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2. L’ArChitetturA deL sAntuArio 2.1 iL sAntuArio di CAsA BiAnCA: desCrizione e restituzione ArChitettoniCA PreLiminAre Premessa Gli scavi nell’area di Casa Bianca (figg. 23-24) hanno permesso da una parte una maggiore cono- scenza del complesso architettonico che occupava questo settore della città, limite orientale dell’insediamento verso il mare, e dall’altra hanno consentito di realizzare un programma organico di interventi di restauro e valorizzazione dell’area. L’area indagata di Casa Bianca prima dell’intervento della sAiA era delimitata da una sponda mistilinea che accentuava un senso di frammentarietà dei resti archeologici, rendendo difficile una lettura organica delle strutture (fig. 277). L’attività di scavo ha portato ad un ampliamento dell’area ad ovest e alla messa in luce del santuario m. Contestualmente, la regolarizzazione delle sponde che circondano l’area scavata, la creazione di punti accesso e di sosta, il livellamento del terreno, così come le opere di anastilosi e parziale ricostruzione di alcuni settori del santuario m, hanno restituito un’immagine più unitaria e leggibile dell’area. ASAA LXXXIX, serie III, 11, tomo II, 2011, 23-112 Fig. 23 - Pianta di Casa Bianca con identificazione cronologica delle due principali campagne di scavo
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2012. Il santuario di Casa Bianca: descrizione e restituzione architettonica preliminare

May 15, 2023

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2. L’ArChitetturA deL sAntuArio

2.1 iL sAntuArio di CAsA BiAnCA: desCrizione e restituzione ArChitettoniCAPreLiminAre

Premessa

Gli scavi nell’area di Casa Bianca (figg. 23-24) hanno permesso da una parte una maggiore cono-scenza del complesso architettonico che occupava questo settore della città, limite orientale dell’insediamento verso il mare, e dall’altra hanno consentito di realizzare un programma organicodi interventi di restauro e valorizzazione dell’area.

L’area indagata di Casa Bianca prima dell’intervento della sAiA era delimitata da una spondamistilinea che accentuava un senso di frammentarietà dei resti archeologici, rendendo difficile unalettura organica delle strutture (fig. 277). L’attività di scavo ha portato ad un ampliamento dell’areaad ovest e alla messa in luce del santuario m. Contestualmente, la regolarizzazione delle spondeche circondano l’area scavata, la creazione di punti accesso e di sosta, il livellamento del terreno,così come le opere di anastilosi e parziale ricostruzione di alcuni settori del santuario m, hannorestituito un’immagine più unitaria e leggibile dell’area.

ASAA LXXXIX, serie III, 11, tomo II, 2011, 23-112

Fig. 23 - Pianta di Casa Bianca con identificazione cronologica delle due principali campagne di scavo

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Per quanto attiene più in particolare il settore occidentale, sono stati individuati tre principaliedifici (fig. 25), solo in minima parte noti dagli scavi degli anni ’70. i tre edifici sono stati definiti,da ovest verso est, come edificio n, santuario m ed edificio F. L’andamento della sponda setten-trionale dell’area di scavo, obliquo rispetto all’orientamento delle strutture, ha lasciato parte dellestrutture ancora sotto terra (fig. 24). di fatto procedendo da est verso ovest la superficie delle strut-ture messe in luce diminuisce progressivamente, per cui il limite settentrionale del santuario m,ivi compreso parte del tempio collocato nel cortile, rimane ancora sotto la sponda, mentre granparte di n, la cui estensione verso nord è tutta da indagare, è stato messo in luce in maniera ancoramolto limitata. Per contro gli scavi hanno permesso di definire l’estensione esatta degli edificisulla plateia B (orientata in senso est-ovest). Particolarmente rilevante per la conoscenza della to-pografia della città sono stati la messa in luce dell’incrocio fra la plateia B e la plateia E e le in-dagini magnetometriche condotte dall’imAA di Potenza, in quanto hanno permesso di sostanziarele considerazioni sulla maglia “ippodamea” della città, aggiungendo nuova evidenza agli scavicondotti in località “oasi”, circa m 350 a nord di Casa Bianca1.

nel testo che segue2 vengono analizzati i tre edifici del settore occidentale di Casa Bianca;l’analisi del santuario m è stata condotta in maniera più approfondita, sia per la maggiore quantitàdi dati archeologici e architettonici disponibili, sia per la necessità di realizzare gli interventi divalorizzazione delle strutture.

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Fig. 24 - identificazione e restituzione planimetrica delle principali strutture emerse dagli scavi di Casa Bianca

1 V. e. Carando in GreCo - LuPPino 1999, 143-145.2 L’analisi e le ipotesi ricostruttive qui presentate sono il

frutto di un lavoro di gruppo fra archeologi e architetti, sottola direzione di emanuele Greco. sono particolarmente grato

a simone marino e Alessandro d’Alessio per le proficuediscussioni. il rilievo e l’analisi degli edifici è stata svoltacon ottavia Voza. nel testo sono confluite le osservazioniscaturite dai reciproci e frequenti scambi di opinioni.

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L’edificio N

descrizione generale

L’edificio n insiste su un’area collocata ad ovest del santuario m (fig. 26). Le strutture scavatefino ad oggi permettono di identificare le seguenti parti principali:

– un recinto che delimita ad ovest e a sud l’area di pertinenza dell’edificio;– il tempietto P;– una serie di piedistalli allineati.

i limiti dell’edificio n sono dettati dal santuario centrale m, che lo delimita a nord e ad est, edalle plateiai B ed E, che lo delimitano sugli altri due fronti. rimane comunque incerta l’estensionedel santuario sotto l’attuale sponda dell’area di scavo, corrispondente al settore nord-occidentaledel santuario. i saggi in profondità hanno permesso di individuare alcune strutture di età precedenteche sono state modificate e parzialmente obliterate quando il limite del santuario fu esteso verso

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Fig. 26 - Pianta restituita dell’edificio n

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sud e il fronte strada fu allineato a quello di m ed F. il tempietto P e i piedistalli dell’ultima faseedilizia sembrano essere in continuità con le strutture di età precedente, come emerge dall’analisistratigrafica3.

il recinto

il recinto è realizzato con un muro in opera incerta di ciottoli di fiume, di cui i più grandi misuranom 0,25 x m 0,35 ca. sul lato ovest, nelle parti più basse del muro sono impiegati basoli più grandi.Lo spessore della muratura è pari a m 0,59. La struttura è costruita con attenzione, con paramentiben ammorsati al nucleo cementizio; ciò nonostante essa fu rinforzata con pilastri che si addossanoal muro, che a ben vedere non sono ammorsati nella parete. nei pilastri sono reimpiegate tegolefratte, una caratteristica che si riscontra in diverse strutture di età imperiale avanzata di Copia, lapiù prossima delle quali è il sacello di iside (w1.2), che ha occupato una parte dell’ambiente (w1)dell’edificio F. i pilastrini poggiano su di una fondazione in conglomerato. solo sul lato ovest siconserva l’alzato, mentre sul lato sud si conservano a livello di fondazione. su questo lato si con-tano cinque fondazioni di pilastro, che misurano m 0,64-0,74 di larghezza x m 0,63 di profondità.sul lato ovest l’unico pilastro visibile (fig. 27), presenta una fondazione poggiata direttamente sulbasolato della strada, a dimostrazione della sua seriorità. Quest’ultima fondazione misura m 0,70x m 0,64, mentre il pilastrino in tegole misura m 0,46 x m 0,49. La quota di spiccato della pareteche delimita il santuario sembra essere coerente con il basolato della plateia E, che si trova am -1,50. si può notare che i basoli della canalina di scolo della plateia E poggiano contro la paretedi n (fig. 27), per cui furono collocati dopo la costruzione del recinto. Viceversa la quota deipilastri di rinforzo imposta molto più in alto, a quota m -1,25. Lo spiccato più alto dei pilastriniindica come le opere di rinforzo, databili al ii sec. d.C.4 furono realizzate quando la strada era ri-

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Fig. 27 - Angolo sud-ovest dell’edificio n, con in primo piano due delle fondazionidei contrafforti esterni e due basoli paracarro

3 V. infra, par. 3.1.4. 4 V. m. rocco in Sibari 2006, 1030.

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coperta da uno strato di terreno. Contro lo spigolo sud-occidentale del recinto sono collocati duebasoli para-carro (fig. 27).

La struttura del recinto poggia contro il muro del santuario m. A m 4,10 dallo spigolo sud-oc-cidentale di quest’ultimo, si apre un accesso ampio m 3. il varco è sottolineato da due risvolti or-togonali al muro, orientati verso nord, larghi m 0,40 e lunghi m 1,20. La soglia si conserva soloparzialmente; rimangono invece in situ due blocchi rettangolari larghi m 0,31 e profondi m 0,51,arretrati m 0,46 dal fronte strada, con i fori per i cardini della porta. Verso lo spigolo sud-occiden-tale del recinto di n, nel muro sud, si apre un varco coperto da un archetto laterizio di fattura moltogrossolana, ampio m 0,295. nel varco corre una fistula plumbea proveniente dalla plateia B. Questaosservazione è importante per stabilire che l’acquedotto giungeva da ovest e che la rete di distri-buzione era collocata sulla plateia B. d’altra parte nell’area di “Prolungamento strada” è stata datempo messa in luce una torre di pressione delle acque, collocata sull’incrocio con la plateia C,a circa m 280 dallo spigolo sud-occidentale di n.

il tempietto P

e’ composto da una cella ed un prostilo a due colonne (fig. 28). e’ orientato in direzione nord-sud, in posizione decentrata rispetto all’ingresso sulla plateia B, il cui stipite est è allineato con illato occidentale del tempietto. L’intera costruzione misura m 11,19 × m 4,75.

