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Furio Cerutti
con la collaborazione di Elena Pulcini e Monica Toraldo di
Francia
Filosofia politicaUn'introduzione
DISPENSE DEL CORSO PROPEDEUTICO DEL GRUPPO DI FILOSOFIA
POLITICA(FILOSOFIA POLITICA, FILOSOFIA SOCIALE, BIOETICA, TEORIE
DELLO STATO)
FACOLT DI LETTERE E FILOSOFIACORSO DI LAUREA IN FILOSOFIA
DELL'UNIVERSIT DI FIRENZE
Sesta edizione, settembre 2008
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
Premessa
Le presenti dispense si basano sulle lezioni di Filosofia
politica (come singola disciplina) tenute nell'a.a. 1994-95, da me
riviste ed aggiornate negli anni accademici successivi, e poi
integrate con le voci pertinenti alla Filosofia sociale e alla
Bioetica, scritte rispettivamente dalle titolari di questi
insegnamenti, Elena Pulcini e Monica Toraldo di Francia (le voci
riguardanti Teorie dello Stato rientrano evidentemente fra quelle
di Filosofia politica). A loro il mio ringraziamento per questa
importante integrazione che permette di adeguare le dispense alle
esigenze del corso propedeutico, riguardante tutte e quattro le
discipline di cui si compone attualmente il Gruppo
pluridisciplinare di Filosofia politica (SPS-01 nellordinamento
nazionale).
Questultima edizione 2008 si arricchita del capitolo su
violenza, morte e politica e dellexcursus sulle radicali modifiche
che la politica sta vivendo nel passaggio ad unepoca post-moderna
(e a quelle di cui la filosofia politica dovrebbe rendersi
conto).
Questo testo nella sua prima versione venne letto da Norberto
Bobbio, che ne apprezz lassetto sistematico e mi sollecit a
proseguire nel suo miglioramento in vista della definitiva
pubblicazione come libro. Questa non ancora avvenuta, ma la
carissima memoria dellamico e maestro rimane un ulteriore stimolo a
porvi mano non appena altri progetti scientifici saranno
ultimati.
Grato rimango altres alla compianta amica e collega Lucia
Cesarini Martinelli, Preside della Facolt al momento della prima
edizione delle dispense, che ne favor la raccolta e pubblicazione.
Nel corso di questi dieci anni diversi colleghi mi hanno aiutato,
con i loro commenti e critiche, a rivedere le prime edizioni:
soprattutto i colleghi dellallora Seminario interuniversitario di
Filosofia politica, particolarmente Luca Baccelli e Brunella
Casalini, e il prof. Mario Tel dell'Universit libre de Bruxelles;
ma anche diversi studenti. Ad essi si estende la mia
riconoscenza.
Autore e co-autrici saranno grati a chiunque vorr segnalarci
errori o proposte dintegrazione scrivendo a
Furio Cerutti, settembre 2008
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
PER CHI PREPARA LESAME SU QUESTO TESTO: Le conoscenze ricavate
dalle presenti dispense valgono solo se sorrette dalla padronanza,
per sommi capi, della storia politica e sociale almeno
dellOccidente (ripassarla su di un manuale qualsiasi) e della
storia della filosofia politica (si consiglia C.Galli, Manuale di
storia del pensiero politico, Il Mulino)
Come traccia per la memorizzazione di questo testo si possono
usare le diapositive da me utilizzate a lezione; esse verranno
pubblicate sulla mia pagina del sito del Dipartimento al termine
del semestre autunnale 2008.
Informazioni sul Gruppo di Filosofia politica, sui suoi corsi e
programmi di ricerca, nonch sui docenti e i loro orari di
ricevimento (v. Bacheca delle ultimissime) si trovano sul sito del
Dipartimento di Filosofia (http://www.philos.unifi.it/), unitamente
ad un file scaricabile di queste dispense
Furio Cerutti 2008
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
Indice
A. FILOSOFIA POLITICA.
Premessa.....................................................................................................................................6
PARTE PRIMA. GLI ELEMENTI
1. Le categorie della filosofia
politica.........................................................................................7
2. Definizioni di `filosofia
politica'..............................................................................................8
3. Una tipologia della filosofia
politica..........................................................................................10
4. Che cos' la
politica?............................................................................................................12
5. Potere e potere
politico.........................................................................................................18
6. Il potere politico e gli altri: peculiarit e
`neutralit'............................................................20
7. Potere, forza, violenza, consenso, comandi/norme......26
8. Due vedute diverse: Foucault e
Schmitt.................................................................................29
PARTE SECONDA. COME SI ARTICOLA LA POLITICA
9. I fini della
politica................................................................................................................31
10. I concetti di ordine ed
istituzione.........................................................................................32
11. Modelli di ordine
politico....................................................................................................37
12. Legittimit, identit, simbolismo e mito
politico..................................................................46
13. Legittimit e
legalit............................................................................................................50
14. L'obbligo
politico................................................................................................................54
15. Lo
Stato...............................................................................................................................61
PARTE TERZA. MONDO E FUTURO
16. Gli
Stati...............................................................................................................................64
17. L'era
nucleare.....................................................................................................................72
18. Aspetti politici e filosofici della situazione
nucleare............................................................78
19. Pace, pacifismo e governo
mondiale....................................................................................84
20. Violenza, morte e
politica.........................................................................................................92
21. Modernizzazione, globalizzazione, sfide globali: come cambia
la politica...........................95
PARTE QUARTA. LA FILOSOFIA POLITICA NORMATIVA
22. Etica e politica: una mappa delle
etiche............................................................................101
23. Idealismo e realismo
politico.............................................................................................103
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
24. I
diritti...............................................................................................................................105
25. Libert ed
eguaglianza......................................................................................................109
26.
Giustizia............................................................................................................................112
27. Filosofie politiche normative di
oggi.................................................................................115
Un epilogo in terra ed uno
sotto...................................................................................................118
B. FILOSOFIA SOCIALE.
28.
Comunit/societ..............................................................................................................120
29. Individuo/soggetto....128
30. Passioni/interessi.............................133
C. BIOETICA31.Vita/morte..138
32.Responsabilit/cura.......145
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
A.
FILOSOFIA POLITICA
Premessa alla parte di Filosofia politicaIl presente testo non
ha la pretesa, nonostante il suo procedere sistematico, di
essere
un'introduzione completa ed esaustiva alla filosofia politica.
Di essa vengono qui elaborate, in chiave di terminologia
filosofica, le categorie pi astratte, e viene poi particolarmente
sviluppata la parte relativa ai problemi posti dalle relazioni
internazionali e dai problemi globali, nonch quella concernente i
rapporti fra politica ed etica.
Per tutta una serie di nozioni si rimanda via via
all'elaborazione svolta da altri autori, soprattutto da Norberto
Bobbio. Anche nelle categorie qui sviluppate sono spesso evidenti e
dichiarati i debiti. Ove il riconoscimento non fosse abbastanza
chiaro, l'autore se ne scusa fin d'ora con i colleghi dai quali
andato a prestito.
Dev'esser chiaro agli studenti che queste dispense non
sostituiscono per nulla lo studio dei testi indicati nel programma
d'esame, n la frequenza alle lezioni: un obbligo, non un optional,
che - al di l di qualsiasi controllo - deriva loro dall'essere
fruitori di un servizio offerto a costi bassissimi dallo Stato, cio
dai contribuenti di ogni classe e gruppo. Ed anche un'opportunit
vantaggiosa: quella di apprendere direttamente dal docente nessi ed
accentuazioni in un modo che la parola scritta non pu mai
rimpiazzare.
I testi ai quali si fa pi spesso riferimento sono:Bobbio,
Norberto, Stato, governo, societ, Einaudi, Torino (originariamente
voci
dellEnciclopedia Einaudi)Idem, Teoria generale della politica ,
Einaudi, TorinoBobbio, Norberto - Matteucci, Nicola - Pasquino,
Gianfranco, Dizionario di politica, TEA,
Torino 1990. Assai utili sono poi:Scruton, Roger, A Dictionary
of Political Thought, Macmillan, London 1996Evans, Graham and
Newnham, Jeffrey, The Penguin dictionary of international
relations,
Penguin, London 1998. Come lettura introduttiva alla riflessione
filosofica (ma non solo filosofica) sulle relazioni internazionali
si consiglia il volume: Cerutti, Furio, a cura di, Gli occhi sul
mondo. Le relazioni interdisciplinari in prospettiva
interdisciplinare, Carocci, Roma 2000.
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
1. Le categorie della filosofia politica
Per un approccio teoretico e non storiografico alla politica
qual quello proprio della filosofia politica, il metodo pi adeguato
per introdurvisi appare quello di ricostruire la trama dei suoi
concetti-chiave, quelli che essa usa ai suoi massimi livelli
d'astrazione ovvero non usa, ma, laddove affronti questioni pi
concrete, sottintende. Cerco insomma di disegnare la mappa delle
categorie di questa disciplina, ovvero di esporne la terminologia
filosofica - sullo spunto fornitomi dalle lezioni di Philosophische
Terminologie tenute quasi quarantanni fa da Theodor
Wiesengrund-Adorno all'Universit di Frankfurt am Main, le quali io
ebbi l'occasione di seguire.
Ora, entrando nel lessico, ovvero nelle categorie della
filosofia politica, per ordinarle si pu tracciare una distinzione
pi didascalica che scientifica, che vuole solo fornire un filo
ordinativo per l'esposizione: quella tra concetti fondativi e
concetti sostantivi.
I concetti fondativi sono quelli che indicano la trama
concettuale elementare della filosofia politica e sono peraltro
puri concetti, voglio dire che ad essi non corrispondono in
generale entit politiche riconoscibili. Alcuni di questi concetti
hanno uno status prevalentemente analitico, sono neutrali dal punto
di vista del valore: per esempio potere (sebbene vi siano visioni
peggiorative di esso), conflitto, istituzione (esistono le
istituzioni, ma non l'istituzione), sicurezza, paura, e ancora
obbligo e legittimit, nonch identit politica (sono le categorie
delle parti I e II). Altri di questi concetti sono s fondativi,
avendo per inoltre una caratterizzazione assiologica, cio, detto in
termini latini anzich greci, valutativa. Questi concetti non
indicano solo uno strumento per analizzare la materia che vogliamo
comprendere, ma indicano anche un valore che noi ad essi
attribuiamo o che gli attori politici ad essi attribuiscono. Per
esempio libert, giustizia, eguaglianza, solidariet (parte IV).
