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Honor De Balzac
Scene della vita privata
IL COLONNELLO CHABERT
Alla Contessa Ida Di Bocarn nata Du Chasteler
- Uffa! Ancora quel pastranaccio!
Cos esclam un piccolo scrivano della categoria "galoppini", come
si usa chiamarli negli studi d'avvocato, il quale stava
sbocconcellando con molto appetito un pezzo di pane, da cui cav a
un tratto un po' di mollica per farne una pallottola che lanci poi,
con gesto scanzonato, attraverso la finestra alla quale si era
appoggiato.
La pallottola, ben diretta, rimbalz fin quasi all'altezza dei
vetri dopo aver colpito il cappello d'uno sconosciuto, che stava
attraversando il cortile d'una casa situata in via Vivienne,
recapito dell'avvocato Derville.
- Basta! Simonino, smettetela con scherzi simili se non volete
che vi scacci fuori della porta. Per quanto povero possa sembrarvi,
un cliente pur sempre un uomo, diamine! redargu il capo scrivano,
interrompendo di tirar le somme su di una parcella.
Il galoppino per lo pi un ragazzo tra i tredici e i quattordici
anni, e tale era infatti l'et di Simonino, che sbriga il suo lavoro
alle dipendenze d'un maturo scrivano, per il quale spiccia qualche
faccenduola personale non esclusa quella delle missive amorose,
oltre, beninteso, l'incarico normale di recapitare intimazioni
presso gli uscieri e istanze al Palazzo di giustizia.
E' un tipo curioso, che sta tra il birichino di Parigi per le
sue abitudini e il monello litigioso per destinazione.
Quasi sempre senza freno e piet, egli incorreggibile,
improvvisatore di strofette, beffardo, avido e poltrone. Malgrado
ci, questi galoppini trovano facilmente la buona inquilina d'un
quinto piano disposta ad accoglierli in casa, merc il corrispettivo
d'una parte del loro mensile, che non supera mai i trenta o
quaranta franchi.
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- Se costui un uomo, perch anche voi lo avevate chiamato
pastranaccio? - ribatt Simonino con il fare di uno scolaro
presuntuoso che creda di cogliere in fallo il suo maestro.
E riprese ad addentare il pane e il formaggio, appoggiando la
spalla sul montante della finestra, giacch egli riposava
abitualmente in piedi, come i ronzini, con una gamba lievemente
alzata e accostata all'altra poggiandola sulla punta della
scarpa.
- Quale scherzo potremo giocare a quel mardocheo? disse
sottovoce un altro scrivano, di nome Godeschal, interrompendo il
corso d'un ragionamento che interessava un'istanza trascritta in
minuta da un quarto scrivano e riprodotta in pi copie da un paio di
novizi venuti dalla provincia. Poi, improvvisando, continu: -
"...ma nella sua nobile e protettrice saggezza, Sua Maest Luigi
Diciottesimo... (eh, mi raccomando, il tutto in lettere maiuscole,
signor Desroches che state minutando) nel momento stesso in cui
riprendeva in pugno le redini del suo regno, comprese... (che
diavolo avr mai potuto comprendere quel grosso burlone?) tutta
l'elevatezza della missione alla quale la divina Provvidenza
l'aveva chiamato... (punto d'esclamazione e sei puntini; al
Palazzaccio sono sufficientemente bigotti per lasciarceli passare)
e il suo primo pensiero fu, come dimostra la data in calce
specificata, di sanare i danni causati dagli orribili disastri dei
nostri tempi rivoluzionari, restituendo ai suoi innumeri e fedeli
sudditi (innumeri parola che deve tornare particolarmente gradita
al tribunale) ogni loro bene non alienato, sia incorporato nei beni
demaniali come in quelli ordinari o straordinari della Corona,
oppure in quelli dotali delle varie amministrazioni pubbliche,
cosicch noi ci crediamo e siamo autorizzati a crederci idonei a
sostenere che tale lo spirito del famoso e lealissimo decreto
promulgato nel"... - Un attimo - disse Godeschal ai tre scrivanelli
- questa maledetta frase viene a ingolfarsi proprio alla fine della
pagina. Ebbene- egli riprese dopo aver inumidito con la lingua il
dorso dell'incartamento allo scopo di poter meglio voltare la
spessa pagina di carta bollata - ebbene... se voi volete giocargli
un brutto tiro, ditegli che il nostro padrone non pu ricevere i
clienti che tra le due e le tre del mattino; vedremo un po' se avr
il coraggio di farsi vedere, il vagabondo!
- E Godeschal ritorn alla fase interrotta: - "promulgato
nel"...
Ci siete?
- S - risposero in coro i tre copisti.
Tutto procedeva di pari passo, l'istanza, la conversazione e la
congiura.
- "Promulgato nel"... Ehi, pap Boucard, qual' dunque questa
data? bisogna pur mettere i puntini sugli i, sacripante! Ci allunga
il testo...
- "Sacripante"! - ripet uno dei copisti, prima ancora che pap
Boucard, il capo scrivano, avesse risposto.
- Per tutti i diavoli, avete scritto "sacripante"?- grid
Godeschal, tra l'indignato e lo scherzoso, fulminando uno dei due
novizi.
- S, s - disse Desroches, il quarto scrivanello, curvandosi
sulla copia del suo vicino - egli ha proprio scritto: "bisogna
mettere i puntini sugli i" e "sacripante" con un kappa.
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Scoppi una risata generale.
- Alla buon'ora, mio Hur, voi scambiate sacripante per un
termine legale e poi mi venite a raccontare che siete di Mortagne!
- esclam Simonino.
- Su, cancellate con cura! - riprese il capo scrivano. Se il
giudice incaricato di ricevere l'incartamento vedesse cose simili,
direbbe che offendiamo la nostra nobile missione
d'imbrattacarte!
Faremmo avere delle noie al nostro padrone. Non commettiamo pi
sciocchezze signor Hur! Un uomo di Normandia non pu scrivere con
negligenza un'istanza, il "presentat'arm" della legalit.
- "Promulgato nel... nel..."? - domand Godeschal. Insomma, me lo
volete dire, Boucard?
- Giugno 1814 - rispose il capo scrivano senza interrompere il
suo lavoro.
In quel mentre bussarono alla porta, interrompendo cos il corso
della prolissa istanza. Cinque scrivanelli, sdentati, dagli occhi
vivaci e maliziosi, dalla capigliatura spessa, alzarono il naso in
direzione della porta, dopo di aver gridato in coro: - Entrate! -
Boucard rimase invece mezzo sepolto in un mucchio di carte e di
brogliacci, continuando a sommare cifre sulla parcella.
Lo studio si presentava come una grande stanza, con la classica
stufa che ornamento abituale di questa specie di tempio del
litigio. I tubi attraversavano diagonalmente tutta la stanza per
finire in un caminetto fuori uso, sul cui marmo si ammonticchiavano
pezzi di pane, triangoli di formaggio di Brie, cotolette di maiale,
bicchieri, bottiglie e, infine, la tazza di cioccolata di pap
Boucard. L'odore di tutti quei commestibili si amalgamava alla
perfezione con il puzzo della stufa, rinfocolata senza risparmio, e
con l'indefinibile lezzo della cartaccia, sicch l'odore selvaggio
d'una volpe non sarebbe stato neppure percettibile. Il pavimento
era imbrattato di fanghiglia e di neve, portatevi dagli scrivani.
Presso la finestra stava la scrivania mobile del capo e, addossato
a questa, il tavolino del secondo scrivano, il quale, al momento,
si occupava delle pratiche da inviare al Palazzo. Potevano essere
le ore otto o le nove del mattino. Unico ornamento alle pareti
della stanza quei grandi manifesti giallicci che annunciano
sequestri giudiziari, vendite, aste, appalti perfezionati o in
preparazione, insomma, tutti i titoli di gloria degli studi
d'avvocato! Dietro la scrivania del capo, si drizzava un enorme
casellario che riempiva tutta la parete con i vari scomparti
ricolmi di cartelle dalle quali pendevano in numero inverosimile
etichette e pezzi di spago rosso indicanti particolari incartamenti
delle procedure in corso. Ai piani inferiori del casellario si
affastellavano cartelle ingiallite dall'uso, bardate di carta
bluastra su cui spiccavano i nomi dei clienti pi importanti, i cui
affari piuttosto grassi si stavano cucinando. Dai vetri sudici
filtrava a stento la luce del giorno.
In verit, ben pochi sono gli studi parigini nei quali si possa
lavorare in febbraio senza l'ausilio d'una lampada prima che
scocchino le dieci, e ci non pu stupire in quanto lo stato
miserando di quei locali in relazione al fatto che tutti ci
entrano, se ne vanno e nessun interesse personale giustifica una
qualsiasi cura di cose che sembrano banali: n l'avvocato, n i
clienti, n gli scrivani desiderano trovarsi in un ambiente decoroso
dal momento che, per il primo, lo studio un laboratorio, per i
secondi un passaggio e per gli altri una classe. Il mobilio bisunto
passa in eredit da un avvocato all'altro con uno scrupolo quasi
religioso, per cui si possono....
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ammirare tuttora, in taluni studi, delle casse per rifiuti,
degli stampi fuori uso e dei sacchetti gi appartenenti ai
procuratori del CHLET, abbreviazione di CHATELET, giurisdizione che
sostituiva, sotto il vecchio regime, l'attuale tribunale di prima
istanza.
Questo studio semibuio e polveroso destava dunque, a ragione,
una certa qual ripugnanza nei clienti e costituiva, con tutti gli
altri dello stesso livello, uno dei pi vergognosi aspetti della
societ parigina.
Se non esistessero le sacrestie dove le preghiere si soppesano e
si vendono come droghe; se non esistessero i rivenduglioli i cui
stracci hanno anche la funzione di rammentarci come finiscono le
illusioni e i festeggiamenti; se simili ricettacoli del sentimento
non esistessero, sarebbe indubbiamente lo studio dell'avvocato a
mantenere un primato tra i botteghini della nostra societ. Non
molto diverso lo spettacolo offerto dalle case da giuoco, dai
tribunali, dalle lotterie e da taluni luoghi innominabili. Perch
tutto ci? E' probabile che, in quegli ambienti, il dramma che
sconvolge la coscienza umana renda trascurabile, futile ogni
elemento accessorio. Si potrebbe anche spiegare, in tal modo,
l'abituale semplicit dei grandi pensatori e dei conquistatori
ambiziosi.
- Dov' il mio temperino?
- Io sto facendo colazione, non vedi?
- Va' a farti benedire... ecco, un'altra macchia
sull'istanza!
- Sssst, amici...
Esclamazioni e domande esplosero contemporaneamente, nel momento
stesso in cui il vecchio cliente chiudeva dietro di s la porta, con
un gesto di umilt che tradiva l'intima sofferenza. Lo sconosciuto
abbozz un sorriso, cerc invano il pi lieve segno di simpatia in
quei ragazzi spietatamente indifferenti. I muscoli del suo viso di
distesero subito. Assuefatto a tollerare e a giudicare il prossimo,
egli si rivolse con molto garbo a uno dei galoppini, nella fiducia
che gli rispondesse con altrettanta gentilezza.
- Prego, sapreste dirmi se l'avvocato riceve?
Per tutta risposta, il malizioso galoppino si batt ripetuti
colpi sull'orecchio sinistro, come per significare: "Sono
sordo".
- Che cosa desiderate, signore? - domand Godeschal, mentre
ingoiava un pezzo di pane che sarebbe bastato per caricare un
cannoncino da quattro centimetri, brandiva il suo coltello e
incrociava le gambe s da portare un ginocchio all'altezza degli
occhi!
