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4.8 LA MINACCIA IMPROVISED EXPLOSIVE DEVICE (IED)NEL TEATRO
IRACHENO
Gen. B. Pier Paolo LUNELLI DCOS COA OPS MNF – ICap. Stefano
MIOROTTI MA DCOS COA OPSCap. Alfredo BEVERONI FP OFFICER MNF -
IC.le Magg. Barbara MASSARI NBC COY
Il fattore “IED” in Iraq
Le operazioni sul suolo iracheno si caratterizzano per la
coesistenza, nello stesso Teatro ma inluoghi diversi, di azioni di
combattimento (ad esempio contro Al Qaeda), attività di contro
guer-riglia, attività di addestramento delle forze di sicurezza
locali nonché di aiuto umanitario. E’noto che questa compresenza di
situazioni operative ha portato molti Paesi, in primis gli USA,a
pensare ad una rimodulazione dottrinale. Uno degli elementi che
condizionano questa dottrinain evoluzione è proprio l’uso di
ordigni esplosivi improvvisati (Improvised Explosive Device
),notocome “fattore IED”. Infatti, non vi è un settore di
responsabilità in Iraq dove non siano stati uti-lizzati IED contro
le Forze della Coalizione, le forze di sicurezza irachene ed i
civili.In questo capitolo vengono fornite precisazioni sulla
minaccia che deriva dal sempre più largouso di ordigni esplosivi
improvvisati (IED) nel teatro iracheno nonché indicate a grandi
linee lecontromisure attive e passive volte a
controllarli.L’utilizzo di IED, unito ai veicoli bomba (Vehicle
Borne Improvised Explosive Device1 VB-IED),continua a provocare un
numero elevato di vittime tra le Forze della Coalizione
multinazionale,le forze di sicurezza irachene e la popolazione
civile2. Nel corso del 2006, secondo un documentoufficiale inviato
al Congresso americano3, la maggior parte degli attacchi contro le
Forze dellaCoalizione è stata di tipo stand off. In sostanza, sono
venuti sempre meno gli scontri diretti afuoco mentre si è diffusa
in forma esponenziale la minaccia IED/VBIED che indistintamente
hacolpito e colpisce, come già detto, civili, militari iracheni e
Forze della Coalizione. Nel corsodella trattazione, verranno
utilizzati gli acronimi IED e VBIED, VSBIED4 e SVESTIED5 diven-tati
ormai di dominio comune.L’ IED unisce materiale esplosivo ad un
innesco. Spesso di natura artigianale, è concepito per cau-sare
vittime attraverso l’utilizzo di semplice esplosivo anche in
combinazione con agenti chimici,biologici o radiologici. La gamma
di IED è diversificata per dimensioni, metodo di funziona-mento,
tipologia di contenitori e modalità d’impiego. La carica esplosiva
di un IED può avereprovenienza commerciale, militare, artigianale
oppure basarsi su un proietto di artiglieria, razzio quant’altro.
Spesso i dispositivi creati assumono la veste di prototipi poiché
il costruttore in-dividua la soluzione ottimale in funzione dei
materiali che ha a disposizione, la testa sul campo
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1 VBIED veicoli bomba (autocarri, autovetture, motociclette)2
Anthony H. Cordesman with the assistance of Eric M. Brewer and Sara
Bjerg Moller, “Iraq’s Evolv-
ing Insurgency and the Risk of Civil War”, pag. 118 e seguenti.
Center for strategic and International Studies(CSIS) in data 26
Aprile
2006http://www.reliefweb.int/rw/RWB.NSF/db900SID/AMMF-6P9BGE?OpenDocument
3 Measuring Stability and Security in Iraq. August 2006 Report
to COngress pag. 314 Veicoli Kamikaze (Vehicle Suicide Borne IED)5
Bombe umane (Suicide Vest IED)
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e ne diffonde i contenuti ad altri. Individuare IED avvalendosi
di specifici indicatori è un com-pito arduo che richiede
esperienza, così come è altrettanto complesso realizzati efficaci
sistemidi protezione mano a mano che il grado di sofisticazione
aumenta.
Trappole esplosive e IED sono simili alle mine poiché entrambi
sono stati concepiti con lo scopodi colpire personale. Tra gli
incidenti classificabili come IED possiamo annoverare: una
granatadi mortaio nascosta nella sabbia od in un sacchetto di
plastica collegata ad un dispositivo di in-nesco; una cintura
esplosiva a comando manuale o radiocomandato, un tratto di
marciapiede so-stituito con esplosivo o con una granata di
artiglieria; schiume plastiche espanse e dipinte a formadi roccia
che celano esplosivi, etc. etc…
Numero degli attacchi, tecniche di attacco ed obiettivi degli
IED
L’uso di IED fa parte delle tecniche di agguato già utilizzate
in passato da altri gruppi armatinonché in altre aree conflittuali.
Uno dei primi esempi sull’uso in larga scala degli IED, si
ebbeBielorussia, con la “RAIL WAR”, condotta dai guerriglieri
locali, contro l’offensiva nazista (Se-conda guerra Mondiale).A
seguire in ordine cronologico:Irlanda del Nord: uso massivo di IED
da parte dell’IRA, nel periodo 1969-1997 come atto riven-dicante
l’autodeterminazione del popolo irlandese,nei confronti del Regno
Unito;Vietnam: usati dai Viet Cong contro le truppe anfibie
US;Afghanistan: usati dai mujahideen contro i sovietici, in
particolare modificando le mine anticarro in ordigni
improvvisati;Libano: grande uso da parte degli Hezbollah per
attaccare le forze israeliane, dopo l’invasione delLibano nel
1982;
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Cecenia: usati dai ribelli contro le forze russe;Iraq: dal
luglio 2003, la tecnica IED è stata impiegata contro i veicoli
delle Forze della Coalizione,causando ben il 38% di perdite tra le
truppe americane. Per quanto riguarda i VBIED, secondole stime
riportate nell’ ultima edizione dell’“IRAQ INDEX” 6, nel 2004 i
veicoli bomba (auto-vetture, autocarri,motociclette), hanno causato
il 60% delle vittime tra le forze di polizia irachenee tra i
civili. Secondo questo documento, nel 2005, sono state condotte ben
873 azioni di questotipo, circa il 50% in più dell’anno precedente.
Mentre nel 1° semestre 2007, rispetto al periodogiugno-dicembre
2006, si è verificato un incremento del 12% con 340 attacchi
condotti con la tec-nica IED.
Secondo fonti del Washington Post, il numero di attacchi
condotti nell’ estate 2006 conIED/VBIED, era in costante ascesa7,
quattro volte tanto i dati del gennaio 2004. Nel solo mesedi giugno
2006, si sarebbero verificati 1480 attacchi IED, mentre 903 IED
sarebbero stati disat-tivati8, mettendo così in luce un notevole
incremento rispetto ai dati di gennaio, quando il nu-mero degli
ordigni esplosi e disattivati erano rispettivamente 834 e 620. Nel
successivo mese diluglio è stato riportato che il numero totale di
attacchi, aveva superato quota 2500, di cui oltre1500 esplosi e 950
neutralizzati9. Secondo Montgomery Meigs, capo della struttura
interforze al-lestita per far fronte a questa minaccia, nel mese di
agosto 2006, si sarebbero verificati 1200 at-tacchi IED10. La
frequenza di questo tipo di azioni è da considerarsi un indicatore
di aumentatacapacità dell’ avversario, in relazione al fatto che la
messa in opera di IED sofisticati, richiede unarete che parte dal
finanziatore fino a comprendere il costruttore, il posatore che
colloca gli esplo-sivi e l’attivatore che li fa esplodere mentre i
veicoli della Coalizione transitano nei pressi deglistessi11. Meigs
ha riferito che i mezzi più letali, entrati in azione nell’estate
del 2005, sono gliesplosivi a carica cava ( cosiddetti “Shaped
Charge Explosive” 12 o “anti-armor IED” ) fino agli ul-timi tipi
autoforgianti ( Explosively Formed Projectile EFP )13, capaci sia
di perforare le protezionidei mezzi corazzati, sia quelle poste sui
lati dei mezzi tattici per il trasporto del personale di fan-teria
leggera.
Per chiarire, ad uso dei non addetti ai lavori, vi è una
sostanziale differenza tra un IEDtipo EFP e uno Shaped Charge.Il
primo sfrutta l’effettoMisznay-Schardin, principio che si basa
sull’azione cinetica, studiato e spe-rimentato da un esperto di
esplosivi ungherese Misznay con il Dr. Hubert Schardin14.
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6 Iraq Index, Tracking Variables of Reconstruction &
Security in Post-Saddam Iraq. Ed.Novembre
2006www.brocking.edu/iraqindex
7 Ann Scott Tyson,“Army Faces Rising Number of Roadside bombs in
Iraq”,Washington Post,Septem-ber 8, 2006
8 Michael R. Gordon, “A Platoon’s Mission: Seeking and
Destroying Esplosive in Disguise”,New YorkTimes, July 12, 2006.
Citato da Cordesman Iraq’s Evolving Insurgency CSIS, 20 sept. 2006
pag. 37
9 Michael R. Gordon, Mark Mazzetti and Thom Shaker, “Insurgent
Bombs Directed at G.I.’s Increasein Iraq”, New York Times, August
17, 2006. Citato da Cordesman Iraq’s Evolvine Insurgency CSIS, 20
sept.2006 pag. 37
10 Ann Scott Tyson, “Army Faces Rising Number of Roadside bombs
in Iraq”, Washington Post, Sep-tember 8,2006
11 Cordesman: Iraq’s Evolving Insurgency, CSIS, 27 sept. 2006,
pag. 3812 Shaped Charge Explosive: ordigni esplosivi a carica cava
ttp://en.wikipedia.org/wiki/Shaped_charge
e http://www.llnl.gov/str/Baum.html13 Explosively Formed
Projectile: ordigno anticarro autoforgiante
http://en.wikipedia.org/wiki/Misz-
nay-Schardin_effect
http://www.afrlhorizons.com/Briefs/Dec04/MN0407.html14 E’
storicamente noto che entrambi svilupparono mine anticarro per la
Germania nazista
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Il secondo, invece, sfrutta il principio scoperto nel 1888 da
Charles Munroe che aveva compresocome si potevano sfruttare i gas
ad alta pressione per stampare sigle sui metalli. Tale tecnica
svi-luppata poi dal tedesco Egon Neumann nel 1910 con esplosivo
TNT, venne sfruttata per scopibellici solo nella seconda guerra
mondiale.
Con il crescere delle contromisure attive e passive assunte
dalla Coalizione, l’avversarioha reagito con flessibilità
indirizzandosi verso obiettivi più vulnerabili e mediaticamente
appa-ganti, quali convogli logistici e/o di supporto, le forze di
sicurezza irachene ed obiettivi più sem-plici da raggiungere (“soft
target ), come la popolazione civile. Analogamente sono state prese
dimira le attività congiunte tra la Coalizione e le forze di
sicurezza irachene, che rappresentanoormai l’80% delle azioni
operative sul terreno. E’ da rilevare che la minaccia IED ha di
fatto con-dizionato in modo significativo l’attività dei
rifornimenti e la tendenza a devolvere tali operazionia compagnie
civili a contratto15. L’aumento di questo tipo di azioni ha anche
comportato l’incre-mento delle scorte e delle risorse umane
necessarie per gestirle, incidendo così sui costi dell’ope-razione,
in termini sia di budget sia di personale.
