Law and Media Working Paper Series Codice ISSN: 2531-484X EDITORE: Oreste Pollicino - COORDINATORE EDITORIALE: Marco Bassini SEDE: Via Roentgen, 1 – 20136 Milano e-mail: [email protected]Law and Media Working Paper Series no. 9/2017 a cura di MARIO FRANZOSI,ORESTE POLLICINO,GIANLUCA CAMPUS,MARCO BASSINI autori: S. QUINTARELLI, F. BONOMO, G. BRUZZONE, A.M. CARDANI, G. MUSCOLO, F. FIECCONI, M. FRANZOSI, G. CAMPUS, E. MAZZA, S. ERCOLANI, G. MONDINI, L. CILIBERTI, S. LONGHINI, E. BELLINI 1 Tavoli dell’Intergruppo Innovazione per il Mercato Unico Digitale Le sfide del Digital Single Market Copyright 1 Stefano Quintarelli e Francesca Bonomo (Intergruppo Parlamentare per l’innovazione tecnologica) sono Autori del par. 1; Ginevra Bruzzone (Vicedirettore Generale Assonime) è Autrice del par. 2; Angelo Marcello Cardani (Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) è Autore del par. 3; Gabriella Muscolo (Commissioner dell’Autorità Garante della Concorrenza del Mercato) è Autrice del par. 4; Francesca Fiecconi (Consigliere Corte d’appello di Milano) è Autrice del par. 5; Mario Franzosi (Professore e Avvocato, Franzosi Dal Negro Setti, Milano) e Gianluca Campus (PhD e Avvocato, Franzosi Dal Negro Setti, Milano) sono Autori del par. 6; Gianluca Campus è Autore anche del par. 7; Enzo Mazza (CEO Fimi – Federazione Industria Musicale Italiana) è Autore del par. 8; Stefania Ercolani (Presidente ALAI Italia) è Autrice del par. 9; Giorgio Mondini (Avvocato, Mondini e Rusconi, Milano) è Autore del par. 10; Liliana Ciliberti (Director Legal Affairs, Regulatory&Competition Affairs, Partner Channels, Media&IP Law, Litigation presso Sky Italia) è Autrice del par. 11; Stefano Longhini (Head of Litigation ‐ Broadcasting, Legal Affairs ‐ Contracts, Rights, IPR presso RTI Mediaset.) è Autore del par. 12; Enrico Bellini (Policy Senior Analyst Google) è Autore del par. 13.
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Law and Media Working Paper Series
Codice ISSN: 2531-484X
EDITORE: Oreste Pollicino - COORDINATORE EDITORIALE: Marco Bassini
Italia) è Autrice del par. 11; Stefano Longhini (Head of Litigation ‐ Broadcasting, Legal Affairs ‐ Contracts,
Rights, IPR presso RTI Mediaset.) è Autore del par. 12; Enrico Bellini (Policy Senior Analyst Google) è
Autore del par. 13.
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INDICE: 1. Introduzione: i Tavoli dell’Intergruppo Innovazione per il Mercato Unico Digitale. – 2.
Diritto d’autore e Mercato unico digitale: le sfide per il legislatore europeo. – 3. Osservazioni sulla
proposta di riforma della “direttiva Copyright”: il ruolo dei regolatori. – 4. La prospettiva pro‐
concorrenziale ed il sistema della gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi in
Italia alla luce della Direttiva 2014/26/UE. – 5. Il diritto d’autore: materia domestica o europea? – 6.
L’Unione Europea e la creazione di un Mercato Unico Digitale. – 7. Il Mercato Unico Digitale e la
necessità di ripensamento di alcune categorie giuridiche – 8. La proposta di direttiva sul Copyright
nel Digital Single Market e la responsabilità degli intermediari online – 9. I contratti di autori ed
artisti nel Copyright Package UE – 10. Principio del paese d’origine e circolazione online delle
opere audiovisive – 11. Tutela dei contenuti protetti dal diritto d’autore nel contesto digitale – 12.
Mercato Unico Digitale: libertà, concorrenza e diritto di autore – 13. Google, creatività e copyright.
1. Introduzione: i Tavoli dell’Intergruppo Innovazione per il Mercato Unico Digitale.
L’Intergruppo parlamentare per l’innovazione tecnologica del Parlamento Italiano
(http://www.parlamentari.org/) riunisce circa novanta parlamentari di tutte le formazioni politiche
accomunati dall’attenzione ai temi della società dell’informazione e dall’obiettivo di porre la
strategia digitale al centro del dibattito politico. L’Intergruppo Innovazione ha ospitato il 10
ottobre 2016 presso la Sala Aldo Moro della Camera dei Deputati la presentazione del volume The
Digital Single Market Copyright (Aracne Editrice, a cura di Mario Franzosi, Oreste Pollicino e
Gianluca Campus). La presentazione è stata l’occasione per avviare con i Curatori e con molti
autorevoli esperti e professionisti del settore una riflessione più ampia sul Mercato Unico Digitale
e sul ruolo che l’Italia deve giocare, dal punto di vista del processo di elaborazione legislativo e
della ricostruzione giuridica, in questo importante fase di riforma del diritto d’autore europeo.
La presentazione è stata altresì l’occasione per dare il via all’esperienza dei Tavoli
dell’Intergruppo Innovazione per il Mercato Unico Digitale, un luogo di incontro e di confronto tra
Politica, Regolatori, Università, Magistratura e mondo delle imprese e delle professioni, aperto a
tutti i contributi di quanti vogliano collaborare, con idee e con esperienze, a comprendere una
società in forte evoluzione, soggetta agli enormi cambiamenti determinati dall’accesso a strumenti
di comunicazione ormai pressoché illimitati.
Si è provato in definitiva a parlare del nostro futuro. Del futuro di tutti noi. Uno dei
messaggi più forti emersi dal primo Tavolo dell’Intergruppo Innovazione è che il diritto d’autore è
uscito ormai da una nicchia dedicata essenzialmente a tecnici per diventare un tema centrale
nell’agenda politica europea.
La Digital Single Market Strategy della Commissione Europea è il frutto di questa
consapevolezza. Il nostro presente è (e il nostro futuro sarà sempre di più) vissuto su reti di
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comunicazione elettronica e questo cambiamento, che è prima di tutto tecnologico e sociale,
richiede un quadro normativo che risponda alle nuove sfide di una sempre maggiore integrazione
tra vissuto personale e network di comunicazione. Un intreccio in cui i diritti patrimoniali, i diritti
della personalità, i diritti di cittadinanza assumono un significato nuovo, perché ogni atto che
avviene sulle reti di telecomunicazione ha un impatto potenzialmente globale.
Abbiamo di fronte un futuro fatto di sfide molto complesse. Sfide che richiedono un insieme
di conoscenze tecniche, professionali e una sensibilità ai fenomeni economici e politici che sono
essenziali per delineare un quadro normativo che regga le sfide del mondo digitale. Ė un processo
storico molto rilevante, che in molti paesi europei è stato già fortemente percepito e i primi segnali
del fatto che qualcosa sta avvenendo sono sotto i nostri occhi.
Sono le prime proposte di una legislazione comunitaria più moderna nell’ambito della Digital
Single Market Strategy e che saranno analizzate da diversi punti di vista in questo Working Paper. Si
tratta di interventi importanti e innovativi, come la Proposta di Regolamento che garantisce la
portabilità transfrontaliera dei servizi di contenuti online, la Proposta di Direttiva sul diritto
d’autore nel Mercato Unico Digitale, la Proposta di Regolamento sull’esercizio di alcune forme di
trasmissione online e di ritrasmissione di programmi radiotelevisivi e le Proposte di Direttiva e di
Regolamento rispettivamente sull’uso di opere protette e sull’accesso transfrontaliero da parte di
persone con disabilità.
L’Italia deve giocare un ruolo attivo in questo processo, con il suo decisivo contributo di
esperienze e conoscenze, se non vuole aspettare che le nuove regole siano elaborate senza poter
beneficiare della sua ricca tradizione giuridica.
2. Diritto d’autore e Mercato unico digitale: le sfide per il legislatore europeo.
2.1 Punti condivisi ed esigenze da soddisfare
Quando si discute di come definire i confini del diritto d’autore e assicurare le appropriate
modalità di protezione nel contesto digitale emergono visioni diverse e interessi confliggenti. Vi
sono tuttavia alcuni punti condivisi, che possono costituire una base di partenza per le riflessioni
di politica pubblica.
Il primo punto rispetto al quale esiste un sufficiente consenso riguarda la finalità da
perseguire: si deve mirare a un quadro giuridico che, assicurando i giusti incentivi alla creazione e
all’investimento, sia in grado di favorire la fornitura e la diffusione dei contenuti e lo sviluppo
dinamico dei settori interessati. È da un tale quadro giuridico che possono derivare i maggior
benefici anche per i fruitori dei contenuti, ossia i consumatori.
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Un altro punto non controverso attiene alla necessità, quando si tratta della diffusione di
contenuti nel contesto digitale, di effettuare bilanciamenti tra diverse esigenze.
Come evidenziato da molte sentenze della Corte di giustizia europea e dei tribunali
nazionali, spesso sono i giudici a dovere compiere questo esercizio, sulla base del quadro
normativo esistente e delle garanzie riconosciute dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo
e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Se guardiamo, ad esempio, alla
giurisprudenza in tema di responsabilità dei prestatori intermediari rispetto ai contenuti protetti,
nelle valutazioni entrano in gioco la libertà d’impresa e i diritti di proprietà, la libertà di
espressione per chi fornisce contenuti in Rete, il diritto alla tutela dei dati personali, i diritti di
difesa, nonché il diritto dei consumatori ad avere accesso al maggior novero possibile di
informazioni2. Nelle controversie relative ai sistemi di equo compenso per le copie private,
l’esigenza di compensare adeguatamente i titolari dei diritti si accompagna a quella di non
coinvolgere nel finanziamento soggetti che non beneficiano dell’eccezione della copia privata3.
Nelle pronunce della Corte di giustizia riguardo alla legittimità di restrizioni territoriali, quale la
sentenza Premier League/Murphy del 20114, si tratta di bilanciare le esigenze degli consumatori nel
mercato interno con quelle delle imprese relative alla sostenibilità dei modelli di produzione e
diffusione dei contenuti. In tutti questi ambiti, nelle valutazioni dei giudici un ruolo cruciale è
svolto dal principio di proporzionalità.
È un bilanciamento diverso, di tipo politico, quello che è richiesto oggi al legislatore
europeo a fronte della sfida della modernizzazione delle regole sul diritto d’autore nel contesto
digitale. La riflessione coinvolge alcune delle principali direttive relative al mercato interno, quali
la direttiva sul commercio elettronico (2000/31/CE), la direttiva Infosoc (2001/29/CE) e la direttiva
sull’enforcement dei diritti di proprietà intellettuale (2004/48/CE). Si tratta di vedere se e in che
modo l’evoluzione straordinaria dei modelli di business e delle modalità di fruizione dei contenuti
a cui stiamo assistendo in questi anni nei settori della musica, dell’audiovisivo, dei libri e
dell’informazione periodica generi esigenze rispetto alle quali l’attuale quadro normativo europeo
è inadeguato. Si tratta, inoltre, si capire se sia opportuno intervenire sul fronte legislativo o siano
più appropriate forme alternative di intervento pubblico, che vanno dall’utilizzo dei fondi europei
2 Cfr. ad esempio le sentenze della Corte di giustizia 29 gennaio 2008, causa C‐275/06, Promusicae; 24
novembre 2011, causa C‐70/10, Scarlet c. Sabam; 16 febbraio 2012, causa C‐360/10, Sabam c. Netlog; 19 aprile
2012, causa C‐461/10, Bonnier Audio, e le sentenze italiane nel caso Peppermint, pubblicate in Riv. Dir. Ind.
2008. 3 Cfr Corte di giustizia, sentenza 9 giugno 2016, causa C‐470/14, sul sistema spagnolo e sentenza 22 settembre
2016, causa C‐ 110/15, sul sistema italiano. 4 Sentenza 4 ottobre 2011, cause C‐403/08 e C‐429/08.
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alla promozione di protocolli di intesa tra gli operatori e all’incoraggiamento di iniziative di
autoregolazione e co‐regolazione.
Sul piano politico, l’esigenza più evidente è quella di assicurare ai cittadini europei un
facile accesso a un’ampia varietà di contenuti, anche attraverso i confini nazionali. Perseguire
questo obiettivo è importante per rafforzare il senso di appartenenza a un mercato unico integrato
in un momento di disamore e sfiducia per il progetto europeo. Al contempo, vi è un vincolo da
rispettare: le misure volte a favorire l’accesso ai contenuti devono essere compatibili con la
sostenibilità economica per i soggetti coinvolti a vario titolo nella loro produzione e diffusione. In
questo senso, le tesi estreme per cui nel mondo della comunicazione digitale senza confini il
concetto stesso di tutela del diritto d’autore e dei diritti connessi è obsoleto possono essere
interessanti sul piano intellettuale ma sono nel concreto di scarsa utilità.
Una seconda esigenza rilevante sul piano politico è quella di assicurare che lo sviluppo del
mercato digitale sia accompagnato da un’equa remunerazione di tutti i soggetti che, a vario livello,
intervengono nella catena del valore (dagli autori agli artisti, dall’industria dei contenuti agli
internet service providers). La Commissione europea auspica, al riguardo, ‘un mercato più giusto e
sostenibile per i creatori e la stampa’ (‘a fairer and sustainable marketplace for creators and the press’). In
questo ambito, la sostenibilità economica non è tanto un vincolo quanto l’obiettivo delle iniziative
di politica pubblica. La difficoltà consiste nel trovare il modo di intervenire dall’esterno per
assicurare la sostenibilità dei modelli produttivi evitando il rischio di interventi dirigistici di tipo
redistributivo, che potrebbero irrigidire ingiustificatamente l’evoluzione del sistema.
Sono queste, in estrema sintesi, da un lato le esigenze e dall’altro le difficoltà a cui si trova
oggi a far fronte il legislatore europeo con il pacchetto sul copyright nel Mercato unico digitale. È
evidente che il compito è estremamente complicato, anche in relazione alla varietà dei soggetti
coinvolti.
2.2 Una strategia per il copyright nel Digital Single Market
Tra il 2010 e il 2012 la Commissione europea aveva tentato di disegnare una serie di
interventi per la modernizzazione della disciplina del diritto d’autore nel contesto digitale. In
ragione della difficoltà di conciliare le diverse istanze, tuttavia, vi è stata per un paio di anni una
battuta d’arresto. La sola rilevante iniziativa che si è riusciti a portare a termine in questo lasso di
tempo è stata la direttiva 2014/26/UE sulla gestione collettiva del diritto d’autore e dei diritti
connessi e le licenze multi‐territoriali di diritti per le opere musicali per l’uso online nel mercato
interno.
La Commissione Juncker ha deciso di ritentare, proponendo all’interno della più ampia
strategia per il Mercato unico digitale del maggio 2015 una micro‐strategia relativa al Digital Single
Market Copyright che cerca di superare il blocco degli interessi contrapposti. In questa
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prospettiva, si comprende perché la maggior parte delle proposte di intervento legislativo siano
estremamente mirate (‘a targeted modernization of copyright’) e perché quando sono previste misure
che implicano maggiori oneri per una categoria di soggetti, la strategia perlopiù preveda anche
ulteriori misure a compensazione della medesima categoria di soggetti. Si capisce anche perché, in
vari ambiti, la strategia preveda strumenti di intervento pubblico diversi e complementari rispetto
alle misure legislative. Ad esempio, per sostenere le produzioni europee è prevista una
combinazione tra l’utilizzo di fondi europei e l’imposizione di obblighi in termini di una quota
minima di contenuti europei (20%) sui fornitori di servizi a richiesta5. Contestualmente viene
prevista, a vantaggio dei fornitori di servizi di video on demand, una semplificazione delle
modalità di accesso ai contenuti6.
Può essere utile proporre alcune riflessioni sulle principali linee di intervento della strategia
europea relativa al copyright nel contesto digitale, distinguendo tra le misure volte a favorire
l’accesso al patrimonio culturale europeo (sotto‐paragrafo 2.3), le misure volte specificamente a
favorire l’accesso transfrontaliero ai contenuti (sotto‐paragrafo 2.4) e quelle dirette a realizzare
un’equa remunerazione dei soggetti lungo la catena del valore (sotto‐paragrafo 2.5).
2.3 Accesso al patrimonio culturale europeo
Partendo dalle questioni meno controverse, da una decina di anni la Commissione sta
cercando di avvalersi della digitalizzazione come strumento per favorire l’accesso dei cittadini al
patrimonio culturale europeo.
Per le opere in pubblico dominio, non più coperte dal diritto d’autore, dal 2008 vi è una
piattaforma online senza scopo di lucro (Europeana) basata sulla cooperazione tra istituzioni
culturali europee che costituisce un punto di accesso gratuito alle opere delle loro collezioni che
vengano digitalizzate.
Il passo successivo ha riguardato le opere orfane, ossia quelle il cui autore non è noto o non
è più rintracciabile, in base a sforzi ragionevoli, per ottenere una licenza. Per le opere che seguendo
una determinata procedura risultano orfane, la direttiva 2012/28/UE ha introdotto una specifica
eccezione armonizzata a livello europeo al diritto di riproduzione e di messa a disposizione del
pubblico, sia pure limitata ad alcune istituzioni (in particolare, biblioteche), a certi tipi di opere (ad
esempio, non le singole fotografie) e solo a fini culturali e formativi. La creazione di una banca dati
pubblicamente accessibile, gestita dall’EUIPO, delle opere riconosciute come opere orfane in tutta
l’Unione europea rappresenta un primo passo nella direzione di un sistema di registrazione in
5 Proposta di direttiva sui servizi di media audiovisivi, COM (2016) 287 def. del 25 maggio 2016. 6 Proposta di direttiva sul diritto d’autore nel Mercato unico digitale, COM (2016) 593 def. del 14 settembre
2016.
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materia di diritto d’autore7. Resta aperta la questione se sia opportuno ampliare il novero delle
opere per cui è prevista l’eccezione e aprire il sistema anche a utilizzi commerciali.
Più delicato è il tema di favorire l’accesso online alle opere per le quali l’autore titolare del
diritto può a tutti gli effetti essere rintracciato ma che sono fuori commercio. In quest’ambito sin
dal 2011 la Commissione sta cercando di promuovere la digitalizzazione su larga scala per
facilitare l’accesso ai cittadini senza stravolgere il sistema dei diritti. La soluzione, promossa
inizialmente su base volontaria e ora codificata nella proposta di direttiva sul diritto d’autore nel
Mercato unico digitale, si basa sulla costruzione di un meccanismo per facilitare il rilascio da parte
dei titolari dei diritti di accordi volontari di licenza in favore delle istituzioni culturali per la
digitalizzazione e la messa a disposizione delle opere (libri, riviste, film), anche con finalità
commerciali. Nel sistema, che è basato su un meccanismo di opt‐out, viene affidato alle società di
gestione collettiva un ruolo chiave di coordinamento e riduzione dei costi di transazione.
Riguardo a tutte queste iniziative va osservato che, finché si tratta di usare la
digitalizzazione per assicurare l’accesso alle opere esistenti e non sfruttate, i temi del diritto
d’autore (nelle sue dimensioni morale ed economica) si pongono in modo attenuato, anche se
ovviamente con differenze sostanziali tra opere in pubblico dominio, orfane o fuori commercio.
Sicuramente, però, in tutti e tre gli ambiti occorrono risorse finanziarie affinché le iniziative si
traducano in una diffusa digitalizzazione e messa a disposizione delle opere con concreti benefici
per gli utenti. Resta aperta la questione di come reperire tali risorse in ambito pubblico o con il
coinvolgimento del settore privato.
Per il settore dell’audiovisivo, già nel 2012 era chiara l’esigenza di migliorare la
conoscibilità, la reperibilità e la disponibilità online delle opere europee, in particolare dei film
fuori distribuzione. Si trattava quindi di stabilire come procedere nel rispetto dei diritti dei vari
soggetti coinvolti. Nel pacchetto sul copyright del settembre 2016 la Commissione europea spinge
anzitutto per un sistema universale di identificazione delle opere basato, con il supporto della
tecnologia, sull’interoperabilità dei diversi standard esistenti, come premessa per l’integrazione
delle attuali banche dati8. In aggiunta, vi è la proposta di semplificare la concessione delle licenze
per la messa a disposizione delle opere su piattaforme di video on demand. Nella proposta di
direttiva sul copyright viene compiuto un passo avanti, rispetto al mero auspicio di un dialogo tra
gli stakeholder, con il previsto obbligo per gli Stati membri di istituire organismi indipendenti volti
7 Nel dibattito europeo sono stati ipotizzati anche progetti più avanzati, volti a consentire lo sfruttamento
commerciale delle opere orfane, previa autorizzazione da parte di un organismo indipendente. Su questi
temi e in generale sul dibattito sino al 2013, cfr. Assonime, La protezione dei diritti di proprietà industriale e
intellettuale nel contesto on‐line, Note e studi n. 6/2013. 88 Comunicazione del 14 settembre 2016, COM (2016) 592 def.
8
a facilitare la negoziazione dei diritti. Quindi il percorso logico comprende cataloghi, licensing hubs
e messa a disposizione dei contenuti.
Iniziative complementari volte a rafforzare l’accessibilità delle opere includono la messa a
disposizione di fondi per doppiaggi e sottotitoli e la promozione di strumenti di ricerca con
informazioni anche sui contenuti. Nella direzione di agevolare l’accesso del cittadino europeo ai
contenuti vanno anche le nuove eccezioni previste dal pacchetto sul copyright, relative ai materiali
per l’insegnamento con strumenti digitali, anche in corsi online transfrontalieri, al text and data
mining da parte di ricercatori, anche a fini commerciali, e alla conservazione del patrimonio
europeo da parte delle istituzioni culturali anche per opere diverse dalle opere orfane.
2.4 Accesso transfrontaliero ai contenuti
Dato che Internet per definizione non segue i confini nazionali, la fruibilità online dei
contenuti coperti dal diritto d’autore ha fatto emergere una potenziale tensione tra l’impostazione
tradizionale del diritto d’autore, incentrata sulla tutela frammentata a livello nazionale, e le
potenzialità offerte dalla tecnologia di accedere facilmente alle opere a prescindere dai confini
nazionali.
Va tenuto ben presente che la segmentazione dei mercati tramite licenze su base territoriale
non deriva solo dalla natura nazionale del diritto: anche nell’ipotesi in cui si giungesse a un titolo
di protezione unitario a livello europeo, potrebbe rimanere una segmentazione territoriale
nell’utilizzo del diritto tramite le licenze9. Esistono infatti, tra i vari Stati membri, differenze a volte
profonde nella domanda di contenuti per ragioni che vanno dalla lingua alla diversità culturale, al
livello di reddito, al digital divide. Per questo è perlopiù razionale per i titolari dei diritti adottare
una strategia di diffusione dei contenuti articolata all’interno del territorio europeo per remunerare
i propri investimenti.
In questo ambito il legislatore europeo si trova di fronte a interessi parzialmente divergenti:
quello degli utenti di accedere facilmente a tutti i contenuti, a prescindere dai confini nazionali, e
l’interesse dei diversi soggetti coinvolti nella catena del valore a evitare rigidità che potrebbero
generare elevati costi, quale sarebbe ad esempio un obbligo di concedere licenze pan‐europee.
Sinora, al riguardo, le iniziative europee si sono limitate a favorire le licenze multi‐territoriali dei
diritti per l’utilizzo online delle opere musicali, senza imporre dall’alto tali scelte10.
Più in generale, come osservato dalla Commissione europea, nei contratti di licenza per i
contenuti digitali si trova una serie di clausole che in astratto potrebbero essere considerate
restrittive (restrizioni territoriali, finestre temporali di distribuzione, vincoli relativi alle tecnologie
utilizzabili dai fornitori per trasmettere i contenuti e dagli utenti per accedervi, vincoli di esclusiva
9 Sul tema, cfr. Il rapporto del CEPS Digital Forum (2013), Copyright in the EU Digital Single Market. 10 Cfr. in particolare la direttiva 2014/26/UE.