- Io vengo per la quinta volta - rispose pazientemente il
vecchio - e desidero essere ricevuto dal signor Derville.
- Per affari?
- Beninteso, ma non posso confidarmi ad altri.
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- Il padrone dorme; se desiderate consultarlo per una questione
importante, vi debbo dire che egli non lavora a fondo che di notte.
Ma se si trattasse d'altro... noi potremmo benissimo...
Lo sconosciuto non batt ciglio. Guard attorno di s come un cane
che si intrufoli in una cucina sconosciuta e tema di essere
bastonato. Per loro natura, questi scrivanelli non temono gli
imbroglioni; non ebbero quindi alcuna diffidenza verso l'uomo dal
vecchio pastrano, lasciando che egli cercasse all'intorno una sedia
per riposarsi. Era visibilmente affaticato. In genere, negli studi
d'avvocato le sedie non abbondano. Il cliente da poco, stanco di
aspettare in piedi, se ne va brontolando, ma non perde almeno il
suo tempo, un tempo che, secondo l'espressione d'un vecchio
procuratore, non pu mai essere calcolato in parcella.
- Vi ho gi detto - riprese il vecchio - che io non posso
spiegare il mio caso che all'avvocato; aspetter quindi che egli sia
disponibile.
Boucard aveva terminato le sue somme. Sent l'odore della
cioccolata, abbandon la sua sedia di vimini, mosse verso il
caminetto, fiss il vecchio, sbirci il pastrano e disegn una
indescrivibile smorfia. Forse pensava che, anche a spremerlo, da un
cliente simile non si sarebbe cavato un centesimo. Si decise a
intervenire alla spiccia pur di liberare lo studio da un pessimo
acquisto.
- Badate, vi hanno detto la pura verit. L'avvocato non lavora
che di notte. Se il vostro caso grave, vi consiglio di ritornare
verso l'una del mattino.
Il cliente fiss il capo scrivano come se non avesse capito e
rimase immobile a lungo. Abituati a tutte le variazioni d'umore e
di fisonomia come ai singolari effetti prodotti dall'indecisione o
dalla meditazione che caratterizzano gli uomini destinati a finire
in giudizio, gli scrivani continuarono a consumare la colazione con
un rumore di mascelle che richiamava quello dei cavalli alla
mangiatoia, e non badarono pi al vecchio.
- Ebbene... torner stasera - riprese il vecchio dopo una lunga
pausa dimostrando quell'ostinazione caratteristica dei disgraziati
che vogliono pescare in fallo il proprio prossimo.
La sola protesta consentita alla miseria di obbligare la
giustizia e la beneficenza a mostrarsi ingiuste. Quando gli
infelici possono provare che la societ nemica, si rifugiano pi
febbrilmente nel seno di Dio.
- E' davvero un terribile seccatore - disse Simonino senza
attendere che il vecchio, uscendo, avesse richiusa la porta.
- Ha l'aspetto di un cadavere - comment lo scrivano.
- E' un colonnello che reclama degli arretrati aggiunse il
capo.
- No! un portinaio - disse Godeschal.
- Scommettiamo che si tratta di un nobile? - grid Boucard.
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- Io scommetto che stato portinaio. Soltanto loro hanno in
guardaroba pastrani cos vecchi, sdruciti, bisunti, come quello che
ci venuto dinanzi. Non avete osservato gli stivali scalcagnati e la
cravatta che gli serviva da camicia? Egli ha dormito sotto i ponti,
ve lo dico io...
- Potrebbe essere un nobile decaduto - osserv Desroches. - Sono
cose che capitano.
- No - riprese Boucard tra le risate generali - io sostengo che
stato un birraio nel 1789 e colonnello sotto la repubblica.
- lo scommetto un ingresso a teatro per tutti, che non ha mai
servito sotto le armi - disse Godeschal.
- Accettato - replic Boucard.
- Signore... signore... - grid il piccolo scrivano aprendo la
finestra.
- Che cosa stai facendo, Simonino! - chiese Boucard.
- Gli chiedo se stato colonnello o portinaio, lui almeno lo
sapr!
Si ud una risata generale. Il vecchio stava gi risalendo le
scale.
- Che dirgli ora? - chiese Godeschal.
- Lasciatemi fare - rispose Boucard.
Il poveraccio rientr timidamente, gli occhi a terra, forse per
non tradire la fame che si risvegliava davanti alle cibarie degli
scrivani.
- Volete, per favore, dirci il vostro nome affinch io possa
comunicarlo all'avvocato e...
- Chabert.
- Il colonnello caduto a Eylau? - insinu Hur che, essendo stato
zitto fino a quel momento, non voleva esser da meno degli altri
maliziosi chiacchieroni.
- Proprio lui, giovanotto - rispose il vecchio con austera
semplicit. E se ne and.
- Patatrac!
- Bocciato!
- Puff!
- Oh!
- Ah!
- Bum!
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- Ah! un originale davvero!
- Trinn, la, la, trinn trinn.
- Battuto!
- Signor Desroches, voi andrete gratuitamente a teatro - disse
Hur al quarto scrivano, battendogli un colpo sulla spalla con tanta
forza da stordire un rinoceronte.
Fu come uno scroscio di risa, di esclamazioni, di grida; a
descriverlo occorrerebbero tutte le voci onomatopeiche del
vocabolario.
- A quale teatro si va?
- All'Opera - decise il caposcrivano.
- Anzitutto - ribatt Godeschal - non era stato prescelto alcun
teatro. Se volete, vi posso condurre presso la signora Saqui.
- La signora Saqui non certo uno spettacolo obiett
Desroches.
- Che cos' dunque uno spettacolo? - riprese Godeschal. -
Fissiamo bene il punto di partenza. Che cosa ho scommesso? Uno
spettacolo.
E che cos' uno spettacolo ? Una cosa che si pu vedere...
- Di questo passo, voi ve la cavereste conducendoci a vedere
l'acqua che scorre sotto il Ponte-Nuovo - interruppe Simonino.
- Che si pu vedere a pagamento - corresse Godeschal
continuando.
- Quante cose si possono vedere a pagamento e non costituiscono
affatto uno spettacolo. La definizione errata sentenzi
Desroches.
- Ascoltatemi, dunque...
- Voi sragionate, mio caro - disse Boucard.
- Curtius, ad esempio, uno spettacolo? - ribatt Godeschal.
- No - rispose il capo scrivano - un museo delle cere.
- Io scommetto cento franchi contro uno - riprese Godeschal -
sul fatto che la sala Curtius offre tutto ci che pu costituire uno
spettacolo; qualche cosa da vedere, prezzi differenti secondo i
posti...
- E "patati patatun"...
- Bada che uno schiaffo non te lo risparmia nessuno! - minacci
Godeschal. I giovani alzarono le spalle.
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- A pensarci su bene, non poi improbabile che quel vecchio
scimmione si sia fatto beffe di noi - riprese Godeschal cambiando
argomento. - Il colonnello Chabert morto defunto; sua moglie
passata in seconde nozze con il conte Ferraud, consigliere di
stato. La signora Ferraud una nostra cliente...
- L'udienza rinviata a domani - disse Boucard. Al lavoro!
Pappemolli, non concludete molto voi... Finiamo quest'istanza
che dev'essere presentata prima dell'udienza della quarta
sezione.
L'affare passa oggi stesso. A cavallo, signori!
- Se fosse veramente il colonnello Chabert, non avrebbe
indirizzato la punta del piede al deretano di Simonino, quando
questa canaglia si finta sorda? - obbiett Hur, persuaso che
l'osservazione fosse molto pi probante di quella del compagno.
- Dal momento che nulla stato deciso - riprese Boucard -
decidiamo di andare al Teatro dei Francesi, secondi posti, a vedere
Talma in "Nerone". Simonino si accontenter della platea.
Questa decisione tronc ogni incertezza e tutti, sull'esempio del
capo, si sprofondarono nelle loro sedie.
- "Promulgato nel milleottocentoquattordici" (tutto in lettere)
- dett Godeschal. - Ci siete?
- Ci siamo - esclamarono in coro minutante e copisti.
Si ud il fruscio delle penne sulla carta bollata, come se cento
maggiolini fossero rinchiusi in quelle gabbie di carta che sono una
specialit degli scolari.
- "E noi confidiamo che i signori del tribunale"...- dett
l'improvvisatore. - Un momento! Devo rileggere il tutto, perch ho
perso il filo della frase.
- Quarantasei... Eh, un guaio che deve capitargli spesso!... e
tre fanno quarantanove - borbott Boucard.
- "Noi confidiamo - riprese Godeschal dopo aver riletto il testo
- che i signori del tribunale non saranno meno magnanimi
dell'augusto promulgatore del decreto e che essi rigetteranno le
inconsistentipretesedell'amministrazionedella grande cancelleria
della Legion d'onore adottando quei pi larghi criteri della
giurisprudenza che noi ci permettiamo di indicare"...
- Godeschal, posso offrirvi un bicchiere d'acqua? chiese il
galoppino.
- Sempre scherzi, quel Simonino! Animo, sella il tuo cavallo a
doppia suola, e a passo di danza porta questo pacchetto agli
Invalidi.
- "Che... che noi ci permettiamo d'indicare" riprese Godeschal -
aggiungete: "nell'interesse della... (maiuscolo!) viscontessa de
Grandlieu".
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- Viscontessa de Grandlieu contro Legion d'onore? e voi perdete
il tempo in un affare " forfait"? - url Boucard. Pezzo
d'imbecille!
Mettete via quella minuta e quelle copie; mi serviranno per
l'affare Navarreins contro gli Ospizi. E' tardi; butto gi due righe
d'istanza, con tutti gli "atteso che"... e me ne andr io stesso al
Palazzo.
Scenette come questa faranno esclamare un giorno: buon tempo
antico!
Verso l'una del mattino, il preteso colonnello Chabert buss alla
porta del signor Derville, avvocato presso il tribunale di prima
istanza del dipartimento della Senna.
Il portinaio avvert che l'avvocato non era ancora arrivato. Il
vecchio obiett di avere un appuntamento gi fissato e sal allo
studio del rinomato uomo di legge che, quantunque giovane, era
ritenuto uno dei pi brillanti avvocati. Dopo aver suonato alla
porta dello studio, il sospettoso cliente fu alquanto sorpreso nel
constatare che il capo scrivano stava collocando sulla tavola della
sala da pranzo numerosi incartamenti relativi alle pratiche del
giorno. Lo scrivano, con pari stupore, salut il colonnello
pregandolo di accomodarsi.
- Vi assicuro, signore, che avevo pensato a uno scherzo quando
mi stato detto che l'avvocato riceve all'una del mattino - disse il
vecchio con un tantino di falsa gaiezza, la gaiezza d'un uomo
rovinato che si sforzi di sorridere.
- Gli scrivani scherzavano e dicevano nel tempo stesso la verit
- ammise il capo scrivano continuando il suo lavoro. - L'avvocato
preferisce queste ore per esaminare le cause, studiare la
procedura, la condotta da tenere e predisporre la difesa. La sua
mente prodigiosa pi libera; il silenzio e la tranquillit sono
nutrici di buone idee. Voi siete il terzo cliente che viene
ricevuto a quest'ora di notte. Appena al suo tavolo, l'avvocato
esamina le cause, legge tutto, trascorre quattro o cinque ore cos;
poi mi chiama e impartisce le sue direttive. Il mattino, tra le
dieci e le due, ascolta i clienti; il resto della giornata dedicato
ai suoi appuntamenti privati. La sera, conduce vita mondana allo
scopo di mantenere utili relazioni. Come vedete, non gli resta che
la notte per approfondire le questioni, scovare negli arsenali del
Codice quel che gli occorre e stilare piani di battaglia. Egli non
vuole conoscere sconfitte; sente tutta la passione dell'arte. Non
si occupa, come i suoi colleghi, di qualsiasi causa. Questa la sua
vita, singolarmente attiva, che gli procura anche dei profumati
guadagni.
