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Abecedari su papiro, alfabeti latini
Tutte le lettere dellalfabetohanno un suono vivace e lietotranne
lacca che, come si sa,un suono proprio non ce lha.Ci sono lettere
importanti...Gianni rodari, B.P., vv. 1-5 (1981)
Lettere, sillabe, parole: avvicinarsi ad una lingua era (ed )
percorso graduale,tappe cui i maestri preparavano progressivamente
i propri allievi. Pueri e pusilli ve-nivano, infatti, educati
affinch apprendessero innanzitutto quegli elementa di cuidovevano
conoscere le forme prima ancora che i nomi1, e con cui
familiarizzavanoanche attraverso metodi dolci che potevano essere
crustula mulsi2 e giochini davo-rio o di legno in forma di lettera
che guidavano a fissarne strutture e nomi nella me-moria, magari
anche attraverso canzoncine3. Si tratta, del resto, di unimmagine
che,
476
1 Manil. 2, 755-756: ut rudibus pueris monstratur littera primum
/ per faciem nomenque suum, tum poniturusus; Quint. inst. 1, 1,
24-25: neque enim mihi illud saltem placet, quod fieri in plurimis
video, ut litterarumnomina et contextum prius quam formas parvoli
discant. Obstat hoc agnitioni earum, non intendentibus moxanimum ad
ipsos ductus dum antecedentem memoriam secuntur. Quae causa est
praecipientibus ut, etiam cumsatis adfixisse eas pueris recto illo
quo primum scribi solent contextu videntur, retro agant rursus et
varia per-mutatione turbent, donec litteras qui instituuntur facie
norint, non ordine: quapropter optime sicut hominumpariter et
habitus et nomina edocebuntur.
2 quello che Girolamo sostiene tra i suoi suggerimenti per
leducazione della piccola Pacatula (Hier. epist.128, 1: modo
litterularum elementa cognoscat, iungat syllabas, discat nomina,
verba consociet: atque ut vocetinnula ista meditetur, proponantur
ei crustula mulsi praemia, et quicquid gustu suave est), di cui si
aveva gianaloga notizia in Hor. sat. 1, 1, 24-26: (...) quamquam
ridentem dicere verum / quid vetat? ut pueris olim dantcrustula
blandi / doctores, elementa velint ut discere prima. Sulla
questione si confrontino H.I. Marrou, Storiadelleducazione
nellantichit (terza edizione traduzione di u. Massi), roma 1971,
361 e, pi recentemente,r. CrIbIore, Writing, Teachers and Students
in Graeco-Roman Egypt, atlanta 1997, 37-40ed ead., Gymnasticsof the
Mind, Princeton 2001, 164.
3 Sono dati che emergono dalla lettura della lettera che
Girolamo aveva indirizzato a Leta sulla formazionedella figlia:
Hier. epist. 104, 4: fiant ei litterae vel buxeae vel eburnae, et
suis nominibus appellentur. Ludat ineis, ut et lusu eius eruditio
sit. Et non solum ordinem teneat litterarum, ut memoria nominum in
canticumtranseat, sed ipse inter se crebro ordo turbetur; su queste
linee si confronti CrIbIore 2001, 165. daltra parte,che il canto
potesse avere una sua specifica efficacia pedagogica accertato dal
fatto che si tratta, insieme allefilastrocche, di uno strumento del
quale ancora oggi ci si avvale al livello dei gradini iniziali
della formazioneprimaria. Per i giochini a forma di lettere davorio
si confronti anche Quint. inst. 1, 1, 26: non excludo autem idquod
est notum irritandae ad discendum infantiae gratia, eburneas etiam
litterarum formas in lusum offerre,vel si quid aliud quo magis illa
aetas gaudeat inveniri potest quod tractare intueri nominare
iucundum est.
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vivida, viene posta sotto gli occhi dal quadro che i Colloquia
Monacensia-Einsi-dlensia ritraggono, catapultando il lettore in
classi in cui, sotto gli ordini del maestro,i piccolini, righello
alla mano4, si esercitano nellalfabeto e, solo
successivamente,nelle sillabe sotto la dettatura di uno degli
allievi pi grandi5; i discenti pi maturi,invece, sono alle prese
con le esercitazioni contenenti nomi, e poi commenti, listedi
parole, elementi di grammatica6: , daltro canto, la stessa
gradualit riflessa nellestrutturazioni delle Artes grammaticae
della Tarda antichit, che, nella pressochtotalit dei casi,
esordivano con un paragrafetto de litteris7.
attestazioni epigrafiche di alfabeti sono una significativa
espressione di questaprima tappa nel processo di apprendimento
della lingua latina8: sar sufficientepensare allalfabetario latino
graffito sul fondo di una coppa di bucchero dellacollezione dionigi
di Lanuvio, datata tra la seconda met del VI ed i primi decennidel
V secolo a.C., che presenta punti di contatto con lalfabeto degli
ernici e checostituisce la pi antica testimonianza di alfabeto
latino9, o ai numerosi alfabetilatini (ma anche greci ed osci) con
sequenze regolari delle lettere, o con giochiche prevedevano il
susseguirsi di prima ed ultima lettera, seconda e penultima, ecos
via, o anche con stringhe di una stessa lettera ricopiata pi volte,
evidente-mente per praticare con il suo tracciato che costellano le
mura dellantica Pom-
abecedari su papiro, alfabeti latini 477
4 e. dICkey, The Colloquia of the Hermeneumata Pseudodositheana,
oxford 2012, 105, 2h 6. Sulla prepa-razione di tavolette squadrate,
si confronti anche Quint. inst. 1, 1, 27: cum vero iam ductus sequi
coeperit, noninutile erit eos tabellae quam optime insculpi, ut per
illos velut sulcos ducatur stilus. Nam neque errabit que-madmodum
in ceris (continebitur enim utrimque marginibus neque extra
praescriptum egredi poterit) et celeriusac saepius sequendo certa
vestigia firmabit articulos neque egebit adiutorio manum suam manu
super impositaregentis.
5 dICkey 2012, 107, 2m 2-8: iubente magistro / surgunt / pusilli
/ , ad elementa / et syllabas / praebuit eis / unus de
maioribus.
6 Si veda dICkey 2012, 107, 2n-2p.7 Sar sufficiente, in questa
sede, riviare, a solo titolo esemplificativo, al modo in cui si
apre la sezione de
litteris della grammatica di Terenziano Mauro, C. GIGnoLo,
Terentiani Mauri De litteris, de syllabis, de metrisI,
Hildesheim-Zrich-new york 2002,11, 85-86: elementa rudes quae
pueros docent magistri / vocali quaedammemorant, consona quaedam.
Quanto allinsegnamento dei grammatici, un quadro aggiornato ed
esaustivo quello ritratto da M. de nonno, et interrogavit
Filocalus. Pratiche dellinsegnamento in aula del grammatico,in L.
deL CorSo-o. PeCere (curr.), Libri di scuola e pratiche didattiche.
DallAntichit al Rinascimento. Attidel Convegno Internazionale di
Studi (Cassino, 7-10 maggio 2008), 169-205.
8 ai testimoni epigrafici con alfabeti latini (ma anche venetici
ed etruschi) messi in parallelo con le altre ti-pologie
documentarie contenenti parimenti alfabeti (come i papiri greci)
puntata la complessa analisi di a.L.ProSdoCIMI, Insegnamento e
apprendimento della scrittura nellItalia antica, in M.
PandoLFInI-a.L. ProSdoCIMI(edd.), Alfabetari e insegnamento della
scrittura in Etruria e nellItalia antica, Firenze 1990, 155-301; si
trattadi un contributo in cui la dimensione epigrafica costituisce
semplicemente un punto di riferimento, tanto piche supporto
secondario quale prontuario mnemonico per un insegnamento gi
impartito e assimilato (189),per spingersi allelaborazione di pi
articolate formulazioni teoriche relativamente allinsegnamento e
allap-prendimento linguistico attraverso lalfabeto e ricostruzioni
pi specifiche delle evoluzioni linguistiche. unapi recente ed
interessante rassegna delle attestazioni epigrafiche italiche e
latine relative a sequenze alfabetiche anche in J. GorroCHaTeGuI,
Los alfabetos de Italia y el alfabeto latino, e J. GorroCHaTeGuI-C.
GarCa roMn,Apndice: imgenes y textos para la historia de los
alfabetos de Italia y del alfabeto latino, in J. barToLoM-M.C.
GonZLeZ-M. QuIJada (edd.), La escritura y el libro en la Antigedad,
Madrid 2004, 55-78 e 79-92.
9 L. aTTennI-d.F. MaraS, Materiali arcaici della collezione
Dionigi di Lanuvio ed il pi antico alfabetariolatino, Se 70, 2004,
61-79.
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pei, spesso ad una breve distanza dal suolo e segno che vennero
scritti da piccolidiscenti10.
In un contesto educativo bilingue o meglio, almeno bilingue, dal
momento cheal latino ed al greco si affiancavano il copto e le
lingue autoctone sono, invece, dacollocare gli alfabeti latini su
papiro11. evidentemente il fine degli alfabeti latini do-veva
essere differente, almeno in parte, da quelli greci su papiro di
cui si ha, al con-trario, una pi ricca testimonianza12: la maggior
parte degli alfabeti greci, infatti,sono piuttosto degli esercizi
di scrittura, funzionali allapprendimento del tracciatodelle
lettere, e molti di essi non sono altro che il susseguirsi della
stessa lettera del-lalfabeto (o di sillabe) ricopiata pi e pi
volte, talora da allievi ad imitazione delmaestro che scriveva
prima di loro; altri, invece, sono espressione
dellesercizioconsistente nel ricopiare lalfabeto prima nella sua
sequenza ordinaria e poi in quellainversa, in modo tale da
familiarizzare con il susseguirsi delle lettere, n mancano13 e
alfabeti completi seguiti da nomi di studenti, espressione che il
primoprodotto dellapprendimento delle lettere dellalfabeto fosse
proprio poter scrivereil proprio nome14. Se, dunque, per gli
alfabeti greci ci si trova dinanzi a grecofoniche apprendono a
scrivere la propria lingua, tutti quelli latini sono, invece,
segnodellapprendimento della scrittura e della lingua latina da
parte di allofoni (o meglio,grecofoni).
abecedari dalle pretese pi o meno formali, cinque sono i
testimoni su papiroche, datati tra la fine del I ed il V secolo
d.C., hanno trasmesso, in forme pi e meno
Maria Chiara Scappaticcio478
10 Gli alfabeti latini di Pompei sono raccolti in CIL IV
2514-2549; IV suppl. 5452-5473; 6904-6910. Si con-fronti e.
MaGaLdI, Le iscrizioni parietali pompeiane con particolare riguardo
al costume, napoli 1931, 128-130.
11 Sul contributo della papirologia alla conoscenza del sistema
educativo, ci si limita qui a rinviare agli studidi r. CrIbIore,
Education in Papyri, in r. baGnaLL (ed.), The Oxford Handbook of
Papyrology, oxford 2009,320-337, e di e. dICkey, The Greek and
Latin Languages in the Papyri, ibid., 149-169. non sar superfluo
sot-tolineare che, in linea con la definizione moderna di
papirologia, verranno tenuti in considerazione, per la
cir-coscrizione del campionario, frammenti su papiro, ma anche su
pergamena, tavolette ed ostraka.
