A tavola con le religionia cura di Paola Barigelli-Calcari
Anche il mangiare e il bere sono per la
gloria di Dio (1 Cor 1,31)
Siddharta-Buddha (563-483
a.C.) ha invitato l’uomo alla
moderazione in qualunque
campo della vita. Il culto si
fonda sulla meditazione da
praticare in luoghi privati o
pubblici –le pagode- davanti a
statue che lo rappresentano
con il desiderio di salvare tutti
gli uomini.
Che cos’è la Via Media?
E’ la nobile via delle
otto virtù: retta fede,
retta decisione, retto
discorso, retta azione,
retta via, retto sforzo,
retto pensiero, retta
concentrazione
Per raggiungere
l’illuminazione un buddista
rinuncia a lavori come la
vendita di armi, la produzione
di alcolici e ad ogni attività
che comporti la morte di
animali e di uomini.
FORMULA TRIRATNAO TRIPLICE GIOELLO
Io mi rifugio
nell’Illuminato (Buddha)
nella Dottrina (Dharma)
nella Comunità (Samgha)
A differenza del
jainismo il
buddismo mostra
un carattere
moderato nella
dottrina e in
cucina. Pare che
anche Buddha
abbia mangiato
carne di maiale a
casa del fabbro
Cunda.
La bocca di un monaco è come un forno.
Proprio come il forno bruci senza distinzioni
Il legno di sandalo e lo sterco di vacca,
La nostra bocca dovrebbe essere uguale.
Non vi dovrebbe essere alcuna distinzione
Tra il cibo raffinato e quello semplice e
ordinario.
Dovremmo essere soddisfatti di qualsiasi cosa
riceviamo.
(Soeishu, testo del buddhismo giapponese Tendai)
Così dicono tutte le anime perfette e
benedette, passate, presenti e future:
così essi parlano, così proclamano:
Nessuna cosa che respira, nessuna
cosa che esiste, nessun essere di
qualsiasi specie può essere ucciso,
trattato con violenza, insultato,
torturato o respinto.
Questa è la pura legge, immutabile ed
eterna, proclamata dai saggi che
conoscono il mondo, per chi riflette e
per chi non riflette.(Libro di Buona Condotta 1,4)
Vardhamana, l’ultimo Jina (549
a.C.) condannò l’inutile
crudeltà dei sacrifici animali e
la sacralità dei Veda.
Non solo gli esseri viventi
(uomini e animali) possiedono
un’anima, ma anche le pietre, i
laghi, i fiumi, le città sono
segnate da questa impronta
divina: tutto è vivente.
Perciò i jainisti osservano un
rigoroso vegetarianesimo.
Sono profondi
sostenitori della
dottrina della non
violenza e in campo
economico rifiutano
numerosi lavori tra i
quali il macellaio e il
militare. Gradiscono
fare i commercianti.
Ascoltano le prediche
dei monaci e offrono
fiori, frutta e dolci.
La totale adesione
al principio della
non violenza è
senza alcun
compromesso
secondo il jainismo.
I genitori di
Mahavira
testimoniarono
l’assoluto rispetto
della vita di tutti gli
esseri del mondo
rinunciando al cibo
sino alla morte.
Secondo il
Chanyuan Qinggui
bisogna sforzarsi
costantemente di
servire pasti
svariati che siano
appropriati al
bisogno e
all’occasione, e
che permettano a
tutti di praticare
con il corpo e la
mente senza il
minimo ostacolo
Nelle religioni orientali i pasti
vanno consumati negli spazi aperti
con alcune limitazioni per le
bevande alcooliche, il caffè e il
tè. Alcune praticano l’astinenza
dalla carne di animali terrestri e
dal pesce, e il rifiuto per i
formaggi stagionati. In particolare
gli indù non usano aglio e cipolla e
alcune caste anche le carote, le
rape e le leguminose rosse.
Che cosa mangio oppure che cosa
rifiuto di mangiare? Dalle mani di
chi accetto il cibo cotto?
Chi è più in alto nella scala delle
caste è più schizzinoso.
Secondo l’Ayurveda è importante
non usare contemporaneamente
alcuni prodotti. Per esempio il
latte non può essere consumato
contemporaneamente ai funghi,
alla verdura, legumi, ceci, agioli,
mango, agrumi, pompelmo,
tamarindo, noci, aglio, ravanelli,
yogurt. Incompatibile col latte il
miele, la melassa, il sale, l’olio e
le farine
La cucina è il luogo di casa dove
si celebra la puja. Essa è
l’adorazione delle divinità
indiane attraverso la recitazione
dei mantra e l’offerta di cibo,
latte, riso, fiori, incenso. Nel
mese di bhadra (agosto-
settembre) è la ricorrenza di
Ganesha, figlio di Shiva.
Rappresentato con la testa
dell’elefante, esso è il simbolo
del sole, capace di splendere
durante le quattro stagioni in
tutti gli angoli della terra.
Nel mese di Kartik
(ottobre-novembre) si
celebra la puja in onore
della dea Kali che
consente il sacrificio di
animali. Moglie di Shiva, il
nome significa nero,
tempo, morte. Viene
onorata perché preserva i
suoi fedeli dal peccato.
Nel mese di phalguna
(febbraio-marzo) si celebra la
festa di Shivaratri, notte di
Shiva: durante il giorno i fedeli
digiunano e la notte pregano
nel tempio venerando il
simbolo di Shiva, il linga, un
fallo.