Sono tutti concetti di alta astrazione, concetti che in parte
non appartengono esclusivamente alla filosofia politica, giacch
quelli assiologici appartengono insieme alla filosofia morale. Essi
sono tali che indicano le trame dei rapporti fondamentali che
intercorrono tra gli uomini quando agiscono politicamente, ma non
indicano anche un contenuto, una materia determinata di queste
relazioni.
Concetti sostantivi1 (parte III per lo pi) sono Stato, governo,
amministrazione, guerra e pace (in quanto riferibili ad
accadimenti) e poi le grandi classiche definizioni delle forme di
Stato (patrimoniale, assoluto, liberale, democratico, socialista
ecc.) e/o di governo (aristocrazia, monarchia, democrazia,
oligarchia, repubblica, dittatura, tirannide, dispotismo ed altro).
Noi 1 Occorre qui una digressione linguistica preliminare: il
termine `sostantivo' usato come aggettivo comincia solo adesso a
far parte del linguaggio filosofico italiano; viene invero dal
latino, ma a noi arriva attraverso l'inglese `substantive'. Non
vuol dire sostanziale, altrimenti non ci sarebbe nessuna buona
ragione per usare la nuova parola: invece ci che riguarda il
contenuto, la materia di un rapporto, in opposizione a ci che
riguarda solo la sua forma, le procedure che esso richiede oppure
il metodo con cui ad esso ci avviciniamo. Questa distinzione ha una
cittadinanza precisa nella lingua italiana, ma fuori della
filosofia, e cio nel diritto, dove esistono norme procedurali e
norme sostantive: il codice penale dice quali sono i reati e con
quali pene vengono puniti e quindi un codice sostantivo, mentre il
codice di procedura penale non ci dice quali sono i reati e quali
pene meritano, ma ci dice come si deve procedere quando si
definiscono i reati e quando li si persegue o li si punisce.
Sostantivo in genere si usa in filosofia in opposizione a
metodologico o epistemologico.
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
non le discuteremo in questo testo, rinviando ai testi di
Bobbio, ma faremo puntuali riferimenti alla categoria che pi
attualmente ci interessa, quella di democrazia. Si noti che il
presente testo non sempre ordinato secondo la partizione di
categorie fondative e sostantive, bens alcune di quelle fondative
(libert, eguaglianza, giustizia) vengono tematizzate solo nella
parte finale, relativa ai nessi di etica e politica.
Non mi dilungo qui in riflessioni epistemologiche sullo statuto
della filosofia politica rispetto ad altre discipline. Supponendo
che il lettore di un testo introduttivo non sappia nulla di ci di
cui si parla, ed in cui vuole appunto introdursi, sarebbe come
mettere il carro avanti ai buoi, o - detto pi elegantemente, alla
Hegel - staccare il metodo dalla `cosa stessa' e mandare avanti
quello. Differenziazioni e comparazioni emergeranno via via, alcune
gi nel prossimo paragrafo. Per ora bastino due rilievi: uno il
rinvio alla distinzione2 fra filosofia politica e scienza politica
che Bobbio traccia nel 1 del suo articolo Stato, potere, governo
(nel volume Stato, governo, societ), sebbene quella distinzione
richieda oggi qualche riformulazione, essendo ormai meno compatto
lo status epistemologico della scienza politica. Aggiungo poi che
qui si tratter in modo ricorrente della questione dell'`ottima
repubblica', ma che io non condivido l'identificazione, che per me
riduttiva, della filosofia politica con una teoria tutta e solo
normativa di che cosa deve stare (la giustizia, la libert, o
quant'altro) alla base delle istituzioni politiche. Certamente
condivido altrettanto poco quel tipo di realismo, antiquato e/o
rozzo, che esclude ogni salienza normativa dallo studio della
politica. Ma resta per me futile il normativismo che si accontenti
di se stesso, senza cercare tematicamente di riconnettere il
discorso su ci che dev'essere al discorso su ci che , che disegni
costituzioni ideali, statuali o planetarie, senza fornire strumenti
concettuali per esaminare i rapporti di potere e per percepire in
dimensione storiche le nuove sfide poste alla politica e alla
societ.
Ferme restando queste mie posizioni, che certo influiscono
sull'impostazione complessiva del testo, la presente terminologia
filosofica scritta in modo il pi possibile neutrale fra, ed
informativo su i diversi punti di vista.
2. Definizioni di `filosofia politica'
Cominciamo dal passo pi banale e definiamo la filosofia
politica, in base ai suoi oggetti, come quella filosofia che si
occupa della politica, cio dello Stato, delle istituzioni e della
societ civile, e che partendo da questo nucleo oggettuale suo
proprio si irradia a parlare di qualsiasi cosa c'entri con la
politica, compresa la vita e la morte degli individui, dei gruppi e
del genere umano. Questa definizione banale perch queste stesse
materie sono - almeno in parte - oggetto di altre attivit
scientifiche, come la scienza della politica, la sociologia
politica, l'antropologia. Quindi, come spesso le definizioni
oggettuali, che non per questo per vanno buttate via del tutto, non
sufficientemente specifica3.2 La filosofia politica ricerca
lessenza del politico, ne discute i modelli normativi, ricercando
quale sia lottima repubblica, e non implica un rinvio metodico e
verificabile allempiria.3 Dico oggettuali e non oggettive perch i
due termini hanno una profonda differenza e non solo in politica,
ma anche in filosofia in genere: mentre oggettivo si definisce in
linea di massima per la sua
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
Cerchiamo di restringere la prima definizione, modificandola nel
senso di dire che nella filosofia politica, se non di tutto, di
molto si pu parlare; ma di qualunque cosa si parli, cio quando si
parli di problemi o di fini o di valori che non sono specifici
della sfera politica (il senso della vita, la verit, il bene, la
felicit), questi sono sempre posti in rapporto con categorie
propriamente politiche come la libert, la giustizia, la guerra e la
pace, lo Stato e il potere. Questa sarebbe una definizione
oggettuale pi raffinata, ma ancora non basta, pur essendo una buona
base di definizione. necessario aggiungere qualcosa, necessario
insomma spostare lo sguardo dall'oggetto al metodo di questa
disciplina; ma pure necessario tenere assieme la definizione
oggettuale modificata appena data con il riferimento al metodo
della filosofia politica. Questa si definisce meglio mettendola in
rapporto ad altre discipline che si occupano della politica,
soprattutto la scienza della politica e la storia delle dottrine
politiche. Se si prende, come nel succitato scritto di Bobbio, la
definizione corrente di scienza e in parte anche di sociologia
politica, si vede che queste discipline sono caratterizzate
anzitutto da un'intenzione prevalentemente descrittiva ed analitica
di fenomeni e processi; e il loro piglio analitico fondato su di un
riferimento sistematico all'empiria, all'insieme del mondo empirico
(nel caso della scienza politica esso si congiunge peraltro con
l'intento di fornire interpretazioni basate su di una teoria
generale, per esempio - almeno a fino poco tempo fa - a quella
intitolata al sistema politico). Laddove la filosofia politica,
quando analitica, lo nel senso che cerca di capire le strutture
profonde, nascoste, non immediatamente visibili allo sguardo
fenomenico. Il taglio analitico di scienza e sociologia politica
caratterizzato da un riferimento costante, programmatico e
metodologicamente regolato ai dati empirici, che possono essere di
accesso pi o meno vicino alla teoria: la sociologia politica
maneggia dati empirici molto pi di quanto faccia la scienza
politica, ma la stessa scienza della politica tale non sarebbe se
non avesse sempre dentro di s la regola di indicare le regole
attraverso cui una sua proposizione pu essere empiricamente
illustrata, verificata, confermata o falsificata.
Questo riferimento costante e metodico all'empiria non c' nella
filosofia della politica, la quale parla certo di cose che hanno
una consistenza empirica, altrimenti parlerebbe dell'ippogrifo; ma
pu parlare anche dell'ippogrifo, qualora si pensi che ci possa
servire a capire certi fenomeni, certi problemi, o certi
significati della vita associata. Naturalmente, ci non scusa chi
parla di ippogrifi in modo cos astruso, oscuro e pretenzioso che
non se ne ricava alcuna illuminazione per capire la realt o per
dirigere il nostro agire
Mentre giusto dire che la filosofia politica una disciplina
concettualizzante, sarebbe sbagliato dire che l'unica disciplina
concettualizzante nei confronti della politica, perch lo anche la
scienza politica: solo che la formazione dei concetti in filosofia
politica e in scienza politica segue- come si accennato - strade
diverse.
Ricapitolando, possiamo dire che la filosofia politica anzitutto
filosofia. Una filosofia che si rivolge alle cose della polis
cercando di definirle ed interpretarle tramite concetti non
empirici; che, proprio in quanto filosofia, cerca sempre di
problematizzare ci che o appare
contrapposizione a soggettivo, oggettuale invece ci che riguarda
l'oggetto, proviene dall'oggetto, si riferisce agli oggetti,
differentemente dal riferirsi ai principi o al metodo. Non c' il
senso di una realt indipendente da, od opposta a quella del
soggetto che c' invece in oggettivo.
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
evidente, usuale e pragmaticamente consigliabile; e che
riconnette le sue interpretazioni, valutazioni e prescrizioni a
strutture, valori e scelte ultime, a processi e meccanismi non
apparenti.
3. Una tipologia della filosofia politica
Possiamo individuare tre o quattro tipi di filosofia politica:
uno quello normativo, cio si occupa dell'`ottima repubblica', di
quale sia la forma migliore da dare all'associazione politica 4e
quali siano dunque i principi, le norme, le prescrizioni, i valori,
i fini (si tratta di cose diverse, che solamente per ora mettiamo
insieme) a cui la politica e le sue forme debbano conformarsi.
Si pu dire che tutti gli antichi siano filosofi politici
normativi, che lo sia gran parte della tradizione medievale e che
questa tradizione si rompa con la filosofia politica moderna, dando
spazio ad altri tipi di filosofia politica. Dire che si rompe non
vuol dire che muore, e nella filosofia politica moderna abbiamo il
ritorno di questo, che uno dei grandi filoni della filosofia
politica. Hume, uno dei filosofi meno normativi che si possano
immaginare, un filosofo cui, nella filosofia pratica complessiva,
interessa come si forma e si realizza quel valore che si chiama
giustizia. Inoltre, una parte consistente delle filosofie politiche
degli ultimi trentacinque anni sono normative, sotto il nome di
filosofie politiche dei diritti o della giustizia: basta fare il
nome illustre di John Rawls o quello meno illustre di Robert
Nozick. In questo tipo di filosofia politica metterei anche quella
che dice quale sia il pessimo Stato, cio quello da evitare, o che
dice addirittura che lo Stato, l'associazione politica in s sono da
evitare. Troviamo qui gli anarchici, ma per un certo senso anche
Marx, il quale spiega quale forma di associazione vada bene e quale
vada male, in base ad una sua esplicita filosofia della storia ed
alla sua implicita teoria della giustizia, che dice di non avere,
ma in realt ha. Marx sostiene che l'associazione politica come tale
sia da evitare, come pessimo stato della convivenza sociale umana.
