto
• 4a serie da 1 ripetizione al 100% del massimale previsto
Qualora all’ultima serie si fossero eseguite più d’una ripetizione si è provveduto al calcolo
del massimale con la formula di Brzicky cioè:
kg sollevati/1,0278 - (0,0278*n°reps)
Il riposo tra le serie è stato impostato a 3 minuti.
Altro parametro utile al nostro studio è stato ricavato dalla prova di prensione alla sbarra.
Ai soggetti è stato chiesto di eseguire lo “Straight Arm Hang” (SAH) test che consiste nel
rimanere appesi con presa pronata ad una sbarra sostenendo il proprio peso corporeo a
braccia tese: si cronometra il tempo massimo di durata della prova.
- Valutazione della massa muscolare
Prima dell’effettuazione dei test con il PGD, è stata valutata la % di massa muscolare sia
total body che in particolare dell’arto superiore dominante tramite il software Fitnext®
(Montecchio Maggiore; Vicenza).
Per la valutazione della massa muscolare dell’arto superiore il software utilizza la
misurazione di 2 pliche (bicipitale e tricipitale), 2 circonferenze ossee (braccio,
avambraccio), 4 diametri ossei (gomito, polso). La valutazione della muscolatura dell’area
prossimale dell’arto superiore basata su misure antropometriche è stata validata con la MRI
in 33 soggetti (vedere cap.4)
ANALISI STATISTICA
Per confrontare i dati tra tutti i gruppi è stata utilizzata l’analisi della varianza ad una via
(ANOVA). In presenza di differenze significative, venivano eseguiti test multi comparativi
50
(al fine di determinare dove tali differenze fossero significative tra coppie di gruppi)
usando un post-hoc Tukey-Kramer test. Il livello di significatività alpha è stato posto al
5%. Sia per correlare la forza massima con la massa muscolare sia per valutare le
correlazioni tra il PGD e gli esercizi con i sovraccarichi, è stato utilizzato il coefficiente di
Pearson.
RISULTATI
A. DETERMINAZIONE DELLA FORZA MASSIMA CON PGD E MAAT
- Forza massima PRE allenamento
Gli uomini hanno espresso una forza massima significativamente maggiore (p < 0.001) ad
entrambe le angolature (90° e 135°) con l’utilizzo di entrambi gli arti (d+cl) rispetto alle
donne poste nelle medesime condizioni (Fig. 3A).
Sommando le prove fornite ad entrambe la angolature (90°+135°) si può notare come gli
uomini, indipendentemente dall’arto utilizzato, riescano ad esprimere una Fmax
significativamente maggiore (p < 0.001) rispetto alle donne poste nelle stesse condizioni
degli uomini (fig. 3B).
La divisione dei soggetti, per la creazione dei quattro gruppi, è stata puramente casuale,
ma fin da subito è stato possibile evidenziare come gli uomini destinati alla dieta
iperproteica siano quelli in grado di fornire i più alti valori di forza max espressa con
entrambi gli arti (d+cl) rispetto agli altri gruppi. Per quanto riguarda i due gruppi “donne”
si nota come ci sia una minima differenza tra i valori di forza massima espressi dal gruppo
HP rispetto al NP (Fig. 3C).
51
- Forza massima POST allenamento
Gli uomini hanno espresso una forza massima significativamente maggiore (p < 0.001) ad
entrambe le angolazioni (90° e 135°) con l’utilizzo di entrambi gli arti (d +cl) rispetto alle
donne poste nelle medesime condizioni (Fig. 3D).
Sommando le prove fornite ad entrambe le angolature (90°+135°) si nota come gli uomini,
indipendentemente dall’arto utilizzato, siano riusciti ad esprimere una F max
significativamente maggiore (p < 0.001) rispetto alle donne poste nelle stesse condizioni
(Fig. 3E)
Anche nel post è stato evidenziato come i MHP abbiano fornito i più alti valori di F max
espressa incrementandoli rispetto ai dati forniti nella fase PRE; a seguire (nello stesso
ordine del PRE) i MNP, le WHP e infine senza grandi differenze di valori le WNP (Fig
3F).
- Forza massima pre/post
Come ci si poteva aspettare dalle nostre ipotesi si nota come gli uomini nel POST abbiano
incrementato, significativamente (p<0.01), la loro forza massima espressa al Pullgrip
rispetto alla prova fornita nel PRE. Dati più prevedibili sono indicati dal fatto che gli
uomini PRE si rilevino significativamente più forti (p < 0.001) sia delle donne PRE che
POST e che sempre gli uomini nel POST siano significativamente più forti (p < 0.001)
rispetto alle donne PRE e POST dovuto appunto al fatto che già in partenza gli uomini
presentano una maggiore quantità di massa muscolare rispetto alle donne (Fig. 4A).
Gli incrementi di forza massima (con entrambi gli arti e sommando i dati ottenuti in
entrambe le angolazioni) espressi in valori percentuali ci permettono di evidenziare, come
le WNP siano risultate il gruppo che ha incrementato di più i suoi valori, seguiti dai MNP ,
WHP e infine per ultimi i MHP (Fig. 4B).
Gli incrementi di forza massima (con entrambi gli arti e sommando entrambe le
angolature) espressi con valori percentuali ci permettono di evidenziare come le donne
abbiano fornito valori più alti rispetto agli uomini (Fig. 4C).
52
Gli incrementi di forza massima espressi in valori percentuali ci permettono di evidenziare
come i soggetti che hanno seguito la dieta normo proteica, abbiano raggiunto un
incremento maggiore rispetto ai soggetti che hanno seguito la dieta iperproteica (Fig. 4D).
Gli incrementi di forza massima espressi in valori percentuali ci permettono di evidenziare
come vi sia stato un maggiore incremento nelle prove al PGD a 135° rispetto a quelle
angolazione di 90° (Fig. 4E).
Gli incrementi di forza massima espressi in valori percentuali ci permettano di evidenziare
come non ci siano rilevanti differenze tra le prove fornite con l’arto dominante e
controlaterale (Fig. 4F).
B. PRECISIONE
- Precisione PRE allenamento
Nella fase PRE esaminando i valori percentuali si nota come le donne si siano rilevate
maggiormente precise (p< 0.05) rispetto agli uomini, considerando l‘utilizzo di entrambi
gli arti e la somma delle prove fornite ad entrambe le angolature (90°+135°) (Fig. 5A)
Tenendo sempre presente i valori percentuali si nota come i tester, con utilizzo dell’arto
contro laterale, si sono rilevati più precisi rispetto ai valori forniti nel corso delle prove con
utilizzo dell’arto dominante, sempre considerando la somma delle prove con braccio
abdotto a 90° e 135° (Fig. 5B).
Valutando i dati percentuali si rileva come i soggetti HP si sono evidenziati più precisi
rispetto ai soggetti NP destinati a seguire una dieta normo proteica, tenendo presente
sempre l’utilizzo di entrambi gli arti e alla somma delle due prove alle diverse angolature
(Fig. 5C).
Considerando sempre i valori in percentuale si evidenzia come i soggetti, con l’utilizzo di
entrambi gli arti si siano rilevati più precisi, con una differenza minima, nelle prova con il
braccio abdotto a 135° piuttosto che con il braccio abdotto a 90° (Fig. 5D)
53
Considerando sempre i valori in percentuale, nei tre momenti, con entrambi gli arti e ad
entrambe le angolature si nota che il gruppo più preciso è rappresentato dai MHP, seguito
dalle WHP, WNP ed infine MNP che hanno fornito la peggior prestazione (Fig. 5E)
- Precisione POST allenamento
Nella fase POST esaminando i valori percentuali si nota come le donne si siano rilevate più
precise rispetto agli uomini, considerando l’utilizzo di entrambi gli arti e la somma delle
prove fornite ad entrambe le angolature (90°+135°) (Fig. 5F)
Valutando i dati percentuali si rileva che i soggetti che hanno seguito la dieta iperproteica
si sono evidenziati più precisi rispetto ai soggetti che hanno seguito la dieta normo
proteica, tenendo presente sempre l’utilizzo di entrambi gli arti e alla somma delle due
prove alle diverse angolature (Fig. 5G).
Tenendo sempre presente i valori percentuali si nota come i tester, con utilizzo dell’arto
contro laterale si sono rilevati anche nel POST più precisi rispetto ai valori forniti con
utilizzo dell’arto dominante, sempre considerando la somma delle prove con braccio
abdotto a 90° e 135° (Fig. 5H)
Considerando sempre i valori in percentuale, si evidenzia che i soggetti con l’utilizzo di
entrambi gli arti si sono rilevati più precisi, nella prova con il braccio abdotto a 90°
piuttosto che con il braccio abdotto a 135° (Fig. 5I)
Considerando i valori assoluti nei tre momenti, entrambi gli arti e ad entrambe le
angolature, si nota come i gruppi WNP e WHP si rilevino significativamente (p< 0.01, p <
0.05) più precisi nei confronti del gruppo MHP (Fig. 5L).
Il trend illustrato in Figura 6 si presenta in tutti i gruppi sia nei dati PRE che nei dati POST,
sia per il braccio dominante che contro laterale, sia a 90 che a 135°; questo grafico ci
permette di riassumere in sintesi come all’aumentare della percentuale di forza richiesta
dalla prova tende a diminuire la precisione nel mantenimento del gesto e della suddetta
54
contrazione (legge di Weber). Inoltre si può notare come ci sia una migliore precisione nei
periodi in cui si ha il feedback visivo piuttosto che nel periodo in cui si ha l’assenza del
feedback; tra i due periodi in cui è presente il feedback visivo si nota una prova più
imprecisa tra i 10-15” in quanto probabilmente entra in gioco il fattore fatica.
- Precisione PRE/POST
Nel confronto tra il PRE e POST (entrambe le angolature e con l’ utilizzo di entrambi gli
arti) i soggetti si sono dimostrati più precisi nel POST (Fig. 7A)
Anche in questo grafico si nota come le prove fornite dalle donne e dagli uomini nel POST
si rilevino più precise rispetto al PRE (Fig. 7B)
In questo grafico si può notare come tutti i soggetti ad entrambe le angolature riescano a
fornire una migliore precisione nel POST considerando il confronto con lo stesso arto nel
PRE, ma il dato più rilevante è che tra tutti la prova più precisa la riescano a fornire con
l’arto contro laterale nel POST (Fig. 7C)
Tenendo presente i valori in percentuale, la somma delle prove alle due angolature e
l’utilizzo di entrambi gli arti, si nota che il gruppo HP post è quello che riesce a fornire una
prova significativamente più precisa (p < 0.05) confrontato con il gruppo NP pre che si
rileva il più impreciso di tutti; nel mezzo troviamo il gruppo HP pre che fornisce una prova
discretamente precisa se paragonato allo stesso gruppo nel post e a seguire troviamo il
gruppo NP post che permette di evidenziare un gran miglioramento a livello di precisione
rispetto allo stesso gruppo nel pre (Fig. 7D).