Nell'ascoltare queste spiegazioni, il vecchio non batt ciglio;
il suo aspetto bizzarro si spogli quasi d'ogni umanit per cui lo
scrivano, dopo averlo squadrato dalla testa ai piedi, non si occup
pi di lui.
Non erano passati che pochi istanti, quando Derville entr nella
stanza; vestiva l'abito da societ. Il capo scrivano, dopo avergli
aperto la porta, si era rimesso al suo lavoro. Il giovane avvocato
fu alquanto sorpreso nel vedere, immerso nella semioscurit, il
singolare cliente che lo stava aspettando. Il colonnello Chabert
era immobile, proprio come quelle statue di cera della sala Curtius
dove Godeschal avrebbe voluto condurre i suoi compagni.
Tale immobilit non avrebbe destato forse alcuno stupore se non
si fosse riferita a un personaggio assolutamente fuori del comune.
Il vecchio soldato era magro fino a
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sembrare disseccato. La fronte, nascosta di proposito sotto una
parrucca piuttosto rada, accentuava l'aspetto misterioso del
vecchio. I suoi occhi parevano ricoperti da un sottilissimo velo;
sembravano di vecchia madreperla i cui riflessi bluastri vibrassero
alla luce di una candela. Un viso pallido, livido, tagliente come
la lama di un coltello, se fosse lecito usare questa similitudine
volgare; il volto di un cadavere. Al collo, ben stretta, una
cravatta sfilacciata di seta nera. L'ombra inghiottiva totalmente
il corpo sicch, con un po' d'immaginazione, si sarebbe creduto a
una testa disegnata nell'aria, o a un ritratto del Rembrandt senza
cornice.
La tesa del cappello disegnava un solco d'ombra sul viso del
vecchio. Effetto bizzarro, ancorch molto naturale, che determinava
un netto contrasto con le bianche rughe, crudamente segnate, con
l'aspetto atono di quel viso cadaverico. Una totale assenza di
movimento muscolare, di calore nello sguardo richiamava a una
melanconica follia, con i segni degradanti che caratterizzano
l'idiozia; insomma, un non so che di lugubre che la parola stenta a
esprimere. Ma un attento osservatore, e soprattutto un avvocato,
avrebbero scoperto qualcosa di diverso in quell'uomo distrutto da
un profondo dolore: il segno di una miseria spaventosa che aveva
scavato quel viso come le gocce d'acqua riescono a scavare
lentamente una lastra di marmo. Un medico, un autore, un magistrato
avrebbero facilmente intuito tutta l'ampiezza del dramma che si
celava in quella figura orribile e sublime, richiamante ai
fantasiosi disegni che i pittori sogliono tracciare in calce alle
loro pietre litografiche, distrattamente conversando con gli
amici.
Nello scorgere l'avvocato, lo sconosciuto ebbe un sussulto, un
tremito, lo stesso che coglie i poeti quando, nel pieno silenzio
della notte, vengono distolti dai loro sogni da un rumore inatteso.
Il vecchio si tolse il cappello e si alz per salutare l'avvocato;
il marocchino del cappello doveva essere talmente unto che la
parrucca vi rest incollata, senza che il vecchio se ne accorgesse,
mettendo a nudo un cranio orrendamente sfregiato da una cicatrice
che partendo dall'occipite finiva obliquamente all'orecchio destro,
formando per tutta la sua ampiezza una mostruosa sporgenza.
L'incidente di quella malandata parrucca, che il poveraccio portava
per nascondere la ferita, non mosse certamente al riso i due che
gli stavano dinanzi, tanto orribile a vedersi era quel cranio
sfregiato. Il primo impulso, a tale spettacolo, era di credere che
attraverso la ferita ogni vigore d'intelligenza se ne fosse volato
via.
- Anche se non si tratta del colonnello Chabert, costui deve
essere stato certamente un fiero soldataccio - pens Boucard.
- Con chi ho dunque l'onore di parlare? - chiese l'avvocato.
- Con il colonnello Chabert.
- Quale?
- Quello caduto a Eylau, - precis il vecchio.
A questa inattesa risposta, l'avvocato e lo scrivano si
scambiarono un'occhiata:
- Deve trattarsi d'un pazzo!
- Avvocato - riprese il colonnello - io gradirei parlarvi da
solo a solo.
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E' naturale per uomini di legge non lasciarsi mai cogliere alla
sprovvista: sia per l'abitudine di ricevere un gran numero di
persone, sia per quel tono di protezione che il mestiere stesso gli
conferisce, sia per una naturale considerazione del proprio
ministero, si trovano a loro agio in qualsiasi situazione, come lo
sono i preti e i medici. Derville fece un segno a Boucard, e questi
disparve.
- Vi devo dire, colonnello, che durante la giornata io non sono
mai avaro del mio tempo; ma nelle ore della notte i minuti mi sono
davvero preziosi. Vi prego, perci, di essere breve, conciso.
Andiamo ai fatti senza divagare. Vi chieder io stesso dei
chiarimenti, se mi sembreranno necessari. Dite pure...
Dopo aver pregato lo strano cliente di prendere posto a suo
agio, si pose al tavolo, dirimpetto e, disponendosi ad ascoltare la
storia del fu colonnello, prese a sfogliare i suoi
incartamenti.
- Saprete forse - disse il defunto - che io comandavo un
reggimento di cavalleria a Eylau. Molto mi si deve per il successo
della famosa carica condotta dal Murat, una carica che decise della
vittoria. Disgraziatamente per me, la mia morte ormai un fatto
storico ricordato in tutti i suoi particolari nel volume "Vittorie
e Conquiste". Noi spezzammo in due tronconi le tre linee russe che,
essendosi ricomposte, ci obbligarono a riattraversarle, combattendo
in direzione opposta. Mentre, dopo avere sbaragliato i Russi,
facevamo ritorno verso il luogo dove stava l'Imperatore, presi
contatto con un forte scaglione di cavalleria nemica. Mi scagliai
contro la testa di quel reparto. Due ufficiali russi, veri giganti,
mi attaccarono e uno di essi mi diede una sciabolata sulla testa
fino a toccare il berrettino di seta nera che io portavo,
spaccandomi il cranio. Caddi da cavallo. Murat si precipit in mio
soccorso e pass sul mio corpo, lui e i suoi soldati,
millecinquecento uomini, scusate se poco! La mia morte fu
comunicata all'Imperatore che, colpito da perplessit... mi voleva
un po' di bene, lui!... domand se non ci fosse pi speranza di poter
salvare la vita a un uomo cui si doveva pur attribuire il merito di
quell'attacco travolgente. Invi infatti due chirurghi per cercare
di me e condurmi all'ambulanza dicendo loro, forse un po' troppo
alla buona: "Andate a vedere se per caso il mio buon Chabert ha
ancora gli occhi aperti". Si capisce, aveva ben altro a cui
pensare! Quei due maledetti, avendomi veduto sotto gli zoccoli di
due reggimenti di cavalleria, non si degnarono neppure di tastarmi
il polso e confermarono la mia morte. L'atto di decesso fu dunque
steso in piena regola, secondo le norme in uso tra di noi
militari.
Ascoltando un simile racconto, fatto con piena lucidit mentale e
del tutto verosimile, ancorch non comune, il giovane avvocato aveva
sospeso la lettura dei suoi incartamenti e, appoggiando il gomito
sinistro sulla tavola e tenendo la testa fra le mani, fiss a lungo
il colonnello.
- Sapete voi, colonnello - interruppe l'avvocato che io sono il
legale della contessa Ferraud, vedova del colonnello Chabert?
- Mia moglie! Lo so. Per questo, dopo aver tentato cento volte,
inutilmente, di esporre il mio caso ad altri avvocati, che, tutti,
mi hanno creduto un pazzo, mi sono deciso di venire da voi. Delle
mie disgrazie vi parler in seguito. Lasciatemi stabilire prima di
tutto alcuni dati di fatto e come le cose devono essersi svolte;
devono e non... si sono, perch talune circostanze, che solo il
Padre eterno pu conoscere, si presentano a me come ipotesi.
11
-
Dunque, riprendendo, probabile che le ferite mi abbiano causato
un'infezione tetanica e, di conseguenza una crisi del tutto analoga
a quella forma di malattia che viene chiamata, se non mi sbaglio,
catalessi. Se non fosse stato cos, come spiegare che, secondo gli
usi di guerra, io sia stato spogliato dei miei abiti e gettato
nella fossa comune dai soldati incaricati di seppellire i morti?
Devo qui aprire una parentesi circa un particolare di cui venni a
conoscenza molto tempo dopo la mia morte.
Ho incontrato, nel 1814, a Stoccarda un vecchio maresciallo
d'alloggio del mio reggimento. Quella brava persona, la sola che
abbia voluto riconoscermi, e della quale vi parler ancora, mi spieg
il fenomeno della mia sopravvivenza, ricordando che il cavallo era
stato colpito al fianco da una granata nello stesso momento in cui
ero stato ferito. Cavallo e cavaliere erano stramazzati, come
cadono i castelli di carte. Abbattendomi al suolo, a sinistra o a
destra che fosse, il corpo del mio cavallo mi fece scudo, impedendo
che io fossi calpestato dai cavalli e colpito dai proiettili.
Allorch rinvenni, avvocato, mi trovavo in una posizione e dentro a
un'atmosfera che non potrei descrivervi, parlassi fino a domani.
Respiravo un'aria mefitica. Tentai inutilmente di muovermi; mancava
il minimo spazio. Aprii gli occhi e non mi riusc di vedere alcunch.
La mancanza d'aria era ci che pi mi preoccupava e che mi fece
comprendere in quale critica situazione mi trovassi. Se rimanevo in
quella posizione e senz'aria ero bell'e spacciato. Questo pensiero
m'imped persino di sentire il dolore fisico acutissimo che mi aveva
fatto tornare in me. Le mie orecchie ronzavano con violenza. Udii o
credetti di udire dei lamenti che provenivano dal mucchio di
cadaveri in cui mi trovavo sepolto. Il ricordo di quegli istanti
quanto mai tenebroso; i miei ricordi sono confusi, senza contare le
sofferenze che ne seguirono e che hanno sconvolto il mio cervello;
eppure, talvolta, nella notte, mi pare di riudire quei gemiti
soffocati distintamente. Ma pi orribile delle grida era il
silenzio, un silenzio di cui non avevo mai avuto sensazione, il
silenzio della tomba! Infine alzando le mie mani, tastando i
cadaveri, scoprii un vuoto tra la mia testa e il carnaio che mi
sovrastava. Ebbi dunque la sensazione di uno spazio e della sua
ampiezza, uno spazio offertomi dal destino senza che se ne possa
dire la ragione. Sembra che, nella furia o nella negligenza che si
accompagnano a tal genere di lavoro, due cadaveri siano stati
gettati sopra di me in modo tale da farmi volta, come avviene di
due carte che i bambini appoggiano l'una all'altra per stabilire le
fondamenta del loro castelluccio. Cercando di farmi luce alla
svelta... non era il caso di poltrire... toccai fortunatamente, un
braccio, un braccio che non apparteneva a nessuno, il braccio d'un
Ercole! Un osso provvidenziale al quale devo la mia salvezza.