Il digiuno è tempo sacro, si
festeggia la divinità non
l’uomo che può cibarsi solo
dopo le ore ventiquattro
quando è terminato il tempo
sacro.
La dieta vegetariana è
riservata alle caste più
alte, la cui osservanza
determina in qualche
modo lo status sociale. Il
divieto di cibarsi di carne
per buddhisti e induisti ha
delle deroghe per i paria.
I jainisti che credono che
tutto quanto esiste abbia
un’anima (panpsichismo)
hanno rispetto per ogni
forma di vita.
I monaci jainisti hanno creato
diversi ricoveri per gatti, cani,
ratti, uccelli e bovini malati o in
stato di abbandono.
Il rispetto per ogni forma di vita
arriva a giustificare il digiuno
che porta al suicidio addirittura
come un esempio sublime.
Questo estremismo apprezza
ogni forma di vita esclusa quella
del digiunatore.
Secondo le scritture vediche non
si può offrire al Signore alcun cibo
a base di carne. Gandhi ricordava
che l’errore degli uomini è quello
di imitare gli animali
dimenticando di appartenere agli
esseri superiori.
Comunque anche il consumi di
alimenti leciti è soggetto ad una
condizione fondamentale:
«per rendere il cibo benefico,
commestibile e gustoso per tutti
bisogna prima offrirlo a Dio, la
Persona Suprema» (Bhagavadgita, 17,8-10)
Swami Vivekanda affermava:
noi indiani pensiamo
religiosamente, dormiamo
religiosamente, sposiamo
religiosamente e nutriamo il
corpo religiosamente; il
mangiare non è mai qualcosa
che non appartiene all’uomo.
Anzi nella cultura religiosa
d’oriente esso manifesta
apertamente il profondo senso
religioso che caratterizza
l’uomo vivente in quell’area
geografica.
La protezione della vacca in Inda ha diverse
motivazioni.
Oltre ad essere un simbolo politico della
resistenza indù contro gli invasori musulmani
prima e cristiani –gli inglesi- poi, secondo
Gandhi rendeva possibile l’agricoltura. Quindi
le vacche sono utili per sfamare la
popolazione indiana. Oltre al fatto che gli
indiani amano il latte e i suoi derivati
(formaggio, yogurt, burro, panna…) questo è
chiamato il cibo miracolo perché in esso sono
contenute tutte le sostanze nutritive
necessarie per una buona salute.
Sulla base di alcuni testi sacri (Veda,
Purana,Ramayana, Bhagavadgita)
nell’animale abitano 330 milioni di dei e
divinità. Solo servendo e pregando le vacche
l’uomo arriverà al nirvana.
Alcuni europei leggono questo
dato come vittoria della
morale sulla fame. Invece
sono state ragioni storiche
quali l’intensificazione
produttiva, l’esaurimento
delle risorse naturali e
l’aumento dell’intensità
demografica - oltre i limiti di
crescita sostenibile - che
fecero scegliere agli indiani
una dieta vegetariana.
A ciò si aggiunge il grande
respiro religioso caratterizzato
dalla sacralità di ogni forma
vivente.
I buddisti riconoscono agli
animali la dignità di creature di
Dio: l’uomo non può intervenire
distruggendo parte della
creazione in quanto è anch’egli
una creatura. Ma per gli induisti
la vacca è molto di più: usano il
suo sterco intorno al letto di un
morente per allontanare la
morte, oppure la portano vicino
alla persona in fin di vita
affinché possa afferrare la coda
e attraversare il mare della
morte.
L’Induismo vivrà sinchè
ci saranno indù che
proteggono le vacche
(Gandhi)
ISLAMISMO
Servitevi dunque, mangiate le cose lecite e buone che il Dio via ha
concesso Sura XVI, 114
Mangiate e
bevete
senza
abbuffarvi,
ch’Egli non
ama chi si
abbuffa Sura VII, 31
Maometto, che ha scritto i
versetti recitati
dall’arcangelo Gabriele, ha
inteso creare una nuova
comunità religiosa capace di
non tradire gli antichi
insegnamenti ricevuti da Dio.
Colpito dalle norme
alimentari degli ebrei vicini,
che cementavano e
caratterizzavano la sinagoga,
egli prescrisse ai musulmani
alcune restrizioni alimentari
che ancora oggi segnano
l’Islam.
I vari successori di
Maometto, i Califfi,
e i vari hadith (detti
o tradizioni) hanno
confermato nel corso
degli anni questa
scelta alimentare,
che ben più di una
indicazione
sanitaria, a tutt’oggi
è sentita come
precetto teologico.
In verità egli ha dichiarato haram per voi la carne di animale morto di
morte naturale, il sangue, la carne suina e l’animale ucciso sul quale sia
stato invocato altro nome diverso dal nome divinoSura XVI, 115
Approfondire la normativa
alimentare musulmana e
cercare di capire le ragioni
profonde che la giustificano
non è cogliere un aspetto
folkloristico dell’Islam, ma il
tentativo di comprendere il
rapporto tra l’uomo ed il suo
Dio.