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di durata significativa). Su questi profili contestualmente alla pubblicazione della Digital Single
Market Strategy, su proposta della DG Concorrenza la Commissione ha avviato un’indagine
conoscitiva in materia di commercio elettronico che ha tra i suoi obiettivi quello di analizzare la
situazione del settore dei contenuti digitali e di comprenderne le ragioni e gli effetti nella
prospettiva del diritto antitrust11.
Come sanno bene gli esperti di diritto della concorrenza – e come recentemente ribadito
dalla Commissaria Vestager12, clausole di questo tipo possono essere giustificate per assicurare il
buon funzionamento del mercato in un contesto in cui la domanda di contenuti è disomogenea tra
Stati membri e in cui occorre remunerare sostanziali investimenti. Ciò che bisogna capire è se e in
quali condizioni il diritto antitrust europeo debba porre un limite alla libertà di definire le clausole
contrattuali relative ai contratti di licenza sia dal punto di vista territoriale, con particolare
riferimento alle restrizioni alle cosiddette vendite passive (non sollecitate dal fornitore), sia per gli
altri profili.
Per applicare le regole antitrust occorre comprendere bene come funzionano i mercati
interessati. Per verificare se effettivamente le clausole in oggetto incidano negativamente sulle
variabili del processo concorrenziale ‐ prezzi, quantità, varietà, innovazione – a discapito del
consumatore, ci si deve interrogare sullo scenario controfattuale, considerando come
funzionerebbe il mercato in assenza delle restrizioni contestate. Nella disciplina delle intese
verticali tra fornitori e distributori nel contesto analogico, le restrizioni alle vendite passive sono
tradizionalmente considerate incompatibili con il diritto europeo della concorrenza. Nel trasporre
un simile approccio nel contesto digitale occorre cautela perché la facilità del passaggio dalla
fruizione online del singolo consumatore alla diffusione generalizzata in Rete del contenuto rischia
di pregiudicare i modelli economici di produzione e distribuzione.
Uno studio del 2014 elaborato su impulso della Commissione europea riguardo all’analisi
economica dei profili territoriali dello sfruttamento online del diritto d’autore ha evidenziato che,
rispetto alla attuale situazione, un divieto generalizzato per i fornitori di contenuti di adottare
limitazioni territoriali non comporterebbe necessariamente una migliore situazione per gli utenti13.
Il Parlamento europeo, nella risoluzione del 19 gennaio 2016 Towards a Digital Single Market ha
riconosciuto che promuovere indiscriminatamente il rilascio di licenze pan‐europee potrebbe
tradursi, paradossalmente, in una riduzione dei contenuti disponibili per gli utilizzatori.
11 http://ec.europa.eu/competition/antitrust/sector_inquiries_e_commerce.html. Sul rapporto preliminare
dell’Indagine conoscitiva, cfr. Assonime, Interventi n. 20/2016. 12 http://ec.europa.eu/commission/2014‐2019/vestager/announcements/e‐commerce‐fair‐deal‐consumers‐
online_en. 13 CRA (2014), Study on Economic Analysis of the Territoriality of the Making Available Right in the EU, predisposto per la DG Mercato interno.
10
Coerentemente, per ora non solo il settore audiovisivo ma più in generale i contenuti
protetti sono esclusi dall’ambito di applicazione della proposta di regolamento sul geo‐blocking,
che pone un obbligo di non discriminazione per i servizi accessibili online14. Nella micro‐strategia
in tema di Digital Single Market la Commissione si è limitata a proporre alcuni interventi specifici
volti ad aumentare senza rilevanti controindicazioni le possibilità di fruizione transfrontaliera dei
consumatori.
In particolare, nella proposta di regolamento sulla portabilità transfrontaliera dei contenuti
presentata nel dicembre 2015 è previsto che il consumatore possa usufruire anche quando si trova
temporaneamente in altri Stati membri dei contenuti a cui ha acquisito accesso legalmente (tramite
acquisto o abbonamento) nel proprio Stato di residenza.
Nella proposta di regolamento sulle trasmissioni e ritrasmissioni online di programmi
televisivi e radiofonici, per semplificare l’accesso alle necessarie autorizzazioni e così poter
trasmettere online a livello transfrontaliero, l’approccio del paese d’origine (già seguito per le
trasmissioni via cavo e via satellite) viene esteso alle trasmissioni online dei broadcasters
strettamente ancillari alla programmazione (trasmissione contestuale online, servizi di catch‐up).
Una semplificazione della concessione delle licenze è prevista per le ritrasmissioni in network
chiusi con tecnologie diverse dal cavo.
In sintesi, data la complessità del settore appare appropriata, sia sul fronte legislativo che
nell’applicazione del diritto antitrust, un’approfondita riflessione volta a comprendere le ragioni
delle restrizioni contenute negli attuali contratti di licenza e le conseguenze delle varie opzioni
prima di decidere in che misura rafforzare quello che a prima vista costituisce un obiettivo
desiderabile, ossia l’accesso ai contenuti da parte del cittadino europeo a prescindere dai confini
nazionali.
Al tempo stesso, va riconosciuto che la mancata disponibilità dei contenuti legali spesso finisce
per favorire la pirateria. È quindi nell’interesse dei titolari dei diritti e dei distributori di contenuti
ampliare al massimo le possibilità per gli utenti per fruire legalmente dei contenuti online. Occorre
un costante sforzo per sviluppare le modalità di accesso legale, anche con soluzioni innovative.
2.5 La remunerazione dei soggetti lungo la catena del valore
Rispetto all’esigenza di assicurare ‘un mercato più equo e sostenibile’ dal punto di vista
della remunerazione dei vari soggetti lungo la catena del valore, nella strategia della Commissione
europea si possono individuare tre principali linee di azione.
La prima consiste nell’assicurare una più efficace remunerazione dei titolari dei diritti
rafforzando l’azione di contrasto alle violazioni. Si collocano in questo ambito le iniziative volte a
14 COM (2016) 289 def.
11
coinvolgere, attraverso l’approccio follow the money, i fornitori di servizi di pagamento e gli
acquirenti di spazi pubblicitari nella prevenzione delle violazioni su scala commerciale. Nella
stessa prospettiva, nella proposta di direttiva sul copyright sono previsti nuovi obblighi in capo ai
fornitori di servizi online che forniscono l’accesso a un’ampia quantità di contenuti caricati dagli
utenti, per assicurare che per i contenuti protetti i titolari dei diritti dispongano della concreta
possibilità di far valere le proprie prerogative (autorizzazione o rimozione). È inoltre in agenda
una revisione della direttiva del 2004 sull’enforcement dei diritti, volta a rafforzare gli strumenti a
disposizione dei giudici.
La seconda linea di azione consiste nel riconoscimento a livello europeo, in capo agli editori
della stampa periodica, di un nuovo diritto connesso per la riproduzione e la messa a disposizione
dei contenuti nel contesto online. La proposta, contenuta nella direttiva sul copyright, non si
spinge a definire modelli di remunerazione ma fornisce la possibilità agli Stati membri di
consentire agli editori, grazie a questo diritto, di avere maggiore potere negoziale per l’utilizzo dei
propri contenuti nei confronti dei nuovi prestatori di servizi online.
La terza linea di azione consiste nella previsione di nuovi obblighi di trasparenza in capo
alle controparti contrattuali degli autori ed esecutori circa gli introiti realizzati grazie al loro
lavoro. Anche in questo caso la proposta si limita a definire il contesto, senza spingersi alla
definizione degli equilibri contrattuali.
2.6 Alcune considerazioni
Dalla ricognizione delle linee di intervento di cui oggi si discute a livello europeo emerge
con chiarezza che, in ragione delle difficoltà di conciliare i diversi interessi e dei vincoli di cui
occorre tenere conto per evitare che la riforma produca effetti indesiderati, la modernizzazione del
diritto d’autore procede in modo incrementale. Vengono ampliate in modo mirato le eccezioni,
viene creato un contesto più trasparente volto a facilitare l’acquisizione di licenze e il dialogo nei
rapporti tra gli stakeholder.
Vi è, a dire il vero, nella comunicazione del dicembre 2015 anche una visione di lungo periodo
che accenna a una riforma più ampia, volta a superare la natura nazionale del diritto d’autore per
giungere a un titolo unico a livello europeo, a cui potrebbe corrispondere una competenza
giurisdizionale a livello europeo. Per ora, tuttavia, questa prospettiva non è ancora concretamente
in discussione nell’agenda politica. In ogni caso le riflessioni in corso, riguardo ad esempio alla
compatibilità con il diritto europeo di clausole di licenza che prevedono restrizioni territoriali,
saranno utili anche laddove in futuro si proceda verso questo scenario più ambizioso.
12
3. Osservazioni sulla proposta di riforma della “direttiva Copyright”: il ruolo dei regolatori
3.1 Il Regolamento AGCOM
Come noto, il Regolamento15 entrato in vigore nel 2014 definisce le procedure per
l’accertamento da parte dell’AGCOM delle violazioni commesse sulle reti di comunicazione
elettronica.
In generale, l’azione dell’Autorità in materia di diritto d’autore ha lo scopo di contribuire
alla tutela della proprietà intellettuale sulle reti di comunicazione elettronica, sia reprimendo i
fenomeni di pirateria, sia stimolando la diffusione di una cultura della legalità fra gli utenti della
rete. In coerenza con queste finalità, i provvedimenti emanati hanno mirato a colpire soprattutto i
casi di violazione più grave e reiterata, nell’ambito di un approccio ispirato comunque ai criteri
garantisti di gradualità, proporzionalità e adeguatezza dell’intervento.
3.2 Procedura
A seguito del ricevimento di un’istanza in materia di violazione della legge sul diritto
d’autore, l’AGCOM può ordinare, nel rispetto dei criteri di gradualità, proporzionalità e
adeguatezza, ai prestatori di servizi di impedire o porre fine alla violazione, ad esempio attraverso
la rimozione selettiva delle opere digitali rese disponibili sui siti in violazione del diritto d’autore,
ovvero attraverso la disabilitazione dell’accesso alle suddette opere digitali o, infine, attraverso la
disabilitazione dell’accesso ai siti ove siano rese disponibili tali opere digitali.
In alternativa, nei casi in cui si ritenga che non sussista alcuna violazione, l’AGCOM può
disporre l’archiviazione dell’istanza.
3.3 Attività svolta16
A due anni e mezzo dall’entrata in vigore del Regolamento sono pervenute 601 istanze
valide (+ 36% tra il primo e il secondo anno), a dimostrazione che l’utente‐tipo del web è
probabilmente più responsabilizzato oggi rispetto al passato sulle problematiche relative alla
proprietà intellettuale su Internet.
Per valutare il grado di efficacia della misura proposta, l’AGCOM effettua regolarmente un
monitoraggio dei casi: da tale analisi risulta che gli adeguamenti spontanei (142 casi) sono stati
pari al 37% del totale dei procedimenti avviati e ciò rappresenta il segno più chiaro dell’efficacia
15 Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure
attuative ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, di cui alla delibera n. 680/13/CONS del 12
dicembre 2013. 16 Tutti gli atti relativi agli interventi dell’Autorità sono visionabili sul sito Internet www.ddaonline.it.
13
del Regolamento e di una sensibilità sempre ampia degli utenti del web nei confronti della tutela
della legalità. Si consideri che, a seguito dell’entrata in vigore del Regolamento, l’Italia per il terzo
anno consecutivo e stata esclusa dalla c.d. watch list dei paesi meno virtuosi sul rispetto dei diritti
di proprietà intellettuale pubblicata nello specifico rapporto del Dipartimento per il commercio
estero degli Stati Uniti d’America.
3.4 Tipo di interventi effettuati
Si osserva che gli ordini di disabilitazione dell’accesso mediante blocco del Domain Name
System (DNS)17 (211 casi), pari al 53% del totale dei procedimenti avviati, hanno riguardato
principalmente siti che ospitano film, serie tv e musica (italiana e straniera), giornali, nonché siti
che ospitano le partite di calcio del Campionato di serie A e di altre competizioni calcistiche (il 14%
circa degli ordini di disabilitazione dell’Autorità).
La natura stessa delle opere oggetto di violazione, trattate con riti abbreviati, palesa un tipo
di violazione che non riguarda la libertà di espressione o l’errore accidentale di qualche singolo
utente, bensì casi in cui da parte dei trasgressori vi è una chiara intenzione di speculazione per
motivi meramente economici, avvalendosi anche di società specializzate nella fornitura di servizi
di anonimato in rete e di sistemi di mascheramento dei dati dell’utente (nel 46,5% dei casi di
disabilitazione dell’accesso). A questi procedimenti e stato attribuito un carattere di urgenza
tenuto conto dell’estensione della violazione – che coinvolge migliaia di opere – e dalla necessità di
arginare in tempi rapidi il danno economico della pirateria su opere diffuse di recente sui mercati
di riferimento.
3.5 I criteri di AGCOM nell’applicazione del Regolamento
In applicazione del Regolamento, e delle Linee Guida per la sua attuazione elaborate col
contributo delle principali associazioni di categoria, i procedimenti di AGCOM si incardinano
esclusivamente nei confronti dei siti internet segnalati, i quali risultano il solo obiettivo del
provvedimento finale di inibizione. Ciò in quanto risulta impossibile prevedere, in sede di
provvedimento finale, l’eventualità che il sito oggetto di inibizione si riproduca attraverso alias.
Qualora, invece, esistano dei siti alias già al momento dell’istanza, documentati dal
segnalante, risulta ammissibile che il procedimento venga incardinato nei confronti di tutti i siti
segnalati e che gli stessi siano oggetto del provvedimento finale di inibizione.
In termini pratici, quindi, gli ordini emanati da AGCOM contengono l’esatta
individuazione dell’indirizzo da inibire e, a fini di maggior chiarezza possibile, a tutte le delibere è
allegata una black list di tutti gli indirizzi oggetto di ordine di inibizione. La stessa lista è inviata in
17 Nei confronti dei prestatori di servizi di mere conduit operanti sul territorio italiano.
14
modalità telematica ai provider al fine di automatizzare il processo e ridurre conseguentemente gli
oneri di attuazione dei provvedimenti emanati.
Tale impostazione di AGCOM in relazione al regime di responsabilità degli Internet service
provider è stata recentemente confermata da un’importante ordinanza della sezione specializzata in
materia di impresa del Tribunale di Milano. La questione ha riguardato l’esatta individuazione dei
siti pirata che sono soliti replicarsi in numerosi alias utilizzando diversi nomi a dominio. La parte
ricorrente aveva richiesto ai provider anche l’inibizione dell’accesso agli indirizzi non ancora
registrati ma ipoteticamente riconducibili al sito originale. Il Tribunale ha chiarito che i provider
sono tenuti al blocco dei soli indirizzi esistenti e riconosciuti responsabili di violazione.
Come AGCOM siamo consapevoli delle oggettive difficoltà di controllo dei comportamenti
illegali in un ambiente aperto come la rete Internet, tuttavia, manteniamo la fiducia che attraverso
un’azione costante e attenta all’evoluzione tecnologica e alle trasformazioni dei mercati si possano
ottenere risultati positivi in termini di legalità e accessibilità dei contenuti disponibili online.
3.6 La proposta di riforma della “direttiva Copyright”
Nel settembre 2016 la Commissione europea ha adottato una serie di proposte di riforma
del diritto d’autore nel Mercato unico digitale che costituiscono elementi fondamentali della
Strategia per il Mercato unico digitale. Tali proposte mirano a garantire:
1. maggiori possibilità di scelta e migliore accesso ai contenuti online e transfrontalieri;
2. norme migliorate sul diritto d’autore per l’istruzione, la ricerca, il patrimonio culturale
e l’inclusione delle persone con disabilità;
3. un mercato più equo e sostenibile per i creatori, le industrie creative e la stampa.
1. Le nuove proposte normative mirano a dare alle emittenti la possibilità di rendere
disponibili la maggior parte dei propri contenuti anche in altri Stati membri, al fine di ampliare le
possibilità di scelta dei consumatori. Con la nuova direttiva si introduce un meccanismo giuridico
per consentire ai broadcaster di ottenere più facilmente le autorizzazioni dei titolari dei diritti di cui
hanno bisogno per trasmettere programmi online in altri Stati membri dell’Ue allargando il
ventaglio di scelta per i consumatori.
Inoltre, la nuova direttiva sul diritto d’autore aiuterà i musei, gli archivi e le altre istituzioni
a digitalizzare e rendere disponibile a livello transfrontaliero opere fuori commercio (quali libri o
film protetti da diritti d’autore, ma non più disponibili al pubblico) per migliorare l’accesso al ricco
patrimonio culturale europeo.
La Commissione metterà a disposizione dei fondi per sostenere ulteriormente la
circolazione dei contenuti creativi al di là delle frontiere, contribuendo al finanziamento del
15
doppiaggio e della sottotitolazione, al fine di rendere disponibile un nuovo catalogo delle opere
audiovisive europee che ne faciliti il reperimento e la visualizzazione online.
2. Nella proposta di direttiva, la Commissione prevede un’eccezione per consentire agli
istituti educativi di utilizzare materiali per illustrare l’insegnamento grazie a strumenti digitali e
corsi online attraverso le frontiere.
Inoltre, la direttiva proposta contribuirà a rendere più facile per i ricercatori in tutta l’UE
lʹuso delle tecnologie di text and data mining (TDM) per l’analisi di grandi insiemi di dati.
3. Con la nuova direttiva sul diritto d’autore si intende rafforzare la posizione dei titolari
dei diritti nella negoziazione e nella remunerazione per lo sfruttamento online dei contenuti su
piattaforme per la condivisione. Sulla base delle nuove norme, tali piattaforme avranno l’obbligo
di utilizzare strumenti efficaci, come tecnologie per individuare automaticamente canzoni o opere
audiovisive che i titolari dei diritti hanno identificato e la cui autorizzazione o eliminazione è stata
concordata con le piattaforme.
La Commissione propone di introdurre un nuovo diritto connesso per gli editori, analogo a
quello già esistente nel diritto dell’Unione per i produttori di film, i produttori discografici (di
fonogrammi) e altri operatori delle industrie creative, che in concreto punta a imporre ai grandi
portali digitali che indicizzano e veicolano contenuti di proprietà degli editori, un vincolo a
riconoscere e corrispondere a questi ultimi una remunerazione per l’utilizzo dei loro contenuti. Si
tratta in sostanza di un nuovo diritto che riconosce l’importante ruolo svolto dagli editori a stampa
nell’investire in contenuti giornalistici di qualità e nel crearli, conferendo loro un maggior potere
negoziale nei riguardi dei servizi online che utilizzano tali contenuti.
3.7 Alcune osservazioni sulla proposta di riforma della “direttiva Copyright”
Dalla proposta di riforma della direttiva del diritto d’autore nel mercato unico digitale emerge
con evidenza il tentativo di attuare un’agenda ambiziosa volta a modernizzare il quadro di
riferimento giuridico in materia di diritto d’autore nell’Unione Europea, che necessita, però, di una
messa a fuoco di una serie di aspetti tecnici.
(i) In primo luogo, si registra nella proposta di riforma l’intenzione di affrontare il tema della
riduzione del c.d. value gap tra le remunerazioni dei fornitori di contenuti ed i fornitori di
servizi a vario tipo (quali ad esempio i provider, i motori di ricerca, gli aggregatori, i social
network ‐ cd. OTT): a questo proposito, secondo la proposta di direttiva, questi soggetti
avrebbero, solo un obbligo di informazione e trasparenza circa i compensi spettanti agli
autori ed agli artisti a titolo di equa remunerazione per l’utilizzo delle loro opere. Resta,
tuttavia, da valutare nel corso del processo di recepimento, l’efficacia di tale misura;
(ii) Inoltre, emerge l’introduzione dell’obbligo per gli internet service provider, sulle cui
piattaforme gli utenti caricano opere protette, di concordare con i titolari dei diritti l’uso di
16
dette opere o concludere accordi per impedire la disponibilità delle stesse agli utenti del
servizio, nonché informare i titolari del funzionamento e delle misure intraprese: tale
previsione sembra rivolta ai nuovi intermediari, che non si limitano a svolgere servizio di
hosting passivo, ma svolgono ulteriori attività ‐ per conseguire utili d’impresa ‐ non
meramente automatiche. Tuttavia, la previsione potrebbe non essere sufficiente a garantire
un effettivo controllo da parte dei detentori dei diritti sui contenuti diffusi tramite la Rete, in
quanto risulterebbe interferenti con il regime legale di esenzione di responsabilità previsto
dall’art. 14 della direttiva 2000/31/CE per i prestatori di servizi di mere conduit, caching e
hosting18;
(iii) Infine, nella proposta di direttiva si intravede, seppur ancora in forma meramente delineata,
un ruolo aggiuntivo per i regolatori nazionali, ai quali spetterebbe il compito di facilitare le
negoziazioni per lo sfruttamento online dei diritti sulle opere audiovisive (art. 10 della
proposta di direttiva).
4. La prospettiva pro‐concorrenziale ed il sistema della gestione collettiva dei diritti d’autore e dei
diritti connessi in Italia alla luce della Direttiva 2014/26/UE
4.1 Il mercato unico digitale e l’esigenza di nuove regole
Rapidamente lʹeconomia globale diventa digitale: le tecnologie dellʹinformazione e della
comunicazione non costituiscono più un mercato a sé stante, bensì il fondamento medesimo di
tutti i settori economici innovativi moderni. Via via che ne aumenta lʹintegrazione in tutti i settori
della nostra economia e società, Internet e le tecnologie digitali trasformano la vita tanto personale
quanto professionale e collettiva di ciascuno. Per velocità e portata, il cambiamento è tale da recare
con sé possibilità enormi di innovazione, crescita ed occupazione; una società europea digitalizzata
può infatti creare “centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro, in particolare per i giovani in cerca di
occupazione, e una società dinamica e basata sulla conoscenza”19.
A livello europeo, l’assetto normativo esistente tuttavia risulta frammentato e rischia di
costituire un ostacolo alla digitalizzazione della società e dei mercati europei. Tramite la strategia
sul Digital Single Market, la Commissione si è posta quindi ad es. come obiettivo di “superare i
compartimenti stagni delle regolamentazioni nazionali nel settore delle telecomunicazioni, nella legislazione
18 La Direttiva 2000/31/CE (c.d. Direttiva sul commercio elettronico) non impone ai fornitori di servizi di mere
conduit, caching e hosting (di cui agli artt. 12, 13 e 14), un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni
che trasmettono o memorizzano, né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che
indichino la presenza di attività illecite. 19 Commissione europea, Comunicazione sulla Strategia per il mercato unico digitale in Europa, COM (2015) 192
final, 6 maggio 2015, disponibile al sito eur‐lex.europa.eu.
17
sui diritti dʹautore e sulla protezione dei dati, nella gestione delle onde radio e nellʹapplicazione del diritto
della concorrenza”20.
Nell’ambito della Strategia sul Mercato digitale unico, le istituzioni europee individuano 3
macro‐priorità strategiche. In primo luogo, la Commissione intende intervenire per migliorare le
possibilità e le condizioni di accesso online ai beni e servizi in tutta Europa per i consumatori e le
imprese; a tale scopo, le istituzioni europee intendono eliminare le principali differenze esistenti
tra la disciplina applicabile al mondo offline ed online e rimuovere le barriere all’offerta cross‐border
di beni e servizi tramite Internet.
A questo riguardo, le istituzioni europee hanno ad es. proposto l’introduzione di regole di
contrasto alle pratiche di geo‐blocking (con riguardo in particolare alla vendita di beni, all’accesso ai
siti web e alla non discriminazione nei mezzi di pagamento)21; hanno poi avviato l’indagine
conoscitiva sul settore dell’e‐commerce (con particolare attenzione alle potenziali barriere alla
concorrenza ed alle strategie commerciali potenzialmente restrittive in questo settore) ed ha
pubblicato i risultati preliminari dell’indagine22.