Analizzando le modalità d’attacco ed i relativi obiettivi, da un
lato emerge l’elevato impatto me-diatico dell’azione suicida,
dall’altro l’assioma che l’attentatore non sempre costituisce il
mezzoottimale per un attacco. In molti casi, infatti, normali
“ordigni a tempo” avrebbero prodotto glistessi effetti dell’ azione
kamikaze16, il cui valore aggiunto, come accennato, deriva
dall’impattopsicologico e mediatico amplificato dal simbolismo del
martirio in nome di un ideale religioso.Non bisogna dimenticare
che, anche se può sembrare cinico per la nostra cultura, il costo
di unattentatore suicida è piuttosto basso. Sebbene i dati
ufficiali al riguardo siano scarsi e difficilmenteverificabili,
sino all’agosto 2005 sembra che solo il 10% di coloro che si sono
prestati a tali azioni,
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15 Anthony H. Cordesman with the assistance of Eric M. Brewer
and Sara Bjerg Moller, “Iraq’s Evolv-ing Insurgency and the Risk of
Civil War”, 27 settembre 2006 pag. 125
16 Kamikaze: attentatori suicidi.17 Anthony H. Cordesman “Iraq’s
Evolving Insurgency and the Risk of Civil War”, pag. 118 e
seguenti.
Center for Strategic and International Studies (CSIS) in data 26
aprile 2006
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fossero cittadini iracheni. Si trattava, per la maggior parte,
di stranieri reclutati da associazionifondamentaliste islamiche
provenienti da svariate parti del mondo: Nord Africa, Sudan,
Gior-dania, Siria, Arabia Saudita, Afghanistan e Pakistan17 ma
anche cittadini europei. Sebbene man-chino informazioni affidabili
circa il “profilo tipo” di un attentatore suicida, da una prima
analisi,emerge che molti di essi vengono scelti tra le falangi più
estremiste, dove il fanatismo li inducea ricercare il martirio
senza bisogno di una lunga fase di preparazione. Di massima,
comunquesi tratta di giovani non coniugati, sebbene si possano
annoverare casi contrari. Inoltre, non bi-sogna dimenticare che chi
sta dietro la scena predispone, all’insaputa dei “protagonisti”,
mezzidi controllo manuale o automatico in modo tale da assicurare
il buon fine dell’ azione in caso diindecisioni dell’ultimo
momento.
I tipici obiettivi scelti dai kamikaze, come già detto, sono i
cosiddetti obiettivi “soft”, ossia quelliche vedono maggiormente
coinvolti i civili. Mentre gli IED sono prevalentemente scelti per
col-pire le Forze della Coalizione e quelle di sicurezza irachene,
i “kamikaze” vengono usati per col-pire aree difficili da
raggiungere o protette da dispositivi di sicurezza ad anelli
concentrici. E’ dasottolineare il fatto che anche quando gli
attentati non riescono a conseguire il risultato speratoin termini
di vittime, comunque conseguono l’obiettivo mediatico. In Iraq, ad
esempio, la notiziache un gruppo sunnita ha attaccato gruppi sciiti
o curdi, oppure colpito altri sunniti18 che si sonoarruolati nelle
forze di polizia, costituisce destabilizzazione, ispirando la
logica della vendetta set-taria e il pericoloso circolo vizioso
della violenza etnica.
Per attaccare le Forze della Coalizione, l’avversario sfrutta
soventemente particolari situazioni
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18 Oltre il 90 per cento dei musulmani è sunnita. La
differenziazione nasce dal contrasto sulla modalità disuccessione
al Profeta: i capi della comunità islamica (umma), che chiamiamo
califfi, o con il termine generico diimàm (guida), si dividono tra
chi riteneva che a succedere a Maometto dovessero essere i suoi
familiari e chi in-vece credeva che potessero essere i suoi
collaboratori più stretti. Con il passare dei secoli si sono create
distinzionianche in campo giuridico o nelle formule di preghiera.
Ma sono distinzioni minime. Entrambi non consideranogli altri
eretici ma musulmani che sbagliano.
-
quali concentrazioni di individui nei mercati all’aperto, nelle
stazioni ferroviarie o degli autobus.Nella maggior parte dei casi
si tratta di azioni coordinate così che alle pattuglie miste della
Coa-lizione ed irachene che accorrono sul luogo del disastro, è
tesa un’ imboscata con armi leggere.In altri casi, dopo aver
posizionato un IED sulla strada di accesso ad una base operativa si
effettuail tiro di razzi o colpi di mortaio allo scopo di far
uscire la squadra di pronto intervento che puòcosì facilmente
divenire a sua volta bersaglio dell’ IED stesso. A queste si
aggiungono altre azioni,quali quelle di nascondere ordigni nelle
carcasse di animali, nei cadaveri ed in oggetti che possonoattirare
l’attenzione delle pattuglie.L’avversario come già detto, recluta
la maggior parte degli attentatori al di fuori dei confini
ira-cheni. Tuttavia, in alcune aree del Paese19, per esempio a
Falluja, esistono ancora gruppi prontialla lotta estrema in difesa
dei loro interessi. Anche molti giovani iracheni hanno avuto un
ruoloattivo negli attacchi contro la Coalizione e le forze
governative, alcuni assoldati dagli ideatoridegli attentati, altri
utilizzati per svolgere missioni, parafrasando il titolo di un
famoso film,“quasi impossibili”.Tra i gruppi terroristici che in
passato hanno impiegato IED, sono da annoverare gli
Hezbollah20,come già detto precedentemente, i quali hanno spesso
associato l’utilizzo di ordigni esplosivi adimboscate, una tecnica
ereditata dal conflitto contro i sovietici in Afghanistan. In Iraq,
la mas-siccia presenza di arsenali a cielo aperto/armi ha favorito
l’utilizzo degli IED e dei VBIED. Bastipensare che al crollo del
regime di Saddam, circa 400 tonnellate di esplosivo al plastico
tipo RDX,sarebbero scomparse dal deposito di Qaqaa. Quello che più
ha stupito gli analisti, è stato lo svi-luppo di ordigni in cui,
abbinati ai metodi tradizionali di impiego dell’esplosivo, sono
state pre-disposte nuove tecnologie e/o tecniche sofisticate di
difficile neutralizzazione. Gli avversari,infatti, hanno iniziato
con semplici IED molto simili alle trappole esplosive;
successivamente sisono evoluti utilizzando nuovi sistemi di
detonazione sempre più sofisticati con alto grado di ef-ficacia,
malgrado l’adozione di contromisure attive e passive da parte delle
truppe della Coali-zione. Rapidamente si è passati dalla classica
tecnica di attivazione a pressione a quella del radiocomando a
distanza e ad altre che prevedono l’utilizzo di telefoni cellulari
(GSM), sino all’ atti-vazione di sistemi a fotocellula o infrarossi
reperibili sul libero mercato (simili a quelli presentinei sistemi
di apertura automatizzata dei cancelli elettrici o in quelli dei
sistemi d’allarme)21.La preparazione degli attacchi è meticolosa ed
accurata, sebbene un’attenta osservazione possafornire spunti per
un’ efficace attività di prevenzione. I veicoli impiegati, gli
itinerari utilizzati,il tipo di convogli, gli orari ed il grado di
protezione, sono elementi che vengono studiati ed ana-lizzati
dall’avversario per pianificare un attacco. Giust’ appunto, in
Iraq, gli obiettivi preferitisono proprio i convogli. La strada più
famosa è la cosiddetta Route Irish, un’ autostrada a 4corsie lunga
circa 12 chilometri che collega il centro all’aeroporto
internazionale di Baghdad.Route Irish è stata a lungo considerata
la strada più mortale in Iraq dai giornalisti, mentre leForze della
Coalizione, l’hanno denominata “il viale degli IED”22.Talvolta all’
azione esplosiva viene associata una azione di disturbo che può
essere precedente al-l’esplosione. In questo caso lo scopo è quello
di distrarre la pattuglia ingaggiandola. In altri casiil disturbo
avviene in una fase successiva ed ha lo scopo di rallentare l’opera
di soccorso da partedei mezzi non direttamente coinvolti. In altri
scenari si mira a colpire i primi soccorritori inter-
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19 Ivi, pag.12120 Ivi, pag.12121 Ivi, pag. 122-12322 Relazione
per il Parlamento sui fatti del 4 marzo 2005 pag. 6 (precisazioni
sul contesto ambientale)
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venuti sul posto. Un’altra tecnica è quella di posizionare
l’ordigno sfruttando avvallamenti ebuche nelle strade, sostituire
tratti di marciapiede o muretti nelle immediate vicinanze della
viaprincipale. E’ evidente che azioni complesse prevedono una fase
di preparazione che espone mag-giormente gli attentatori, oggetto a
loro volta di osservazione. In ogni caso, quando c’è un com-plice
supporto della popolazione locale l’esecuzione è notevolmente
semplificata.
Effetti e contromisure per ridurre il danno
E’ interessante prendere in esame il trend degli IED esplosi e
di quelli disattivati nel periodo gen-naio 2004 - settembre 2006.