Considerando i valori in percentuali si nota come ci sia la tendenza di tutti i soggetti, con
l’utilizzo di entrambi gli arti, a fornire una prova migliore a livello di precisione nel POST
ad entrambe le angolature; la miglior prova è risultata a 90° nel POST, a seguire a 135° nel
POST poi a 135° PRE ed infine la prova più imprecisa è stata svolta a 90° nella fase PRE
(Fig. 7E)
55
Considerando i valori in % del seguente grafico è possibile notare come nella prova fornita
al 75% della F max nel PRE e POST, si riscontri una miglior precisione nella fase post (p
<0.05) con l’utilizzo di entrambi gli arti e ad entrambe le angolature (Fig. 7F).
C. CORRELAZIONE TRA F MAX E MASSA MUSCOLARE ARTO
SUPERIORE E MASSA MUSCOLARE TOTAL BODY
E’stato usato il coefficiente di correlazione di Pearson per comparare la forza massima
espressa sia con la massa muscolare dell’arto superiore sia con la massa muscolare total
body.
La Figura 8A riguarda l’arto superiore in relazione alla forza espressa. Si nota come nella
fase PRE allenamento, vi sia una relazione lineare tra la massa muscolare dell’arto
superiore e la forza massima espressa nel gesto di trazione isometrica al PGD. Il
coefficiente di correlazione di Pearson (r2 = 0,72) indica un’alta correlazione tra i due
parametri messi a confronto.
Nella fase PRE allenamento è inoltre riscontrabile una buona correlazione tra la forza
espressa al PGD e la massa muscolare total body (r2 = 0,54) (Fig. 8B).
Nel POST allenamento possiamo notare, come indicato dal grafico (Fig. 8C), il
mantenimento di un’alta correlazione (r2=0,6823) tra la massa muscolare dell’arto
superiore e la forza massima espressa, seppur sia leggermente inferiore rispetto alla fase
PRE.
Infine nella fase POST allenamento, è rilevabile un leggero miglioramento della
correlazione (r²=0,60), tra la massa muscolare total body e la forza massima espressa
(Figura 8D).
56
DISCUSSIONE
1) La tabella 4 espone le medie della forza massimale registrata al PGD, all’HGD ed i
carichi massimali nei vari esercizi pre e post allenamento. E’ evidente come vi sia un
incremento dei valori della forza massima (espressi in Kg) dopo il periodo di allenamento
con sovraccarichi.
L’esercizio in cui è stato possibile esplicare maggiori valori di forza è stato l’UHC
(trazioni al lat machine) con 67,08 kg (SD=17,94) nel pre e 78,5 kg (SD=5,41) nel post. A
seguire in ordine decrescente troviamo il pulley, il bench press, il dumbbell press,
l’hammer curl e le extrarotation.
Gli incrementi medi maggiori si sono registrati negli esercizi del pulley (12,73 kg) e
dell’UHC (11,42 kg), mentre al HGD l’incremento medio è stato di 1,92 kg ed al PGD di
5,28 kg.
Il PGD con angolo tra omero-tronco di 135° ha permesso di esercitare mediamente una
forza maggiore (pre 53,96 kg e post 59,79 kg) rispetto al PGD a 90° (pre 49,84 kg e post
54,58 kg).
Da questa tabella si nota come, in termini assoluti, i valori medi dell’HGD siano più vicini
ai valori medi dell’SAH, mentre i valori medi del PGD a 90° si accostino di più con quelli
del bench press, infine il PGD a 135° esprime valori di forza più simili a quelli del pulley.
Dalle analisi il PGD trova valori significativi con le medie dei dati al HGD sia nel pre che
nel post con valori di significatività rispettivamente di p<0.0001 e di p<0.001.
Le regressioni lineari tra PGD e gli esercizi con sovraccarichi presentano una correlazione
hammer curl e UHC, tendono a valori di significatività inferiore allo 0.0001; le
extrarotazioni e l’SAH tendono a valori di p superiori (Fig. 9A).
Nel pre, l’esercizio di spinte in alto con manubri trova la correlazione maggiore
(r2=0,8249) (Fig. 9C), mentre nel post sono le spinte con bilanciere in panca piana a
trovare la maggior correlazione (r2=0,8313) (Fig. 9F).
Valutando il coefficiente di Pearson sembra che che gli esercizi con sovraccarichi svolti in
palestra presentino maggiore correlazione con il pullgrip a 135° (dati non presenti in
figura) e ancor di più con i risultati ottenuti dopo 8 settimane di allenamento (Fig. 9D, E,
57
F). Le extrarotazioni, invece, sembrano avere andamento contrario, ovvero sono
maggiormente correlate con il pullgrip a 90° nel pre test (dati non pubblicati).
Ancora, la media dei valori dell’arto dominante e contro laterale a 90° trovano maggior
correlazione con il dumbbell press e il pulley sia al pre che al post test (dati non
pubblicati). Mentre, i valori medi a 135° sono maggiormente correlati con dumbbell press
e bench press al pre, e con bench press e UHC al post (dati non pubblicati). Dalle analisi di
regressione lineare sembra emergere una forte correlazione tra la forza massimale espressa
dalla trazione al pullgrip e i carichi massimali sostenuti al UHC, dumbbell press, hummer
curl, Bench press e pulley, mentre una buona correlazione è emersa con le extrarotazioni e
la prova di local muscular endurance.
Dalla nostra ipotesi ci aspettavamo che vi fosse stata una maggior correlazione tra esercizi
e pullgrip che mantenevano angoli simili tra omero e tronco e nei quali venivano effettuati
movimenti di trazione (e.g. pulley con pullgrip a 90° e lat machine con pullgrip a 135°).
In realtà i dati non confermano in maniera assoluta quanto sostenuto dalla nostra ipotesi,
tuttavia soprattutto dopo l’allenamento questi dati sembrano, seppur in parte, trovare un
riscontro. Infatti mentre al pre il PGD con angolo di 90° era più correlato con le spinte in
alto con manubri, al post troviamo il pulley a pari merito con il dumbbell press. Infine,
mentre nel pre, il PGD con angolo di 135° era ancora maggiormente correlato con le
dumbbell press, nel post troviamo la bench press, a seguire le trazioni alla lat machine.
2)Attraverso il Pullgrip Dynamometer è possibile misurare la forza in condizioni di
microgravità simulando gli sforzi compiuti durante la deambulazione (con angolo a 135°) e
gli sforzi compiuti durante le attività extra veicolari (EVA) con angolo di 90°.
Il nostro studio ha evidenziato che esiste una correlazione tra i valori di forza espressi con
questo strumento e i valori di forza espressi con gli esercizi utilizzati nel protocollo di
allenamento. Per cui possiamo concludere che un tale protocollo allenante effettuato prima
del lancio nello spazio trovi un’utilità nell’incremento delle riserve di massa muscolare e di
conseguenza della forza. Ciò permette, in primis, di migliorare le performance di
deambulazione in condizioni di microgravità, ma anche di garantire livelli di trofismo
muscolare superiori, alla fine di tale periodo.
3)Dallo studio dei dati espressi in termini percentuali è emerso un incremento nei valori di
forza massima in tutti i soggetti dopo le otto settimane di allenamento.
58
In particolare i valori maggiori sono stati registrati dalle donne che hanno seguito la dieta
normoproteica. In generale comunque tutti i soggetti che hanno seguito questa dieta hanno
ottenuti risultati leggermente migliori.
Nella fase PRE gli uomini hanno, in entrambe le due posizioni, la prima a braccio flesso
con angolo omero-busto a 90° e l’altra a 135°, espresso significativamente (p<0,001) più
forza rispetto alle donne per la maggiore massa muscolare.
Si è evidenziato che con l’utilizzo dell’arto dominante tutti i soggetti hanno espresso più
forza rispetto alla prova fornita con l’arto controlaterale. Gli uomini hanno comunque
sempre registrato valori significativamente più elevati (p<0,001) indipendentemente
dall’arto utilizzato rispetto alle donne.
Queste due ultime considerazioni valgono anche per i dati forniti nella fase POST.
4)Anche per quanto riguarda i valori di precisione c’è stato un miglioramento da parte di
tutti i soggetti, dopo le otto settimane di allenamento. La precisione maggiore è stata
espressa dalle donne nella fase POST.
Considerando, invece, gli arti utilizzati la prova significativamente migliore (p<0,05) è
stata quella del contro laterale, sempre nella fase POST rispetto all’arto dominante della
fase PRE.
Raggruppando i soggetti a seconda del regime di dieta iper o normo proteico si è
evidenziata una precisione significativamente migliore (p<0,05) degli iperproteici nella
fase POST rispetto ai normoproteici nella fase PRE.
Nella posizione ad angolo omero-busto a 90° c’è stata maggiore precisione nella fase
POST rispetto alla posizione a 135°: invece nella prova fornita prima delle otto settimane
di allenamento la posizione più precisa è stata quella con braccio flesso a 135°.
La prova fornita al 75% della forza massima nella fase POST è significativamente più
precisa (p<0,05) rispetto alla fase PRE.
Dai risultati sono emersi alti livelli di correlazione in entrambe le fasi (PRE e POST) tra
l’aumento di forza massima espresso al PGD e l’aumento di massa muscolare dell’arto
superiore e total body. L’allenamento ha permesso di migliorare in modo graduale e lineare
entrambi i parametri.
59
CONCLUSIONI
Questo studio è stato incentrato sulla validazione longitudinale della “facility”,
rappresentata dal Pullgrip Dynamometer e dal protocollo MAAT (Methods for Astronaut
Arm Testing) in grado di testare la forza esercitata dall’arto superiore nelle due posizioni
principalmente assunte dagli astronauti, la prima ai fini della deambulazione (braccio
flesso con angolo omero-busto a 135°) e la seconda per il mantenimento della postura nelle
attività extra-veicolari (angolo omero-busto 90°). Lo studio è stato condotto su 18 soggetti
sani, equamente suddivisi in 4 gruppi (uomini a dieta normoproteica, uomini a dieta
iperproteica, donne a dieta normoproteica, donne a dieta iperproteica) che hanno eseguito il
protocollo MAAT effettuando delle trazioni isometriche al 75%, 50% e 25% della propria
forza massima nelle due posizioni sopra descritte in una fase PRE e POST allenamento con
sovraccarichi, della durata di otto settimane. Si è passati all’analisi comparata dei dati
forniti nelle due fasi (PRE e POST) allenamento, che hanno permesso di studiare in
particolare due parametri fisiologici come la forza massima espressa e la precisione al
Pullgrip Dynamometer.
I valori di forza massima sono stati incrementati, in tutti i soggetti, anche
conseguentemente all’aumento della massa muscolare dell’arto superiore.