In secondo luogo, la Commissione intende creare un contesto economico e regolamentare
favorevole, affinché le reti e i servizi digitali possano svilupparsi; nell’ottica delle istituzioni
europee, questo implica la disponibilità di infrastrutture e di servizi contenutistici ad alta velocità
protetti e affidabili, sostenuti da condizioni regolamentari propizie allʹinnovazione, agli
investimenti, alla concorrenza leale e alla parità di condizioni. A questo riguardo, la Commissione
ha ad es. proceduto ad analizzare il ruolo delle piattaforme online e le possibili risposte
regolamentari23.
La terza priorità strategica delle istituzioni europee è quella di massimizzare il potenziale
di crescita dellʹeconomia digitale europea. Nella visione della Commissione, l’attuazione di
quest’ultimo obiettivo richiede investimenti nelle infrastrutture e nelle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione, come il cloud computing ed i big data, ricerca e
innovazione per rafforzare la competitività industriale ed il miglioramento dei servizi pubblici,
dellʹinclusione e delle competenze.
20 Ibidem. 21 Commissione europea, Proposta di Regolamento recante misure volte a impedire i blocchi geografici e altre forme di
discriminazione dei clienti basate sulla nazionalità, il luogo di residenza o il luogo di stabilimento nell’ambito del
mercato interno e che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE, COM (2016) 289 final,
2016, disponibile al sito ec.europa.eu/digital‐single‐market/en. 22 Commissione europea, Commission Staff Working Document. Preliminary Report on the E‐commerce Sector
Inquiry, SWD (2016) 312 final, 2016, disponibile al sito ec.europa.eu/competition/. 23 Commissione europea, Comunicazione su “Le piattaforme online e il mercato unico digitale. Opportunità e sfide
per lʹEuropa”, COM (2016) 288 final, 2016, disponibile al sito eur‐lex.europa.eu/.
18
4.2 Il mercato digitale ed il diritto d’autore
La volontà di favorire la creazione di un Mercato digitale europeo ha poi condotto la
Commissione ad intervenire anche in materia autoriale allo scopo di assicurare che anche le regole
sul diritto d’autore non ostacolino ed anzi favoriscano la crescita dei servizi digitali e la fornitura
cross‐border di questi servizi.
Prima dell’adozione della Strategia sul Mercato digitale unico, nel 2014, le istituzioni
europee hanno adottato la direttiva sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi
e sulla concessione di licenze multi‐territoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel
mercato Internet (direttiva 2014/26/UE; di seguito la “Direttiva”).
Questa Direttiva mira ad es. a creare un mercato efficiente della gestione collettiva a livello
europeo e a facilitare l’acquisto di licenze multi‐territoriali per i fornitori di contenuti musicali
online.
Nel contesto della Strategia unica per il mercato digitale, ed in particolare nell’ambito della
prima macro‐priorità strategica, la Commissione ha poi presentato una serie di proposte volte alla
modernizzazione della disciplina autoriale. Con riferimento alle restrizioni all’utilizzo
transfrontaliero dei contenuti, la Commissione ha pubblicato la proposta di regolamento sulla
portabilità transfrontaliera dei servizi di contenuti online con l’intento di assicurare l’accesso a
questi servizi da parte dei cittadini temporaneamente presenti in altri Stati Membri24.
In una prospettiva di più ampio respiro, la Commissione ha poi presentato alcune proposte
volte alla riforma della disciplina autoriale europea, tra cui la proposta di direttiva sul diritto
d’autore nel Mercato Unico Digitale25 e la proposta di regolamento sull’esercizio dei diritti d’autore
e dei diritti connessi nel settore della trasmissione online da parte degli emittenti e della
ritrasmissione di programmi radio‐televisivi26.
4.3 La Direttiva sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e connessi ed il recepimento in Italia
Tramite la Direttiva, le istituzioni europee hanno inteso in particolare armonizzare le
legislazioni nazionali in tema di funzionamento degli organismi di gestione collettiva allo scopo di
24 V. Commissione europea, Proposta di regolamento che garantisce la portabilità transfrontaliera dei servizi di
contenuti online nel mercato interno, COM (2015) 627 final, 2015, disponibile al sito eur‐lex.europa.eu. 25 V. Commissione europea, Proposta di direttiva sul diritto dʹautore nel mercato unico digitale, COM (2016) 593
final, 2016, disponibile al sito eur‐lex.europa.eu. 26 V. Commissione europea, Proposta di regolamento che stabilisce norme relative allʹesercizio del diritto dʹautore e
dei diritti connessi applicabili a talune trasmissioni online degli organismi di diffusione radiotelevisiva e ritrasmissioni
di programmi televisivi e radiofonici, COM (2016) 594 final, 2016, disponibile al sito eur‐lex.europa.eu.
19
garantire maggiore efficienza, trasparenza e partecipazione in tale attività; in secondo luogo, la
Direttiva intende promuovere un uniforme quadro regolamentare che tenga in debita
considerazione il contesto transfrontaliero entro il quale, con frequenza crescente, vengono fruiti i
servizi di musica online allʹinterno dellʹUnione Europea.
Il nucleo della Direttiva è costituito dalla libertà di scelta del titolare dei diritti rispetto
all’organismo di gestione collettiva cui conferire mandato27. La libertà di scelta del titolare dei
diritti ha ad oggetto anche la portata oggettiva dell’autorizzazione conferita all’organismo (e cioè
la scelta di quali categorie di diritti o tipi di opere e altri materiali protetti far gestire
all’organismo28) e l’estensione geografica di tale autorizzazione. Corrispondentemente alla libertà
di scelta, l’art. 5 della Direttiva attribuisce al titolare la facoltà di revocare il mandato in maniera
totale o parziale29.
La Direttiva stabilisce obblighi di trasparenza e di informazione, nonché individua una
serie di prescrizioni circa le modalità di esercizio dell’attività di gestione collettiva in capo a tutti
soggetti che svolgono attività di intermediazione di diritti d’autore e diritti connessi. Questi
requisiti sono tuttavia differenziati a seconda che si tratti di un “organismo di gestione collettiva”
ovvero un’“entità di gestione indipendente” (i.e. intermediario che non è controllato o detenuto dai
titolari dei diritti intermediati o dai relativi rappresentanti)30. Nel secondo caso, si applicano solo
un numero limitato di obblighi di trasparenza, informazione e sulle modalità di esercizio della
gestione collettiva31.
Quanto agli obblighi informativi, la Direttiva impone ad es. all’organismo di gestione
collettiva – ma anche all’entità di gestione indipendente – di comunicare almeno una volta l’anno
al titolare le informazioni concernenti i proventi e le detrazioni e di rendere pubbliche una serie di
27 Ai sensi dell’art. 5 co. 2 della Direttiva: “I titolari dei diritti hanno il diritto di autorizzare un organismo di
gestione collettiva di loro scelta a gestire i diritti […] indipendentemente dallo Stato membro di nazionalità, di
residenza o di stabilimento dell’organismo di gestione collettiva o del titolare dei diritti”. 28 A questo riguardo v. anche l’art. 5 co. 7 della Direttiva. 29 Ai sensi dell’art. 5 co. 4 Direttiva infatti “I titolari dei diritti hanno il diritto di ritirare l’autorizzazione di gestire
diritti, categorie di diritti o tipi di opere e altri materiali protetti da loro concessa a un organismo di gestione collettiva o
di revocare a un organismo di gestione collettiva diritti, categorie di diritti o tipi di opere e altri materiali protetti di loro
scelta, conformemente al paragrafo 2, per i territori di loro scelta, con un ragionevole preavviso non superiore a sei mesi.
L’organismo di gestione collettiva può decidere che tale ritiro o revoca produca effetti soltanto alla fine dell’esercizio
finanziario.” A tutela della facoltà di revoca v. anche art. 5 co. 5 e 6 della Direttiva. 30 V. in particolare le definizioni di “organismo di gestione collettiva”, “entità di gestione indipendente” e
“membro” di cui all’art. 3 della Direttiva; v. altresì i considerando 15 e 16 della Direttiva. 31 In particolare v. art. 2 della Direttiva, ai sensi del quale “L’articolo 16, paragrafo 1, gli articoli 18 e 20, l’articolo
21, paragrafo 1, lettere a), b), c), e), f) e g), e gli articoli 36 e 42 si applicano a tutte le entità di gestione indipendenti
stabilite nell’Unione.”
20
informazioni quanto alla politica tariffaria32. La trasparenza delle tariffe applicate contribuisce
all’attuazione della libertà di scelta del titolare dei diritti d’autore di cui all’art. 5 della Direttiva,
consentendo allo stesso titolare di comparare le diverse offerte e selezionare quelle più convenienti
e incentivando parallelamente gli organismi stessi a investire in efficienza per non perdere o per
acquisire clientela.
La Direttiva prevede infine l’obbligo per gli Stati Membri di designare autorità di
supervisione per il controllo del rispetto delle norme della Direttiva33.
In Italia, le principali norme in materia di gestione collettiva di diritti d’autore sono
contenute agli artt. 180 ss. l. n. 633/194134 e nella l. 9 gennaio 2008, n. 2. In materia di diritti
connessi, il d.l. 30 aprile 2010, n. 64, convertito con modificazioni dalla l. 29 giugno 2010, n. 100, ha
costituito il nuovo IMAIE, cui sono stati trasferiti i compiti che la legge affidava all’IMAIE in
liquidazione.
Il d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla l. 24 marzo 2012, n. 27, ha
disposto la liberalizzazione del settore della gestione collettiva dei diritti connessi ed il D.P.C.M. 19
dicembre 2012 ha specificato i requisiti minimi per operare nell’intermediazione dei diritti
connessi.
32 V. artt. 18 e 21 della Direttiva. 33 V. art. 36 della Direttiva, ai sensi del quale “Gli Stati membri garantiscono che il rispetto delle disposizioni di
diritto interno adottate e attuate conformemente agli obblighi stabiliti nella presente direttiva da parte degli organismi
di gestione collettiva stabiliti nel loro territorio sia controllato dalle autorità competenti designate e tale scopo.” Sul
tema v. amplius STEIN, Supervision of collecting societies, in FRANZOSI, POLLICINO e CAMPUS (a cura di), The
Digital Single Market Copyright. Internet and Copyright Law in the European Perspective, Aracne, Ariccia, 2016,
303 ss., la quale si concentra sul recepimento della disciplina della Direttiva quanto alla supervisione
dell’attività degli intermediari ed in una prospettiva comparatista, individua le scelte operate dagli
ordinamenti degli Stati Membri. 34 In particolare, ai sensi dell’art. 180 l. n. 633/1941, “lʹattività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma
diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per lʹesercizio dei diritti di
rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite
e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate, è riservata in via esclusiva alla Società italiana degli
autori ed editori (SIAE)”. In base all’art. 181 l. cit., la SIAE “può esercitare altri compiti connessi con la protezione
delle opere dellʹingegno, in base al suo statuto”; ad es. la SIAE svolge attività di accertamento, liquidazione e
riscossione delle imposte sugli spettacoli e sui trattenimenti pubblici, nonché dell’imposta sul valore
aggiunto in relazione alle attività di spettacolo: sul tema v. amplius GIORDANO, Sub art. 181 l.a., in UBERTAZZI
(a cura di), Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, Cedam, Milano, 2016, 2226. Ai
sensi dell’art. 182‐bis l. cit., la legge attribuisce a SIAE in collaborazione con AGCOM poteri di vigilanza su
specifici settori al fine di prevenire ed accertare le violazioni della legge sul diritto d’autore ed i correlati
poteri di ispezione (e.g. accesso ai locali dove vengono svolte le attività di duplicazione e vendita, ecc.; potere
di richiedere l’esibizione della documentazione relativa all’attività svolta, ecc.).
21
Norme rilevanti sul tema sono contenute poi nel D.P.C.M. 17 gennaio 2014 sul riordino
della materia dei diritti connessi.
Quanto al processo di attuazione della Direttiva, nell’estate 2016 è stata approvata la legge
di delegazione europea 201535, che all’art. 20 contiene i criteri di recepimento. Il 23 settembre 2016,
il Comitato Consultivo Permanente per il Diritto d’Autore ha deliberato uno schema di decreto
legislativo per l’attuazione della Direttiva (di seguito lo “Schema di Decreto”).
4.4 Il ruolo pro‐attivo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nel settore della
gestione collettiva: l’attività di advocacy
Al fine di garantire la concorrenzialità dei mercati della gestione collettiva, l’Autorità ha
svolto e svolge un ruolo proattivo tramite la sua attività di advocacy ed enforcement.
Per quanto concerne l’attività di advocacy, in relazione alla gestione collettiva dei diritti
connessi, l’Autorità ha supportato il processo di liberalizzazione ed è intervenuta con svariati
pareri sulla conformità delle leggi di liberalizzazione con i principi concorrenziali.
In particolare, l’Autorità si è pronunciata con il parere n. AS996 del 3 dicembre 2012 sullo
schema di decreto concernente i requisiti minimi per l’intermediazione dei diritti connessi36. La
versione finale del D.P.C.M. cit. del 19 dicembre 2012 ha poi recepito per intero i suggerimenti
dell’Autorità. L’Autorità ha espresso la propria posizione altresì nel parere n. AS1121 del 27 marzo
2014 su alcune regole contenute nello schema di decreto per il riordino della materia dei diritti
connessi (e concernente principalmente i rapporti negoziali nell’ambito della gestione collettiva
alla luce della liberalizzazione)37.
L’Autorità è intervenuta altresì con il parere n. AS1303 del 19 ottobre 2016 per evidenziare
le criticità di alcune prescrizioni contenute nello Schema di Decreto con riguardo alla gestione
collettiva dei diritti connessi (su cui v. amplius di seguito)38.
In relazione alla gestione collettiva dei diritti d’autore, l’Autorità ha esposto la propria
posizione nel parere n. AS1009 del 24 dicembre 2012 sulla proposta di direttiva del 201239 e nel
35 V. l. 12 agosto 2016, n. 170. 36 V. AGCM, parere 3 dicembre 2012, n. AS996, Schema di d.p.c.m. concernente l’individuazione di requisiti minimi
per gli intermediari dei diritti connessi, in Boll. AGCM n. 48/2012, 48 ss. 37 V. AGCM, parere 27 marzo 2014, n. AS1121, Riordino della materia del diritto connesso al diritto d’autore, in
Boll. AGCM n. 15/2014, 19 ss. 38 V. AGCM, parere 19 ottobre 2016, n. AS1303, Schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva
2014/26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d’autore, in Boll. AGCM n. 37/2016, 31 ss.; con tale parere,
l’Autorità ha altresì ribadito l’esigenza di “aprire alla concorrenza il mercato dell’intermediazione del diritto
d’autore, tramite adeguamento del testo di recepimento alle più favorevoli norme per la libertà di impresa”, già
espressa più ampliamente nel parere 1 giugno 2016, n. AS1281 (su cui v. infra).
22
parere n. AS1281 dell’1 giugno 2016 sul recepimento in Italia della Direttiva40. In questa sede
l’Autorità ha auspicato un ampio processo di liberalizzazione della gestione collettiva dei diritti
d’autore (su cui v. amplius di seguito).
4.5 L’esclusiva in capo a SIAE
L’adozione della Direttiva e l’esigenza di recepimento in Italia hanno sollevato un ampio
dibattito quanto alle prospettive di riforma del regime di gestione collettiva dei diritti d’autore ed
in particolare sull’opportunità di mantenimento dell’esclusiva in capo a SIAE41.
Le disposizioni contenute nella Direttiva concernenti la libertà di scelta per il titolare
quanto all’organismo di gestione cui conferire mandato dovrebbero comportare (quantomeno) per
il titolare italiano la facoltà di varcare i confini nazionali per affidare ad una società estera l’incarico
di gestire i propri diritti. È tuttavia verosimile o comunque probabile che ciò avverrà solo laddove
la società estera sia efficiente al punto da abbattere i costi di negoziazione (molto più elevati di
quelli connessi a una negoziazione con il monopolista interno) ed i costi di enforcement dei diritti
d’autore in uno Stato diverso da quello di stabilimento (tanto più elevati in relazione alle
utilizzazioni non online)42.
L’Autorità ha auspicato la riforma della disciplina per garantire “la concorrenza fra una
pluralità di collecting societies stabilite nel territorio italiano”43.
L’introduzione della sola libertà di scelta nel nostro ordinamento (ed il mantenimento del
regime di riserva in favore di SIAE previsto dall’art. 180 l. n. 633/1941) costringerebbe organismi di
gestione diversi dalla SIAE a stabilirsi presso altri Stati Membri, limitando quindi in maniera
significativa la possibilità per altri organismi di operare in Italia. A questo riguardo, l’Autorità ha
in particolare evidenziato che la scelta per il mantenimento de facto del regime di riserva limita la
libertà di iniziativa economica degli operatori.
La preservazione della riserva appare inoltre in contrasto con l’obiettivo di rendere effettiva
la libertà di scelta dei titolari dei diritti. Il superamento del monopolio legale in Italia risulta ancora
39 V. AGCM, parere 24 dicembre 2012, n. AS1009, Gestione collettiva dei diritti dʹautore e dei diritti connessi, in
Boll. AGCM n. 3/2013, 33 ss.. 40 V. AGCM, parere 1 giugno 2016, n. AS1281, Gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e
concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno, in Boll.
AGCM n. 19/2016, 17 ss.. 41 Sul tema da diverse prospettive v. e.g. MONDINI, Some remarks on Collective management of Copyright and
Related rights, 243 ss.; ERCOLANI, Collective management of rights and the role of collecting societies in Italy, 265 ss.;
LAVAGNINI, The Directive 2014/26/EU on collecting societies and the user’s perspective, 295 ss., tutti in FRANZOSI,
POLLICINO e CAMPUS (a cura di), op. cit.. 42 Sul tema v. ad es. SARTI, Appunti in tema di estensione e legittimità del monopolio SIAE, in AIDA 2015, 902 ss. 43 V. AGCM, parere 1 giugno 2016, n. AS1281, cit.
23
più opportuno dato che le normative interne di buona parte degli altri Stati Membri si sono spinte
negli ultimi anni verso la liberalizzazione. La liberalizzazione è stata già condotta peraltro in
relazione ai diritti connessi attraverso il d.l. n. 1/2012.
Infine, preservare il monopolio nazionale appare anacronistico anche alla luce dello
sviluppo delle tecnologie digitali e della fruibilità telematica, e quindi cross‐border, delle opere.
4.6 La riforma della SIAE
In virtù di varie disposizioni di legge, la SIAE è titolare di una serie di poteri connessi allo
svolgimento dell’attività di gestione collettiva44. La titolarità di significativi poteri connessi
all’attività di intermediazione potrebbe consentire di fatto a SIAE di mantenere il monopolio ed in
tal modo limitare qualsiasi spinta verso un’apertura concorrenziale del mercato.
A questo riguardo, l’Autorità ha evidenziato altresì la necessità di “rivedere il complesso delle
funzioni attribuite alla SIAE che non sono strettamente connesse alla gestione collettiva dei diritti in parola,
in quanto idonee a porre la stessa in una posizione di privilegio che potrebbe tradursi in un ostacolo allo
sviluppo concorrenziale dell’attività di intermediazione”45.
Tra i vari poteri attribuiti a SIAE, l’Autorità a titolo esemplificativo ha fatto riferimento ai
servizi di accertamento e di percezione di tasse, contributi, diritti che la SIAE può assumere, per
conto dello Stato o di enti pubblici o privati, ai sensi dell’articolo 181 l. n. 633/1941 ed alle attività di
vigilanza assegnate alla SIAE dall’articolo 182bis l. cit.46.
4.7 I requisiti per l’esercizio dell’attività di intermediazione
Nel parere del 2012, l’Autorità valutava positivamente in linea di principio la previsione di
requisiti organizzativi, di non discriminazione e di trasparenza adeguati in capo ai soggetti che
intendono occuparsi di intermediazione dei diritti d’autore (contenuti nella proposta iniziale di
direttiva)47.
L’attuazione della Direttiva impone però al legislatore italiano di valutare se recepire tout
court l’assetto differenziato dei requisiti tra organismi di gestione collettiva ed entità di gestione
44 V. e.g. artt. 181 e 182 bis l. n. 633/1941 (su cui supra). 45 V. AGCM, parere 1 giugno 2016, n. AS1281, cit. 46 Parte della dottrina ha in effetti rilevato che, in virtù della disciplina sulla libertà di scelta introdotta dalla
Direttiva, è possibile che dovrà essere l’AGCOM ad esercitare direttamente o in convenzione con altri
soggetti (e.g. guardia di Finanza; nuclei speciali della polizia di Stato o dei carabinieri) le funzioni oggi svolte
in coordinamento con la SIAE. Sul tema v. GIORDANO, Sub art. 182ter l.a., in UBERTAZZI (a cura di), op. cit.,
2234. 47 V. AGCM, parere 24 dicembre 2012, n. AS1009, cit.
24
indipendente ovvero stabilire una serie di requisiti minimi che si applicano a tutti i soggetti che
intendono svolgere attività di intermediazione48.
In aggiunta, nel parere del 19 ottobre 2016, l’Autorità ha individuato le criticità
concorrenziali derivanti dai requisiti imposti alle collecting di diritti connessi dallo Schema di
Decreto49. In particolare, ai sensi dello Schema di Decreto, rientrano nella definizione di “organismi
di gestione collettiva” solo gli operatori che cumulativamente sono controllati dai membri e non
hanno scopo di lucro; adottando una tale definizione, le società di gestione concorrenti dell’ex
monopolista di settore, Nuovo Imaie, non potrebbero più svolgere l’attività di intermediazione,
essendo per lo più costituite in forma di società e, quindi, a “scopo di lucro”.
Al fine di proseguire nel percorso già avviato con la liberalizzazione del settore dalla l. n.
27/2012, l’Autorità ha quindi evidenziato l’opportunità che “i requisiti siano alternativi (controllo da
parte dei soci o assenza di scopo di lucro), tenuto anche conto che l’articolo 3, lettera a), della Direttiva lascia
agli Stati membri la facoltà di scegliere tra coesistenza o alternatività dei predetti requisiti”50.
L’Autorità ha rilevato altresì la natura indebitamente restrittiva della concorrenza dei
requisiti patrimoniali imposti agli organismi di gestione collettiva ed alle entità di gestione
indipendenti ed in particolare dell’obbligo di dotarsi e di mantenere un patrimonio netto minimo
pari al 5% del valore dei diritti amministrati nell’anno precedente e comunque non inferiore a euro
100.000,00 e non superiore a euro 500.000,00.
Come principio generale, garanzie economiche e requisiti dimensionali minimi necessari
per assicurare un certo grado di affidabilità debbono essere “calibrati in proporzione alla natura, alla
complessità e alla dimensione complessiva dell’attività economica da svolgere”51. L’Autorità ha pertanto
espresso l’esigenza di abbassare la soglia minima di 100.000,00 euro e di prevedere una gradualità
48 Nel parere del 2012 l’Autorità rilevava quanto segue in relazione alla proposta di direttiva del 2012 (la
quale – diversamente dalla versione approvata – rivolgeva le regole in materia di trasparenza o sulle
modalità di esercizio dell’attività di gestione solo alle “società di gestione”): “Dato che l’attività di
intermediazione può essere svolta da soggetti strutturati anche in forme diverse da quelle a base associativa, appare
opportuno interrogarsi, come ha fatto codesto Dipartimento, sulle potenziali criticità concorrenziali derivanti dalla
scelta di individuare quali destinatari della direttiva esclusivamente le società di gestione a base associativa. Con ciò
escludendo, quindi, l’onere di rispettare i sopra citati requisiti per le società di gestione prive di questa specifica
caratteristica, ma parimenti attive nella gestione dei diritti interessati. Al fine di evitare discriminazioni con potenziali
implicazioni anticompetitive nell’attività di intermediazione interessata dalla normativa in discussione, appare
condivisibile l’ipotesi prospettata dal Dipartimento, la quale contempla l’applicazione generalizzata dei requisiti
soggettivi previsti dalla direttiva a tutti i soggetti che intendono esercitare l’attività di gestione dei diritti d’autore e dei
diritti connessi, con le eventuali differenziazioni del caso idonee a salvaguardare le specificità dei singoli soggetti
interessati. Ciò al fine di garantire la parità di condizioni ai diversi operatori presenti nel mercato”. 49 V. AGCM, segnalazione 19 ottobre 2016, n. AS1303, cit. 50 Ibidem. 51 Ibidem.