Mettendo a sistema i dati dell’ Iraq Index23 e di una serie di
rapportidel Centro Studi Strategici24, si può ipotizzare il grafico
in figura sottostante. Appare doverosoricordare, che i dati che
seguono, sono frutto di una stima, probabilmente accurata, volta a
rap-presentare la realtà dei fatti.Secondo queste stime il numero
totale di IED esplosi e disattivati, ha superato quota 500 nelmarzo
2004, raggiunto quota 1000 nell’ottobre dello stesso anno, 1500
nell’ agosto 2005, 2000 nelgennaio 2006 e oltre 2500 nel settembre
2006. In sostanza, in soli 30 mesi la minaccia, misuratain termini
di numero di IED, è aumentata di cinque volte. Riferendosi al
numero degli ordigniesplosi, il trend conta quota 500 nel maggio
2004, livello 1000 nell’ agosto di un anno dopo ed ilsuperamento di
quota 1500 nel luglio 2006.Per avere un’ idea di quanto sia
statisticamente alto il numero di caduti americani e della
Coali-zione a causa degli IED, basti sapere che le vittime di tali
attacchi, hanno quasi raggiunto quota1000 nel periodo marzo 2003 –
ottobre 2006. In termini complessivi, analizzando un arco ditempo
di 3 anni, circa il 35% dei caduti è stato causato dagli IED in
tutte le loro varianti. Restrin-gendo l’intervallo temporale al
periodo da marzo 2005 all’ ottobre 2006, l’incidenza delle
vittimeda IED su base mensile è superiore al 65%. In particolare,
nel luglio 2005, settembre 2005 e marzo2006, ha addirittura
superato l’80%.Conclusioni analoghe, se non peggiori, si possono
trarre dalle perdite tra le forze di sicurezza ira-chene e tra la
popolazione civile anche se, per la verità, su questo tema non sono
disponibili datiattendibili. Cordesman osserva che se si
considerano i dati riferiti al periodo 2004/2005, la per-centuale
delle perdite globali dovuta ad IED, supera il 60%25.Ovviamente gli
statunitensi hanno da subito cercato di contenere i
danni.Innanzitutto, si è reso necessario incrementare le protezioni
passive poiché l’IED è un’armascelta dall’avversario. Come prima
misura si è provveduto ad incrementare la protezione dei vei-coli
con lamiere ed altri dispositivi di protezione balistica. Le
corazzature aiutano, anche sottoil profilo psicologico, sebbene il
corrispondente appesantimento dei mezzi abbia a sua volta
in-crementato il tasso di avarie alle sospensioni ed ai propulsori,
che già lavoravano al limite delleprestazioni in relazione alle
elevate temperature ed alle pessime condizioni delle strade. Alle
mi-sure passive, sono stati associati anche sistemi attivi di
disturbo detti “jammer”26 che hanno loscopo di interdire il
funzionamento degli attivatori radio comandati, usati dagli
avversari.Poiché tali sistemi producono interferenze sulle
comunicazioni radio, le pattuglie si sono talvolta
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23 Iraq Index, “Tracking Variables of Reconstruction &
Security in Post-Saddam Iraq” pag. 23www.brocking.edu/iraqindex
24 Anthony H. Cordesman, Iraqi Insurgency 24 aprile 2006 pag. 71
e Anthony H. Cordesman “Iraq’sEvolving Insurgency and the Risk of
Civil War”, 27 settembre 2006 pag. 125 del CSIS
-
trovate di fronte ad una scelta obbligata: comunicazioni o
contromisure attive. Mentre i distur-batori sono efficaci contro
sistemi radiocontrollati, l’influenza è nulla sugli attivatori
passivi,quali quelli a fotocellula o infrarossi che, come già
specificato utilizzano una tecnologia difficil-mente
neutralizzabile. Si evidenzia che in Iraq gli IED vengono
realizzati con esplosivi disponibilia cielo aperto (es. granate)
combinati a nuove tecniche di impiego sperimentate ed importate
dalvicino Iran.Di conseguenza, il Pentagono ha iniziato programmi
di ricerca e sviluppo nel settore delle con-tromisure IED,
finanziando un budget di 1,5 miliardi di dollari27. La Bae System
si è aggiudicataun contratto del valore di 80 milioni di dollari
per la realizzazione di 4000 sistemi disturbatorida fornire ai
reparti in Iraq ed Afghanistan28.Nonostante ciò, gli IED, sono tra
i pochi mezzi di lotta che continuano a causare numerose vit-time a
cui non è stata trovata una vera risposta ma soltanto misure
tampone. L’utilizzo di IED,ha anche comportato notevoli costi
indiretti. Il più importante riguarda il largo impiego di
eli-cotteri per il trasporto del personale e materiali tra le varie
basi limitando il più possibile i mo-vimenti via terra.Il rischio
connesso agli IED, nonostante tutto, può essere ridotto. Si stima
che l’addestramentosulle tecniche e tattiche dell’avversario, possa
arrivare ad abbattere il rischio del 50%, mentre latecnologia di
disturbo e la protezione sono efficaci nel 20 – 25% dei casi. Per
il rimanente 25 –30%, ci si deve affidare al caso, alla fortuna ed
all’ imperizia del costruttore, del posatore o
dell’attivatore.L’addestramento e la condivisione delle lezioni
apprese sull’ evoluzione delle metodologie di at-tacco, sembrano
costituire via maestra da seguire. Entrambi, infatti, agiscono in
termini di pre-
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Fonti: 1) Iraqi Index Edizione 30 ott. ’06; 2)Cordesman, Iraq’s
evolving insurgency, sett. 06Si precisa che i dati del sopra
indicato grafico, sono limitati al sett. ’06, in quanto il Comando
US fornisce statistiche su unperiodo annuale e, non è stato
possibile reperire dati su fonte aperta relativi al 2007.
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venzione e pertanto possiedono maggiore efficacia. In proposito,
sono stati realizzati centri diaddestramento contro-IED dove il
personale viene preparato a riconoscere, individuare ed adot-tare
tutte le misure preventive. L’evoluzione della minaccia, viene
inoltre costantemente moni-torata nei teatri iracheno ed afgano,
utilizzando le cosiddette Task Force counter-IED che fannocapo al
Comando “Joint Improvised Device Defeat Task Force”, situato a Fort
Irwin in California.Presso un altro centro, attivo dal 2005 a Elgin
in Florida, viene condotto un addestramento piùorientato
all’impiego dei robot e degli UAV contro gli IED29.Nel luglio 2005
è stato pubblicato dal centro lezioni apprese di Fort Leavenworth,
un ottimo ma-nuale finalizzato al contrasto della minaccia IED.
Malgrado gli sforzi ed i passi in avanti compiutidalla Coalizione,
la minaccia IED rimane tuttavia immanente.
Conclusioni
La minaccia IED in tutte le sue forme, rimane la fonte
principale di vittime nella Coalizione apartire dal maggio 2005 e,
di converso, la principale preoccupazione, giacché nel 2005 il
numerodegli attacchi (10953) è pressoché raddoppiato rispetto
all’anno precedente (5606). Qualora l’at-tuale trend venga
mantenuto, come è probabile, considerando che nel 2006 si sono
avuti circa18.000 attacchi IED e VBIED, ne30l 2007 questa cifrà
subirà un incremento. La questione degliIED in Italia è stata
l’oggetto di una interrogazione parlamentare alla Commissione
Difesa30 .L’interrogazione affrontava la questione della protezione
dei reparti militari italiani impiegati inAfghanistan prendendo
spunto da una presunta formalizzazione da parte delle Forze
Armatestatunitensi di un contratto per la fornitura di 4000
apparati elettronici per l’interdizione degliordigni improvvisati (
RC – IED - Radio Controlled Improvised Esplosive Devices ) la cui
fornituraè stata completata nell’ottobre 2006. Nell’ occasione, il
rappresentante del Governo comunicavache il 19 settembre 2006, era
stata avviata la procedura per l’approvvigionamento di sistemi
di-sturbatori con conseguente richiesta di un’ offerta
tecnico-economica da parte di tre aziende.E’ indubbio che la
minaccia IED non rimarrà confinata nel teatro iracheno e si
diffonderà altrovedove i nostri militari sono impegnati. Pertanto,
per contenere il numero delle possibili vittimeappare assolutamente
prioritario:− incrementare la sicurezza passiva, campalizzando una
nuova famiglia di veicoli dotati di idonea
corazzatura ed in grado di essere rinforzata con pannelli
multistrato. Rinforzare gli attualiveicoli apparirebbe
controproducente perché sarebbe necessario provvedere a nuove
moto-rizzazioni, cambi e sospensioni;
− allocare fondi per la realizzazione di misure attive quali
disturbatori elettronici,tenendo pre-sente che le contromisure
attive si sono rivelate efficaci limitatamente ad alcune categorie
diIED;
− sul modello americano, costituire una task force per
analizzare le tecniche dell’ avversario edottimizzare le nostre
procedure tecnico tattiche. L’elemento chiave per contrastare
efficace-
- 479 -
25 Ivi, pag. 12326 Ivi, pag. 124 - 12527 Ivi, pag. 12428 Pagine
di difesa, 28 settembre 200629 Anthony H. Cordesman “Iraq’s
Evolving Insurgency and the Risk of Civil War”, pag. 118 e
seguenti.
Center for Strategic and International Studies (CSIS) in data 26
aprile 2006, pag. 12430 IV Commissione Lavori della Camera,
mercoledì 11 ottobre 2006. Risposta all’interrogazione di Cos-
siga-Valentini.
-
mente la minaccia IED rimane comunque la condivisione, in ambito
coalizione/alleanza, delletecniche, delle tattiche e delle
procedure dimostratesi efficaci;
− creare zone di addestramento specifico per il contrasto degli
effetti degli IED e realizzare unsistema di formazione a distanza
che consentano di testare l’individuo sulle caratteristichedegli
IED, sulle tecniche di base utilizzate dall’avversario, sugli
indicatori di presenza di taliordigni,sull’identificazione dei
componenti di un IED e sulle tecniche di contrasto che si
sonorivelate vincenti. Il fine ultimo, in questo caso, è sviluppare
la capacità di muoversi in ambienteIED, soprattutto durante
l’esecuzione di azioni di pattuglia e nel movimento di
convogli.
L’adozione dell’insieme di queste misure potrebbe ridurre
sensibilmente il rischio e quindi con-tenere il numero delle
vittime. Richiede tuttavia un consistente sforzo finanziario e di
risorseumane, che costituisce però un obbligo prioritario al fine
di salvaguardare le vite dei nostri sol-dati.
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31 Iraq Index. “Tracking Variables of Reconstruction &
Security in the Post-Saddam Iraq” Brookings In-stitution di
Washington, 30 ottobre 2006.
Analisi Fonte Iraq INDEX Periodo 2003 – 2007
I dati ufficiali delle perdite di militari della Coalizione in
Iraq derivanti dalla minaccia IED nonsono stati catalogati da fonti
aperte. Esiste solo un documento “Iraq Index”31, in cui sono
reperibilidati aggregati relativi ai soli caduti statunitensi.In
questa scheda, con l’ausilio di grafici esplicativi elaborati sulla
base dei dati del citato docu-mento, si cercherà di porre in
evidenza l’incidenza degli IED nelle cause di decesso
limitatamenteai militari americani in Iraq. E’ bene sottolineare
che i dati forniti dall’ “Iraq Index”, non possie-dono un elevato
grado di affidabilità poiché si basano sul solo rapporto iniziale
relativo alle causedel decesso. Consentono, tuttavia, di fornire un
quadro sufficientemente chiaro in assenza difonti ufficiali.
Nel grafico sopra è illustrato il trend cumulativo dei caduti
relativo alle forze statunitensi e quelledi sicurezza irachene
(Esercito e Polizia). Non sono indicate, come già riportato, le
perdite subitedagli altri Paesi che compongono la Coalizione
multinazionale.Nel dettaglio, per quanto riguarda le perdite
americane, risulta evidente che in sette occasionisi è raggiunta e
superata la quota 100 caduti nell’ arco di un mese: 135 nel mese di
aprile e 137nel novembre 2004, 107 nel gennaio 2005, 105 nell’
ottobre 2006, 115 nel dicembre 2006, 104 nell’aprile 2007 e 127 nel
maggio 2007. Il raggiungimento per la settima volta della tripla
cifra nellaconta dei decessi, è il combinato di una serie di
fattori che, in un concentrato temporale e conuna contemporaneità
anche causale, ne ha determinato la portata.Ad una criminalità
sempre presente si deve sommare un ricorrente e ciclico “j’accuse”
da partedelle milizie nei confronti della presenza militare,
attività che si manifesta con una escalation ed
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una reiterazione in tempi ravvicinati di atti ostili. A ciò si
devono aggiungere i periodi di mag-giore criticità dovuti a
difficoltà contingenti nel mantenere l’ordine pubblico e condizioni
di si-curezza. Ultimo fattore, seppur periodico, che possiamo
definire “di riflesso”, sono gli attacchicompiuti per influenzare
l’opinione pubblica americana nella prossimità temporale di
grandieventi politici quale le elezioni presidenziali, il rinnovo
del Congresso, varo di leggi importantie significativi atti di
politica estera.Il trend delle vittime tra le forze di sicurezza
irachene, a partire da novembre 2003, è rimastosopra quota 100,
raggiungendo le punte di 300 nel novembre 2004, superando tale
livello nel pe-riodo maggio-ottobre 2005. A questi dati vanno
aggiunti quelli relativi alle numerose perdite divite umane tra la
popolazione civile, al momento non disponibili. L’ottobre “nero”
del 2006, haregistrato più di 300 vittime (100 americani e 204 tra
le forze di polizia irachene), cartina tornasoledi una situazione
complessa che periodicamente degenera. Anche in questo campo, vale
quantogià specificato in altra parte, ovvero che i dati da fonti
aperte, non sempre sono attendibili.Nel grafico soprastante i
caduti per cause ostili sono ripartiti in cinque categorie:− da
IED;− da veicoli bomba;− da razzi/mortai;− da incidenti che hanno
coinvolto elicotteri;− da fuoco avversario.