Rispetto alla precisione, il trend generale, ha permesso di spiegare come all’aumentare
della forza richiesta, si riscontri sempre una minor precisione del gesto. Nel primo periodo
(3-5”), in presenza del feedback visivo, si riesce a mantenere a una buona precisione, nel
range centrale (5-10”) in cui vi è assenza del feedback, si rilevano i dati più imprecisi in
assoluto, infine nel terzo periodo (10-15”) si migliora il livello di precisione (ritorna ad
esser visualizzabile il feedback) ma entra in gioco l’effetto fatica. Dai dati è emerso che
dopo l’allenamento i livelli di precisione sono migliorati in tutti i soggetti coinvolti.
60
Tester n° age height (cm) weight (kg)
WHP 4 22,3±0,58 168,75±3,95 59,50±4,73
WNP 5 22,8±1,64 172,4±8,05 64,00±2,74
MHP 5 28,8±9,26 181,6±8,85 79,10±11,57
MNP 4 24,5±1,73 182,75±7,59 80,00±10,83
Tabella 1. Media e DS nei parametri di età (age), altezza (height) e peso (weight) dei tester. WHP: women high protein, WNP: women normal protein, MHP: men high protein, MNP: men normal protein.
sets reps kg sets reps kg sets reps kg sets reps kg
Lat machine avanti presa
supina
Cadenza 1-0,5-1,5-0,5
I
II
/
I
II
III
I
II
III
I
II
III
Pulley
Cadenza 1-0,5-1,5-0,5
I
II
/
I
II
III
I
II
III
I
II
III
Barbell bench press
1-0-1,5-0,5
I
II
/
I
II
III
I
II
III
I
II
III
Dumbbell press
1-0-1,5-0,5
I
II
/
I
II
III
I
II
III
I
II
III
Hammer Curl
1-0-1,5-0
I
II
/
I
II
III
I
II
III
I
II
III
External rotation
1-0-1-0
I
II
/
I
II
III
I
II
III
I
II
III
Tabella 2. Programma di allenamento con sovraccarichi settimane 1-4.
62
Week 5 Week 6 Week 7 Week 8
T I T II T I T II T I T II T I T II
Data
Orario inizio allenamento
Orario fine allenamento
Ore di recupero dal training
precedente
Peso al mattino (dopo
almeno 8 ore di digiuno)
Sensazione di condizione
fisica
(1-ottima, 2-buona, 3-
normale, 4-negativa, 5-
molto negativa)
Condizioni psicologica
(1-ottima, 2-buona, 3-
normale, 4-negativa, 5-
molto negativa)
Affaticamento durante il
training
(1-molto basso, 2-basso, 3-
normale, 4-elevato, 5-
troppo elevato)
DOMS 36 ore post training
(1-molto basso, 2-basso, 3-
normale, 4-elevato, 5-
troppo elevato)
WORKOUT Week 5 Week 6 Week 7 Week 8
85% 1RM, 3-4 sets, 6-8
reps, rest 2’
sets reps kg sets reps kg sets reps kg sets reps kg
Lat machine avanti presa
supina
Cadenza 1-0,5-1,5-0,5
I
II
III
/
I
II
III
IV
I
II
III
IV
I
II
III
IV
Pulley
Cadenza 1-0,5-1,5-0,5
I
II
III
/
I
II
III
IV
I
II
III
IV
I
II
III
IV
Barbell bench press
1-0-1,5-0,5
I
II
III
IV
I
II
III
IV
I
II
III
IV
I
II
III
IV
Dumbbell press
1-0-1,5-0,5
I
II
III
/
I
II
III
IV
I
II
III
IV
I
II
III
IV
Hammer Curl
1-0-1,5-0
I
II
III
/
I
II
III
IV
I
II
III
IV
I
II
III
IV
Extrarotazioni da seduto
1-0-1-0
I
II
III
/
I
II
III
IV
I
II
III
IV
I
II
III
IV
Tabella 3. Programma di allenamento con sovraccarichi settimane 5-8.
63
Figura 3. Forza massima (F max) in Newton (N) al PGD pre e post. A. F max pre al PGD, arto dominante + controlaterale. M90°: 625,69 ± 120,39 ; M135°: 670,06 ±
125,51 ; W90°: 367,28 ± 84,81 ; W135°: 404,22 ± 66,56. B. M 90° vs W 90° (p < 0.001); & M 90° vs 135 (p < 0.001); § M 135° vs W 90° (p < 0.001); ç M
135° vs W 135° (p< 0.001) C. F max pre al PGD 90°+135°. Md: 661,75 ± 136,68 ; Mcl: 636,00 ± 118,81134 ; Wd: 392,17 ±
79,528204 ; Wcl: 379,33 ± 81,34169 D. Md vs Wd (p < 0.001); & Md vs Wcl (p < 0.001); ç Mcl vs Wd (p < 0.001); § Mcl vs Wcl (p<
0.001) E. F max pre al PGD, arto dominante + contro laterale, 90 +135°. WHP: 396,06 ± 99,63; WNP: 377,50
± 58,97; MHP: 705,30 ± 107,86; MNP: 552,17 ± 41,75. F. F max post al PGD, arto dominante + controlaterale. M90°: 695,63 ± 129,11; M135°: 726,56 ±
81,58; W90°: 393,00 ± 68,66; W135°: 462,06 ± 54,04. G. M 90° vs W 90° (p < 0.001); & M 90° vs W 135° (p < 0.001); ç M 135° vs W 90° (p < 0.001); §
M 135° vs W 135° (p < 0.001) H. F max post al PGD 90°+135°. Md: 724,38 ± 108,1276; Mcl: 697,81 ± 111,1721; Wd: 431,06 ±
73,86193; Wcl: 424,00 ± 69,59124 I. Md vs Wd (p < 0.001); & Md vs Wcl (p < 0.001); ç Mcl vs Wd (p < 0.001); § Mcl vs Wcl (p <
0.001) J. F max post al PGD, arto dominante + contro laterale, 90 +135°. WHP 431,25 ± 91,10; WNP 424,55
± 24,22; MHP 766,00 ± 85,18;MNP 619,58 ± 19,0
64
Figura 4. Confronti nella Forza massima (F max) in Newton (N) o in percentuale (%) espresse al PGD pre e post.
A. F max (N) arto dominante + contro laterale, 90°+135. M PRE: 650,13 ± 126,55; M POST: 711,09 ± 108,71; W PRE 385,75 ± 79,54; W POST: 427,53 ± 70,81.
B. *M POST > M PRE (p < 0.01); # M PRE > W PRE (p < 0.001); || M PRE > W POST(p < 0.001); § M POST > W PRE(p < 0.001); ^ M POST > W POST(p < 0.001)
C. F max (%) post – pre, arto dominante+controlaterale, 90°+135°. WHP: 10,03 ± 6,97; WNP: 14,10 ±14,50; MHP: 9,44 ± 8,44; MNP 12,84 ± 12,51.
D. F max (%) post – pre, arto dominante+controlaterale, 90°+135°. W: 12,29 ± 11,31; M: 10,71 ± 9,41. E. F max (%) post – pre, arto dominante+controlaterale, 90°+135°.HP: 9,70 ± 7,34; NP: 13,63 ± 12,86. F. F max (%) post – pre, arto dominante+controlaterale, W+M. 90°: 10,41 ± 12,30; 135°: 16,90 ±
12,86. G. 135° > 90° (p <0.05). H. F max (%) post – pre, arto 90°+135°, W+M. Dominante (d): 11,25± 10,89; controlaterale (cl ) 12,33
±12,55
65
Figura 5. Precisione (∆Force= Forza attesa–Forza espressa) pre e post (espresse in %) al PGD nel mantenimento della % di Forza Massima richiesta dai test del protocollo MAAT. La precisione è tanto più grande quanto più ∆Force è piccolo
A. Precisione pre arto dominante + arto controlaterale, 90°+135°. W: 6,02 ± 4,18; M: 8,75 ± 10,53 B. M vs W ( p< 0.05) C. Precisione pre 90°+135°, M + W. Dominante (d): 8,24 ±7,52; Controlaterale (cl): 7,02 ± 5,06. D. Precisione pre arto dominante + arto controlaterale, 90°+135°, M + W. HP 4,92 ±1,95 ; NP 10,34 ±
7,99. E. Precisione pre arto dominante + arto controlaterale, M + W. 90°: 6,22 ± 4,43 ; 135°: 5,08 ± 2,71 F. Precisione pre arto dominante + arto controlaterale, 90°+135°. WHP: 5,48 ± 2,03; WNP: 6,46 ±
4,03; MHP: 4,37 ± 2,12; MNP: 14,22 ± 9,90. G. Precisione post arto dominante + arto controlaterale, 90°+135°. W 4,81 ± 1,42; M 4,99 ± 3,16. H. Precisione post 90°+135°, M + W. d: 5,31 ± 3,23; cl: 4,49 ± 1,83. I. Precisione post arto dominante + arto controlaterale, 90°+135°, M + W. HP 4,57 ± 1,69 ;NP 5,23 ±
2,99. J. Precisione post arto dominante + arto controlaterale, M + W. 90°: 4,78 ± 3,11; 135°: 5,01 ± 2,44. K. Precisione post arto dominante + arto controlaterale, 90°+135°. WNP: 10,23 ± 7,71; WHP: 12,33 ±
11,79; MNP: 14,70 ± 15,14 ; MHP: 19,83 ± 16,41. L. WNP vs MHP (p < 0.01) ; & WHP vs MHP (p < 0.05)
66
WHP, cl, 90°
25% 50% 75%25% 50% 75%25% 50% 75%0
10
20
30
40
50
3-5" 5-10" 10-15"
∆∆ ∆∆ F
orc
e (
N)
Figura 6. Precisione (∆Force= Forza attesa–Forza espressa) (N) al PGD nel mantenimento della tre percentuali di Forza Massima richieste (25, 50, 75%) dai test del protocollo MAAT nel gruppo donne ipertroteiche (WHP), nei tre range di tempo (3-5, 5-10, 10-15˝). La precisione è tanto più grande quanto più ∆Force è piccolo
67
Figura 7. Confronti nella precisione (∆Force= Forza attesa–Forza espressa) (%) al PGD nel pre e nel post. La precisione è tanto più grande quanto più ∆Force è piccolo
A.Precisione arto dominante + arto contro laterale, M+W, 90°+135°. pre:7,63 ± 6,22 ; post: 4,90 ± 2,34 B.Precisione arto dominante + arto contro laterale, 90°+135°. Wpre: 5,97 ± 2,90 ; Wpost: 4,81 ± 1,42 ; Mpre: 9,30± 8,37; Mpost: 4,98 ± 3,16 C.Precisione M+W, 90°+135°. d pre: 8,24± 7,52; d post: 5,31± 3,24; cl pre: 7,02± 5,06; cl post: 4,49± 1,83. d pre vs cl post (p < 0.05) D.Precisione arto dominante + arto contro laterale, M+W, 90°+135°. HP pre 4,92 ± 1,95 ; HP post 4,57± 1,69 ; NP pre: 10,34± 7,99 ; NP post: 5,23± 2,99.