La societ civile deve invece riuscire a liberarsi della macchina
burocratica che lo Stato. Beninteso, la filosofia politica di Marx
e di Engels non va classificata soltanto come normativa, contenendo
anche altri approcci.
Poi ci sono le filosofie politiche di tipo diverso, in cui
almeno programmaticamente l'aspetto assiologico e normativo non
presente. Parlerei di filosofie politiche `analitiche', ma il
termine da mettere tra virgolette perch altrimenti sembra che ci
possano essere filosofie politiche a base empirico-analitica, e
abbiamo gi spiegato che la filosofia politica per definizione non
questo. Possiamo allora usare un altro termine contemporaneo,
parlando di filosofia politica ricostruttiva, il cui compito di
ricostruire concettualmente le condizioni di nascita e morte delle
associazioni politiche, nonch quelle di legittimit del potere
politico e di contrazione dell'obbligo politico. Non si dice
programmaticamente quale sia la forma politica che meglio conviene
all'umanit o alla societ tale o alla nazione talaltra. Si dice
semplicemente che, se si vuole amministrare la cosa pubblica,
fondare e, come diceva Machiavelli, mantenere lo Stato, oppure
ancora trasformarlo, bisogna soddisfare queste e quelle altre
condizioni: se ne 4 O societ o comunit politica, ma io preferisco,
usando il termine weberiano di associazione (Vergesellschaftung),
evitare accenti comunitaristici.
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
ricostruisce insomma la logica interna. Di questo tipo analitico
o ricostruttivo di filosofia politica fanno parte in primo luogo i
contrattualisti discendenti da Hobbes, da Locke, da Rousseau, dal
grande filone, rotto in tanti sottofiloni, della filosofia politica
moderna del Sei e Settecento. In fondo gi Machiavelli e in qualche
misura i trattatisti del Cinquecento possono essere considerati
appartenenti a questo filone. Questo un filone che diventato
prevalente nella filosofia politica moderna, proprio perch le sue
caratteristiche sono tutte moderne - si pensi al suo legame
iniziale con la scienza della natura e la sua moderna
epistemologia. Oggi esso si divide il campo con il pi classico
filone normativo rinato.
Esiste anche un terzo possibile tipo di filosofia politica che
non si occupa tematicamente n delle norme cui le associazioni
politiche devono conformarsi, n delle condizioni di loro
possibilit; si occupa di ci che sta intorno, sotto o sopra, avendo
dunque un taglio obliquo rispetto all'approccio diretto dei due
primi filoni. la filosofia politica che consiste nello svolgere
riflessioni sul linguaggio politico, sulle tradizioni politiche,
sulle idee politiche e via discorrendo. Non si occupa in presa
diretta delle forme politiche e delle normazioni o delle condizioni
di possibilit cui esse sottostanno, ma si occupa di ci che sta al
di l di queste forme, di ci in cui le forme politiche messe a fuoco
nei due primi filoni sono collocate dal punto di vista del
contorno, dell'ambiente culturale, morale, linguistico,
comunicativo. quel tipo di filosofia politica che si potrebbe quasi
dire consista in un meta-discorso sulla politica. Meta - dal greco,
ci che va al di l - un termine prevalentemente epistemologico, e
indica quegli approcci che non si occupano direttamente di una
cosa, ma se ne occupano investendo il suo contesto, i suoi aspetti
di contorno. Vedremo a questo proposito, fra le principali forme di
etica contemporanea, che l'etica generale si distingue in etica
propriamente detta e metaetica, cio un discorso al di l dell'etica.
In linguistica si parla non a caso di metalinguaggio.
Dopo aver fatto tante distinzioni bisogna attenuarne il peso per
due ragioni: una ragione fondamentale che la buona e la grande
filosofia politica contiene tutti e tre questi aspetti, tuttavia
non confusi, mescolati, indistinti. La buona o grande filosofia
politica consiste di solito nella prevalenza di uno di questi
aspetti, che d ordine e ispirazione a tutta la teoria; ma essa
contiene, proprio perch si tratta di buona filosofia, punti di
vista, considerazioni, ed esigenze relative anche agli altri
aspetti. Allora non si pu fare una filosofia politica normativa
ignorando completamente il fatto che, quali che siano le normazioni
che noi cerchiamo di argomentare o di predicare, gli Stati poi
devono funzionare, e quindi occorre occuparsi delle condizioni di
possibilit, e che comunque questi discorsi sulle normazioni non si
possono comprendere e valutare appieno senza vederne la
collocazione storica, gli aspetti linguistici e culturali. Fare una
filosofia politica normativa cieca agli altri aspetti di solito
fare una cattiva filosofia politica, poco informata, poco attenta e
poco autorevole. L'autorevolezza nella scienza sta nel sostenere
una determinata cosa, ma tenendo gli occhi aperti su tutte le
altre; e chi pretende di guadagnare attenzione dicendo una cosa
sola e chiudendo gli occhi alla complessit sia della realt sia
delle teorie, di solito fa delle opere che possono avere un buon
successo temporaneo, di natura ideologica o agitatoria, ma non
lasciano grandi lezioni.
Due parole sul rapporto, visto da un filosofo politico, fra
filosofia politica e sociale. Si pu basarlo sulle diversit fra i
due oggetti, la politica e la societ, ma occorrerebbe svilupparne
tutte le articolazioni, ci che qui impossibile. Del resto le basi
soltanto oggettuali sono per lo
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
pi insufficienti ed anche ingannevoli, dunque precisiamo che la
filosofia politica guarda alla vita politica stricto sensu (ma
anche a quella della societ in senso lato) con lattenzione precipua
a quanto di questultima si coagula in potere ed istituzioni
politiche capaci di prendere ed eseguire decisioni che influiscono
direttamente ed indirettamente sulla vita della gente presente e
futura. La filosofia sociale guarda non solo ad un oggetto, per cos
dire, pi largo, ma lo fa con lo sguardo rivolto precipuamente alle
motivazioni (passioni/interessi), alle forme aggregative di base
(comunit/ societ) degli attori e al configurarsi di questi come
individui e soggetti. In ogni caso si tratta di due discipline
teoretiche la cui trama primaria costituita da concetti o forme,
non da correnti storiche, autori o testi; la storia del pensiero
serve invece da materiale e sostegno al discorso concettuale, il
cui focus diretto la realt contemporanea o contemporaneit. Dal
punto di vista epistemologico lo stesso pu dirsi della bioetica, le
cui ragioni di affiliazione al Gruppo di filosofia politica si
trovano esposte nella parte relativa.
L'altra cosa da chiarire una questione di uso linguistico.
Talvolta uso in questo testo il termine di teoria politica. un
termine generico e un po' confuso rispetto alla decisa distinzione
tra filosofia politica e scienza politica che ho delineato sopra.
In realt per un verso certe filosofie politiche si avvicinano molto
- per la loro attenzione ai processi effettivi e agli strumenti
empirico-analitici che aiutano a comprenderli - alla scienza
politica; e certa scienza politica si allontana molto dalla sua
base empirico-analitica, acquistando sensibilit agli aspetti
filosofici. Allora si determina una terra di nessuno, ovvero di
tutti, una zona franca tra filosofia e scienza politica intese
nella loro rigida distinzione: quando si dice teoria politica si
indica proprio questa zona, ovvero linsieme degli interessi teorici
rivolti alla politica.
4. Che cos' la politica?
Che cosa la politica? Verso la fine del paragrafo ne daremo una
prima definizione, ma dobbiamo aprirci la strada verso di essa
ricostruendone la genesi storica5.
Politica anticamente in Grecia e ancora nella tradizione
medievale scolastica voleva dire filosofia della politica, scienza
della politica, insomma studio della polis, delle sue leggi, delle
sue regole, dei suoi valori. Si pu dire che abbia mantenuto quel
significato fin che si usato il latino, cio fino al Sei-Settecento.
Con l'et moderna acquista il significato della cosa stessa, non
dello studio di essa6.
Pi importante della storia della parola ci che avvenuto della
cosa stessa, cio della
5 Nel far questo mi appoggio fortemente sul relativo lemma di
Bobbio nel Dizionario di politica, tenendo altres presente
l'articolo Politica di Salvatore Veca nell'Enciclopedia Einaudi.
Sullidea bobbiana di politica, oltre al fondamentale lemma Stato.
scritto originariamente per lEnciclopedia Einaudi ed ora in Stato,
governo e societ, si vedano anche i pertinenti capitoli in Teoria
generale della politica, Einaudi, Torino 1999.
6 Per questi problemi semasiologici il riferimento pi
accreditato il Dictionary of the History of the Ideas, oppure i
Geschichtliche Grundbegriffe, il grande lessico prodotto negli
ultimi decenni dalla scuola tedesca della Begriffsgeschichte o
storia dei concetti, un esempio tipico di metadiscorso sulla
politica.
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
polis. Mi riferisco anzitutto al processo di differenziazione
all'interno della polis intesa genericamente come vita associata,
non come citt-Stato, come polis fisica, ma nemmeno come sfera
propriamente e restrittivamente politica, bens come sfera insieme
politica, sociale, economica, religiosa e culturale o ideologica.
Non un processo che cominci oggi n ieri. Stiamo qui parlando di una
grandiosa schematizzazione, figlia dell'immagine della polis che la
prima autocritica, settecentesca e rivoluzionaria, della modernit
politica (assolutistica) ha a lungo perseguito o vagheggiato, cio
l'immagine della polis greca come una sfera nella quale la vita
associata pienamente integrata nei suoi vari aspetti e il cittadino
come decisore, come soggetto politico, insieme sacerdote,
guerriero, ovvero in termini moderni soggetto e nodo di relazioni
sociali. Quanto questa immagine sia deformata ed idealizzante mi
difficile dirlo; gli studi sulla polis non si pu dire che
abbondino, e dopo quelli dei grandi filologi tedeschi dell'et
guglielmina e weimariana, soprattutto Werner Jaeger, le grandi
sintesi sono state un po' messe da parte. Certamente la polis reale
non corrisponde ai vagheggiamenti di cui essa stata fatta oggetto
dal Sette-Ottocento, nel periodo classico della filosofia e della
letteratura tedesca, ovvero in Rousseau e nella Rivoluzione
francese, fino ad oggi, per esempio fino ad Hannah Arendt7.