E’ interessante notare che la minaccia IED, assente durante
l’invasione da marzo a giugno 2003– un periodo nel quale
prevalevano le vittime da fuoco avversario ( 40 – 50 ) e da
abbattimentidi elicotteri – ha in seguito preso piede
progressivamente, stabilizzandosi su un numero di vittimecomunque
mai superiore alle 21 unità per mese nel periodo settembre 2003 –
dicembre 2004. Apartire dal gennaio 2005 la minaccia IED si è fatta
più aggressiva in termini di vittime umane conuna punta di 57
caduti nell’ ottobre 2005.
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La minaccia VBIED, ha visto il suo picco nel periodo settembre –
novembre 2004, discendendopoi progressivamente in parallelo a
seguito dell’adozione di misure di protezione sempre piùstringenti
contro i veicoli bomba32, generalmente di tipo kamikaze. E’
opportuno sottolineareche l’incremento della sicurezza degli
apprestamenti campali, ha spostato l’azione dei veicolibomba sulle
stazioni di polizia e contro i civili, per la maggior parte di
stirpe sciita.Razzi e mortai hanno procurato numerose vittime,
soprattutto nel periodo marzo – novembre2004. La minaccia in
termini di attacchi non è diminuita; ciò che invece è calata, è la
loro efficaciagrazie all’adozione di dispositivi di protezione (
Twall, eco bastion etc…) e delle predisposizioniper la sicurezza
delle basi.Le vittime a causa di incidenti con elicotteri, appaiono
sporadiche, ma sostanziali. Di rilievo,oltre al periodo
dell’invasione, i mesi di novembre 2003, gennaio 2004, 2005 e 2006
in concomi-tanza con le fasi di transizione del Governo iracheno.Il
numero delle vittime causate da azioni di combattimento presentano
picchi nel corso dellafase di combattimento, nell’aprile 2004
durante la fase di transizione dell’ establishment irachenoe nel
novembre 2004 in coincidenza con il cambio dell’amministrazione
americana, sino all’ot-tobre 2006, mese precedente le elezioni per
il rinnovo del Congresso americano.E’ da rilevare che, nella tarda
primavera del 2005, avevano fatto la loro comparsa i
cosiddetti“shaped charge explosive” 33o “anti armor IED” e gli EFP
(explosively formed projectile )34, già pre-cedentemente
menzionati. La media delle vittime da allora appare più che
raddoppiata, rispettoal periodo antecedente la primavera
2005.Quest’ ultimo aspetto risulta ancor più evidente nellaprossima
figura. Il grafico ripartisce le vit-time in due categorie: vittime
da IED/VBIED e vittime da altri atti ostili. Dalla lettura del
grafico,si conferma quanto detto in precedenza.Nel periodo luglio
2003 – dicembre 2004 il tasso medio di vittime da IED/VBIED è
oscillato dal20 al 40% del totale, con una punta del 75%. Da marzo
2005 fino ad ottobre 2006, il numero dellevittime a causa di
IED/VBIED, per ciascun mese, si è stabilizzato sopra il 50% del
totale dellevittime, con una media per mese superiore al 60%. In
tre casi, luglio 2005, settembre 2005 emarzo 2006, la media mensile
ha addirittura oltrepassato la soglia dell’ 80%. La relativa
riduzionepercentuale nel periodo compreso tra giugno ed ottobre
2006, è anche conseguenza della cam-palizzazione di dispositivi di
protezione sia attiva che passiva.I dati riportati si riferiscono
alle sole forze armate americane, le quali possiedono il meglio in
ma-teria di contrasto agli IED. In termini complessivi, se
dovessimo inserire anche le perdite soffertedagli altri Paesi, la
media di vittime su base mensile a causa di IED/VBIED, sarebbe
probabil-mente superiore.
32 La minaccia VBIED, si è concretizzata nei confronti del
contingente italiano nei periodi considerati.33 Shaped charge
explosive: ordigni esplosivi a carica cava
http://en.wikipedia.org/wiki/shaped_charge
http://www.llnl.gov/str/Baum.html34 Explosively Formed
Projectile: ordigno anticarro autoforgiante
http://en.wikipedia.org/wiki/Misz-
nay-Schardin_effect
http://www.afrlhorizons.com/Brief/Dec04/MN0407.html
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Contributo tratto da fonti aperte (vedasi note) eall’esperienza
professionale maturata in T.O. nelperiodo aprile – novembre
2006
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4.9 LE OPERAZIONI CONTROINSURREZIONALI
Col.f. (par.) s.SM Francesco DE LUCA
Introduzione
La situazione operativa determinatasi nel teatro iracheno al
termine delle maggiori operazionidi combattimento, conclusesi con
il crollo del regime di Saddam Hussein, ha riportato d’attua-lità
una particolare tipologia di conflitto: la controinsurrezione
(COIN). Tale situazione ècaratterizzata da un altissimo livello di
violenza e le forze della coalizione così come quelle disicurezza
irachene si ritrovano a fronteggiare un nemico che non mira a
sconfiggere l’avversa-rio ma a logorarlo impiegando procedure di
combattimento non convenzionali e il terrorismo.La COIN è un
conflitto asimmetrico che, come la storia insegna, spesso vede
prevalere il con-tendente che ha una minore disponibilità sia
qualitativa sia quantitativa d’armamenti, mezzi edequipaggiamenti.
Al riguardo basti rammentare l’esperienza delle FA francese in
Algeria, oppu-re di quelle statunitense e sovietiche
rispettivamente in Vietnam ed Afghanistan. Pertanto lapeculiarità
di questo conflitto asimmetrico è l’impossibilità di garantirsi la
vittoria tramite unapur schiacciante superiorità militare ed
economica.La COIN, a parere di molti analisti militari,
rappresenterà la tipologia d’impiego più onerosaper le FA
occidentali nei prossimi anni. Tale ipotesi si basa sul fatto che
le potenze occidentaliposseggono una capacità militare ed una
tecnologia nettamente superiori a quella di potenzia-li nemici,
pertanto è probabile che questi ultimi eviteranno lo scontro in
campo aperto e adot-teranno una strategia, tesa a logorare
politicamente e militarmente l’avversario e, come conse-guenza, a
fargli perdere il supporto dell’opinione pubblica locale e
internazionale, scatenandoil crollo del suo fronte interno.In
conclusione, questo ipotetico nemico, non potendo sconfiggere le
potenze occidentali sulpiano militare, cercherà di resistere
militarmente e vincere politicamente: questo secondo ilprincipio
basilare dell’insurrezione.In tale quadro, lo scopo di una campagna
COIN deve essere quello di vincere il conflittoinnanzitutto sotto
l’aspetto politico, cercando la sinergia delle iniziative di natura
militare,sociale, economica e logicamente politica.L’importanza
della tematica COIN è confermata dal fatto che la AJP 3.2 B – la
nuova dottrinacongiunta delle operazioni terrestri della NATO –
individua proprio in essa uno dei quattro
Predominant Campaign Themes1 che le Forze dell’Alleanza devono
essere in grado di gestire alivello operativo. Inoltre, le FA
statunitensi, hanno recentemente prodotto il Field Manual(FM) 3-24
che ha per soggetto la COIN. Tale manuale è stato elaborato per
colmare una gravelacuna dottrinale, il cui superamento si è
rivelato fondamentale per far fronte alle sfide attuali(Iraq ed
Afghanistan) e future dell’organizzazione militare statunitense nel
contesto della guer-ra globale al terrorismo. L’elaborazione della
succitata pubblicazione è stata diretta dal Gen.David Petraeus,
attualmente Comandante della Forza Multinazionale – Iraq (MNF-
I).Di seguito si procederà all’analisi dell’insurrezione, così da
intenderne i principi fondamentali
1Gli altri sono: il Peace Military Engagement, il Peace Support
ed il Major Combat
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-
e – alla luce di questi – delineare le strategie e le tattiche
degli insorti. Si passerà poi allo studiodelle COIN, delle loro
peculiarità, dei loro principi ispiratori e delle procedure da
applicareper una loro corretta pianificazione ed esecuzione.
Infine, come studio di caso pratico d’impie-go, sarà effettuata una
breve descrizione della nuova strategia che le forze della
coalizione, con-giuntamente a quelle di sicurezza locali, stanno
applicando in Iraq. Questo ci aiuterà a com-prendere come si stia
cercando di implementare sul terreno i principi e le procedure
operativedella dottrina COIN descritte nel succitato FM.
L’insurrezione
GeneralitàEsistono varie definizioni di insurrezione. Una molto
efficacia è quella che la definisce comeuna lotta politica militare
condotta con metodologia e protratta nel tempo per indebolire e/o
otte-nere il cambiamento di un ordine esistente. In particolare, lo
scopo può essere il rovesciamentodelle istituzioni esistenti in un
Paese o la sottrazione al controllo dello stato centrale una
partedi territorio nazionale o, ancora, il conseguimento
dell’indipendenza da una potenza occupan-te.In alcuni casi
l’insurrezione può avere una dimensione transnazionale come ad
esempio quellacondotta negli anni settanta in Centro America da
gruppi rivoluzionari marxisti, o quella cheattualmente Al Qaida sta
conducendo contro i regimi arabi moderati.L’insurrezione si basa
sul seguente concetto: una superiore volontà politica, se
utilizzata appro-priatamente, può sconfiggere un potere economico e
militare di gran lunga superiore. In parti-colare, l’obiettivo
degli insorti è convincere gli avversari che lo scopo strategico
prefissato èirraggiungibile, ovvero più gravoso che vantaggioso.
Pur essendo l’insurrezione una forma dilotta molto antica, gli
insorti hanno saputo adeguare le loro strategie e le loro tattiche
ai nuoviscenari strategici ottimizzando l’uso della tecnologia
disponibile. Tanto per indicare una casospecifico è sufficiente
citare l’uso che l’insurrezione irachena fa dei canali di
comunicazionequali, per esempio, INTERNET: in tal modo, oltre a
sostenere e divulgare la sua linea d’azio-ne in via militare, lo
fanno anche in via mediatica, senza trascurare il fatto che spesso
i mediadivengono ottimi strumenti per analizzare la situazione
politica/sociale di paesi consideratinemici.Un’insurrezione – per
iniziare, continuare ed avere successo – dovrà legarsi ad una causa
checatalizzi il consenso di quanta più gente possibile e dovrà
verificarsi in un Paese con istituzionideboli ed una situazione
socio economica degradata. La causa potrà avere natura religiosa,
etni-ca, ideologica, economica, ecc., oppure dipendere
dall’interazione di due o più di tali fattori2.Di solito nasce da
problematiche e contenziosi irrisolti, ma può anche venire creata o
esaspera-ta utilizzando artatamente la disinformazione.Ricordiamo,
inoltre, che è proprio la debolezza delle istituzioni a consentire
alle forze insurre-zionali prima di sopravvivere e poi di
espandersi e raccogliere adesioni.