HP post vs NP pre (p < 0.05) E.Precisione arto dominante + arto contro laterale, M+W. 90°pre: 6,54 ± 4,59; 90°post: 4,78 ± 3,11; 135°pre: 5,43 ± 2,89; 135°post: 5,01 ± 2,44. F.Precisione arto dominante + arto contro laterale, M+W, 90°+135°. 75%pre: 9,72 ± 5,70; 75%post: 7,49 ± 3,65.
75% post vs 75% pre ( p <0.05)
68
Figura 8. Correlazioni (r2, n=17) tra la Forza Massima (Fmax) espressa al PGD (kg) e:
A. Correlazione (r2 = 0,72, n=17, p<0.0001 ) tra Fmax espressa al PGD (kg) e sezione trasversa della massa muscolare dell’arto superiore (cm2) pre otto settimane di allenamento.
B. Correlazione (r2 = 0,54, n=17, p<0.001 ) tra Fmax espressa al PGD (kg) e massa muscolare di tutto il corpo (kg) pre otto settimane di allenamento.
C. Correlazione (r2 = 0,68, n=17, p<0.0001 ) tra Fmax espressa al PGD (kg) e sezione trasversa della massa muscolare dell’arto superiore (cm2) post otto settimane di allenamento.
D. Correlazione (r2 = 0,60, n=17, p<0.001 ) tra Fmax espressa al PGD (kg) e massa muscolare di tutto il corpo (kg) post otto settimane di allenamento.
69
Fmax MEDIA (kg) SD
PRE 49,72 20,2
BENCH PRESS POST 59,67 20,43
PRE 67,08 17,94
UHC POST 78,5 5,41
PRE 14,3 5,39
DUMBBELL PRESS POST 17,71 5,41
PRE 54,02 18,54
PULLEY POST 66,75 19,54
PRE 7,79 2,62
EXTRAROTATION POST 11,94 3,75
PRE 12,91 5,07
HAMMER CURL POST 16,18 5,11
PRE 43,99 19,77
SAH (sec/60)*BW POST 61,29 23,91
PRE 38,69 11,57
HGD POST 40,61 13,12
PRE 49,84 16,94
PGD d-cl 90° POST 54,58 18,77
PRE 53,96 17
PGD d-cl 135° POST 59,79 15,42
PRE 51,9 16,7
PGD MEDIA TOT POST 57,18 16,86
Tabella 4. Forza massima (kg) esplicata nei vari esercizi, all’HGD e al PGD, con relative deviazioni standard (SD).
70
Figura 9. Correlazione tra PGD (medie dei valori di Fmax eseguiti con angolo di 90° e 135° tra busto ed arto superiore), HGD ed esercizi con sovraccarichi pre e post otto settimane di allenamento.
A. Correlazione pre tra PGD e HGD (p< 0.0001; r2= 0,6977) B. Correlazione pre tra PDG e UHC (p< 0.0001; r2= 0,6532), Pulley (p< 0.0001; r2= 0,7404), SAH (p<
0.001; r2= 0,5920), Hammer curl (p< 0.0001; r2= 0,6965). C. Correlazione pre tra PGD e Bench Press (p< 0.0001; r²= 0,7512), Dumbbell Press (p< 0.0001; r²=
0,8249), Extrarotations (p< 0.01; r²= 0,4381). D. Correlazione post tra PGD e HGD (p< 0.001; r2= 0,5498). E. Correlazione post tra PDG e UHC (p< 0.0001; r2= 0,8202), Pulley (p< 0.0001; r2= 0,8062), SAH (p<
0,1; r2= 0,3259), Hammer curl (p< 0.0001; r2= 0,7616). F. Correlazione post tra PGD e Bench Press (p< 0.0001; r²= 0,8313), Dumbbell Press (p< 0.0001; r²=
0,8159), Extrarotations (p< 0.01; r²= 0,4302).
71
5. LA PLICOMETRIA COME MEZZO DI VALUTAZIONE
DELLA MASSA MUSCOLARE NELL’ARTO SUPERIORE:
VALIDAZIONE TRASVERSALE E LONGITUDINALE DEL
METODO FITNEXT.
INTRODUZIONE
La determinazione della massa muscolare totale del corpo o di un singolo distretto
corporeo può essere ottenuta con una grande varietà di metodi che combinano misure
antropometriche con la
valutazione della composizione corporea (per una review Thornton et al. 1997). Per
determinare la composizione corporea la tecnica “gold standard” è tradizionalmente
considerata l’underwater weighing (Adams et al. 2003). Non meno affidabili sono le
metodiche basate sulla risonanza magnetica (MRI). La MRI si è dimostrata essere altamente
correlata all’underwater weighing, tuttavia entrambe le tecniche presentano gli svantaggi di
essere costose, richiedere lunghi tempi di misurazione e strumentazioni sofisticate che non
possono essere utilizzate fuori dal laboratorio, sul campo e neppure sulla Space Station. E’
necessario quindi porre l’attenzione sulla ricerca di metodiche di valutazione che siano
semplici, sicure e di rapido utilizzo. Una di queste tecniche è rappresentata dall’utilizzo delle
pliche cutanee per la misurazione del grasso sottocutaneo in vari distretti anatomici.
Nonostante sia ampiamente utilizzata in laboratorio e vari setting da campo, l’accuratezza
della plicometria è strettamente dipendente dal’esperienza tecnica e pratica dell’operatore
(Pollock e Jackson 1984). Non solo a terra ma anche nello spazio, data la variabilità della
durata delle missioni (da settimane ad anni), il monitoraggio della massa muscolare degli
astronauti è fondamentale per valutare il mantenimento delle condizioni di salute e di forma
fisica. Sinora le valutazioni antropometriche durante i voli spaziali si sono limitate a semplici
misurazioni antropometriche come la misura della circonferenza della coscia (Thornton et
al. 1997, Thornton e Hofer 1997). E’ tuttavia risaputo che la situazione di mancanza di
carico presente in condizioni di microgravità comporti significative alterazioni della
struttura e della funzione della muscolatura (Adams et al. 2003) come anche della
distribuzione dei liquidi corporei. In particolare nell’arto superiore, il contrasto tra il disuso
72
e l’atrofia (Pastacaldi et al. 2004, Thornton et al. 1997) da un parte e l’uso intensivo per
la postura e la locomozione dall’altra, può incrementare il rischio di infortuni alla spalla
degli astronauti durante i voli (MacDougall et al. 1980).
Il numero degli studi che comparano i risultati ricavabili dalle diverse metodiche di
analisi della composizione corporea sono andati aumentando negli ultimi dieci anni.
Tuttavia, a nostra conoscenza, nessuno studio precedente ha utilizzato la MRI per validare
trasversalmente e longitudinalmente equazioni plicometriche per la valutazione della
massa muscolare dell’arto superiore. Ci siamo quindi proposti come obiettivo di questo
studio l’analizzare la correlazione e il bias (cioè la distorsione sistematica dei risultati) nel
calcolo della massa muscolare tramite MRI ed un protocollo di analisi plicometrica
chiamato Fitnext®.
METODI
- Soggetti
La ricerca è stata svolta su 33 soggetti (tab. 1): tutti i soggetti sono stati coinvolti
nello studio trasversale mentre solo 17 di essi (9 uomini, 8 donne) hanno preso
parte alla valutazione longitudinale che includeva 8 settimane di allenamento della
forza (RT) mirato all’arto superiore.
I soggetti si presentavano normopeso (body mass index = 23,5 ± 2,9 kg/m2 ), non
prendevano alcun tipo di farmaco che potesse alterare al composizione corporea e
presentavano un peso stabile nei due mesi precedenti lo studio (cambiamenti <
2kg). L’età variava in un ampio range (dai 21 ai 62 anni) e non presentavano alcuna
controindicazione medica per la MRI (dopo aver firmato il consenso informato il
partecipante è stato intervistato riguardo alle proprie condizioni di salute). La
ricerca ha ricevuto l’approvazione da parte della Comitato Etico del Dipartimento
di Anatomia e Fisiologia dell’Università di Padova.
73
- Misurazioni antropometriche
Il peso corporeo è stato misurato tramite una bilancia medica con un’approssimazione di
0.05 kg: i partecipanti durante la pesatura vestivano unicamente t-shirt e pantaloncini ma
non scarpe.
La plicometria è un metodo manuale che si basa sulla misurazione delle pliche cutanee per
ottenere, grazie ad equazioni basate sulla somma di dette pliche e su altri parametri
individuali ( età, sesso, razza, ecc.), una valutazione immediata dello spessore del
pannicolo adiposo sottocutaneo. Infatti attraverso la sommatoria dei valori plicometrici è
possibile ottenere il valore della densità corporea dal quale, attraverso l’ equazione di Siri,
si può risalire alla percentuale di massa lipidica.
Il tessuto sottocutaneo rappresenta, solitamente, una percentuale costante del tessuto
adiposo dell’ intero corpo (circa 50%), la sua misurazione permette di risalire alla quantità
totale della massa lipidica corporea e, per differenza, alla massa magra (FFM). Al fine
della misurazione è importante notare che nella plica cutanea si ha un doppio strato di
pelle, dello spessore di soli 1,8 mm, e che il restante valore misurato dipende interamente
dallo strato di tessuto adiposo sottostante.
Alle misure plicometriche si possono aggiungere quelle di circonferenze o diametri ossei
per ottenere una valutazione del biotipo costituzionale, nonché del suo stato
fisiopatologico, permettendo così di trarre conclusioni diagnostiche.
Nonostante la determinazione della massa grassa mediante la plicometria risulti abbastanza
precisa, è comunque opportuno considerare che tale metodica fornisce dati discretamente
affidabili per quanto riguarda il grasso sottocutaneo, ma non consente di valutare il grasso
viscerale.
Lo strumento utilizzato durante queste rilevazioni è il plicometro, una pinza calibrata, che
esercitando una pressione costante di 10 g/mm ² sul tessuto, permette di valutare lo
spessore della plica cutanea. L’apertura lineare delle branche articolate viene riportata su
un quadrante e andrebbe letta dopo 4 secondi di pressione sulla plica.
L’utilizzo di questa modalità di valutazione della composizione corporea offre dei vantaggi
quali: la semplicità, costi bassi, fornisce informazione inerenti la distribuzione del tessuto
adiposo, ripetibilità, possibilità di usare diverse equazioni plicometriche a seconda delle
caratteristiche del soggetto.
74
Ma presenta anche degli svantaggi: risulta inattendibile su soggetti obesi o anziani; dipende
dall’ abilità dell’operatore sia per quanto concerne l’individuazione dei punti di repere sia
per quanto riguarda la capacità di mantenere uno standard nelle misurazioni; non fornisce
informazioni inerenti al grasso viscerale; l’affidabilità crolla in soggetti con anormale
idratazione.
In letteratura si possono trovare diverse equazioni plicometriche per la valutazione del
soggetto tra le quali le principali sono:
1. Metodo di Jackson – Pollock che prevede l’ utilizzazione di tre pliche: per l’ uomo
petto, addome e coscia anteriore; mentre per la donna tricipite, sovra iliaca ed anteriore
della coscia. Interessando sia i distretti corporei superiori ed inferiori è adatta ad atleti,
soprattutto per coloro che presentano una distribuzione non uniforme della muscolatura.