Senza di esso, sarei all'altro mondo. Con un accanimento di cui
potete immaginare l'energia, mi adoperai per rimuovere i cadaveri e
giungere allo strato di terra che certamente ci copriva, dico ci
copriva, come se si fosse trattato di esseri viventi! Ho fatto del
buon lavoro, non vero?, se mi vedete qui. Io non so bene, neppure
oggi, come sia stato capace di sfondare quella barriera di carne
che mi separava dalla vita. Voi direte che disponevo di tre
braccia! Gi, quella leva di cui io mi servivo con abilit mi
procurava uno spiraglio d'aria tra i cadaveri, un'aria da respirare
con moderazione, vi assicuro. Infine, la luce, ma attraverso una
coltre di neve. In quel momento mi accorsi del mio cranio
fracassato. Per fortuna, il mio sangue, quello dei miei compagni o
quello fuoruscito dalla stessa pelle sforacchiata del mio cavallo,
che ne so?, coagulando aveva formato una specie d'impiastro.
Malgrado la crosta che ne era risultata, io svenni quando il mio
cranio fu a contatto con la neve. Quel po' di calore residuo aveva
fatto fondere la neve attorno a me. Quando ripresi conoscenza,
dalla stretta apertura nella quale mi trovavo, urlai a pi non
posso. Era appena l'alba e non avevo speranza d'essere udito.
Qualche contadino era di gi al lavoro? Cercai di drizzarmi un po'
di pi, puntando i piedi su quei cadaveri che avevano le reni pi
solide. Voi capite che non era il momento di biascicare un...
rispettate il
12
-
coraggio sfortunato! In breve, dopo aver conosciuto la
disperazione, ma la parola rende bene tutta la rabbia di quel
momento?, nel vedere, e per lungo tempo, i Tedeschi che se la
svignavano per avere inteso una voce l dove non doveva trovarsi pi
anima viva, venni infine soccorso da una donna, non so se pi
coraggiosa o curiosa nell'avvicinarsi a una testa che sembrava
spuntata dalla terra come un fungo. La donna chiese aiuto al
marito, ed entrambi mi trasportarono nella loro misera abitazione.
Sembra che io sia ricaduto in catalessi, uso questo termine per
descrivervi meglio uno stato fisico del quale non posso rendermi
conto, ma che risponde bene, anche per quello che ne dissero i miei
protettori. Sei mesi tra la morte e la vita, senza articolar
parola, o vaneggiando quando mi riusciva d'aprir bocca. Infine, i
miei salvatori riuscirono a farmi ricoverare all'ospedale di
Heilsberg. Voi comprenderete, avvocato, che io ero uscito dalla
fossa nudo come un verme; di modo che, sei mesi dopo, ricordandomi
un bel mattino che ero pur stato il colonnello Chabert e volendo
che i miei guardiani mi trattassero con maggior rispetto, tutti i
compagni della corsia scoppiarono in una risata.
Fortunatamente, il chirurgo, forse per amor proprio, avendo
garantito la mia guarigione, si era molto interessato della mia
malattia. Non appena potei parlargli con qualche nesso della mia
esistenza trascorsa, quel brav'uomo, di nome Sparchmann, riusc a
far constatare, nelle forme giuridiche in vigore nell'esercito, il
modo miracoloso con il quale mi ero salvato dalla fossa dei caduti,
il giorno e l'ora in cui fui raccolto dalla mia benefattrice e da
suo marito; il genere e la posizione delle ferite, unendo a ogni
verbale una descrizione della mia persona.
Lo credereste? io non posseggo tali importantissimi documenti e
neppure la copia della dichiarazione che io feci davanti a un
notaio di Heilsberg allo scopo di stabilire la mia vera
identit.
Dal giorno in cui, per avvenimenti di guerra, dovetti
abbandonare quella citt, ho sempre girovagato come un pezzente,
mendicando il pane, facendomi trattare da pazzo ogni qualvolta
accennavo alla mia avventura, e senza aver potuto n trovare n
guadagnare un soldo che mi consentisse di procurarmi i documenti
del tutto necessari per confermare le mie dichiarazioni e a
restituirmi alla vita sociale. Spesso, per il rincrudirsi dei miei
dolori mi toccava trascorrere mesi e mesi nelle piccole citt dove
si prodigavano cure ai Francesi malati, ma si rideva sul naso di un
uomo che pretendeva di essere il colonnello Chabert redivivo. Per
lungo tempo, quelle risa, quei dubbi mi resero furioso; una collera
che mi danneggi a tal punto da farmi internare come pazzo a
Stoccarda. In verit, giudicatene voi stesso dopo il racconto che vi
ho fatto delle mie peripezie, c'erano motivi sufficienti, senza
alcun dubbio per mettere un uomo sotto catenaccio! Dopo i due anni
di ricovero che fui costretto a sorbirmi, dopo aver udito mille
volte i miei guardiani designarmi: "Ecco un povero diavolo che
crede di essere il colonnello Chabert!" ad altre persone che
rispondevano invariabilmente: "Oh, il pover'uomo!", io dovetti
persuadermi dell'impossibilit di uscire una buona volta da
quell'avventura e divenni triste, rassegnato, tranquillo,
rinunciando al mio vero nome pur di uscire da quella prigione e
rivedere la Francia. Oh, rivedere Parigi! era un sogno delirante
che io non...
Senza ultimare la frase, il colonnello Chabert si lasci
trascinare dal vortice dei pensieri in un profondo
fantasticare.
Derville non fiat.
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-
- Un bel giorno - riprese poi il cliente - un giorno di
primavera, mi venne consegnata la chiave... dell'aria libera e
dieci talleri con il pretesto che ormai io potevo parlare di ogni
cosa sensatamente e che non insistevo pi nel credermi Chabert. Se
devo confessarlo, a quell'epoca e anche ora, secondo l'umore, il
mio nome vero mi ripugna. Vorrei essere un altro. Il sentimento dei
miei diritti mi schianta. Almeno se la mia ferita m'avesse
cancellato del tutto il ricordo della vita trascorsa, sarei stato e
sarei felice! avrei ripreso servizio sotto un nome qualsiasi e, chi
lo pu dire?, sarei forse salito al grado di maresciallo di campo in
Austria o in Russia.
- Caro signore, voi scombussolate tutte le mie idee- obbiett
l'avvocato. - Per favore, fermiamoci un attimo...
- Voi siete l'unica persona che mi abbia ascoltato
pazientemente- disse con un velo di melanconia il povero
colonnello. - Non ho trovato un solo avvocato che abbia voluto
anticiparmi dieci napoleoni per procurarmi in Germania i documenti
indispensabili per imbastire una causa...
- Un processo? - chiese l'avvocato quasi dimenticando, colpito
com'era dal racconto di tante miserie, in quale dolorosa situazione
si trovasse ora il suo cliente.
- La contessa Ferraud non forse la mia legittima moglie? Non
possiede forse una rendita di trentamila franchi, che sono miei,
lei che non vuol cacciare un centesimo per me? Quando io pongo
questi quesiti a degli avvocati, a degli uomini di buon senso;
quando io, mendicante, mi propongo d'intentare causa a una contessa
e a un conte; quando io, defunto, mi scaglio contro un atto di
morte, un atto di nozze o di nascita, essi mi congedano secondo il
temperamento di ciascuno, ora con la fredda gentilezza che vi anima
nel trovarvi alle prese con un disgraziato, ora con la rudezza che
vi abituale quando ritenete di aver a che fare con intriganti o con
dementi. Sono stato sepolto sotto i cadaveri; ora sono sepolto
sotto i viventi!, sotto la carta bollata, sotto gli avvenimenti che
mi vogliono defunto a ogni costo!
- Continuate, continuate - disse l'avvocato - ve ne prego...
- Ve ne prego! - esclam il disgraziato afferrando le mani di
Derville - ecco un'espressione di gentilezza che io non ho pi udito
da allora...
Il colonnello scoppi in lacrime. La riconoscenza gli impediva di
continuare. L'indefinibile e penetrante eloquenza dello sguardo,
del gesto, del silenzio stesso commosse l'avvocato, lo persuase
della buona causa.
- Ascoltatemi - disse - io ho vinto stasera trecento franchi al
gioco; posso ben impiegarne la met per rendere felice un uomo.
Inizier subito le pratiche necessarie per procurarvi i documenti
di cui mi avete parlato; nell'attesa, vi corrisponder cento soldi
al giorno. Se voi siete veramente il colonnello Chabert perdonerete
facilmente a un giovane avvocato che deve farsi strada la pochezza
del suo prestito. Continuate...
Il preteso colonnello rimase un attimo sorpreso, immobile; la
sua estrema indigenza aveva senza dubbio distrutto in lui ogni fede
nel prossimo. Se egli rimaneva cos attaccato al suo nome illustre
di militare, alla sua fortuna, alla vita insomma, ci rispondeva
probabilmente
14
-
a un sentimento confuso, radicato in ogni cuore, quel sentimento
al quale dobbiamo le ricerche degli alchimisti, la passione della
gloria, le scoperte dell'astronomia e della fisica, tutto ci che
spinge l'uomo a elevarsi, moltiplicando la sua statura morale
attraverso le idee e i fatti. L'ego, nel suo pensiero, diventava un
oggetto del tutto secondario, allo stesso modo che, per un
giocatore, la vanit di un successo e l'emozione d'una vincita
contano assai di pi che non la posta stessa. Le parole del giovane
avvocato ebbero quindi un effetto miracoloso su quel disgraziato,
ripudiato per ben dieci anni dalla moglie, dalla giustizia e dalla
societ. Pensate! ricevere dalle mani di un avvocato dieci monete
d'oro che tutti e in tutti i modi gli altri gli avevano rifiutato
per tanti anni! Il colonnello, in quel momento, poteva essere
paragonato a una certa signora che, afflitta dalla febbre per
quindici anni, non appena fu guarita del suo male credette di
essere stata colpita da una malattia diversa.
Ci sono felicit alle quali non si crede pi: quando arrivano come
se scoppiasse un fulmine; vi consumano. Allo stesso modo, la
riconoscenza di quel disgraziato era cos viva da non trovar modo di
esternarsi. Quel contegno sarebbe apparso freddezza a un
osservatore superficiale, non a Derville che vi intu il segno
superiore della probit. Un imbroglione avrebbe trovato cento
espressioni di ringraziamento.
- Dove eravamo rimasti? - chiese il colonnello con l'ingenuit di
un bimbo o di un soldato, confermando che, nel nostro Paese
soprattutto, il bimbo si nasconde spesso nell'ambito del soldato ed
il soldato quasi sempre nell'animo del bimbo.
- A Stoccarda. Quando usciste di prigione - rispose
l'avvocato.
- Conoscete mia moglie?
- S - conferm Derville abbassando gli occhi.
- Come la giudicate?
- Molto bella, sempre...
Il vecchio comment con un semplice cenno del capo e sembr
macerarsi in una segreta sofferenza con quella rassegnazione ampia
e solenne propria degli uomini che hanno superato le prove del
sangue e del fuoco sui campi di battaglia.
Egli riprese il suo dire quasi con gaiezza, con la gioia di chi
torna a respirare liberamente, perch gli pareva di risuscitare una
seconda volta, di veder fondersi una coltre nevosa pi spessa di
quella che gli aveva quasi congelato il cranio, di godere di una pi
fresca libert dopo una seconda prigionia.
- Se in giovent - disse - fossi stato un moscardino, tante
disgrazie non mi sarebbero piombate addosso. Le donne credono a
coloro che condiscono tutte le loro frasi con la parola amore.
Allora filano come il vento, si fanno in quattro, si affannano,
giurano, mettono tutto a soqquadro per l'essere amato. Come avrei
potuto destare interesse in una donna? Con la mia faccia da
funerale, sbrindellato, sembravo un Esquimese e non un Francese, io
che nel 1799 ero considerato uno dei pi brillanti cavalieri!