La cella è costruita in opera quadrata ed è delimitata da un muro ad u di spessore pari a m0,47. i muri longitudinali, compresi i due pilastri di testata, erano lunghi m 8,59. delle pareti siconserva solo il primo filare di spiccato, formato da conci accostati uno all’altro, senza grappe.Le facce verticali presentano una lavorazione concava che facilitava l’accostamento tra i blocchi(fig. 29). Anche la faccia d’attesa è lavorata con una fascia centrale grossolanamente ribassata conlo scalpello. sono risparmiate due fasce perimetrali piane, larghe m 0,10-0,12. non si conservanotracce di malta sulla faccia d’attesa, tali da giustificare il ribassamento della superficie centraledei conci. il paramento è contraddistinto da segni verticali realizzati con un punteruolo. Ampietracce di intonaco, spesso m 0,02 e dipinto di rosso, sopravvivono sia sul paramento interno chein quello esterno.

Le fondazioni del muro della cella sono formate da conci di larghezza superiore a quella delmuro della cella. sul lato orientale si è potuto osservare che i conci poggiano su di una strutturain opera quadrata precedente (fig. 30) che, pur avendo lo stesso allineamento, è lievemente arretratarispetto all’alzato del tempietto P e presenta una lavorazione fine a gradina. Più in particolare, inprossimità dello spigolo sud-orientale del tempietto P si nota che questi conci di età precedentenon sono allineati secondo un unico piano, ma sono collocati con sporgenze e arretramenti reci-proci. tali blocchi, pertanto, devono appartenere alle fondazioni di una struttura precedente il cuilimite orientale e settentrionale coincide con quello del tempietto P, ma della quale non è possibiledefinire né l’estensione né la planimetria. il saggio in profondità condotto all’esterno del lato op-posto6 ha permesso di scoprire un filare di blocchi di fondazione sbozzati, collocato appena sottol’euthynteria, evidentemente diverso da quelli visibili sul lato est. inoltre, su questo lato è statamessa in luce una fondazione in ciottoli parallela al tempietto P su cui si innesta ad ovest un muroortogonale (fig. 31). La fondazione è collocata a m 0,60 sotto lo spiccato del tempietto P ed evi-dentemente appartiene ad una costruzione precedente.

sulle testate meridionali dei muri della cella erano due pilastri, di cui quello di sinistra, l’unicoconservato, misura m 35,5 × m 42,5. i pilastri erano poggiati su due plinti molto più ampi e indi-pendenti dalle fondazioni della cella (fig. 32).

il fronte della cella, ampio m 3,91, era del tutto aperto verso sud (fig. 32). L’apertura è sottoli-neata da una soglia composta da due blocchi di calcarenite, di lunghezza m 1,92 ca. ognuno e lar-ghezza pari a m 0,49. una fascia rialzata di m 0,035 e larga m 0,31 creava una battuta per le ante,

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5 Apertura interpretata come sbocco di una fogna, primaancora di essere riutilizzata per l’adduzione dell’acqua al-l’edificio. V. m. rocco, ibidem.

6 si anticipano in via del tutto preliminare alcune consi-

derazioni emerse in seguito alla campagna di scavo del2012, in particolare il sondaggio 8 effettuato lungo il latoovest del tempietto P.

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Fig. 28 - Pianta caratterizzata del tempietto P

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Fig. 29 - Parete ovest del tempietto P. A) piano di attesa del primo filare del muro in opera quadrata con anatirosiorizzontale. B) pavimento in cocciopesto dell’interno della cella. C) resti di intonaco dipinto

Fig. 30 - Fondazioni del muro est del tempietto P. i tre filari più bassi appartengonoad un edificio precedente, da nord-est

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Fig. 31 - Fondazione in ciottoli parallela al tempietto P a cui si innesta ad ovest un muro ortogonale

Fig. 32 - il prostilo del tempietto P da ovest

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forse lavorate a graticcio, considerato che non siamo tanto in presenza di una vera e propria porta,ma di una ampia apertura chiusa da pannellature che sicuramente permettevano la vista della cella.La fascia antistante, più bassa, era larga m 0,15. Alle due estremità della soglia sono gli scassi pergli stipiti lignei in cui erano le cerniere per i pannelli. sulla fascia rialzata sono inoltre i resti dielementi in ferro fissati nel piombo, sicuramente utilizzati per bloccare a terra le ante. Accanto aquella centrale è un foro rettangolare (m 0,03 × m 0,04) profondo m 0,03, anch’esso appartenenteal sistema di chiusura.

L’interno dell’aula presenta ancora tracce della pavimentazione in cocciopesto, realizzata conframmenti di laterizio di grandezza massima pari a m 0,03. L’area centrale del pavimento è sfondatae lascia una fascia perimetrale a livello, sul lato ovest larga m 0,34-0,36, sui lati nord ed est largam 0,20 ca, forse per la presenza di blocchi di fondazione anche sotto questi tratti di pavimentazione.

davanti alla cella è uno spazio rettangolare prostilo. Lo spazio è delimitato da lastre perimetralie da due plinti quadrati (m 1x1 ca quello ovest; m 1 × 1,2 ca. quello est) collocati sui vertici sud-est e sud-ovest del rettangolo (fig. 32). sui plinti poggiano due basi di colonna, alte m 0,23 e for-mate da una modanatura composta da una successione cavetto-scozia-toro, con listelli di cinquemillimetri di altezza che separano i diversi elementi. Al di sopra del toro vi è lo sguscio di raccordocon l’imoscapo della colonna, che misura m 0,53 di diametro. L’area delimitata dalla soglia, dallelastre e dai plinti era pure pavimentata con cocciopesto, poggiato su una ruderatio in laterizio di-sposto a coltello.

All’interno della cella, oltre ad elementi in crollo, fra cui l’iscrizione dei prefetti, sono stati ri-trovati tre elementi poggiati sul pavimento.

Quello centrale è un plinto modanato che giace riverso a terra; la base misura m 0,56 × m 0,49ed era alto m 0,58. Gli altri due elementi, probabilmente due basi di piedistallo, erano poggiaticontro le pareti laterali.

Quello ovest, forse ruotato dalla collocazione originale, misura m 0,73 × m 0,45 ed è alto m0,21. il corpo del piedistallo misurava m 0,45 × m 0,31 ca. solo tre lati erano lavorati, il quartolato, verticale e attualmente rivolto a nord, poteva essere originariamente poggiato contro le paretidel tempietto. La modanatura è composta da un plinto alto m 0,095, un listello di m 0,015 e unampio cavetto.

Quello est, alto m 0,28, è poggiato contro la parete del tempietto e misura m 0,50 × m 0,56,con una modanatura simile a quello occidentale, composta da plinto e sguscio. il corpo del piedi-stallo misura m 0,32 × m 0,39. Ad esso possono essere associati due blocchi ritrovati in crollo neltempietto P, di m 0,21 di altezza e che composti potrebbero essere collocati proprio sulla partesommitale del piedistallo. i due blocchi infatti presentano una modanatura solo su tre lati, mentreil quarto, che doveva poggiare contro la parete, è sbozzato. Le misura m 0,36 × 0,46 della partecollegata al corpo del piedistallo risulta lievemente superiore a quello della parte inferiore.

Le preesistenze

Ad ovest del tempietto P sono emerse delle strutture appartenenti a precedenti fasi costruttive, inparte obliterate nella sistemazione di età imperiale. in particolare è stato ritrovato un muro di fon-dazione orientato est-ovest, corrispondente al fronte sulla plateia B, prima che questo fosse avan-zato, in età imperiale, sullo stesso allineamento del santuario m. si tratta di un muro spesso m0,50, realizzato con fondazioni blocchi di calcarenite e alzato in ciottoli. nel muro si apriva unpassaggio ampio m 2,50, ad est del quale si colloca un altro muro, più sottile (m 0,45 in fondazionee m 0,40 in alzato), anch’esso con fondazione in blocchi e alzato in ciottoli (fig. 33-B). L’ingressoè fiancheggiato da due pilastri, m 0,50 × m 0,50 ca., collocati sul lato interno del muro, parimentieseguiti con fondazione in blocchi e alzato in ciottoli. All’insieme costruttivo appartiene anche ilmuro in ciottoli messo in luce ad ovest del tempietto P (fig. 31), che si colloca alla medesima quotadegli altri muri in ciottoli (m -2,15 s.l.m.). si tratta pertanto di strutture che furono rasate quandosi avviò il programma di rinnovamento architettonico del santuario, in età imperiale. in fase conqueste murature sono anche alcuni pilastri, allineati in senso est-ovest e paralleli al recinto, il cuiimpiego permane nella fase imperiale, quando furono rimaneggiati ed adattati alle quote più altedel santuario.