La prima sfera che si distacca da questa maggiore o minore unit
integrata che si presume fosse la vita pubblica nella polis greca,
soprattutto ad Atene, naturalmente la sfera religiosa. Ci avviene
con il cristianesimo, con la creazione di una verit religiosa
diversa e superiore alla vicenda mondana e alla vita politica in
terra. Certo, nel cristianesimo ci sono tanti atteggiamenti
diversi, dall'agostinianesimo pi radicale, teso alla separazione
radicale tra vita ecclesiale e vita politica, con la assoluta
sovraordinazione della vita ecclesiale, della civitas dei alla
civitas hominis, fino al costantinismo, cio alla fusione
reciprocamente strumentale di potere politico e vita ecclesiale che
accetta dentro di s la dinamica del potere. Dovranno passare secoli
perch, all'uscita dal Medioevo (dal 1100 al 1200 in Italia e a
partire dal 1300 nei paesi del nord Europa) un'altra sfera si
distingua dall'insieme della vita pubblica associata e si
costituisca sempre di pi come un insieme di leggi, di procedure, di
principi propri; sfera in cui gli attori aspirano ad autoregolarsi
senza essere subordinati, come invece lo saranno ancora per secoli,
alle leggi politiche o politico-religiose, del re, del signore o
dell'imperatore. Si tratta ovviamente della sfera economica, che
nella modernit former con quella politica una bipolarit che ancor
oggi anima teorie e dibattiti: il mercato va subordinato allo
Stato, venendo da esso regolato in quanto, se lasciato a se stesso
produce pi squilibrio che ricchezza, oppure il mercato il primo
principio di sviluppo ed autoregolazione delle relazioni sociali,
restando allo Stato solo compiti residuali?
solo con la costituzione dello Stato moderno che la
segmentazione della presunta originaria unit della polis raggiunge
la sua forma definitiva, cio la distinzione tra Stato e societ
civile. L'espressione entra nel lessico politico europeo con
l'opera dello scozzese Adam Ferguson, An Essay on the History of
Civil Society (1767), e si ritrova pochi decenni pi tardi, in
lingua tedesca, in uno dei concetti chiave della filosofia
hegeliana del diritto e dello Stato, quello di brgerliche
Gesellschaft, da cui poi il termine trapassa in Marx. Mentre in
Hegel
7 Filosofa tedesca, allieva di Heidegger, emigrata in America
per la persecuzione antiebraica e morta nel 1975
13
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
una forma autonoma, ma non perfetta di associazione degli
uomini, e quindi deve cedere il passo a quella struttura suprema
che in Hegel lo Stato, in cui si esprime la sostanza etica del
popolo, in Marx tutto capovolto, e una delle chiavi di lettura
della filosofia politica marxiana la liberazione della societ
civile o societ tout court dall imposizione su di essa esercitata
dallo Stato come struttura burocratica oppressiva8.Della coppia
Stato - societ civile Bobbio dice che una delle grandi dicotomie.
Bobbio ha l'idea che per capire certi pezzi della realt il metodo
migliore sia quello di articolare la nostra visione in maniera
dicotomica, o binomica. Non tutte le dicotomie sono grandi, ma
alcune lo sono, e uno dei modi di studiare la filosofia politica
che Bobbio predilige quello di vedere i collegamenti tra le grandi
dicotomie, ci che evidentemente un po' pi complicato che non
mettere tutte le grandi dicotomie su un girello, con certi termini
tutti sullo spiedo di destra e certi altri tutti quanti infilzati
sullo spiedo di sinistra. Pensando alla dicotomia fra la sfera
pubblica e la sfera privata non cadiamo dunque nello scolasticismo
di pensare che Stato sia perfettamente corrispondente a pubblico e
societ civile sia perfettamente corrispondente a privato. Talora
pensare per dicotomie presenta rischi di semplificazione eccessiva,
di formalismo nel senso peggiorativo di questo termine, ma nel
complesso pensare per grandi dicotomie un valido ed educativo
metodo di pensare le cose.
Su questa distinzione Stato-societ civile e su quella ad essa
imparentata di sociale e politico, va detto che, se occorre
mantenere ferma la distinzione tra politico e sociale, occorre pure
stare attenti a non confondere il politico con lo statuale. Il
politico si deve ritenere per un verso che sia sfera pi ampia, e
secondo alcuni di maggiore spessore, dello statuale. Per un altro
verso nell'epoca moderna c' una tendenziale, ma pur sempre parziale
coincidenza tra il politico e lo statuale. Si pu dire allora che
tutta la politica si svolge nello Stato, o con riferimento ad esso.
Ripeto che si tratta di un processo tendenziale e comunque
parziale. Facciamo subito qualche esempio in cui ci non vero: lo si
pu vedere nellinterpretazione di ci che avviene o avvenuto, o nella
politica come progettazione del futuro.
A livello storico esistono societ cosiddette primitive, in cui
alcuni studiosi ritengono con buone ragioni che la politica, ovvero
il sistema politico, sia esistito, ma nelle quali certamente non
esistito lo Stato. Nel presente ci sono molti che ritengono che la
sfera della politica, o del politico, coinvolga fasce della nostra
personalit, del nostro agire, della nostra convivenza pi spesse che
non quelle che entrano e giocano nell'istituzione Stato. Si prenda
uno slogan che ha avuto grande fortuna, anzi una funzione quasi
rivoluzionaria, nel movimento delle donne degli anni
Sessanta/Settanta: il personale politico. Ovvero: i drammi, i
problemi, le pulsioni che noi abbiamo nella nostra vita personale
non affatto vero che non abbiano rilevanza politica, possono anzi
essere pi rilevanti di altre funzioni quali andare a votare,
osservare e fare le leggi. Viceversa la sfera personale
attraversata da forze e strutture che provengono dal politico o in
esso si ritrovano, sicch una vera trasformazione della sfera
politica non pu andare disgiunta
8 Si ricordi che quel termine vuol dire nella lingua tedesca
tanto societ civile quanto societ borghese. Cittadino in tedesco si
dice Brger, ma ci vuol dire anche borghese (i tedeschi importano
per questo anche il termine francese bourgeois). L'anfibolia
(termine usato da Kant: uso equivoco) fra l'aspetto neutro, societ
civile, e l'aspetto classista del termine, societ borghese, crea un
po' di problemi e confusioni nella filosofia politica e sociale
tedesca, tanto vero che si di recente introdotta l'espressione
Zivilgesellschaft.
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
da cambiamenti che devono prodursi nella sfera familiare e
cosiddetta privata. Il politico a cui faceva riferimento questo
slogan non era certamente coincidente con lo statuale; questo
slogan, e la posizione intellettuale che in esso si esprimeva,
stato un modo per affermare la non coincidenza dello statuale e del
politico, o addirittura per condannare la restrizione del politico
allo statuale e per rivendicare una pratica della politica pi
ampia, pi coinvolgente di quella che avviene nelle forme dello
Stato.
Infine, volgendoci alla politica come progettazione del futuro,
la filosofia politica e le ideologie politiche moderne abbondano di
progetti di societ senza Stato, non come ritorno allo stato
primitivo e prepolitico; anche se i critici di queste concezioni
temono che davvero si vagheggi, inconsapevolmente, un ritorno ad
una qualche condizione pristina. Queste concezioni fanno la
scommessa che uno sviluppo storico fatto di lotte e di
emancipazione porti a far vivere la societ solo in base alle sue
proprie leggi, equilibri ed esigenze interne, senza pi la cappa
oppressiva dello Stato. Quindi configurano per il futuro una
prospettiva di politica senza Stato, ovvero di un'organizzazione
non politica, ma puramente tecnica od interpersonale della societ.
Soprattutto in certe versioni del marxismo, questa prefigurazione
stata letta in termini di morte od estinzione non solo dello Stato,
ma della politica.
Compiuti questi schiarimenti sull'evoluzione di polis e
politica, possiamo affrontare la questione chiave: che cos' la
polis come comunit politica? Non possiamo far niente di meglio che
andare a leggere le righe dell'autore che in un modo o nell'altro
ha dominato nei secoli il linguaggio del pensiero politico. La
definizione di politica svolta proprio all'inizio (Libro primo,
1252-53) della Politica di Aristotele9 :
vediamo che ogni polis una comunit e che ogni comunit si
costituisce proponendosi per scopo un qualche bene (perch tutti
compiono ogni loro azione per raggiungere ci che ad essi sembra
essere un bene). Ci posto, possiamo dire che soprattutto vi tende,
e tende al pi eccellente di tutti i beni, quella comunit che regge
e comprende in s tutte le altre: e questa quella che si chiama
polis e comunit politica (politik koinona). Ora, un uso linguistico
inappropriato quello di quanti credono che l'uomo di Stato
(politiks), l'amministratore (oikonomiks), il re (basiliks), il
padrone (despotiks) siano la stessa cosa, in quanto le loro
differenze si baserebbero solo sul maggiore o minore numero delle
persone cui sono preposti e non sulla specificazione delle loro
funzioni [...] quasi non ci sia nessuna differenza tra una grande
casa privata e una piccola polis [...]
Se si studiassero come le cose si evolvono dall'origine anche
qui come altrove se ne avrebbe una visione quanto mai chiara.
necessario in primo luogo unire gli esseri che non sono in grado di
esistere separati l'uno dall'altro, per esempio la femmina e il
maschio in quanto strumenti di generazione [...] e chi per natura
disposto al comando e chi naturalmente disposto ad essere
comandato, in quanto la loro unione ci per cui entrambi possono
sopravvivere, [...] sicch la stessa cosa vantaggiosa al padrone e
allo schiavo.In questa definizione c' l'indicazione di uno scopo
(il bene comune) che decisiva, perch
quella su cui Aristotele fonda l'essenza della polis; c' la
dichiarazione di qual l'origine dell'associarsi, che viene posta
nella differenza e quindi nel bisogno: esiste insomma una ratio
d'ordine della comunit che altro non che la stessa natura. C'
l'idea, in termini moderni (ma la divisione del lavoro nella
modernit andata ben oltre questi termini), che l'unicit della
funzione e quindi l'assoluta specificit di questa, il fatto che un
ente faccia e sappia fare una
9 Cito, con qualche modifica, dalla traduzione di C.A. Viano,
UTET, Torino 1966.