15
-
io, Chabert, conte dell'Impero! Infine, nello stesso giorno in
cui ero stato cacciato sul lastrico come un cane, incontrai quel
maresciallo d'alloggio di cui vi ho gi parlato. Si chiamava Boutin.
Tutti e due, insieme, costituivamo la pi bella coppia di ronzini
che si sia mai vista in piazza. Io lo scorsi al pubblico passeggio,
lo riconobbi; egli non riusc a indovinare chi fossi.
Entrammo insieme in un caff. Allorch gli rivelai il mio nome, la
sua bocca non riusc a contenere le risa e parve un mortaio che
scoppi. Quel riso mi caus uno dei pi cocenti dolori della mia vita.
Mi rivel senza inganni quanto io fossi mutato. Dunque, non ero
neppure riconoscibile da uno dei pi cari e riconoscenti amici che
avessi. Gli avevo salvato la vita, un giorno, ma ci costituiva un
debito per me. Vi dir come. Eravamo a Ravenna, in Italia. La casa
dove Boutin mi salv da una pugnalata non era delle migliori. A
quell'epoca non avevo il grado di colonnello; ero un semplice
cavaliere come lui. Per buona fortuna, i particolari di quel
fattaccio erano noti soltanto a noi due; quando glieli rammentai
ogni suo dubbio svan. Gli raccontai in seguito tutti i fatti della
mia bizzarra esistenza. Quantunque i miei occhi e la mia voce
fossero irriconoscibili, e io gli apparissi bianco come un albino,
come egli mi disse, pure fin, dopo le mille domande alle quali
risposi vittoriosamente, per ritrovare nel mendicante il suo antico
colonnello. Mi raccont allora le sue avventure davvero
straordinarie come le mie; era tornato dalle frontiere della Cina,
dove era penetrato dopo esser fuggito dalla Siberia. Mi svel il
disastro della campagna di Russia e la prima abdicazione di
Napoleone. Notizie che mi causarono tanto male! Eravamo entrambi
dei curiosi rottami, che abbiano vagato sull'intero globo, come fa
l'Oceano che li sospinge da una riva a quella opposta sotto
l'infuriare della tempesta.
Avevamo percorso l'Egitto, la Siria, la Spagna, la Russia,
l'Olanda, la Germania, l'Italia, la Dalmazia, l'Inghilterra, la
Cina, la Tartaria, la Siberia; mancano solo le Indie e
l'America!
In breve, Boutin che si trovava pi in gambe di me si offr di
andare a Parigi per segnalare a mia moglie lo stato miserando in
cui mi trovavo. Scrissi una lettera alla signora Chabert con i pi
minuti particolari della vicenda. La quarta, la quarta lettera,
avvocato! Se avessi avuto qualche parente cui rivolgermi, tutto
questo non mi sarebbe capitato; ma, devo confessarlo, io sono un
trovatello, un soldato che ha per solo patrimonio il suo coraggio,
per famiglia il mondo, la Francia come patria, e il Buon Dio come
protettore. Mi sbaglio: un padre l'ho avuto anch'io,
l'Imperatore.
Ah, se fosse ancora al suo posto, l'adorato, e vedesse il "suo
Chabert" in queste condizioni, nulla tratterrebbe la sua
collera.
Il "suo Chabert", com'egli mi chiamava! Che volete? Il nostro
sole tramontato; ora siamo tutti infreddoliti. Poteva anche darsi
che gli avvenimenti politici fossero una delle cause del silenzio
di mia moglie. Boutin part. Egli era un uomo felice, in compagnia
dei suoi due orsi ammaestrati che gli procuravano di che
campare.
Io non potei accompagnarlo; i miei acciacchi non mi consentivano
lunghi tragitti; piansi quando ci separammo, dopo che lo ebbi
seguito, lui e i suoi orsi, pi a lungo che mi fu possibile. A
Carlsruhe, terribili dolori al capo mi obbligarono per sei
settimane sulla paglia, in un alberguccio! Ma non finirei pi,
avvocato, se dovessi raccontarvi tutte le peripezie della vita di
mendicante. Le sofferenze morali, che sono mille volte pi gravi di
quelle fisiche, non muovono a piet; forse perch sono nascoste. Mi
ricordo di aver pianto sulla porta di un albergo di Strasburgo, nel
quale un giorno lontano ebbi a organizzare una festa; non vi
ottenni un solo pezzo di pane! Avendo stabilito con Boutin
l'itinerario che
16
-
avrei dovuto seguire, mi trascinai da un ufficio postale
all'altro per vedere semmai mi fosse pervenuta qualche notizia e
del denaro. Giunsi a Parigi, senza aver nulla ricevuto. Ne ho
dovuta ingoiare della disperazione! A volte pensavo: "Boutin sar
morto". In realt, egli era trapassato a Waterloo. Seppi della sua
morte pi tardi, per puro caso. La sua missione presso mia moglie fu
certamente infruttuosa. Entrai in Parigi mentre vi affluivano i
Cosacchi. Strazio su strazio.
Vedendo i Russi a Parigi, dimenticavo persino di essere scalzo e
senza un soldo. I miei vestiti erano a brandelli. La vigilia ero
stato costretto a pernottare all'addiaccio, nel bosco di Claye. La
frescura della notte mi caus la recrudescenza di non so quale
malattia, tanto che, dopo aver attraversato il quartiere Saint-
Martin, caddi svenuto davanti alla bottega d'un negoziante di
ferramenta. Mi risvegliai in un letto dell'Albergo dei poveri. Vi
trascorsi un mese abbastanza bene, poi dovetti andarmene; ero
sempre senza un quattrino, ma in discreta salute e sul magnifico
selciato di Parigi. Con quanta gioia e con quale gagliardia mi
diressi alla via du Mont Blanc dove, nel mio palazzo, doveva
alloggiare la mia consorte! Bah! la strada aveva cambiato nome:
via Chausse-d'Antin. Del mio palazzo nessuna traccia: venduto,
demolito. Alcuni speculatori avevano costruito alcune case nel mio
parco. All'oscuro del nuovo matrimonio di mia moglie, non riuscii
ad avere notizie di lei. Mi recai allora da un vecchio avvocato al
quale, in passato, affidavo abitualmente i miei interessi. Il
brav'uomo era morto, dopo aver ceduto la clientela a un giovane
avvocato. Fu questi che mi comunic, con mio sommo stupore, esser
stata a suo tempo aperta la mia successione, liquidata; mia moglie
aveva contratto nuove nozze da cui erano nati due figli. Quando gli
ebbi detto che ero il colonnello Chabert, scoppi in una risata cos
franca, che io non ebbi il coraggio di riaprire bocca.
La mia detenzione a Stoccarda mi fece pensare al pericolo di
essere rinchiuso in manicomio, a Charenton, e alla necessit di
agire con molta prudenza. Ora, per, che conoscevo l'indirizzo di
mia moglie, credetti di presentarmi a lei, il cuore gonfio di
speranza. Volete saperlo?- continu il colonnello con un moto di
incontenibile sdegno presentandomi sotto finto nome non fui
ricevuto, e, la seconda volta, sotto il mio vero nome fui
addirittura scacciato. Per rivedere la contessa, allorch rientrava
da un ballo o da uno spettacolo, io ero capace di passare delle
notti intere, come fossi incollato alla sua porta.
Cacciavo lo sguardo nella vettura che passava davanti ai miei
occhi con la rapidit d'un fulmine e appena appena mi riusciva di
distinguere la donna che era mia moglie, senza esserlo pi. Oh! da
quel giorno io non vissi che per vendicarmi - grid Chabert con voce
sorda, levandosi in piedi improvvisamente e fissando Derville. -
Lei sa che io sono vivo; ha ricevuto, dopo il mio ritorno, ben due
lettere scritte di mio pugno. Non mi ama pi. Io non so se l'amo
ancora o se la detesto; ora la desidero, ora la maledico. Mi deve
la sua fortuna e la sua felicit, non si degnata d'inviarmi il pi
tenue aiuto. In certi momenti, non so che cosa farei...
Dopo questo sfogo, il vecchio soldato si accasci sulla sedia e
rimase immobile. Derville lo guard a lungo, senza fiatare.
- E' un affare molto serio - mormor poi, quasi macchinalmente. -
Pur ammettendo l'autenticit dei documenti che si trovano a
Heilsberg, non affatto sicuro il nostro
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-
successo. Il processo si trasciner davanti a tre tribunali.
Bisogna riflettere a mente serena su questo caso, del tutto
eccezionale.
- Se dovessi soccombere - ribatt il colonnello con fierezza -
sapr come si deve morire, ma in compagnia di qualcuno... parola di
Chabert!
Il vecchio si era come trasformato, sembrando ora un uomo pieno
di energia, i cui occhi fiammeggiassero di desiderio e di
vendetta.
- Forse bisogner trovare un accomodamento...
- Transigere? - ribatt pronto Chabert. - Ma sono dunque morto o
vivo?
- Calmatevi - riprese l'avvocato - voi seguirete i miei
consigli, lo spero. La vostra causa anche la mia. Voi constaterete
quale interessamento io ponga in questa faccenda, senza precedenti
negli annali giudiziari. Nel frattempo, vi consegner due righe per
il mio notaio, che vi rimetter, dietro ricevuta, cinquanta franchi
ogni decade. Sarebbe inopportuno che gli aiuti vi fossero
consegnati qui. Un colonnello Chabert non deve dipendere da alcuno.
Anticiper le somme a titolo di prestito, Voi possedete di che
garantirlo; siete ricco.
A quest'ultima manifestazione di delicatezza, il vecchio non pot
trattenere una lacrima. Derville si alz bruscamente, quasi a
nascondere un'emozione inammissibile per un avvocato; si ritir per
un attimo nel suo studio personale e, rientrando nella stanza,
consegn una lettera aperta al conte Chabert. Afferratala, il povero
vecchio, sent sotto le sue dita lo spessore di due monete
d'oro.
- Elencatemi i documenti, indicatemi il nome della citt, dello
Stato - disse l'avvocato.
Il colonnello acconsent, verificando con cura l'ortografia dei
nomi di localit; poi, tenendo il cappello in una mano, fissando in
volto Derville, tese l'altra mano, una mano callosa, e disse con
semplicit:
- Vi assicuro che, dopo l'Imperatore, a nessun'altra persona io
dovr tanta riconoscenza. Voi siete un uomo di coraggio!
L'avvocato strinse calorosamente la mano del vecchio e facendosi
lume con una lucerna, lo accompagn fin sulle scale.
- Boucard - confid Derville al suo capo scrivano mi stata
raccontata una vicenda che mi coster forse venticinque luigi. Se
sar stato truffato, non rimpianger il mio denaro perch avr
conosciuto il pi abile commediante di questo secolo!
Giunto in strada, sotto un lampione, il colonnello estrasse
dalla busta le due monete da venti franchi ciascuna e le contempl a
lungo. Da nove anni, non gli era pi capitato di toccare
dell'oro.
- Toh! potr finalmente fumare un sigaro!
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-
Erano trascorsi tre mesi da quel singolare colloquio notturno
tra Chabert e Derville, quando il notaio incaricato di pagare il
"mezzo stipendio" fissato dall'avvocato per il suo eccezionale
cliente venne a conferire per una questione molto grave, non
dimenticando, come premessa, di chiedere la restituzione di
seicento franchi gi consegnati al vecchio militare.
- Ti diverti, dunque, a stipendiare la vecchia guardia? - disse
in tono scherzoso il notaio, di nome Crottat, un giovane che aveva
da poco rilevato lo studio in cui aveva fatto il suo tirocinio di
scrivano, dopo che il cedente si era reso irreperibile a seguito di
un clamoroso fallimento .