L’equazione antropometrica di questo metodo per l’ uomo (tra 18 e 61 anni) è:
BD = 1,109380 – (0,0008267 x ∑ pliche)+0,0000016 x (∑ pliche)² - (0,0002574 x età)
Mentre per una donna, compresa tra i 18 e 55 anni la formula diviene:
BD = 1,0994921 – (0,0009929 x ∑ pliche) + 0,0000023 x (∑ pliche)² - (0,0001392 x età)
2. Metodo di Garrow – Webster prevede la misurazione di peso, altezza e
circonferenze del soggetto che verranno poi confrontate con il valore di BMI. Questo
metodo è adattato su quei soggetti in cui è impossibile utilizzare la plicometria in quanto la
plica stessa ha un valore superiore ai 45 mm. Tale metodica comporta però una sovrastima
della FM nei soggetti obesi.
3. Metodo di Durnin-Womersely che utilizza quattro pliche: tricipite, bicipite,
sottoscapolare e sovrailiaca. Questo metodo viene utilizzato prevalentemente per soggetti
con adiposità androide.
Per un uomo, compreso tra 17 e 72 anni, la formula per trovare la densità corporea è:
BD = 1,1765 – (0,744 x log?? ∑ pliche)
Mentre la formula per soggetti di sesso femminile, compresi tra 16 e 68 anni, è:
BD = 1,1567 – (0,0717 x log?? ∑ pliche)
4. Metodo delle sette pliche che utilizza le pliche di tricipite, bicipite, sottoscapolare,
soprailiaca, anteriore e posteriore della coscia, e poplitea. E’ il metodo più adatto all’
adiposità di tipo mediterraneo.
E’ fondamentale per individuare correttamente il sito di misurazione conoscere le sedi
tipiche, la direzione, il riferimento anatomico e la misurazione.
75
Il metodo Fitnext prevede la rilevazione di 9 pliche cutanee, 7 circonferenze e 4 diametri
per il calcolo della composizione corporea dell’intero corpo.
Per quanto riguarda il calcolo della superficie muscolare dell’arto superiore sono le
rilevazioni plicometriche prese in considerazione sono state quella tricipitale e bicipitale.
Per entrambe di seguito è riportata la metodologia di rilievo utilizzata.
1. Plica tricipitale: I punti di riferimento anatomici utilizzati sono stati il processo
acromiale della scapola ed il processo cuneiforme prossimale dell’ ulna
(previamente individuato con gomito flesso a 90°). La misurazione è stata effettuata
a metà tra i due riferimenti anatomici ed 1 cm al di sotto del punto sollevato; quindi
la plica ha sede tricipitale e direzione verticale. Il valore rilevato in questa sede è
profondamente legato alla quantità di grasso sottocutaneo (Fig 1A)
2. Plica bicipitale: questa rilevazione è stata eseguita con il soggetto in posizione
eretta, braccia lungo il corpo e palmo della mano in avanti. I punti di repere presi in
considerazione sono stati l’ acromion ed il gomito. La misurazione è stata effettuata
sul punto medio di una linea tracciata tra i due riferimenti anatomici ed 1 cm al di
sotto del punto di sollevamento. La sede di misurazione è il bicipite con direzione
di misura verticale (Fig 1B).
Sono state prese un minimo di tre misurazioni alternando la misurazione dei due siti; è
infine per ogni plica è stata calcolata la media delle tre misurazioni.
Sono state prese le misure delle circonferenze del braccio e dell’avambraccio nel punto di
massima circonferenza: il metro è stato posto ortogonalmente ad entrambi i siti.
1. Circonferenza del braccio: questa misura antropometrica è ampliamente utilizzata,
sia in campo sportivo sia in campo riabilitativo, in quanto fornisce una rapida stima
della massa muscolare. Il soggetto per la rilevazione deve essere in posizione eretta
e con le mani appoggiate ai fianchi. Quindi la circonferenza viene effettuato a metà
tra il processo acromiale e il processo oleocranico dell’ ulna con il gomito flesso a
90° (Fig. 1C).
2. Circonferenza dell’avambraccio: il soggetto deve avere la braccia lungo il corpo,
ma leggermente staccate dallo stesso, il palmo della mano deve essere rivolto in
avanti. La misurazione viene eseguita nel punto di massimo circonferenza del
metacarpo con gomito esteso ed avambraccio supino (Fig. 1D).
76
I diametri presi in considerazione in questo progetto sono stati:
1. Diametro del gomito: è stata valutata la distanza tra gli epicondili dell’ omero
posizionando il soggetto con le braccia orizzontali rispetto al corpo ed avambraccio
flesso a 90° (Fig. 1E).
2. Diametro del polso: è stata valutata la distanza tra il processo stiloideo del radio e
quello dell’ ulna, posizionando il braccio del soggetto in flessione di 90° al gomito
e con l’ avambraccio supinato (Fig. 1F).
Di seguito verranno riportate le formule utilizzate dal metodo Fitnext per calcolare la
quantità di massa muscolare del braccio:
- Superficie totale braccio = circonferenza braccio 2/ (4* 3,14)
- Diametro totale braccio = 2 * √ (superfice totale braccio/ 3,14)
- Superficie osso braccio = (diametro gomito*0.345*0.5)2 *3.14
- Superficie muscolo braccio = Superficie massa magra braccio – superficie osso
braccio
- Diametro massa magra braccio = 2 * √ (Superficie muscolo braccio + superficie
Tabella 1. M, media; SD, deviation standard; BMI, Body Mass Index; ULFFMMRI , Upper Limb Muscle Mass estimated with MRI; ULFFMF, Upper Limb Muscle Mass stimata tramite Fitnext
0 20 40 60 800
20
40
60
80MRI data
Fitnext data
MRI (cm2)
Fit
next
(cm
2)
Figura 6. Correlazione tra la massa muscolare calcolata trami te MRI e tramite Fitnext in 33 soggetti: (r2 = 0,83; p<0.0001)
94
Bland-Altman: Difference vs average
20 40 60 80
-10
-5
0
5
10
15
20
Average upper limb muscle mass (cm2)
Fit
next
- M
RI
(cm
2)
Figura 7. Grafico di Bland-Altman: L’asse delle y rappresenta la differenza tra la metodica plicometrica Fitnext e la MRI mentre l’asse delle ascisse riporta la media tra le due metodiche.
0 20 40 60 800
15
30
45
60
75MRI data
Fitnext M
Fitnext W
MRI (cm2)
Fit
next
(cm
2)
Figura 8. Correlazione tra la massa muscolare calcolata trami te MRI e tramite Fitnext in 33 soggetti suddivisi per sesso (18 uomini e 15 donne).
95
0 20 40 60 800
15
30
45
60
75NRM
Fitnext ≤ 45y
Fitnext > 45y
MRI (cm2)
Fit
next
(cm
2)
Figura 9. Correlazione tra la massa muscolare calcolata trami te MRI e tramite Fitnext in 33 soggetti suddivisi per età (27 soggetti < 45 anni, 6 soggetti > 45 anni)
N ULFFMMRI (cm2) ULFFMF (cm2) ULFFMF-ULFFMMRI
(cm2)
ULFFMF - ULFFMMRI (%)
Pre 17 45,12±12,73 45,64±16,07 0,52±6,64 0,01±13,96
Post 17 47,94±14,1 50,75±14,29 2,81±4,96 6,7±11,16
Tabella 2. I valori sono media e deviazione standard. ULFFMMRI , Upper Limb Fat Free Mass stimata con MRI; ULFFMF, Upper Limb Fat Free Mass stimata con Fitnext.
Pre
Post
0
2
4
6
8
10
Fit
next
- M
RI
(cm
2)
Figura 10. Differenza in ULFFM (cm2 ) tramite Fitnext e tramite MRI pre e post 8 settimane di RT.
96
0 20 40 60 800
20
40
60
80
100MRI
Linear regression POST
Fitnext
MRI (cm2)
Fit
next
(cm
2)
Figura 11. I due metodi sono altamente correlate (r2=0,87, n=17, p<0.0001) anche nei dati “post”, nonostante abbiano uno scarso agreement.
97
6. DISCUSSIONE
Questo lavoro di ricerca è stato svolta con il fine di implementare una facility che
permettesse la valutazione funzionale e strutturale dei muscoli prossimali dell’arto
superiore in particolare quelli attivi sull’articolazione gleno-omerale. Questa facility,
basata su uno strumento il PGD (PullGrip Dynamometer), un protocollo di valutazione
MAAT (Methods for Astronaut Arm Testing) e un metodo di determinazione della massa
muscolare (Fitnext®) può essere di uso generale ma acquista un particolare significato con
riferimento alla permanenza in condizioni di assenza di gravità.
L’analisi dei video registrati a bordo della stazione spaziale ISS ha permesso di osservare
come, durante la locomozione sulla ISS, i muscoli della spalla siano principalmente
coinvolti nei gesti di trazione con il tronco inclinato in avanti tra i 30° e i 45°, mentre
durante le attività extraveicolari o EVA l’angolo tra tronco ed omero è circa di 90°. Quindi
l’azione scelta per valutare la forza dell’arto superiore è stato un movimento di trazione
eseguito in due differenti posizioni per simulare la funzione prevalentemente posturale
tipica delle EVA (angolo di 90° tra il tronco ed il busto) e la funzione di locomozione
(angolo di 135° tra il tronco e l’omero).
Da un indagine elettromiografica preliminare è stato rilevato che in tali condizioni i
muscoli maggiormente coinvolti sono il trapezio (fasci medi), il gran rotondo, il
sottospinato (muscolo appartenente alla cuffia dei rotatori e dunque particolarmente
importante nella stabilità della spalla) e il capo posteriore del muscolo deltoide. Infine il
capo posteriore del deltoide, il capo lungo del tricipite ed il sottospinato sono i muscoli che
presentano la rispettiva maggiore attivazione elettromiografia ad un angolo tronco-omero
di 90°: inclinazione che rappresenta la postura tipicamente assunta dagli astronauti durante
le EVA .
La facility, derivante dalla HPA (Hand Postural Analyser) facility già presente sulla ISS
(International Space Station), è composta da un hardware, dal dinamometro PGD, un
software ed il protocollo di test chiamato MAAT (Method for Astronaut Arm Testing)
basato su una sequenza di sforzi di trazione e tempi recupero e indicati.
98
In contemporanea è stato sviluppato un protocollo computerizzato (Fitnext®) basato su
misurazioni antropometriche (2 pliche cutanee, 2 circonferenze e 2 diametri ossei) per la
determinazione della massa muscolare del braccio.
Sia il design della facility che del protocollo Fitnext® si sono basati sull’obiettivo di
evitare qualsiasi test di tipo invasivo per minimizzare il disagio dell’astronauta
nell’effettuazione dei test e per valutare la condizione della muscolatura della spalla in
condizioni per quanto possibile simili a quelle vissute quotidianamente sulla ISS.