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ipotesi ricostruttiva dell’edificio n

La limitata estensione degli scavi in questo settore di Casa Bianca, dovuta, come si è detto, allavicinanza della sponda che delimita a nord l’area indagata, non consente di definire la planimetriadi questo santuario.

dai dati disponibili, emerge che in età repubblicana l’estensione del complesso era certamentediversa da quella di età imperiale, quando l’area del santuario si espanse verso sud e verso ovest,a danno delle plateiai B ed E, e quando venne ad insediarsi il santuario m.

in fase tardo repubblicana, pertanto, l’edificio n era racchiuso da un recinto che si allineava aifronti casa delle strade ellenistiche di thurii, con un ampio ingresso, ad est del quale, nell’areadel tempietto P, possiamo presumibilmente collocare le strutture sacre. in età imperiale il restrin-gimento delle plateiai B ed E consentì un allargamento del santuario verso sud, pari a m 10 ca.L’ingresso, la cui ampiezza rimase pressoché invariata, fu trasferito più ad est, in posizione co-munque non allineata con il tempietto P. tali interventi avvennero quando la costruzione del san-tuario m era stata ultimata.

un elemento significativo, soprattutto per la definizione dell’estensione del santuario m, è lapresenza del muro di fondazione in cementizio subito a nord del tempietto P, largo m 0,82, che indicala presenza di una ala nord-occidentale del santuario m, a danno dell’area occupata dall’edificio n.Quando il tempietto P venne costruito si venne pertanto a collocare in uno spazio delimitato a sud adest e a nord dal muro perimetrale di m. il tempietto P era una costruzione piuttosto semplice, conuna cella di m 3,81 × 7,32, un fronte totalmente aperto verso un prostilo distilo, con un tetto ligneo.

Il santuario delle divinità orientali (M)

L’edificio collocato tra n e F è il nucleo centrale del santuario di cui si riconoscono sette principaliparti (fig. 34): 1) un propylon; 2) un cortile interno; 3) un portico disposto attorno al cortile; 4)una gradinata che raccorda il portico al cortile; 5) un podio che interrompe la gradinata al centrodel lato corto; 6) due aule collocate ad est e ad ovest del portico; 7) il tempio o, su podio.

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Fig. 33 - Le strutture della fase pre-imperiale nell’edificio n. A) battuto della plateia B. B) muro nord-sud collocatoad est dell’ingresso all’edificio n eseguito con fondazioni in calcarenite ed alzato in ciottoli.

C) angolo sud-ovest del tempietto P

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Fig. 34 - Pianta restituita del santuario m

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descrizione delle strutture del tempio

Lo scavo del cortile del santuario ha messo in luce il podio di un tempio collocato di fronte all’in-gresso al santuario, in posizione arretrata, così da lasciare uno spazio libero fra il lato sud delcortile e il tempio. del tempio si conserva solo una piccola parte del podio e, più precisamente, laparte corrispondente al prostilo con la scalinata d’accesso. Questa struttura era composta da mu-ratura in opera quadrata, opera cementizia e riempimenti di materiale incoerente (fig. 35). Lo spo-glio sistematico del materiale lapideo ha lasciato solo l’ossatura in cementizio e il riempimentodel podio e un numero esiguo di blocchi di calcarenite ancora in opera (fig. 36). L’ingombro delpodio è indiziato dalla platea di fondazione che, nella parte corrispondente alla cella, si trovaancora sotto alla sponda che delimita l’area scavata.

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Fig. 35 - il tempio o. A) muro in cementizio che sosteneva la parete sud della cella del tempio.B) ringrosso in cementizio del muro in opera quadrata del podio, per il sostegno della colonna mediana del prostilo.

C) riempimento del nucleo del podio con scaglie e materiale incoerente. d) struttura cementizia di sostegnoalla scalinata di accesso e al tetrastilo del fronte del tempio. e) platea di fondazione in cementizio

Fig. 36 - i resti del podio del tempio o da nord-est. A) platea di fondazione in cementizio. B) blocco in calcareniterisparmiato dallo spoglio del muro in opera in quadrata che era collocato su (A). C) muro in cementizio che sosteneva

la parete sud della cella del tempio. d) riempimento del nucleo del podio con scaglie e materiale incoerente.e) ringrosso in cementizio del muro in opera quadrata del podio, per il sostegno della colonna mediana del prostilo.

F) ricostruzione della colonna dell’angolo sud-ovest del portico santuario m

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L’ampiezza della platea di fondazione coincide sui lati lunghi con l’elevato in opera quadratadel podio, mentre sul fronte si estende di m 1,15 oltre il primo gradino in cementizio. Per la partecorrispondente alla cella del tempio la platea è coperta dalla sponda che delimita l’area di scavo, percui la sua lunghezza totale può essere solo ipotizzata. La profondità della platea è di m 0,80 ca,misura che è stata verificata nel saggio condotto sul suo angolo sud-ovest (area 23, sondaggio 1del 2005). L’opera cementizia è eseguita con ciottoli di fiume ed è gettata direttamente controterra, come si evince dall’assenza di impronte relative agli sbadacchi lignei. sulla sommità dellaplatea di fondazione si leggono le impronte dei blocchi che furono asportati.

il podio era realizzato in opera quadrata, per la parte a vista, e cementizio, per le parti non avista sottoposte ai carichi provenienti dall’alzato del tempio.

in cementizio erano il nucleo della gradinata del podio, la massicciata corrispondente al frontetetrastilo del tempio e il muro che sosteneva la parete s della cella. due ulteriori ringrossi in ce-mentizio ampliano il piano su cui poggiavano le colonne laterali del prostilo (figg. 35-B, 36-e). ilconglomerato cementizio era eseguito con ciottoli di fiume disposti per filari orizzontali e per get-tate corrispondenti all’altezza dei corsi in opera quadrata (fig. 37). sul cementizio della platea difondazione e delle parti in alzato sono rimaste le impronte dei blocchi del podio. il muro cementizioche sosteneva la parete sud della cella è largo m 0,92 e non presenta impronte di blocchi sulla suasommità (fig. 35-A). Le riprese del getto corrispondono anche in questo caso all’altezza dei concidi pietra. L’assenza di strutture in cementizio nella parte corrispondente alla cella, almeno per iltratto ad oggi scavato, dimostra che la struttura della cella era integralmente in opera quadrata e

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Fig. 37 - Particolare del nucleo del lato est del podio del tempio o. A1-A2-A3) strati del riempimento incoerentedel nucleo del podio. sulla sommità di ogni strato si notano le scaglie di pietra provenienti dalla lavorazionedei blocchi di calcarenite del muro in opera quadrata che conteneva il riempimento. B) blocco in calcarenite

risparmiato dallo spoglio del muro in opera quadrata (v. fig. 36-B). C) muro in cementizio che sostenevala parete s della cella del tempio

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porta ad escludere la presenza di un articolato e consistente apparato architettonico all’internodella cella.

il muro in opera quadrata era di profondità variabile, ma mediamente pari a m 1,20. i concierano disposti alternando un elemento di testa a due in fascia. in corrispondenza dei nuclei in ce-mentizio i blocchi raggiungevano una maggiore profondità. Lo spoglio ha risparmiato solo quattroconci: due sul lato est (fig. 36-B) e due sul lato ovest; in entrambi i casi essi sono ammorsati nelmuro sud in cementizio della cella e sono collocati sul primo filare di assise dell’opera quadrata.Questi blocchi furono risparmiati per l’evidente difficoltà di strapparli dalla loro collocazione,perché ben ammorsati nel muro cementizio e per la tenacia del cementizio stesso. si può infattinotare che in tutta l’azione dello spoglio del materiale lapideo del tempio le parti in cementizionon sono mai state scalpellate, essendo stato limitato l’intervento di spoglio ai soli blocchi facil-mente estraibili.

sul piano di attesa di uno dei conci est si conserva il foro per un perno di collegamento con ilconcio superiore (fig. 36-B). sul medesimo concio si trovano due altri fori che, per la prossimitàcon gli spigoli, sono di difficile interpretazione. inoltre il concio fu spianato solo nelle parti cherisultavano accostate ad altri conci, mentre la parte annegata nel cementizio rimase sommariamentesbozzata.

il nucleo del podio e della cella erano riempiti con materiale incoerente, composto di terrenoben compattato e scaglie provenienti dalla lavorazione della pietra. La stratigrafia dei riempimentisegue quella dei filari di opera quadrata (fig. 37, A1-A2-A3): il nucleo veniva riempito con terra,a sua volta ben compattata; la lavorazione dei blocchi del filare successivo di opera quadrata pro-duceva numerose scaglie che andavano a creare uno strato sottile che precedeva il getto successivodi terreno. La costruzione pertanto fu eseguita per piani orizzontali di opera quadrata, cementizioe riempimento di scaglie di pietra, omogeneamente realizzati per tutto l’ingombro del podio.

La massicciata cementizia che corrisponde alla scalinata e al fronte tetrastilo era ricoperta daconci di calcarenite. nella parte antistante, corrispondente alla scala, le impronte dei blocchi checomponevano la scala indiziano la presenza di due ali del podio che si protendevano ai lati dellascala, così da contenerla. Le impronte, inoltre, segnalano l’assenza di un altare all’interno dellagradinata. L’ampiezza della fondazione del podio davanti alla gradinata, indica che ai piedi di essavi era una superficie pavimentata in pietra, la cui presenza appare giustificata dall’assenza di unapavimentazione nel cortile.

nella parte corrispondente al tetrastilo la massicciata è caratterizzata da tre elementi più alti(fig. 38-B), i quali si alternano con aree più basse su cui si leggono le impronte dei conci (fig 38-A).tale alternanza dipendeva dall’impiego di due filari di blocchi in corrispondenza delle due colonnecentrali, mentre negli intercolunni ve ne era solo uno, collocato a formare lo stilobate del tempio.

interpretazione delle strutture e restituzione ipotetica del santuario

nonostante lo spoglio sistematico e capillare del materiale architettonico del santuario, la restitu-zione dell’impianto planimetrico e dell’alzato del santuario è possibile in maniera sufficientementepuntuale, grazie alle tracce ancora oggi visibili ed agli esigui, ma significativi, elementi della de-corazione architettonica.