Il Dio vi ha proibito di
assaggiare l’animale morto da
sé, e il sangue, la carne suina
e ogni altra carne d’animale
su cui sia stato invocato ogni
altro nome diverso da quello
del Dio. Faremo eccezione per
colui che, non volendo, sarà
obbligato a nutrirsene, senza
essere un ribelle o un
trasgressore: egli non
peccherà, poiché il Dio è
indulgente, dispensatore di
misericordia (Sura II, 173)
Non cibatevi di ciò che su cui non è stato invocato il nome del Dio,
sarebbe cosa ingiusta, sicuramente (Sura VI,121)
E’ importante notare l’obbligo
che scaturisce dal Corano: gli
animali permessi si possono
mangiare a patto che siano
sgozzati, questo avviene
tagliando loro le due vene
giugulari e la laringe.
Il gesto di macellare,
tadhkiya, vero e proprio
rituale, avviene quando
l’animale è ancora vivo e il
gesto deve comunque essere
sempre accompagnato
dall’invocazione del nome di
Dio.
Abbiamo dichiarato haram
(proibito) per i Yahud (ebrei)
ogni animale con l’unghia
intera; gli abbiamo
dichiarato haram l’adipe
bovina e quella ovina,
eccezion fatta per il grasso
del dorso e delle viscere e di
quella che con le ossa è
mescolata. Abbiamo deciso
così di castigarli a causa
della loro ribellione, noi
siamo veritieri (Sura VI, 147)
Oltre al tabu riferito al
maiale –Sura VI, 126-,
tenendo conto delle
differenze
gastronomiche dei vari
paesi islamici, si può
dire che viene proibita
oltre alla carne di
maiale, quelli di uccelli
rapaci, di asini, di
muli, di rettili, del
topo, della rana, della
formica e dei pesci
privi di scaglie.
Per quanto riguarda la
carne di cavallo Abe an
Efah (699-767),
fondatore della scuola
hanafita di diritto
islmico, la proibì
mentre Avicenna (980-
1037) la definì molto
nutriente. Oggi solo in
Iran viene mangiata.
Sul cane nel Corano non ci sono
prescrizioni. L’animale viene però
considerato impuro e quindi non viene
mangiato. I musulmani cinesi sono molto più
possibilisti in quanto per la loro cultura è
cibo raffinato.
Possiamo bere alcoolici e
giocare al masir?
Colpa grave pesa su
entrambe le azioni, anche
se non disgiunte da modesta
utilità (Sura II,219)
Ci sono comunità
musulmane che ritengono
lecite le bevande alcooliche
dalla fermentazione dei
datteri e altri frutti.
Maometto ha messo in
guardia dalle conseguenze
devastanti del vino: odio tra
fratelli e scarsa
considerazione per Dio
Il Ramadan ricorda la
rivelazione del Corano e la
vittoria nella battaglia di Badr
(624). L’ astensione dal cibo
significa che il musulmano
rifiuta temporaneamente il
cibo materiale per nutrirsi
solo della parola divina.
Gente di fede: vi è stato
imposto il digiuno come era
stato imposto a coloro che vi
hanno preceduto. Sarete
timorati? Lo speriamo !
(Sura II,183)
Leciti sono i rapporti sessuali con le
vostre donne la notte del digiuno. Esse
sono come un vestito per voi, voi siete
come un vestito per loro. Il Dio sapeva
bene che vi stavate rovinando da soli,
venne in soccorso e vi ha perdonato.
Dormite con le vostre donne, cercate
ciò che il Dio ha ordinato per voi,
mangiate, bevete, fino a quando non
distinguerete, al sorgere dell’aurora,
il filo bianco da quello nero. Poi
digiunate fino a notte: mentre siete in
ritiro nella casa del Dio, non avrete
rapporti sessuali con le vostre donne…
Sura II, 187
Ramadam è un obbligo irrinunciabile per un
musulmano: può essere differito nel tempo a causa di
una malattia, di un viaggio o della guerra santa ma va
sempre osservato. Calcolato con il sorgere della luna
nuova, secondo il calendario lunare, che è più corto di
11 giorni rispetto a quello solare, impiega 33 anni per
completare il giro delle stagioni. Quindi il mese del
digiuno è variabile.
Il mese di digiuno musulmano appare come una prova da
superare, il cui raggio d’azione investe il seguace di Allah sia
nel suo esercizio fisico (si astiene da cibi, bevande e altro
ancora) che nel suo impegno spirituale (astenersi da pensieri
cattivi e da azioni non conformi all’Islam)
Le scelte alimentari del
musulmano rientrano nel
concetto di adab: è la
giusta attitudine interiore
che consente un corretto
comportamento esteriore
nei confronti di tutto ciò
con cui veniamo in
contatto, a cominciare dal
rapporto con noi stesi,
quindi col nostro prossimo,
infine con Dio
L’islam insegna, attraverso il
digiuno e il modo con cui si
mangia, che l’uomo deve
costantemente lottare per
raggiungere prima, e mantenere
poi, un sano equilibrio. Il cibo è
indispensabile al corpo dell’uomo,
ma questi deve avere un rapporto
corretto con il cibo: essere capace
di rinunciavi per un certo periodo
dell’anno, o addirittura astenersi
dalla carne di maiale: deve
insomma dimostrare a se stesso di
sapersi dominare. E così, liberato
da ogni impedimento, il credente
può divenire muslim, cioè un
sottomesso alla volontà di Allah.