25
nell’incremento della soglia massima (500.000,00 euro), ovvero di mantenere i valori previsti
attualmente dal D.P.C.M. del 19 dicembre 2012. Sulla base degli stessi principi, l’Autorità ha
rilevato altresì la natura non proporzionata dell’obbligo di predisporre un fondo di garanzia rischi
connessi all’erogazione dei compensi di importo pari al 50% dei diritti non ripartibili, tenuto conto
delle ampie garanzie patrimoniali già previste; peraltro, “tale requisito appare distorsivo del corretto
funzionamento del mercato nella misura in cui non incentiva le società d’intermediazione […]a versare nei
più brevi tempi possibili i compensi raccolti agli AIE aventi diritto”52.
L’Autorità ha evidenziato altresì la centralità degli obblighi informativi in capo ai soggetti
che svolgono attività di intermediazione. Ad es. con riferimento alle condizioni tariffarie, è da
valutarsi positivamente che l’art. 20 lett. m) della legge di delegazione europea 2015 preveda in
maniera espressa l’introduzione in capo alle società di gestione collettiva “dellʹobbligo di
pubblicazione, nei rispettivi siti internet, dello statuto, delle condizioni di adesione, della tipologia di
contratti applicabile, delle tariffe e delle linee di politica generale sulla distribuzione degli importi dovuti ai
titolari di diritti, della relazione di trasparenza annuale nonché, per gli organismi di gestione collettiva
operanti in virtù di specifiche disposizioni di legge, attraverso la previsione dellʹobbligo di trasmettere alle
Camere una relazione annuale sui risultati dellʹattività svolta”.
L’Autorità ha auspicato che si garantisca secondo i principi affermati dalla Direttiva la
massima trasparenza nell’intermediazione e nella gestione dei diritti, con la più ampia facoltà di
verifica possibile da parte dei titolari dei diritti stessi53. Nel recepimento della Direttiva, ad es.,
potrebbe essere opportuna la previsione di una costante informativa al titolare del diritto nel
corso di esecuzione del contratto di gestione. La previsione di ampi obblighi informativi
consente infatti ai titolari di esercitare consapevolmente la libertà di scelta dell’organismo da
autorizzare.
Infine, l’Autorità ha rilevato l’importanza dell’attività di supervisione sul rispetto delle
norme della Direttiva da parte dei soggetti che svolgono attività di intermediazione (di cui all’art.
36 della Direttiva). A questo riguardo, l’Autorità ha sottolineato l’opportunità di assegnare ad un
soggetto terzo le funzioni di controllo delineate dall’articolo 36.
L’Autorità ha evidenziato infine le incertezze derivanti dalle disposizioni contenute nello
Schema di Decreto in merito alla gestione dei diritti connessi. Lo Schema di Decreto abroga solo
alcune delle disposizioni in materia ed in particolare l’art. 39 co. 3 d.l. n. 1/2012 e il D.P.C.M. del 19
dicembre 2012; così facendo, restano in vita varie disposizioni in altri testi normativi dando così
origine ad incertezza giuridica. La semplificazione del quadro giuridico restituirebbe “il mercato
52 Ibidem. 53 V. AGCM, parere 1 giugno 2016, n. AS1281, cit., ove l’Autorità si pronuncia specificamente con riferimento
alla gestione collettiva dei diritti d’autore.
26
alla libera concorrenza, onde salvaguardare, in ultima istanza, la libertà di scelta degli artisti che sono
titolari dei diritti in questione”54.
In questo contesto, l’Autorità ha rilevato altresì che “l’articolo 5 del testo in esame elimina la
vigilanza pubblica su Nuovo Imaie prevista dall’articolo 7, comma 1, della L. 29 giugno 2010, n. 100, senza
però abrogare espressamente tale norma. La mancanza di vigilanza pubblica su Nuovo Imaie desta
perplessità tanto più che, in base al comma 2 dell’art. 7 menzionato l’unico destinatario del residuo della
Liquidazione del vecchio istituto Imaie resterebbe Nuovo Imaie stesso, nonostante non sia più l’unico
operatore sul mercato”55.
4.8. L’attività di enforcement dell’Autorità
Dal punto di vista dell’attività di enforcement, l’Autorità vigila sulle possibili pratiche anti‐
concorrenziali poste in essere dai precedenti o attuali incumbent del settore dell’intermediazione
dei diritti d’autore e/o diritti connessi.
Ad es. l’Autorità nel 2016 ha avviato un procedimento contro il precedente monopolista
nella gestione collettiva dei diritti degli AIE – i.e. oggi Nuovo Imaie – per verificare se lo stesso ha
adottato una serie di pratiche volte a prevenire l’ingresso o l’espansione di nuovi concorrenti, ad
es. rifiutando di dare accesso al database contenente la lista dei nomi dei titolari dei diritti connessi
e delle relative opere56.
4.9 Sostenere la riforma del mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore
La promozione dell’efficienza nel mercato digitale richiede l’adozione di regole in materia
di gestione collettiva, che siano ispirate sia ai principi della concorrenza, sia all’obiettivo di
proteggere in maniera adeguata gli interessi dei titolari dei diritti e degli utilizzatori.
In considerazione di questi due obiettivi, l’Autorità Garante della Concorrenza del Mercato
sostiene la riforma (ed il superamento) delle regole nazionali che garantiscono posizioni di
privilegio nel mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore – tanto più ingiustificate alla luce
dell’evoluzione tecnologica. Questo superamento risulta anche necessario al più fedele
recepimento delle regole chiave della Direttiva.
Inoltre, l’Autorità Garante della Concorrenza del Mercato riconosce che la previsione di
adeguati requisiti per l’esercizio delle attività di intermediazione può contribuire al
54 V. AGCM, segnalazione 19 ottobre 2016, n. AS1303, cit. 55 Ibidem. 56 V. AGCM, provv. 13 aprile 2016, n. 25963, proc. A489, Nuovo Imaie – condotte anticoncorrenziali, in Boll.
AGCM n. 13/2016, 15 ss. L’Autorità ha pubblicato gli impegni presentati da Nuovo Imaie per risolvere i
profili anti‐concorrenziali rilevati nel provvedimento di avvio: v. AGCM, provv. 12 ottobre 2016, n. 26213, in
Boll. AGCM n. 37/2016, 5 ss.
27
raggiungimento degli obiettivi sopra‐menzionati. Tali requisiti non dovrebbero però essere
eccessivamente onerosi e dovrebbero essere proporzionati rispetto agli interessi coinvolti, come
l’esigenza di assicurare la remunerazione ai titolari dei diritti. Quanto all’intermediazione dei
diritti connessi, le regole di recepimento della Direttiva non dovrebbero restringere o eliminare la
rivalità esistente nel mercato, in tal modo neutralizzando il processo di liberalizzazione.
5. Il diritto d’autore: materia domestica o europea?
5.1 La Rete e l’intermediazione delle opere protette dal diritto d’autore
Nell’era attuale, in cui la tecnologia di Internet vive con ogni essere umano e lo
accompagna in pressoché ogni attività quotidiana, la platea dei fruitori delle opere d’autore o dei
prodotti che circolano nel mercato è composta anche da tutti coloro che in un determinato istante
sono collegati alla rete telematica e possono estrapolarvi dati e notizie. Essendo un numero di
soggetti imprecisato, incommensurabile, privo di confini geografici o di certa identità, il rapporto
tra autore di un’opera e pubblico si è certamente invertito e la costruzione classica del diritto
d’autore è stata sottoposta a uno stress molto severo. Gli operatori del settore oggi avvertono
un’esigenza di cambiamento d’impostazione nell’affrontare il tema della protezione del diritto
d’autore poiché si devono continuamente confrontare con un mondo digitale che non ha più le
caratteristiche del mondo analogico.
La rivoluzione compiutasi nell’era informatica costringe a ridisegnare i contorni del diritto
d’autore proprio perché il veicolo divulgativo e promozionale dell’opera intellettuale o dei
prodotti che ne derivano è cambiato e si presenta come un campo neutro di incontro. L’autore
sempre più spesso si fa conoscere attraverso la Rete senza apparenti intermediari e il pubblico
diviene arbitro del valore dell’opera: sulla base dell’indice di apprezzamento in Rete, l’autore
ottiene una quotazione dell’opera, a volte senza intervento di alcun intermediario, divenendo il
soggetto passivo dell’opera, o quanto meno privandosi del suo controllo, quando invece, proprio
nella fase di lancio dell’opera, necessiterebbe di maggiore protezione e tutela. Le opere rischiano
così di diventare di pubblico dominio ancor prima che si possano disegnare i tempi e i modi del
loro possibile sfruttamento economico. Pur tuttavia un fatto è sicuro: un’opera intellettuale non
circolante in Internet è destinata a ricevere valore solo all’interno di una ristretta cerchia di
intenditori o amatori, e dunque ad acquisire un valore relativo. In questo senso si può dire che
anche l’autore più raffinato ha oramai necessità di ottenere un riscontro da parte di una platea
sempre più ampia per poter ricevere una conferma del valore della sua opera. Anche questa
regola, in ogni caso, ha le sue eccezioni, soprattutto nell’ambito della c.d. arte colta.
28
È evidente che in un contesto ove l’attività promozionale dell’intermediario dell’opera ha
assunto certamente una rilevanza minore, rispetto a un tempo, per la sua divulgazione, gli
intermediari delle opere si trovano a dovere proteggere i diritti di sfruttamento ad esse connessi
con molto affanno. È molto facile in questo caso cadere nella tentazione di volere attribuire la
responsabilità per l’illecita appropriazione dei diritti connessi all’opera d’autore al gestore della
Rete, il quale normalmente offre servizi di ospitalità, servizi che tuttavia si sono affinati a tal punto
che gli ISP (internet service provider) possono apparire come veri e propri gestori dell’opera ospitata
nei loro siti. È sufficiente pensare ai risultati ottenuti, in termine di servizio, con i canali di ricerca
digitale e gli hyperlink che, fino a prova contraria, funzionano come motori automatici di ricerca di
dati e in assenza di intervento umano.
5.2 La terzietà quale elemento discriminante della responsabilità indiretta propria dell‘ISP
Come l’esperienza ha sinora dimostrato, il legislatore europeo e i giudici nazionali ed europei
non si sono spinti più di tanto ad attribuire specifiche responsabilità ai gestori della rete Internet
quando non sia stato concretamente dimostrato che essi hanno operato come veri e propri gestori
di servizi, e non solo di dati relativi ai prodotti protetti dai diritti d’autore. Gli hosting provider, si
ritiene, in effetti non fanno altro che offrire uno spazio in cui i fruitori di Internet possono navigare
liberamente e scambiarsi notizie, video, brani musicali, filmati o addirittura beni o prodotti.
Tuttavia, soprattutto in questi spazi liberi si riscontrano violazioni macroscopiche dei diritti
d’autore. La responsabilità dell’hosting provider nella maggior parte dei casi si profila però come
secondaria e limitata. Vero è infatti che per gli hosting provider opera una vera e propria eccezione
di responsabilità generale prevista nell’art. 14 della direttiva europea sul commercio elettronico
2000/31/CE, poiché la direttiva li protegge nella loro essenziale funzione di meri canali di
comunicazione e trasmissione digitale.57 Lo statuto giuridico di queste piattaforme è difatti centrale
per garantire un’economia aperta, corretta e lecita e, parimenti, uno spazio di libera
comunicazione e di libero pensiero, ma è anche vero che le linee di demarcazione tra provider di
servizi attivi e provider di meri contenuti sono sempre più difficili da tracciare in concreto, perché è
oramai universalmente riconosciuto che vi possono essere hosting provider che hanno un ciclo di
produzione interna talmente sofisticato che li rende simili ai gestori di servizi.
Merita considerazione anche l’ipotesi che i cosiddetti hosting provider possano
impropriamente tramutarsi da neutri elargitori di spazi di comunicazione in concorrenti
57 Sul punto v. Thomas DILLON, Internet technical intermediaries and secondary liability, in The Digital Single
Market Copyright, a cura di M. FRANZOSI, O. POLLICINO E G. CAMPUS, Aracne, 2016, p.130, il quale riferisce che
l’eccezione indicata nell’art. 14 della direttiva sul commercio elettronico , offrendo un porto sicuro per
l’intermediario ospitante (hosting provider), ha dato prova di essere un importante terreno di battaglia tra gli
intermediari digitali e i detentori di diritti d’autore.
29
nell’illecito di appropriazione dei diritti di sfruttamento dell’opera. In questo caso la direttiva
europea sul commercio elettronico rimuove il privilegio dell’esenzione da responsabilità. Tuttavia
la via per potere vedere riconosciuta una diretta responsabilità in capo agli hosting provider è assai
ardua e impervia. In merito, la Corte dell’Unione europea ha già fissato i paletti interpretativi oltre
i quali i giudici nazionali non possono spingersi nell’affermare la responsabilità diretta della
piattaforma neutra58. La direttiva sul commercio elettronico, difatti, impedisce di addossare agli
hosting provider, anche se sempre più evoluti, un obbligo generale di sorveglianza, prevedendo la
possibilità di imporre ai medesimi obbligazioni di rimozione di contenuti illeciti in seguito a
specifiche segnalazioni ricevute dagli aventi diritto. Altrimenti ne andrebbe, si dice, della libertà
dei terzi fruitori di circolare in Internet e di manifestare il proprio pensiero e le proprie opinioni
con tale mezzo di comunicazione.
È importante sottolineare come la responsabilità secondaria dell’hosting provider, nello
spazio dell’Unione europea, si definisca sempre in relazione all’azione di un terzo che commette
l’illecita appropriazione dell’opera, e non a una condotta assunta in maniera autonoma da parte
della piattaforma ospitante. In tale ultimo caso non vi è dubbio che sarebbe da ritenersi
responsabile della divulgazione illecita il provider come autore dell’illecito. L’elemento di terzietà
vale come effettivo e unico elemento discriminante la responsabilità indiretta propria dell‘ hosting
provider da quella diretta dell’intermediario inteso come vero e proprio service provider. Sicché ogni
tentativo di allargare lo spettro di responsabilità del primo rischia di rendere evanescenti le
specifiche prerogative tracciate dal legislatore a tutela dei terzi fruitori di Internet. Difatti è
previsto solo che gli Stati membri debbano garantire la possibilità d’intervento nei confronti
dell’hosting provider che non effettui un monitoraggio sulle opere a contenuto illecito o sui prodotti
messi in circolazione illecitamente da terzi dopo la richiesta di rimozione ricevuta dall’avente
diritto, ma certamente non ci si potrebbe spingere a sostenere che un’eventuale omissione di
controllo lo renda per ciò solo responsabile in via generale per la violazione dei diritti d’autore.
Il caso l’Oreal c. eBay59, deciso dalla Corte di Giustizia il 12 luglio 2011, rappresenta un
importante precedente dell’Unione europea in tema d’interpretazione della direttiva sul
commercio elettronico 2000/31/CE e della direttiva 2004/48/CE sui diritti di proprietà intellettuale.
In proposito, è interessante leggere il passaggio in cui la Corte si limita a constatare che le mere
circostanze che il gestore di un mercato online memorizzi sul proprio server le offerte di vendita,
stabilisca le modalità del suo servizio, sia ricompensato per quest’ultimo e fornisca informazioni
d’ordine generale ai propri clienti, non possano avere l’effetto di privarlo dei privilegi accordati
con la direttiva 2000/31/CE, come se avesse assunto un ruolo attivo. In questo caso la Corte
dell’Unione europea indica gli elementi caratterizzanti la maggior parte degli hosting provider, e
58 Vedi, quale leading case, il caso l’Oreal c. eBay, C‐324/09, deciso dalla Corte di Giustizia il 12 luglio 2011. 59 V. CGUE, caso l’Oreal c. eBay, C‐324/09, 12 luglio 2011.
30
così facendo afferma che detti elementi di alta specializzazione sono del tutto connaturati alla loro
caratteristica di stazione neutra ospitante, non essendo solo per questo generatori di obblighi di
sorveglianza preventiva sul contenuto ivi immesso e circolante.
Per essere considerato un ISP attivo, occorre che il provider sia dotato di qualche elemento in
più. Difatti, laddove il gestore avesse in ipotesi prestato un’assistenza professionale
nell’ottimizzare la presentazione e valorizzazione dell’opera e nel promuoverla in maniera
selettiva, si dovrebbe ritenere che esso non abbia occupato una posizione neutra tra il cliente e i
potenziali fruitori, ma abbia svolto un ruolo attivo atto a conferirgli una conoscenza concreta o un
controllo effettivo delle informazioni correlate a dette offerte, non potendosi in tal caso avvalere
della deroga in materia di responsabilità di cui all’art. 14 della direttiva 2000/3160.
Conseguentemente, solo la conoscenza effettiva o il controllo a fini pubblicitari del dato inserito
fungono da elementi indiziari di una mancanza di neutralità dell’intermediario che il giudice
nazionale deve in ogni caso valutare in concreto e caso per caso, entro i margini di discrezionalità
sopra descritti. Di tal guisa si comprende come, anche con riferimento ai sistemi tecnicamente più
evoluti di gestione dei dati, per l’interprete sia normalmente difficile potere riscontrare tout court
uno sconfinamento dell’attività di gestione della rete in attività di vero e proprio servizio di
marketing. Sino a che il legislatore europeo manterrà lo spartiacque epistemologico sopra descritto,
la responsabilità dell’intermediario rimarrà inesorabilmente confinata nel caso classico in cui
sussista una concreta consapevolezza ex ante dell’illiceità del dato inserito, unita a una possibilità
di controllo in concreto della sua gestione e circolazione in Rete61.
5.3 Provvedimenti cautelari e definitivi verso i gestori delle piattaforme online
Diverso è il problema attinente al contenuto delle ingiunzioni giudiziali, finalizzate a
eliminare la fonte della lesione, che possono emanarsi in seguito alla denuncia di lesione dei diritti
da parte dell’avente diritto, ai sensi dell’art. 11 della direttiva 2004/48/CE. In tal caso si pone la
questione se esse possano avere un contenuto generale volto all’impedimento di future violazioni
del diritto d’autore rivendicato. Anche in riferimento a questo dubbio interpretativo, la Corte di
Giustizia si è pronunciata nel senso che la normativa nazionale deve configurarsi in modo tale che
la finalità dissuasiva possa essere realizzata onde ottenere una tutela effettiva62. Tuttavia la Corte
nel medesimo caso l’Oreal rammenta che, nell’ ipotesi di responsabilità ex post dell’intermediario,
le misure contemplate nella direttiva 2004/48/CE non implicano un obbligo di vigilanza di tutti i
dati di ciascuno dei suoi clienti, in quanto l’art. 3 della direttiva 2004/48/CE enuncia espressamente
che le misure contemplate devono essere eque e proporzionate e non devono essere
60 V. CGUE, caso l’Oreal c. eBay, C‐324/09, p.116. 61 V. CGUE, caso Papsavvas c. O Fileftheros Dimosia Etairia Ltd, C‐291/13, 11 settembre 2014. 62 V. GGUE, caso L’Oreal c. eBay, C‐ 324/09, 12 luglio 2011.
31
eccessivamente costose o creare ostacoli al commercio legittimo. Pertanto il provvedimento
cautelare o definitivo, rivolto al gestore della piattaforma, di rimuovere i contenuti illeciti inseriti
da terzi non potrebbe avere l’effetto di imporre all’intermediario un divieto generale e permanente
di messa in vendita, nello spazio digitale, di altri e simili prodotti riferibili all’avente diritto. Quello
che conta è infatti che l’autore della violazione sia sempre identificabile attraverso il gestore e che il
gestore reagisca prontamente e proporzionalmente nei suoi confronti dopo la segnalazione fatta
dall’avente diritto, impedendogli di commettere altre violazioni o di proseguire nella condotta
illecita relativamente a un’opera esattamente individuata. Sotto il profilo della legittimazione, è
prevista una prova agevolata nella presunzione del diritto dʹautore o di titolarità dei diritti
dall’indicazione del nome dellʹautore dellʹopera nei modi dʹuso. Una eventuale inosservanza, da
parte del gestore, di un ordine giudiziale d’ interruzione della condotta illecita, non potrebbe in
ogni caso ampliare i ristretti margini di responsabilità del gestore e i conseguenti suoi obblighi di
sorveglianza, i quali restano di intervento specifico sul dato a richiesta dell’avente diritto. Pertanto
un sistema di filtraggio preventivo e generale sui dati afferenti all’avente diritto non sarebbe
certamente in linea con il grado di protezione intermedia, e non primaria, accordato alle opere
immesse nella rete Internet dal legislatore europeo.
In modo tutt’altro che sorprendente, nel caso Sabam c. Scarlet 63, la Corte di Giustizia europea,
considerando che un simile sistema di monitoraggio preventivo richiederebbe una costante analisi
di tutte le comunicazioni elettroniche degli utenti da parte del singolo provider, a pochi mesi di
distanza dal caso L’Oreal c. eBay ha sancito che l’ordine imposto all’ hosting provider di apprestare
un simile sistema di filtraggio dei dati viola il principio stabilito dall’art. 15 della direttiva
2000/31/CE, secondo cui il prestatore di servizi della società dell’informazione non ha un generale
obbligo di vigilanza sui dati originati ed immessi in rete dai suoi clienti (e a maggior ragione sui
dati “in entrata”). Inoltre, la Corte di Giustizia ha rilevato come tale ordine giudiziale porrebbe
una limitazione eccessiva alla libertà imprenditoriale, posto che costringerebbe l’hosting provider ad
adottare costose misure tecniche di filtraggio (nel caso di specie si dovrebbe adottare un filtraggio
di deep packet inspection).
La Corte di Giustizia ha, altresì, evidenziato – e questo è il punto essenziale e centrale della
decisione – che tale imposizione giudiziale violerebbe il principio di proporzionalità e di giusto
bilanciamento degli interessi in gioco. A questo punto la Corte richiama la sentenza del caso
Promusicae per ribadire che nel contesto delle misure adottate dalle autorità amministrative e
giudiziarie nazionali a protezione degli interessi dei titolari del diritto d’autore occorre valutare
anche la giusta protezione dei diritti fondamentali degli individui interessati dall’apprestamento di
63 V. CGUE, caso Sabam c. Scarlet C‐70/10, 24 novembre 2011.
32
tali misure di filtraggio (come, ad esempio, il diritto alla riservatezza delle comunicazioni e il
diritto alla protezione dei dati personali)64.
Da un lato, infatti, è pacifico che l’ordine giudiziale di predisporre un sistema di filtraggio
implicherebbe un’analisi sistematica di tutti i contenuti, nonché la raccolta e l’identificazione degli
indirizzi IP degli utenti all’origine dell’invio dei contenuti illeciti sulla rete, indirizzi che
costituiscono dati personali protetti, in quanto consentono di identificare in modo preciso i
suddetti utenti. Dall’altro, un ordine che imponesse un comportamento esplorativo ad ampio
raggio rischierebbe di ledere la libertà d’ informazione, poiché tale sistema potrebbe non essere in
grado di distinguere adeguatamente tra un contenuto lecito e un contenuto illecito, sicché il suo
impiego potrebbe produrre il risultato di bloccare comunicazioni aventi un contenuto lecito.