Lo spoglio avvenne dopo il crollo dell’edificio a seguito di un evento sismico. il terremoto èdocumentato dalle ampie lesioni che spaccarono in più punti il cementizio di fondazione del portico(fig. 39) e dalle murature ribaltate, come il muro in opera mista ad ovest del propylon (fig. 45). Letrincee scavate per cavare il materiale lapideo tagliarono infatti le murature e le coperture in crollo.Le trincee si ricolmarono in seguito all’abbandono definitivo dell’area. Pochi blocchi sopravvissero allospoglio e, più di preciso, il fronte meridionale sulla plateia B, il propylon, e tre blocchi del podio(fig. 40). Questo settore fu risparmiato dallo spoglio assieme ad alcuni elementi architettonici appar-tenenti all’edificio F, trasferiti sulla plateia in attesa di un loro trasporto verso la destinazione finale.

Peculiarità dell’impianto planimetrico del santuario m è la non ortogonalità fra il fronte suddel santuario e le strutture orientate nord-sud. il rilievo planimetrico del santuario ha permesso diidentificare, infatti, una rotazione verso ovest pari a 1° ca. Conseguentemente tutte le strutture in-terne sono lievemente inclinate rispetto alla plateia B. tale rotazione è imputabile certamente aerrori di tracciamento, in quanto si tratta di valori assai modesti. Altre leggere anomalie si riscon-

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Fig. 38 - il nucleo cementizio di sostegno al fronte tetrastilo del tempio. A) impronte dei blocchi in calcarenitesu cui erano collocate le colonne. B) riempimenti in cementizio tra gli intercolunni.

C) reimpimento incoerente del nucleo del podio

Fig. 39 - Lesione aperta nella fondazione del lato ovest della gradinata del portico. A) canaletta in cementizio rivestitadi cocciopesto. B) gradinata in cementizio. C) resti dei blocchi in calcarenite, rimasti adesi al cementizio durante

le operazioni di spoglio del materiale lapideo

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trano nella costruzione del podio del tempio, il cui fronte orientale è parallelo al peristilio a diffe-renza di quello occidentale che presenta una lieve divergenza.

Poco probabile appare l’ipotesi che le irregolarità dell’impianto siano state determinate dallepreesistenze, anche se non bisogna dimenticare che il santuario fu costruito dopo aver rasato lestrutture di età repubblicana ed aver avanzato il fronte sulla plateia B, fino a restringerne l’ampiezzadi circa m 10.

Le strutture preesistenti furono, ove necessario, distrutte e, dove non interferivano con quellenuove, inglobate. Così, ad esempio, le profonde fondazioni cementizie che sorreggevano il colon-nato del portico distrussero il piano di cocciopesto emerso nel settore meridionale del cortile. Lastessa pavimentazione in cocciopesto, dove non necessario, fu lasciata sotto le nuove strutture:così all’interno del podio del tempio o nel cortile, dove il cocciopesto si trova a circa m 0,30 dalpiano di calpestio del complesso imperiale.

restituzione del propylon

il propylon sporge dal muro meridionale del santuario ed occupa parte della sede stradale dellaplateia B (fig. 41). La struttura era composta da uno stilobate sovrapposto ad una euthynteria inconci di pietra su cui erano collocate 8 colonne, quattro sul fronte e tre sul lato, di cui una addossataal muro del santuario. La superficie interna non ha restituito alcuna pavimentazione. di questi ele-menti si conserva:

– l’euthynteria e lo stilobate in conci di calcarenite;– le basi attiche in calcarenite delle colonne e più precisamente, le due basi addossate alla parete

meridionale del santuario, le due mediane e quella dell’angolo sud-est del propylon;– due blocchi dei gradini che conducevano dal piano del propylon a quello rialzato del portico del

santuario.

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Fig. 40 - L’area di scavo occidentale di Casa Bianca nel 1975. A) capitello ionico della colonna d’angolo.B) base del labrum nella sua posizione di ritrovamento. C e d) rocchi delle colonne dell’edificio F,

ritrovati sulla plateia B, ad est del propylon. (foto archivio sBAC Busta 33 1975 08Ago)

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L’impianto geometrico del propylon non è dimensionato sul modulo della colonna (m 0,525), masul piede di m 0,297. infatti la larghezza del propylon, misurata a livello dello stilobate, è pari a25 piedi (m 7,42). La sua profondità è inferiore alla larghezza ed è pari a m 6,56, misura pari a 22piedi circa. La minore profondità rispetto alla larghezza era condizionata dalla larghezza dellastrada, considerato che essa è pari alla metà dell’ampiezza della plateia B in età imperiale. La dif-ferente larghezza e profondità del propylon comporta intercolumni diversi: quello del fronte è paria m 2,18, mentre quelli laterali sono m 2,83.

L’allineamento delle colonne del propylon era materializzato sullo stilobate con incisioni lungogli assi e sugli spigoli dei plinti delle colonne. simili incisioni per il tracciamento degli allineamentie per il dimensionamento degli elementi architettonici, sono stati ritrovati sulle colonne e sui ca-pitelli7. nel propylon tali incisioni si notano chiaramente sullo stilobate est e su quello ovest, mentresu quello sud sono appena visibili a causa del degrado della superficie. tali incisioni testimonianoun interasse di m 2,13 dall’asse della colonna sud-est e m 2,27 per quella ancora più ad ovest.

Per trasferire il peso delle colonne sullo stilobate, in corrispondenza delle basi delle colonnefurono impiegati conci di maggiore dimensione, tali da allargare la superficie di appoggio. Fa ec-cezione il lato sud dove, in corrispondenza delle colonne centrali del tetrastilo, i blocchi sono didimensione inferiore.

La compatibilità della dimensione delle basi delle colonne del propylon (diametro all’imoscapo)con i rocchi e il capitello ionico del portico del santuario8, inducono ad ipotizzare la presenza nelpropylon di una colonna ionica con le medesime proporzioni di quella del portico. All’ordineionico del propylon apparteneva un frammento di un capitello ionico (fig. 42). Caratteristiche spe-cifiche di questo frammento sono l’innesto ad un pilastro e la lavorazione a non-finito della voluta

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Fig. 41 - Fotografia aerea dell’area del propylon e del lato sud del portico del santuario m,dopo le integrazioni delle tre basi mancanti del propylon

7 V. infra, par. 2.2. 8 V. infra “restituzione del portico”.

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rivolta verso il pilastro. Questi elementi consentono di associare il frammento ad una delle duecolonne del propylon addossate al muro del santuario, che, similmente, sono composte da una co-lonna sviluppata per tre quarti di cerchio che si addossa ad un pilastro.

il propylon era pertanto un portichetto rialzato dal piano della strada, con tre colonne sui lati,di cui quelle settentrionali addossate al muro perimetrale del santuario, e quattro sul fronte. Le co-lonne erano di ordine ionico e reggevano una trabeazione litica ed un tetto a due falde. nel propylon

era probabilmente collocato un labrum, ritrovato durante scavo sullo stilobate, tra la colonna me-diana del lato sud e quella addossata alla parete del santuario (figg. 40 e 43). il labrum reca la de-dica di P. Paquius Priamus e Q. Anius Pompeianus, quattroviri della città9.

restituzione del muro perimetrale e dell’ingresso al santuario

il muro perimetrale del santuario era eseguito con una sottofondazione cementizia, una fondazionein opera quadrata, a vista sul lato strada (fig. 40), e un muro in opera mista impostato su uno zoc-colo in calcarenite. di questi elementi si conservano:

– la sottofondazione cementizia con le impronte della fondazione in opera quadrata. La sottofon-dazione è stata messa in luce lungo tutto il tratto occidentale e nella parte scavata sul lato orientaledel santuario10;

– il tratto meridionale del muro di fondazione in opera quadrata;– le impronte dello zoccolo in calcarenite sulla malta di allettamento al di sopra delle fondazioni

in opera quadrata (fig. 44). Le impronte indicano che il muro era spesso m 0,60. L’altezza dellozoccolo doveva essere pari al dislivello fra la fondazione in opera quadrata e il pavimento delquadriportico (m 0,30 ca.);

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Fig. 42 - Frammento di capitello ionico proveniente dal propylon (inv. n° 154332)

9 V. Guzzo 1976a, 133-134, n° 4; Guzzo 1976b, 622-623;.PAoLetti 1993, 405-408. Paoletti ricorda come il labrum fossestato riadattato a fontana. tale osservazione sembra suffra-gata dal ritrovamento di una fistula plumbea in prossimitàdel labrum, e che poteva avere una diramazione verso l’in-terno del propylon per alimentare il labrum stesso. A tal finelo stilobate del propylon fu scavato con un canale (fig. 61-B)nel quale potesse passare la fistula. tali vasche lustrali, comenel nostro caso, erano diffuse nei santuari e presso i templi

come donaria. V. i. di stefano manzella, Mestiere di epi-

grafista, roma 1987, s.v. 9.33. VAsCA (LABrum, LA-BeLLum), 105-106, con riferimenti al labrum di Copia.

10 in questo tratto, sulla base delle impronte rilevate sulcementizio, è stato ricostruito il filare di blocchi utilizzandocarparo leccese nella qualità mazzaro. nelle operazioni diricostruzione è risultato evidente che i blocchi di fonda-zione, le cui facce sono appena sbozzate, non sono perfet-tamente allineate con il sovrastante alzato del muro.