12 utili al fine della raccolta di documenti su papiro di questo
tipo sono gli studi di G. ZaLaTeo, Papiri sco-lastici, aegyptus 41,
1961, 160-235; J. debuT, Les documents scolaires, ZPe 63, 1986,
251-278 e F.a.J.HooGendIJk, School Exercises on Wax Tablets, in .
LaLou (ed.), Les tablettes crire de lAntiquit lpoquemoderne. (Actes
du colloque international du CNRS, Paris, Institut de France, 10-11
octobre 1990), Turnhout1992, 159-161, bench si tratti di strumenti
che meritano un aggiornamento alla luce delle nuove acquisizionied
edizioni di papiri. in CrIbIore 1997, 37-40, per, che viene
tracciato un lucido e chiaro quadro dellatipologia e della funzione
degli alfabeti greci su papiro; si confronti anche ead. 2001,
164-169, nonch lormaidatato Marrou 1971, 208-209; 358-359 ed il pi
recente studio complessivo sui papiri di scuola di a. bLan-CHard,
Les papyrus scolaires: apprentissage de lcriture et ductus, in I.
andorLInI-G. baSTIanInI-M. Man-FredI-G. MenCI (edd.), Atti del XXII
Congresso Internazionale di papirologia (Firenze 23-29 agosto
1998), Fi-renze 2001, 121-136.
13 Sui disordinate sequenze di lettere dellalfabeto, spesso
senza senso, finalizzate al miglioramentodella pronuncia e/o della
copia da parte dei discenti , si veda J.L. FourneT, Au sujet du
plus ancien chalinosscolaire: chalinoi et vers alphabtiques grecs,
rPh 74, 2000, 61-82.
14 Si veda lesempio del P.Rainer Unterricht (MPer n.S. XVIII) 96
(inv. k 8562; Ldab 108774), datatoal VII secolo, e schedato in
CrIbIore 1997, 183 n 40: lo studente apakire, di seguito al suo
nome, ricopia leprime quattro lettere dellalfabeto greco due volte,
di cui la seconda nellordine inverso. Casi analoghi si hannoanche
per il latino: si vedano, ad esempio, i due O.Krok. inv. 688 e
O.Max. inv. 512 (entrambi pubblicati da J.L.FourneT, in H. CuVIGny
(d.), La route de Myos Hormos. Larme romaine dans le dsert Oriental
dgypteII, Le Caire 2003, 445).
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parziali a causa della loro frammentariet, lalfabeto latino, e
tra i sette alfabeti com-plessivi si distinguono tre tipologie: se,
infatti, da un lato due sono le ordinate se-quenze di lettere
esclusivamente latine, in tre alfabeti quelle latine vengono
affiancatedalle lettere greche corrispondenti, mentre sulle lettere
latine di due altri alfabeti sitrova ricopiato un tentativo di
trascrizione fonetica in scrittura greca. un solo alfabetoin lingua
latina in chiusura del codice papiraceo trasmesso dal P.Chester
Beattyinv. aC 1499, analogamente a quello del P.Ant. 1 dove, per,
di seguito alle ventitrlettere dellalfabeto latino ci sono gruppi
consonantici che traducono lettere di quellogreco e dittonghi;
questo alfabeto del P.Ant. 1, per, anticipato (oltre che da un
ul-teriore alfabeto di cui non ci sono che labili ed indistinte
tracce) da un altro in cuialle lettere latine sovrapposta la
trascrizione della loro pronuncia in caratteri greci,caso questo
che ha un parallelo tipologico nellalfabeto dellO.Max. inv. 356 ma
condifferenze strutturali a livello linguistico. I due alfabeti del
P.Oxy. X 1315, invece,sono latini, ma hanno ricopiate, sovrapposte
alle lettere, quelle greche corrispondenti,mentre nellO.Deir Rumi
inv. oea 314 si riscontra esattamente il contrario, dal mo-mento
che, sotto lalfabeto greco sono ricopiate (o non ricopiate) le
parallele letterelatine. a questi andranno sommati anche i due
alfabeti che, in lingua greca ma scrit-tura latina, sono trasmessi
dal P.Worp 1.
Indipendentemente dal grado di frammentariet dei testi, le
lettere alfabetizzatesono sempre ventitr15 e, nonostante la sua
presenza nel sistema alfabetico latinofin dalle origini e la sua
doppia natura siano state oggetto di dibattito16, sempre
documentata la z, cos come sempre lo la k, bench la sua utilit si
sia pole-mizzato17.
Le differenze tipologiche rintracciabili tra i nove alfabeti per
cinque papiri piuno permettono di ricostruire anche le possibili
finalit che questi dovevano avere:se, infatti, alcuni sono evidente
espressione di unattenzione puntata verso il lorotracciato18, altri
sono piuttosto rivolti alla comprensione della pronuncia delle
letteredellalfabeto latino. In questa prospettiva, infatti, i due
alfabeti con tentativo di tra-
abecedari su papiro, alfabeti latini 479
15 Sulla questione ci si limita a rinviare a F. deSbordeS, Ides
romaines sur lcriture, Lille 1990, 147-149,nonch a a. GarCea, Csar
et lalphabet: un fragment du de analogia (frg. 4 p. 148 Funaioli =
5 p. 179 s.Klotz), HeL 24, 2002, 147-164 e M.T. SbLendorIo CuGuSI,
Pompeo Grammatico, Cesare e le lettere dellal-fabeto latino,
bStudLat 33, 2003, 104-110.
16 Sulla questione, sar sufficiente rinviare alla polemica in
Terenzio Scauro (F. bIddau, Q. Terentii Scauride orthographia,
Hildesheim 2008, 33, 11-13) e alle osservazioni nella grammatica di
donato (L. HoLTZ, Donatet la tradition de lenseignement
grammatical, Paris 1981, 605, 4-5), nonch, con particolare
riferimento alladiscussione articolata in Velio Longo, al commento
di M. dI naPoLI, Velii Longi De orthographia, Hildesheim2011,
109-111.
17 Si confrontino Velio Longo (dI naPoLI 2011, 21, 5-19) e
Terenzio Scauro (bIddau 2008, 15, 11-14), non-ch le osservazioni di
deSbordeS 1990, 155-157; 176.
18 ai papiri che verranno pi analiticamente descritti di
seguito, bisogner anche aggiungere un caso piuttostosingolare,
quello del P.Rainer Unterricht (MPER N.S. 15) 183 (= P.Vindob. inv.
18082 = Ldab 6717), papirodatato al VII secolo e sul cui verso,
insieme a tracce di scrittura araba, si coglie la presenza di un
disordinato ri-petersi di una lettera latina verisimilmente una p,
piuttosto che una d come si ipotizzato nelledizione delframmento
talora sormontata da un trattino orizzontale. Trovare una lettera
ripetuta cosa non insolita se sipensa ai papiri greci, dal momento
che ricopiare pi volte una lettera era esercizio diffuso al fine
della memo-rizzazione del suo tracciato; nel frammento viennese,
per, lasistematicit della copia potrebbe indurre a
dubbirelativamente a come effettivamente il papiro possa essere
categorizzato.
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scrizione fonetica delle lettere, lO.Max. inv. 356 ed uno dei
due leggibili nel P.Ant.1, fanno da contraltare o forse, da
elemento complementare a quanto, benchscarso, si legge nelle
trattazioni grammaticali latine ed in sporadici riferimenti
let-terari: si tratta di un terreno pioneristicamente sondato da
arthur e. Gordon, conquegli strumenti che, tra il calare degli anni
Sessanta e gli inizi dei Settanta (il vo-lumetto uscir dalle stampe
californiane nel 1973), aveva a disposizione per sondarein questa
tipologia di fonti e tentare di comprendere come fossero
pronunciate lelettere latine19.
Per quanto talora questi testimoni frammentari possano essere
interpretati plu-rivocamente ed in uno di essi i due alfabeti
ricopiati sembrino rientrare in duecategorie differenti, i sei
papiri verranno presentati non in ordine cronologico,ma piuttosto
nel tentativo di distinguerne specifiche tipologie. Che fine del
pro-dotto scrittorio sia stato lapprendimento del tratteggio delle
lettere o piuttostoquello della pronuncia dei loro suoni, si tratta
di documenti che si allineano trale testimonianze su papiro
dellinsegnamento e dellapprendimento della gram-matica e della
lingua latina20. nel tentativo di raccolta e sistematizzazione
deglialfabeti latini su papiro21, ne verranno restituite sia una
trascrizione diplomatica,seguita da un apparato in cui emergono
peculiarit o dubbi paleografici22, siaunedizione critica, ad di
sotto della quale vengono registrate possibili divergenzerispetto
alle edizioni precedenti23.
Maria Chiara Scappaticcio480
19 a.e. Gordon, The Letter Names of the Latin Alphabet,
berkley-Los angeles-London 1973; sul quale sivedano le osservazioni
di V. PISanI, in Paideia 31,1976, 93-94 e 32, 1977, 162-164. Sulla
questione ci silimita anche a rinviare ai due contributi
significativi di W. SCHuLZe, Die lateinische Buchstabennamen, in
Sit-zungsberichte des preussischen Akademie der Wissenschaften,
berlin 1904, 760-785 (= Kleine Schriften, Gt-tingen 1933, 444-467)
e W. STreZeLeCkI, Die lateinischen Buchstabennamen und ihre
Geschicte, das altertum4, 1958, 24-32, nonch a a. deLLa CaSa,
Lalfabeto e la pronuncia del latino, in Introduzione allo studio
dellacultura classica II, Milano 1973, 363-379.
20 un quadro sulla questione viene presentato in Tra
canonizzazione della norma ed infrazione. Sondaggidai frammenti
grammaticali latini su papiro (I-VI d.C.), in Atti: Latin Vulgaire
Latin Tardif 2012 (in corso distampa).
21 I sei papiri in analisi sono tutti gi precedentemente editi
in riviste settoriali o collezioni papirologiche;metterli insieme e
confrontarne le particolarit ha come primario fine quello della
rivalutazione delle questionilinguistiche di cui sono testimoni.
Frequente il riferimento a database papirologici, dai quali si
ricaverannoulteriori dettagli: MP3,
http://promethee.philo.ulg.ac.be/cedopal/indexanglais.htm, e Ldab,
http://www.trisme-gistos.org/ldab/.
22 Fine della trascrizione diplomatica anche quello di mettere
sotto gli occhi la diversa grandezza dellelettere delle sequenze:
si pensi alle lettere greche poste sopra quelle latine del P.Oxy. X
1315 che sono sensibil-mente ridotte rispetto a queste ultime.