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
cosa ed una sola, sia il tipo di ordinamento che meglio prepara
la perfezione dei risultati.Fin qui abbiamo visto il finalismo
della filosofia politica aristotelica, che altro non se non
la specificazione del suo pi generale teleologismo ontologico.
Ora vediamone la caratteristica pi fondamentale, il naturalismo o
evoluzionismo naturalistico: dalle comunit o cellule elementari
uomo-donna e padrone-schiavo nasce la casa come centro insieme
familiare e produttivo (oikos), e dall'intrecciarsi di pi case il
villaggio (kome). La comunit perfetta di pi villaggi la polis,
che ha raggiunto l'autosufficienza (autarkeia) e sorge per
rendere possibile la vita, ma sussiste per produrre le condizioni
di una buona esistenza. Perci ogni polis un'istituzione naturale,
essendolo gi le comunit che la precedono, in quanto essa il loro
fine, e la natura di una cosa il suo fine [...] Ora, lo scopo e il
fine sono ci che vi di meglio, e l'autosufficienza un fine e quanto
vi di meglio (A 1252b).Viene infine il peculiare organicismo (cui
appartiene anche lidea di un reciproco vantaggio
fra padrone e servo) della Politica aristotelica:nell'ordine
naturale la polis precede l'oikos e ciascuno di noi. Infatti il
tutto precede necessariamente la parte, perch tolto il tutto, non
ci sar pi n piede n mano [...] dunque chiaro che la polis per
natura ed anteriore all'individuo, perch, se l'individuo, preso da
s, non autosufficiente, star rispetto al tutto nella relazione in
cui stanno le altre parti (1253a).Si noti che l'organicismo non sta
soltanto in questa priorit del tutto rispetto alle parti, ma
pure nel legame di reciproco vantaggio fra chi sta sopra e chi
sta sotto, fra il governante ed i governati (si pensi all'apologo,
organicistico nel senso della fisiologia, di Menenio Agrippa), fra
il padrone ed il servo, di cui sopra. Nel modello aristotelico, che
ha dominato fino al Cinque-Seicento il pensiero europeo, la polis
dunque un'entit di origine naturale, ordinata ad un fine e
sovraordinata come tutto organico alle sue parti: sia alle
aggregazioni inferiori, sia agli individui10.
Per i moderni invece - s'intenda: per gli approcci
contrattualistici e conflittualistici che pi esprimono
l'innovazione creata dalla modernit - l'associarsi degli uomini non
un dato, ma un problema (com' possibile la societ?); non un
prodotto della natura, che per i moderni comunque costruita
mentalmente dagli uomini, ma un artificio umano, che pu anche
dissolversi; n risulta da un organico sviluppo di entit
sovraindividuali, ma vien visto come atto pattizio `libero' e
volontario degli individui, ultima radice di ogni aggregazione.
Pertanto, dai caratteri e dalle regole del patto derivano i
caratteri, le regole (ed i limiti) di Stato e politica. Infine, fra
la sfera politica e le altre, come quella morale o teologica, la
differenziazione, o perfino la separazione definitiva, e non detto
che la politica continui ad essere considerata la sfera pi alta di
attivit pratica; anzi essa stata da alcuni recentemente
classificata come niente pi che un sub-sistema del pi generale
sistema sociale, ci che poi richiama un'altra differenziazione
tipicamente moderna, quella fra il politico e il sociale,
sconosciuta agli antichi.
Base individualistica e sviluppo artificiale della polis: a
queste due posizioni-chiave della modernit si accompagna quella che
vede labbandono del finalismo sostantivo nella concezione della
politica. Con questo termine indico l'approccio che considera la
politica subordinata ad un fine rappresentato da un qualche valore
definito in base ad una certa concezione del mondo, della vita o
della storia. Nella tradizione cristiana, e segnatamente
10 Sul tema di individuo e modernit v. oltre la voce Individuo
(e soggetto) di E. Pulcini.
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
tomistica,dell'Occidente questo fine stato a lungo visto nel
`bene comune', attingibile dai singoli solo in quanto parti della
comunit e definito in base ad una qualche gerarchia fra Dio, uomini
e mondo. Caduta l'unit che l'ancoramento teologico dava al pensiero
medioevale, e caduti i poteri universali di riferimento, l'Impero
ed il Papato, la prima modernit fece esperienza sia del competere
pluralistico di svariate concezioni del fine della politica ed in
genere dell'umanit, sia dei troppo alti costi (guerre di religione)
da pagare tutti, vinti e vincitori, quando come scopo della
politica si vogliano perseguire per intero e senza rinuncia alcuna
i propri fini sostantivi. Nel contempo, sul piano epistemologico,
gli approcci rivolti a comprendere il mondo e le sue parti in
ragione dei meccanismi che li governano o delle funzioni cui
assolvono prendevano il sopravvento sugli approcci tesi ad
individuare i loro fini.
Da queste esperienze politiche ed intellettuali nasceva cos
l'abbandono del finalismo sostantivo, sostituito dall'idea che
l'associazione politica non possa ritenersi ordinata che a fini
minimi ad essa intrinseci, e non provenienti da concezioni
metafisiche, teologiche o morali, se non in quanto possa
rappresentare il minimo comun denominatore di tali concezioni. Ma
nasceva e si sviluppava soprattutto l'idea che una definizione di
`politica' non possa farsi che in base ai mezzi o le modalit o
procedure che ne sono tipiche in ogni circostanza, anzich in base
ad uno o l'altro dei disparati fini che le sono stati o potranno
esserle attribuiti11.
Politica pu dunque dapprima definirsi come quell'attivit che
regola la lotta (o il conflitto; questo concetto-chiave verr
pienamente definito alla fine del capitolo 11) per la
redistribuzione di risorse scarse e disegualmente distribuite
tramite i rapporti di potere; potere che a sua volta - in quanto
potere specificamente politico - definito dall'essere in ultima
istanza garantito dal possesso esclusivo (monopolistico) della
forza o violenza organizzata.
Questa definizione richiede una serie di approfondimenti e
commenti. Anzitutto, essa lega la politica alla pi complessiva
attivit sociale degli uomini e delle donne, mirando insieme a
determinarne una peculiarit (cosicch politico e sociale non possono
considerarsi equivalenti). Si basa poi su due condizioni
indipendenti: la scarsit delle risorse contese (che non vanno
intese solo come risorse materiali, ma pure sociali o relazionali,
per es. il prestigio) e la loro distribuzione ineguale. Se le
risorse fossero illimitate, o se, pur scarse, fossero distribuite
egualitariamente, non vi sarebbe politica (infatti le utopie
sociali dell'Ottocento che mirano ad uno di questi due obiettivi
prevedono l'eliminazione della politica). La definizione riconosce
poi non gi, come pure alcuni fanno, l'identit di politica e guerra,
bens che non la convivenza comunitaria, bens la lotta (termine
preferito in filosofia politica) ovvero il conflitto (termine pi
sociologico, cfr. cap. 30) sono elementi essenziali della politica
- s'intende come problemi da affrontare e regolare, non come suoi
dati immutabili o `eterne verit'. La politica imparentata con la
guerra anche nel senso pi preciso che del potere politico fa parte
l'uso
11 Sia chiaro, per inciso, che la distinzione di antico e
moderno, o moderno e premoderno va presa cum grano salis: la
modernit non qualcosa di monocolore e tanto meno di monolitico,
anche se talora pu essersi illusa di esserlo. Le posizioni
premoderne si ritrovano al suo interno, e non possono essere
ridotte a mera residualit o epigonalit, anche se qualche volta di
questo pur si tratta. Il ripresentarsi aggiornato ed agguerrito del
`bene comune', del finalismo, della `comunit organica' e d'altro
articola spesso un conflitto interno alla modernit, indica una sua
aporia o un dissidio con suoi risultati non attesi e non
intesi.
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
attuale o la permanente e credibile minaccia della forza fisica
o violenza, che appunto la modalit caratteristica del rapporto
bellico. Del resto basta ricordarsi che, finora, molti assetti del
potere politico sono nati come risultati di guerre civili e di
classe o di guerre fra popoli e Stati. La
conciliazione-ricomposizione dei diversi interessi che alcuni
esibiscono come la natura della politica (cfr. il lemma Politics
nel Dictionary di Scruton) soltanto uno dei possibili esiti
dellattivit politica, tanto quanto lo la guerra esterna o civile, e
la diversit di interessi, idee e volont ne rimane il primum
ontologico.
Tuttavia, questi primi schiarimenti, pur dicendoci di quali
elementi si compone la politica, non ci dicono ancora come essi vi
si ordinino, ovvero quale sia la ratio o finalit interna (se ve n'
una) di questa attivit umana. Ma prima ancora dobbiamo approfondire
due temi capitali di questa definizione: il concetto di potere ed i
suoi rapporti con quello di forza.
5. Potere e potere politico
Cerchiamo di definire prima di tutto che cosa il potere tout
court, non il potere politico, dato che il termine potere si usa
riferito a svariati tipi di relazioni, diverse da quelle politiche.
In questi sforzi di definizione e distinzione sono motivato dal
fastidio per gli usi generici ed onnivalenti del termine `potere'
(ovvero di pouvoir o di Herrschaft, nelle rispettive tradizioni
nazionali), cui nella mia generazione di studiosi indulgevano gli
epigoni di Foucault o della Scuola di Francoforte, dalla quale
peraltro io stesso provengo. Si pu dire che la filosofia politica
come disciplina autonoma e produttiva stia in piedi solo se riesce
a fare di `potere' un uso analiticamente valido e maneggiabile, ma
insieme filosoficamente consapevole.
Possiamo partire dalla tripartizione compiuta da Bobbio nella
voce Stato: una prima definizione quella detta sostanzialistica, ma
si pu anche dire strumentalistica del potere; quella che indica
consistere il potere nei mezzi per conseguire un certo fine. Il
possesso, l'uso, la disposizione di/su quei mezzi ci che si chiama
potere, pertanto il possesso della ricchezza il potere economico,
il possesso della forza o del prestigio il potere politico, mentre
l'influenza costituisce il potere, sociale o psicologico, di una
persona sull'altra; e nel possesso dei mezzi di elaborazione e
comunicazione delle idee sta infine il potere culturale. La
definizione si chiama sostanzialistica perch indica consistere il
potere nelle qualit di una cosa, di una sostanza.