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Fig. 43 - Lo scavo del propylon nel 1975. si distingue il pilastrino del labrum e la vasca giacentein frammenti ai piedi del pilastrino (foto archivio sBAC Busta 09 1975 07Lug)

Fig. 44 - La fondazione in opera quadrata del muro perimetrale del santuario m, da est, guardando verso il propylon.A) la freccia identifica il piano arretrato su cui si allineava l’alzato del muro. B) residuo della malta collocata

tra due blocchi in calcarenite dello spiccato del muro in opera mista

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– il muro in opera mista, rinvenuto ribaltato sulla plateia B, ad ovest del propylon. i resti di questomuro indicano che era composto da pilastrini laterizi che intervallavano l’opera reticolata e piat-tabande laterizie (fig. 45) che li univano. i dati desumibili dall’analisi del crollo indicano che lepiattabande erano lunghe m 3,84 ca. ed erano realizzate con tegole smarginate di m 0,29 di al-tezza, al di sopra delle quali era una fascia alta m 0,56 di opus testaceum, pari a 10 filari di la-terizi11. Al di sopra di questa fascia e sotto alla piattabanda era il muro di reticolato, intervallatoda pilastri larghi m 0,54 ed eseguito con laterizi, alcuni dei quali quadrati e con le diagonaliincise per facilitare il taglio. La fascia orizzontale in laterizio (piattabanda) rinforzava l’appoggiodelle travi della copertura del portico sulla parete (tav. 9, sez. d-d’ e restituzione prospetto muroribaltato).

L’ampia lacuna (fig. 41) corrispondente al passaggio che dal propylon conduceva al portico lasciaipotetica l’ampiezza del varco. Gli unici elementi conservati sono i due gradini in situ, collocati sullimite ovest della gradinata che congiungeva il piano del propylon con quello del portico. in rela-

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11 sporadici laterizi quadrati di m 0,20 di lato e con le dia-gonali incise, sono casualmente presenti nella muratura la-terizia e mista.

Fig. 45 - Particolare del muro in opera mista ribaltato sulla plateia B. si distingue la piattabanda e i dieci filaridi tegole smarginate che sovrastavano la piattabanda

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zione alla posizione dei gradini si può restituire una porta di larghezza pari a m 3,25. Pertanto dallaquota del propylon a m -1,25 s.l.m. si passava alla quota del portico del santuario a quota m -0,75s.l.m., attraverso due alzate, di cui la prima era pari a m 0,10-0,11 e la seconda m 0,25 ca. (tav. 8).

L’altezza complessiva del muro perimetrale, pari a m 7,90 dal piano di pavimentazione del por-tico, è stata restituita graficamente in rapporto all’altezza della parete ribaltata e a quella delle co-lonne del portico (tav. 9). La parete delimitava l’intero perimetro del santuario ed era interrottasolo in corrispondenza dell’ingresso principale e delle due aperture che consentivano l’accessoalle due aule (b1) e (b2). L’ampiezza delle due aperture, pari m 2,80 ca., è deducibile dall’assenzadi blocchi di fondazione in calcarenite nel tratto corrispondente alla soglia che dava accesso aidue ambienti. L’area in cui erano assenti i blocchi era colmata con opera cementizia, ancora con-servata sul lato ovest, sulla quale poggiavano le soglie di accesso alle aule.

L’aula di iside (w1.2), inserita nell’ambiente (w1) di F, doveva essere funzionalmente correlataal santuario m, come si può supporre dal fatto che le murature che definiscono i lato nord ed estsi addossano a quelle di m12. in tal caso doveva essere accessibile dal portico attraverso una aper-tura praticata in un secondo momento. L’esistenza di ulteriori passaggi nel muro perimetrale di mrisulta di difficile determinazione, a causa dello spoglio dei blocchi di calcarenite. occorre tuttaviapuntualizzare che la pavimentazione del portico (m -0,75 s.l.m.) correva ad una quota più alta deipiani di calpestio di n (tempietto P m -1,57 s.l.m.) e di F (prima fase m -1,20 s.l.m., seconda fasem -1,00 s.l.m. ca) e, pertanto, un eventuale passaggio appare improbabile, a meno della presenzadi gradini per il raccordo tra le differenti quote.

restituzione del portico

il portico attorno al cortile del santuario m era ampio m 4,28 ca. ed era definito da un muro peri-metrale esterno e un colonnato interno di ordine ionico (tav 7). Lo stilobate delle colonne costituivaanche il gradino più alto della gradinata attorno al cortile interno. Alla medesima quota (m -0,75s.l.m.) correva la pavimentazione, della quale non sopravvive alcuna traccia. il tetto ad una faldaera inclinato verso l’interno e quindi poggiava sulla trabeazione del colonnato.

La restituzione grafica della colonna ionica (tav. 10) si è basata sul ritrovamento di due rocchidi colonna, di un capitello appartenente alla colonna d’angolo e delle basi ioniche del portico.

Presso l’angolo sud-ovest del colonnato, giacevano in crollo due rocchi lisci (figg. 46 e 53). il primo di questi rocchi è integro, misura circa m 1,17 ed ha il piano di attesa e quello di posa

ben conservati. il piano di attesa misura m 0,445. il diametro del piano di posa è pari a m 0,498ed ha al suo centro la sede quadrata per un perno. sul piano si conservano le incisioni degli assidel rocchio (fig. 47). il secondo rocchio è alto m 1,52; il piano di attesa è conservato ed ha un dia-metro pari a m 0,511. il piano di posa è mancante.

se si osserva che i due rocchi ritrovati non possono essere sovrapposti uno all’altro se non in-terponendo un altro rocchio che raccordi i due valori dei diametri (m 0,498 quello del piano diposa del rocchio superiore e m 0,511 quello del piano di attesa del rocchio inferiore) e che il dia-metro inferiore del rocchio sottostante risulta molto vicino a quello delle basi attiche del propylon,si può restituire con un alto livello di approssimazione il fusto della colonna dell’ordine ionico(fig. 48). Considerato infatti il diametro della colonna all’imoscapo pari a quello conservato sullebasi attiche del propylon (m 0,525) e considerata una altezza ipotetica della colonna pari a 9 volteil diametro all’imoscapo, si ricava che l’altezza della colonna era pari a m 4,72. Questa misuraimplica l’integrazione dei rocchi ritrovati con due elementi, uno intermedio, di lunghezza pari am 1,20, e uno alla base di altezza massima pari a m 0,28.

una caratteristica specifica della colonna è che la rastremazione del fusto non presenta unvalore costante dal basso verso l’alto, ma un’ inclinazione che progressivamente aumenta (fig.48). Questa correzione prospettica, da non confondere con l’entasis, accentua l’altezza della co-lonna, senza produrre un effetto accentuatamente troncoconico al fusto.

sulla base di questi dati nel 2007, nell’ambito dei lavori di valorizzazione dell’area di CasaBianca, è stata ricostruita la colonna d’angolo sud-ovest del portico13 (fig. 53).

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12 V. Sibari 2005, 1029, fig. 47. 13 V. infra, cap. 8.

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un capitello ionico (fig. 49) e le cinque basi attiche dal propylon14 consentono di completarela restituzione della colonna del portico. Le basi attiche, pur appartenendo al propylon, possonoessere associate alla colonna ionica del portico interno in considerazione della congruità dimen-sionale con i rocchi ritrovati, infatti il diametro della base attica (m 0,525) è prossimo a quello delrocchio inferiore.

il capitello è stato ritrovato in prossimità dell’angolo sud-est del portico (figg. 25 e 40-A)15. Lapresenza di una voluta d’angolo ci assicura che il capitello proveniva proprio dalla colonna del-l’angolo sud-est del portico. La voluta angolare, che si era spezzata nel crollo, fu rinvenuta in pros-simità del capitello ed è stata ricomposta nel 2007, in concomitanza con l’anastilosi della colonnad’angolo del portico.

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Fig. 46 - i due rocchi della colonna del portico, ritrovati in crollo presso l’angolo sud-ovest del portico

Fig. 47 - Particolare di uno dei rocchi della fig. 46, con sede del perno e assi incisi sul piano di posa

14 V. infra, par. 2.2, nn° 1-5, 8. 15 A. d’Amico in Sibari 2006, 1074; Guzzo 1981, 22, fig. 9.3.

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Fig. 48 - sezione ricostruttiva della colonna e della gradinata del portico

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La connessione fra gli elementi della colonna era garantito da empolia lignei e non metallici.mancano infatti i canali per colare il piombo all’interno della sede, procedura adottata nel caso diperni metallici per colmare il vuoto tra il perno e la sede in cui andava inserito. un’immagine dellabase attica mediana del propylon scattata nel 1975 (fig. 50), mostra con evidenza la sede quadratadel perno, la cui dimensione è pari a (m 0,06 x 0,06, pr. m 0,05). A fronte dell’assenza di qualsiasitraccia di piombo nella sede del perno, si notano due grappe in ferro piombate, utilizzate dai co-struttori per rinforzare la base che si era probabilmente lesionata durante la posa in opera. eviden-temente il ferro fu impiegato solo per la riparazione della base, ma non per la connessione fra glielementi della colonna.

dal crollo dei tetti sono emersi diversi elementi architettonici fittili che dovevano far partedella cornice del portico e del tetto16 (tav. 10). Questi elementi sono:

– mensole parallelepipede fittili con piccolo ovolo sommitale, ritrovate in un numero cospicuo, instato frammentario, ma sufficiente alla restituzione di una mensola nella sua integrità. Le mensolepresentano due parti distinte, una lunga m 0,285 che era incastrata nella muratura, che garantival’equilibrio alla parte aggettante, lunga m 0,24 (fig. 51). La parte aggettante presenta sulla partesuperiore un ovolo, che raccordava la mensola al geison realizzato con un bipedale poggiatosulle mensole. Come si vedrà la soluzione appare simile ai mensoloni della cornice del tempioo, e assume le forme compiute della cornice modiglionata. La parte incastrata delle mensolefittili era invece priva dell’ovolo, evidentemente per favorire una connessione più solida con lamuratura. Le mensole erano rivestite di un sottile strato di malta fine;

– un bipedale smussato sul fronte. Lo smusso a 45° è un elemento diffuso nelle architetture late-rizie, soprattutto per elementi di cornice;

– coppi pentagonali e tegole, appartenenti al manto di copertura del tetto. – antefisse con palmette, ritrovate in numerosi frammenti ed evidentemente appartenenti ai coppi

di testata del tetto (fig. 52). un coppo con antefissa fu ritrovato quasi integro nel 1975 (CB75 n°16246); alla forma pentagonale della parte esterna del coppo, corrisponde una forma circolaredella parte interna. L’elemento vegetale sul fronte è contraddistinto da una altezza maggiore ri-spetto a quella del coppo, in maniera tale da andare a coprire anche la parte frontale delle tegolesu cui era poggiato.

Questi elementi trovano una loro organica collocazione nella trabeazione del colonnato ionico(tav. 10).

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Fig. 49 - rilievo del capitello ionico d’angolo (dis. Alessandra d’Amico)

16 Per la restituzione dell’orditura del tetto, v. PierAttini

2009, 97-120.

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Fig. 50 - La base mediana est del propylon nel 1975. si distinguono le due grappe di restauro.(foto archivio sBAC Busta 08 1975 07Lug)

Fig. 51 - rilievo della mensola fittile della cornice del portico di m. La parte che era incastrata nella muratura,a destra nel disegno, è incompleta, perché rotta

Fig. 52 - rilievo di due antefisse ritrovate nel 1975 ed appartenenti al tetto del portico di m

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Ad unire le colonne doveva essere un architrave litico, che doveva essere composto unitamentecon il fregio, così da presentare una maggiore sezione resistente. Al di sopra del fregio, la corniceera realizzata in muratura, dalla quale sporgevano le mensole fittili, sopra alle quali dovevano es-sere i bipedali con il lato a vista smussato.

Le colonne poggiavano su uno stilobate/gradino, che sopravvive in pochi elementi rimasti adesial cementizio durante lo strappo dei blocchi. Questi frammenti, benché privi del piano di attesaoriginario, restituiscono un’altezza dello stilobate non inferiore ai m 0,25.

L’interasse e il numero delle colonne può essere restituito suddividendo in intervalli regolarila distanza fra le colonne agli estremi del lato meridionale del portico, la cui posizione è determi-nata dalla struttura cementizia. L’interasse fra le colonne che si viene così a determinare è pari am 3 ca., con una distanza libera tra l’abaco dei capitelli di m 2,48. L’interasse risulta pertanto paria 10 piedi, ed è coerente con l’analisi metrologica di altre parti del santuario, proporzionate inbase al piede di m 0,297.

L’interasse così determinato trova un’ulteriore conferma nella relazione con le altre parti delsantuario (tav. 8):

– in corrispondenza della terza e della sesta colonna del lato sud del portico si colloca con preci-sione il limite del corpo avanzato (fig. 56).

– Alla base della gradinata, la larghezza massima della fascia di blocchi che coprono la canalinaequivale all’ampiezza del podio del tempio.

– se si considera per il cortile un rettangolo di proporzione di 1:2, dove il lato corto equivale alladistanza fra il centro delle colonne d’angolo, si noterà che la cella del tempio è posizionata esat-tamente al centro del quadrato superiore (tav. 6).

nella proposta di restituzione l’elemento che rimane ipotetico è il lato nord del cortile, il qualesi trova sotto all’attuale sponda dell’area di scavo. tale proposta è fondata su considerazioni digeometria complessiva e rimane aperta a future integrazioni/modifiche. il criterio analogico con altrestrutture santuariali dedicate a divinità orientali, risulta d’altra parte poco applicabile.

Parimenti vaga rimane la relazione del portico con l’edificio F e con l’area a nord di n chesembra architettonicamente annessa al santuario.

Più precisamente, per quanto attiene la relazione con l’edificio F, è opportuno ricordare che lospoglio del muro che separava i due edifici ha sostanzialmente annullato ogni traccia di eventualipassaggi. Particolarmente complessa risulta, per questo motivo, la comprensione della relazionetra l’ambiente (w1.2), l’aula dedicata ad iside, il portico e l’aula (b1). Può essere utile ribadire che(w1.2) fu costruito a danno dell’aula (w1), che risultò così privata della sua originaria funzione(fig. 71). Lo spoglio del muro del santuario m ha purtroppo cancellato ogni traccia della relazionetra le murature del sacello e quelle del santuario m.

restituzione della gradinata e del podio al centro del lato sud

La gradinata che raccordava il portico al livello ribassato del cortile era realizzata con blocchi dicalcarenite murati su una spessa fondazione cementizia, su cui gravava il peso del colonnato delportico. sul blocco superiore della gradinata erano infatti poggiate le colonne del portico (fig. 48).Quello inferiore copriva la canalina cementizia che raccoglieva le acque del cortile e del tetto delportico. sul lato meridionale, dove la gradinata devia dall’allineamento delle colonne del porticoper descrivere un corpo aggettante verso il cortile, il sistema di drenaggio era invece composto dadue canali disposti su due livelli differenti (v. infra).

La restituzione grafica della gradinata è stata condotta sulla base di un’analisi dettagliata delleimpronte lasciate sul cementizio dai conci e sui sporadici frammenti di calcarenite rimasti adesi alcementizio durante l’azione di spoglio. non sempre le impronte sul cementizio e i frammenti sonorisultati di facile interpretazione17. L’analisi si è focalizzata su due punti critici per la restituzionedella gradinata:

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17 tra le problematiche connesse alla lettura della dimen-sione dei blocchi occorre menzionare i tagli eseguiti con la

piccozza per estrarre i blocchi, che possono essere spessoconfusi come giunti o vuoti fra un blocco e l’altro. Questi

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– l’angolo sud-ovest, dove nel 2007 è stata realizzata la ricostruzione della gradinata e l’anastilosiindiretta della colonna (fig. 53);

– il settore centrale del lato sud, dove la gradinata avanza verso il tempio e dove si trova un altrosistema di scolo delle acque, più alto di quello che corre perimetralmente al cortile.

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tagli (fig. 54), molto simili a quelli che venivano eseguitiin cava per estrarre i blocchi dal banco di pietra, erano rea-lizzati attorno ai blocchi fino a distaccare le pareti verticalidal conglomerato cementizio a cui erano aderenti. in molticasi lo “strappo” del blocco dal cementizio non avveniva

in maniera regolare, per cui parte del blocco rimaneva adesoal cementizio. Grazie a questi resti è stato possibile ricono-scere la tessitura dei blocchi nell’angolo sud-est e sud-ovestdella gradinata.

Fig. 53 - Foto aerea dell’angolo sud-ovest del portico, dopo la ricostruzione della gradinata e della colonna d’angolo.La freccia indica il luogo di ritrovamento dei due rocchi riutilizzati nella ricostruzione

Fig. 54 - Particolare dell’angolo sud-est della gradinata del portico, con alcuni blocchi in calcarenite sopravissutiall’azione di spoglio. Le linee tratteggiate individuano le incisioni effettuate con al martellina per cavare

i blocchi dalla gradinata

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La gradinata

il profilo della gradinata può essere restituito con sufficiente precisione ed è particolarmente evi-dente sull’angolo sud-ovest, dove, analogamente all’angolo sud-est, si conservano numerosi restidi blocchi, la cui estrazione era resa difficile dal maggiore incastro nella muratura (fig. 55).

il primo filare di blocchi copriva la canalina in cementizio ed era a filo con il piano di calpestioin battuto del cortile (fig. 58-A)18. L’acqua cadeva in un canale di sezione pari a m 0,24 x m 0,20,attraverso caditoie praticate nei blocchi di copertura. i blocchi avevano una larghezza variabile,pertanto non presentavano un unico allineamento verso il centro del cortile. un dato importanteper la restituzione del blocco che copriva la canalina proviene dal ritrovamento dell’unico bloccosicuramente appartenente al primo filare, che presenta un incavo a sezione trapezia nella facciainferiore19. L’incavo riduceva lo spessore del blocco e facilitava l’apertura di caditoie per l’acqua.nel contempo esso poteva anche aumentare la sezione del condotto di drenaggio perimetrale(fig. 57).