Infatti, è indiscusso che la questione della liceità di una trasmissione dipende anche
dall’applicazione di eccezioni di legge al diritto di autore che variano da uno Stato membro
all’altro. Inoltre, in certi Stati membri talune opere possono rientrare nel pubblico dominio o
possono essere state messe in linea gratuitamente da parte dei suoi autori, proprio per il fenomeno
sopra citato. Pertanto la Corte di Giustizia ha dichiarato che, adottando un’ingiunzione che
costringa l’hosting provider a predisporre un sistema di filtraggio ad ampio spettro, il giudice
nazionale in questione non rispetterebbe l’obbligo di garantire un giusto equilibrio tra, da un lato,
il diritto di proprietà intellettuale e la libertà di impresa e, dall’altro, il diritto alla tutela dei dati
personali e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni. In definitiva, le direttive 2000/31,
64 Sentenza CGUE del 29 gennaio 2008, caso Productores de Música de España (Promusicae) c. Telefónica de
España SAU. In base a tale decisione, la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000,
2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il
commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico»), la direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull’armonizzazione di taluni aspetti del
diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, la direttiva del Parlamento europeo e
del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/48/CE, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, e la direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 12 luglio 2002, 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali e
alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e
alle comunicazioni elettroniche), non impongono agli Stati membri di istituire un obbligo di comunicare dati
personali per garantire l’effettiva tutela del diritto d’autore nel contesto di un procedimento civile. Tuttavia,
il diritto comunitario richiede che i detti Stati, in occasione della trasposizione di tali direttive, abbiano cura
di fondarsi su un’interpretazione delle medesime tale da garantire un giusto equilibrio tra i diversi diritti
fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico comunitario. Inoltre, in sede di attuazione delle misure di
recepimento delle dette direttive, le autorità e i giudici degli Stati membri devono non solo interpretare il
loro diritto nazionale in modo conforme a tali direttive, ma anche evitare di fondarsi su un’interpretazione di
esse che entri in conflitto con i detti diritti fondamentali o con gli altri principi generali del diritto
comunitario, come, ad esempio, il principio di proporzionalità.
33
2001/29, 2004/48, 95/46 e 2002/58, lette in combinato disposto e interpretate tenendo presenti le
condizioni derivanti dalla tutela dei diritti fondamentali coinvolti, devono essere interpretate nel
senso che ostano all’ordine giudiziale, diretto ad un hosting provider, di predisporre il sistema di
filtraggio sopra descritto.
Tale atteggiamento apparentemente libertario si pone in maniera coerente in un sistema che
bilancia diritti, poteri e relative responsabilità in un’ottica garantista delle libertà fondamentali.
Pertanto, esso certamente non contrasta con il successivo pronunciamento della Corte di Giustizia
in tema di “dati protetti” reso in data 6 ottobre 2015, nella causa relativa al caso Maximillian
Schrems c. Data Protection Commissioner65, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla High Court (Corte d’appello, Irlanda), in
materia di protezione di dati personali circolanti in Rete su un noto social network. In particolare la
Corte di Giustizia, in un contesto riguardante la cessione o la migrazione verso altri territori o siti
dei dati personali circolanti sul Web “europeo”, è giunta ad affermare che una normativa che
consenta alle autorità pubbliche di accedere in maniera generalizzata e incontrollata al contenuto
di comunicazioni elettroniche pregiudicherebbe il contenuto essenziale del diritto fondamentale al
rispetto della vita privata, come garantito dall’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea66. Gli stessi principi sono stati affermati nella recente pronuncia della Corte di
65 V. sentenza CGUE Maximillian Schrems c. Data Protection Commissioner, C‐362/14, emessa in data 6 ottobre
2015. 66 V. sentenza CGUE Digital Rights Ireland, cause riunite C‐293/12 e C‐594/12, emessa in data 8 aprile 2014,
con la quale la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha dichiarato invalida la Direttiva 2006/24/EC sulla
conservazione dei dati, a seguito di rinvio pregiudiziale presentato sia dalla High Court irlandese che dalla
Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale) austriaca in merito proprio alla validità di tale direttiva, con
particolare riferimento ai diritti fondamentali del rispetto della vita privata e della protezione dei dati
personali, sanciti entrambi dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. La conservazione dei
dati ai fini della loro eventuale trasmissione alle autorità nazionali competenti soddisfa gli obiettivi di
interesse generale della pubblica sicurezza e del contrasto alle gravi forme di criminalità. Ad ogni modo, la
Corte è del parere che, adottando la direttiva sulla conservazione dei dati, il legislatore europeo abbia
superato i limiti imposti dal rispetto del principio di proporzionalità: benché la conservazione dei dati, così
come delineata dalla direttiva in questione, può essere considerata appropriata per la realizzazione
dell’obiettivo perseguito dalla stessa, l’ampia e particolarmente grave interferenza della direttiva con il
diritto fondamentale alla privacy non si è dimostrata sufficientemente circoscritta per garantire che tale
intervento fosse effettivamente limitato a quanto strettamente necessario. Il punto 39 difatti indica che “per
quanto riguarda il contenuto essenziale del diritto fondamentale al rispetto della vita privata e degli altri diritti sanciti
all’articolo 7 della Carta, si deve rilevare che, sebbene la conservazione dei dati imposta dalla direttiva 2006/24
costituisca un’ingerenza particolarmente grave in tali diritti, essa non è tale da pregiudicare il suddetto contenuto
poiché, come deriva dall’articolo 1, paragrafo 2, della stessa direttiva, quest’ultima non permette di venire a conoscenza
del contenuto delle comunicazioni elettroniche in quanto tale”.
34
Giustizia resa il 21 dicembre 2016, nelle cause riunite Tele2 Sverige AB c. Post‐och + altri67, in materia
di conservazione dei dati personali e di relativo accesso ai medesimi, in relazione all’ art. 15 della
direttiva 2002/58/CE, come modificata dalla direttiva 2009/136/CE, letto alla luce degli art. 7,8,11
nonché dell’art. 52, paragrafo1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In tal
caso, la Corte di Giustizia ha ritenuto che i principi correlati alle esigenze di protezione dei dati
personali concernenti gli utenti di servizi di comunicazione ostino a una normativa nazionale che
preveda, per finalità di lotta contro la criminalità, una conservazione generalizzata e
indifferenziata dell’insieme dei dati relativi al traffico e dei dati relativi all’ubicazione di tutti gli
abbonati e utenti iscritti riguardante tutti i mezzi di comunicazione elettronica; gli stessi principi ,
in pari modo, ostano ad una normativa nazionale che disciplini l’accesso delle autorità nazionali
competenti ai dati conservati, senza limitare, nell’ambito della lotta contro la criminalità, tale
accesso alle sole finalità di lotta contro la criminalità grave, e senza sottoporre detto accesso ad un
controllo preventivo da parte di un giudice o di un’autorità amministrativa indipendente, e senza
esigere che i dati di cui trattasi siano conservati nel territorio dell’Unione .
Per converso, una normativa che non prevedesse alcuna possibilità per il singolo di avvalersi
di rimedi giuridici al fine di accedere a dati personali che lo riguardano, oppure di ottenere la
rettifica o la soppressione di tali dati, non rispetterebbe il contenuto essenziale del diritto
fondamentale ad una tutela giurisdizionale effettiva, quale sancito all’articolo 47 della Carta.
Infatti, l’articolo 47, primo comma, della Carta esige che ogni individuo i cui diritti e le cui libertà
garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati abbia diritto a una tutela effettiva dinanzi a un
giudice, nel rispetto delle condizioni previste in tale norma. A tal riguardo, l’esistenza stessa di un
controllo giurisdizionale effettivo, destinato ad assicurare il rispetto delle disposizioni del diritto
dell’Unione, è coessenziale allo Stato di diritto68.
Pertanto, il panorama giurisprudenziale europeo offre già un terreno fertile e solido sul quale
poter riordinare la materia del diritto d’autore circolante sulla rete digitale a seconda delle
circostanze e delle modalità con cui operano gli ISP. Intervenute per chiarire il portato dei diritti
fondamentali circolanti nell’Unione europea, e delle norme di armonizzazione, tali decisioni
rappresentano certamente una “pietra miliare” della protezione effettiva accordata ai diritti
circolanti in Internet, dovendosi ritenere che l’Unione europea sino ad oggi ha ripudiato un
sistema di filtraggio di dati o di loro ripescaggio che si applichi indistintamente nei confronti degli
67 V. sentenza CGUE, Tele2 Sverige AB c. Post‐och + altri, cause riunite C‐ 2013/15 e C‐698/15C‐ 2013/15 e C‐
698/15, emessa in data 21 dicembre 2016. 68 Vedi in tal senso, le sentenze CGUE Les Verts/Parlamento, 294/83, punto 23; Johnston, 222/84, punti 18 e 19;
Heylens e a., 222/86, punto 14, nonché, UGT‐Rioja e a., da C‐428/06 a C‐434/06, punto 80; Sentenza della Corte
(Grande Sezione) del 13 maggio 2014 Google Spain SL, Google Inc. / Agencia de Protección de Datos (AEPD),
Mario Costeja González, C‐131/12, a proposito di diritto all’oblio e di diritto di informazione.
35
utenti, a titolo preventivo e al di fuori delle regole dello stato di diritto . Per quanto di interesse in
questa sede, il filtraggio dei dati circolanti in Rete può essere ammesso solo se mirato a rimuovere
gli effetti della violazione di specifici diritti o prerogative. Tali decisioni, per loro natura,
impongono a tutti i giudici dei Paesi membri di disapplicare la normativa nazionale nel caso in cui
essa si ponga (o venga interpretata) in contrasto con tali principi.
L’impostazione indicata dal legislatore europeo e dalla sua Corte suprema costituisce il
parametro di giudizio per le Corti di merito, e in tal senso si pone anche la decisione della Corte
d’appello di Milano nel caso R.T.I. c. Yahoo! Italia and Yahoo Inc., deciso con sentenza n. 29 del 7
gennaio 2015. Tale pronuncia sottolinea quanto meno due aspetti: (a) che l’hosting provider non ha
obblighi di sorveglianza generale e preventiva quando si limita a ospitare il dato caricato da terzi
senza prestare alcun servizio di supporto nella gestione del dato; (b) che è obbligo dell’hosting
provider rimuovere i contenuti illeciti presenti nel sito, o impedirvi l’accesso, appena ricevuta
notizia specifica della loro presenza sul sito da parte dell’avente diritto. Pertanto l’hosting provider
non sarebbe tenuto ad agire sulla base di una semplice diffida dell’avente diritto che si fosse
limitato ad elencare i contenuti illeciti da rimuovere (in particolare i titoli dei programmi televisivi
pubblicati illecitamente sul sito), senza indicare specificamente gli URL dei file da rimuovere.
L’onere di identificare con precisione tali contenuti, data la natura pubblicamente accessibile del
portale su cui si trovano e gli interessi coinvolti, ricade infatti sul titolare del diritto d’autore. Sul
punto manca un pronunciamento della Corte di legittimità, ma in ogni caso si osserva che le Corti
di merito divergono solamente nella valutazione delle prove degli indici di attività o passività
dell’intermediario digitale e non nella indicazione del regime di responsabilità, come è accaduto
nel caso milanese6970.
5.4 L’iter di riforma del diritto d’autore europeo e la spinta propulsiva del diritto nazionale
Nel panorama europeo, a parte la frammentaria e ormai datata opera di armonizzazione
effettuata dal legislatore con varie direttive, è mancata invero una regolamentazione organica e
unitaria del diritto d’autore e ci si stupisce del fatto che in tale campo non si sia verificata la stessa
magica alchimia riscontrata nel diritto industriale in materia di brevetti. Nel dicembre del 2015, la
Commissione Europea ha presentato una serie di proposte di riforma della normativa dellʹUnione
europea sul diritto dʹautore. Queste proposte hanno come obiettivo principale di permettere ai
cittadini circolanti nell’ Unione europea di accedere legalmente a un grande numero di contenuti
digitali, garantendo protezione e una giusta retribuzione agli autori e ai titolari dei diritti. Queste
69 V. Marina TAVASSI, Copyright and the Internet, in The Digital Single Market Copyright, a cura di M.
FRANZOSI; O. POLLICINO E G. CAMPUS, Aracne, 2016, p.180. 70 Da ultimo, per un’ipotesi in cui l’ISP è stato considerato attivo, v. sentenza Corte Appello Milano del 14
dicembre 2016, nel caso Italianonline c. Travaglione + altri, RG 1076/2014, in materia di marchi.
36
proposizioni, da tradursi in proposte legislative, darebbero sicuramente vantaggi anche a settori
chiave interessati a un più libero accesso a Internet quali istruzione, cultura, ricerca e
innovazione71.
Le riforme proposte dalla Commissione europea prevedono quattro argomenti principali, i
quali rappresentano coerentemente una visione a lungo termine per il diritto dʹautore nellʹUnione
europea72:
(i) Ampio accesso ai contenuti in tutta lʹUnione. Oggigiorno, per i cittadini europei che
circolano allʹinterno dellʹUnione europea, non è possibile usufruire di servizi online (film, e‐
book, giochi) in un Paese diverso da quello dʹorigine. Per esempio, se un italiano si reca in
Germania potrà accedere solo ai film che il servizio offre ai consumatori tedeschi. Grazie a
queste riforme, gli utenti potranno usufruire dei contenuti online ai quali hanno accesso nel
proprio Paese anche quando viaggiano allʹinterno dellʹUnione europea;
(ii) Eccezioni alle norme sul diritto dʹautore per una società inclusiva e innovativa. La
Commissione ha intenzione di intervenire modificando le principali eccezioni al diritto
dʹautore previste dalla normativa della Unione europea. Con queste riforme si cercherà di
favorire i ricercatori, e si renderà più semplice lʹutilizzo di tecnologie di ʺtext mining e data
miningʺ per lʹanalisi di grandi insiemi di dati; si favoriranno lʹistruzione e la diffusione del
sapere in tutte le forme, in particolare vi saranno norme più chiare per gli insegnanti che
offrono lezioni online, per le persone con disabilità che potranno accedere a un maggior
numero di opere (Trattato di Marrakesh del 26 giugno 2013) e per i cittadini, riducendo
lʹincertezza giuridica per gli utenti di Internet che caricano foto di edifici e opere dʹarte
collocati stabilmente in luoghi pubblici (libertà di panorama);
(iii) Un mercato più equo. La Commissione accerterà se lʹutilizzo online delle opere protette dal
diritto dʹautore sia autorizzato e se i benefici derivati dallʹutilizzo delle opere siano equamente
ripartiti. A livello giuridico si cercherà di aumentare la trasparenza e uniformare la
retribuzione degli autori e degli interpreti ed esecutori, tenendo conto delle competenze
dellʹUnione europea e di quelle del singolo Stato;
(iv) Lotta contro la pirateria. Oltre ad ampliare la disponibilità dei contenuti online (primo passo
per combattere la pirateria), la Commissione farà in modo che le norme in materia di diritto
dʹautore siano applicate correttamente in tutti gli Stati membri dellʹUnione europea. LʹUnione
europea inoltre si impegnerà a tracciare e tagliare i flussi finanziari verso le imprese che
traggano profitti dalla pirateria e faciliterà la rimozione di contenuti illegali da parte degli
Sino ad ora la Corte di Giustizia europea ha dato un notevole apporto nel bilanciare, nel senso
evolutivo anzidetto, il diritto d’autore con altri diritti di impresa, di informazione e di
manifestazione del pensiero in Internet toccati dalle direttive di armonizzazione. Le decisioni delle
Corti di merito nazionali, dopo iniziali oscillazioni e incertezze, stanno consolidando i principi
affermati in sede europea realizzando una sorta di cooperative federalism tra tribunali nazionali e
Corte di Giustizia73 anche in questo campo. Anche i tempi di decisione delle Corti italiane
specializzate in materia di proprietà intellettuale, in alcuni distretti, sono rientrati nei limiti di
tolleranza indicati a livello europeo e risultano al passo con le aspettative di effettiva tutela dei
diritti74. La durata dei procedimenti in tale materia, anche se ancora non rammenta la velocità del
bullet train, non è certamente più paragonabile a quella del periodo del c.d. Italian torpedo75, in cui la
lunghezza del procedimento civile italiano fungeva da comoda littorina per chiunque volesse
ritardare la definizione di una controversia di rilievo transfrontaliero.
Pertanto il sistema domestico appare tutto sommato stabilizzato e riequilibrato sotto il profilo
della capacità di offrire risposte di giustizia in questa materia. Viceversa, seppur l’iter per giungere
a una regolamentazione unitaria ed europea del diritto d’autore circolante su Internet sin
dall’inizio è apparso più lungo e impervio del previsto, deve essere ricordato che ciascun Stato
membro ha gli strumenti necessari per fare ordine in casa propria, avviando un progetto organico
della disciplina del diritto d’autore che possa fungere anche da faro per le future iniziative
europee. Questo concetto non deve apparire di difficile realizzazione, se sol si pensa che, in
materia finanziaria (ovviamente, non attinente al tema oggetto di esame in questa sede) la legge
Draghi n. 58 del 1998 ha di molto anticipato la più evoluta normativa europea. È pertanto
auspicabile che il legislatore domestico si ispiri a questo virtuoso precedente anche nel campo del
diritto d’autore.
73 V. sul punto Pieralberto MENGOZZI, La tutela davanti ai giudici nazionali dei diritti riconosciuti ai singoli ed i
principi generali del diritto dell’Unione, Giuffré ed, 2011, pp.95 e seg. 74 V. testo della relazione del Ministro Orlando e della relazione della presidente della Corte d’appello di
Milano, Marina Tavassi, rese in occasione della cerimonia di apertura dell’Anno Giudiziario 2017,
http://www.ca.milano.giustizia.it/stato_giustizia.aspx?pnl=1 75 Cfr. Mario FRANZOSI, Worldwide Patent Litigation and the Italian Torpedo [1997] 7, in European Intellectual
Property Review, reperibile su: http://www.franzosi.com/english/article/torpedo.htm, secondo il quale “the
torpedo litigation has been frequently used in Italy, even in cases where the court had no jurisdiction. Hartley provides
an example of this: an action was brought in Italy on a bill of lading which contained a jurisdiction clause in favour of
the courts of England. It took ten years for the decision to be reached that the Italian courts had no jurisdiction, even
though the clause contained no unusual features”.
38
6. L’Unione Europea e la creazione un Mercato Unico Digitale
6.1 Viviamo in un mondo analogico ma comunichiamo in forma digitale
La moderna società della comunicazione sta rendendo ormai sempre più evidente la
distanza che si sta creando tra il mondo analogico in cui viviamo e la realtà digitale attraverso la
quale ormai avvengono, per lo più, gli scambi di informazioni. Le norme che regolano la
circolazione dei contenuti sulle reti di comunicazione sono in gran parte norme, come quelle di
diritto d’autore, che sono pensate per un mondo analogico e faticano ad adattarsi alle profonde
modificazioni che sono determinate dall’evoluzione tecnologica.
La legge dovrebbe cambiare. L’interpretazione data dai giudici dovrebbe cambiare. Si
prenda in considerazione il principio di territorialità. Le leggi di diritto d’autore sono territoriali:
considerano tradizionalmente quello che avviene in uno Stato. Istituzioni e operatori economici
sono intrappolati in una gabbia territoriale. Alcuni pensano che questo sia un vantaggio da
preservare. Altri pensano che sia un limite da superare. Entrambi faticano a individuare un nuovo
schema normativo che possa essere comparato con quello vigente, valutandone benefici e
svantaggi in termini di analisi economica del diritto.
La legge dovrebbe essere neutrale rispetto alla tecnologia. Non dovrebbe cercare di
rallentarne le potenzialità e non dovrebbe cercare di promuoverle, anche perché le tecnologie che
ci sembrano efficienti oggi potrebbero non esserlo domani. La legge deve contemperare interessi
giuridicamente rilevanti e promuovere quelli ritenuti prevalenti, si pensi alla necessità di facilitare
gli scambi culturali e di promuovere di dinamismo culturale in una realtà di scambi senza confini
o barriere. Se la legge tenta di preservare interessi moribondi, perché superati dai tempi, sarà la
legge stessa a perire.
La Commissione Europea con la Digital Single Market Strategy sembra quantomeno aver
preso consapevolezza della necessità di adeguare il quando normativo e, seppur con molta cautela,
sta mettendo in campo delle proposte di riforma. Tuttavia la nozione di Mercato Unico Digitale
sembra essere al momento poco più che un obiettivo di politica del diritto. Un Mercato Digitale per
definizione non è un mercato Unico, ma universale. Allora non può esservi un Mercato Unico
Digitale in senso tecnico e filosofico, ma solo in una prospettiva politica. Mercato Unico Digitale
vuol dire che l’Unione Europea vuol passare da un Mercato Comune a un Mercato Unico e poi,
forse, a un Mercato Unificato.
6.2 Il Mercato Unico Digitale e l’autonomia degli operatori
Entrando più nel dettaglio delle linee di politica legislativa indicate dalla Commissione
Europea come Digital Single Market Strategy, è opportuno dedicare qualche brevissima riflessione al
rapporto tra il Mercato Unico Digitale (che pure resta una nozione ancora tutta da comprendere) e
39
il sistema di proprietà intellettuale. In questo caso vorrei concentrare principalmente l’attenzione
sul diritto d’autore, anche se la Digital Single Market Strategy dedica passaggi non secondari al
diritto brevettuale, in particolare all’interoperabilità e alla standardizzazione delle tecnologie.
Il diritto d’autore e le misure tecniche di protezione sono i due strumenti che gli operatori del
settore dei servizi di media audiovisivi utilizzano tipicamente per separare i mercati in senso
geografico. L’effetto di questo approccio è molto evidente nel settore delle comunicazioni online.
Servizi via Internet per la comunicazione e distribuzione di contenuti digitali, che potenzialmente
sarebbero fruibili in ogni territorio, sono ricondotti a servizi prestati su base territoriale grazie al
sistema di licenze territoriali di diritto d’autore e grazie alle misure tecnologiche di protezione.
La ragione tradizionale di questo approccio è vista nella massimizzazione dei profitti che i
titolari dei diritti si garantirebbero con la compartimentazione territoriale. Forse vi sono anche altre
ragioni, inclusa la difficoltà di ripensare modelli di business che sono ormai utilizzati da decenni.
La Commissione Europea sembra avere una volontà molto precisa con riferimento al Mercato
Unico Digitale. Durante il Convegno dedicato al Digital Single Market Copyright tenutosi nel
novembre 2015 presso il Tribunale di Milano il messaggio lanciato dai rappresentanti della
Commissione Europea (come anche da molti studiosi europei del settore) è stato eloquente. Il
sistema di diritto d’autore deve cambiare! Soprattutto con riferimento ai servizi prestati via
Internet. L’utilizzo del geo‐blocking non deve consentire né limitazioni alla portabilità
transfrontaliera dei servizi né restrizioni all’accesso transfrontaliero ai contenuti.
Sembra quindi chiaro che per la Commissione Europea è la nuova nozione di Mercato Unico
Digitale a dover orientare la revisione di tutto il sistema europeo di diritto d’autore e i titolari dei
diritti non devono più usare gli strumenti propri del diritto d’autore e gli strumenti tecnologici
come le misure tecniche di protezione per definire una loro visione di mercato digitale.
Assistiamo quindi a una forma di intervento regolatorio pubblico in un settore
tradizionalmente affidato all’autonomia dei privati che sembra senza precedenti. Varrà la pena
interrogarsi nel prosieguo del processo normativo se questo intervento è proporzionato allo scopo
e se possa essere il legislatore comunitario a creare uno spazio di libera circolazione di contenuti e
servizi digitali che al momento ancora non c’è.
6.3 La proposta di Regolamento UE sulla portabilità e i diritti dei consumatori
Entrando più nel dettaglio di alcune delle proposte della Commissione Europea, viene in
questione il tema su cui la Commissione sembra aver fatto più decisi passi in avanti: la portabilità.