Il maiale era cacciato e mangiato già dal 7000-6000
a.C. Ma intorno al 2000 a.C. gli egiziani lo
identificarono con Set il dio del male e si rifiutarono
di mangiarlo perché pensavano che si nutrisse dei
figli e dei cadaveri. Se con Hammurabi 1900 a.C.
c’erano ancora allevamenti di maiali, i
mesopotamici ne fecero un tabù. Il Buddismo ne
fece il simbolo dell’ignoranza, da cui dipende la
legge della causa-effetto, origine delle
reincarnazioni. Il maiale si nutre di tutto è incapace
di selezionare il cibo che consuma.
Comunque il tabù del maiale è l’unico che avvicina
l’islam agli israeliti.
Ancora oggi in certi ambienti musulmani il maiale p
considerato immondo perché è pericoloso per l’uomo
cibarsi della sa carne, sede di parassiti e germi
micidiali che arrecano danno alla salute dell’uomo.
Ciò che distingue veramente
il popolo ebraico dalla fede
degli altri popoli, fino
all’arrivo del cristianesimo e
dell’islamismo, sono la fede
in un Dio unico e i divieti
alimentari. Occorre
sottolineare il giusto ruolo
alla più corposa legislazione
alimentare mai conosciuta in
nessun altra religione, tale
da suggerire l’idea di una
teologia alimentare.
La fede nell’unico Dio e
la capacità degli ebrei di
vivere secondo i dettami
della Bibbia
(circoncisone e
normativa alimentare)
hanno permesso la
sopravvivenza della
comunità ebraica a
dispetto di terribili
avvenimenti storici che
ne hanno a più riprese
minacciata l’esistenza.
Il popolo ebraico oggi si
compone di ashkenaziti e
sefarditi.
I primi sono gli ebrei
dell’Europa centrale e
orientale, parlano la lingua
yddish (misto ebraico e
tedesco medievale) e si
rifanno al Talmud
palestinese.
I secondi provengono dal
Portogallo, Spagna e Francia
meridionale: Parlano il ladino
e seguono il rito del Talmud
babilonese.
Gli Ashkenaziti –settentrionali-
presentano meno ricchezza,
fantasia e varietà: essi
privilegiano il brodo, il pesce
ripieno, l’aringa di fine digiuno, le
patate, la composta di frutta.
I Sefarditi –meridionali- amano
stufati, cotture sostanziose:
tzimess, stufato di carne e
prugne, pesce dolce all’italiana,
insalata di carote al cumino,
purea di melanzane.
Gli ebrei sono consapevoli dell’importanza
che riveste la stretta adesione alle norme
alimentari.
Sempre nel pieno rispetto dei tabù
alimentari gli ashkenaziti rifiutano ogni
impasto con farina, temendo che possa
lievitare e non mangiano il riso. Mentre i
sefarditi usano questi ingredienti ed hanno
sviluppato una ricca pasticceria.
Kasher è il cibo che si
può consumare. Ma
sono anche le cose e le
persone: significa
valido-adatto-buono-
conforme.
Il contrario di Kasher è
taref.
Le mitzwot sono i
comandi da eseguire
anche in cucina.
Gli animali possono
essere tahor, leciti,
oppure tame, proibiti.
Questi sono gli animali che potete
mangiare: il bue, la pecora e la capra; il
cervo, la gazzella, il daino, lo stambecco,
l’antilope, il bufalo e il camoscio. Potrete
mangiare di ogni quadrupede che ha
l’unghia bipartita, divisa in due da una
fessura e che rumina. Ma non mangerete
quelli che ruminano soltanto o che hanno
soltanto l’unghia bipartita, divisa da una
fessura e cioè il cammello, la lepre,
l’irace, che ruminano ma non hanno
l’unghia bipartita; considerateli immondi;
anche il porco, che ha l’unghia bipartita
ma non rumina, lo considererete
immondo. Non mangerete la loro carne e
non toccherete i loro cadaveri (Dt 14,4-8)
Fra i volatili terrete in abominio
questi, che non dovrete
mangiare, perché ripugnanti:
l’aquila, l’ossifraga e l’aquila di
mare, il nibbio e ogni specie di
falco, ogni specie di corvo, lo
struzzo, la civetta, il gabbiano e
ogni specie di sparviere, il gufo,
l’alcione, l’ibis, il cigno, il
pellicano, la folaga, la cicogna,
ogni specie di airone, l’upupa e il
pipistrello (Lv 11,13-19)
Questi sono gli animali che potrete
mangiare tra tutti quelli acquatici.
Potrete mangiare quanti hanno pinne e
squame, sia nei mari, sia nei fiumi. Ma
di tutti gli animali, che si muovono o
vivono nelle acque, nei mari, nei
fiumi, quanti non hanno né pinne né
squame, li terrete in abominio. Essi
saranno per voi in abominio; non
mangerete la loro carne e terrete in
abominio i loro cadaveri. Tutto ciò che
non ha né pinne né squame nelle
acque sarà per voi in abominio (Lv 11,9-12)
Sarà per voi in abominio anche
ogni insetto alato, che cammina
su quattro piedi. Però fra tutti
gli insetti alati che camminano
su quattro piedi, potrete
mangiare quelli che hanno due
zampe sopra i piedi, per saltare
sula terra. Perciò potrete
mangiare i seguenti: ogni specie
di cavalletta, ogni specie di
locusta, ogni specie di acridi e
ogni specie di grillo. Ogni altro
insetto alato che ha quattro
piedi lo terrete in abominio! Lv
11,20-22
Le regole alimentari ebraiche sono molto più complesse rispetto a quelle delle
religioni orientali e dell’islamismo. Il lavoro in cucina molto più complesso. La
normativa ebraica sembra porre la sua attenzione soprattutto sulla carne. Altre
restrizioni riguardano alcune parti del corpo dell’animale, il grasso e il sangue.