Al di sopra di questo primo filare erano collocati due filari di conci che formavano i primi duegradini, ognuno con una pedata di m 0,42. il primo gradino era alto m 0,30 ca., mentre il secondoe il terzo erano alti m 0,25 (fig. 58). i conci, di larghezza pari a m 0,65, si sovrapponevano par-zialmente uno con l’altro (fig. 55-B). sulla sommità era il terzo gradino, su cui erano poggiate lecolonne del portico. La larghezza di questo gradino era doppia, vale a dire pari a m 0,84.

nella parte centrale del lato sud del portico, la gradinata presenta un corpo avanzato, verso ilcentro del cortile. Anche in questo caso i blocchi in calcarenite furono asportati, lasciando a vistail nucleo cementizio. elemento specifico di questo corpo avanzato è la presenza di altre due cana-line, collocate ad una quota superiore rispetto a quella alla base della gradinata e provviste di unsistema indipendente di scarico delle acque. Lo scavo nel propylon ha consentito di verificare chequeste canaline avevano una chiara pendenza verso l’esterno (quota interna m -1,63, quota propylon

m -1,82). Le impronte dei gradini dimostrano che la gradinata seguiva l’andamento del corpo avanzato

descrivendo due risvolti ad angolo retto (fig. 56).

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18 Ad esclusione di una serie di lastre in calcarenite collo-cate tra il tempio e il podio centrale della gradinata, la pa-vimentazione del cortile era in battuto.

19 il blocco è stato ritrovato nel 2011 sul lato ovest del por-tico, in prossimità della sponda nord dello scavo.

Fig. 55 - disegno dell’angolo sud-ovest della gradinata del portico. A) rilievo dello stato di fatto.B) proposta di ricostruzione

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La struttura cementizia, in questa zona della gradinata, era diversa da quella che sosteneva legradinate laterali a causa dei due canali di scolo superiori, che risultavano inglobati nel getto. diconseguenza il primo filare di blocchi che copriva la canalina più bassa (figg. 56-livello cortile e58-A) aveva, verso l’interno, un appoggio ridotto a m 0,10 ca. sul filare superiore, corrispondenteal primo gradino (figg. 56-livello primo gradino e 58-B), i blocchi oltre a formare il gradino ave-vano anche la funzione di coprire i canali più alti. Lo spoglio dei blocchi che coprivano la canalinanon consente di conoscerne la tessitura; tuttavia verso il centro del corpo avanzato, a circa m 2,30dal suo asse, alcuni blocchi collocati a coprire la canalina furono risparmiati. L’informazione piùinteressante proviene dal getto cementizio in cui sono annegati, presente sia verso il nucleo dellastruttura (lato sud dei blocchi di copertura), sia verso il cortile (lato nord dei blocchi). tale pecu-liarità indizia una soluzione architettonica diversa da quella della gradinata (v. fig. 56, in cui la ri-costruzione filare per filare del lato sud della gradinata sottolinea la dimensione e collocazionedei blocchi in relazione alla struttura cementizia). in particolare verso il cortile (lato nord dei bloc-chi) il cementizio fu collocato a riempire un interstizio tra i blocchi che coprivano la canalina e unfilare di blocchetti di dimensione ridotta, inferiore a quella dei gradini. La larghezza di questi bloc-chetti, per mantenere l’allineamento con il primo gradino della gradinata, non poteva eccedere,infatti, i m 0,35 complessivi. evidentemente questi blocchetti non facevano parte della gradinata,

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Fig. 56 - disegno ricostruttivo dei tre livelli della gradinata e del livello dello stilobate delle colonne del porticato

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Fig. 57 - Fotografia dell’angolo sud-ovest della gradinata da nord, dopo la ricostruzione della gradinata.in primo piano il blocco con incavo di forma trapezia in coincidenza del canale, collocato a fianco dei blocchi

di integrazione, ma proveniente da un’area della gradinata prossima al podio del tempio

Fig. 58 - Fotografia aerea dell’area sud del portico con evidenziazione dei due sistemi di canali e relativi livelli.A) livello 1 della gradinata (blocchi che coprono la canalina più bassa, che corre ai piedi del portico).

B) livello 2 della gradinata (blocchi che coprono la canalina più alta, che è collocata nel corpo avanzato).C) livello 3 della gradinata. d) blocco in calcarenite che copriva la testa della canalina più alta

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ma erano il rivestimento di un muro verticale che interrompeva la gradinata. tali tracce sono con-fermate sul filare superiore (figg. 56-livello secondo gradino e 58-C), dove il cementizio avanzasopra ai blocchi che coprono la canalina superiore e dove a circa m 2,25 dall’asse del corpo avan-zato, si ha un cambiamento nella struttura della gradinata. Qui le impronte dei blocchi che forma-vano i gradini non sono più presenti e la struttura cementizia si protende verso nord, facendomancare lo spazio necessario all’alloggiamento del gradino. Questo cambiamento improvviso conferma l’interruzione della gradinata da parte di un volume definito da una parete verticale versoil cortile.

in definitiva al centro del corpo avanzato era un podio di m 4,50 di larghezza, che interrompevala gradinata e che creava una piattaforma a cielo aperto, fronteggiante il tempio, rialzata dal piano delcortile. Queste caratteristiche potrebbero suggerire una funzione specifica per questo podio all’in-terno dei rituali del santuario. A tal fine occorre rimarcare che non è emersa alcuna traccia dell’altaresulla scalinata del podio del tempio e tantomeno nel cortile, dove, al contrario, una pavimentazionein lastre di calcare occupava la fascia centrale che dal tempio arrivava al podio (v. infra).

il sistema idraulico

il sistema di smaltimento delle acque dal cortile presenta tre canali collocati su due quote differentie che confluiscono in un unico collettore, sulla plateia B:

– il primo canale si trova ai piedi della gradinata ed è formato da un condotto in cementizio rivestitoda uno strato sottile di cocciopesto e coperto da blocchi di pietra provvisti di caditoie per il pas-saggio dell’acqua. i blocchi di copertura sono stati tutti asportati, tranne uno ritrovato in statoframmentario sulla gradinata ovest e ricollocato a scopo didattico in prossimità del tratto rico-struito (fig. 57). il canale corre lungo tutto il bordo ai piedi della gradinata, compreso il trattocorrispondente al corpo aggettante sul lato meridionale, per poi piegare in direzione del propylon

(fig. 58). in esso confluivano le acque provenienti dal tetto del tempio e del portico, oltre chedal cortile stesso. Le caratteristiche architettoniche del complesso, con il cortile ribassato e chiusosu quattro lati lo rendevano l’unico sistema attivo per l’evacuazione delle acque piovane. Lequote del cortile dimostrano che le pendenze erano accuratamente studiate in maniera tale che apartire dalla quota attorno al podio del tempio vi fosse una sufficiente pendenza per far defluirele acque verso la canalina. La soluzione del canale interrato e non a vista non consentiva lapulizia del condotto, in quanto i blocchi di copertura non erano asportabili; forse il sistema eraprovvisto di botole di ispezione, ma nessuna di esse è allo stato attuale ipotizzabile per il fattoche le impronte dei blocchi sul cementizio non sono sufficienti a determinarne l’eventuale pre-senza. L’assenza di un canale a cielo aperto, che è invece costantemente presente nell’ediliziadomestica ai piedi dei peristili (fig. 59), segnala la specifica esigenza di non interrompere la con-tinuità fra la gradinata e il cortile, garantendo un accesso al cortile lungo tutto il perimetro delportico. La relazione funzionale fra il portico e il cortile ha pertanto condizionato la soluzionecostruttiva del canale.

– Gli altri due canali si trovano nell’avancorpo del lato meridionale del portico e convergono versodue distinti scarichi che, similmente al canale più basso, piegano ad angolo retto e si dirigonoverso il propylon (fig. 58). Al fine di comprendere la funzione di questi canali è rilevante notareche essi erano inglobati nella muratura dell’avancorpo, ad eccezione delle due estremità, copertesolo dai blocchi del primo gradino (fig. 56-livello primo gradino). occorre inoltre notare che ledue testate dei canali erano chiuse dai blocchi che coprivano il canale inferiore (figg. 56-A e 58-d).L’unico punto in cui i canali potevano ricevere le acque è quello indicato nel disegno come unacaditoia praticata sul primo gradino. Come si può osservare nella fig. 56, in questi blocchi rima-neva una area di m 0,20 x m 0,20 ca. libera dall’ingombro del gradino superiore e corrispondenteal canale sottostante, in cui è possibile collocare la caditoia.

Questa caditoia entrava in funzione quando l’acqua raggiungeva il livello del primo gradino, valea dire quando raggiungeva un’altezza di m 0,30, altezza che ai piedi del podio del tempio era paria m 0,19, considerata l’inclinazione del pavimento del cortile. Per entrare in funzione il canale piùbasso doveva essere sbarrato per bloccare il deflusso delle acque. Purtroppo, allo stato attuale nonè emerso alcun elemento utile ad identificare la collocazione dello sbarramento. L’ipotesi più plau-

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sibile è che si trovasse all’imbocco del canale verso il propylon, nel blocco che era ai piedi delpodio del corpo avanzato.

i tre canali confluivano in un condotto unico che corre in senso ovest-est ed è collocato a m1,22 dai blocchi di fondazione del muro sud del santuario, distanza che permette l’attraversamentodello stilobate del lato est del propylon nella mezzeria tra la colonna mediana e la colonna controla parete del santuario. il canale era coperto da blocchi di reimpiego (fig. 60); il suo tracciato correparallelo al santuario m lungo tutto il tratto che corrisponde al fronte dell’edificio sulla plateia B,dopodichè piega progressivamente verso nord (fig. 40). nella descrizione del muro sud dell’edi-ficio F (v. infra) si è osservato che le fondazioni di F sono successive alla costruzione del canale.Al momento della costruzione del canale quindi l’area ad est del santuario m non era edificata.L’unico elemento che con certezza preesisteva nell’area era la canalina-fogna della plateia B, uncanale a cielo aperto, pavimentato in basoli, che dalla mezzeria della plateia B piega progressiva-mente verso nord per descrivere improvvisamente un angolo retto, a circa m 48,20 dal lato est delpropylon. Questo canale, che precede la costruzione del santuario m e del suo propylon, ha unramo collocato ad una quota più alta, che proviene da nord, con andamento da nord-ovest a sud-est, e che confluisce in esso a m 37,55 ca. dal lato est del propylon (fig. 73). risulta pertanto evi-dente che il canale di scolo coperto era stato costruito con andamento parallelo al frontemeridionale del santuario m, ma che una volta superato il limite di questo, piegava verso nord perinnestarsi nella canalina preesistente.