Il movimento insurrezionaleUn movimento insurrezionale normale
consiste nelle seguenti componenti:− eader, che tracciano la
direzione strategica dell’insurrezione; il loro potere è basato su
uno o
più di questi fattori: carisma personale, preparazione
culturale/rivoluzionaria/militare, una
2Ad esempio in Iraq l’insurrezione è di natura nazionalistica e
religiosa
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-
posizione di potere preesistente (ad esempio un leader
religioso, politico e/o tribale puòdivenire il capo di un movimento
insurrezionale); è un loro onere trasformare la massa diseguaci in
un’organizzazione idonea a condurre la lotta politica militare;
− combattenti, che conducono le operazioni militari offensive e
difensive, le attività terroristi-che, le attività finalizzate a
garantire la sicurezza dei rifugi (safe houses) e delle
infrastruttu-re più importanti (centri di comando, fabbriche di IED
e VBIED, depositi clandestini), non-ché della leadership e delle
attività addestrative, finalizzate a fornire un’adeguata
preparazio-ne militare ai nuovi insorti;
− quadri politici, che operano sulla base delle direttive della
leadership. Il loro compito è quel-lo di implementare la linea
operativa politica del movimento insurrezionale facendo cono-scere
alle masse il messaggio (politico/religioso/sociale/nazionalistico)
del movimento.Pertanto operano ispirandosi a ideologie politiche, a
dottrine religiose, a teorie nazionalisti-che, ecc. In alcuni casi
possono dar vita ad un movimento politico, anche legittimo, che
fian-cheggia gli insorti;
− ausiliari, ossia simpatizzanti che forniscono un supporto
concreto agli insorti mediante lagestione logistica dei rifugi e
dei depositi clandestini delle armi. Possono anche svolgere
fun-zioni come corrieri, vedette, addetti alla raccolta di fondi.
In altri casi, costituiscono fonted’informazione per
l’insurrezione, soprattutto riguardo alle attività delle forze
governative.La loro azione informativa è molto efficace quando sono
infiltrati nell’ambito della pubbli-ca amministrazione;
− base popolare, costituita dal grosso dei seguaci e dei
simpatizzanti degli insorti. I suoi mem-bri, indottrinati dai
quadri politici, solitamente non forniscono supporto attivo
all’insurre-zione, ma semplicemente quello morale. Tuttavia è
proprio da tale base che vengono reclu-tati gli ausiliari e i
combattenti.
Un movimento insurrezionale è plasmato dai seguenti fattori:−
leadership. Come sopra accennato, il ruolo della leadeship è
critico: deve fornire la visione e
le direttive e gli obiettivi strategici, nonché il coordinamento
delle differenti ed eterogeneeazioni degli insorti.E’ sempre la
leadership che ha il delicato e determinante compito di fare
proseliti, creandoun’ampia base di supporto popolare per
l’insurrezione. A tal fine deve essere in grado di darecredibilità
al movimento e distruggere quella delle istituzioni esistenti. La
leadership emanale direttive che consentono di utilizzare in
maniera razionale, cinica e selettiva la violenza.È sempre la
stessa che decide:· la struttura di comando e controllo del
movimento adottandola man mano che l’insurre-zione cresce e/o la
situazione operativa varia;
· le alleanze con altri movimenti insurrezionali e stati
esteri;− obiettivi, per un movimento insurrezionale è fondamentale
individuare i suoi obiettivi tatti-
ci, operativi e strategici, in particolare questi ultimi
identificano l’END STATE degli insor-ti. Gli obiettivi possono
avere natura psicologica o fisica. Spesso un’azione persegue
ambe-due: ad esempio il sabotaggio di infrastruttura strategica,
come una conduttura petrolifera ouna centrale elettrica,
costituisce al tempo stesso un obiettivo fisico (dato che produce
undanno economico) ed un obiettivo psicologico (in quanto provoca
disaffezione tra la popo-lazione civile e perdita di fiducia nelle
istituzioni).
− ideologia e narrazione. L’ideologia costituisce il riferimento
dottrinale degli insorti.Contiene le cause e gli obiettivi
dell’insurrezione, i messaggi da comunicare alla popolazio-
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-
ne, pertanto consente di reclutare seguaci e guadagnare un
massiccio supporto popolare.L’ideologia può essere di natura
religiosa, nazionalistica, ideologici ecc. Essa spesso affondale
sue radici nella storia, nelle tradizioni e cultura della società,
nelle sue divisioni etniche ereligiose. La narrazione costituisce
lo schema mediante cui l’ideologia è comunicata ai poten-ziali
seguaci. Per un’efficacia condotta di una campagna COIN, è
fondamentale comprende-re questa ideologia e contrastarla
soprattutto sul piano psicologico e mediatico;
− ambiente operativo, esso include sia fattori geografici, sia
quelli inerenti alla popolazione:etnici, tribali, religiosi ecc.
Tali fattori condizionano le procedure e le tecniche operativedegli
insorti e delle forze di sicurezza controinsurrezionali,
soprattutto a livello tattico. Adesempio le procedure operative
utilizzate dagli insorti in un ambiente urbano differisconoda
quelle utilizzate in aree rurali;
− supporto esterno fornisce all’insurrezione santuari, risorse
politiche, psicologiche, militari emateriali. Solitamente, ma non
sempre, questo supporto esterno è fornito dai paesi confinan-ti.
Tempo addietro i santuari avevano una dimensione fisica, erano
entità geografiche doveerano presenti i deposti di armi , i centri
di reclutamento i rifugi degli insorti. Attualmentenell’era della
comunicazione i santuari possono essere virtuali, e possono essere
costituiti dasiti INTERNET, reti finanziarie e sistemi di mass
media che offrono supporto all’insurre-zione.
Strategie e tattiche degli insortiOgni insurrezione ha delle
caratteristiche peculiari, che dipendono dai suoi obiettivi
strategici,dall’ambiente operativo in cui ha luogo, dalle risorse
disponibili per i contendenti, dalle proce-dure operative e
tattiche adottate dagli insorti. Tuttavia il modello a cui
maggiormente s’ispira-no, con le opportune modifiche, i gruppi
insurrezionali moderni è quello, teorizzato ed appli-cato da Mao,
della guerra popolare protratta che si articola di massima nelle
seguenti fasi:− la prima fase, quella della latente insurrezione,
prevede la creazione di un partito; in que-
sta fase gli insorti tendono creare una cellula politica e a
reclutare nuovi membri. Le loroazioni variano da attività
sovversive, di tipo potenziale, a quelle condotte con un’elevata
fre-quenza nell’ambito di un disegno prestabilito. La guerriglia
non conduce operazioni milita-ri continue, ma seleziona atti
terroristici ed organizza manifestazioni che sfociano in
disor-dini;
− la seconda fase, quella della guerriglia, inizia quando i
movimenti hanno conquistato unadeguato appoggio esterno e,
soprattutto interno, ed è caratterizzata dall’aperta violenza,
daassassini mirati, da atti di terrorismo, da operazioni di
guerriglia di piccola e media entitàcome rapidi attacchi contro le
forze governative, e quelle loro alleate, più vulnerabili ed
iso-late. Lo scopo è di costringere l’avversario ad un
atteggiamento difensivo, a tenerlo lontanodalla popolazione civile.
Gli insorti, successivamente, conducono attacchi alla
leadershiplocale e cercano di guadagnare il controllo dei centri
abitati e delle aree più remote, che risul-tano quelle più
difficilmente controllabili da parte delle forze governativa: in
questa fase, chetermina quando la guerriglia diventa abbastanza
forte da condurre operazioni militari anchesu larga scala, il
legame con la popolazione diventa cruciale.
− la terza fase, quella della guerra aperta e di movimento, essa
inizia quando gli insorti rie-scono a conseguire la potenza di
combattimento sufficiente per ingaggiare le forze governa-tive in
combattimenti decisivi e conducono le operazioni, adottando anche
procedure e tat-tiche di tipo convenzionale. Il governo assiste
impotente alla formazione di forze della guer-
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-
riglia di medie – grandi dimensioni ed organizzate militarmente
(battaglioni, reggimenti,divisioni), nonché all’inizio di scontri
in campo aperto con tali forze. Intere linee di comu-nicazione sono
controllate dai guerriglieri, che assumono anche il controllo
formale di alcu-ne amministrazioni locali periferiche, nel contempo
un comando centrale comincia a coor-dinare anche operazioni
militari su larga scala. Lo scopo è quello di creare le condizioni
cheportano in maniera irreversibile verso la vittoria. Le attività
di sabotaggio, terrorismo, attac-chi mirati e proselitismo, che
avevano caratterizzato la prime fasi, non cessano, bensì vannoad
integrarsi con le operazioni su vasca scala.
Ogni fase, soprattutto le prime due, può durare diversi anni, a
volte anche decenni. Inoltreun’insurrezione può anche retrocedere
alla fase precedente nel caso che gli insorti non abbianole risorse
per sostenere la fase raggiunta.Lo scopo principale degli insorti è
quello di logorare l’avversario ed in tale situazione il tempoè un
fattore a loro favorevole. Infatti, il fattore tempo consente loro
di costruire una robustaorganizzazione e consolidare la propria
forza. Inoltre, più a lungo durerà l’insurrezione, piùaumenterà il
senso di frustrazione tra le forze governative, quelle a loro
alleate e, più in gene-rale, fra le istituzioni. A ciò, spesso, si
associa il pericolo che tale inquietudine porti le forzegovernative
a commettere azioni illegali che implicano reazioni negative da
parte dell’opinio-ne pubblica locale ed internazionale, aiutando
gli insorti a reclutare nuovo personale e a guada-gnare consenso
per la loro causa.Se il tempo è un fattore essenziale per
consentire agli insorti di aumentare la propria forza,
lapopolazione civile rappresenta la fonte di tale forza.
Inizialmente gli insorti sono troppo debo-li per sfidare
apertamente e direttamente il governo, pertanto devono scegliere un
approccioindiretto al conflitto. L’obiettivo di quest’approccio è
appunto la popolazione civile.Il supporto della popolazione non
significa che la totalità della stessa deve condividere gli
obiet-tivi dell’insurrezione, ciò è auspicabile, ma non
indispensabile. Piuttosto tale sostegno va inte-so come la capacità
degli insorti di controllare la popolazione, ciò può avvenire per
una condi-visione d’ideali, ma anche come il risultato di atti di
intimidazione, di terrorismo o di occupa-zione fisica del
territorio. Altro concetto fondamentale è che l’insurrezione non
ammette laneutralità da parte della popolazione civile o sei dalla
sua parte o sei contro.Per quale ragione il supporto della
popolazione è da ritenersi d’importanza vitale per gli insor-ti?
Perché come diceva Mao: “la popolazione è l’acqua e la guerriglia è
il pesce”, infatti è talesostegno che:− fornisce all’insurrezione
la manodopera necessaria per alimentarne le unità,− rende
disponibili il cibo, le medicine, i rifugi o quanto altro serve per
la sopravvivenza,− procura informazioni sulle forze governative e
quelle alleate, negandole nel contempo all’av-
versario,− consente di espandere e rinforzare movimento
insurrezionale, anche in presenza di perdite.Al tempo stesso,
risulta particolarmente gravosa per il governo l’attività di
controllo dellapopolazione, ciò fiacca le sue forze, rende
difficile il reclutamento di personale per le proprieforze armate e
quelle di polizia, deprime l’attività informativa ed investigativa
nei confrontidegli insorti.Lo stesso supporto esterno agli insorti,
ove presenti, almeno per le prime due fasi dell’insurre-zione,
costituisce una fonte secondaria di sostegno, il supporto
principale rimane sempre quel-lo che proviene dalla popolazione
locale.