Poi c' una definizione soggettiva del potere, che in realt pi
giuridica che politica, e che consiste nel dire che il potere
l'attribuzione ad un certo soggetto della facolt di fare certe
cose; allora il Presidente della Repubblica nell'ordinamento
italiano ha il potere di sciogliere le camere, di indire le
elezioni, di presiedere il Consiglio Superiore della Magistratura,
il Consiglio superiore della Difesa e di rappresentare l'unit della
nazione. Ma questa definizione potr soddisfare i giuristi, mentre
filosoficamente non regge all'accusa di circolarit: il potere ci di
cui dispone chi lo detiene. Del resto, in teoria politica ci che
interessa la capacit de facto di fare certe cose, non
l'attribuzione de iure della possibilit di farle.
L'unica vera alternativa alla definizione sostanzialistica
sembra a me quella pi astratta e
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
quindi epistemologicamente vincente, perch definisce il potere
con meno elementi possibili e con meno riferimenti possibili a
situazioni concrete o a contenuti particolari. Questa definizione
per esempio evita i difetti della definizione sostanzialistica, cio
di impantanarsi nella discussione se il potere consista davvero in
una cosa, oppure consista nelle facolt di una persona, e se
consiste in una cosa, in quale cosa consista etc. Questa la
definizione cosiddetta relazionale di cui le esposizioni sono due:
una quella classica di Max Weber12. Si tratta sempre, in Weber, di
definizioni probabilistiche, fondate sulla nozione di chance: il
potere (Herrschaft, in quanto distinta dal pi generico concetto di
Macht o potenza) la chance di trovare in un determinato gruppo
sociale obbedienza per un determinato comando. Una definizione pi
recente quella che Bobbio riadatta dal concetto di influenza come
stato definito da Robert Dahl, che uno dei pi rilevanti esponenti
della political science americana nella seconda met del secolo XX.
Il potere una relazione fra attori, cio fra soggetti d'azione 13.
Nella relazione di potere un attore induce gli altri ad agire in un
modo in cui gli altri altrimenti non agirebbero. una definizione pi
raffinata di quella di Weber, perch Weber dice la chance di trovare
obbedienza ad un determinato comando, mentre Dahl e Bobbio
eliminano il ricorso a concetti formalizzati come obbedienza o
comando e vedono il potere come la possibilit di cambiare il corso
delle azioni. Se non c' relazione di potere, A, B, C e D
seguirebbero la linea d'azione x; arriva Z che ha il potere e lo
esercita, e allora, invece della linea d'azione x, viene seguita
quella y.
vero che questa definizione pone grandiosi problemi
epistemologici: come si fa a capire quando il mutamento di una
linea, di un comportamento, si deve ascrivere all'influenza
dell'attore Z, e non ad altri fattori pi o meno rilevabili? Bisogna
trovare delle metodologie per fare delle ascrizioni corrette e non
incerte (a questo problema sono dedicati importanti lavori
epistemologici di Max Weber). Ma intanto abbiamo dato una
definizione per i nostri fini soddisfacente di potere e allora
possiamo finalmente fare l'ultimo passo e dire in cosa consiste il
potere specificamente politico: qualunque definizione, delle tre o
due che si visto, si scelga (in realt il potere politico nella
maggior parte dei casi passibile di definizione in base a tutte e
tre le formule sopraddette), esso ha la caratteristica di essere
garantito, quanto alla sua efficacia, e di essere reso compatto
dalla possibilit di ricorrere all'uso o alla minaccia della forza
fisica o costrizione fisica legittima (della legittimit si tratter
in apposito paragrafo pi avanti). In questo senso ogni potere
politico coattivo, ma non perch eserciti la coazione fisica in
continuazione; semplicemente, esso ha come ultima (non: unica)
garanzia e peculiarit la possibilit di usare di fatto o almeno di
minacciare l'uso della forza fisica: s'intenda della forza fisica
in senso politico, cio di un'organizzazione della forza fisica
(forze di polizia, esercito, milizie di partito o bande pretoriane;
nella storia del mondo si sono trovate le forme pi diverse di
organizzazione di questa forza). Due commenti sono subito
necessari.
Va notato anzitutto che questa definizione vale appieno per i
rapporti politici entro lo Stato:
12 Nel 16 del Cap. 1 della parte I di Wirtschaft und
Gesellschaft (Economia e Societ, uscita nel1922 due anni dopo la
scomparsa del suo autore.13 Si dice attore per non dire soggetto,
perch soggetto un termine troppo carico filosoficamente e con
troppe implicazioni, mentre attore un termine sociologico, non
filosofico, e usarlo in filosofia permette di non imbarcarsi in
tutte le allusioni e gli ammiccamenti relativi al soggetto e alla
soggettivit.
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
le relazioni di potere fra gli Stati sovrani non implicano
legittimit, ma piuttosto un adattamento `realistico' (in senso
colloquiale) ovvero prudenziale (per questo termine v. cap. 23)
alla superiorit conferita ad uno Stato dalle sue dimensioni e dalla
sua potenza economica, ma sempre sancita dalla capacit di
esercitare questo potere con abilit politica e di garantirlo
tramite l'organizzazione militare. tuttavia vero che in questo
secolo anche fra gli Stati si creato un potere legittimo (sebbene
troppo raramente efficace): quello della Lega (poi Societ) delle
Nazioni, creata nel 1919, in seguito (dal 1945) quello delle
Nazioni Unite, per non parlare delle organizzazioni regionali cui
sono stati trasferiti alcuni poteri degli Stati nazionali, e di cui
l'Unione (prima: Comunit) europea l'esempio principe. Come si
intender pi avanti nei capp. 18 e 21, l'emergere recente di momenti
di globalit nella vita politica, oltre che economica e culturale,
di tutti gli abitanti del pianeta potrebbe inoltre14 rendere sotto
alcuni profili sempre pi simili i problemi di governo a livello
interno15. Nel mondo globalizzato, fra esterno ed interno non
esiste pi la divisione netta propria della politica moderna.
Ancora, va esplicitato il dubbio che la definizione sopra
stabilita sia ottusa, e non permetta - contro ogni evidenza - di
riconoscere carattere politico al potere che non riguardi
direttamente la disposizione sulla forza fisica; come se il potere
politico fosse cio solo quello dello Stato. politico -
sottolineiamo - ogni potere capace di ed intenzionato a mutare la
distribuzione delle chances di partecipazione al potere statuale
(ivi compreso quello delle organizzazioni internazionali
politiche): per esempio il potere dei partiti, dei leaders, dei
gruppi di pressione nazionali e transnazionali, come Greenpeace o
la Campagna per l'abolizione delle mine anti-uomo. Riprendendo la
terminologia weberiana, potremmo in questi casi parlare, anzich di
potere politico, di potere politicamente orientato.
6. Il potere politico e gli altri: peculiarit e `neutralit'
Il potere politico non pu essere appiattito sull'uso o la
minaccia della forza, anche se questa la sua caratteristica
specifica. Abbiamo un problema di non oscurare questa specificit,
senza peraltro farla diventare totalit. Possiamo capire qualcosa di
pi riflettendo sulla differenza fra il potere politico ed altre
forme di potere che politiche non sono, come il potere economico e
quello cosiddetto ideologico.
Il potere economico, di cui possiamo dare una definizione di
tipo sostanzialistico o strumentalistico, consiste nella
disposizione sui (non basta la propriet dei) mezzi di produzione.
Il che vuol dire che se una persona od un gruppo ha il potere
economico pu, per ottenere qualcosa, ridurti il tenore di vita, o
perfino mandarti in rovina, bloccarti l'approvvigionamento, farti
patire la fame. una forma di influenza che passa attraverso
l'esercizio di una costrizione, che per non la costrizione
attraverso la forza fisica, e se di questa vuol fare impiego,
occorre che il potere economico si rivolga al potere politico, che
mander la forza pubblica a sequestrare i beni di un fallito,
espellere un inquilino moroso,
14 Si tratta di processi in corso, il condizionale buona norma
intellettuale.15 Domestic politics, si dice in inglese, ma il calco
italiano domestico che comincia ad affiorare pu solo suscitare il
riso.
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
ovvero impedir con le sue forze armate ad un altro paese di
accedere a risorse per questo essenziali. (En passant, e a scanso
di equivoci, l'embargo non forma di potere economico, bens un atto
di potere politico che impiega mezzi economici, peraltro sorretti
politicamente, cio militarmente o almeno diplomaticamente.)
Lo stesso vale per il potere ideologico o culturale, che
consiste nella disposizione sui mezzi di riproduzione culturale di
una societ, cio consiste nel dominare la creazione, la diffusione e
la riproduzione delle idee, delle informazioni e del modo come
queste vengono comunicate. Definizione valida sia nel caso del
potere televisivo, sia in quello del potere di uno sciamano di una
societ primitiva, essendo una definizione abbastanza generica.
Anche qui questo potere pu essere grandissimo: ci possono essere
varie scuole di pensiero sul potere o strapotere del mezzo
televisivo, io per esempio evito di sopravvalutarlo, ma non si
possono avere dubbi sul potere di un predicatore medievale, magari
eretico, o sul potere di uno sciamano. Eppure anche questo potere
non dispone della caratteristica specifica di quello politico, cio
della coazione fisica.
Qui ci si potrebbe imbarcare nello sforzo di differenziare il
potere in rapporto al suo essere visibile (dichiarato come tale, e
presumibilmente legittimo, oltre che provvisto della garanzia della
forza) o invisibile (comunicativo, psicologico, culturale); ci che
non va confuso con il potere occulto, che quel potere politico, ma
anche economico, che si esercita fuori o contro l'ordinamento
riconosciuto legittimo. Per tale differenziazione pu aprire la
strada ad un'espansione illimitata della nozione di potere
(invisibile) che alla fine ci lascia senza strumenti analitici per
capire chi in una certa societ ed in un determinato periodo il
potere davvero lo abbia e lo eserciti, e come si possa
toglierglielo oppure limitarlo. Non una via che io chiuda come
assolutamente impercorribile, ma a livello categoriale non mi
sembra se ne possa dire di pi.
* * *
Oggetto, mezzi e modus operandi del potere. Cerchiamo ora di
enunciare alcune articolazioni del concetto di potere: quelle
secondo loggetto, secondo il mezzo e secondo il modus operandi.