I rabbini hanno sintetizzato tre regole:
1. Divieto di cucinare insieme carne e latte
2. Divieto di mangiarli insieme
3. Divieto di consumare ciò che deriva dall’insieme di carne e latte.
“Non cucinerai il capretto nel latte della madre“.
Un divieto che racchiude il senso delle Mizvoth
alimentari: spingere gli uomini a portare il sacro nel
quotidiano, fare della propria tavola un altare,
adempiere al proprio ruolo sacerdotale nel mondo.
Il latte è il primo alimento dell’uomo, che la natura
offre spontaneamente e automaticamente, che non
richiede preparazione, e che soprattutto non richiede,
per ottenerlo un intervento cruento.
La carne invece presuppone una cultura, la capacità di
allevare o cacciare un animale, e soprattutto, la sua
morte. Il divieto di mescolare carnee latte vorrebbe
forse indicare che non bisogna perdere di vista questa
contrapposizione di significati.
Forse la contrapposizione sta proprio nel fatto che è un
alimento «innocente», l’altro invece deriva da un
«delitto»
Una cucina Kasher deve essere dotata di
pentolame, utensili, posate e vasellame diversi
e facilmente riconoscibili da usare per la carne,
e altri da usare per il latte e i suoi derivati.
Tutti gli utensili usati per la preparazione dei
piatti di carne devono essere riposti in armadi e
cassetti diversi da quelli in cui vengono riposti
gli utensili usati per la preparazione o il
consumo dei piatti contenenti latticini. Lo
stesso vale per gli spazi in cui questi ingredienti
vengono conservati, normalmente in frigo.
Tradizionalmente gli utensili, i piatti e
canovacci usati per la carne erano
contrassegnati dal colore rosso, mentrq quelli
per il latte e i suoi derivati erano
contrassegnati dal colore blu; entrambi possono
venire usati per il pesce.
Nel vangelo i discepoli
di Gesù sono stati
rimproverati dai farisei
e dagli scribi di non
osservare «molte altra
cose per tradizione,
come lavature di
bicchieri, stoviglie e
oggetti di rame…» (Mc 7,4)
La festa di Pasqua aggiunge altre
regole descritte principalmente in Es
12.
Viene ucciso un agnello o un capretto
maschio, senza difetto, nato
nell’anno.
L’animale doveva morire al crepuscolo
dopo il tramonto del sole mentre il
suo sangue serviva a colorare gli stipiti
e l’architrave della casa ebraica. La
carne era arrostita e mangiata la
notte stessa insieme ad altri alimenti
quello che rimaneva andava bruciato.
A differenza di altre religioni,
l’ebraismo non conosce divieti per
quanto riguarda il vino. Nella
Bibbia solo i nazirei lo rifiutavano
e un popolo i recabiti.
Se ne condanna l’eccesso di uso
ma viene considerata una
bevanda lecita.
«Il vino è come la vita per gli
uomini, purché tu lo beva con
misura. Che vita è quella di chi
non ha vino? Questo fu creato per
la gioia degli uomini. Allegria del
cuore e gioia dell’anima è il vino
bevuto a tempo e misura» (Sir 32,27-28)
Il Talmud afferma
che il vino bevuto
con moderazione
dischiude il cervello
dell’uomo.
Colui che è
completamente
astemio raramente
possiede la saggezza(Rabbi di Koretz)
La dieta alimentare degli ebrei non è
vegetariana anche se vieta la carne di
molti animali. Il rito della shechitah
permette di poter consumare la carne
lecita.
Il taglio della trachea e dell’esofago,
fatto con una lama affilatissima, che
non deve avere nessuna intaccatura.
La lama viene fatta strisciare sul
collo, avendo cura di muoverlo
rapidamente, senza fermarsi e senza
esercitare pressioni sul collo
dell’animale in senso antero –
posteriore. La morte dell’animale è
rapida e praticamente indolore;
contemporaneamente si ottiene, con
il taglio dei vasi del collo, un rapido e
abbondante dissanguamento
Un giorno in un paese arrivò un
giovane macellatore rituale, in
sostituzione del vecchio defunto.
Dopo qualche tempo, gli ebrei locali
ebbero questa discussione.
Uno chiese: Come va il nuovo
macellatore?
Un altro rispose: Fa il suo dovere.
Recita le preghiere? Sì, le recita.
Affila il coltello? Certamente. E
inumidisce la lama? La inumidisce.
Allora che cosa c’è che non va?
Replicò il secondo.
Rispose il primo: Sai, il fatto è che
il nostro vecchio macellatore era
solito inumidirla, la lama, con le
sue lacrime.
Il macellatore, schochet,
solo dopo aver superato
speciali esami ed aver
ottenuto la licenza da
rabbino può procedere alla
shechitah.
Sia la Bibbia sia la
riflessione rabbinica hanno
previsto tutta una serie di
norme a tutela della vita e
del rispetto degli animali.
Riposo sabbatico, divieto di
castrazione e caccia sono
esempi di rispetto della
vita animale.