- Hai fatto bene a ricordarmi quell'affare... La filantropia non
superer in ogni modo i venticinque luigi; temo fin d'ora che il mio
patriottismo mi abbia giocato un brutto scherzo.
Nel terminare la frase, Derville fu colpito nel vedere, tra i
molti plichi che Boucard gli aveva collocato sulla scrivania, una
lettera che a giudicare dai bolli oblunghi, quadrati, triangolari,
rossi, blu doveva aver viaggiato con le poste prussiane,
austriache, bavaresi e francesi.
- Ecco, ecco - disse Derville faceto - qui sta il finale della
commedia; vedremo finalmente se siamo stati gabbati.
Apr la lettera, ma non pot capirne il testo, che era scritto in
tedesco. Affacciandosi alla porta del suo studio, tese il documento
a Boucard.
- Traducetemi alla svelta questa lettera.
In effetti, il notaio di Berlino al quale si era indirizzato
Derville rendeva noto che i documenti richiestigli sarebbero stati
spediti entro pochi giorni. Ogni cosa, egli assicurava, era in
perfetta regola, legalizzata, in modo da poter essere prodotta in
giudizio. Inoltre, gli comunicava che quasi tutti i testimoni
citati nei vari atti erano in vita a Prussich-Eylau, mentre la
donna che aveva salvato la vita a Chabert dimorava ancora in un
quartiere di Heilsberg.
- L'affare diventa serio - esclam Derville, non appena Boucard
gli ebbe tradotto il testo, nella sua sostanza. Ma senti un po',
mio caro Crottat, tu mi devi aiutare con qualche dato che si deve
trovare nel tuo studio. Non forse vero che quel brigante di
Roguin...
- Diciamo piuttosto lo sfortunato Roguin, l'infelice Roguin -
corresse il notaio sarcasticamente.
- Non forse lui, l'infelice che ha alleggerito di ottocento mila
franchi i suoi clienti e ridotto alla miseria molte famiglie, ad
aver provveduto alla successione Chabert? Mi pare di averlo
appresso attraverso il nostro incartamento relativo ai Ferraud.
- Certamente - rispose Crottat: - in qualit di scrivano io ho
copiato e studiato attentamente gli atti di quella successione.
Rosa Chapotel, sposa e vedova di Giacinto, di cognome Chabert,
conte dell'impero, grande ufficiale della Legion d'onore; i due si
erano sposati senza contratto, in piena comunit di beni. Se ben
ricordo, il patrimonio residuo era di seicentomila franchi. Prima
del suo matrimonio, il conte Chabert aveva, per testamento,
disposto che un quarto della
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-
sua fortuna andasse, alla sua morte, agli Ospizi di Parigi; al
demanio sarebbe toccato l'altro quarto.
Dopo la licitazione, la vendita e la divisione dei beni, durante
le quali gli avvocati s'ingrassarono parecchio, quel mostro che
governava allora la Francia restitu con decreto alla vedova del
colonnello quanto sarebbe toccato al fisco!
- A tanto ammonterebbe, dunque la fortuna del conte Chabert?
- Precisamente! - rispose Crottat. - Voi, avvocati, l'azzeccate
quasi sempre, anche se vi si accusa di patrocinare con assoluta
indifferenza il pro e il contro...
Il conte Chabert, stando all'indirizzo che aveva dato nel
firmare la prima ricevuta consegnata al notaio, abitava nel
quartiere di Saint-Marceau, via du Petit Banquier, presso un
vecchio maresciallo d'alloggio, di nome Vergniaud, divenuto poi
commerciante in generi alimentari.
Derville, giunto in quel quartiere, fu obbligato a scendere di
carrozza e ad andarsene a piedi alla ricerca del suo cliente, poich
il fiaccheraio rifiut d'inoltrarsi in viuzze prive di selciato e
solcate da carreggiate cos profonde da spaccare le ruote. Guardando
a destra e a sinistra, l'avvocato fin per scorgere, proprio in
quella parte della via che converge sul viale, tra due muri
costruiti di fango e calcinacci, due pilastri in ciottolato,
slabbrati dal passaggio dei carri, quantunque i bordi fossero
difesi da tavole di legno. I pilastri reggevano una traversa
incappucciata di tegole, sulla quale si potevano leggere, dipinte
in rosso, queste parole: "Vergniaud, alimentazione". Sulla destra,
dipinte in bianco, delle uova e una mucca. La porta era spalancata,
e cos doveva certamente rimanere giorno e notte. In fondo al
cortile, assai vasto, si ergeva, proprio di contro alla porta, una
di quelle catapecchie, cos comuni alla periferia di Parigi, che non
meritano il nome di case e che non possono essere paragonate
neppure alle pi modeste abitazioni di campagna, di cui condividono
forse la miseria, ma non la poesia. Nella distesa dei campi, anche
le capanne conservano una loro particolare grazia conferita dalla
purezza dell'atmosfera, dal verde dei campi, dall'insieme delle
forme e delle cose: colline, viottoli tortuosi, vigne, siepi di
cespugli, muschio sui pagliai, utensili campestri; a Parigi,
invece, la miseria non pu trovare grandezza che nell'orrido.
Ancorch costruita di recente, la catapecchia era gi in
rovina.
Nessuno dei materiali impiegati aveva ricevuto la sua logica
destinazione, provenendo essi dalle demolizioni che si operano
giornalmente in Parigi. Su di una imposta costruita con le tavole
di un'insegna, Derville lesse: "Alla casa delle novit". Le finestre
erano dei tipi pi svariati e come disposte a caso. Il pianterreno,
che appariva come la parte abitabile dell'edificio, rialzato da un
lato era mezzo interrato dall'altro, per un monticolo che vi si
addossava. Davanti alla casa una larga pozza, un letamaio nel quale
si scaricavano non solo le acque... del cielo, ma anche quelle
domestiche. Il muro a cui si appoggiava quella fragile costruzione
in apparenza assai pi robusto degli altri era, per cos dire,
abbellito da una serie di capannucce con graticolato, dietro il
quale dei conigli, dei veri conigli, prolificavano abbondantemente.
Sulla destra della porta carraia c'era la stalla, con il pagliaio
sovrastante; essa comunicava con la casa attraverso un locale
destinato alla lavorazione del latte.
20
-
A sinistra, la parte del cortile riservata agli animali
domestici, una scuderia e un porcile di tavolacci mal connessi e
malamente coperto di giunchi. Come in tutti i luoghi in cui si
preparano i vari ingredienti destinati a placare ogni giorno la
fame di una grande citt come Parigi, l dove Derville aveva
affondato i suoi piedi, si scoprivano le tracce di un va e vieni
precipitoso, legato a un tirannico orario. I grandi recipienti di
latta destinati al trasporto del latte e quelli, pi piccoli,
riservati alla panna, con i loro tappi di straccio, erano gettati
confusamente davanti al locale di cui vi abbiamo parlato. Gli
strofinacci sbrindellati di cui ci si serviva per una sommaria
pulizia erano stesi al sole su corde sostenute da picchetti. Un
pacifico ronzino, della razza che appartiene soltanto ai lattai, si
era allontanato di qualche passo dalla sua carretta e se ne stava
tranquillo davanti alla porta sprangata della stalla. Una capra
brucava i pampini di una vite esile e polverosa che s'inerpicava
sul muro gialliccio e sconnesso della casa. Un gatto s'era
accovacciato presso i recipienti della panna e ne leccava i bordi.
Le galline, disturbate dall'arrivo di Derville, fuggirono in
gruppo; il cane da guardia abbai.
A custodia della casa non erano rimasti che tre ragazzi. Il
primo arrampicatosi sul colmo di un carico di fieno ancora verde,
lanciava dei sassi nelle aperture dei camini della casa adiacente,
sperando di farli cadere in qualche marmitta. Un altro spingeva a
tutta forza un porcello sul piano di una carretta, stanghe
all'aria; il terzo, aggrappato a una stanga, faceva da contrappeso,
attendendo che l'operazione fosse a buon punto per far da leva!
Alla domanda di Derville, se abitasse in quella casa il signor
Chabert, nessuno dei tre apr bocca, accontentandosi di sbirciare lo
sconosciuto con la pi intelligente stupidit (se fosse possibile
accoppiare questi due termini). Derville ritorn alla carica senza
risultato. Spazientito, indirizz ai tre monelli una serie di quei
piacevoli "moccoli" che gli adulti sono talvolta autorizzati a
profferire. Soltanto allora i tre proruppero in una sghignazzata.
Derville usc dai gangheri.
Il colonnello Chabert, che aveva inteso tutto ci, se ne usc da
una stanzetta ricavata presso la latteria, flemmaticamente, con
quella tipica flemma propria dei militari di professione. Teneva in
bocca una pipa ben "grumata" (termine tecnico dei fumatori), una
modestissima pipa di terra cotta, chiamata volgarmente
"infernetto". Alzando la visiera di un berretto inverosimilmente
bisunto, scorse Derville e si precipit verso di lui attraversando
la concimaia, mentre gridava ai monelli:
- Silenzio! Ai vostri posti! - I tre zittirono, confermando cos
l'autorit di cui godeva il vecchio militare. Perch mai non mi avete
avvertito? - disse a Derville. - Piano, tenetevi lungo il muro
della vaccheria, il fondo migliore consigli in seguito al suo
benefattore che, non volendo finire nella concimaia, non sapeva
davvero dove posare i piedi.
- Qui dovrebbe abitare l'uomo che decise della vittoria di
Eylau... - mormor Derville, dopo aver abbracciato con lo sguardo
tutto l'insieme di quell'immondo spettacolo.
Alla meglio, Derville riusc a raggiungere la porta dove Chabert
s'era affacciato. Questi fu molto spiacente di doverlo ricevere
nella stanza in cui dormiva e che disponeva di una sola sedia. Il
letto consisteva in mezza balla di paglia, che la proprietaria di
casa aveva coperto con vecchie stoffe, d'ignota provenienza,
abitualmente impiegate dalle lattaie per rendere soffici i sedili
delle loro carrette. Il pavimento era di terra battuta. I muri,
verdastri di salnitro e fessurati, trasudavano umidit da ogni
parte, sicch si era dovuto difendere con una stuoia la parete alla
quale si addossava il giaciglio del colonnello. Il famoso pastrano
pendeva a un chiodo; in un angolo, due paia di scalcagnati stivali.
Nessuna
21
-
traccia di biancheria. Su di un tavolino tarlato, i "Bollettini
della Grande Armata", editi da Plancher; la lettura preferita da
Chabert che, in quell'ambiente di estrema miseria, mostrava
attraverso il suo sguardo, una olimpica serenit. E' certo che
l'incontro con Derville aveva mutato il suo volto, tanto che
l'avvocato vi scorse il riflesso dell'ottimismo, di una luce accesa
dalla speranza.
- La mia pipa vi disturba, avvocato? - chiese Chabert offrendo
l'unica spagliatissima sedia.
- Mi pare, colonnello, che il vostro... domicilio lasci
terribilmente a desiderare!
Una frase, questa, che non era soltanto frutto di spirito
critico, caratteristico negli avvocati, ma anche di quella cocente
esperienza che essi accumulano, fin dall'inizio della loro
carriera, come testimoni di tante spaventose miserie!
- Ecco un uomo - pens Derville - che avr sicuramente
scialacquato il mio denaro per soddisfare le tre virt teologali del
soldato di mestiere: il gioco, il vino e le donne!
- Avete ragione, avvocato, qui non si nuota nel lusso. E' un
bivacco ingentilito dall'amicizia ma... - il soldato s'interruppe
fissando profondamente l'uomo di legge non facendo male a una mosca
e non inimicandomi alcuno, ci dormo sonni tranquilli.