Loggetto sul quale il potere sesercita sono sempre le risorse
materiali o relazionali che esso alloca attraverso decisioni dette
appunto potestative, ma queste decisioni (non necessariamente
espresse in atti formali o legali) possono assumere due forme
distinte: a) decisioni sul merito dellallocazione di risorse; b)
decisioni di mettere un tema che riguarda lallocazione di cui sotto
a) allordine del giorno (agenda setting power). In un mondo in
rapidissima trasformazione e posto dinanzi a problemi del tutto
inediti come quelli ambientali poter influenzare lagenda setting
divenuto di capitale importanza, come si vede nella riluttanza
della politica internazionale ad occuparsi del cambiamento
climatico antropogenico.
Veniamo ora ai mezzi. Va detto anzitutto che, in ognuna delle
sue forme sotto esaminate, il potere impiega o sanzioni punitive (o
meglio attese di queste) o allettamenti. Si pu anche dire: sanzione
negativa (un male inflitto come risposta ad un comportamento
contrario a quello desiderato da chi detiene il potere - questa una
traslitterazione politica della nozione giuridica di sanzione) e
sanzione positiva (un bene attribuito come risposta ad un
comportamento
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
conforme a quello ecc.) Ovviamente le stesse sanzioni negative
consistono in cento oltre cose (sottrazione di prebende, di segni
di prestigio conferiti dal potere, e non solo nell'ancien rgime,
aumenti fiscali a carico precipuo di un gruppo o ceto,
cancellazione della clausola di nazione pi favorita, mozione di
condanna votata nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite)
oltre alle sanzioni fisiche (la carcerazione, l'attacco o
contrattacco militare, l'occupazione). Ma, diversamente che negli
altri tipi di potere (compreso quello interpersonale e
particolarmente erotico, per dirla con Max Weber) che pure
impiegano sanzioni ed allettamenti, il potere politico pu sempre
accompagnare le attese di sanzioni positive o negative con
l'ulteriore, credibile attesa che per eseguirle potr essere
eventualmente adoprata la forza.
Quanto al modus operandi, esso si definisce a partire dagli
effetti che produce, come costrizione o dissuasione. Nella
costrizione A fa cessare B dal fare ci che B fa, oppure gli fa fare
ci che B altrimenti non farebbe (compulsive power). Nella
dissuasione A fa s che B continui a fare ci che fa (anche nel caso
in cui B vorrebbe fare diversamente) ovvero a non fare ci che non
fa (deterrent power). La dissuasione nucleare, in cui ogni
superpotenza viene indotta a continuare il suo non-uso bellico
delle armi nucleari, solo un caso particolare, caratterizzato dalla
reciprocit (pi o meno paritaria e stabile) del potere che l'una
esercita sull'altra per scongiurarne eventuali mire avventurose. Ma
potere di dissuasione anche quello di un partito o di un boss
elettorale che riesce ad impedire che i suoi elettori cambino
preferenza, facendo loro temere che ne avranno altrimenti meno
finanziamenti pubblici o meno posti di lavoro.
Potere istituzionalizzato e cooperazione dei governati. Facciamo
un passo ulteriore nell'osservare la complessit della categoria di
potere politico e rileviamo che esso usa presentarsi con
caratteristiche di continuit, almeno tendenziale: non basta fondare
un principato o repubblica, od instaurare un nuovo regime con un
atto di forza, essendo problema politico altrettanto - se non pi -
fondamentale quello di mantenere lo Stato, per dirla con Niccol
Machiavelli. Un potere che si continui nel tempo necessariamente un
potere istituzionalizzato, che si deposita in e riproduce tramite
delle istituzioni (v. oltre il paragrafo pertinente). In questa sua
dimensione il rapporto di potere non davvero pi identificabile con
il mero esercizio della forza da un lato e la mera subordinazione
ad essa dall'altro, emergendo invece in chi agisce conforme a
quanto disposto dal detentore del potere alcuni elementi di
volontariet: preferisco ubbidire o perch calcolo che a non farlo ci
rimetto di pi, in termini di sanzioni fisiche o d'altro genere, o
perch, al di l d'ogni calcolo, sento, per ragioni psicologiche o
morali o religiose o `mitiche', di dover agire come il potere si
attende (questi aspetti verranno riformulati pi concettualmente
sotto i titoli della legittimit e dell'obbligo politico).
Fra chi il potere detiene e chi ad esso sottoposto, fra
governanti e governati, fra Stato egemonico o leader e Stati
alleati o dipendenti o satelliti si crea cos un rapporto in cui
agli elementi di subordinazione od anche sfruttamento ed
oppressione che vengono patiti si accompagnano elementi di
convergenza o perfino cooperazione. Gli uni accettano quella
struttura, quei titolari e quei comandi del potere faute de mieux,
cio in mancanza di meglio (nell'ipotesi pi semplice): a non
accettarli ci si perde troppo, per rifiutarli o riformarli il tempo
non ancora maturo, ovvero in sfere extra-politiche si possono
trovare sufficienti compensazioni agli svantaggi derivanti dai
rapporti di potere politico. Si pu anche vedere la
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
cosa in modo meno elementarmente `realistico' e pi evolutivo: se
come governato posso concorrere a limitare in via di principio il
potere (liberalismo, costituzionalismo) e a codeterminarne
strutture, titolari e comandi (l'idea originaria della democrazia)
ho delle buone ragioni normative, e non puramente prudenziali (v.
oltre per questa terminologia), per rispettare il potere ed
interiorizzarne le norme. A questo punto la volontariet
dell'adesione ai disposti del potere (le leggi emanate da un
Parlamento democratico e le disposizioni emanate da un governo che
goda la fiducia della maggioranza di questo) diventa meno
combattuta e pi convinta. (Mancando inter nationes analoghi canali
di formazione e legittimazione della volont politica, mancando -
per fortuna, alcuni pensano - un governo mondiale, non possibile
fare esempi omologhi nel campo internazionale.) Dalla parte dei
governanti, imparare a mantenere lo Stato significa imporsi certe
limitazioni nell'esercizio del potere, non comandare o non
sfruttare pi che tanto, ed evitare di farlo in modi troppo
offensivi. Qui far invece un esempio internazionalistico: durante
la guerra fredda, i due blocchi, Nato e Patto di Varsavia, erano
ciascuno subordinati alla volont dei governi della rispettiva
potenza egemone, ma ben diversi erano fra URSS e USA lo `stile di
comando' e le modalit di rapporto con gli alleati. Non questa la
ragione principale per cui l'un potere si dissolto e l'altro ha
vinto la competizione, ma non nemmeno irrilevante.
Una geometria del potere. Della struttura del potere politico
(ma si potrebbe anche dire: della sua geometria) due
caratteristiche vanno evidenziate: l'esclusivit piramidale e
l'universalit. La prima di gran lunga la pi importante, e si
riferisce in ultima istanza al gi nominato modo esclusivo o
monopolistico con cui questo potere (legittimamente) detiene,
usandola o minacciandone l'uso, la forza. Anche se si mantiene una
visione pluralistica del potere (non esservi di esso un'unica fonte
n un'unica sede, distribuendosi esso invece fra centri diversi
nella societ e nello Stato), mi pare di poter dire che, affinch
associazione politica vi sia, questo monopolio della forza
dev'essere mantenuto, e nello Stato moderno di solito lo . La
garanzia ultima tramite la forza ed il rapporto monopolistico con
questa danno al potere politico, difformemente da quello economico
e da quello culturale, una configurazione (tendenzialmente)
unitaria, compatta e piramidale. Solo in politica chi l'ha
raggiunto pu dire - come il Boris Godunov dell'omonima opera di
Musorgskij (tratta da Pukin), che una grande riflessione musicale
sul potere - ho il potere supremo. Naturalmente questo potere
piramidale (assolutistica o liberal-democratica che sia la sua
base) sempre o spesso limitato de iure e/o de facto, facendo talora
acqua da tutte le parti: ma esso resta il principio ispiratore
dell'associazione politica. Ne deriva a questa una trama (sempre
relativamente) unitaria e coesa di rapporti, che fa di questa
dimensione umana una delle pi adatte al perseguimento comune di
fini e progetti, quali che essi siano. (Hannah Arendt ha definito
il potere come `agire in concerto'. Definizione inaccettabile perch
non riconosce l'asimmetria e verticalit propria della relazione di
potere, ma che pu forse essere vista come riflesso di questo
carattere tendenzialmente unitario che il potere d all'associazione
politica.)
Una prima manifestazione di questa intima struttura del potere
politico sta nella sua universalit: i comandi emessi dal potere
politico relativi alla distribuzione delle risorse hanno valore
verso tutti, erga omnes, cio sono nel suo ambito universali.
Efficace diventa questa pretesa, sempre avanzata dal potere
politico. solo con il faticoso e cruento instaurarsi dello
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
Stato assolutistico moderno.In una compagine definita
dall'esclusivit della disposizione sulla forza e
dall'universalit
dei comandi diviene possibile proporre/imporre e magari
raggiungere fini collettivi: sia quelli elementari e generali,
intrinseci all'associazione politica, che vedremo pi avanti
parlando di ordine e di pace, sia quelli particolari per il
contenuto e la visione o ideologia che li informa (la vita buona
aristotelica, il rispetto delle leggi naturali e divine, il
rischiaramento ed il progresso civile, l'abolizione della societ di
classe). In tutti e due i casi il potere tende ad indirizzare le
azioni di governanti e governati ad un fine, attraverso interventi
imperativi che ci dicono per vivere insieme, o per vivere meglio,
dovete fare questo e quest'altro; dovete fare la dichiarazione dei
redditi entro il 30 giugno e pagare le tasse per permettere allo
Stato di funzionare, dovete andare a votare (in alcuni paesi andare
a votare un imperativo, in altri non lo ) per formare la `volont
politica', e cos via. Questo finalismo (pi esattamente:
finalizzabilit) dell'associazione politica organizzata dal potere
mi pare corrispondere in qualche modo a ci che i giuristi, con un
termine non perspicuo, chiamano inclusivit del potere (cfr. Bobbio,
voce Politica nel Dizionario di politica, pp. 803-4).