23 Sar chiaro che, in alcuni casi, la numerazione delle linee
differente rispetto a quella proposta nelle pre-cedenti edizioni,
ed in particolare da quella che, per i frammenti abbracciati dal
suo corpus, d Johannes kramer(J. kraMer, Glossaria bilingua altera
(C. Gloss. Biling. II), Mnchen-Leipzig 2001): per il P.Oxy. X 1315,
conluso convenzionale della nomenclatura di l. 1a, 2a, 3a, infatti,
si punta a mettere in evidenza i tempi (ricostruibilie nientaffatto
certi) in cui vennero sviluppate le sequenze, dal momento che
sembra verisimile che lapposizioneasistematica delle lettere greche
sia successiva rispetto alla trascrizione completa dei singoli
alfabeti latini.Questa convenzione viene ripresa anche nella
numerazione delle linee di O.Max. inv. 356 e P.Ant. 1, dove,
per,non da escludere che la copia della trascrizione fonetica in
greco sia contemporanea alla copia delle letterelatine.
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1. P.Chester Beatty inv. AC 1499: alfabeto latino a sigillare un
codice miscella-neoSul lato perfibrale del sedicesimo ed ultimo
foglio (dunque, sulla trentunesima
pagina) del P.Chester Beatty inv. aC 1499, un alfabeto latino in
onciale chiudeil codice miscellaneo24: lalfabeto, infatti,
rappresenta il punto di approdo diquesto composito manoscritto da
studio verisimilmente, tutti fogli da uno stessofascicolo, di
formato quasi quadrato (13,6 x 16,8 cm) e dai margini molto
stretti, in cui una prima sezione grammaticale, contenente
flessioni verbali in greco, seguita da un lessico bilingue
greco-latino alle epistole di Paolo e da un altroglossario
greco-latino contenente lemmi della sfera semantica del diritto.
Perquanto leditore stesso del codice papiraceo, alfons Wouters,
abbia illustrato ledifficolt nellidentificazione di possibili
convergenze di mani, in effetti, lusodella stessa tipologia di
inchiostro e le innegabili analogie tra le lettere latine equelle
greche contribuiscono in direzione dellipotesi che anche lalfabeto
latinodel fol. 16 sia opera dello stesso scriba che verg lintero
manoscritto, per quantocontraddistinto da una spiccata tendenza
calligrafica25. Lonciale in cui ricopiatolalfabeto latino databile,
in linea con il resto dei fogli del codice, alla fine delIV d.C.;
lalfabeto articolato lungo una sola linea, allinterno del quarto
supe-riore della pagina, che resta completamente vuota:
1 ]a b c d e f g h i k l m n o p q r s t u x y z
Questo del foglio di chiusura del P.Chester Beatty inv. aC 1499
, insieme alP.Ant. 1, uno dei due soli casi noti in cui lalfabeto
latino non sia accompagnato dauna trascrizione delle lettere
parallele dellalfabeto greco o dalla trascrizione delloro suono;
come nel solo alfabeto latino del P.Ant. 1, inoltre, innegabile la
spintacalligrafica che indurrebbe a credere che la sequenza fosse
ricopiata non tanto perapprendere la lingua latina quanto piuttosto
il tratteggio delle sue lettere.
2. O.Deir Rumi inv. OEA 314: un alfabeto greco con
traslitterazione in latinorinvenuto nel 1985 nella Valle delle
regine a Tebe (lattuale Luxor), nellarea
settentrionale della necropoli in prossimit della tomba del
principe ramses, unodei figli di ramsete III, a circa due metri a
sud del forte di et romana, e pubblicatosoltanto nel 1990, lO.Deir
Rumi inv. oea 31426 un coccio di terracotta rosa (7 x 6cm), rotto
nella sezione destra, sul quale sono ricopiati due alfabeti, il
primo greco
abecedari su papiro, alfabeti latini 481
24 MP3 2161.1 = Ldab 3030. del manoscritto, conservato alla
Chester Beatty Library dublinese, sono stateanalizzate le tavole e
le riproduzioni fotografiche digitali.
25 approfondita lanalisi di a. WouTerS, The Chester Beatty Codex
AC 1499. A Graeco-Latin Lexicon onthe Pauline Epistles and a Greek
Grammar, Leuven-Paris 1988, 16-17; 164-165.
26 MP3 2704.01 = Ldab 4519. notizie pi puntuali sul contesto di
rinvenimento vengono date allinternodelleditio princeps
dellostrakon in G. WaGner-C. LebLanC-G. LeCuyoT-a.M. LoyreTTe,
Documents grecsdcouverts dans la Valle des Reines, bIFao 90, 1990,
365-380, 367-368; 376 n 6 (si veda anche la tavolaXXVIII C); questa
edizione ripresa anche in SB XX 14351. attualmente, il documento
conservato nel ma-gazzino oea, nella Valle delle regine di Luxor
(Vdr n 58); ai fini della presente ricerca lostrakon
statoanalizzato a partire da tavole e da riproduzioni
fotografiche.
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ed il secondo, ad esso sottostante, in latino, in inchiostro
rosso ed evidentementefrutto delloperazione scrittoria di una
stessa mano.
Che alla seconda linea, quella latina, siano registrati salti
nellordinamento dellelettere motivo per il quale, a ragione, si
creduto che la copia dellalfabeto grecosia stata antecedente a
quella del latino, al punto che gli editori vi hanno colto
unalfabeto greco con un tentativo di trascrizione fonetica in
latino, tanto pi che lesattasequenza dellalfabeto latino non
rispettata: g viene ricopiata al di sotto di e alterzo posto
nellordine; z sotto , e dunque al sesto posto e non in ultima sede
comeci si aspetterebbe nellalfabeto latino; c sotto in ottava sede;
vuoti, invece, al disotto di e 27.
1 [a b G d e Z I C L. [
P
1 su ed gli editori hanno segnalato la presenza di apices28,
verisimilmente segni di accentoacuto che non sono individuabili
dalle riproduzioni fotografiche 2 restituisco D, differentemente
dal-leditio princeps dove dato
1 [a b g d e z i c l. [
p
C un dato, innanzitutto, da mettere in rilievo e che
contribuisce alla definizionedi una plausibile datazione del
frammento e alla circoscrizione dellampia forbicecronologica
proposta in sede di edizione, dal momento che si era parlato, in
modopi generale, di p. romaine29: dal pur limitato numero di
lettere dellalfabetolatino, alla l. 2, possibile constatare che
queste sono state eseguite secondo la ti-pologia dellonciale. Se,
infatti, per a, b, e, z ed i evidente che le lettere siano
staterealizzate secondo la norma grafica del greco, date le
stringenti analogie con quelledella linea precedente, di g, d, l
(alla l. 2) e p (alla l. 3) chiaro il tratteggio
propriodellonciale, motivo per il quale si pu ipotizzare che gli
alfabeti del frammento nonsiano stati realizzati prima che il
III-IV d.C. Inoltre, se alla l. 2 la disposizione dellelettere
latine tale da riflettere, in qualche modo, quelle del greco della
linea pre-cedente, non chiaro perch si trovi, alla l. 3, una p
isolata e collocata sotto (l. 1)e c (l. 2)30.
Che effettivamente quello dellO.Deir Rumi inv. oea 314 si debba
considerare,come hanno ritenuto gli editori, un tentativo di
trascrizione fonetica dellalfabetogreco in latino , per, una
ricostruzione che meriter di essere messa in discussionealla luce
di paralleli con altri papiri analoghi, cos come da mettere in
discussione
Maria Chiara Scappaticcio482
27 WaGner-LebLanC-LeCuyoT-LoyreTTe 1990, 376.28
WaGner-LebLanC-LeCuyoT-LoyreTTe 1990, 376.29
WaGner-LebLanC-LeCuyoT-LoyreTTe 1990, 376; analogamente si legge
nella schedina descrittiva della
base des donnes MP3, mentre in quella del Ldab si parla di I-IV
d.C.30 non da escludere che possa essersi trattato di un (rho) del
greco; necessario anche sottolineare che
si tratta dellunica lettera leggibile nel rigo e non ci sono
tracce di altre lettere ai lati.
-
sar anche la doppia etichetta utilizzata per questo documento,
dal momento che sene parlato come di alphabet et abcdaire31,
evidentemente identificando il primocon la linea greca ed il
secondo con quella latina. Se, infatti, abecedario qualsiasimanuale
che presenti alfabeti ai discenti, non da escludere che lalfabeto
grecocon traslitterazione in latino dellO.Deir Rumi inv. oea 314
sia di per s un abece-dario.
3. Due alfabeti latini con traslitterazione (parziale) in greco:
P.Oxy. X 1315al verso di un frammento di rotolo papiraceo di scarsa
qualit e particolar-
mente spesso sul quale rintracciabile anche unintervento di
kollesis, al cui recto verisimilmente frutto delloperazione
scrittoria della stessa mano32 attestatoun esametro virgiliano
(Aen. 4, 129 = 11, 1), i due del P.Oxy. X 1315 costituisconoun
esempio di alfabeto latino parzialmente affiancato dalla
trascrizione delle equi-valenti lettere dellalfabeto greco33. dalle
dimensioni piuttosto esigue (14,7 x 12,3cm), il frammento chiara
espressione dellambiente scolastico ossirinchita (doveindubbiamente
circol, ma dove non da escludere che sia stato anche,
proba-bilmente, confezionato): i due alfabeti, vergati con un
calamo dalla punta piuttostolarga e in inchiostro bruno
particolarmente scuro e tendente al nero, con la scrit-tura che
corre in direzione perfibrale, sono, il primo, in una grossa
maiuscola ca-pitale caratterizzata, per, da elementi della
minuscola34, ed, il secondo, in mi-nuscola indifferenziata35,
entrambi databili al V d.C. La ripetizione delleserciziofarebbe
presupporre che questa operazione sia il frutto della copia da un
modello,probabilmente espressione dei prodromi dellapprendimento
della scrittura e del-lalfabeto latino da parte di un grecofono,
che, naturalmente, aveva familiaritanche con la scrittura greca; in
questa direzione, infatti, punta non soltanto lamaggiore
disinvoltura del tratteggio delle lettere greche che accompagnano
quellelatine, ma anche il fatto che queste siano pi piccole ed
affiancate sporadicamenteallalfabeto latino. Il ricorso alla
traslitterazione delle lettere dellalfabeto latinoin greco,
infatti, non sistematico, n tantomeno identico nei due alfabeti;
inoltre,lincertezza del tratteggio potrebbe motivatamente essere
espressione di una manodi discente36.
abecedari su papiro, alfabeti latini 483
31 WaGner-LebLanC-LeCuyoT-LoyreTTe 1990, 368; 376.32 Si
confronti ChLA IV 234, 13.33 MP3 3013 = Ldab 4163. Il P.Oxy. X 1315
repertoriato anche allinterno di r. SeIder, Palographie
der lateinischen Papyri II,1, Stuttgart 1978, n32; ChLA IV 234 e
CLA Suppl. 234 e la pi recente edizionecommentata degli alfabeti
del verso quella di kraMer 2001, 40-44 n 2; per lesametro
virgiliano del recto eper ulteriori rinvii bibliografici, invece,
si veda M.C. SCaPPaTICCIo, Papyri Vergilianae. Lapporto della
Papi-rologia alla Storia della Tradizione virgiliana (I-VI d.C.),
Lige 2013, 125-127. del frammento stato effettuatoun esame
autoptico alla Cambridge University Library, dove attualmente il
papiro conservato con la segnaturaadd. Ms. 5902.