Derville si rese conto che sarebbe stato molto indelicato
chiedergli come avesse impiegato il denaro prestato, tuttavia non
pot fare a meno di osservare:
- Non capisco perch non abbiate voluto restare a Parigi, dove
avreste potuto vivere altrettanto modestamente, ma con qualche
comodit di pi.
- Le brave persone che mi ospitano sono le stesse che mi hanno
raccolto e nutrito gratis per tutto un anno! Non avrei potuto
lasciarle proprio quando nelle mie tasche piovevano i primi
quattrini! Aggiungo che il padre di quei tre marmocchi un
"egiziano"...
- Un egiziano?
- E' un nostro modo di dire... un reduce della spedizione in
Egitto alla quale ho partecipato anch'io. Quelli che vi hanno
salvato la pelle sono come fratelli; non solo, ma Vergniaud era del
mio reggimento e ci siamo scambievolmente aiutati, dividendo nel
deserto la nostra razione d'acqua. E poi, avvocato, io non ho
ancora finito la mia opera di maestro di scuola; insegno a quei tre
monelli...
- Comunque, il vostro camerata avrebbe potuto alloggiarvi un po'
meglio.
- Bah! i suoi figli dormono come me sulla paglia; lui e sua
moglie non dispongono di un letto pi soffice; sono molto poveri,
come potete constatare. Ma se un giorno o l'altro dovessi
ricuperare i miei averi... Mah! Non parliamone!
- Ricever probabilmente domani i vostri documenti da
Heilsberg.
La donna che vi ha salvato vive ancora!
- Maledizione al danaro! e a chi non ne ha... grid il colonnello
gettando in terra la pipa.
22
-
Una pipa ben grumata un tesoro per i fumatori; ma quel gesto di
dispetto, generato da un impulso di generosit esemplare, era
tuttavia cos naturale, che qualsiasi fumatore e la rega stessa gli
avrebbero perdonato un simile reato di leso-tabacco. E forse gli
angeli avrebbero raccattato i cocci.
- Colonnello, la vostra causa molto complicata disse l'avvocato
uscendo dalla camera per fare quattro passi al sole, lungo il muro
della casa.
- Eppure, a me sembra molto semplice. Mi hanno creduto
morto.
Eccomi qua. Ridatemi moglie e quattrini; ridatemi il grado di
generale al quale ho pieno diritto, poich ho servito con quello di
colonnello nella guardia imperiale, la vigilia della battaglia di
Eylau.
- Le cose non si svolgono cos facilmente nel mondo giudiziario-
obiett Derville. - Ascoltatemi. Voi siete il conte Chabert,
d'accordo. Ma si tratta di dimostrarlo in giudizio, davanti a
persone che hanno tutto l'interesse a negare la vostra identit.
Conseguenza: una causa. Dieci o dodici settimane soltanto per i
preliminari. Di contraddittorio in discussione, andremo fino alla
corte suprema; processi uno dopo l'altro, tutti costosi, lunghi,
per quanto zelo io possa dimostrare. I vostri avversari
richiederanno delle indagini che noi non potremo in alcun modo
rifiutare e per le quali si render necessaria una commissione
rogatoria in Prussia. Ma supponiamo per un momento che tutto vada
per il meglio e che la giustizia decida con prontezza sulla vostra
identit di colonnello Chabert. Sappiamo noi che ne sar dell'altra
questione delicatissima: la involontaria bigamia della contessa
Ferraud? In questo vostro caso, la questione di diritto non pu
essere risolta dal Codice, bens dalla coscienza, come capita ogni
qualvolta i giudici si trovano alle prese con i casi pi strani
della vita. Dal vostro matrimonio non nato alcun figlio, mentre il
conte Ferraud ne ha due; orbene, i giudici potrebbero benissimo
dichiarare nullo quel matrimonio che stato senza effetti, a
vantaggio del secondo i cui legami sono pi forti, tanto pi che non
si pu mettere in dubbio la buona fede dei contraenti. Quale sarebbe
la vostra posizione morale, infine, se alla vostra et e nelle
condizioni in cui vi verreste inevitabilmente a trovare vi toccasse
di convivere con una donna che non vi ama pi? Avrete contro di voi
la contessa vostra moglie e un marito, due persone che sono in
grado di esercitare pressioni sui tribunali. Comunque, sulla durata
della causa non illudiamoci.
Avrete tutto il tempo d'invecchiare, tra le pi amare
delusioni!
- E la mia sostanza?
- Credete che sia ingente?
- Non godevo forse di una rendita annua di trentamila
franchi?
- Mio buon colonnello, voi avete destinato, nel 1799, per
testamento un quarto dei vostri beni agli Ospizi di carit.
- Verissimo.
23
-
- Quindi, stabilito il vostro decesso, si compilato un
inventario e si proceduto a una liquidazione per poter prelevare
quel quarto. Non vi pare? Vostra moglie non ha avuto molti scrupoli
nell'imbrogliare i poveri. Non c' ombra di dubbio che sar riuscita
a sottrarre a ogni inventario il denaro contante, i gioielli,
oppure avr dichiarato una parte soltanto dell'argenteria; il
mobilio sar stato valutato a un terzo del suo valore reale, sia per
favorire vostra moglie, sia per ridurre i diritti fiscali, e sia
per la responsabilit personale dei commissari periti; un inventario
fatto in tal modo ha fissato la vostra fortuna in seicentomila
franchi. La vedova doveva venire in possesso della met. Tutto stato
venduto e riacquistato da lei, di tutto essa ha tratto vantaggio;
cosicch ai poveri sono toccati, in tutto e per tutto,
settantacinquemila franchi.
Dobbiamo ricordare ancora che pure il fisco era interessato in
qualit di erede; dal momento che voi non avete fatto alcuna
menzione di vostra moglie nel testamento, l'Imperatore ha
restituito alla vedova, per decreto, la quota parte toccante al
fisco. Allo stato attuale, a quanto si eleva la vostra fortuna? A
trecentomila franchi in tutto, salvo le spese.
- E voi chiamate giustizia tutto questo?
- Proprio cos.
- Esemplare davvero!
- Non altrimenti, mio povero amico. Vi persuadete che la
soluzione meno facile di quanto lo pensavate? La contessa Ferraud
potrebbe anche sostenere il diritto di conservare per s quanto
l'Imperatore ebbe a restituirle.
- Dal momento che non vedova, il decreto di donazione
nullo...
- D'accordo. Ma tutto opinabile. Ascoltatemi. In questa
situazione, io ritengo che una transazione sarebbe per entrambi
quanto si pu sperare di meglio. E a voi toccherebbe una sostanza,
in definitiva, assai maggiore di quella alla quale avreste
diritto.
- Insomma, dovrei vendere mia moglie...
- Con una rendita di ventiquattromila franchi, nelle condizioni
in cui vi trovate, non vi sar difficile trovare una compagna che vi
si addica e che, soprattutto, vi renda felice. Ho deciso di vedere
oggi stesso la contessa Ferraud; voglio sondare il terreno; ma ho
ritenuto mio dovere di parlarvene prima...
- Verr con voi...
- No, no, colonnello. In questo stato, no. Il vostro... processo
sarebbe perduto senz'altro!
- Ma potr poi sicuramente vincerlo?
- Credo di s. Dovete riflettere, caro colonnello Chabert, su di
un altro punto. Io non sono ricco, e le mie prestazioni non
potranno essere subito soddisfatte. Se i tribunali vi assegneranno
una provvisionale, cio un anticipo sulla somma totale, voi potrete
riscuoterla soltanto dopo le constatazioni legali circa la vostra
identit di conte Chabert, grande ufficiale della Legion
d'onore...
24
-
- Oh, bella, non ci pensavo pi; sono grande ufficiale della
Legion d'onore - comment ingenuamente il colonnello.
- Fino a quel momento - riprese Derville bisogner pur agire,
pagare degli avvocati, iniziare e concludere atti, far muovere
degli uscieri, e, in pi, vivere. Solo per le istanze d'impianto
occorreranno, all'incirca, dodici o quindicimila franchi. Io non
dispongo di tale somma, schiacciato come sono dal peso di interessi
che devo corrispondere a chi mi ha anticipato il denaro occorrente
all'inizio di una carriera. E voi, dove troverete le somme che sono
necessarie?
Grosse lacrime sgorgarono dagli occhi stanchi del povero soldato
solcando le sue gote raggrinzite. Davanti a tante difficolt, come
avere coraggio? La societ e la giustizia costituivano per lui un
incubo.
- Andr presso la colonna di piazza Vendome e grider a tutti:
"Sono il colonnello Chabert, Chabert che ha sfondato il quadrato
dei Russi a Eylau!". Quel bronzo mi riconoscer, ne sono
sicuro...
- E gli altri vi rinchiuderanno a Charenton.
A quel nome tanto esecrato, l'esaltazione del militare si
plac.
- Ma non si potrebbe tentare presso il Ministero della
guerra?
- Oh, gli uffici! Nessuno vi impedisce di metterci piede, ma
munito di regolare atto che dichiari nullo e non avvenuto il vostro
decesso. I burocrati sono oggi i peggiori nemici dei vecchi quadri
dell'Impero!
Il colonnello non fiat; rimase immobile, guard attorno di s
senza pi vedere, oppresso da un disperato dolore. La giustizia
militare pi agile, schietta, rapida; decide alla turca, ma giudica
quasi sempre con equit; e questa giustizia era la sola che Chabert
conoscesse. Ora, accorgendosi di esser in un dedalo di difficolt
dalle quali non era facile cosa l'uscirne, considerando le spese da
sopportare per destreggiarsi in esso, si sent come mortalmente
colpito in quella che la pi grande forza dell'uomo, la volont. Gli
sembr impossibile una vita trascorsa in litigi; meglio, cento volte
meglio campare in povert, mendicando, oppure tentare l'ingaggio
come cavaliere, semmai qualche reggimento potesse ancora
accoglierlo.
Le sofferenze fisiche e morali avevano ormai consunto il suo
potere di resistenza. Era malato di un male che la medicina non
classifica, di un male che non ha un focolaio, una sede
particolare, diffuso e vagante come certe affezioni nervose, un
male che dovrebbe essere chiamato: lo "spleen" della
disperazione.
Per quanto grave fosse, la guarigione era ancora possibile e
dipendeva da una favorevole conclusione di quella triste
vicenda.
Per distruggere totalmente la forte fibra del vecchio sarebbe
bastato un nuovo ostacolo, un fatto imprevisto; la sua resistenza
gi cos indebolita avrebbe lasciato libero campo al manifestarsi di
quelle esitazioni, di quelle incoerenze che i fisiologhi
riscontrano negli esseri debilitati dal dolore.
25
-
Il profondo abbattimento nel quale era caduto il vecchio fece
esclamare a Derville: - Su, su, coraggio; la soluzione non potr che
essere favorevole. Desidero tuttavia che mi diciate sinceramente se
vi fidate in tutto e per tutto di me e se accetterete senza
discutere quanto star per fare nel vostro interesse.
- Mi rimetto a voi...
- Sta bene, ma lo dite con voce di uno che sia trascinato al
patibolo.
- Non sar forse privato del mio stato, del mio nome? E'
tollerabile questo?
- Io vedo le cose in un modo diverso. Noi potremo tentare un
componimento amichevole, ottenere un giudizio che annulli l'atto di
morte e quello di matrimonio in modo che voi riacquistiate in pieno
i vostri diritti. Voi potreste anche ottenere, con l'aiuto dello
stesso Ferraud, di essere reintegrato nei quadri dell'esercito e di
riscuotere una pensione.