* * *C' dunque un momento di neutralit nel potere politico: esso
pu essere usato per
opprimere od emancipare, per atterrare i superbi e sollevare i
deboli o viceversa. Va aggiunto subito, ma quasi un'ovviet, che il
potere politico volto ad opprimere prende forme concrete diverse da
quello volto ad emancipare. Inoltre, c' e ci sar sempre chi pensa
che esso, per la sua struttura verticale, dall'alto verso il basso,
costituzionalmente inadatto a perseguire fini come la pace, la
liberazione e la cooperazione. Chi la pensa cos o ritiene che
questi fini vadano perseguiti non per la via politica, bens per
quella culturale o religiosa, o suppone possibile che la politica
si svolga fra uomini che hanno cancellato ogni residuo egoismo,
aspirino seriamente alla completa eguaglianza e lo facciano in una
crescente abbondanza di risorse. Il nesso fin qui descritto di
politica e potere riguarda invece una condizione in cui nessuna di
queste tre condizioni realizzata o sta per realizzarsi - lasciando
impregiudicato, perch irrilevante al fine di incidere sul nostro
destino, se mai esse possano, congiunte o parzialmente, avverarsi.
Vale dunque da questo punto di vista il detto di Max Weber Wer
Politik treibt, erstrebt Macht (chi fa politica ricerca il potere):
quali che siano i fini, le intenzioni, le ideologie, se si fa
politica di l si passa, ed con il potere proprio ed altrui che ci
si deve confrontare. Tenuto fermo questo, la complessit e la
concretezza della politica data dall'intreccio fra la categoria di
potere ed altre fondamentali come ordine, legittimit, obbligo; data
dalla tematica dei limiti del potere e dal mutarsi delle sue forme
e dimensioni a seconda delle finalit, delle idee, dei gruppi e
delle persone cui esso di volta in volta si lega.
Tutto ci ci permette di capire che sbagliato ridurre la politica
alla ricerca e all'esercizio del potere: la politica il
perseguimento di fini attraverso l'elemento del potere, e si svolge
producendo decisioni, che sono (quasi) sempre fatte di elementi
autoritativi e di cooperativi o consociativi; ma questo non vuol
dire che la politica consista nella pura e semplice ricerca di
risorse di potere. Questa pu esistere, ma una forma degenerativa
della politica, il potere per il potere. Beninteso, anche questa
politica (non ne stiamo dando una definizione selettiva o
prescrittiva), ma sappiamo storicamente che quando un regime o una
classe dirigente non fa pi
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
uso del suo potere per governare societ e Stato con un disegno
ed uno stile che contentino molto i suoi sostenitori, ma non
scontentino eccessivamente gli altri, ma lo usa solo per riprodurre
la sua posizione, gi si trova nella sua fase discendente,
preparando suo malgrado il terreno per un cambiamento. Ma vera
anche la cosa opposta: una politica che venga presentata come pura
ricerca di un fine attraverso l'accordo solidale, la persuasione,
la fiducia nelle buone idee, senza cio fare i conti con quella cosa
complessa e storica che il potere, o una politica di pura
testimonianza, quindi apolitica, extramondana, come direbbe Max
Weber; oppure chi la propone molto facile che tenti di confondere
se stesso o di confonderci, nel senso che lui dice che gli altri
vogliono solo il potere, e solo per i loro egoistici fini, mentre
lui vuole solo raggiungere quei fini comuni e non vuole il potere.
Allora si tratta di uno che non sa molto di politica e scambia la
predicazione o la testimonianza con la lotta politica; oppure uno
che tenta di imbrogliare, cio che tenta di attrarre la vostra
simpatia per una forma di cambiamento della politica radicale e
salvifica, cio tale che alla fine non c' pi bisogno, scarsit,
disuguaglianza, e siamo tutti uguali, laddove in realt ci che poi
resta il potere, meno contenuto perch non riconosciuto come tale,
del leader rinnovatore.
Dopo esserci sforzati di neutralizzare, per quel che giusto, la
nozione di potere, ovvero di non demonizzarla, dobbiamo metterne in
evidenza almeno due aspetti problematici, entrambi legati al
momento della diseguaglianza. Uno un problema assai generalmente
filosofico, e come tale non potremo approfondirlo qui: la
richiesta, rivolta anche al potere politico, come a quello
religioso, psicologico, economico, di giustificarsi rispetto ad
un'idea di libert e di autonomia degli esseri umani. In quanto sia
problema di libert politica, vi ritorneremo sopra nell'apposito
paragrafo. L'altro aspetto deriva al potere politico dal suo essere
incardinato nella diseguaglianza e scarsit, condizioni che non
possono non essere in perenne tensione con l'ideale di
un'eguaglianza di diritti e di poteri che ha animato concezioni e
pratiche che vanno dall'isonomia (essere la legge eguale) greca
alla democrazia moderna. Non solo che le proclamazioni di quella
eguaglianza hanno sempre, o quasi, contenuto un momento ideologico,
di falsa coscienza: Atene escludeva dalla vita della polis donne,
schiavi e meteci, e Thomas Jefferson, l'estensore della Declaration
of Independence (all men are created equal), era proprietario di
schiavi. che la verticalit stessa del potere (alto-basso) sta in
contrasto, e per alcuni in contraddizione, con l'idea di
cittadinanza - tanto pi nella modernit, in cui questa verticalit da
un lato si accentua (altro sono le relazioni quasi `faccia a
faccia' nella polis, altro quelle fra governanti e governati nella
grande macchina degli Stati territoriali, cfr. G. Sartori, La
politica, Sugarco, Milano 1979, pp. 189-196), dall'altro diviene
semplicemente pi visibile e pi contestata. Questa tensione, questa
necessit di giustificare il dislivello di potere connaturato
all'associazione politica uno dei temi fondativi della teoria di
Rousseau, che per risolverla la estremizza: solo l'alienazione
totale di ciascun associato con tutti i suoi diritti a tutta la
comunit garantisce la perfetta eguaglianza dei sudditi-cittadini,
giacch se tutti hanno alienato tutto senza riserve, a nessuno resta
nulla da rivendicare. Il carattere totale del potere ne garantisce
paradossalmente l'eguaglianza e quindi massimamente lo
legittima:
infine, chi si d a tutti non si d a nessuno; e siccome non vi
associato sul quale ciascuno non acquisti un diritto pari a quello
che egli cede su di s, tutti guadagnano l'equivalente di quello che
perdono, e una maggiore forza per conservare quello che
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
hanno (Le Contrat social, libro I, cap. VI).
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
7. Potere, forza, violenza, consenso, comandi/norme
Possiamo formulare a questo punto una seconda definizione di
politica comprensiva degli elementi fin qui illustrati: essa
quell'attivit sociale che, in condizioni di scarsit e
diseguaglianza, redistribuisce risorse (o beni), materiali e
relazionali, allocandole autoritativamente, cio tramite un potere
legittimo, garantito in ultima istanza (quanto allefficacia, non
alla legittimit) dal monopolio della forza. Tale allocazione,
possiamo aggiungere, avviene finalizzando gli interventi del potere
secondo un disegno pi generale o pi occasionale e particolare (del
resto, anche il politico pi ideologicamente pianificatore tiene
presenti le situazioni e le reazioni del momento). Valgono pure
qui, s'intenda, le osservazioni riguardanti la politica fra gli
Stati e nel mondo fatte nel cap. 5. E occorre aggiungere che questa
definizione copre la politica cos com stata fino ad oggi e tuttora
, mentre nella nostra epoca, che gi al di l della modernit, la
globalizzazione ed ancor pi le sfide globali pongono ormai alla
comunit politica problemi che la politica com stata finora non in
grado di risolvere. Per tutto questo si veda il cap. 21, che dunque
coessenziale al presente. Definire la politica non opera che
finisca in questo capitolo, n che si possa fare una volta per tutta
leternit.
A questa definizione dobbiamo aggiungere un commento ed alcune
specificazioni. Il commento che essa, non giuocando su una finalit
o senso o valore fondamentale della politica, bens sulle sue
modalit, non implica tuttavia una scelta a favore di una concezione
`realistica', tutta basata sull'egoismo individuale o di gruppo
come unica vera fonte dell'attivit politica. I fini particolari,
che di per s non ci sembrano in grado di definire la politica in
modo scientificamente comprensivo, non ne sono esclusi, tranne che
essi tendano a negare (per utopismo extramondano, o per negazione
cinica di ogni interesse comune) lo spazio stesso dell'agire
politico; e se essi debbano essere compatibili con l'interesse di
potenza o di arricchimento dei singoli od invece con norme
universali di giustizia o libert la definizione non dice. Dice solo
che, quali che siano i fini, perseguirli politicamente significa in
ogni caso compiere le azioni descritte nella definizione
stessa.
Una scelta invece contenuta nella definizione a favore di una
disidentificazione del potere con la mera forza. Abbiamo gi offerto
argomenti in questo senso, ma altri vanno illustrati. Uno proviene
da un'ulteriore opzione preliminare: le motivazioni di chi agisce
politicamente (e pi generalmente socialmente) non possono - nemmeno
euristicamente - essere ricondotte al mero calcolo d'utilit
compiuto da attori razionali, o a questi per ipotesi assimilabili.
La politica un impasto di calcolo lucido o furbo e di pregiudizi,
idiosincrasie, motivazioni ideali tutte filtrate attraverso simboli
(tema sul quale si rinvia all'apposito paragrafo). In questo senso
l'atteggiamento di chi subisce una situazione di potere un
atteggiamento in cui c' il riconoscimento o di una qualche
convenienza razionalmente calcolata nell'ubbidire, o di una
motivazione ad ubbidire che abbia radici diverse dal calcolo
raziocinante della convenienza, per esempio la suggestione; il
potere, grazie al suo simbolismo, ai suoi meccanismi emozionali, ai
miti che riesce a mettere in moto, al fascino che esercita sui
propri destinatari pu indurli ad
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Furio Cerutti Filosofia politica. Un'introduzione
agire come il titolare del potere desidera. Questo ha una
conseguenza importante perch vuol dire che il potere, proprio perch
consiste anche di questi elementi, pu causare azioni in positivo,
mentre la mera forza, che in quanto coercizione fisica possiamo
altrettanto chiamare violenza, pu solo avere effetti omissivi, cio
solo costringere colui su cui si esercita a non fare certe cose.
Inoltre la specificit della violenza e del potere ridotto a mera
forza consiste nell'intervenire o sul corpo stesso dei dominati,
mettendo loro le manette, mandandoli in prigione o dietro un filo
spinato in un campo di concentramento, sparando loro addosso,
oppure agendo sempre in senso fisico sull'ambiente fisico verso il
quale i dominati hanno un rapporto vitale di dipendenza: per
esempio violenza anche l'impedire a una persona o ad una
popolazione di ricevere il cibo o l'acqua. Il potere invece
un'articolata relazione mentale e motivazionale fra gli attori.
V' tuttavia in politica un caso in cui il potere si riduce al
mero esercizio della forza fisica da parte di un'istituzione