34 kraMer 2001, 41 ne parla come di una unelegante capitalis
rustica.35 P. radICIoTTI, Virgilio: le fonti di interesse
papirologico esaminate da un paleografo, Scripta 3, 2010,
91.36 In CLA Suppl. 1681, 4 si pensa a sequenze copiate by a
beginner copying his masters exemplar or
possibly by an aged teacher.
-
1a [1 ]b C d e F G h I [2 ]u X y Z
3a ]. 3 a b c d e f g h [i] k l m n o p r[3b q r[
1a di resta soltanto lestremit inferiore del tratto sinistro 2
il tratto inferiore di tagliato tra untratto obliquo che si spinge
in basso fino a toccare lestremit superiore dell della l. 3 3a
leg-germente spostato verso destra, forse non esattamente scritto
al di sopra di D per lallungamento deltratto verticale di questa37;
un tratto obliquo sembra attraversare e 3 di resta soltanto parte
deltratto verticale 3b non una croce denotante emendamento, ma una
38
1a [1 ]b c d e f g h i[2 ]u x y z
3a ] 3 a b c d e f g h[i] k l m n o p r[
3b q r[
4. P.Worp 1: alfabeto greco in scrittura latinaQuello del P.Worp
1 un caso in bilico39: si tratta di un frammento papiraceo
che, acquistato nel 1936 da Louis Th. Lefort per luniversit di
Lovanio ma andatodistrutto nel corso del bombardamento nella citt e
dellincendio della bibliotecauniversitaria nel 1940, stato edito, a
partire da una riproduzione fotografica su mi-crofilm, soltanto nel
2005 da Willy Clarysse e bruno rochette ed testimone di duealfabeti
greci in scrittura latina. nel frammento, di ridotte dimensioni ma
ben rifilatoalle estremit sinistra e destra (15,3 x 9 cm), la
scrittura corre in direzione transfibraleed ogni sequenza
alfabetica articolata in due linee, per un totale di quattro. Se
glieditori vi avevano letto inizialmente, in unottica
dichiaratamente pedagogica,lespressione di un processo elementare
di apprendimento delle lettere latine o sesi vuole, di iniziazione
ad esse da parte di un grecofono, stato soltanto alla lucedi una
successiva e pi attenta analisi paleografica delle sequenze che vi
si piuttostoidentificato un modello di calligrafia, nonch lo
spiccato interesse verso due differentitipologie scrittorie, nel
tentativo di creare un distinguo tra i due stili di cui
testi-mone40. Frutto delloperazione scrittoria di una stessa mano,
i due alfabeti sono ri-
Maria Chiara Scappaticcio484
37 In merito si confronti kraMer 2001, 43.38 Sulla questione si
veda gi kraMer 2001, 43.39 MP3 2704.06 = Ldab 9949; i contributi
sul P.Worp 1 sono recenti: primi risultati sul frammento sono
stati esposti in W. CLarySSe-b. roCHeTTe, Un alphabet grec en
caractres latins, aPF 51, 2005, 67-75,mentre un nuovo approccio
stato sperimentato in d. FeISSeL, Deux modles de cursive latine
dans lordre al-phabtique grec, in F.a.J. HooGendIJk-b.P. MuHS
(edd.), Sixty-Five Papyrological Texts Presented to Klaas A.Worp on
the Occasion of his 65th Birthday (P.L. Bat. 33), Leiden-boston
2008, 53-64.
40 Si tratta di unargomentazione sviluppata in FeISSeL 2008.
-
spettivamente in corsiva nuova ed antica, nella scrittura dei
documenti privati, daun lato, ed in quella dei documenti delle
cancellerie (e delle costituzioni) imperialie delle datazioni dei
verbali dei processi, dallaltro: si tratta di un documento
che,pertanto, non si pu immaginare se non inquadrato in un contesto
notarile del primoquarto del V secolo. Per quanto non in lingua
latina e con un fine eminentementecalligrafico, puntato
allapprendimento della scrittura piuttosto che della lingualatina,
il P.Worp 1 merita indubbiamente di essere messo in parallelo con i
casi notidi alfabeti latini per le cui lettere viene proposta una
trascrizione in lingua (e scrittura)greca:
1 + a b g d ez e th i c l m n x o p r s2 + t u f ch ps o3 + a b
g e zh th i c l m n x o p r s4 + t u f ch ps o
1 la croce iniziale ed il trattino orizzontale su E sono del
copista41 2 U in forma di V; il trattino oriz-zontale su O del
copista 3 nel gruppo TH, la T sembra essere stata (ma
immotivatamente) corretta ecancellata 4 U in forma di V; accanto
alla O finale c un puntino a mezza altezza42
1 + a b g d ez e thi c l m n x o p r s2 + t u f ch ps o3 + a b g
e zh th i c l m n x o p r s4 + t u f ch ps o
3 a Feissel g Clarysse-Rochette b Feissel d Clarysse-Rochette g
Feissel; litteram incertam scripseruntClarysse-Rochette c Feissel
cum superposita Clarysse-Rochette m Feissel m cum
superpositaClarysse-Rochette s Feissel s cum superposita
Clarysse-Rochette 4 f Feissel fi Clarysse-Rochettech Feissel chi
Clarysse-Rochette
Pi che le lettere che, tanto in greco come in latino, sono
riprodotte attraversoluso di un solo simbolo grafico e quelle che
risultano, sostanzialmente, omografeed omofone, da constatare la
modalit in cui vengono traslitterate consonanti doppie(in greco, ma
non in latino; dunque, tenute fuori /z e /x) e le aspirate: se e
ven-gono rispettivamente rese con th e ch (con evidente percezione
dellaspirata), viene traslitterato in f, probabilmente riflesso di
una specificit diatopica e diacronicadella percezione del latino
ph43; daltro canto, viene traslitterato in ps. Inoltre, da
sottolineare che il si trova traslitterato, in un alfabeto come
nellaltro, in c, perquanto lalfabeto latino conoscesse la lettera
k.
Superata lipotesi formulata nelleditio princeps del frammento
per cui i due al-fabeti sarebbero opera di due mani distinte ed il
primo avrebbe fatto da modello per
abecedari su papiro, alfabeti latini 485
41 In epoca bizantina collocare una croce in apertura dei testi
consuetudine spesso attestata: si vedano leosservazioni in merito
in CLarySSe-roCHeTTe 2005, 69.
42 Si tratta di un dato chiaro allanalisi della riproduzione
fotografica da microfilm e non messo in luce nin CLarySSe-roCHeTTe
2005 n in FeISSeL 2008; verificarne la veridicit sulloriginale
impossibile. Il segnoavrebbe potuto indicare la fine della
sequenza.
43 Per laspetto paleografico, si veda FeISSeL 2008, 59. In
effetti, allinterno della produzione latina (soprattuttopensando a
documenti della Tarda antichit) su papiro abbondante lattestazione
della confusione tra ph e f.
-
il secondo, ed accertato che la mano che ha copiato le quattro
linee stata la stessa,resterebbe ugualmente da capire se i due
alfabeti abbiano avuto una fonte comune.Indipendentemente dalla
diversit di tipi grafici che rappresentano, si potrebbe
in-travedere nelle due sequenze alfabetiche qualche differenza
sostanziale che potrebbeguidare a due modelli distinti (e non ad un
solo modello ricopiato in due scritturedifferenti dalla stessa
mano) o ad un modello in cui i due alfabeti avevano gi dif-ferenze
sostanziali: i punti nodali in questa prospettiva sono
rappresentati non tantodallassenza nel secondo alfabeto del /d
(unomissione occasionale, e verisimil-mente dovuta al processo di
copia44) quanto piuttosto dalla resa, da una parte, di ed e,
dallaltra, di ed . Se nel primo alfabeto, infatti, luso del
trattino oriz-zontale (laccentus longus) a distinguere le vocali
lunghe dalle brevi omografe (dun-que, /e vs /e; /o vs /o), nel
secondo, invece, ed non vengono differenziatee per luna e laltra
viene utilizzata la o, mentre per ed viene usata la
traslittera-zione rispettivamente in e ed h. apparentemente in
contraddizione con luso altri-menti fatto, evidente che il segno h
viene qui utilizzato sia per la traslitterazionedi consonanti
aspirate (denotando, appunto, laspirazione del suono
consonanticosecondo i parametri della lingua e della scrittura
latina) sia per quella di ; luso dih per traslitterare
abbondantemente documentato in testi in lingua greca ma inscrittura
latina45 e pu evidentemente essere messo in parallelo con la resa
dellh la-tina in nei due alfabeti del P.Oxy. X 1315.
In entrambi gli alfabeti del P.Oxy. X 1315, infatti, al di sopra
della latina h vienetrascritta una : si tratta di un dato
significativo puntato in direzione di una sviluppatasensibilit non
tanto verso la fonetica della lingua latina quanto piuttosto verso
lap-prendimento della scrittura, dal momento che in corrispondenza
dellaspirazione la-tina non viene posto qualcosa che ne trascriva
il suono ma quella lettera dellalfa-beto che meglio ne riproduce la
forma, analogamente a quanto avviene per e/, i/,k/ e l/ (nonch per
a/, b/, d / e z/ nellO.Deir Rumi inv. oea 314); in questomodo,
inoltre, livellando e ad , lattenzione alla forma piuttosto che al
suono escludela possibilit che la stessa lettera, in lingua latina,
possa avere due quantit distintee le viene riconosciuta soltanto
quella breve, analogamente a quanto si riscontranellO.Deir Rumi
inv. oea 314, dove sotto viene ricopiata una e, ma lo spaziosotto
resta vacuo. nel P.Oxy. X 1315, per, questa prospettiva non sembra
essereunivoca: nel secondo alfabeto, la c esattamente incorniciata
da e che ne rap-presenterebbero le due varianti del greco,
lasciando, cos, trasparire una mancatapercezione dellaspirazione;
in effetti, equivaleva al suono di c latino, ma non solo,dal
momento che sarebbe stata necessaria unaspirazione, come emerge
chiaramentedalla linea complementare allalfabeto latino in capitale
del P.Ant 1 (l. 7), dove cun chiarissimo ch, e dalle due sequenze
alfabetiche del P.Worp 1 dove, in un casocome nellaltro, si legge,
a traslitterare , ch. daltra parte viene, in entrambi glialfabeti
del P.Oxy. X 1315, utilizzata anche per traslitterare il latino k:
si tratta diunoccorrenza unica nei frammenti superstiti, dal
momento che sia nellO.Deir Rumi
Maria Chiara Scappaticcio486
44 Su questo punto si confronti FeISSeL 2008, 57.45 Si
confronti, in merito, FeISSeL 2008, 57.
-
inv. oea 314, sia nel P.Worp 1 il parallelismo piuttosto tra c e
, dal momentoche, nel primo caso, sotto il dellalfabeto greco viene
ricopiata la c latina mentre,nel secondo, il greco viene
traslitterato come c. Pressoch unanime anche la resadi g/, con la
sola eccezione del secondo dei due alfabeti del P.Oxy. X 1315,
doveal di sopra di g si riscontra un , probabilmente espressione di
una confusione tra isuoni /k/ e /g/ significativamente documentata
sia nella lingua latina che in quellagreca (ed in quella greca
degitto)46. nel secondo alfabeto del frammento, inoltre,non chiaro
perch sotto r la lettera venga ricopiata una seconda volta, mentre
q,omessa nella sequenza ordinata, viene ricopiata al di sotto,
quasi ad integrare lal-fabeto; non da escludere che sotto lalfabeto
mancante di q, dove si susseguono ped r (evidentemente sotto
linflusso del del greco: , ), sia stata ricopiata la
sequenzacorretta q, r.