L’hardware PGD, il software ed il protocollo MAAT sono stati validati in uno studio
trasversale su 40 giovani volontari in salute equamente suddivisi in 4 gruppi (uomini
allenati, donne allenate, uomini non allenati, donne non allenate) e in uno studio
longitudinale in cui 18 soggetti altrettanto equamente suddivisi in 4 gruppi (uomini con
dieta iperproteica, uomini con dieta normoproteica, donne con dieta iperproteica, donne
con dieta normoproteica) si sono sottoposti ad 8 settimane di allenamento della forza e ad
alimentazione normo o iperproteica. Allenamento e alimentazione iperproteica avevano
l’obiettivo di indurre ipertrofia e aumento della forza muscolare, condizione che è stata
considerata speculare rispetto alla atrofia e alla perdita di forza che si realizza
probabilmente durante il soggiorno sulla stazione spaziale. E’ stata fatta la assunzione che
la validazione fatta sulla ipertrofia possa essere estesa anche alle condizioni di atrofia.
I risultati hanno dimostrato come PGD e MAAT possano discriminare in modo affidabile
tra soggetti diversi in relazione al loro livello di forza muscolare. Ciò è stato confermato
dal fatto che si sono confermate le “prevedibili” significative differenze sulle basi di sesso
ed allenamento, e dal fatto che la forza espressa dai soggetti si è dimostrata essere
linearmente correlata con i valori di massa muscolare dell’arto superiore (capitolo 3).
Alcuni dati meritano specifici commenti:
1) la forza massimale generata è stata più alta nella condizione di angolazione di 135°
rispetto a quella di 90°. La maggior forza mostrata dai tester nella posizione prona
piuttosto di quella in piedi può trovare spiegazione nella posizione di prestiramento del
gran dorsale, del capo posteriore del deltoide e del capo lungo del tricipite brachiale.
2) Non sono state riscontrate differenze significative tra l’arto dominante ed il contro
laterale né nei gruppi allenati né in quelli non allenati, né pre né post allenamento di forza
e dieta. Questo dato sorprendente può essere spiegati dalle caratteristiche specifiche
dell’azione richiesta: uno sforzo di trazione isometrica con i due angoli considerati non è
99
frequente né nella quotidianità né nello sport. Per tali ragioni possiamo ipotizzare che il
reclutamento muscolare non sia differente tra i due arti
3) Oltre alla forza massima nella trazione, PGD e MAAT mostrarono una buona capacità
discriminativa nel valutare i meccanismi di controllo della forza e della fatica muscolare.
La precisione nel generare i livelli di forza richiesti (25%, 50%, 75% della forza massima
volontaria) è stata riscontrata essere inversamente proporzionale alla % di forza massima,
come previsto dalla legge di Weber, è stata più alta in presenza di feedback visivo e, infine,
è decresciuta nell’ultima parte dello sforzo di trazione (probabilmente per l’effetto fatica
muscolare). Tale ultimo dato è maggiormente osservabile al 75% della MVC piuttosto che
al 50% ed al 25% in quanto la durata del singolo test è breve (15 secondi).
4) Sia nei valori forza massima che in quelli di precisione, come prevedibile, è stato
osservato un miglioramento da parte di tutti i soggetti, dopo le otto settimane di
allenamento. PGD e MAAT sono stati in grado di cogliere e quantificare tale
miglioramento.
Per quanto concerne la validazione del protocollo Fitnext® è stata scelta la Risonanza
Magnetica come esame diagnostico di confronto per le sue caratteristiche di affidabilità,
non invasività e relativa rapidità.
Il protocollo Fitnext® è stato testato tramite uno studio trasversale su 33 soggetti di
differenti età e sesso e tramite lo studio longitudinale sui medesimi 17 soggetti
precedentemente esposto per la validazione della facility PGD + MAAT.
Ancora una volta alcuni dati meritano specifici commenti:
1) Il metodo Fitnext, ha presentato una correlazione (r2) con la MRI di 0,83 nei dati dello
studio trasversale (effettuato su 33 soggetti) e di 0,87 in quelli dello studio longitudinale
(effettuato su 17 soggetti): entrambe le correlazioni sono alte ed evidenziano la presenza di
una buona correlazione tra le due metodiche di valutazione.
2) Successivamente alle 8 settimane di allenamento i soggetti hanno presentato un aumento
di massa muscolare del braccio: tale incremento è stato leggermente sovrastimato dalla
metodica Fitnext rispetto alla MRI con un errore del 6,7% (che tuttavia non è risultato
statisticamente significativo). L’errore di valutazione da parte della metodica Fitnext si è
rivelato essere direttamente proporzionale alla quantità di massa massa muscolare
analizzata. Tuttavia, dopo le missioni spaziali, a causa della microgravità, gli astronauti
100
riportano dei cambiamenti nella composizione corporea ma tali cambiamenti sono
principalmente l’atrofia muscolare e la perdita di massa ossea (soprattutto nei voli spaziali
di lunga durata): esattamente l’opposto di quanto accaduto dopo le otto settimane di
allenamento della forza. Quindi è ragionevole attendersi un aumento della precisione della
metodica Fitnext in un ipotetico studio di validazione longitudinale in volo o in uno studio
di validazione longitudinale a terra in cui i soggetti invece di allenarsi per 8 settimane
3) Infine è importante inserire una nota di cautela riguardo all’uso del metodo Fitnext per
stimare la massa muscolare dell’arto superiore durante i voli spaziali in quanto l’assenza di
gravità potrebbe alterare la validità di tale metodica a causa dello shift dei fluidi corporei in
direzione cefalica conseguenti all’adattamento del corpo a tali condizioni.
101
7. CONCLUSIONI
A causa del prolungamento della permanenza in condizioni di microgravità degli astronauti
e la prospettiva di voli spaziali di lunga o lunghissima durata (viaggio Terra-Marte ad
esempio), le sperimentazioni nel campo della fisiologia umana nello spazio stanno
assumendo crescente importanza. In particolare la valutazione strutturale e funzionale
dell’arto superiore richiede particolare attenzione per varie ragioni: l'arto superiore è il
principale mezzo di stabilizzazione posturale e locomozione per i soggetti che vivono in
microgravità; la perdita di forza a livello distale nell’arto superiore può assumere un
significato importante, sia nelle attività veicolari sia per quanto riguarda le attività
extraveicolari (EVA); ed infine gli astronauti possono essere a rischio di lesioni al cingolo
scapolo-omerale durante viaggi di lunga durata a causa dell’atrofia e della diminuzione di
forza della cuffia dei rotatori.
I risultati del lavoro di ricerca esposto in questa tesi, presi nella loro globalità, supportano
la validazione dell’affidabilità
- della facility PGD (Pullgrip Dynamometer) e del rispettivo protocollo di utilizzo MAAT
(Methods for Astronaut Arm Testing) e
- del protocollo Fitnext®
nella capacità di indagare in maniera non invasiva tutti i cambiamenti di forza e di massa
muscolare che potranno avvenire durante la permanenza in microgravità.
L’obiettivo finale ovviamente era e rimane (dopo la validazione effettuata a terra) l’utilizzo
della facility sulla ISS per identificare e quantificare le modifiche della muscolatura del
distretto prossimale dell’arto superiore al fine poi di proporre adeguate e specifiche
contromisure.
- 1 -
Implementation and ground validation of a facility for functional and structural analysis of proximal upper limb muscles in microgravity
Francesco Pacelli (1), Antonio Paoli (1), Valfredo Zolesi (2), Aleandro Norfini (2), Alessandro Donati (2), Carlo Reggiani (1)
University of Padua, Department of Anatomy and Physiology, Padua (1) Kayser Italia Srl, Italy (2)
Abstract The study of the activity of the proximal muscles of the upper limb and in particular of muscles acting on the gleno-humeral joint in microgravity condition has a special interest because: 1. The upper limbs play a major role in posture and locomotion for the subject living in the space station; 2. Muscle fatigue may have a significant effect on the hand and upper limb, for the ordinary work on board and in particular for the extra-vehicular activities (EVA); 3. Crewmembers may be at risk of shoulder injury during space walks because of decreasing muscle and tendon mass during long-duration space-flight. In this study a facility was developed to follow the changes in mass and force of proximal upper limb muscles. The facility is composed of a dynamometer, composed of an handle connected to a load cell, indicated as Pullgrip Dynamometer (PGD), and a specific software able to record force measurements and to drive the testing procedure (indicated as MAAT protocol). PGD was designed in a way to be easily mounted on the inner wall of the ISS. The results obtained in the testing session demonstrated that PGD and MAAT can reliably: 1. Discriminate between subjects in relation to the level of muscle strength develop in a pull effort applied on the PGD; 2. provide data for correlation between force and muscle size; 3. Evaluate the weight of the proprioceptive feedback in comparison with visual feedback to determine precision of force generation; 4. Evaluate muscle fatigue. The validation of the facility based on PGD and MAAT provides support to the plans to utilize them in experimental studies on alteration of proximal upper limb muscles on board of the International Space Station (ISS).
The unloading of human muscles in microgravity during space flight is known to produce significant alterations in skeletal muscle structure and function [1]. Hind limb muscles with a defined postural role such as knee extensors and ankle plantar flexors are virtually completely unloaded in microgravity and it is not surprising that they undergo to significant loss in strength and size during space flight. The alterations of hind limb muscles after a period in microgravity or after ground based simulations of weightlessness (such as bed rest and unilateral lower limb suspension) have been the target of several studies [3,7,8]. There is however evidence that upper limb muscles also undergo to decrease in mass and strength after space flight [14,15]. The issue of microgravity adaptations of upper limb muscles is made complex by two specific reasons:
1. They are less involved in postural activity in normal gravity and therefore less severe effects of microgravity can be expected;
2. The upper limb muscles plays a major role in posture and locomotion during space flights as hands and arms are used to move and stabilize the body inside the space station as well as in extra-vehicular activities (EVA).
The contrast between disuse and atrophy on the one hand and intensive use for posture and locomotion on the other hand can determine significant muscle fatigue reducing the performance of the hand and upper limb during ordinary work on board and even more in extra-vehicular activity (EVA) and can increase the risk of shoulder injury during space flight for crewmembers [2].
Age-related differences in unloading-induced muscle disuse in mice Basic Applied Myology 19 (2): xx-yy, 2009
- 2 -
To our best knowledge only two studies have examined the upper limb functional impairment after space flight in humans [14,15] and in the latter only the distal portion has been carefully studied. Two distinct models have been employed to provide further data on the effect of disuse and unloading on upper limb muscles: the triceps and the biceps of a primate, Macacus Rhesus, exposed to two weeks of microgravity during a space flight [5,10,12] and the triceps of volunteers where simulated weightlessness has been obtained by wearing a sling or with a cast [6,9,11,13]. A reduction of contractile force both in handgrip and in elbow extension was consistently observed after few weeks of space flight [14,15] or arm disuse and immobilization [6]. By contrast, no decrease in performance has been observed after prolonged bed rest [3,8]. At muscle fibre level, studies on simulated weightlessness obtained with sling or plaster cast have demonstrated reduction in cross sectional area of slow and fast fibres [9,13]. A shift towards an increase in fast myosin isoform expression has been also observed [13], while the prolongation of the CrP recovery time and the increased fatiguability have suggested a shift towards a more glycolytic phenotype [11].