Si tratta sostanzialmente di un tema nuovo nel panorama legislativo comunitario. Infatti la
40
proposta di Regolamento UE76 non dovrebbe impattare precedenti norme europee di diritto
d’autore. La Commissione afferma anche che con questo provvedimento non s’intende sovvertire
il principio di territorialità del diritto d’autore ma si vuole solo introdurre una fictio iuris in base
alla quale l’autorizzazione, acquisita per la comunicazione di un contenuto via Internet ai clienti
residenti in uno Stato Membro, consentirebbe anche la comunicazione degli stessi contenuti
quando quei clienti sono temporaneamente in altro Stato Membro. Ma sembra in effetti che si tratti
di una prima eccezione al principio di territorialità. E non è l’unica, si vedrà di seguito.
Ma cos’è la portabilità in definitiva? È un modello di business per un distributore di
contenuti. Può essere anche un modello di business interessante per chi intenda offrire servizi ad
alto valore aggiunto e che voglia fidelizzare una particolare fascia della propria clientela che opera
in mobilità internazionale. Ma questo poco ha a che vedere con una certa retorica della
Commissione nell’affermare e nel delineare la portabilità come una sorta di “diritto dei
consumatori”. Si potrebbe arrivare così al paradosso di imporre per legge un particolare modello
di business nel settore delle telecomunicazioni, addossando peraltro il costo agli operatori e
rischiando in definitiva che questo costo possa ricadere sui consumatori stessi, tutti i consumatori,
per un servizio che interessa solo una fascia molto limitata di consumatori.
D’altra parte si rischia di introdurre un tasso di pubblicizzazione degli interessi in un mercato
che è, e probabilmente dovrebbe rimanere, privato: trasformare modelli di business in diritti
soggettivi crea incredibile rigidità nel mercato e può portare a conseguenze non volute e forse non
del tutto previste, in cui interessi particolari possono arrivare a condizionare la libertà d’impresa di
quanti operano nel settore della diffusione di contenuti radiotelevisivi.
Con questo non si vuol certo pensare a un mercato in cui non ci sia la libera circolazione dei
contenuti digitali e in cui gli interessi dei consumatori non siano adeguatamente tenuti in
considerazione. Ma il vero punto in discussione e il vero fulcro di un processo di riforma sembrano
essere i limiti che i distributori incontrano nell’acquistare i diritti dai titolari. E questi limiti sono
essenzialmente limiti di diritto d’autore. Rendendo più flessibile il mercato dei diritti si
garantiscono in definitiva i diritti dei consumatori, che avrebbero accesso anche transfrontaliero ai
contenuti, e si evita di introdurre in un sistema di interessi che sono e dovrebbero rimanere privati
strumenti di stampo consumeristico che sono nati per esigenze del tutto diverse (essenzialmente il
riequilibrio di asimmetrie informative nelle contrattazioni).
76 V. Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che garantisce la portabilità
transfrontaliera dei servizi di contenuti online nel mercato interno ‐ COM(2015) 627 final – disponibile al link
6.4 La proposta di Regolamento UE sulle ritrasmissioni on line e sui servizi ancillari
Un secondo set di proposte della Commissione Europea del settembre 2016 vorrebbe
introdurre, tra l’altro, anche nuove regole per le trasmissioni on line e le ritrasmissioni via cavo77.
Anche nel caso delle nuove regole per le trasmissioni on line e le ritrasmissioni via cavo siamo di
fronte a una proposta di Regolamento, quindi di un atto con efficacia diretta in tutti gli Stati
membri, con sostanziale erosione del margine di controllo dei legislatori nazionali sul processo di
riforma.
In prima battuta si può notare che anche questa proposta si basa, nella parte dedicata alle
trasmissioni online, su un’altra eccezione al principio di territorialità. Si afferma infatti il principio
del paese d’origine, per cui se un atto di comunicazione è autorizzato dal titolare dei diritti in uno
Stato Membro questa autorizzazione si estende anche alla trasmissione via Internet dell’opera
licenziata in altri Stati Membri. Qui però il principio del paese d’origine si applica a servizi
ancillari di trasmissione online, in simulcast o in modalità catch‐up (per intenderci con riferimento ai
servizi come Sky Go o Video Mediaset o La7 e non alle piattaforme per il video‐on‐demand come
Infinity o Now TV o Netflix). Cambia però l’approccio di tecnica legislativa rispetto alla proposta
di Regolamento sulla portabilità. In questo caso il legislatore riconosce l’esistenza di un modello di
business, quello del simulcast via Internet (per intendersi la possibilità di ritrasmettere via Internet
quanto già trasmesso sul satellite o sul digitale terrestre), e introduce un meccanismo che consente
al broadcaster di acquisire più facilmente i diritti per questa forma di trasmissione online. Si noti
quindi la differenza di approccio rispetto al tema della portabilità. Si rispetta in questo caso la
libertà d’impresa, non si creano indebite interferenze nel business aziendale e si determina un serio
incentivo normativo per i broadcaster ad adottare nuovi servizi cross‐border.
Una strada questa che, pur con numerosi dettagli da rifinire, denota un approccio più
rispettoso del mercato e forse dovrebbe essere un parametro a cui anche l’intervento in materia di
portabilità dovrebbe ispirarsi.
77 V. Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che stabilisce norme relative
allʹesercizio del diritto dʹautore e dei diritti connessi applicabili a talune trasmissioni online degli organismi
di diffusione radiotelevisiva e ritrasmissioni di programmi televisivi e radiofonici ‐ COM(2016) 594 final –
disponibile al link http://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2016/IT/1‐2016‐594‐IT‐F1‐1.PDF
42
7. Il Mercato Unico Digitale e la necessità di ripensamento di alcune categorie giuridiche
7.1 Internet, la common land e i diritti esclusivi
Quando i giuristi sono chiamati a confrontarsi con una realtà in rapida evoluzione tecnologica
tendono a ricondurre questa realtà agli strumenti tecnici e alle categorie con cui sono abituati ad
analizzare i fenomeni sociali, al fine di trovare le regole più adatte a disciplinarla: diritti soggettivi,
interessi legittimi o collettivi, responsabilità diretta e indiretta, strumenti di interpretazione della
legge e della volontà dei contraenti. Alcuni di questi strumenti ermeneutici sono adatti a
descrivere qualsiasi fenomeno umano, anche in profonda evoluzione, e in questo senso sono
efficaci strumenti di analisi giudica anche in una realtà sempre più orientata agli scambi in forma
digitale. Alcune altre categorie giuridiche, come il diritto esclusivo, il diritto al compenso, il
dominio pubblico pagante, il principio di territorialità, proprie peraltro del diritto d’autore, si sono
rivelati strumenti di analisi e disciplina giuridica in cui vi è una forte commistione tra aspetti
tecnico‐legali e aspetti sociali, con il risultato che il mutamento della realtà socio‐economica
sottostante ha messo in crisi anche l’applicazione dello strumento giuridico.
Per provare a chiarire questo concetto si può partire da una metafora che sembra ben
descrivere alcuni problemi derivanti dallo sviluppo delle nuove tecnologie78. Questa metafora è
quella di Internet come “common land”. La common land era una sorta di pascolo pubblico messo a
disposizione dei contadini nell’Inghilterra del Medioevo. La common land ha subito un processo di
enclosure tra la fine del 18° e l’inizio del 19° Secolo; è stata quindi privatizzata e divisa tra
proprietari terrieri, dando così luogo all’accumulazione di capitali che poi favorirà la rivoluzione
industriale. Secondo Hannah Kuchler, giornalista del Financial Times, un processo similare
starebbe interessando anche Internet, che da common land starebbe diventando territorio privato
per alcuni grandi operatori globali.
Non sappiamo quanto questo scenario sia realistico. Si può ipotizzare però che il diritto
d’autore e gli altri diritti di proprietà intellettuale, da un lato, e il diritto della concorrenza,
dall’altro, insieme alla disciplina delle misure tecniche di protezione, siano gli strumenti giuridici
che servono a tracciare i confini all’interno della moderna common land Internet.
Forse non avremo un’Internet del tutto senza confini come quella immaginata da Timothy
Berners‐Lee ma dobbiamo fare in modo di avere su Internet confini sufficientemente ampi per un
78 La metafora della common land è riportata dal Federico Rampini in “Rete padrona. Il volto oscuro della
rivoluzione digitale”, Feltrinelli, 2014, pp. 71 e ss. La trasposizione al diritto d’autore deve attribuirsi all’autore
del paragrafo 7 di questo Working Paper.
43
armonioso sviluppo del mercato digitale. E questo sembra uno degli obiettivi principali della
Commissione Europea con la Digital Single Market Strategy.
Gli attuali strumenti di diritto d’autore, e in particolare i diritti esclusivi, hanno questa
particolare caratteristica. Sono stati pensati essenzialmente per un mondo in cui a ciascun diritto
esclusivo (si pensi ai diritti di comunicazione al pubblico, di distribuzione, di riproduzione)
corrispondeva sostanzialmente un tipo di industria o un ambito della filiera della distribuzione. I
diritti esclusivi sono ora applicati in un ambiente digitale in cui le industrie convergono, grazie
all’evoluzione tecnologica, e le varie fasi della filiera della distribuzione tendono a ridursi, proprio
perché in gran parte avvengono ormai su network di comunicazione.
7.2 L’opportunità di un criterio di autorizzazione implicita degli atti di sfruttamento “accessori”
Proprio con riferimento a questo processo di sovrapposizione tra vari diritti esclusivi
sembrerebbe utile un ripensamento delle rigide compartimentazioni attualmente utilizzate tra
diritti di distribuzione, comunicazione al pubblico e riproduzione e magari riflettere
sull’opportunità di un criterio di autorizzazione implicita degli atti di sfruttamento “accessori” ad
atti di sfruttamento primari già autorizzati.
L’opportunità del ricorso a questo criterio può essere più evidente alla luce di qualche breve
cenno alla giurisprudenza comunitaria. In un caso di rivendita di software usati (c.d. caso
Usedsoft79) una società tedesca acquistava da alcune aziende le licenze su software Oracle, non più
utilizzate o in eccesso rispetto alle necessità dell’azienda utilizzatrice, e le rivendeva ad altre
aziende a prezzi competitivi rispetto a quelli praticati da Oracle. La Corte di Giustizia ha ammesso
a certe condizioni i casi di rivendita totale delle licenze ma ha dichiarato illeciti i casi di rivendita
parziale, in base al ragionamento che la rivendita parziale implica anche una duplicazione di copie
del software in violazione del diritto di riproduzione, e questo atto di riproduzione non sarebbe
coperto dal principio dell’esaurimento che si applica agli atti di distribuzione. Qui abbiamo una
riproduzione accessoria a un atto di distribuzione.
Ancora nel caso Meltwater80 la Corte di Giustizia ha sostanzialmente reinterpretato i requisiti
previsti dalla Direttiva Infosoc all’art. 5.1 con riferimento alle limitazioni al diritto di riproduzione
per i casi di riproduzioni temporanee nei processi tecnologici. Nel caso di specie Meltwater era una
società che forniva servizi di monitoraggio sui media su licenza delle associazioni di editori inglesi.
Tuttavia gli editori inglesi pretendevano che anche i clienti di Melwater pagassero loro dei
79 Corte di Giustizia, sentenza del 3 luglio 2012, caso C–128/11, ECLI:EU:C:2012:407, UsedSoft c. Oracle.
Orientamento sostanzialmente confermato anche nella successiva decisione Corte di Giustizia, sentenza del
12 ottobre 2016, caso C–166/15 ECLI:EU:C:2016:762, Microsoft c. Ranks e Vasiļevičs. 80 Corte di Giustizia, sentenza del 5 giugno 2014, caso C‐360/13, ECLI:EU:C:2014:1195, Public Relations
Consultants Association Ltd c. Newspaper Licensing Agency Ltd.
44
corrispettivi di licenza per gli atti di visualizzazione dei report Meltwater sui loro computer e per
le copie nelle memorie cache dei computer. La Corte dà una interpretazione molto ampia della
limitazione ex art. 5.1, quasi oltre il dato letterale, e lo fa sulla base dell’assunto che i clienti di
Meltwater fanno copie accessorie alla comunicazione al pubblico della stessa Meltwater.
Infine veniamo alla comunicazione al pubblico. La Corte di Giustizia ha chiarito nel caso ITV
Broadcasting81, relativo a ritrasmissioni online di emissioni radiotelevisive, che uno specifico mezzo
tecnico (per non ricadere nell’ambito di una nuova comunicazione) “deve limitarsi a mantenere o ad
aumentare la qualità della ricezione di una trasmissione già esistente e non può essere utilizzato per una
trasmissione diversa da quest’ultima”. Fuori da questi casi, non si avrebbe una mera fornitura di
mezzi tecnici ma una nuova comunicazione, e si dovrebbe valutare se essa sia diretta o meno a un
nuovo pubblico. Ebbene è da capire come questo orientamento possa impattare alcuni dei servizi
più innovativi nel campo delle telecomunicazioni, che consentono agli utenti di ritrasmettere i
contenuti televisivi ricevuti verso altri device. E siamo chiaramente in casi in cui abbiamo
ritrasmissioni che sono accessorie rispetto a ritrasmissioni primarie.
In tutti questi casi notiamo che ci sono atti di sfruttamento secondari o accessori che
accedono ad atti di sfruttamento primari. Nel quadro attuale lo sfruttamento primario tende a non
coprire lo sfruttamento secondario. E questo non si adatta facilmente all’economia digitale. Ne è
conscio il legislatore comunitario. Nella proposta di Regolamento UE sulle trasmissioni online,
troviamo all’art. 5 un chiaro riferimento al fatto che il principio del paese d’origine si applica ai
contratti per i servizi ancillari di comunicazione al pubblico in simulcast e catch‐up e che
l’autorizzazione alla comunicazione via Internet include anche tutti gli atti di riproduzione
necessari.
7.3 Le recenti evoluzioni nel processo di approvazione del Regolamento sulla portabilità
Ulteriori spunti di riflessione sull’evoluzione del diritto d’autore europeo vengono dalla
ricostruzione del processo di approvazione del Regolamento sulla portabilità. Questo processo
sembra essere ormai giunto alle sue fasi conclusive, dal momento che lo scorso 7 febbraio la
Presidenza del Consiglio europeo e i rappresentanti del Parlamento europeo hanno raggiunto “un
accordo provvisorio”82 sul testo del Regolamento, testo che tuttavia deve ancora essere sottoposto
al vaglio del Consiglio e del Parlamento per una votazione finale. Successivamente anche gli
ambasciatori UE in una riunione del 15 febbraio hanno confermato lo stesso testo del Regolamento
e hanno annunciato che le nuove norme inizieranno ad applicarsi nel primo semestre del 2018
81 Corte di Giustizia, sentenza del 7 marzo 2013, caso C‐607/11, ECLI:EU:C:2013:147, ITV Broadcasting c. TV
media audiovisivi online in uno Stato membro (o vi abbiano accesso gratuito ma previa
identificazione) e vogliano fruire di questi contenuti in portabilità appunto, cioè mediante
dispositivi come tablet, smart‐phone, laptop (portable devices), quando si trovano in altro Stato
membro. È esclusa invece dal perimetro della portabilità il tema dell’accesso cross‐border, che
invece si riferisce alla possibilità che un soggetto residente permanentemente in uno Stato membro
voglia accedere ai servizi online distribuiti dai prestatori stabiliti in altro Stato Membro.
Al fine di superare gli ostacoli che il quadro normativo vigente di diritto d’autore
determinerebbe per la portabilità dei contenuti, la Proposta di Regolamento introduce una fictio
iuris, in base alla quale la ricezione dei servizi in portabilità in uno Stato membro di temporanea
residenza si considera avvenuta nello Stato Membro in cui l’utente avrebbe potuto ricevere i
servizi in base al suo abbonamento. Qualsiasi previsione contrattuale contraria nei contratti tra
titolari dei diritti e distributori, che limiti la portabilità dei contenuti, deve ritenersi priva di
efficacia.
Il Comitato Europeo Economico e Sociale nella sua Opinione ha raccomandato una migliore
definizione delle nozioni di “residenza temporanea” e di “Stato Membro di residenza”, al fine di
chiarire con una serie di indicatori di stabile residenza quando il servizio sia davvero fruito in
portabilità. La “residenza temporanea” dovrebbe essere definita anche in ragione ad indici
temporali. L’Opinione si concentra inoltre a chiarire alcuni aspetti di efficacia dei servizi in
portabilità, sollecitando l’introduzione di un livello minimo di garanzia di qualità di ricezione dei
servizi in portabilità, salva la possibilità di servizi premium a pagamento che offrano un livello
superiore di qualità. Si sollecita anche l’introduzione di un concetto di “parziale portabilità”, per
tener conto del fatto che ci sono alcune zone dell’Unione Europea in cui può essere difficile
garantire la fruizione di servizi online in portabilità, stante la scarsità di infrastrutture tecnologiche
adeguate.
Il Consiglio nel suo Approccio Generale ha proposto una serie di limitazioni e
interpretazioni restrittive alla portabilità, chiarendo innanzitutto che la fictio iuris è una eccezione
al principio di territorialità e quindi è di stretta interpretazione, comunque applicabile solo con
riferimento a contenuti lecitamente acquisiti. La portabilità “comunitaria” inoltre dovrebbe essere
consentita solo nei limiti in cui il servizio sia soggetto a portabilità nei confini nazionali (il che
potrebbe dare adito a una serie di clausole restrittive nelle condizioni di abbonamento negli Stati
membri, al fine di sostenere che il servizio non è ammissibile alla portabilità fuori dallo Stato
Membro). Inoltre i distributori di contenuti dovrebbe avere la possibilità di offrire, in alternativa
alla portabilità, il libero accesso ai loro clienti in un certo Stato membro anche ai corrispondenti
servizi in altro Stato membro (quindi e ad esempio, Spotify potrebbe decidere di far accedere un
suo abbonato italiano temporaneamente presente in Francia al servizio Spotify francese, anziché
garantirgli la portabilità del servizio Spotify italiano durante la permanenza in Francia). Infine
47
dovrebbe essere garantita ai titolari dei diritti la possibilità di revocare i diritti di licenza a quei
distributori che non siano in grado di dimostrare di verificare i requisiti per la “temporanea
presenza”, ancora una volta da intendersi per periodi di tempo limitati.
Da ultimo il Committee on Legal Affairs del Parlamento Europeo nel suo Report ha fatto
propri alcuni orientamenti restrittivi del Consiglio (soprattutto in tema di eccezionalità del regime
di portabilità) e ha ulteriormente chiarito che la Proposta di Regolamento dovrebbe essere
modificata per garantire la verifica della “temporanea presenza” dell’abbonato in portabilità con
almeno due strumenti di verifica, con possibilità di negare la portabilità agli abbonati che non
collaborino con le procedure di verifica. Inoltre la portabilità dovrebbe essere limitata alla stessa
tipologia e numero di dispositivi ammessi al servizio di media audiovisivi nel territorio nazionale
(regola che rischia di rendere la portabilità riferita ai dispositivi e non più ai servizi, come nella
proposta della Commissione). A garanzia degli utenti si precisa però che la portabilità è un diritto
a fronte del quale non è previsto un corrispettivo aggiuntivo da parte degli utenti stessi e che il
concetto di “temporanea presenza” deve essere inteso in senso ampio, cioè come ipotesi residuale
e contrapposta rispetto a quella di residenza permanente. A chiusura si precisa che i fornitori
potranno offrire servizi in portabilità anche prima dell’entrata in vigore del Regolamento (che
dovrebbe richiedere una vacatio di dodici mesi dall’approvazione) e che la normativa sarà rivista
ogni tre anni, tenendo conto degli impatti sui flussi di ricavi a favore dei titolari dei diritti e gli
eventuali aumenti di costo per i consumatori.
Da quanto sin qui emerso si può ritenere che gli obiettivi fondamentali cui la Proposta di
Regolamento mira siano confermati (in primis la garanzia dell’accesso ai contenuti online senza
discriminazioni in base al luogo di accesso) e che tuttavia vi sia un tentativo costante di
ridimensionare e circoscrivere nella sfera dell’eccezionalità le previsioni in materia di portabilità. Il
ridimensionamento opera da una parte cercando di restringere la nozione di “temporanea
presenza” (rectius, ancorandola a definiti limiti temporali) e dall’altra lasciando agli operatori la
possibilità di sostituire la portabilità con l’offerta di servizi equivalenti (tutti gli abbonati presenti
in un certo Stato membro accedono ai servizi presenti in quello Stato membro, anche se
provengono da altri Stati membri) e che sono visti probabilmente come meno eterodossi rispetto
alla prassi degli accordi di licenza con i titolari dei diritti. Ci sono anche tentativi più o meno palesi
di introdurre limitazioni che possono portare a un sostanziale diminuzione di efficacia della
portabilità, si pensi in particolare a quelle previsioni che subordinano la portabilità “comunitaria”
al fatto che la portabilità sia offerta anche sul territorio nazionale, previsioni che darebbero
verosimilmente adito a varie forme di limitazione nelle condizioni di abbonamento su base
nazionale che finirebbero per riverberarsi sul piano sovranazionale. Si tratta tuttavia di limitazioni
che sembrano difficilmente conciliabili con la ratio di tutela del consumatore alla base della
Proposta di Regolamento.
48
Ci sono altri punti che invece non sono arrivati all’attenzione del legislatore europeo e
sembrano parimenti forieri di difficoltà o di potenziali inefficienze nell’implementazione della
portabilità: (i) aver strutturato la portabilità come un diritto dei consumatori e non come una
tecnica di semplificazione nell’acquisizione dei diritti da parte dei distributori (se infatti eventuali
costi di negoziazione imposti dai titolari dei diritti dovessero ricadere sui distributori, questi
ricadrebbero in definitiva sui consumatori); (ii) non aver coordinato sufficientemente le previsioni
in materia di portabilità con quelle in materia di geo‐blocking in settori diversi dall’audiovisivo,
dal momento che le limitazioni di accesso su base territoriale alle piattaforme per la distribuzione
delle applicazioni rischia di trasformare quella che è presentata come portabilità di servizi di
contenuti online nella portabilità dei dispositivi su cui sono già installate le applicazioni necessarie
ad accedere a tali contenuti. Sembra quindi opportuna la scelta del Parlamento Europeo di
proporre l’introduzione di un meccanismo di revisione delle norme in tema di portabilità almeno
su base triennale.
8. La proposta di direttiva sul Copyright nel Digital Single Market e la responsabilità degli
intermediari online
8.1 La proposta di direttiva sul copyright e il Value Gap
Il 14 settembre 2016, la Commissione Europea ha presentato la proposta per una direttiva sul
Copyright nel mercato digitale che include, tra l’altro, misure per affrontare la cosiddetta
questione del Value Gap (discriminazione remunerativa) nel settore della musica registrata.
La proposta è un primo importante passo verso la creazione di condizioni di parità per i
provider di musica online protetta da copyright. Tuttavia, un certo numero di migliorie sarebbero
necessarie per assicurare che la proposta possa raggiungere lo scopo prefisso per un mercato
digitale europeo funzionante e bilanciato.
L’industria musicale si è trasformata con successo nell’era digitale, generando un business
digitale di 6,1 miliardi di Euro a livello globale. Oggi, in Europa, i consumatori possono accedere
ad oltre 43 milioni di brani su oltre 200 piattaforme e i ricavi digitali rappresentano il 47 % del
mercato nell’Unione Europea.
Tuttavia, nonostante la musica sia sempre più disponibile e consumata come mai prima d’ora,
una gran parte di tale consumo non remunera adeguatamente gli artisti e coloro che investono
nella musica.
La principale ragione di questa situazione è costituita dal Value Gap, una crescente disparità tra
il valore che alcune piattaforme online ricavano dalla musica e il valore distribuito ai titolari dei
diritti. L’assenza di chiarezza riguardante lo status giuridico di certe piattaforme online in
relazione al copyright ha consentito a tali soggetti di costruire immensi business basati sull’offerta
49
di musica, attraendo allo stesso tempo un grande numero di consumatori, ma non remunerando
adeguatamente i titolari dei diritti. Ciò ha provocato una significativa distorsione di mercato che
pregiudica in maniera significativa i right holder, i servizi concorrenti di musica online e, infine, i
consumatori europei.