L’uccisione di un animale è un
gesto da condannare perché
pone fine alla vita di un essere
vivente: solo Dio può togliere la
vita ad un essere vivente
perché solo lui l’ha donata.
L’unica eccezione a questo
principio è legata al sacrificio
dell’animale a Dio: dopo aver
offerto a Dio l’animale, solo
allora, l’uomo può cibarsi della
sua carne.
La shechitah si impone come un
atto educativo che deve far
pensare, che deve insegnare,
che comunque non deve far
dimenticare la crudeltà
dell’azione.
Mangerai dunque a sazietà
E benedirai il Signore Dio tuo
A causa del paese fertile che ti ha dato
Birkat ha-mazon, benedizione del pasto,
cf. Dt 8,10.
Chi per errore avesse messo in bocca dei
cibi senza aver detto la benedizione,
deve spingerli da un lato (della bocca) e
dire la benedizione.
(R. Jehudah)
Quando mangiate e godete del gusto e
della dolcezza del cibo, ricordate che è
il Signore che ha messo nel cibo il gusto
e la dolcezza. Mangiando così lo
servirete veramente. (Besht)
L’uomo non è autorizzato a sopprimere una
vita e se lo fa sa che metterebbe a repentaglio
anche la sua.
Nella religione cristiana questa idea è sparita.
Esisteva il mattatoio, dal latino mactare che
richiama magis auctus, accrescere,
sacralizzare.
Il popolo d’Israele continua ad affermarne
l’importanza: si può mangiare carne di animali
a patto che questi, in quanto esseri viventi,
siano uccisi mediante un gesto che deve essere
sacro.
Queste norme sono azioni,
modelli di comportamento che
rappresentano un sistema di
vita. Un’idea religiosa si capisce
con lo studio; ma per capire
un’azione che esprime un’idea
religiosa il solo studio non è
sufficiente; l’azione deve essere
vissuta.[…] L’esperienza ebraica
si capisce veramente soltanto
quando la si vive (R. Di Segni)
Le norme ebraiche che
regolano la dieta degli ebrei
non sono fini a se stesse ma
devono essere calate in un
contesto più vasto: quello
della santità qedushah da cui
deriva sacro qadosh che
significa anche separato
distinto
Il digiuno ha maggior valore della carità.
Per quale ragione? Il digiuno si compie
col corpo, l’altro col denaro (R. Elazar)
La distruzione del tempio di
Gerusalemme obbligò tutti gli ebrei a
praticare il culto al Dio unico senza
salire al luogo che egli si era fatto
costruire da re Salomone.
Ogni fedele, praticando il digiuno,
obbedendo alle regole alimentari e a
tutta la normativa della legge era
messo in grado di adempiere alla
volontà di Dio.
Il digiuno riveste un
ruolo decisivo nella
religione ebraica:
esso ricorda a tutti gli
ebrei (in particolare
quelli della diaspora) i
momenti decisivi del
popolo eletto da Dio
ricordandone gli
avvenimenti principali
(la maggior parte dei
quali ricavati dal
testo sacro).
L’ebreo digiuna per:
1. Suscitare la compassione di Dio
2. Entrare in contatto con Dio
3. A causa di calamità naturali
4. A causa di guerre
Chi digiuna deve:
1. accompagnare il digiuno alla
preghiera
2. Leggere la Torah
3. Umiliarsi
4. Cospargersi il capo di cenere
5. Ricordare che il digiuno può
essere fatto di sabato solo in
casi eccezionali
Il calendario delle festività
ebraiche è così determinato:
Tutti i sabati
14 Adar, Purim (festa delle sorti)
14 Nisan, Pesach (Pasqua)
6 Sivan, Shavuoth (Pentecoste)
9 Av, Tishah ve-Av (digiuno:
giorno di lamento per la
distruzione del tempio)
1 Tishri, Yom Kippur (digiuno di
espiazione)
10 Tishri, Simchat Torah (feste
della legge)
24 Kislew Hannukkah (festa delle
luci)
La comunità cristiana delle origini si divise
fin da subito sul rispetto delle regole
alimentari ebraiche. Quando l’apostolo
Pietro, nato da famiglia ebrea, accettò
l’invito a cena di Cornelio, un centurione
romano, alcuni cristiani non esitano a
rimproverarlo: «Sei entrato in casa di
uomini non circoncisi e hai mangiato
insieme con loro!» (At 11,3). Pietro
conosceva bene quel divieto «Voi sapete
che non è lecito per un Giudeo unirsi o
incontrarsi con persone di altra razza; ma
Dio mi ha mostrato che non si deve dire
profano o immondo nessun uomo.» (At
10,28). Nella lettera ai Galati si legge che
Pietro «prima che giungessero alcuni da
parte di Giacomo, prendeva cibo insieme ai
pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a
evitarli e a tenersi in disparte, per timore
dei circoncisi» (Gal 2,12).
se i primi cristiani di origine ebraica hanno
continuato a osservare le prescrizioni alimentari
della Bibbia di Israele, la conversione dei pagani al
cristianesimo ha spinto gli apostoli ad accantonare
quei divieti. Ancora dagli Atti apprendiamo una
visione di Pietro: «Gli venne fame e voleva prendere
cibo. Ma mentre glielo preparavano, fu rapito in
estasi. Vide il cielo aperto e un oggetto che
discendeva come una tovaglia grande, calata a terra
per i quattro capi. In essa c’era ogni sorta di
quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo.