Quanto a f /, si tratta di unequipollenza stabilita nei due
alfabeti del P.Oxy. X1315 ed in quelli del P.Worp 1, dove viene
traslitterato con f e non con ph, di cuisi ha attestazione alla
sola l. 7 del P.Ant. 1; questa equipollenza pu essere motivatanon
soltanto a partire dalla documentata confusione tra ph e f del
latino, soprattuttoad una determinata altezza cronologica, ma anche
pensando al fatto che un grecofononon percepiva la muta aspirata
come una consonante doppia. Questo scarto, delresto, emerge in modo
pi chiaro osservando la traslitterazione del P.Worp 1 dovele
consonanti doppie del greco sono rese sempre con due del latino,
con la sola ec-cezione di /z e /x.
In conclusione, dalla pur asistematica traslitterazione in greco
dellalfabeto latinonel P.Oxy. X 1315 e da quella frammentaria
dellO.Deir Rumi inv. oea 314 emergeun comune denominatore che
sembrerebbe materializzarsi nel P.Worp 1: lattenzionenon tanto al
suono delle lettere quanto piuttosto alla loro forma, con punti di
inter-ferenza motivabili alla luce degli elementi contrastivi tra
le due differenti lingue edimmaginando un grecofono alla prese con
lapprendimento della scrittura (primache della lingua)
latina47.
5. P.Ant. 1: due alfabeti latini, in un manuale di stenografia
grecaCome emerso in riferimento alla resa di ph/ e di ch/, il
P.Ant. 1 a restituire
una differente percezione linguistica del latino. Se la
consistenza dei frammenti delP.Chester Beatty inv. aC 1499 permette
di ricostruirne in modo sistematico il con-tenuto e lassetto della
materia miscellanea ma di scuola, la frammentariet concui pervenuto
il codice del P.Ant. 1, parimenti databile non prima che alla fine
delIV ma non oltre il V secolo, di impedimento ad un pi fondato
inquadramentodegli alfabeti che vi si leggono allinterno della
materia del manoscritto. Frutto degli
abecedari su papiro, alfabeti latini 487
46 Sulla questione, si vedano per il latino J. n. adaMS, The
Regional Diversification of Latin 200 b.C.-a.D.600, Cambridge 2007,
471-472 e per il greco dei papiri F.T. GIGnaC, A Grammar of the
Greek Papyri of theRoman and Byzantine Periods I. Phonology, Milano
1976, 76-80.
47 In questa prospettiva merita di essere messa in dubbio la
ricostruzione degli editori dellO.Deir Rumi inv.oea 314, i quali vi
avevano letto un tentativo di trascrizione fonetica del greco in
latino (WaGner-LebLanC-LeCuyoT-LoyreTTe 1990, 376: alphabet grec
avec tentative de trascription phontique en latine).
-
scavi ad antinoe della campagna del 1913-1914, il P.Ant. 148 un
bifoglio pressochintegro, costituito da due frammenti
(rispettivamente di 18,3 x 7,3 e 16,8 x 11,4 cm),da un codice dalle
dimensioni piuttosto notevoli49 che, verisimilmente,
contenevamateriale tachigrafico (in greco) e funzionale
allapprendimento della lingua latinada parte di grecofoni50. Se al
recto, infatti, ci sono sezioni di una tachigrafia greca(i ) che
presenta significativi punti di contatto con quella delP.Monts.
Roca 1 (inv. 166-178)51, al verso che si susseguono due (ma forse
tre) al-fabeti in lingua latina che si pensato poter costituire la
sezione introduttiva di unaparte del manuale contenente tachigrafia
latina52. I due alfabeti il primo in semion-ciale e con la
trascrizione in greco delle lettere latine ed il secondo in
capitale sonosu due frammenti dalla stessa pagina, tra i quali
merita di essere collocato un ulterioreframmento (il fr. 1b verso
di kramer, di 1,6 x 1,5 cm) sul quale si identificano trattidi
lettere che sembrerebbero costituire la sezione finale di un
ulteriore alfabeto postotra i due53.
+1a 1 a b c d e f g h i k2a 2 l m n o p q r s t. u3a [ ]3
]xy.[
4 ]. . [ ] [
Maria Chiara Scappaticcio488
48 MP3 3012 = Ldab 5832, cui si rimanda per ulteriori rinvii
bibliografici; dopo quella completa di H.J.M.MILne, Greek Shorthand
Manuals. Syllabary and Commentary, London 1934 (della quale si
trova unesatta ri-proposizione in CPL 58), lultima edizione del
papiro, limitatamente agli alfabeti latini, quella di kraMer2001,
33-39 n 1 che riprende molte delle letture proposte nel suo studio
da b.L. uLLMan, Two Latin Abecedariafrom Egypt, aJPh 56,1935,
147-148. Qualche discordanza nelle letture si riscontra nelle ChLA
IV 259. Suquesto papiro si vedano anche le sintetiche osservazioni
di Marrou 1971, 351 che, se non altro, ha il merito diavere incluso
il testo tra quelli testimoni di un ambiente didattico il cui fine
era linsegnamento della lingua la-tina.
49 allo stato attuale e dopo unoperazione di restauro dei due
frammenti, il papiro misura 36,6 cm di larghezza;il margine
superiore di 3,5 cm, mentre quello inferiore di almeno 3, quello
esterno di circa 3 cm e quellointerno oscilla tra gli 1,2 e 2,2 cm.
Le misure della pagina ricostruite gi da MILne 1934, 8 sono di 20,5
x 16cm, mentre in CLA Suppl. 1705 si parla di ca. 210 x 190 mm
(12).
50 Si legge in MILne 1934, 8: Antino Papyrus I, by far the most
important of the antino group, seems,when the volume was complete,
to have contained the complete Manual, both Syllabary and
Commentary, inaddition to other unsuspected material like the and
the Latin alphabet.
51 MP3 2752.1 = Ldab 552; si veda ledizione completa e
commentata curata da S. ToraLLar ToVar-k.a.WorP, To the Origins of
Greek Stenography (P.Monts. roca 1), barcelona 2006. Sul ruolo
dellinserimento deilatinismi nelle tachigrafie si vedano gli studi
di G. MenCI, Il commentario tachigrafico, in a.H.S.
eL-MoSaLLaMy(ed.), Proceedings of the XIXth International Congress
of Papyrology, Cairo 2-9 September 1989 II, Cairo 1992,451-465;
ead., Latinismi nei papiri tachigrafici, PapLup 9, 2000,
277-295.
52 Si veda MILne 1934, 9: the remaining leaves on the right-hand
side, thirty-eight at least, may thereforehave contained a Latin
shorthand manual, to which the alphabets formed the prelude.
53 Sul frammento, si confronti kraMer 2001, 36.
-
5 a b C d e. F G H I k L [. ]6 n o P Q r S T V X y Z[7 TH PH CH
PS ae oe[
La croce sopra la prima sequenza alfabetica dello scriba 1 la
distanza tra g ed h ridotta rispetto aquella abituale 5 delle prime
tre lettere restano soltanto le estremit inferiori; lo spazio che
precedec pi ampio che quello abituale54 6 di n resta soltanto
lestremit superiore dei due tratti verticali;u in forma di v 7 la o
piccolissima
1a 1 a b c d e f g h i k2a 2 l m n o p q r s t u3a [ ]3 ]x
y[z
4 ]. .[ ] [
5 a b c d e f g h i k l [m]6 n o p q r s t u x y z [7 th ph ch
ps ae oe [
3 [ z supplevi 5 c d e Milne Ullman Kramer [. ] d d ChLA IV 259
[m] supplevit Kramer 7 ph chUllman Kramer ch ch Milne ps Ullman
Kramer is Milne
Le seconda delle sequenze complete notevole per la sua grossa ed
ariosa capitalecalligrafica (il rigo alto circa 2 cm) e le
apicature ornamentali della maggior partedelle lettere: si tratta
di un tipo di scrittura significativamente documentata
nellaproduzione libraria della Tarda antichit55. La sequenza di
tutte le lettere dellalfa-beto, per, seguita da unulteriore linea
in cui riportata una serie di gruppi con-sonantici e vocalici: nel
momento in cui stese leditio princeps del P.Ant. 1, HerbertJ.M.
Milne non trov una spiegazione alla sequenza di questultima
linea56, ma sol-tanto un anno dopo berthold L. ullman pubblic una
breve nota in cui illustravache, in effetti, lultima linea non
rappresenta altro che linsieme di quelle quattroconsonanti del
greco che non hanno un equivalente esatto nellalfabeto latino
(dun-que, th/; ph/; ch/; ps/), per di pi disposte secondo lordine
alfabetico del greco,seguito a sua volta dai dittonghi ae
(equivalente al greco ) ed oe (equivalente al
abecedari su papiro, alfabeti latini 489
54 Sulla questione si vedano anche le osservazioni di kraMer
2001, 38.55 Paralleli scrittori vengono propostin in kraMer 2001,
35-36; in effetti, per quanto innegabili siano paral-
lelismi e punti di contatto con prodotti scrittori datati al I
d.C., si tratta di elementi piuttosto connaturati allastessa
tipologia scrittoria. La capitale, del resto, si mantiene pressoch
invariata anche secoli avanti proprioperch si configura come la
scrittura libraria per eccellenza: sar sufficiente pensare ai
P.Berol. ms. lat. quart.914 (MP3 2930 = LDAB 3876), P.Ant. I 30
(MP3 2952 = Ldab 4153) e P.Strasb. inv. lat. 2 (MP3 2935 =
Ldab4147), tutti databili non prima che al IV secolo. In
particolare, lalfabeto del P.Ant. 1, con la sua innegabilespinta
alla calligrafia, non manca di rivelare una certa artificiosit del
tratteggio.
56 MILne 1934, 70: the intention of the last line is
obscure.
-
greco )57. n nella proposizione di questi gruppi consonantici
della l. 7 emergonocontraddizioni di sorta con lalfabeto greco,
come nei P.Oxy. X 1315 (con la confu-sione c/- ed f/).
Quanto alla prima sequenza alfabetica, caratterizzata dalla
sovrapposizione allelettere dellalfabeto latino della loro
trascrizione fonetica attraverso luso della scrit-tura greca, sar
opportuno analizzarla in parallelo con lunico altro caso
analogo,quello, cio, dellO.Max. inv. 356: lalfabeto dellO.Max. inv.
356, datato tra la finedel I e gli inizi del II secolo, e quello
del P.Ant. 1, databile tra IV e V d.C., sonoespressione di due
differenti stadi dellevoluzione linguistica del latino.