L’Unione dovrebbe porre rimedio a questa situazione chiarendo lo stato giuridico di tali
piattaforme in relazione al copyright.
Oggi, infatti, servizi User Upload Content (UUC) come YouTube e SoundCloud costituiscono la
principale fonte di consumo di musica. L’82% degli utenti europei (89% in Italia) di YouTube
utilizzano il servizio per accedere a musica. Tali piattaforme UUC hanno più di un miliardo di
utenti a livello globale in confronto ai 68 milioni di servizi come Spotify o Deezer.
Tuttavia, quando questi servizi UUC vengono approcciati dai titolari dei diritti per negoziare
le licenze essi affermano di non distribuire contenuti musicali perché ricadono nelle esenzioni di
responsabilità (safe harbour) previste dalla Direttiva E‐Commerce.
In realtà, come noto, tali esenzioni di responsabilità dovrebbero applicarsi solo ed
esclusivamente alle attività realmente neutrali e passive di intermediari attivi nell’ospitare o
archiviare materiale protetto da copyright quando tali atti sono solo “mere conduit” in trasmissioni
tra terzi.
Per esempio, un ISP che gioca un ruolo attivo nella distribuzione di contenuti, o che interviene
o partecipa nella comunicazione di contenuti protetti da copyright ed i servizi che vanno oltre il
mero hosting di informazioni di terzi dovrebbero essere chiaramente esclusi dall’esenzione di
responsabilità per tali attività.
Oggi, di fatto, i titolari di contenuto, per tutelarsi, hanno di fronte solo opzioni negative:
accettare i termini imposti da questi servizi e approvare qualsiasi offerta di ricavi che questi servizi
sono pronti a riconoscere, dipendere da sistemi inefficienti per rimuovere il contenuto online, o
iniziare lunghe e costose azioni giudiziarie. Tra l’altro, quest’ultima opzione è risultata in
confliggenti decisioni delle Corti in Europa proprio a causa della mancanza di chiarezza del
quadro legislativo.
8.2 La distorsione di mercato
L’assenza di un quadro certo e di negoziati equilibrati sta privando i titolari dei diritti, inclusi
autori ed artisti, dei ricavi e sta deprezzando il valore del contenuto creativo. Inoltre la situazione
sta generando un certo grado di concorrenza sleale con servizi musicali digitali come Spotify,
Deezer, Tim Music, ecc. che negoziano licenze con i right holder a livello di mercato, prima di
mettere a disposizione il contenuto musicale online. Senza considerare i problemi di concorrenza
sleale con nuove start up che volessero accedere al mercato.
50
A titolo esemplificativo, nel 2015, le piattaforme UUC, con più di un miliardo di utenti a
livello globale, hanno generato ricavi per l’industria musicale di 571 milioni di Euro, quando, al
contrario, un servizio audio streaming in abbonamento con 68 milioni di utenti, con condizioni di
mercato, e che non gode del”safe harbour”, ha generato ricavi per 1,8 miliardi di Euro.
Facendo un confronto specifico tra servizi, un servizio in abbonamento come Spotify, che è
market leader in Europa, genera una media di ricavi annuale per utente per le case discografiche di
16 Euro, laddove YouTube, che fonda il proprio servizio sul “safe harbour” genera meno di un euro.
8.3 La proposta della Commissione Europea sul Value Gap
L’impegno della Commissione Europea per affrontare il Value Gap è sicuramente benvenuto e
la proposta della Commissione va considerata un primo importante passo per individuare una
soluzione al problema.
Nella Comunicazione sul Copyright del dicembre 2015 e nella Comunicazione del maggio
2016 sul Digital Single Market, la Commissione ha riconosciuto che il ruolo di certe piattaforme in
relazione al copyright vada chiarito.
Anche il Parlamento Europeo ha preso posizione sulla questione in vari rapporti recenti dove
ha affermato “che la quasi totalità del valore generato dalle opere creative viene trasferita a questi
intermediari digitali, che rifiutano di retribuire gli autori o negoziano con essi remunerazioni estremamente
basse” e ha fatto appello alla Commissione a “valutare alternative basate su riscontri oggettivi per
affrontare modalità di trasferimento di valore dai contenuti ai servizi che consentano agli autori, agli
esecutori e ai titolari di diritti di essere equamente remunerati per lʹutilizzo delle loro opere su internet,
senza ostacolare lʹinnovazione”.
Nella proposta di direttiva Copyright la Commissione ha introdotto elementi chiarificatori sul
ruolo e sugli obblighi di alcune piattaforme.
La proposta include sicuramente un certo numero di elementi significativi.
‐ La conferma che i servizi UUC costituiscono “comunicazione al pubblico di contenuti”. Ciò è
consistente con la giurisprudenza della Corte di Giustizia sullo scopo e l’applicazione di tali diritti
e aiuta a risolvere l’incertezza legale causata da alcune decisioni nazionali utilizzare dai servizi
UUC per sostenere le proprie teorie che la responsabilità ricadesse sugli utenti e non sulle
piattaforme.
‐ Il chiarimento, ancora una volta in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia che i
servizi che svolgono un ruolo attivo in relazione al caricamento di contenuti, tramite
l’ottimizzazione dell’offerta o la promozione della stessa non possano godere dell’esenzione di
responsabilità prevista dall’art. 14 della direttiva e‐commerce. Ciò è essenziale in quanto
l’esenzione di responsabilità da violazioni di copyright fu sviluppata per tutelare solo gli
intermediari “tecnici, automatici e passivi”.
51
‐ Un obbligo, per i servizi UUC, che forniscono accesso a grandi quantità di contenuto, di adottare
misure, ad esempio, tecnologie efficaci per il riconoscimento dei contenuti, per assicurare che il
contenuto non autorizzato appaia sui propri servizi. Ciò è vitale in quanto, quando la rimozione
del contenuto è inefficace, una larga porzione di contenuto illegale rimane disponibile sui servizi
indebolendo anche la posizione dei titolari dei diritti nei negoziati contrattuali per le licenze delle
proprie opere.
8.4 La necessità di ulteriori chiarimenti nella proposta europea
Si ritengono tuttavia necessari alcuni chiarimenti al testo della Commissione:
‐ La chiarificazione presente nel considerando 38 laddove si stabilisce che le piattaforme UUC
“comunicano al pubblico” andrebbe anche inclusa nell’art.13. Ciò rafforzerebbe la certezza legale
in quanto un articolo ha un peso legislativo più rilevante rispetto al considerando e potrebbe
aiutare le Corti nell’interpretazione di tali previsioni. Ciò aiuterebbe anche nel chiarire gli
obblighi relativi all’applicazione di misure efficienti per i servizi UUC che comunicano al
pubblico.
‐ Il riferimento alla “comunicazione al pubblico” andrebbe accompagnato con un preciso
riferimento anche alla “messa a disposizione del pubblico”. Questo perché i diritti applicati alla
distribuzione on demand o allo streaming on demand da parte di servizi UUC, costituisce, per
alcuni titolari dei diritti, come i produttori musicali, un diritto di “messa a disposizione del
pubblico”.
9. I contratti di autori ed artisti nel Copyright Package UE
9.1 Il Copyright Package UE
Un percorso preparatorio lungo e complesso precede, di solito, la presentazione di una
proposta legislativa da parte della Commissione Europea, una procedura seguita, a ragione, anche
per il cosiddetto Copyright Package, pubblicato a settembre 2016, comprendente proposte88 di due
regolamenti e due direttive. L’iniziativa rientra nel Piano per la revisione del quadro normativo
88 La Commissione UE ha presentato la proposta di direttiva COM(2016) 596 per l’attuazione del Trattato di
Marrakesh del 2013 a beneficio delle persone non vedenti, in parallelo alla proposta di regolamento
COM(2016) 595 sullo scambio transfrontaliero tra l’Unione e i paesi terzi di copie in formato accessibile alle
persone con disabilità visive. L’altra proposta di Regolamento COM(2016) 594 riguarda il rafforzamento
della distribuzione transfrontaliera online di programmi radiotelevisivi alla luce della revisione della
Direttiva 2010/13/UE sulla tv via satellite e via cavo.
52
dell’UE per il diritto d’autore, presentato nella Comunicazione del dicembre 201589; essa va ad
affiancare i programmi di finanziamento dell’industria culturale europea, quali “Europa Creativa”
e “Horizon 2020”.
Per Günther Oettinger, commissario per l’Economia e la Società digitale “La nostra industria
creativa trarrà vantaggio da queste riforme che affrontano con successo le sfide dellʹera digitale e offrono ai
consumatori europei una più ampia scelta di contenuti da utilizzare. Noi proponiamo un ambiente per il
diritto dʹautore che sia stimolante, equo e che premi gli investimenti”. Ma non tutti i commenti sono
positivi. Il dibattito sulle proposte mostra come il diritto d’autore susciti l’interesse del pubblico,
anche fuori dagli ambienti direttamente coinvolti.
Al centro del dibattito, c’è la proposta di direttiva sul diritto d’autore nel Mercato Unico
Digitale90. Essa tratta di questioni ben distinte, anche se correlate, ritenute cruciali per la protezione
del copyright e per l’accesso del pubblico alle opere e alla cultura nell’Unione Europea.
Il Titolo II della proposta include un gruppo di eccezioni per usi digitali (estrazione di testi e
di dati, conservazione digitale del patrimonio culturale, attività didattiche digitali transfrontaliere).
Per la digitalizzazione e diffusione di opere fuori commercio, la proposta prevede anche la
possibile introduzione di meccanismi quali licenze collettive estese e presunzioni di
rappresentanza, in modo da assicurare la circolazione delle opere quando i titolari non
appartengono a un organismo di gestione collettiva dei diritti.
Il Titolo III è dedicato a strumenti per facilitare la circolazione e l’accesso ai contenuti culturali,
introducendo un meccanismo di “negoziazione assistita” in caso di difficoltà nella conclusione di
licenze relative a prodotti audiovisivi. La disposizione dell’art. 10 è collegata alle varie azioni della
UE in campo audiovisivo, come la proposta di Regolamento sulla portabilità transfrontaliera dei
servizi online91 e la revisione della Direttiva 2010/13/UE92, attualmente in corso93.
Il Titolo IV sulle “misure miranti a garantire il buon funzionamento del mercato per il diritto
dʹautore” contiene norme aventi natura e scopi differenti. L’art. 11 riguarda l’introduzione a favore
degli editori di pubblicazioni di carattere giornalistico di un nuovo diritto connesso per gli usi
digitali di articoli ed estratti, mentre l’art.12 riguarda l’attribuzione agli editori di quota parte
dell’equo compenso derivante da limitazione ai diritti di cui siano cessionari o licenziatari.
Le norme del capitolo “Equa remunerazione di autori e artisti (interpreti o esecutori) a livello
contrattuale”, potranno avere un impatto non trascurabile sui contratti di licenza o cessione dei
89 http://eur‐lex.europa.eu/legal‐content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52015DC0192&from=EN 90 COM(2016)/593 F1. http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST‐15302‐2015‐INIT/it/pdf 91 COM(2015) 627 def. https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2015/IT/1‐2015‐627‐IT‐F1‐1.PDF 92 Direttiva 2010/13/UE del 10 marzo 2010 relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi. 93 COM(2016) 287 def.
53
diritti. Non pare che questo Titolo abbia finora attirato ampia attenzione, ma è più che probabile
che l’interesse per questo insieme di norme crescerà. Tra le varie disposizioni sul buon
funzionamento del mercato del diritto d’autore c’è un legame non esplicito, che potrà essere
valorizzato nell’iter di approvazione e nella successiva attuazione della direttiva.
9.2 Il transfer of value a favore degli intermediari tecnologici
Negli ultimi anni, vari studi economici hanno analizzato gli effetti sulle industrie culturali del
transfer of value, ovvero il trasferimento a favore degli intermediari tecnologici e dei service
provider (quali le piattaforme digitali o gli aggregatori) del valore generato dalla distribuzione dei
contenuti creativi. Malgrado la portata diversa, c’è una correlazione tra la disposizione sul
trasferimento di valore (art. 13, considerando 39) e quelle sulla trasparenza nei contratti e sul
meccanismo di adeguamento della remunerazione degli autori e degli artisti. Un legame evidente
esiste altresì con la direttiva 2014/26/UE sugli organismi di gestione collettiva dei diritti (CMO)94.
L’art. 14 (considerando 40 e 41) sugli obblighi di trasparenza è tra le misure riguardanti le
piattaforme digitali che ospitano una grande quantità di contenuti (il pensiero corre a YouTube).
Le norme prevedono l’applicazione di tecnologie per il riconoscimento degli utilizzi digitali e
avranno prevedibilmente un impatto anche sui contratti individuali. Gli Stati membri dovranno
assicurare che gli autori e gli artisti ricevano dai rispettivi licenziatari o cessionari “informazioni
tempestive, adeguate e sufficienti”, in particolare per quanto riguarda “i modi di utilizzazione, i
ricavi prodotti e la remunerazione dovuta”. L’obbligo di trasparenza introdotto dall’art. 14 può
essere considerato complementare agli obblighi di trasparenza verso gli associati previsti dalla
citata direttiva CMO. Queste previsioni potranno auspicabilmente prevalere sugli accordi di
riservatezza invalsi per le licenze applicabili a diverse modalità di utilizzazione, in particolare
quelle online.
Più controversa è la norma delineata nell’art. 15 e nel considerando 42 (cosiddetta “bestseller
clause”), che prevede una remunerazione aggiuntiva quando il compenso concordato sia
sproporzionato rispetto alle entrate derivanti dallo sfruttamento dell’opera o del materiale
protetto.
L’armonizzazione di alcune condizioni delle cessioni dei diritti è collegata anche al fatto che
esistono notevoli disparità tra le disposizioni nazionali relative ai contratti di diritto d’autore95, sui
94 Directive 2014/26/EU of 26 February 2014 on collective management of copyright and related rights and
multi‐territorial licensing of rights in musical works for online use in the internal market �(CMO Directive). 95 http://ec.europa.eu/internal_market/copyright/docs/studies/etd2000b53001e69_en.pdf
quali sono finora intervenute solo norme nazionali sostanzialmente divergenti, in qualche caso
molto dettagliate, in altri casi carenti o affidate solo alla disciplina generale dei contratti.
Norme che hanno l’obiettivo di migliorare la posizione contrattuale degli autori e degli artisti
sono già presenti, con formulazioni differenti, nella legge sui contratti di diritto d’autore dei Paesi
Bassi, entrata in vigore il 1° luglio 201596 e nella legge tedesca, modificata nel 200297. Norme
analoghe sono in vigore in Francia98, Portogallo e Austria. La legge italiana non contiene, nella
parte relativa ai contratti di utilizzazione, norme ispirate a principi analoghi a quelli proposti nella
futura direttiva, salvo un generico favor auctoris quanto all’interpretazione della portata dei
contratti (art. 119, l. 633/1941). Secondo costante giurisprudenza, non possono essere ceduti i diritti
non noti al momento del contratto; inoltre, nella cessione di un diritto di utilizzazione non sono
trasferiti diritti non necessariamente dipendenti dal diritto ceduto, anche se compresi nella stessa
categoria di facoltà esclusive, in applicazione del principio dell’indipendenza dei diritti sancito
dall’art. 109. Nulla è previsto per quanto riguarda il livello dei compensi.
La direttiva prevede anche che gli Stati membri creino un organismo di risoluzione delle
controversie in alternativa alle procedure giudiziarie, cui fare ricorso qualora non sia raggiunto un
compromesso tra autore o artista e suo avente causa (art. 16).
La “bestseller clause” e il Meccanismo di risoluzione delle controversie mirano a rafforzare la
posizione degli autori e degli artisti nelle loro relazioni contrattuali con gli utilizzatori, tra cui in
primo luogo le industrie editoriali e i produttori audiovisivi e fonografici. Esse attribuiscono
all’autore e all’artista il diritto di richiedere un’equa compensazione supplementare se quella
concordata al momento della conclusione dell’accordo (non prevedendo il successivo successo
dell’opera o della prestazione artistica) sia gravemente sproporzionata rispetto ai ricavi del suo
sfruttamento. La sua attuazione sarà sostenuta dalle disposizioni sulla trasparenza contenute
articoli citati.
La direttiva non prevede parametri precisi per stabilire quanto la remunerazione si può
considerare “gravemente sproporzionata” rispetto ai ricavi effettivamente realizzati. Questa
eventualità può verificarsi quando il trasferimento dei diritti è effettuato contro un corrispettivo
prefissato; in tutti i casi in cui i diritti sono versati a percentuale o in quota sui ricavi, come nel caso
di diritti amministrati con l’intermediazione di un’organizzazione di gestione collettiva dei diritti,
96 www.ipmc.nl/en/topics/new‐copyright‐contract‐law‐netherlands. 97 Gesetz zur Staerkung der vertraegliche Stellung von Urhebern und ausuebende Kuenstlern. The provision
of article 32(a) is mandatory under article 32(b) of this Law. 98 Code of Intellectual Property, Art. L131‐2.
55
l’autore o l’artista sono in grado di trarre vantaggi proporzionali dalle utilizzazioni autorizzate.
L’art. 19 contiene una disposizione transitoria che concede alle parti un anno per
l’adeguamento degli accordi e delle pratiche commerciali correnti.
Una delle critiche a vari passaggi della proposta è che la flessibilità introdotta di concetti quali
trasparenza, equa remunerazione o grave sproporzione, sia in contraddizione con le esigenze di
chiarezza delle norme e di prevedibilità dei risultati che esse sono destinate a produrre.
Possiamo rilevare in queste nuove disposizioni la conferma di una linea di tendenza protettiva
nei confronti degli autori e degli artisti da parte delle autorità europee, non sorprendente se si
guarda ai numerosi documenti che vedono negli autori e negli artisti la parte meno favorita nei
contratti per lo sfruttamento dei diritti; solo il futuro ci dirà se la Commissione UE avrà veramente
la tenacia per perseguire fino in fondo lo scopo dichiarato.
10. Principio del paese d’origine e circolazione on line delle opere audiovisive
Come è noto, la disomogeneità delle norme in materia di diritti d’autore e diritti connessi fra i
Paesi membri è considerata dagli organi comunitari come uno dei principali ostacoli per
l’attuazione del Mercato unico e in particolare, per quanto riguarda l’industria digitale e la
circolazione delle opere in Rete, del Digital Single Market. Il frazionamento dei territori, se da un
lato deriva, per quanto riguarda i prodotti audiovisivi dalla tendenza dei right‐owners a
segmentare il mercato con la concessione di licenze su base territoriale e in regime di esclusiva al
fine di massimizzare i proventi, oltre che per tener conto delle differenze linguistiche e culturali,
dall’altro è causa di rilevanti difficoltà da parte degli utilizzatori nell’ottenimento delle
autorizzazioni dei titolari dei diritti con gravi ripercussioni sullo sfruttamento dei nuovi media
online che richiederebbe soluzioni semplici e rapide. Il problema è aggravato dalla
frammentazione nazionale del sistema di gestione collettiva dei diritti.
L’obbiettivo di ovviare agli inconvenienti derivanti dalla segmentazione nazionale nel settore
che qui interessa avrebbe potuto essere perseguito dal Legislatore comunitario in due modi
diversi: da un lato, promuovendo la armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri, cosa che
ha fatto, peraltro con risultati non sempre soddisfacenti, con l’emanazione sin dagli anni 90 di
direttive e regolamenti in materia di diritto d’autore e diritti connessi, dall’altro designando una
unica legge, quella c.d. paese d’origine, in luogo della lex protectionis, prevista dalla Convenzione
di Berna e dalle norme di diritto internazionale privato in materia di proprietà intellettuale, per la
disciplina del diritto di comunicazione al pubblico (e in genere dei diritti d’autore) nella
utilizzazione online delle opere audiovisive.
56
In teoria si sarebbe potuto seguire anche un’altra strada, quella dell’esaurimento comunitario
del diritto d’autore anche per l’online. Senonché nella Direttiva 2001/29 (Art. 4 e considerando
n.29) viene espressamente esclusa questa possibilità, laddove si stabilisce che la questione
dell’esaurimento non si pone per i servizi e soprattutto per i servizi online, nonché per le copie
ottenute da un utente di tale servizio con il consenso del titolare del diritto.
La prima applicazione del principio del paese d’origine è stata fatta dal legislatore comunitario
con la Direttiva satellite (93/83 del 27/9/1993), con cui si stabilisce che «la comunicazione al pubblico
via satellite si configura unicamente nello Stato Membro in cui, sotto il controllo e la responsabilità
dell’organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi sono inseriti in una sequenza ininterrotta
di comunicazione diretta al satellite e poi a terra». Si veda al riguardo anche il considerando 15 di tale
direttiva, secondo il quale l’acquisto in via contrattuale dei diritti di esclusiva sulle emissioni di
radiodiffusione deve avvenire nell’osservanza della normativa sul diritto d’autore e diritti connessi
vigente nello Stato in cui ha luogo la comunicazione al pubblico cioè nello Stato di «uplink» del
segnale. La stessa direttiva parla altresì di uno «spazio audiovisivo» europeo (considerando 9),
anche se poi fa salva l’autonomia contrattuale che «permetterà di continuare a limitare lo sfruttamento
dei diritti con riferimento a determinati metodi tecnici di trasmissione o a determinate versioni linguistiche»
(considerando 16) e prevede una particolare disciplina per i contratti di coproduzione
internazionale.
Con le ultime proposte annunciate il 14/9/2016 il legislatore comunitario sembra voler
confermare la scelta della soluzione del principio del paese d’origine, anche se con riferimento allo
Stato membro in cui l’emittente o il fornitore del servizio ha la sede principale o il luogo in cui è
svolta l’attività editoriale e non il luogo in cui avviene tecnicamente l’atto di comunicazione come
nella vecchia Direttiva Satellite. Si fa riferimento in particolare alla proposta di Regolamento
relativo ai servizi online accessori delle emittenti e ai diritti sulla ritrasmissione (Com. n. 594) che
secondo il Relatore imporrebbe una sorta di «licenza multi‐territoriale obbligatoria» per i servizi
online delle emittenti (simulcasting e catch‐up TV), alla Proposta di Direttiva sulla portabilità dei
contenuti online (proposta n. 627) e alla proposta di Direttiva recante modifica della Direttiva
2010/13/UE relativa alla fornitura di servizi di media audiovisivi (proposta n. 287).
La portata di queste proposte (ammesso che si trasformino poi in atti legislativi veri e propri
nella loro attuale versione) non deve essere sopravvalutata e non ha quella incidenza dirompente
sull’assetto dei diritti all’interno dell’Unione che alcuni vi hanno ravvisato ipotizzando il
superamento del principio di territorialità e provocando la reazione degli ambienti legati
all’industria dei contenuti, in particolare di quella cinematografica.
In primo luogo occorre precisare che le proposte in questione fondate sul principio del Paese
d’origine (ove ha sede lo stabilimento del fornitore), non si applica evidentemente ai fornitori di
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servizi media di Paesi terzi che non abbiano sede o stabilimento nell’Unione (ad esempio
piattaforme per la messa a disposizione di opere audiovisive operanti da Paesi terzi).
In secondo luogo nel settore audiovisivo i titolari dei diritti sono i produttori delle opere
cinematografiche e assimilate che gestiscono in piena autonomia i loro diritti (in particolare il
diritto di comunicazione e di messa a disposizione) mediante licenze concesse su base territoriale e
non sono normalmente rappresentati dalle società di gestione collettiva. Si tenga presente a tale
riguardo che la concessione delle licenze territoriali, lungi da rispondere a logiche arbitrarie,
spesso è dettata da motivazioni linguistiche o di diversità culturali o, più semplicemente dalla
disponibilità dei diritti per certi paesi. Non si vede come questa autonomia possa essere limitata
dalle proposte legislative in questione. In realtà, tali norme potrebbero se mai incidere sulla
portata delle autorizzazioni da parte delle società di collecting che gestiscono i diritti degli autori
per quanto riguarda le musiche e l’equo compenso previsto dall’art 46 bis L.D.A, nonché dei diritti
connessi, ad esempio estendendo il ricorso alle licenze multi‐territoriali previste dalla Direttiva
Collecting.