The muscle impairment in the upper limb is not only relevant for the performance but it is also important because the stability of the shoulder or gleno-humeral joint relies essentially upon muscle activity. In particular, rotator cuff muscles function to stabilize dynamically the spherical humeral head in the shallow glenoid fossa. Impairment of the rotator cuff muscles lead to shoulder instability and pain. Decreases in muscle and tendon mass due to microgravity combined with heavy loading during EVA raises the likelihood of shoulder injury and shoulder pain is common complain for astronauts [2]. In this frame, specific training to obtain high quality ultrasonography of the shoulder has been given to the crewmembers of the ISS, where a facility to collect ultrasonic images and transmit in real-time to remote experienced sonologists in Telescience Center at Johnson Space Center is now available [2].
In this study, we aimed to implement a facility which allows the evaluation of the loss of strength and mass of the upper limb proximal muscles in microgravity. The facility is a development of the HPA system already present on the ISS and has been designed to be fully compatible with the ISS requirements. The facility is composed by a dynamometer, called pullgrip (PG), and a specifically designed software which drives the muscle testing. The following criteria have guided the development of the facility:
1. Non invasive testing of the proximal upper limb muscles;
2. user-friendly software;
3. close reference to the to the conditions in which shoulder muscles are utilized in microgravity;
4. short duration for assembling/tests performance/dismantling the system (total time 15 minutes);
5. ability to identify changes in strength, in nervous control of muscle force (proprioceptive control), in muscle fatigue.
Materials and Methods
Subjects
In ground simulation tests, the PGD hardware and software and the MAAT protocol were tested on 40 young and healthy volunteers (age, 25±2,02 years; body mass 71,7±16,3 kg; height 174,8±9,71 cm). In an initial interview each respondent was provided all details about the test protocol. All subjects gave their informed consent and the study was approved by the Ethical Commission of the Department. After providing informed consent, the participant was interviewed regarding his or her health status. A modified version of the Health Status Questionnaire [4] was used as a screening tool. Respondents provided informed consent to participate in the study and were screened for the presence of diseases or conditions that would place them at high risk for adverse responses to exercise [4]. Exclusion criteria for the study included recent upper-body injury and poorly controlled hypertension. The groups trained/untrained differed in number of training sessions/week attended: subjects who performed more than four hours of physical activity a week were considered as “trained”. After this assigning criterion, participants were equally divided in 4 groups: 1. 10 trained men (TM); 2. 10 trained women (TW); 3. 10 untrained men (UM); 4. 10 untrained women (UW).
Pullgrip Dynamometer (PGD)
In collaboration with the team of Kayser srl a new tool for testing the function of the gleno-humeral joint on the ISS, whose name is Pull Grip Dynamometer (PGD), was designed and assembled (figure. 1). The tool is based on a dynanometer shaped as a handle, designed to be easily fixed to and removed from the wall of the IIS, connected to a computer where a specific software records force measurements and drives the testing procedure. The PGD handle is mechanically connected to a load cell. A hinged joint allows alignment of force direction with the load cell axis to perform a proper measurement of the pull force. Exploiting previous experience of HPA facility, a testing protocol called MAAT (Methods for Astronaut Arm Testing) was implemented.
Age-related differences in unloading-induced muscle disuse in mice Basic Applied Myology 19 (2): xx-yy, 2009
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% MVC ANGLE
HAND
VFb
noVFb
VFb REST
100% MVC 90° R 5” 55"
100% MVC 90° L 5” 55"
75% MVC 90° R 5” 5” 5” 30”
75% MVC 90° R 5” 5” 5” 30”
50% MVC 90° R 5” 5” 5” 30”
50% MVC 90° R 5” 5” 5” 30”
25% MVC 90° R 5” 5” 5” 30”
25% MVC 90° R 5” 5” 5” 30”
100% MVC 135° R 5” 55”
100% MVC 135° L 5” 55”
75% MVC 135° L 5” 5” 5” 30”
75% MVC 135° L 5” 5” 5” 30”
50% MVC 135° L 5” 5” 5” 30”
50% MVC 135° L 5” 5” 5” 30”
25% MVC 135° L 5” 5” 5” 30”
25% MVC 135° L 5” 5” 5” 30”
Total time 15’
Table 1. MAAT protocol: sequence of pull efforts and rest pauses. MVC, maximal voluntary contraction,
Vfb, period with visual feedback, noVfb, period without visual feedback, REST, rest pause period
Methods for Astronaut Arm Testing (MAAT) testing protocol
The first steps in designing MAAT protocol were the choice of the gesture to be performed with muscles of the proximal upper limbs and of the body position at which the gesture had to be performed; The choice was based on two sets of data: 1) posture and locomotion inside and outside the ISS are generally based on upper limb push and pull, 2) video analysis shows that, during locomotion in the ISS, astronauts mostly perform pull-efforts with a trunk’s inclination between 130-150°, while during EVA the angle between trunk and humerus is approximately 90°.
Therefore the chosen action to evaluate the “loss of strength in upper limb muscles” was a pull effort performed in two different positions: 1. astronaut’s body in parallel with the ISS wall and the pull effort performed with an angle of 90° between trunk and humerus (figure 2A); 2. astronaut’s body inclined approximately 45° relative to the ISS wall and the pull
effort performed with an angle of 130°-150° between trunk and humerus (figure 2B).
During tests, PGD was mounted on an handrail and subjects were either standing up or laying prone on an inclined bench to simulate the zero gravity condition of EVA (90°) or locomotion (135°).
Each tester performed “MAAT” protocol (Table 1), with a pre-defined sequence of isometric pulling efforts at 75%, 50% and 25% of maximal force in the two positions above described with periods with visual feedback and periods without and short rest pauses (figure 3).
Muscle mass determination
Before tests with PGD, in each subject the percentage of free fat mass in the dominant upper limb was assessed by skinfold measurement using Fitnext® (Montecchio Maggiore; Vicenza, Italy) software. The software utilizes 2 skinfolds (triceps, biceps), 2 bone circumferences (arm, forearm), 2 bone diameters (elbow, wrist) measurements. The determination of
Age-related differences in unloading-induced muscle disuse in mice Basic Applied Myology 19 (2): xx-yy, 2009
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Testers N° Age Height (cm)
Weight (kg)
Trained women (TW) 10 23,2±4,5 170,9±6,2‡ 63,2±8,3‡
Untrained women (UW) 10 23,9±3,3 163,6±7,8 54,4±5,7
Trained men (TM) 10 25,1±3,1 186,1±5,4* #
|| 91,5±8,3* # ||
Untrained men (UM) 10 27,8±6,8 178,6±5,4†§ 77,8±6,7†§
Table 2. Mean values and SD in testers’ age (years), height (cm), weight (kg). Height: ‡TW > UW (p<0.05); *TM > UW (p<0.001); #TM > TW (p<0.001); ||TM > UM (p<0.05); †UM > UW (p<0.001); § UM > TW (p<0.05). Weight: ‡TW > UW (p<0.05); *TM > UW (p<0.001); #TM > TW (p<0.001); ||TM > UM (p<0.001); †UM > UW (p<0.001); § UM > TW (p<0.001).
Fig. 1 Pullgrip Dynamometer, Software and Handle
with load cell.
Fig. 2 Schematic drawings of pulling efforts at: A.
90°, B. 135° angle trunk-humerus.
muscle mass in proximal part of upper limb, based on anthropometric measurements, was validated with NMR measurements in 15 subjects.
Statistical analysis
One-way multivariate analysis of variance (ANOVA) was used to compare scores across all groups. Whenever significant differences in values occurred, multiple comparisons tests (aimed to determining where significant differences occur between pairs of groups) were performed using a post-hoc Tukey-Kramer test, considered the most powerful method for all pairwise comparisons. Alpha significance level was set at 5% (and was adjusted for multiple comparisons). Pearson's correlation coefficient was used to compare maximal force with upper limb free fat mass.
Results All the 40 respondents passed the screening and
elected to continue with the study. Therefore, the data presented below come from 40 subjects equally distributed among the four groups (UW N 10; TW N 10; UM N 10; TM N 10). Variance analysis revealed inter-group differences in height and weight before the PGD test. As can be seen in Table 2, TM subjects were significantly heavier compared to the other three groups (p<0.001); minor but significant diversity was detectable in height intra the same gender-group (p<0.05) and in weight between TW and UW (p<0.05).
Forces developed by the testers in pulling on PGD with maximal voluntary contractions are shown in Figure 4 with the testers divided as described above in four groups with specific gender, training level and
Age-related differences in unloading-induced muscle disuse in mice Basic Applied Myology 19 (2): xx-yy, 2009
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Fig. 3 PGD software display. The three phases of the pull effort can be clearly seen, together with their duration and the line which is offered as a reference to control pulling strength. Fmax is the force developed in MVC, maximal voluntary contraction, Vfb, period with visual feedback, noVfb, period without visual feedback, REST, rest pause period
anthropometric parameters. Figure 4-A shows the average values of force developed in maximal voluntary contraction at an angle of 90° between trunk-humerus by the subjects divided in four groups: trained women (TW), untrained women (UW), trained men (TM), untrained men (UM). As can be seen tension developed by male subjects (580,3±35,4 N) was significantly greater (p<0.001) than tension developed by female subjects (306,9±50,2 N), whereas a minor diversity was detectable also between trained and untrained subjects. The difference between the four groups reached statistical significance for TM compared UW and TW (p<0.001) and for UM compared to UW and TW (p<0.001). Figure 4-B shows the average values of force developed in maximal contractions at an angle of 135° between trunk-humerus by the four groups. As observed at 90°, tension developed by male subjects (651,6±33,7 N) was significantly greater (p<0.001) than tension developed by female subjects (373,2±72,9 N) and the difference between the four groups reached statistical significance for TM compared UW and TW (p<0.001) and for UM compared to UW and TW (p<0.001); additionally can be seen a minor but significant difference for TW compared to UW (p<0.05).
The direct comparison between the pulling efforts at the angle of 90° and 135° is shown in Figure 4C-D. Figure 4-C shows the average values of force developed in maximal contractions by male subjects at the two different angles between trunk and humerus. Tension developed at 135° angle was higher than at 90°, however the only statistical significant difference can be observed between TM at 135° and UM at 90°
(p<0.01). Finally Figure 4-D shows the average values of force developed in maximal contractions by female subjects at the two different angles between trunk and humerus. Major diversities were detectable compared to Men groups: statistical significant difference can be observed between TW at 135° both UW at 90° and 135°.