Allora risuonò una voce che gli diceva: “Alzati,
Pietro, uccidi e mangia!”. Ma Pietro rispose: “No
davvero, Signore, poiché io non ho mai mangiato
nulla di profano e di immondo”. E la voce di nuovo a
lui: “Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più
profano”».
Ai tempi del primo Concilio tenuto dagli apostoli a
Gerusalemme, più o meno nel 50 d.C., fu presa la
decisione di limitare il più possibile la distinzione tra
animali leciti e proibiti, cibo puro e impuro. «Abbiamo
deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro
obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenervi
dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali
soffocati e dalla impudicizia. Farete cosa buona perciò a
guardarvi da queste cose» (Ac 15:28-29). Vale la pena
sottolineare che nel medesimo Concilio venne tolto per i
cristiani l’obbligo della circoncisione, importantissimo
sigillo identitario per gli ebrei ai quali era proibito
frequentare, avere rapporti e anche solo salutare i non
circoncisi. Con quelle decisioni la Chiesa primitiva usciva
dai confini etnico-religiosi di Gerusalemme e del
giudaismo. Non con il senso e il fine di un atto di
ribellione nei confronti dell’integralismo israelita ma
come strumento funzionale ad una predicazione non
discriminatoria, a tutto campo, finalizzata alla diffusione
del Vangelo di Cristo allora non ancora scritto.
Nella prima lettera ai Corinti San Paolo affronta ancora il tema del
cibo con la sua consueta determinazione e intelligenza. Sulle carni
immolate agli idoli: «…noi sappiamo che non esiste alcun idolo al
mondo e che non c’è che un Dio solo.» (I Co 8:4) E ancora più
avanti: «”Tutto è lecito!”. Ma non tutto è utile! “Tutto è lecito!”.
Ma non tutto edifica. Nessuno cerchi l’utile proprio, ma quello
altrui. Tutto ciò che è in vendita sul mercato, mangiatelo pure
senza indagare per motivo di coscienza, perché del Signore è la
terra e tutto ciò che essa contiene. Se qualcuno non credente vi
invita e volete andare, mangiate tutto quello che vi viene posto
davanti, senza fare questioni per motivo di coscienza. Ma se
qualcuno vi dicesse: “È carne immolata in sacrificio”, astenetevi
dal mangiarne, per riguardo a colui che vi ha avvertito e per
motivo di coscienza; della coscienza, dico, non tua, ma dell’altro.
Per qual motivo, infatti, questa mia libertà dovrebbe esser
sottoposta al giudizio della coscienza altrui? Se io con rendimento
di grazie partecipo alla mensa, perché dovrei essere biasimato per
quello di cui rendo grazie?» (I Co 10,25-30).
Nella sua epistola ai Romani (Rm 14), Paolo
scrive: «Accogliete tra voi chi è debole nella
fede, senza discuterne le esitazioni. Uno crede di
poter mangiare di tutto, l’altro invece, che è
debole, mangia solo legumi. Colui che mangia non
disprezzi chi non mangia; chi non mangia, non
giudichi male chi mangia, perché Dio lo ha
accolto» … «Io so, e ne sono persuaso nel Signore
Gesù, che nulla è immondo in se stesso; ma se
uno ritiene qualcosa come immondo, per lui è
immondo. Ora se per il tuo cibo il tuo fratello
resta turbato, tu non ti comporti più secondo
carità. Guardati perciò dal rovinare con il tuo
cibo uno per il quale Cristo è morto! Non divenga
motivo di biasimo il bene di cui godete! Il regno
di Dio infatti non è questione di cibo o di
bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito
Santo». (Rm 14:2-4, 14-17)
Il sangue
Il divieto di consumare il sangue, oggi non più così ferreo, è
stato a lungo rispettato dei cristiani così come confermato
da Tertulliano di Cartagine ( 155-220 ca. ), apologista,
polemista, teologo e moralista, il quale dimostra l’assurdità
delle accuse contro i cristiani, e come stragi e calunnie
ottengono l’effetto contrario. Sua è la famosa frase sanguis
semen cristiano rum (il sangue è semente di cristiani). Nella
sua Apologia del cristianesimo (IX, 9-15) così si esprime:
«Arrossisca la vostra aberrazione davanti a noi cristiani, che
non consideriamo il sangue degli animali neppure come cibo
ammesso nei pranzi, e per questa ragione ci asteniamo dagli
animali uccisi per soffocamento o morti naturalmente, per
non essere in alcun modo contaminati dal sangue, anche se
giace sepolto fra le viscere». Nel 692, il Concilio in Trullo
(palazzo imperiale di Costantinopoli) vieta espressamente il
consumo di qualsiasi alimento contenente sangue, e
stabilisce la scomunica per il popolo che contravvenga al
veto e la destituzione per i sacerdoti.
L’ordine religioso dei
Certosini fa della privazione
costante di ogni carne un
elemento fondamentale della
sua regola al capitolo 7 del
loro Statuto si legge:
“Secondo un’abitudine
introdotta dai nostri padri
fondatori e sempre guardata
con particolare rispetto, noi
abbiamo rinunciato all’uso
della carne. Questo è un
tratto caratteristico
dell’Ordine e un segno della
austerità eremitica in cui,
con l’aiuto di Dio, noi
abbiamo scelto di vivere”.