6. O.Max. inv. 356: alfabeto e pronuncia del latinoProveniente
dal praesidium di Maximianon, lattuale al-Zarqa, in Giordania,
a
nordest di amman, grazie alle operazioni di scavo e ricognizione
dirette da HlneCuvigny, lO.Max. inv. 35658 soltanto uno dei circa
duemilaquattrocento ostrakarinvenuti tra Maximianon e krokodilo che
contribuiscono alla ricostruzione dellavita dei praesidia lungo la
carovaniera Coptos Myos Hormos che collegava questiporti al nilo e,
perci, a quella della presenza militare romana nel deserto
orientaleegiziano. Gli ostraka pervenuti sono soprattutto lettere
private ed ufficiali in linguagreca e raro luso delle lingue
semitiche; una cinquantina sono letterari (e paralet-terari) ed
espressione dellinsegnamento allinterno dei praesidia, n mancano
do-cumenti in lingua (e scrittura) latina, cos che stata
ricostruita una comunit lati-nofona del 3-4% di quella
alfabetizzata: gli ausiliari egiziani, insomma,
dovevanoeffettivamente essere victimes dune vritable schizophrnie
linguistique59. In que-sto contesto, lO.Max. inv. 356 (20,5 x 20,5
cm), databile tra la fine del I e gli inizidel II d.C., segno
dellapprendimento del latino da parte di grecofoni:
lostrakon,infatti, contiene un alfabeto latino o meglio sia in
lingua sia in scrittura latina frammentario, conservato a partire
dalla lettera g, al di sopra delle cui singole lettereviene
riportata la trascrizione del loro suono in caratteri greci:
1a ] . 1 ] G H I L M n o P Q r S T u X y Z
1a-1 luso asistematico di interpuncta da ascrivere alla stessa
mano che ha ricopiato il testo
1a ] 1 ] g h i l m n o p q r s t u x y z
Per quanto di dimensioni piuttosto consistenti, lostrakon
lacunoso e mancatutta la prima sezione della sequenza, ma, a
partire dalla g, al di sopra di ogni letteradellalfabeto latino
viene riportato un tentativo di trascrizione fonetica in
scrittura
Maria Chiara Scappaticcio490
57 Sulla questione di veda uLLMan 1935, le cui argomentazioni
vengono pi sinteticamente riprese dakraMer 2001, 38-39, dove viene
anche avanzata lipotesi che i due dittonghi superstiti sarebbero
stati seguitida au/ ed eu/ caduti in lacuna.
58 MP3 3012.01 = Ldab 10791; leditio princeps quella di J.L.
FourneT, in CuVIGny 2003, 445.59 J.L. FourneT, in CuVIGny 2003,
430.
-
greca, sistema questo sperimentato anche nel pi tardo alfabeto
del P.Ant. 1. In uncaso come nellaltro, la destinazione e la
funzione sembrano essere esattamente lestesse: si tratta di
strumenti indirizzati a grecofoni che, insieme alla forma
dellelettere, apprendono la fonetica e la pronuncia della lingua
latina attraverso un pa-rallelo o, se si vuole, un livellamento con
la propria lingua madre, probabilmentefrutto, parimenti,
delloperazione compilatoria di un grecofono. Sia nel casodellO.Max.
inv. 356 sia in quello del P.Ant. 1 non possibile stabilire i tempi
del-lalfabeto e della sua trascrizione fonetica, ma verisimile che
la loro copia sia statacontemporanea (probabilmente, il greco stato
ricopiato soltanto una volta terminatala trascrizione dellalfabeto
latino) e derivata da un antigrafo, a giudicare non soltantodalla
sistematicit della copia ma anche dal fatto che non si individua pi
che unasola mano che, in un caso come nellaltro, non di
principiante. Lalfabeto del P.Ant.1, del resto, va calato nel
contesto di un manuale di stenografia greco, dove gli al-fabeti
latini avrebbero potuto fare da preludio ad una sezione di
stenografia latina(per cui il manuale sarebbe stato bilingue
piuttosto che monolingue); si tratta, perci,di un prodotto
scrittorio frutto di un copista e destinato a chi apprendeva la
scritturatachigrafica senza, per, trascurare di mettere in luce
aspetti fonetici di una linguaaltra rispetto alla sua lingua madre.
Per lO.Max. inv. 356, invece, la mancanza dicontesto ed il fatto
che sullostrakon non trovi spazio altro che questo alfabeto in-duce
alla formulazione dellipotesi che si tratti di uno strumento
dellapprendimentodella lingua latina da parte di un grecofono:
prima di passare a flessioni nominali everbali, e prima ancora di
familiarizzare con gli auctores, era necessario apprenderelo
strumento di decodifica del nuovo strumento linguistico, lalfabeto,
non soltantonella sua forma ma anche, e soprattutto, nella sua
concretizzazione fonica, perchnon si pu leggere un testo senza
avere idea di come suoni.
Quello che, per, pi significativo nel quadro evolutivo della
lingua latina, perdi pi colta in una specifica dimensione non
soltanto diacronica ma anche diatopica, che i due alfabeti, non
abbastanza distanti nello spazio quanto nel tempo, riflettonodue
differenti stadi della pronuncia dellalfabeto latino che trova
illustrazione nellaproduzione dei grammatici e di quegli auctores
della latinit che si sono rivelati sen-sibili e hanno lasciato
testimonianza relativamente al suono delle lettere della
proprialingua.
Le vocali La lacunosit dellO.Max. inv. 356 di impedimento ad un
completoquadro comparativo del trattamento delle vocali nei due
documenti: la resa di a con e di e con del P.Ant. 1 non ha
paralleli con lostrakon. Comune ai due alfabeti la resa di i con ed
u con il dittongo ; differente, invece, il modo in cui
vienetrascritto il suono della latina o, dal momento che nellO.Max.
inv. 356 si d contodella sua quantit lunga, per cui viene resa con
, mentre nel P.Ant. 1 viene propostala vocale greca corrispondente
ma dalla quantit breve, (omicron). del resto, questaresa di o con
dellalfabeto da antinoe corre in parallelo a quella precedente di
econ : entrambe rivelano una mancata percezione del problema della
doppia quantitdelle due vocali e queste vengono appiattite su
quelle che, omografe, nel greco hannoquantit breve. al contrario,
rendere o con nellostrakon segno della mancata
abecedari su papiro, alfabeti latini 491
-
constatazione della duplice possibilit, ma in una prospettiva
quantitativa rovesciatarispetto a quella del P.Ant. 1, per cui, in
questo caso, di o si sottolinea la quantitlunga. Il problema della
differente quantit si trova altrimenti esplicitato
nellalfabetogreco in caratteri latini del P.Worp 1, dove, nella
prima delle due sequenze, lusodellaccentus longus ad esprimere la
diversit tra /e ed /e ed /o ed /o.
Laspirazione da un lato, con la sua etichetta, dallaltro, con il
segno attra-verso cui il concetto trova materializzazione, il
P.Ant. 1 e lO.Max. inv. M 356 espri-mono lequivalenza dellaspirata
latina h con la / del greco60: nel P.Ant.1 sullh si legge (l. 1a),
mentre nellO.Max. inv. M 356 il segno , funzionalead esprimerla e
del quale si ha attestazione sia nella tradizione grammaticale
grecasia in quella latina, e sempre (insieme alla ) allinterno
delle sezioni / e de tonis / de accentibus di ed Artes, per il
fattodi essere categorizzabile tra gli 61; quanto alla forma di
questa particolaretipologia di accentazione, allinterno della
[Victorini sive Palaemonis] Ars vienechiarito anche che si
tratterebbe della riproposizione di met della H che,
proprioattraverso la dasia, troverebbe cos esplicitazione62.
Le consonanti: mute e semivocali Quanto alla percezione delle
consonanti,lO.Max. inv. 356 ed il P.Ant. 1 rivelano unassoluta
identit nella trascrizione fo-netica delle mute; per quel che
riguarda, invece, le semivocali, non c neanche uncaso in cui i due
frammenti coincidano. I paragrafetti de litteris aprono
generalmentele Artes e rappresentano il luogo in cui i maestri
offrivono ai discenti rudimenti sul-lalfabeto latino, mentre nei
trattati de orthographia che i grammatici affrontano
Maria Chiara Scappaticcio492
60 risaputo che accesa era la polemica relativamente alla
possibilit di considerare, nella lingua latina, lah una littera
oppure un sonus: sar sufficiente rinviare alle linee del De
orthographia di Velio Longo (dI naPoLI2011, 17, 19-25; 19; 21,
1-21), o anche alla chiarissima affermazione di un commentatore
dellArs donatiana,Servio (GL IV 422, 34-35: h a plerisque
adspirationis nota, a plerisque consonans habetur). Sulla
questione,si veda deSbordeS 1990, 157-158; 179-183.
61 Si veda, ad esempio, uno dei Supplementa Artis Dionysianae
vetusta di uHLIG, G. uHLIG, Dionysii ThracisArs grammatica, Lipsiae
1883, 105, 1; 106, 1: , , , , , , , , , e, successivamente 107,
1-5: , , , . , , . . . , . Si confrontino diomede, GL I 435, 20-21
k: ceterum et apud nos h vocali addita vel detracta demonstrat, id
est scripta adspirationem, non scriptalevigationem significat;
donato, HoLTZ, 1981, 611, 8-9: ceterum dasian et psilen apud
Latinos H litteravocali addita vel detracta significat; Sergio, GL
IV 484, 19-21 k: scire etiam debemus Graecorum et notam
adspirationis modo positam modo sublatam simulare; Pompeo, GL V
132, 27-28k: ceterum illiaccentus superfluo adduntur, dasia et
psile. Nos enim habemus h; Cledonio, GL V 33, 33-34k: : adspiratio,
siccitas. Haec signa apud Graecos; Isidoro di Siviglia, orig. 1,
19: , quod in-terpretatur adspiratio, id est ubi H littera poni
debet, tali figura notatur: . , quod interpretatur siccitas,sive
purum, id est ubi H littera esse non debet, tali nota ostenditur: ;
lo pseudopriscianeo De accentibus, ed.GIaMMona, Hildecheim, 11,
9-10: Dasia, quod interpretatur aspiratio, in est, ubi h littera
poni debet, hac figuranotatur . In effetti, lo stesso tipo di segno
si riscontra con una certa frequenza nelle iscrizioni ed stato
identi-ficato con una terza lettera che sarebbe stata aggiunta
allalfabeto latino dallimperatore Claudio (si veda lar-gomentazione
di deSbordeS 1990, 192-193); nonostante lidentit grafica, per,
chiaro che, nel contesto del-lostrakon, il segno quello che esprime
laspirazione.
62 GL VI 193, 25-27 k: quare dasian et psilen, quibus Graeci
utuntur, [et] nos praetermittimus? Quoniamadspirationem nobis
adposita H littera, quae in duas partes dividitur, repraesentat, et
si adposita non erit.
-
con maggiore dettaglio la questione; da una parte e dallaltra,
per, lattenzionerisulta piuttosto focalizzata sulla forma delle
lettere, sulla composizione dellalfa-beto stesso e sulle possibili
categorizzazioni e sottosezioni al suo interno, mentresporadico
linteresse per le modalit in cui queste lettere dovevano
concretizzarsial livello dellenunciato.