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Come inibire l’insurrezione
Cooperazione civile militareE’ necessario premettere che
nell’ambito delle COIN le attività militari costituiscono solo
unaparte di quelle necessarie per inibire l’insurrezione. Infatti,
come in precedenza accennato, l’in-surrezione non è un problema
esclusivamente militare, ma ha anche una dimensione politica
esociale. L’azione civile nei campi politico, sociale, economico
spesso è più importante ed effi-cace dell’azione militare per
risolvere i contenziosi e le ingiustizie che sono alla base
dell’insur-rezione, pertanto far perdere alla stessa di
significativo. Tuttavia l’attività militare è indispen-sabile per
creare la cornice di sicurezza che consenta alle agenzie
governative e private di ope-rare favore della popolazione per
migliorarne la situazione economica e sociale. Da quantosopra, si
evince che l’integrazione tra le attività civili e militari è uno
dei concetti fondamenta-li per ottenere il successo nelle COIN. In
tale situazione, l’autorità governativa, oltre ad esserecredibile,
deve essere in grado di garantire l’unitarietà di sforzi da parte
di tutte le istituzionidel Paese. Ciò si concretizza nella
pianificazione e coordinamento di diverse linee operative.Una di
natura politica che consenta il progresso della democrazia,
mediante lo svolgimento dilibere elezioni, la formazione di un
governo democratico, l’elaborazione di una legge costitu-zionale
nella quale tutte le parti si riconoscano. Spesso è opportuno che
la trattativa politicaconsenta il recupero, nell’ambito
democratico, delle componenti meno estremiste dell’insurre-zione.
Un’altra linea operativa è di natura sociale ed economica, i suoi
scopi sono quelli dimigliorare le condizioni di vita della
popolazione civile, nonché di eliminare discriminazioni diqualsiasi
genere e tutte quelle situazioni di grave disagio che consentono
agli insorti di fare pro-selitismo. Nell’era della comunicazione è
necessario pianificare e condurre una linea operativamediatica, che
consenta di conseguire la superiorità nel campo dell’informazione,
di conquista-re e mantenere il supporto dell’opinione pubblica
locale ed internazionale. Al riguardo è neces-sario propagandare
gli sforzi che le istituzioni stanno effettuando per migliorare la
qualità dellavita della popolazione e garantirne la sicurezza,
nonché denunciare le contraddizioni, la disin-formazione e i
crimini dell’insurrezione. Lo scopo di tale linea operativa è di
separare psicolo-gicamente gli insorti dalla popolazione civile.La
linea operativa militare è finalizzata in ordine di priorità a:−
garantire la sicurezza della popolazione, conseguendo la
separazione fisica tra la stessa e gli
insorti;− creare le condizioni ambientali che consentano alle
varie istituzioni ed agenzie di operare in
sicurezza ed efficacemente;− individuare e neutralizzare gli
insorti.Per quanto sopra, il successo delle COIN richiede il
coordinamento non delle sole forze mili-tari e quelle di polizia,
ma anche di tutte le istituzioni governative e non governative,
ovverol’impegno integrato di tutto il sistema Paese. In tale
contesto, è opportuno che l’attività dellediverse agenzie impegnate
nello sforzo COIN sia coordinata ai vari livelli (locale,
provinciale,regionale, nazionale) mediante la creazione di appositi
centri (Joint Operation Center – JOC)in cui operano i
rappresentanti delle medesime.L’attivazione dei Provincial
Reconstraction Team è un altro elemento che consente
l’integra-zione e la sinergia di risorse civili e militari, nella
delicata e determinante attività di ricostru-zione.Spesso la
nazione ospitante (Host Nation – HN), non possiede istituzioni
efficaci e credibili,
- 490 -
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pertanto è necessario supportarla ed assisterla nella creazione
delle stesse, da qui la necessità diimpiegare personale esperto
nelle differenti settori della pubblica amministrazione
(giudiziario,diplomatico, attività di polizia, militare, sanitario,
pubblica istruzione ecc.) per svolgere un’at-tività di mentoring a
favore della dirigenza della HN.Valutare l’efficacia di una
campagna COIN non è semplice, ciò a causa della sua complessitàed
eterogeneità. In tale contesto è importante individuare dei
misuratori di efficacia che consen-tano di comprendere se la linea
di azione è vincente o meno , alcuni di tali misuratori sono:− la
diminuzione degli attacchi degli insorti contro le forze di
sicurezza e la popolazione,− un crescente numero di rifugi degli
insorti (safe heavens), di depositi di armi clandestini
(cache) e fabbriche di autobomba individuati;− la cattura o la
neutralizzazione dei leader dell’insurrezione;− l’aumento della
collaborazione e delle dimostrazioni di supporto da parte della
popolazione
nei confronti delle forze di sicurezza;− il numero dei progetti
di ricostruzione portati a termine ed il relativo coinvolgimento
dei
leader locali;− la percentuale di cittadini che partecipano ad
elezioni locali e nazionali;− il livello di fiducia della
popolazione nei confronti delle istituzioni;− ecc..
Aspetto militare delle operazioni COIN
Come l’insurrezione ha dei principi cui deve ispirarsi per
potere avere successo, così le forzemilitari e quelle di polizia
che la contrastano, per potere prevalere, devono basare la loro
azio-ne su dei principi, che in parte differiscono da quelli di una
guerra convenzionale. Il successonelle COIN non lo si ottiene
vincendo le battaglie ed infliggendo perdite al nemico, bensì lo
siconsegue conquistando i cuori e le menti della gente. In una
guerra convenzionale, le opera-zioni militari hanno come scopo la
conquista di obiettivi territoriali e la distruzione delle
forzenemiche. Nelle COIN le operazioni militari devono essere
finalizzate soprattutto alla protezio-ne della popolazione civile e
all’isolamento degli insorti. Infatti, questi ultimi solitamente
noncombattano per difendere il territorio, sanno di non avere la
forza per farlo. Il loro scopo prio-ritario è il controllo della
popolazione. Pertanto, la loro tattica, quando attaccati, è di
ritirarsicedendo terreno, frammischiandosi alla popolazione civile,
per poi riorganizzarsi e tornare acolpire. In tale modo, evitano
inutili perdite e possono continuare a svolgere le loro attività
diproselitismo e d’intimidazione nei confronti dei civili. Di
conseguenza, per distruggere unaforza insurrezionale è necessario
indirizzare gran parte degli sforzi verso la fonte della suaforza:
la popolazione civile. Infatti, solo nel momento in cui s’impedisce
agli insorti di usufrui-re del supporto della stessa, si comincia a
degradare la loro capacità operativa, logistica, infor-mativa, in
pratica si toglie loro la libertà di azione e l’iniziativa, li si
costringe a venire allo sco-perto e a combattere per potere
conquistare o riconquistare tale supporto, rendendoli in talmodo
vulnerabili. Alla luce di quanto sopra, lo sforzo principale delle
forze di sicurezza nondeve essere finalizzato alla ricerca e alla
distruzione delle forze della guerriglia, bensì a garanti-re la
sicurezza della popolazione civile e alla raccolta di informazioni
. Per raggiungere questiobiettivi, le forze di manovra
controinsurrezionali, soprattutto nella prima e seconda
fase,dovranno essere costituite principalmente da unità di fanteria
leggera. Queste forze dotate digrande mobilità operativa,
articolate in piccole unità, guidate anche ai più bassi livelli
ordinati-
- 491 -
-
vi da Comandanti dotati di forte leadership e grande spirito
d’iniziativa, devono pattugliareintensamente le aree residenziali,
di giorno e di notte, e organizzare dei punti di controllomobili e
fissi, posti di osservazione scoperti ed occultati, al fine di
conseguire il pieno dominodella aree (dominate the area) e di
disperdere le forze insurrezionali dalle stesse. L’attivazionedi
basi operative avanzate (Forward Operation Base - FOB) e
Distaccamenti Operativi (CombatOutpost) rispettivamente a livello
gruppo tattico e compagnia, consente di garantire una pre-senza
capillare delle forze di sicurezza sul territorio, conferisce loro
un’efficace rapidità d’in-tervento. L’azione di pattugliamento
appiedata deve essere effettuata a stretto contatto
dellapopolazione civile per creare un rapporto di fiducia ed
amicizia con la stessa. Ciò consente diraccogliere quelle
informazioni utili a prevenire l’attività degli insorti,
individuare i loro rifugie depositi clandestini.In alcuni casi è
indispensabile condurre delle azioni militari di natura offensiva,
allo scopo disottrarre agli insorti aree di territorio, ovvero
distruggere le loro basi e rifugi, oppure cattura-re i loro leader.
Tali operazioni, vanno condotte con le procedure e le tattiche
simili a quel-le dei conflitti convenzionali, tuttavia ispirandosi
ai principi delle COIN, per evitare danni col-laterali e sofferenze
alla popolazione civile. Difficilmente il livello delle forze
impegnate supe-ra il livello di gruppo tattico.Come sopra riportato
per sconfiggere l’insurrezione è necessario conquistare i cuori e
le mentidella gente. A tale scopo le attività di CIMIC, di pubblica
informazione (PI), le operazioni psi-cologiche (PSYOPS), tutte
coordinate nelle Informazioni delle operazioni (IO)3, sono
moltoimportanti. La costruzione e riattivazione d’infrastrutture
che migliorano il livello della quali-tà della vita della
popolazione civile4, potrà essere propagandato, facendo comprendere
i van-taggi che comporta per le popolazioni locali la
collaborazione con le forze controinsurreziona-li.Tuttavia le IO
non sono sufficienti per conquistare il supporto della popolazione.
A tal propo-sito, si ribadisce che è indispensabile garantirne la
sicurezza dalle azioni di rappresaglia degliinsorti. Se la
popolazione percepisce che gli insorti possano punire quanti si
oppongono al loropotere, essa non si schiererà mai dalla parte
delle istituzioni legittime e delle forze di sicurezza,solo perché
è stata costruita una strada e/o riparato un acquedotto. Solo
quando si sentirà sicu-ra dalla rappresaglia dell’insurrezione, la
popolazione comincerà a collaborare ed a fornire leinformazioni
indispensabili per una definitiva sconfitta degli insorti.Per la
loro natura, le operazioni COIN richiedono la condotta di
un’approfondita attività d’in-telligence5, poiché la stessa
consente d’individuare gli insorti che spesso si nascondono tra
lapopolazione, e di conseguenza l’uso chirurgico della forza. Al
riguardo è significativo un con-cetto riportato sul succitato FM
3-24, che paragona un’attività COIN guidata da una lacunosa
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3MC 422 “NATO Information operation policy” le definisce “azioni
intraprese, in supporto agli obiet-tivi politici e militari, per
influenzare i decision maker, intaccando i processi informativi e
decisionali, il sistemaC3I altrui, proteggendo nel contempo i
propri processi informativi e decisionali, e sistema C3I” prevedono
l’ese-cuzione di attività letali (es distruzione PC) e non (es
PSYOPS, piano d’inganno). Tuttavia nell’ambito delle CRO,le IO
hanno principalmente lo scopo di influenzare le percezioni
dell’opinione pubblica internazionale e locale alfine di
guadagnarne il supporto. Questa funzione è quella prevalente
nell’ambito delle COIN.
4Le forze militari possono contribuire direttamente alla
costruzione e riattivazione delle infrastrutturecon l’impiego di
unità del genio ovvero indirettamente fornendo la sicurezza alle
ditte civili incaricate dell’esecu-zione dei lavori.