Le carni equine
Alcune prescrizioni alimentari si affacciano di quando in
quando nella storia della cristianità. Nel 732, i cavalieri
franchi di Carlo Martello nei dintorni di Tours mettono un freno
all’ espansionismo musulmano e papa Gregorio III pone fine
con una epistola al consumo di carne equina: i quadrupedi si
sono mostrati troppo preziosi per venire banalmente macellati.
Il successore di Gregorio, Zaccaria I, scaglia un ulteriore
anatema sulla carne di cavallo con l’intento di discriminare gli
invasori Germani che si cibavano delle carni immolate al culto
di Odino. Il sacrificio pagano diventa quindi la vera ragione
dell’interdetto alimentare. Tracce di questa avversione nei
confronti delle carni equine (il cui consumo fu ri-considerato
“lecito” per la Chiesa all’epoca della Ritirata di Russia)
permangono ancora in molte aree cristiane che considerano il
cavallo “impuro” o “abominevole” dal punto di vista religioso,
in questo inconsapevolmente d’accordo con l’Islam e
l’Ebraismo.
L’astinenza e il digiuno
La Scrittura non comanda ai cristiani di digiunare o di astenersi dal consumo
delle carni. Ma allo stesso tempo, la Bibbia presenta il digiuno come
qualcosa di buono, proficuo e che ci si aspetta. Secoli di tradizione
spirituale cristiana avevano conservato le pratiche dell’astinenza e del
digiuno come un memoriale necessario. Oggi la chiesa cattolica propone
(non obbliga a) l’astinenza dalla carne solo nei venerdì di quaresima,
permettendo la sostituzione di questa pratica con altre opere nei venerdì
del resto dell’anno. Le chiese ortodosse invece conservano una legislazione
molto precisa riguardo all’astinenza da alcuni alimenti e i fedeli vi si
attengono con estrema serietà. Resta difficile da comprendere perché mai
astenersi dalle carni e poter invece mangiare la carne… di pesce, che oggi è
più ricercata e più costosa della carne stessa.
Alcuni gruppi religiosi cristiani continuano a osservare i precetti
alimentari della Bibbia. È il caso degli Avventisti e raccomandano una
dieta ovo-latteo-vegetariana e il rispetto degli interdetti biblici sugli
animali. E si ritengono che “la distinzione tra gli animali puri e impuri
fu operata all’epoca di Noè, molto tempo prima dell’esistenza di
Israele”. E si raccomandano anche di astenersi dal fumare e dal
consumare alcol, e caffè (considerate lente forme di suicidio, contrarie
quindi al comandamento “non uccidere”). Per questo motivo nelle
celebrazioni eucaristiche usano succo d’uva anziché vino. Gli Avventisti
si astengono dal consumo del sangue ma non si oppongono alla
trasfusione terapeutica com’è consuetudine per i Testimoni di Geova.
Per questi ultimi le regole alimentari della Bibbia non sono vincolanti
(sangue escluso) e non hanno alcuna preclusione sul consumo del vino e
degli alcolici ma considerano il fumo come una disobbedienza al
dettato di San Paolo “purifichiamoci da tutte le sozzure della carne e
dello spirito”. I Mormoni non osservano le prescrizioni alimentari della
Bibbia riguardanti gli animali ma raccomandano di non cibarsi di
sangue. Si astengono dal fumo, dall’alcol, dal tè e dal caffè.
Nella religione cristiana, a differenza di quella ebraica
e islamica, non esistono regole o tabù alimentari se
non quelli legati alla moderazione e a evitare gli
eccessi e i peccati di gola. Questo perché
l’insegnamento di Gesù Cristo, per quanto riguarda i
divieti alimentari, si discosta da quello ebraico: ”Non è
ciò che entra nella bocca che contamina l'uomo; ma è
quel che esce dalla bocca che contamina l'uomo […]
Non capite che tutto ciò che entra nella bocca se ne va
nel ventre, e viene espulso nella fogna? Ma le cose che
escono dalla bocca procedono dal cuore; sono esse che
contaminano l'uomo. Poiché dal cuore provengono
pensieri malvagi, omicidi, adulteri, fornicazione, furti,
false testimonianze, maldicenze. Queste sono le cose
che contaminano l'uomo; ma il mangiare senza lavarsi
le mani non contamina l'uomo” (Mt 15,11; Mt 15,17-
20).
Nella Chiesa cattolica fa eccezione a questa regola generale il
divieto di consumare carne nel venerdì santo insieme all’obbligo
del digiuno in alcune circostanze particolari come il mercoledì
delle ceneri e il venerdì santo. Nel medioevo, e in qualche
misura ancora oggi, tra i cristiani, la passione per il cibo (gola)
rappresenta uno dei sette vizi capitali, perché può essere
occasione di cedimento al piacere. Per i monaci, per esempio,
se la gola era di ostacolo alla salvezza il digiuno era la regola
per rinforzare la virtù e redimersi. Un valore, questo, ancora in
uso in alcune forme di ascetismo cristiano. Tuttavia, è
importante notare che, nella religione cristiana, l’evento
culmine della salvezza, cioè l’istituzione dell’Eucarestia, si
svolge intorno al tavolo dell’ultima cena, durante la
celebrazione della Pasqua ebraica, mentre gli apostoli e Gesù
mangiano l’agnello, il pane azzimo, le erbe amare e bevono il
vino rosso: un evento che i cattolici ricordano e rivivono ogni
giorno nella Santa Messa.