Talora, invece, bench si faccia esplicito riferimento a
specifiche condizioni del-lenunciato, manca qualsiasi elemento di
dettaglio che lasci intuire quale fosse esat-tamente la resa; a tal
proposito, sar sufficiente pensare alla trattazione ortograficadi
Velio Longo, maestro di et adrianea. Solo dopo aver illustrato
discordanti parerisulla denominazione delle lettere (tutte le
lettere vanno chiamate vocali? o conso-nanti?), Velio Longo
sottolinea che la differenza tra le due categorie risiede
tuttanella possibilit di formare sillabe, cosa questa confinata
alle sole vocali, per poi il-lustrare come non sia da seguire il
parere di chi avrebbe voluto considerare sillabaanche consonanti o
semivocali che non sono accompagnate da vocali, riconoscendo,per,
che le semivocali r ed s, bench non siano da considerarsi sillabe
al di fuoridel contesto metrico luciliano che cita ad esempio,
tuttavia, proprio in tal caso pos-sono avere valore sillabico63;
parla, perci, delle semivocali come di quelle conso-nanti che hanno
bisogno del sostegno di una vocale per poter essere articolate e
adimostrazione di questo concetto riporta due frammenti luciliani
dal nono libro delleSatyrae64. dalle linee della grammatica di
Velio Longo emerge che larticolazionedelle semivocali prevede una
vocale supplementare per larticolazione, ma se questavocale debba
essere anteposta o postposta alla consonante in s non viene
esplicitato.n diversa la situazione nella trattazione di Terenziano
Mauro: elencate le primequattro mute in ordine alfabetico, illustra
la necessit di una vocale dappoggio(prima o dopo la consonante?)
che permetta larticolazione delle mute e che, perquesto, viene
inglobata nella composizione dei loro nomi65.
In effetti, un ben pi tardo commentario allArs donatiana, le
Explanationes inArtes Donati, a permettere un salto al I a.C. e a
risalire ad una teoria varroniana:commentando il luogo di donato in
cui veniva messa in rilievo la distinzione tra se-mivocali e mute,
lanonimo compilatore del commento della Tarda antichit
inserisce
abecedari su papiro, alfabeti latini 493
63 dI naPoLI 2011, 5, 16-18; 7, 1-13; si confrontino anche le
note di commento a 89-98.64 dI naPoLI 2011, 7, 11-23: hoc s et t
pariter renuntiat silentium. Sed si hoc sectentur, possint etiam
ple-
rasque consonantes et omnes semivocales pro syllabis ponere. Nam
apud Lucilium in nono, in quo de litterisdisputat, omnes vicem
syllabarum implent, cum dicit: a re non multum abest hoc
cacosyntheton atquecanina si lingua dico; nihil ad me, nomen hoc
illi est; item: s nostrum et semigraece quod dicimus sigmani[hi]l
erroris habet. Apparet ergo haec nihil aliud quam locum syllabae
tenere nec tamen syllabas esse. Nonergo accedendum est iis qui
putant sine vocali syllabam fieri posse, ut etiam s et t
significationem vocisterminent, quoniam silentium denuntient. Si
confronti il commento a 98-99.
65 CIGnoLo 2002, 11, 101-106; 13, 107: B cum volo vel C tibi vel
dicere D, G, / quae sonitum com-modat hisce si negetur, / et labra
prementur simul et revincta lingua: / haec vim tacitam sponte sua
nimisquemutam / coniuncta potentem sonitus facit latentis /
geminumque refert auribus ex utraque sensum, / si
proprietastradita, si regula nota est. Sulle semivocali, si veda
anche 19, 222-225; 21, 226: septem reliquas hinc tibi
vocesemiplenas / vix lege solutus pote[st] nominare sermo; / has
versibus apte quoniam loqui negatur, / instar titulifulgidula
notabo milto / ut quamque loquemur, datus indicabit ordo / F L M N
R S X, nonch 61, 822-825, doveil concetto viene ripreso. Sui
contesti di Terenziano Mauro, si veda Gordon 1971, 16-18, nonch il
puntualecommento alle linee della Cignolo.
-
la citazione dellauctoritas, ascrivendo a Varrone laffermazione
che le semivocalihanno la prerogativa di iniziare e le mute di
terminare con una e66. Si tratta, del resto,di una constatazione
che trover luogo in pi di un commentatore donatiano ed inuna serie
di trattazioni grammaticali (e non primariamente grammaticali, come
leOrigines di Isidoro di Siviglia) fino al VI-VII secolo67.
Che la pronuncia delle mute constasse della consonante seguita
da una -e datoriflesso sistematicamente, nellO.Max. inv. 356 e nel
P.Ant. 1, attestato, perci, sianel I-II che nel IV-V d.C.: il
P.Ant.1 ha b = (l. 1a), c = (l. 1a) e d = (l. 1a),e, ancora,
esattamente come lO.Max. inv. 356 (lacunoso fino alla g), g = (l.
1anelluno e nellaltro), p = (O.Max. inv. 356, l. 1a; P.Ant. 1, l.
2a)68, t = (O.Max.inv. 356, l. 1a; P.Ant. 1, l. 2a).
In un altro significativo punto i due frammenti coincidono, e
coincidono con leosservazioni/prescrizioni dei grammatici:
nellO.Max. inv. 356 (alla l. 1a) e nel P.Ant.1 (rispettivamente
alla l. 1a e alla l. 2a) si ha la resa di k = e q = . Si tratta
didue casi in cui le mute si sottraggono alla consuetudine
generale: allinterno del suocommento alla grammatica donatiana,
Servio lo aveva messo in chiaro, sottolineandocome, bench la
pronuncia delle mute terminasse sempre in -e, tre di queste, per
ilfatto di non chiudersi in -e, contumeliam patiuntur69; il
campionario delle consonantiche non iniziano in e- n terminano in
-e, invece, viene ampliato a sei nel commentodi Sergio70. In
effetti, i maestri non dicono chiaramente quale debba essere la
termi-nazione di queste consonanti nellenunciazione, ma, da un
lato, la necessit di creareuno stacco rispetto alla pronuncia della
c = e, dallaltro, il particolare statutodella q nella lingua latina
(dal momento che non sussiste se non nellinsieme di Q +V +
vocale)71 potrebbero contribuire in direzione del fatto che la
coincidenza tra
Maria Chiara Scappaticcio494
66 GL IV 520, 13-20 k: vocales litterae et per se sonant et per
se syllabam faciunt, istae per se quidem syl-labam non faciunt, sed
per se sonant. Vel certe ideo dictae sunt semivocales, quia plenum
sonum non habent,sed dimidium, et ut plenius sonent, paulisper a
vocalibus adiuvantur, ut est f l m n r s x. Mutae autem
dicunturpropterea, quia, si detrahas vocales, nullus spiritus est
nec hiatus necdum sonus: ideo mutae, quia detractavocali mutum os
redditur. Sunt autem novem, b c d g h k p q t. Varro dicit
consonantes ab e debere incipere,quae semivocales sunt, et in e
debere desinere, quae mutae sunt. Si tratta del varroniano Fr. 241
G. FunaIoLI,Grammaticae Romanae Fragmenta I, Lipsiae 1907
(269).
67 Sar sufficiente rinviare a Prisciano (GL II 8, 7-9 k:
semivocales vero in se desinant, mutae a se incipientesvocali
terminentur, quas si flectas, significatio quoque nominum una
evanescit) ed Isidoro (orig. 4, 4: semivocalesdictas eo, quod
quiddam semis de vocalibus habeant. Ab E quippe vocali incipiunt,
et desinunt in naturalemsonum [ut F, L, M et ceterae]. Mutae autem
dictae, quia nisi subiectis sibi vocalibus nequaquam erumpunt).
68 Che cos suonasse la lettera chiaro anche dal v. 16 di uno dei
componimento del Technopaegnion auso-niano, il De litteris
monosyllabis Graecis ac Latinis (12): Ausonium si pe scribas, ero
Cecropium P, su cui siconfronti C. dI GIoVIne (cur.), Decimus
Magnus Ausonius. Technopaegnion, bologna 1996, 209-210.
ulterioreconferma del suono pe, accanto a te, si legge in Priap. 7,
1-2: cum loquor, una mihi peccatur littera: nam TE /PE dico semper,
blaesaque lingua meast.
69 GL IV 421,13-14 k (definizione di mute); 422, 32-34 k: mutae
sunt novem, quae debent inchoare a na-turali sono et in vocalem e
litteram desinere, ut b g et reliquae. Ex quibus tres, quoniam non
desinunt in e, con-tumeliam patiuntur, h k q.
70 GL IV 478, 2-5k: illud praeterea astute nobis datur
intellegi, quod, cum omnium consonantium istanatura sit, ut quaedam
earum ab e incipiant et in se desinant, quaedam a se inchoent et in
e desinant, istaesolae repertae sint, x h k q y z, quae nec ab e
inchoant nec in e desinunt.
71 Sulla questione sar sufficiente rinviare a deSbordeS 1990,
177-179.
-
lO.Max. inv. 356 ed il P.Ant. 1 nel rendere k = e q = non
casuale e rifletteuno specifico statuto enunciativo. ulteriore
dimostrazione della loro plausibilit, delresto, nelle linee
estremamente chiare e didattiche (al punto tale da sfiorare,
talora,la pedanteria) di Pompeo: mutae e contrario inchoant a
naturali sono et desinuntin vocalem sonum, ut est be ce de ge ha ka
pe qu te72: tra gli esempi di Pompeo(come anche nello
PseudoProbo)73 ci sono gli stessi ka e qu dellO.Max. inv. 356 edel
P.Ant. 1.
nel trattamento delle semivocali, non ci sono, invece, punti di
contatto tra i duedocumenti: se nellO.Max. inv. 356 la pronuncia
monosillabica (e, talora, si trovala consonante sola, senza
accompagnamento vocalico), nel P.Ant. 1 le semivocalisono sempre
trascritte in forma bisillabica.
accanto al contesto varroniano e a quelli che ne ripropongono le
linee argomen-tative, bisogner collocare anche alcune sezioni in
cui i grammatici hanno chiara-mente riportato le modalit in cui
pronunciare le semivocali: il caso, sempre al-linterno di commenti
allArs donatiana, di Servio74 e Sergio75, dove si registrano isuoni
di ef, el, em, en, er ed es, cui si affianca ix (ma, in un caso
come nellaltro,non mancano attestazioni di ex nella tradizione
manoscritta76, lo stesso ex, invece,documentato negli Instituta
Artium dello PseudoProbo77). In effetti, la trascrizionefonetica di
x si trova nel solo O.Max. inv. 356 dal momento che il P.Ant. 1
lacu-noso in quel punto , dove si legge : il trattamento che viene
riservato nellostra-kon alla x esattamente lo stesso delle
consonanti mute, bench questa venga an-noverata nelle Artes tra le
semivocali e ci si soffermi spesso sul fatto che non sia
dapronunciare come ex ma piuttosto come ix78.
a sua volta, il trattamento delle semivocali nellO.Max. inv 356
risulta differen-ziato: da un lato, infatti, la resa di l = , n = e
s = rispecchiano e rispettano il
abecedari su papiro, alfabeti latini 495
72 GL V 101, 12-14 k.73 Si veda il gi citato contesto a GL IV
50, 8 k.74 GL IV 421, 10-13; 422, 15-17: semivocales sunt septem,
quae ita proferuntur, ut inchoent ab e littera et
desinant in naturalem sonum, ut ef el em en er es ix; sed x ab i
inchoat et duarum consonantium fungitur loco.75 GL IV 476, 31-32;
477, 1 k: semivocales dictae sunt, quod semis quiddam vocis
habeant, et hanc legem
habent, ut a vocalibus inchoent et in naturalem desinant sonum,
ut ef el em en er es ix.76 Per il testo di Servio, infatti, il
Paris bn Lat. 7530 ha ex, emendato in ix in sede di edizione al
testo, mentre,
per il commento di Sergio, ex si legge nel sangallense e nel
napolitano Lat. 2 (dove, per, poi emendato in ix). 77 nel
manualetto dello PseudoProbo vengono riservati due specifici
paragrafi rispettivamente al trattamento
delle semivocali e a quello delle mute e, in un caso come
nellaltro, ci sono interessanti notazioni relativamentealle modalit
di pronunciare le singole consonanti; si vedano: GL IV 49, 29-31 k:
at vero secundum metraLatina et structurarum rationem subiectae
vocalibus nomina sua efficiunt, ut ef el em en er es ex; e GL IV
50,5-8 k: mutae consonantium litterae sunt numero novem. Hae per
nec per se proferuntur nec per se syllabamfacere possunt per se hae
non proferuntur, siquidem vocalibus litteris subiectis sic nomina
sua definiunt, ut putabe ce de ge ka pe qu te.