- E cos sia! io mi fido completamente di voi.
- Mi rilascerete una procura, s'intende. Coraggio e
arrivederci.
Se vi mancasse del danaro, sono a vostra disposizione.
Chabert strinse con calore la mano dell'avvocato e rimase
addossato al muro, senza la forza di accompagnare il suo
protettore, se non con lo sguardo riconoscente. Come avviene di
tutti quelli che non hanno molta dimestichezza con il giure, egli
era affranto per tutte le difficolt che veniva incontrando.
Durante il colloquio, Chabert aveva notato, oltre i pilastri
della porta carraia, la presenza di un uomo che sembrava aspettasse
la partenza di Derville per avvicinarglisi. Si trattava di un
vecchio, in giacchetta bleu, con un grembiule bianco a pieghe del
tipo comune ai trattori e con un berretto di lontra. Il suo viso
incavato e rugoso mostrava sul bruno della pelle quel rossore
caratteristico di chi compie estenuanti lavori all'aria aperta.
- Scusate il mio ardire - disse fermando Derville con un braccio
- ma mi sono convinto, solo al vedervi, che voi siete un amico del
nostro generale.
- E come pu interessarvi? chi siete? - ribatt l'avvocato.
- Sono Vergniaud, Luigi Vergniaud. Ho da scambiare con voi due
sole parole.
- Ah, siete voi che avete offerto a Chabert quel magnifico
alloggio?
- -Vogliate credermi, gli ho ceduto la stanza migliore. Gli
avrei dato la mia, sicuro, la mia, se avessi potuto disporre di
un'altra; avrei magari dormito nella stalla. Ci pensate... un uomo
che ha sofferto quanto lui, che insegna a leggere ai miei
fringuelli, un generale, un egiziano, il primo tenente che io ho
avuto sotto le armi! La sua stanza la migliore fra tutte. Ho diviso
con lui tutto quello che ho; certo, non molto, del pane, del latte,
delle uova. Bah! alla guerra come alla guerra. Cuore alla mano.
Tuttavia egli ci ha fatto dei torti...
- Lui?
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-
- Sicuro, proprio lui... dei torti. Mi sono sobbarcato al peso
di questo commercio; al disopra delle mie forze. Lui mastica amaro
e mi governa il cavallo! Mi oppongo... "Mio generale, voi siete
matto!". "Oh", mi risponde, "debbo vivere a ufo?". E' un pezzo che
ho imparato come si liscia il pelo a un coniglio. Io mi ero messo
d'accordo con un certo Grados per un prestito sulla mia
vaccheria.... ma lo conoscete questo Grados...?
- Mio buon uomo, io non ho molto tempo per starvi ad ascoltare.
Ma non mi avete spiegato quali siano i torti del colonnello...
- Torti, come vero che mi chiamo Luigi Vergniaud e com' anche
vero che mia moglie ne ha pianto. E' venuto a sapere dai nostri
vicini che non abbiamo il becco d'un quattrino per pagare i debiti.
Che ha fatto? Quel soldataccio ha utilizzato tutto quanto voi gli
passate e ha pagato lui. Una prodezza... E non immaginavamo
neppure, mia moglie e io, che in quel modo s'era ridotto a non
avere un pizzico di tabacco; e non se ne lamentava.
Ma ora, caschi il mondo, ogni mattina trova i suoi sigari.
Venderei tutto per procurarglieli. Questi sono i suoi torti.
Ecco, ho saputo che siete un uomo di gran cuore, non potreste
prestarmi un centinaio di scudi garantiti sullo stabilimento, in
modo da potergli acquistare degli abiti, da mettere in ordine la
sua stanza? Egli ha creduto di sdebitarsi e, in definitiva, ci ha
indebitati... e contrariati. Non doveva farlo, lui, un amico!
Parola di galantuomo, com' vero che mi chiamo Luigi Vergniaud,
andrei a ingaggiarmi piuttosto di non fare onore ai miei
impegni...
Derville squadr il vecchio, poi arretrando di qualche passo gir
lo sguardo all'intorno: casa, cortile, concimaia, stalla, conigli,
marmocchi...
- E' fin troppo evidente che l'onest non si accompagna sempre
alla ricchezza - comment.
Poi, rivolto a Vergniaud: - Sta bene, avrete i cento scudi e
qualche cosa di pi. Ma non sar io a darveli; il colonnello
abbastanza ricco per potervi aiutare e io non voglio privarlo di
questa giusta soddisfazione.
- E lo potr far presto?
- Certamente.
- Sia ringraziato il cielo! Mia moglie ne sar felice, e
come!
Il viso abbronzato di Vergniaud si illumin di gioia.
- Ora dobbiamo filare dritti dal nostro avversario- pens
Derville rimontando in carrozza. - Non scoprire il proprio gioco,
indovinare quello dell'avversario e fare il colpo maestro.
Intimorirla? No, una donna. E poi, di che s'intimoriscono oggi
le donne? Esse non temono che...
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-
Studi attentamente la situazione della contessa, con quel
procedimento mentale proprio dei grandi uomini politici che, nel
concepire i loro piani, cercano di penetrare nei pi riposti segreti
della politica avversaria.
Gli avvocati, sotto un certo punto di vista, possono essere
considerati come uomini di Stato incaricati di trattare gli affari
privati.
A questo punto, necessario un breve cenno sui rapporti esistenti
tra il conte Ferraud e sua moglie per mettere in luce la geniale
abilit dell'avvocato.
Il conte Ferraud era figlio d'un antico consigliere parlamentare
a Parigi. Emigrato sotto il Terrore, aveva salvato la testa e
perduto le sostanze. Tornato in patria sotto il Consolato, si
mantenne fedele a Luigi Diciottesimo, alla cui corte era vissuto
suo padre. Apparteneva quindi a quei gruppi del quartiere Saint-
Germainche resistettero orgogliosamente alle seduzioni
napoleoniche.
Il giovane conte era molto stimato - in quel tempo era
semplicemente il signor Ferraud - tanto da attrarre l'attenzione di
Napoleone, il quale, come ognuno sa, era altrettanto fiero di poter
conquistare l'aristocrazia quanto di redigere un bollettino di
vittoria. Venne promessa al conte la restituzione dei beni, la
reintegrazione dei titoli nobiliari, gli si fece balenare la
prospettiva di un ministero, di un posto al senato. L'imperatore
fall il suo scopo. Ferraud, all'epoca della morte del conte
Chabert, era un giovane signore sui ventisei anni, privo di
fortuna, piacente nell'aspetto, intraprendente; una gloria,
insomma, del quartiere Saint-Germain. La contessa di Chabert, dal
canto suo, aveva cos ben manipolato la successione alla morte del
marito che dopo soli diciotto mesi di vedovanza, la sua rendita era
salita a quarantamila franchi circa. Il suo matrimonio con il
giovane conte non dest alcuno scalpore nell'ambiente del quartiere
Saint-Germain, in quanto rispondeva felicemente alle idee dominanti
in materia. Napoleone restitu alla Chabert la parte di eredit che
era toccata al fisco e ancora una volta il suo disegno and a
vuoto.
La signora Ferraud non vedeva soltanto nel marito l'uomo che si
ama, ma anche uno strumento per entrare in quella societ molto
disdegnosa che, pur non godendo pi dell'antico prestigio, era pur
sempre dominante presso la corte imperiale. Ogni vanit e ogni
stimolo passionale erano in ugual misura soddisfatti. La signora
Ferraud stava per diventare, sotto ogni rapporto, una "donna di
conto". Quando nel clan del quartiere Saint-Germain si seppe che il
matrimonio non significava diserzione, i salotti accolsero la sposa
del giovane conte. Venne la Restaurazione. La fortuna politica del
Ferraud non fu rapida. Egli si rendeva conto della particolare
situazione in cui si trovava il Sovrano e attese accortamente che
l'"abisso delle rivoluzioni fosse colmato", una frase, pronunciata
dal Re, che suscit tanti sarcasmi da parte dei liberali e che aveva
un recondito significato politico. A ogni buon conto l'istanza di
cui abbiamo citato una lunga frase clericaleggiante all'inizio di
questo nostro racconto aveva procurato al Ferraud la restituzione
di due boschi e di un fondo il cui valore si era molto accresciuto
durante il sequestro. Al momento attuale, quantunque egli fosse
Consigliere di Stato e Direttore generale, poteva considerare la
sua posizione come un promettente inizio di fortuna politica.
Assillato da un'ambizione sfrenata, si era messo al fianco un
avvocato dissestato, di nome Delbecq, uomo di abilit diabolica che
conosceva a meraviglia tutti i sotterfugi litigiosi, affidandogli
la cura dei suoi affari privati. Il furbo leguleio, conscio della
sua posizione privilegiata, ostentava una onest disinteressata,
sperando di sfruttare un giorno o l'altro la sua nuova posizione
presso il conte, i cui beni erano oggetto delle sue cure! La sua
condotta mascherava cos bene i suoi veri propositi che ogni
sfavorevole giudizio sul suo passato sarebbe apparso
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-
calunnia. Con il fiuto e la scaltrezza che costituiscono in
diversa misura le armi di tutte le donne, la Contessa aveva intuito
la vera natura del suo amministratore e sapeva trattarlo con arte
cos sottile da cavarne, come primo risultato, un ragguardevole
accrescimento della sua fortuna personale. Era riuscita, infatti, a
convincere Delbecq sulla sua autorit coniugale a tal punto da
assicurargli un posto di presidente di tribunale di prima istanza
in una delle maggiori citt di Francia se avesse accudito con zelo
ai suoi interessi. La promessa di una carica inamovibile, la
conseguente possibilit di un buon matrimonio e la probabilit di
conquistare, con pi elevate funzioni, anche uno scanno di deputato,
tutte queste prospettive fecero di Delbecq l'anima dannata della
Contessa. Cominci con lo sfruttare tutte le favorevoli congiunture
della Borsa e il rialzo dei beni fondiari che si verific a Parigi
durante i primi tre anni della Restaurazione.
Egli riusc in tal modo a triplicare il capitale della sua
protettrice, un compito che gli era stato in tutti i modi
facilitato dalla nobildonna stessa. Gli emolumenti spettanti al
marito erano da lei utilizzati per le spese domestiche, e le
proprie rendite regolarmente capitalizzate. Delbecq si prestava a
tali forme di avarizia senza tuttavia spiegarsene la ragione;
uomini come lui non ficcano il naso se non nelle cose dalle quali
sanno di trarre un utile. D'altra parte, quella sete di ricchezza
era comune a tante parigine e poteva sembrare indispensabile per
sostenere le ambizioni del conte; tanta avidit era forse una
conseguenza dello stesso attaccamento per il conte, del quale era
pi che mai innamorata.
La contessa teneva celati i suoi propositi nel pi profondo del
cuore. Segreti che avevano per lei il valore della vita e della
morte. In essi sta il filo di questo racconto.
Sull'inizio del 1818, la Restaurazione sembr del tutto
consolidata; le nuove dottrine politiche, accettate dagli spiriti
eletti, lasciavano presagire un'era di prosperit per la
Francia.
La societ parigina mut volto. La contessa Ferraud aveva
contratto un nuovo matrimonio che riassumeva felicemente l'amore,
la ricchezza e l'ambizione. Giovane e piacente, la Ferraud viveva
la vita di corte, come un'aristocratica di primo piano. La sua
ricchezza personale unita a quella di un marito, che vantava
l'amicizia del Re e pareva destinato alla carica di ministro, le
consentiva di brillare nell'aristocratico splendore di
quell'ambiente. Ma il suo trionfo di donna fu, a un tratto,
offuscato da una gravissima crisi morale. Ci sono aspet