Figure 5 shows the lack of differences of force developed in maximal contraction between dominant (d) and contralateral (cl) upper limb intra trained subjects (T) and untrained subjects (UT), gender and angles of pulling being pooled together. As expected, statistical significant differences can be seen in Td compared to Ud and Ucl (p<0.001) and in Tcl compared Ud and Ucl (p<0.01).
The results of the determination of free fat mass of the proximal part of upper limb is shown in Figure 6. As can be seen in Figure 6A, dominant upper limb muscle mass was significantly greater in TM compared to UW, TW (p<0.001) and UM (p<0.05). Also in UM was significantly higher than UW and TW (p<0.001), whereas there was no significant difference between UW and TW.
When maximal force and free fat mass were compared in individual subjects, a high correlation (r2=0.62, n=40, p<0.0001) was found. Figure 3B shows the correlation between maximal contraction developed in pulling efforts at PGD and dominant upper limb’s muscle mass (obtained by Fitnext protocol).
Figure 7 shows the relevance of feedback control in maintaining the required level of force during a submaximal efforts in the presence (periods between
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TW UW TM UM0
250
500
750
*
# ||
† §
Fmax
(N
), 1
35°
TW 90 TW 135 UW 90 UW 1350
100
200
300
400
500 * #
W,
Fm
ax (
N)
TM 90 TM 135 UM 90 UM 1350
250
500
750 *
M, F
max
(N
)
TW UW TM UM0
250
500
750* #
† ||
Fmax
(N
), 9
0°
B
C
D
AFig. 4 Mean values and SD of force (Fmax) developed
in Maximal Voluntary Contraction during isometric pulling effort at PGD in Trained Women (TW), Untrained Women (UW), Trained Men (TM) and Untrained Women (UW). Variance analysis and post-hoc tests revealed the following statistical differences:
A at an angle of 90° trunk-humerus: TW 350,6±119,4; UW 264,4±52,1; TM 618,5±114,96; UM 537,6±99,1.
C in Men (M) groups at different angles trunk-humerus of pulling effort: TM 90° 618,5±114,96; TM 135° 693,4±63,8; UM 90° 537,6±99,1; UM 135° 611,4±86,8.
*TM 135° > UM 90° (p<0.01). D in Women (W) groups at different angles trunk-
the third and the fifth second, between the tenth and the fifteenth second, see also figure 3) or in absence of Visual Feedback (period between the fifh and the tenth second). The parameter ∆ Force (Expected Force – Recorded Force) was used to score the level of precision. In the example shown in figure 7, the pull effort was performed at 75% maximal contraction with an angle of 135° between trunk and humerus. Subjects’ precision resulted inversely proportional to % of
maximal force required (as expected by Weber’s rule, not shown), was higher in presence of visual feedback, and, finally, decreased in the final part of the pulling effort (likelihood caused by fatigue effect). In particular in women groups, UW5-10 was significantly less precise than UW3-5 (p<0.01) and TW5-10 was significantly less precise than TW3-5 (p<0.01) and TW10-15 (p<0.05). In men groups, statistical significant difference can be observed in UM5-10 compared to UM3-5 (p<0.01) and UM10-15 (p<0.05); finally TM5-10 was significantly less precise than TM3-5 (p<0.01) and TM10-15 (p<0.05). No significant differences were found in statistical analysis intergroup neither in 3-5” nor in 10-15” nor in 10-15” range.
Discussion With the prolongation of the stays in zero gravity
conditions and the perspective of long duration space flight (Earth-Mars, for example) the functional and structural evaluation of the proximal muscles of the upper limb and in particular of muscles acting on the gleno-humeral joint in microgravity conditions has achieved an increasing relevance. This is due to several reasons: upper limbs play a major role in posture and locomotion for the astronauts living in the space station; muscle fatigue may have a significant effect on hand and upper limb muscles, in the ordinary work on
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TW UW TM UM0
10
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50
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70 * # ||
§ ‡
Dom
inan
t up
per
limb
mus
cle
sect
ion
area
(cm
2 )
A
B
0 25 50 75 1000
200
400
600
800
WM
Dominant upper limb
muscle section area (cm 2)
Fmax
(N
)
Fig. 6 Determination of muscle section area (cm2)
in proximal dominant upper limb and its relation with maximal force in pulling efforts. A Mean values and SD in dominant upper limb muscle section area (cm2) in Trained Women (TW), Untrained Women (UW), Trained Men (TM) and Untrained Women (UW) group: TW 34,7±7,3; UW 30,9±4,6; TM 64,8±9,3; UM 55,6±10,7. *TM > UW (p<0.001); # TM > TW (p<0.001); || TM > UM (p<0.05). § UM > UW (p<0.001); ‡UM > TW (p<0.001). B Correlation (r2=0.62, n=40, p<0.0001) between maximal contraction (Fmax) expressed in pulling efforts at PGD and dominant upper limb’s muscle mass (obtained by Fitnext protocol) in women (W) and men (M) groups (trained and untrained were pooled together).
board and even more in the extra-vehicular activities (EVA); and, finally, crewmembers may be at risk of shoulder injury during space walks because of sudden loading applied on muscles and tendons with reduced mass due to the long-duration space-fligth. On this ground, the present study was aimed to implement a facility which allows the functional and structural evaluation of muscles acting on the gleno-humeral joint in zero gravity conditions. The facility, derived from the HPA facility [6] already functioning on the ISS (International Space Station), was composed by a hardware, the dynamometer PGD, a software and a testing protocol, indicated as MAAT (Method for Astronaut Arm Testing)
The design of the facility was based on the attempt to avoid any invasive test, to minimize the distress to the astronauts for testing and to evaluate the shoulder muscles in conditions as much as possible similar to those experienced in everyday life on the ISS. Therefore video and film recorded on board of ISS were analysed to conclude that, during locomotion in the ISS, the shoulder muscles are employed mostly to perform pull-efforts with trunk’s inclination between 30° and 45°, while during EVA the angle between trunk and humerus is mostly 90°. Therefore the action chosen to evaluate the “loss of strength in upper limb muscles” was a pull effort performed in two different positions to simulate the zero gravity condition of EVA (angle of 90° between trunk and humerus 90°) or locomotion (angle of 120°-150° between trunk and humerus 135°). A suitable sequence of pulling efforts and rest pauses was designed and indicated with the acronym MAAT.
The PGD hardware, its software and the MAAT protocol were validated in a transversal study on 40 young and healthy volunteers equally divided in 4 groups: trained men, trained women, untrained men, untrained women.
The results showed that PGD and MAAT could reliably discriminate between subjects in relation to their levels of muscle strength. This was confirmed by the fact that significant differences expected on the basis of gender and training were detected and by the fact that in individual subjects the strength values were linearly and significantly correlated with the values of upper limb muscle mass. It is, thus, reasonable to predict that PGD and MAAT will be able to detect all changes in strength occurring in astronauts during their stay on ISS.
Two points deserve some comments: 1) A greater maximal force was generated by all the subjects at 135° angle conditions (514,9±168 N) than at 90° (443±171,8 N). The greater strength showed by testers in the laying position than in the standing position could be explained by a pre-lengthening of latissimus dorsi, deltoid (posterior head) and triceps brachii (long head). The differential activation of individual muscles in the
two positions was also checked with surface electromyography in a preliminary study. 2) No significant differences were found between dominant and contralateral upper limbs neither in trained nor in untrained groups. These surprising data could be explained by the specific feature of the action required: isometric pulling effort is not frequent in daily and is not a common sport action. For these reasons, we can hypothesize that neuromuscular recruitment was not different between the two upper limbs.
Fig. 5 Mean values and SD in maximal voluntary
contraction (Fmax) (N) developed during isometric pulling effort at PGD with dominant (d) and contralateral (cl) upper limb in trained (T) and untrained (U) groups.
Td 525,6±169,8; Ud 432±162,5; Tcl 506,7±169,5; Ucl 438,7±179,1. *Td > Ud (p<0.001); #Td > Ucl (p<0.001); ||Tcl > Ud (p<0.01); §Tcl > Ucl (p<0.01).
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UWTWUMTM
* †
||§‡
**Ω
135°
, 75
% F
max
,∆∆ ∆∆
For
ce (
N)
Fig. 7 Precision of the feedback force control during pulling efforts at 75% of maximal contraction (Fmax).
Means and SD of ∆ Force (= Expected Force – Recorded Force) (N) recorded in isometric pulling effort executed at 75% maximal contraction (with an angle of 135° trunk-humerus) during the three phases of the test: range between 3-5” (with visual feedback), 5-10” (without visual feedback), 10-15” (with visual feedback). Analysis of variance and post hoc tests showed that: UW3-5: 17,3±47,4; UW5-10: 39,5±50,7; UW10-15: 23,7±42,1. TW3-5: 24,6±23,8; TW5-10: 53,8±44,7; TW10-15: 33,1±25,2. UM3-5: 21,9±14,2; UM5-10: 41,7±29,9; UM10-15: 24,4±16,5. TM3-5: 24,6±23,8; TM5-10: 53,8±44,7; TM10-15: 33,1±25,2. ‡UW5-10 > UW3-5 (p<0.01). ** TW5-10 > TW3-5 (p<0.01); ΩTW5-10 > TW10-15 (p<0.05). ||UM5-10 > UM3-5 (p<0.01); §UM5-10 > UM10-15 (p<0.05). *TM5-10 > TM3-5 (p<0.01); †TM5-10 > TM10-15 (p<0.05).
Beside the maximal strength in pull effort, PGD and MAAT showed a good discriminative ability to evaluate strength control mechanism and muscle fatigue. The precision in generating given required levels of force (25%, 50%, 75% of MCV, strength in maximal voluntary contraction) was found to be inversely proportional to % of maximal force, as expected by Weber’s rule, was higher in presence of visual feedback, and, finally, it decreased in the final part of the pulling effort. At each given force level, the relevance of the proprioceptive feedback could be estimated as the increase of the ∆ force in the second phase of the pulling effort (5-10 s) compared to the first phase (3-5 s) where also the visual feedback was present. The decrease in precision observed in the final part of the pulling effort could be due to muscular fatigue effect. However, due to the short duration of the single test (15 seconds) this fatigue effect was detectable at 75% of MVC better than at 50% and 25% of MCV.
In conclusion, the results of this study, taken together, support the view that the facility based on PGD and MAAT is reliable and able to evaluate muscle strength and analyse muscle control in the proximal part of the upper limbs. Work can be done to further validate the facility on the ground such as, for example, a longitudinal study where the measurements
are repeated in the same subjects at subsequent times during a training or disuse period or a transversal study including subjects with pronounced structural and functional impairment of shoulder muscles. The final goal was and remains, after this validation study on the ground, the use of the facility on the ISS, to identify and quantify the alterations of proximal upper limb muscles and, based on this, to propose the required countermeasures.
Acknowledgements This study has been supported by ASI (Agenzia
Spaziale Italiana) with the grant WP 1B235.
Address Correspondence to: Prof. Carlo Reggiani, Department of Anatomy and
Physiology, University of Padova, Via Marzolo 3, I-35131 Padova, Italy.
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