-
intelligence ad un pugile bendato che tira pugni, che risultano
spesso inefficaci in quanto noncolpiscono l’avversario o
addirittura controproducenti se colpiscono obiettivi errati. Al
contra-rio un’attività COIN basata su una valida attività di
intelligence è paragonata all’opera di unchirurgo che esporta un
tumore salvaguardando la parte sana dell’organismo.L’attività
d’intelligence è basata principalmente sull’elemento umano infatti,
assetti IMINT eSIGINT perdono gran parte della loro efficacia
nell’ambito della COIN. La migliore fonte d’in-formazioni è la
popolazione, un’altra preziosa fonte sono ex insorti che si è
riusciti a converti-re alla causa della COIN. È importante la
condivisione delle informazioni tra tutte le istituzio-ni. A tale
scopo, possono essere creati dei database, dove raccogliere e
rendere disponibili leinformazioni ed adottare il modello dei
comitati, dove i responsabili delle succitate istituzionipossono
condividere l’intelligence e coordinare i loro sforzi. Peraltro, è
necessario valutare illivello di affidabilità degli attori
coinvolti. L’intelligence deve essere focalizzata
principalmentesull’organizzazione di comando e controllo del gruppo
insurrezionale. In particolare: la leader-ship e i suoi processi
decisionali, gli organigrammi e le principali cellule politiche,
devonocostituire gli obiettivi della ricerca. Una volta
individuati, monitorizzati e/o neutralizzati que-sti obiettivi, il
gruppo insurrezionale perderà gran parte della sua capacità
operativa, pertantosarà relativamente semplice individuarne le
forze e prevenirne i movimenti e le azioni sul ter-reno. Altro
obiettivo informativo è la localizzazione delle infrastrutture più
importanti dell’in-surrezione quali ad esempio le fabbriche di IED
ed autobomba, i depositi clandestini delle armi,i campi di
addestramento ecc.L’analisi della popolazione e dei fattori che la
riguardano6 (Human Terrain) è l’aspetto piùimportante e rilevante
dello Studio Informativo dell’Area d’Interesse (SIAI). Tale analisi
è fon-damentale per comprendere le radici dell’insurrezione, la sua
ideologia e di conseguenza indi-spensabile per individuare la linea
di azione per sconfiggerla. Lo studio dei succitati elementideve
essere messo in sistema con altri fattori tipici delle operazioni
convenzionali quali il ter-reno, le condizioni meteo, le risorse
naturali disponibili, la tipologia della minaccia. Ciò con-sente
d’individuare le aree dove gli insorti potranno sfruttare
l’ambiente operativo per esegui-re le loro azioni, scegliere le
aree rifugio, nonché le loro probabili tattiche e procedure
opera-tive.Sradicare una forza insurrezionale è un processo che
richiede tempo e pazienza, pertanto èimpossibile pensare che
l’esercito possa presidiare, soprattutto quando lo scontro investe
unampio territorio, tutti gli abitati e per lunghi periodi. Il suo
intervento deve mirare all’elimina-zione delle forze principali
della guerriglia presenti in una certa area. Successivamente la
suapermanenza deve protrarsi fino a quando le forze di polizia
locali non saranno in grado di con-durre autonomamente l’attività
di controllo e sicurezza del territorio, che interdica agli
insor-ti di riprendere il controllo dell’area. Una forza di polizia
efficiente e ben addestrata, formatada elementi locali, avrà il
vantaggio di conoscere la popolazione ed il terreno, potrà basare
leproprie azioni su una dettagliata attività informativa, che le
consentirà di anticipare le mossedella guerriglia. Se tale forza di
polizia non esiste è necessaria crearla ed addestrarla.Tuttavia la
HN potrebbe necessitare della creazione di tutto il suo comparto
sicurezza (FA eforze di polizia), in questo caso sarà necessario, a
similitudine di quanto sta avvenendo in Iraqed Afghanistan,
condurre un’attività di riforma del settore sicurezza (SSR –
Security Sector
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5La dottrina britannica le definisce led intelligence
operations.6Appartenenza etnica, tribale e religiosa; fattori
ideologici, attitudine nei confronti dei guerriglieri, con-
dizioni socio economiche , i principali aspetti culturali e
storici ecc.
-
Reform). Questo è un aspetto molto importante perché è
necessario rammentare che un inter-vento esterno di una Coalizione
e od Alleanza, legittimato dagli organismi internazionali
erichiesto dall’HN, potrà fornire un supporto molto preziosa nel
fronteggiare l’insurrezione, masolo se le istituzioni dell’HN e le
sue forze di sicurezza, potranno sconfiggere
definitivamentel’insurrezione.Se la strategia COIN avrà successo le
forze insurrezionali cominceranno a perdere la loro capa-cità
operativa, i loro attacchi diminuiranno, le defezioni tra le loro
file diventeranno sempremaggiori, cominceranno a ritirarsi in area
remote, bande isolate continueranno ancora perdiverso tempo ad
esistere e a condurre attacchi ma non saranno più in grado di
minacciare l’esi-stenza dell’autorità centrale, la loro definitiva
eliminazione sarà solo un problema di tempo.
La nuova strategia statunitense in iraq
La nuova strategia statunitense in Iraq costituisce lo studio di
un caso pratico pertanto è inte-ressante farne una breve
descrizione.Il 10 gennaio 2007 il presidente Bush annunciava alla
nazione che era necessario un cambio distrategia in Iraq. Il
discorso partiva da un’analisi della situazione che si era venuta a
creare sulterreno, caratterizzata da un altissimo livello di
violenza soprattutto in Baghdad e nei suoi din-torni. La causa
scatenante di tale recrudescenza era stata la distruzione della
moschea d’oro inSamara, luogo sacro per gli sciiti, verificatasi
nel febbraio 2006, ad opera di estremisti sunni-ti. L’episodio
aveva fatto degenerare una situazione, già molto critica,
portandola sull’orlo dellaguerra civile. Il presidente Bush
definiva inaccettabile tale situazione, da qui l’esigenza di
uncambio della strategia.La nuova strategia individuava in Baghdad
il centro di gravità del conflitto. Tale concetto subasava sul
fatto che la città oltre a essere la capitale del paese, pertanto
il luogo di tutte le ini-ziative politiche ed economiche del paese,
è anche il maggiore centro abitato, dove vive unterzo dell’intera
popolazione irachena. In tale quadro, l’80% degli attacchi
terroristici e dellaviolenza settaria che stava sconvolgendo
l’Iraq, si verificavano in Baghdad e i suoi dintorni.Tale ondata di
violenza stava dividendo la città in enclavi, che di fatto erano
sotto il controllodelle milizie sciite e dei gruppi insurrezionali
e terroristici sunniti. In tale contesto nessuna stra-tegia COIN
poteva avere successo. Da ciò scaturiva l’esigenza di riportare la
capitale sotto ilcontrollo della legittima autorità governativa, a
premessa di ogni altra iniziativa.Precedenti tentativi di rendere
sicura Baghdad erano falliti. A parere della leadership
politicamilitare statunitense, tali fallimenti erano stati causati
essenzialmente:− dalla carenza di truppe (sia della coalizione sia
irachene), che non aveva consentito di man-
tenere il controllo delle differenti aeree della città, una
volta che erano stata sterilizzate dallapresenza di insorti.
Infatti la scarsa consistenza delle truppe aveva reso l’inevitabile
rischie-ramento delle stesse in altre aeree del teatro operativo,
consentendo agli insorti di tornare eriprendere il controllo della
città;
− dai vincoli di natura giuridica e di spazio posti
dall’autorità irachena all’azione delle forzedella coalizione ed
irachene, che di fatto avevano creato delle zone franche per le
alcune mili-zie.
Per evitare il ripetersi di quanto sopra, era stato deciso
l’invio di ulteriori 20000 soldati e mari-nes in Iraq, la cui
maggior parte, 5 Brigate, doveva essere impiegata in Baghdad e suoi
dintor-ni. Tale provvedimento costituiva una grande novità. Infatti
fino a quel momento il Pentagono,
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-
e soprattutto il Comandante del Comando Centrale (CENTCOM) Gen.
Abizaid e quello dellaMNF– I Gen. Casey si erano opposti
all’incremento delle forze statunitensi ritenendolo inuti-le se non
addirittura dannoso. Tuttavia con il cambio al vertice del
Pentagono (Gate al postodi Rumstelfd) e gli avvicendamenti del Gen
Abizaid con l’Ammiraglio Fallon e del Gen. Caseycon il Gen.
Petraeus tale riserve erano decadute.Probabilmente lo stesso Gen.
Petraeus era stato l’ispiratore di questo cambio di strategia.
Infattila stessa, come enfatizzato dai mass media statunitensi, si
ispirava sui contenuti del nuovo FM3-24, la cui elaborazione, come
sopra accennato, era stata diretta dall’alto Ufficiale.La nuova
strategia si basava sui seguenti concetti, più volte ripresi dal
Gen. Petraeus:− il compito principale delle forze della Coalizione
e di quelle irachene non doveva essere la
distruzione degli insorti, bensì la protezione della popolazione
civile;− in un conflitto COIN l’azione militare è indispensabile ma
non sufficiente per vincere;− la vittoria potrà essere conseguita
solo dal popolo iracheno e dalle sue istituzioni, la
Coalizione con le sue componenti militari e civili, potrà
svolgere unicamente un’azione disupporto, seppure molto importante.
Di conseguenza era indispensabile un forte coinvolgi-mento e
responsabilizzazione delle autorità e forze di sicurezza del
paese.
L’attività militare più significativa della nuova strategia era
costituita dall’operazione“ENFORCE THE LAW” finalizzata ad
incrementare il livello di sicurezza in Baghdad. A talproposito,
l’autorità governativa irachena avrebbe nominato un Ufficiale
generale responsabi-le di tutte le forze di sicurezza irachene
operanti nella capitale, questi a sua volta aveva alle
suedipendenze altri due Ufficiali generali responsabili della
condotta delle operazioni nella partiest ed ovest delle città, il
limite dei due settori era il fiume Tigri. L’entità delle forze di
sicurez-za irachene necessarie per lo svolgimento dell’operazione
era definita in 9 Brigate dell’Esercitoe 9 Brigate della polizia
nazionale. Ciò implicava un massiccio rischieramento delle forze
disicurezza da altri parti dell’Iraq nei 9 distretti della
capitale, dove sarebbero stati attivati checkpoints, condotte
pattuglie motorizzate e appiedate, quest’ultime a strettissimo
contatto con lapopolazione civile per conquistarne la stima e la
fiducia.In tale contesto, le forze statunitense avrebbero fornito
supporto ed assistenza alle forze ira-chene. In particolare ad ogni
Brigata irachena sarebbe stato associato un battaglione
statuniten-se (Parent Unit), inoltre sarebbe stato aumentata la
consistenza dei Military Transition Team(MiTT) inseriti (embedded)
con la funzione di addestratori e consiglieri nelle unità
irachene.Pur se l’inizio dell’operazione “ENFORCE THE LAW” era
previsto per Febbraio 2007, l’in-tero dispositivo sarebbe stato
ultimato in giugno 2007.L’operazione si sarebbe sviluppata in tre
fasi:− a prima fase: clear era finalizzata ad eliminare la presenza
degli insorti le aeree della capita-
le;− la seconda fase: control, rappresentava la grande novità
rispetto alle operazioni precedente-
mente condotte, era finalizzata a mantenere il controllo delle
aree bonificate per interdire ilritorno degli insorti, consentire
alle attività economiche di ripartire migliorando le condizio-ni di
vita della popolazione,
− la terza fase: retain, sarebbe iniziata nel momento che si
fossero verificate le condizioni perpassare alle forze irachene la
responsabilità della sicurezza in Baghdad. Le unità
statunitensisarebbero state rischierate al di fuori della città,
tenendosi in misura d’intervenire per sup-portare in caso di
necessità le forze di sicurezza irachene.