Ma è dall’esame delle stesse norme contenute nelle proposte legislative di cui si parla che
risulta fortemente ridimensionata l’incidenza del principio del Paese d’origine sull’assetto in
termini sistematici del principio di territorialità.
In primo luogo occorre osservare che, né nella Direttiva sui servizi di media audiovisivi del
2010 (Direttiva SMAV), né nella proposta di modifica della stessa (n. 287), che pure sono gli
strumenti legislativi più importanti e di più ampia portata nel settore dei servizi di media
audiovisivi sia lineari che a richiesta, compaiono norme , simili a quelle che abbiamo visto nella
Direttiva satellite, che assoggettino alla legge del Paese d’origine la disciplina dei diritti d’autore o
connessi relativi alle comunicazioni al pubblico. Il principio del Paese d’origine, che pure
costituisce l’elemento fondante della Direttiva SMAV e della proposta di riforma, viene richiamato
in tali atti al solo fine dell’applicazione delle norme materiali (norme a tutela dei minori e dei
consumatori, norme in materia di pubblicità e sponsorizzazioni, in materia di promozione delle
opere europee e così via), non già per la designazione della legge applicabile ai diritti d’autore e
connessi che in tali provvedimenti non vengono neppure menzionati.
La proposta sulla portabilità (n. 627), poi, prevede una estensione delle norme del paese di
residenza dell’abbonato, stabilendo con una fictio iuris che i pertinenti atti del diritto d’autore che si
realizzano nel momento in cui il servizio è prestato ai consumatori in base alla portabilità
transfrontaliera sono avvenuti esclusivamente nella Stato membro di residenza, (così la relazione
accompagnatoria della Proposta). Essa, peraltro, non pone in alcun modo in discussione l’esclusiva
territoriale delle licenze, ma si limita a dichiarare inapplicabili limitatamente ai soggetti interessati
alla portabilità transfrontaliera le disposizioni contrattuali in contrasto con detta estensione.
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Quanto infine alla Proposta di regolamento relativo ai servizi online accessori delle emittenti
(n.594), che pure ha sollevato vivaci reazioni di protesta da parte dei produttori di contenuti, si
osserva che essa, da un lato ha una portata molto limitata, in quanto riguarda solo la messa a
disposizione online (non il relativo caricamento) e solo in modalità lineare delle emissioni
televisive. Come si ricava dal considerando 8, la regola secondo cui gli atti di comunicazione al
pubblico si intendono avvenuti nello Stato membro dove l’emittente ha la sede principale (e ciò «in
order to facilitate the clearance of rights for the provision of ancillary online services across borders»)
«should apply esclusively to the relationship between right holders (or entities representing right holders
such as collective mangement organisationsd ) and broadcasting organizations and solely for the purpose of
the provision of , the access to or the use of an ancillary online service». Così delimitata la portata delle
disposizioni in esame relativa ad una fattispecie molto specifica, non sembra che questa Proposta
di Regolamento, abbia una incidenza generale e significativa sull’esclusiva territoriale delle
licenze.
Per concludere sul punto, non sembra che l’adozione da parte del Legislatore comunitario del
principio del Paese d’origine costituisca sul piano sistematico e generale una soluzione del
problema della segmentazione delle licenze e del frazionamento dei diritti. La vera soluzione di
questo problema può derivare solo dal completamento del processo di armonizzazione delle
norme in materia di diritto d’autore e diritti connessi, in atto da vari decenni, anche se con risultati
non del tutto soddisfacenti, almeno per quanto riguarda le materie che hanno maggiore rilevanza
nei rapporti transfrontalieri. Un importante passo avanti è rappresentato dalla Proposta di
direttiva n.593 sul diritto d’autore nel mercato unico digitale.
11. Tutela dei contenuti protetti dal diritto d’autore nel contesto digitale
Il settore della comunicazione audiovisiva è caratterizzato da significativi cambiamenti
tecnologici che hanno modificato la domanda dei consumatori.
Il processo di ʺdigitalizzazioneʺ ha facilitato anche nel nostro Paese una convergenza dei
servizi TV, delle telecomunicazioni e dei servizi Internet, determinando lo sviluppo di diversificate
modalità di fruizione dei contenuti che hanno correlativamente inciso sulle abitudini di consumo.
Infatti, l’utente fruisce del contenuto attraverso molteplici apparecchiature (es. televisori
connessi ad Internet (smart TV o connected TV), tablet, smartphone, PC, game consolle), in diverse
modalità (lineare o non lineare, simulcast o visione differita), con diversi dispositivi anche
contemporaneamente (da più componenti della stessa famiglia), anche in luoghi diversi (ed anche
fuori dalla propria abitazione), utilizzando un telecomando o tasti virtuali su uno schermo per
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accedere ad una app, e in diversi momenti della giornata, a sua scelta, con formule di fruizione che
si sono sempre più evolute via via (da una fruizione su base di abbonamento o finanziata dalla
pubblicità ad una fruizione basata su un mix di entrambe queste formule, a fruizioni su base
transattiva o finanziate in altro modo, pensiamo ai big data).
Il consumo di video fuori dallʹapparecchio televisivo, o comunque il consumo non lineare,
sottrae tempo di visione alla tv tradizionale (sia pay che free). Il mercato dell’offerta televisiva è
dunque caratterizzato da un altissimo tasso di innovazione tecnologica e di pressione competitiva,
dove quello che conta è l’attrattività del contenuto in sé in termini di qualità ed originalità. Si tratta
di un unico mercato in continua evoluzione e caratterizzato da grande dinamicità.
L’evoluzione tecnologica che rappresenta certamente un aspetto positivo per lo sviluppo del
mercato ha posto e pone al contempo alcuni temi di protezione dei diritti di proprietà intellettuale,
anche per la rapidità e diffusività delle violazioni che possono avvenire sul web e comunque
tramite strumenti di telecomunicazione.
L’assenza a tutt’oggi di strumenti effettivamente efficaci a tutela dei diritti crea un serio vulnus
agli investimenti del settore nella creatività e più in generale alla tenuta dell’impresa culturale che,
da un lato, fornisce un importante contributo alla creatività artistica e dall’altro lato continua a
soffrire dell’assenza di un quadro normativo sufficientemente protettivo nei confronti dell’utilizzo
abusivo dei propri contenuti.
Infatti sebbene sulla base dell’attuale quadro normativo (basato sulla Direttiva Enforcement e
quella Infosoc), il titolare di diritti disponga di vari strumenti di tutela, anche cautelari, potendo
perseguire anche l’intermediari che non abbiano un rapporto contrattuale con i terzi che
impieghino i suoi servizi per violare diritti di proprietà intellettuale, le utilizzazioni illecite contro
cui i titolari dei diritti non riesco a reagire in modo efficace sono in continua ascesa.
Certamente utile ma non decisiva è stata lʹazione dell’Autorità per le Garanzie nelle
Comunicazioni. A quasi tre anni dall’adozione della delibera AGCOM (680/13), la pirateria in Italia
continua purtroppo a dilagare con formule sempre più evolute di fruizione (es. i cyberlocker che
offrono agli utenti servizi a pagamento (cd. servizi premium) per disporre di un servizio
tecnicamente migliore (es. per facilitare il download di un film), riconoscendo in questo modo
all’uploader del contenuto una fee a seconda del numero di utenti che scaricano quel contenuto).
D’altro canto, la regolamentazione AGCOM ha sofferto dell’assenza di strumenti ‐ che il
legislatore avrebbe dovuto invece mettergli a disposizione – per contrastare in modo efficace il
fenomeno della pirateria. In particolare, l’AGCOM non ha potuto sin qui applicare il blocco IP,
dovendo invece concentrare la propria azione sulle richieste di blocco DNS, adottato per giunta
solo dopo che l’ordine di rimozione non sia stato eseguito spontaneamente dal suo destinatario.
Anche i tempi di esecuzione dell’ordine (che possono arrivare anche fino a 30 giorni dalla
presentazione dell’istanza di rimozione) non sono sufficientemente rapidi e gli strumenti non sono
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sufficientemente deterrenti in caso di recidiva. L’impegno richiesto ai titolari dei diritti per la
presentazione delle istanze all’AGCOM è peraltro non proporzionato ai risultati ottenuti, tanto da
dissuadere i primi dal ricorrere a questi strumenti di tutela.
È opinione diffusa che strumenti più robusti ed effettivi dovrebbero essere istituiti e forniti alle
autorità nazionali (giudiziali e amministrative) per combattere effettivamente la pirateria. Questi
strumenti dovrebbero includere, tra lʹaltro:
(1) misure transfrontaliere per reagire contro le violazioni del copyright, al fine di consentire ai
titolari dei diritti di ottenere una protezione transfrontaliera applicabile sull’intero territorio
dell’Unione Europea.
Si pensa in particolare al fatto che, nel caso di violazioni lamentate su Internet e quindi con
una potenziale portata cross‐border, i titolari dei diritti sono sostanzialmente costretti a
ricorrere ad azioni multiple in diversi Stati Membri, il che è costoso sia in termini economici
sia in termini di tempo. Se la Commissione Europea vuole promuovere lo sviluppo del
Digital Single Market nell’Unione Europea, deve migliorare gli effetti transfrontalieri delle
azioni intraprese negli Stati. Con specifico riferimento ai provvedimenti inibitori pronunciati
dai tribunali di uno Stato Membro contro un servizio illegale che opera a livello europeo: (a) i
tribunali nazionali dovrebbero avere l’abilità di ordinare, su richiesta di parte, che l’ambito
territoriale del provvedimento inibitorio sia esteso sino ad includere tutti gli Stati Membri in
cui l’interessato detenga i diritti; on quantomeno in alternativa, (b) bisognerebbe istituire una
procedura accelerata che consenta ai detentori dei diritti di dare esecuzione all’ingiunzione
anche al di fuori degli Stati Membri.
(2) un alto livello di armonizzazione sul risarcimento danni derivante dalle violazioni del
copyright e di altri diritti di proprietà intellettuale, che possa seguire un approccio cosiddetto
follow‐the‐money, al fine di privare gli infringers della loro fonte di finanziamento e, di
conseguenza, ridurre l’attrattività del loro business;
La Commissione europea dovrebbe focalizzarsi sui seguenti punti: (a) gli autori delle
violazioni non dovrebbero trattenere, nemmeno in parte, i proventi derivanti dalle
violazioni; (b) i tribunali dovrebbero poter applicare regole chiare ed armonizzate per
calcolare i danni; (c) il quadro regolamentare dovrebbe includere il risarcimento di
determinate perdite spesso non disponibili per i detentori dei diritti (per esempio: costi di
marketing, investimenti nella protezione e nello sviluppo del mercato).
Quanto all’approccio follow the money si devono promuovere meccanismi di collaborazione
con le imprese del settore advertising e del settore dei pagamenti perché collaborino
attivamente, anche con azioni preventive, a ricostruire le catene di distribuzione dei
contenuti illeciti, dove spesso le condotte abusive sono favorite dall’anonimato degli autori
delle condotte illecite.
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Le previsioni sul risarcimento danno contenute nella Direttiva Enforcement dovrebbero
essere migliorate per raggiungere i loro obiettivi: (i) i detentori dei diritti devono essere
adeguatamente remunerati per la perdita sofferta e (ii) gli autori delle violazioni (e i
potenziali autori delle violazioni) dovrebbero essere scoraggiati da risarcimenti danni
sufficientemente significativi.
(3) misure effettive per combattere la pirateria. Dovrebbero essere introdotti in via legislativa
strumenti per un take‐down veloce, se non istantaneo, e procedure disponibili per i detentori
dei diritti, con la possibilità di disabilitare l’accesso a singoli lavori o pagine web contenenti
contenuti illegittimi o, se questo blocco selettivo non è tecnicamente possibile, anche la
possibilità di disabilitare l’accesso all’intero sito internet che ospita contenuti illegali;
disponibilità di una tecnologia pre‐upload e di riconoscimento del contenuto, da rendere
obbligatoria; l’adozione di tecnologie tese ad evitare che contenuti non autorizzati siano
caricati (o ricaricati dopo il take‐down) da rendere obbligatoria; la previsione di strumenti
adeguati per combattere i programmi di file‐sharing, anche se utilizzati da privati.
(4) coordinamento europeo per le azioni di contrasto alla pirateria su scala europea. A tal fine
potrebbe essere opportuno istituire un’Agenzia Europea per l’enforcement dei diritti IP che sia
in grado di reagire con strumenti di ingiunzione ma anche con poteri di segnalazione ad
Autorità come Europol e Interpol (quindi non escludendo anche gli strumenti di repressione
di tipo penalistico) al fine di reprimere fenomeni di pirateria a carattere internazionale. In
alternativa o in affiancamento si potrebbero introdurre sistemi per lo scambio di
informazioni sul copyright e su altre violazioni dei diritti di proprietà intellettuale tra
detentori di diritti e ISP che agiscono in diversi paesi dell’Unione Europea, compresi sistemi
per segnalare violazioni del copyright o di altri diritti di proprietà intellettuale ai servizi di
pagamento online al fine di bloccare le organizzazioni che offrono illecito accesso ai
contenuti di terzi.
12. Mercato Unico Digitale: libertà, concorrenza e diritto di autore
L’evoluzione tecnologica ha cambiato tutta la nostra vita, il modo di comunicare, il lavoro, il
nostro intrattenimento, il modo di ricercare ed apprendere.
Prima di Internet, per scriversi oltreoceano (il telefono costava 5.000 lire al minuto) serviva un
mese: si scriveva a Natale e la risposta arrivava a Pasqua e quando leggevi tutto era già passato, a
volte romantico, ma passato…
Oggi in ogni parte del mondo ci si scrive in tempo reale, oggi non ci sono più ignoranti se
hanno a portata un modo di connettersi; tutti possono leggere in tempo reale nomi, date, storia di
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tutto e di tutti; tutti siamo un po’ dottori (e questo è forse anche un po’ un male, soprattutto per gli
ipocondriaci come me), tutti possono sapere e raccontare qualsiasi cosa, basta potersi connettere.
E così nel lavoro: mi ricordo le ricerche, la biblioteca del tribunale, questi tomi giganti e
impolverati, mi ricordo le memorie scritte a mano, poi la rivoluzione del fax, e poi… la mail… Una
volta tra il luogo di lavoro e casa eravamo incontattabili (una meraviglia e un dramma nello stesso
tempo), poi sono arrivati i telefoni in macchina a rendere questo momento di isolamento meno
lungo… Adesso non possiamo neanche pranzare, cenare o altro, siamo perennemente
raggiungibili e domande, risposte, atti, qualsiasi cosa avviene ad una velocità istantanea. Non c’è
più pace, non c’è più tempo per pensare, osservare, ma tutto è estremamente veloce ed efficiente.
Questo è Internet, lavorativamente una fonte di stress incredibile, ma enorme capacità di
messa in contatto, di ricerca e di diffusione della cultura. Non sorprenda che questo sia detto da un
esponente di un editore tradizionale perché questa è stata ed è la prima riflessione: gli editori sono
i primi sostenitori di Internet, non i suoi avversari, ma è solo nella legalità che un sistema può
evolversi e non implodere.
Libertà e concorrenza sono due temi i due temi connessi allo sviluppo della tecnologia di cui
stiamo trattando sui quali è necessario porsi alcune domande Siamo così sicuri che un mondo
senza regole sia un mondo libero? Una comunicazione priva di regole mette in pericolo, a mio
avviso, una delle principali libertà che è quella di essere messi in condizione di scegliere
oggettivamente ricevendo una informazione esaustiva. Se digitando sui motori di ricerca una
parola che mi riporta ad un fatto, si legge solo una versione di quel fatto, le persone tenderanno a
convincersi di quello che leggono senza essere messe in condizione di valutarlo oggettivamente.
Che potere si sta poi dando con tutti i dati che mettiamo sui device e che affidiamo ai portali per
contratto? Pensiamo solo a tutti i dati sanitari... È un mondo troppo potente e conseguentemente
troppo pericoloso, va certamente normato.
E così per la concorrenza. Oggi si pone il tema di “globalizzare” ed uniformare questo
cambiamento tecnologico per renderlo più efficace ed efficiente a livello europeo: vogliamo quindi
poter vedere i nostri film e i nostri porgrammi dal nostro tablet in ogni paese comunitario, così
come vogliamo non dovere togliere il roaming dai nostri cellualri per evitare bollette stratosferiche,
come peraltro ha votato a approvato il Parlamento europeo.
La creazione del mercato unico digitale è una delle priorità fondamentali, ma occorre creare
un mercato unico equilibrato.
Libertà non siginifica, infatti, necessariamente concorrenza, anzi, se non regolata, può
significare distorsione della concorrenza. Un accesso transforntaliero indisciminato rischierebbe, di
fatto, di distorce la concorrenza, portando ad una riduzione dei profitti degli organizzatori delle
manifestazioni e discriminando i gruppi presenti nel territorio europeo. L’operatore internazionale
più grande acquisterebbe certamente meglio e potrebbe vendere a meno rispetto a chi invece
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dispone di una struttura nazionale e quindi, alla fine, rimarrebbero solo pochi operatori (o
addirittura uno), con un evidente rischio di posizione dominante e perdendo altresì quel
patrimonio culturale che comunque può derivare da una comunicazione di tipo nazionale.
Ben venga quindi la portabilità, ma attenzione all’accesso transfrontaliero perché potrebbe
portare ad una evidente distorsione della concorrenza.
L’altro tema fondamentale è quello delle violazioni su scala commerciale del diritto dʹautore e
della determinazione del ruolo degli intermediari online: è necessario ridefinire la qualficazione di
tali intermediari in relazione a quello che fanno e applicare loro di conseguenza le regole che gli
vanno applicate: se sono hosting passivi, quelle degli hosting passivi con le relative esenzioni di
responsabilità; se sono attivi o addirittura editori quelle degli editori con le relative assunzioni di
responsabilità. La normativa in questo è molto chiara: chi ha una posizione neutra rispetto al
contenuto limitandosi a fornire connettività o anche consentendo la registrazione temporaena o
permanente di contenuti, ma senza alcuna interazione con essi, non deve controllare
preventivamente ciò che suo tramite viene pubblcato (anche se ha un obbligo di attivarsi per
l’eliminazione del contenuto illecito qualora ne venga a conoscenza), ma chi con questi contenuti,
invece, intergasice ne deve rispondere.
In un momento dove sono in corso anche valutazioni di proposte di aggiornamento delle
direttive AVMS e Copyright è fondamentale che l’Italia non perda il suo ruolo di leader nella
tutela del diritto di autore ben espresso nella quasi totalità delle decisioni prese in linea, peraltro,
con quelle della Corte di Giustizia Europea. Una indiscriminata esenzione delle responsabilità dei
gestori delle piattaforme di condivisione video non tutela correttamente gli interessi coinvolti e la
parità di condizioni competitive. TV e piattaforme per la condivisione di video si contendono,
infatti, lo stesso pubblico operando in un rapporto di concorrenza che verrebbe falsato da un
differente ed ingiustificato regime di applicazione delle norme. Non può più per esempio poter
essere considerato passivo chi sfrutta le opere con raccolta pubblicitaria o con pagamento
dell’accesso. Elemento fondamentale è il carattere lucrativo della comunicazione dell’opera: lo ha
detto proprio di recente anche la CGE.
Non dimentichiamoci infine un concetto fondamentale: per incoraggiare la generazione di
contenuti vanno sempre adottate misure a salvaguardia dellʹequa remunerazione dei creatori e di
chi investe nella creazione. Bisogna sempre proteggere chi crea e chi investe sulla creazione e non
chi cerca di sfruttare parassitariamente gli investimenti altrui.
Si dice che l’era digitale porta nuovi posti di lavoro ma, ne siamo così sicuri? E siamo sicuri
che i posti di lavoro che invece si rischia di perdere non tutelando chi investe sui diritti non siano
di numero maggiore? Finanza e produzione devono trovare un equilibrio e i populismi devono
finire.
64
Se si riuscisse a raggiungere una definitiva chiarezza sull’attribuzione delle responsabilità,
sarebbe finalmente possibile trovare accordi commerciali tra i vari interlocutori del mercato che
permettano un migliore accesso ai contenuti nel rispetto dei diritti di chi ha investito sugli stessi.
Accordi che oggi sono preclusi da uno squilibrato potere commerciale di chi si siede al tavolo
pretendendo di potere sfruttare tutto gratis e senza responsabilità alcuna: indicativo è il fatto che
tutti gli accordi raggiunti fino ad ora in Italia siano stati comunque successivi a contenziosi
giudiziari o interventi delle autorità. Anche la Commissione Europea ha colto questo passaggio
evidenziando l’esigenza di ri‐bilanciare le negoziazioni sulla base dell’attribuzione di
responsabilità agli intermediari.
A regole chiare sarà infine, si, il mercato a far trovare l’equilibrio fra gli editori tradizionali
e gli operatori Internet che, congiunti, rappresentano il futuro dell’audiovisivo.
13. Google, creatività e copyright
Si analizzano di seguito 3 punti strettamente legati l’uno con l’altro:
(i) L’impegno di Google nel supportare lo sviluppo dell’industria dei contenuti e dei “creators”
italiani ed europei
(ii) L’impegno di Google nella lotta alla pirateria online attraverso lo sviluppo di strumenti ad
hoc e l’implementazione degli stessi all’interno dei propri servizi e prodotti
(iii) La gestione dei contenuti protetti dal copyright all’interno dei prodotti Google e alcune
osservazioni in merito alla proposta di riforma europea del copyright presentata dalla
Commissione Europea lo scorso 14 settembre.
Si possono trovare maggiori dettagli sulle tematiche trattate all’interno del report “Come Google
combatte la pirateria”.
Quando si parla di protezione del diritto d’autore e di lotta alla pirateria, non bisogna
soffermarsi solo sulle azioni volte a scoraggiare la violazione del copyright, bensì anche su quelle
mirate a valorizzare tale diritto. In tal senso, l’impegno di Google si focalizza su tre principali
obiettivi:
‐ Far sì che vi siano sempre più contenuti disponibili per gli utenti europei
‐ Contribuire all’aumento della remunerazione per i detentori di diritti europei
‐ Impegnarsi attivamente e sempre di più nelle attività di contrasto alla pirateria
Servizi di Google come YouTube stimolano le persone a creare e condividere contenuti.
Oggi, infatti, più di 400 ore di video vengono caricate su YouTube ogni minuto, da milioni di
canali in più di 80 paesi. Tra questi, sempre di più vi sono contenuti di giovani creators, che grazie
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a YouTube hanno potuto esprimere la propria creatività, essere seguiti da milioni di persone e
costruire una vera e propria carriera. Di seguito si possono trovare alcuni esempi di creators che
ormai contano su centinaia di migliaia di iscritti ai propri canali YouTube e i loro video sono stati
visti milioni di volte:
(1) Puglia ‐ Nirkiop: gruppo di 5 ragazzi di Taranto che hanno cominciato dal canale di YouTube
per arrivare al mondo della produzione nel quale proseguono con successo dal 2010, dopo
aver anche girato il film ʺ la Matricola ʺ;
(2) Nadia Tempest: pugliese laureata in scienze della comunicazione nasce come blogger di
YouTube e arriva a diventare beauty reporter di Glamour e a scrivere un libro 10 cose che non
avrei mai pensato di fare, tutto questo senza abbandonare mai il suo canale;
(3) Napoli ‐ Casa Surace: giovane realtà della produzione comica, cresce attraverso video virali su
Youtube che carica frequentemente sottolineando soprattutto gli stereotipi del Sud rispetto a