78 ai gi citati luoghi di Servio e Sergio, bisogna accostare
delle linee dalle Institutiones priscianee che daServio prendono
dichiaratamente le mosse, GL II 8,10-22 k: vocales igitur, ut
dictum est, per se prolatae nomensuum ostendunt, semivocales vero
ab e incipientes et in se terminantes, absque x, quae ab i incipit
per anastro-phen Graeci nominis , quia necesse fuit, cum sit
semivocalis, a vocali incipere et in se terminare, quae novissimea
Latinis assumpta post omnes ponitur literas, quibus Latinae
dictiones egent (quod autem ab i incipit eiusnomen, ostendit etiam
Servius in commento quod scribit in Donatum (...). Id etiam
Eutropius confirmat dicens:una duplex ix, quae ideo ab i incipit,
quia apud Graecos in eandem desinit), mutae autem a se incipientes
et ine vocalem desinentes, exceptis q et k, quarum altera in u,
altera in a finitur, sua conficiunt nomina.
-
dettato varroniano per cui le semivocali sono sostenute da una
vocale (la e) cheprecede la consonante stessa, dallaltro, invece,
leggere m = e r = significa co-gliervi lesplicitarsi di quella non
meglio chiarita resa esclusivamente consonantica(senza che questa
si appoggi ad una vocale) che sarebbe deducibile da tutti
queicontesti grammaticali in cui non si sostiene il contrario79 e
da alcune linee in cui ilmaestro Pompeo mette dinanzi al suo
discente sia ef che f, sia el che l, sia er che r,sia es che s, sia
em che m, sia en che en, sia ix che x80. del resto, anche la
trascrizionefonetica di l con semplicemente espressione di una
particolarmente attestataconfusione tra /e/ ed /i/ sia al greco81
sia al latino82; confusione tra la iota del grecoe la e breve del
latino registrata sistematicamente anche nella trascrizione che
dellesemivocali si ha nel P.Ant. 183. In questa prospettiva, le
trascrizioni fonetiche nel-lO.Max. inv. 356 e nel P.Ant. 1
permettono di aggiungere un ulteriore tassello allaricostruzione
della pronuncia dellalfabeto latino possibile attraverso la lettura
delletrattazioni grammaticali e di sporadici riferimenti in altri
prodotti letterari (si pensiad ausonio o ai Carmina Priapea): le
consonanti mute possono essere pronunciatecon il sostegno di una
vocale, la e, che le segue, mentre le semivocali sono preceduteda
questa stessa vocale di appoggio; se, per, la vocale su cui si
reggeva la pronunciadelle mute era quantitativamente lunga (, ,
...), quella su sui si reggevano lesemivocali era percepita come
breve (, , ), cos come breve era lulteriore vo-cale di appoggio
qualora fossero state pronunciate in modo bisillabico (, ,...).
La pronuncia bisillabica delle semivocali nel P.Ant. 1 dunque,
la resa di f =, l = , m = , n = , r = , s = non ha riscontri nella
tradizionegrammaticale latina nota, a meno che non si ipotizzi che
lesclusione proprio dellesemivocali latine (ma non, naturalmente,
quelle greche) dal campionario del De lit-teris monosyllabis
Graecis et Latinis di ausonio, oltre che dellaccettazione dellatesi
di chi sosteneva che il loro nome non fosse sillabico perch prive
di vocali84,
Maria Chiara Scappaticcio496
79 il caso, ad esempio, di Carisio (barWICk, Flavii Sosipatri
Charisii Artis grammaticae libri V, Lipsiae19973, 5, 9-11; il
testo, in queste sezioni, piuttosto danneggiato ed integrato da
barwick a partire dalle lineedi altre trattazioni grammaticali);
donato (HoLTZ 1981, 604, 10-16; 605, 1-3); Mario Vittorino (I.
MarIoTTI,Marii Victorini Ars Grammatica, Firenze, 1967, 67, 25-29:
semivocales sunt quae per se quidem proferuntur,sed per se syllabam
non faciunt. Sunt autem numero septem, F L M N R S X. Ex his una
duplex littera, X: constatenim aut ex G et S, ut rex regis, aut ex
C et S, ut pix picis; ideoque haec littera a quibusdam negatur; su
cuisi confronti il commento a 142-145); diomede (GL I 422, 29-30;
423, 6-8 k); dositeo (bonneT, Dosithe Gram-maire latine, Paris
2005, 13, 15-16; 14, 18-26).
80 GL V 101, 9-19k: dicuntur autem ita, ut incipiant a vocali et
desinant in naturalem sonum (si aliterdixeris, non erunt iam
semivocales), ut est ef es ix. Ergo semivocales ita se habent
inchoare a vocali sono etdesinere in naturalem sonum (...). Quae
ergo litterae praeponenda est in semivocalibus vel postponenda
inmutis? E tantum modo sola, ut puta ef et f sonat, el et l sonat,
er et r sonat, es et s sonat, em et m sonat, en et nsonat [ix et x
sonat]. Ergo in semivocalibus e praeponenda est. Item in mutis b c
d similiter e postponenda est.Sed sunt aliquae litterae, quae neque
ab e inchoant neque in e desinunt.
81 bench documentato sia anche lo scambio tra e (si veda GIGnaC
1976, 235-239), qui la confusione tra la vocale dalla quantit breve
() e , scambio (in un senso come nellaltro) le cui occorrenze sono
numerosenel greco dei papiri, come si pu osservare dalla casistica
raccolta in GIGnaC 1976, 249-257.
82 Sulla questione, si veda adaMS 2007, 67-68, 628-629 e, in una
dimensione diatopica pi ampia, 640-666.83 uLLMan 1934, 148 aveva
avanzato lipotesi che questa peculiarit fosse riflesso dellinflusso
dellegiziano.84 Cos dI GIoVIne 1996, 196-197. Si tratta di
unipotesi gi avanzata da SCHuLZe 1904, 765-769, il quale
aveva gi osservato che quelle assenti nel componimento ausoniano
fossero proprio le semivocales perch si
-
potrebbe essere riflesso del fatto che non le considerasse (e
pronunciasse?) mono-sillabiche ma piuttosto bisillabiche. La
pronuncia bisillabica di cui testimone ilP.Ant. 1 stata, a pi
riprese, messa in parallelo con la pronuncia bisillabica
del-litaliano, dello spagnolo e del portoghese ma anche del
francese medievale e delleantiche lingue germaniche, talora,
approdando alla conclusione che si tratti di un si-stema che ha
avuto origine nellantichit85, talora, svincolando luna dallaltra
talicoincidenze e considerando questa nullaltro che una
particolarit del greco degittotra IV e V secolo86: tra antico e
romanzo, quello dei nomi delle lettere dellalfabetolatino resta
ancora un dominio in cui sondare.
Maria Chiara SCaPPaTICCIo
Riassunto: Prima tappa nel processo di apprendimento della
lingua latina in un contesto educativobilingue, cinque sono i
testimoni su papiro che hanno trasmesso, in forme pi e meno
frammentarie,lalfabeto latino, tutti datati tra I e V secolo d.C.
(O.Deir Rumi inv. oea 314; P.Ant. 1; P.ChesterBeatty inv. aC 1499;
P.Oxy. X 1315; P.Worp 1). Tra i sette alfabeti complessivi si
distinguono tre ti-pologie: due sono le sequenze di lettere
esclusivamente latine, mentre in tre alfabeti quelle latinesono
affiancate dalle lettere greche corrispondenti, mentre sulle
lettere latine di due altri alfabeti sitrova ricopiato un tentativo
di trascrizione fonetica in scrittura greca. Si tratta di un
significativo in-sieme di testimonianze su papiro relative
allinsegnamento e allapprendimento della grammatica edella lingua
latina, che, tra laltro, meglio permette di sondare nel capitolo
poco illuminato dei nomidelle lettere latine.
Abstract: Five papyri, all dated between the first and fifth
centuries a.d., have given us more orless fragmentary Latin
alphabets (O.Deir Rumi inv. oea 314; P.Ant. 1; P.Chester Beatty
inv. aC1499; P.Oxy. X 1315; P.Worp 1), representing the first step
in the educational process in learning theLatin language in a
bilingual environment. among the seven alphabets in these papyri we
can dis-tinguish three different types: two have only sequences of
Latin letters, in three others Latin andGreek letters are placed
side by side, and in two other alphabets an attempt at phonetic
transcriptionin Greek script is given above the Latin letters. This
group of papyri is significant for our under-standing of ancient
education and the learning of Latin grammar and language, as well
as offeringinsight into the poorly-understood history of the Latin
letter names.
abecedari su papiro, alfabeti latini 497
tratta di lettere che non formano sillabe, differentemente dalle
mute, ipotesi questa che viene riportata anche dar.P.H. Green, The
Works of Ausonius, oxford 1991, 592-593; lungo la stessa scia che,
pur in un contesto dif-ferente, si colloca Gordon 1971, 23: unless
this was accidental or haphazard on the part of ausonius, the
reasonwould seem to be the same as made it possible for Terentianus
Maurus to name the semivowels in his vers that their names did not
constitute regular syllables.
85 Si veda uLLMan 1934, 148.86 Si veda Gordon 1971, 24-25 e 33;
non si prende posizione sulla questione in kraMer 2001, 34-35.
opportuno sottolineare che al papiro e alla sua trascrizione
bisillabica della pronuncia delle semivocali, inparallelo alle
testimonianze dei grammatici, si fa allusione anche in ThlL VII. 2,
col. 761 ll. 24-26 (s.v. l).