Non era fissato un termine temporale all’operazione, ogni fase
si sarebbe conclusa con il con-
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-
seguimento degli obiettivi prefissati.In tale contesto, era
prevista la creazione delle Joint Security Station, che dovevano
essere dis-seminate nella città di Baghdad. Esse costituivano delle
agenzie al cui interno dovevano opera-re rappresentanti
dell’esercito e della polizia irachena e della Coalizione. Il loro
scopo era dupli-ce coordinare l’azione delle succitate forze,
nonché fornire ai cittadini un riferimento per chie-dere aiuto e
denunciare la presenza di insorti. Inoltre il comando della MNF per
rendere ildispositivo della coalizione più flessibile ed aderente
alla situazione operativa, decideva a suavolta l’attivazione in
vari punti di Baghdad dei combat outpost. Gli stessi consistevano
in distac-camenti operativi del livello compagnia e in alcuni casi
plotone, attivati dalle forze della coali-zione, situati in grandi
abitazioni o altri locali di adeguate dimensioni già abbandonati
(esem-pio caserme della polizia, scuole e supermarket),
opportunamente protetti mediante l’effettua-zione di appositi
lavori. Questi combat outpost consentivano di:− garantire una
capillare presenza delle truppe in tutta la città a stretto
contatto con la popo-
lazione;− diminuire sensibilmente i tempi d’intervento sugli
obiettivi;per contro creavano dei problemi di sicurezza, in quanto
numerose piccole basi situiate in cen-tri densamente popolati sono
più difficili da proteggere rispetto ad unica grande base
operati-va, situata al di fuori del centro abitato.L’autorità
politica del paese s’impegnava a non garantire alcun rifugio per le
milizie, evitandodi porre limiti di natura giuridica o spaziali
all’azione delle forze della coalizione e di sicurez-za irachene.
In sintesi non ci dovevano essere zone franche per chi violava la
legge.Peraltro le nuove iniziative militari non si limitavano alla
sola città di Baghdad infatti era pre-visto l’invio di circa 4000
marines nell’Anbar Province, per sfruttare un momento favorevoleche
si stava verificando in quella provincia, già roccaforte, grazie
alla collaborazione che si erastabilita tra le forze della
coalizione e i capi tribù locali, in massima parte sunnite, stanchi
delleviolenze di Al Qaida in Iraq (AQI).La nuova strategia non
contemplava solo iniziative militari, ma anche quelle di natura
econo-mica e politica. A tal proposito il governo iracheno
s’impegnava a fare approvare una legge fina-lizzata a dividere
equamente i proventi derivanti dalla vendite del petrolio tra tutti
gli irache-ni, a prescindere dalla religione ed etnia. Inoltre,
avrebbe speso circa 10 miliardi di dollari inattività di
ricostruzione con il duplice scopo di migliorare le condizioni di
vita della popola-zione e creare posti di lavoro. L’amministrazione
americana avrebbe raddoppiato il numero deiProvincial
Reconstruction Teams (PRT) operanti nel paese, inoltre il
Segretario di Stato avreb-be nominato un coordinatore dei succitati
PRT presenti in Baghdad. Sul fronte politico, eranopianificate
elezioni amministrative per rafforzare e legittimare il potere dei
leader locali, ilgoverno avrebbe proposto una riforma della leggi
di de- Baathification, per consentire il rein-serimento di molti
iracheni nella vita pubblica del paese e facilitare il processo di
riconciliazio-ne.Allo stato attuale il dispositivo delle forze
della coalizione e di quelle irachene è stato comple-tato. La
leadership militare della Coalizione ha dichiarato che i primi
risultati si potranno del-l’operazione ENFORCE THE LAW si potranno
concretizzare solo nella tarda estate. A talproposito, il Gen.
Petraeus farà una valutazione dell’efficacia della nuova strategia,
riferendo alPresidente ed al Congresso degli USA nel settembre
2007. La collaborazione con le tribù sun-nite in Anbar province
sembra essere efficace, in quanto in tale area AQI ha perso molta
dellasua capacità operativa. Tale modello sta venendo adottato in
altre province. In particolare è
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-
in quella di Diyala, dove le forze della coalizione stanno
tentando una riconciliazione con igruppi insurrezionali di matrice
nazionalistica in chiave anti AQI.
Conclusioni
La COIN è un conflitto asimmetrico che richiede l’impiego
coordinato di tutte le istituzioni ele risorse di un Paese.
Pertanto, le attività militari sono indispensabili ma non
sufficienti per ela-borare e condurre una strategia vincente,
inoltre si devono ispirare a principi che in parte dif-feriscono da
quelli delle operazioni convenzionali. Infatti, lo scopo principale
dell’azione mili-tare in un conflitto COIN non è la conquista di
territori e la distruzione delle forze nemiche,bensì la conquista
della fiducia e della collaborazione della popolazione civile,
obiettivo irrinun-ciabile per assolvere la missione.Una campagna
COIN ha natura interforze, tuttavia è la componente terrestre che
sopportal’onere maggiore. Di conseguenza lo strumento militare più
idoneo è quello a forte connota-zione terrestre caratterizzato da
una spiccata mobilità e dall’impiego congiunto delle forze
con-venzionali con quelle per operazioni speciali. L’intelligence
deve essere basata soprattutto sul-l’elemento umano, senza peraltro
trascurare il supporto offerta dalle nuove tecnologie.Nell’era
della comunicazione, è fondamentale contrastare l’azione degli
insorti oltre che sulpiano militare anche su quello della
comunicazione. La componente militare deve essere ingrado in grado
di cooperare e/o integrarsi con le forze di polizia, le altre
agenzie governative eorganizzazioni non governative (NGO).Spesso
uno stato afflitto da un’insurrezione necessita dell’intervento di
paesi alleati e/o amici,peraltro tale intervento esterno può
fornire un supporto prezioso, ma solo le istituzioni nazio-nali e
le forze di sicurezza indigene potranno conseguire la vittoria
finale, che avrà sempre unaforte connotazione politica.La NATO ha
individuato nelle COIN uno dei conflitti che l’Alleanza deve essere
in grado digestire a livello operativo e strategico. In
particolare, la dottrina sancisce che il sostegnodell’Alleanza deve
concretizzarsi soprattutto nella formazione ed addestramento delle
forze disicurezza indigene, come sta avvenendo in Iraq nel quadro
della NATO training mission(NTM –I), tuttavia può essere necessario
anche un coinvolgimento diretto delle sue forze nelleoperazioni di
sicurezza e combattimento, come sta avvenendo in Afghanistan
nell’ambito dellamissione ISAF.Da quanto sopra, deriva l’esigenza
di sviluppare una dottrina anche a livello nazionale, nonchédelle
procedure operative e delle tattiche per tale tipologia di
operazione, nonché prevederedelle attività addestrative quali EPC,
EQ ed esercitazione con le truppe.In conclusione si può affermare
che le recenti esperienze militari insegnano che la COIN è
unatematica operativa con cui le Forze Amate occidentali si stanno
confrontando ed è facile preve-dere, anche per le connessioni che
esistono tra la lotta all’insurrezione in alcuni stati e quella
alterrorismo internazionale, che questo impegno è destinato a
crescere in futuro.
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PAGINA NON SCRITTA
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4.10 L’INSURREZIONE IN IRAQ
Col.f. (par.) s. SM Francesco DE LUCA
Premessa
L’insurrezione irachena comprende una miriade di gruppi con
differente consistenza ed orga-nizzazione. Essa è principalmente di
natura sunnita, peraltro sono presenti delle milizie scii-te,
operanti soprattutto nella capitale e nella parte centrale e
meridionale del paese, che concor-rono a rendere instabile
l’Iraq.L’insurrezione irachena non ha un’organizzazione unitaria di
comando, un’unica leadershipche fornisca una comune visione
ideologica, al contrario coinvolge nostalgici del passato regi-me,
iracheni contrari a quella che considerano un’occupazione
straniera, giovani integralistiislamici iracheni e provenienti
dall’estero, nonché elementi di organizzazioni criminali.I
succitati gruppi qualche volta hanno cooperato, soprattutto a
livello locale, tuttavia la coesi-stenza tra gruppi di matrice
nazionalista e integralisti islamici è sempre stata molto
difficile,mentre le milizie sciite spesso si sono combattute tra
loro.Come già accennato, l’insurrezione sunnita è essenzialmente
riconducibile a movimenti dinatura nazionalistica formati da
militanti del deposto regime e quelli d’ispirazione
integralistaislamica che fanno capo all’organizzazione Al Qaida in
Iraq (AQI). Essa è maggiormente loca-lizzata in un’area nota come
il triangolo sunnita o della morte, che comprende la
capitaleBaghdad, l’area situata a nord est della stessa, e la zona
compresa tra le città di Tikrit, Ramadi,Samarra and Fallujah.Per
quanto concerne gli sciiti, più che di gruppi insurrezionali è
opportuno parlare di milizie.Tali milizie, non hanno adottato una
linea di azione tipicamente insurrezionale. Infatti, le stes-se si
sono rese protagoniste di episodi di violenza settaria, di
combattimenti con le forze dellacoalizione e con quelle di
sicurezza irachene, ma allo stesso tempo hanno dei
rappresentatinelle più alte istituzioni del paese (parlamento e
governo), pertanto sono in grado di influen-zare a loro favore le
scelte del governo iracheno in materia di sicurezza1. In tale
contesto, il loroscopo più che un rovesciamento delle Istituzioni
sembra essere un condizionamento delle stes-se. Inoltre è molto
consistente la loro capacità d’infiltrazione nelle forze di
sicurezza irachene.Le milizie sciite più importanti sono il BADR
Army ed il Mehdi Army. Esistono altre orga-nizzazioni minori
venutasi a creare per scissioni dai succitati movimenti,
attualmente denomi-nati special groups. E’ soprattutto il Mehdi
Army, guidato dal leader religioso Muqtada al-Sadr,che spesso ha
ingaggiato in combattimento le truppe della coalizione e,
soprattutto nel sud delpaese, le forze di sicurezza irachene.
1Per lungo tempo il quartiere sciita di Baghdad Sadr City è
stato di fatto un santuario delle milizie delMehdi Army, poiché
l’autorità governativa irachena non autorizzava le forze della
coalizione e quelle di sicurez-za irachene ad operare al suo
interno. Tale decisione era probabilmente dovuta al fatto che i
parlamentari del-l’ala politica del Mehdi Army erano fondamentali
per la tenuta della maggioranza governativa. La rimozione ditali
vincoli fu uno dei provvedimenti che la leadership politica
militare statunitense pretese dall’autorità gover-nativa irachena a
premessa dell’operazione “Enforce the law”iniziata nel febbraio
2007 e finalizzata a garantire lasicurezza nella città di
Baghdad.
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Nel seguito della trattazione saranno analizzate: le cause ed
origini, le caratteristiche dell’insur-rezione irachena, con
particolare riferimento all’organizzazione, la leadership, le
tecniche tat-tiche e procedure di combattimento, obiettivi
operativi e strategici dell’insurrezione, infinesaranno b