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Fig. 59 - Villa san marco (stabiae): porticus con gradinata e canalina a cielo aperto

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il saggio 1 dell’area 29 ha permesso di mettere in luce un tratto della canalina-fogna a cieloaperto in un’area prossima al propylon (fig. 34) ciò che dimostra come la canalina era intercettatadal propylon, la cui costruzione, con ogni probabilità, ne ha alterato il corso o addirittura ne haprovocato l’obliterazione. negli anni settanta è stato individuato un altro tratto della canalina,oggi interrato, collocato più a nord, in corrispondenza della stanza (e7) di F, ma il suo sbocco, cosìcome la relazione con il lungo muro rimangono ignoti.

Questi dati attestato un uso in età imperiale della canalina, almeno nel tratto ad est del propylon,uso che può essere venuto meno in età più tarda. se tale ipotesi fosse corretta, non si deve escludereche le acque della canalina provenienti dal santuario m scorressero verso nord e che potessero at-traversare il lungo muro attraverso un varco, simile a quelli attestati a Porta nord20, per poi river-sarsi in un canale extraurbano e di lì giungere al mare. L’andamento della canalina può essererilevante per interpretare l’assetto topografico dell’area prima degli interventi di età imperiale.

Per quanto attiene l’adduzione dell’acqua al santuario m, è stata individuata una fistula plumbea(fig. 61) che attraversava il muro sulla plateia B in corrispondenza dell’angolo nord-est del propylon

(fig. 34). La fistula era collegata alla rete di distribuzione urbana, forse attraverso la stessa dira-mazione proveniente dal pilastro elevatore del cantiere “Prolungamento strada” e che alimentavaanche il santuario n. L’acqua proveniente dall’acquedotto che alimentava la città doveva esserela principale fonte per allagare il cortile, in connessione ai rituali che si svolgevano nel santuario.

il cortile

il cortile centrale del santuario era occupato, nel settore nord, dal tempio. di fianco al tempio enell’area antistante sono stati ritrovati i resti di numerosi podi in muratura e un pozzo. i podi eranocollocati in diverse aree del cortile, con una maggiore concentrazione nel settore occidentale, dove

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20 P. Vitti, o. Voza in GreCo - LuPPino 1999, 160.

Fig. 60 - elementi di reimpiego utilizzati per coprire il canale di scolo delle acque provenienti dal santuario m, neltratto sulla plateia B, tra il propylon e la canalina in ciottoli (foto archivio sBAC Busta 33 1975 08 Ago)

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se ne contano sei. un podio era collocato ad est del tempio, mentre altre tracce di strutture in crollopotrebbero riferirsi ad ulteriori strutture andate distrutte dopo l’abbandono del santuario. il pozzoera realizzato con anelli di terracotta e sulla sommità presenta i resti della vera in muratura21. essoera collocato nel settore orientale del cortile, in prossimità del tempio. La sua funzione oltre aquella di fonte aggiuntiva di acqua doveva essere anche rituale, considerato il valore che avevanole acque nell’attività religiosa del santuario22.

La pavimentazione del cortile aveva un profilo a schiena d’asino, inclinata dal tempio verso ibordi, dove era la canalina di drenaggio. il punto più alto è testimoniato da una pavimentazione inlastre di calcare a quota m -1,46 e collocato di fronte al podio, in asse con esso. tracce di pavimentoin battuto con la superficie liscia e compatta sono state ritrovate in diversi punti23. il pavimentoera poggiato su un piano di preparazione in malta, scaglie calcaree e sabbia, che a sua volta coprivalo strato di sabbia utilizzato per spianare l’area sopra alle strutture di età precedente.

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21 m. rocco, m. sangineto in Sibari 2006, 1041.22 V. supra, cap. 1.

23 V. infra, par. 3.2.2 (area 23, sondaggio 4).

Fig. 61 - Particolare dell’area ad est del propylon, dove uno scavo clandestino ha messo in luce una fistula plumbea

(A). B) scasso nello stilobate del propylon funzionale all’adduzione dell’acqua dalla fistula al labrum

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La pavimentazione in lastre di calcare merita una analisi più approfondita. Le lastre sono spessem 0,16 e contro di esse batte, ad est e ad ovest, la pavimentazione in battuto (fig. 62). Le lastresono tessute in maniera regolare secondo un’alternanza di tre lastre orientate nord-sud e due lastreorientate est-ovest, pur senza una regolarità nella dimensione degli elementi. Le lastre orientatenord-sud sono lunghe m 0,92-1,03, mentre quelle in senso est-ovest hanno larghezze irregolari.tracce di lastre si conservano sia verso nord che verso sud, mentre sia ad est che ad ovest, la pa-vimentazione è definita in maniera assai regolare, per cui si può supporre che la pavimentazionenon eccedesse una larghezza di m 1,84 ca. Questi dati inducono a pensare che la pavimentazioneoriginariamente si sviluppasse verso nord e verso sud, così da formare una passerella che univa iltempio al podio del lato sud della gradinata.

il podio del tempio

Le impronte dei conci di calcarenite sul cementizio del podio e sulla sommità della platea di fon-dazione restituiscono in maniera sufficientemente univoca la tessitura dei blocchi utilizzati per lacostruzione del podio. i blocchi erano disposti di testa e in fascia, in maniera alternata, così che aun filare di testa ne corrispondessero due in fascia. essi sostenevano gli elementi in alzato del tem-pio (colonne e pareti). solo il sostegno del muro sud della cella era infatti in cementizio. La tessi-

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Fig. 62 - Foto aerea del cortile con il podio del tempio o. A sud del podio e in asse si nota il tratto di pavimentoin lastre di calcare che univa il podio al corpo avanzato del lato sud della gradinata

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tura dell’opera quadrata non era del tutto regolare, anche a causa dell’assenza di una modularitànella dimensione dei blocchi.

dalle impronte sul cementizio è possibile ricavare un’altezza del primo filare pari a m 0,51,mentre i filari superiori erano alti m 0,58. Questa misura è certa per il secondo e terzo filare, le cuiimpronte si leggono distintamente sul muro in cementizio che sosteneva la parete sud della cella.un quarto filare è ipotetico, ma la sua presenza è giustificata dalle proporzioni generali del podio(tav. 9 sez. d-di) e dal fatto che un filare di conci era certamente poggiato sul muro in cementiziodella parete sud della cella.

L’assenza di impronte riconducibili ad un zoccolo modanato, sulla superficie del cementiziodella fondazione, indica che la modanatura della base del podio era ricavata nel primo filare diblocchi. similmente, sulla sommità, si deve immaginare una modanatura integrata nel blocco cheformava lo stilobate del tempio. una serie di elementi modanati ritrovati in una fossa a ovest deltempio24, in una prima fase associati al podio, non possono essere appartenuti ad esso in primoluogo a causa della loro ridotta dimensione (fig. 63). La modanatura è composta da una fascia euna gola rovescia. uno degli elementi presenta un risvolto della modanatura ad angolo retto ed èchiaramente d’angolo. sul piano di attesa, sopra la gola rovescia, la lavorazione della superficieattesta la presenza di lastre di pietra, poggiate sopra e assicurate attraverso un leggero abbassa-mento della superficie interna e con perni metallici. Ad una analisi di dettaglio si nota che questielementi appartenevano ad un rivestimento di una struttura in muratura, sia perché presentano evi-denti tracce di malta sul piano di posa, sia perché il piano retrostante è sbozzato e non potevaessere accostato ad una parete in opera quadrata. se pertanto la loro non pertinenza al podio inopera quadrata del tempio è certa, il loro ritrovamento ai piedi del podio fa pensare che possanoprovenire dall’interno della cella.

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24 m. rocco, m. sangineto in Sibari 2006, 1039, fig. 31.

Fig. 63 - elemento modanato con fascia e gola rovescia, ritrovato ai piedi del lato ovest del podio

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sul fronte del tempio, la struttura del podio era realizzata in cementizio rivestito con conci dipietra. Le impronte dei conci sul cementizio forniscono tre dati utili alla restituzione del podio:

– sul fronte sud il cementizio presenta le impronte di una scala, la cui ampiezza non occupavatutto il fronte del tempio, così da risultare incassata in due ali sporgenti del podio, secondo unmodello ampiamente attestato. L’ampiezza della scala è di circa m 7,65, se si considera che sullato orientale del cementizio vi è una interruzione netta, che doveva corrispondere al limite delpodio verso la scala;

– le impronte conservate corrispondono ai primi quattro degli otto gradini della scala (ai quali vaaggiunto il gradino dello stilobate);

– la parte superiore della struttura cementizia, verso la cella, è contraddistinta da due strutture piùalte (fig. 38-B), una in asse con il podio, l’altra sul limite ovest del cementizio. La loro quotacorrisponde orientativamente a quella del muro in cementizio che sosteneva la parete d’ingressoalla cella. Al di sopra di esse, come per il muro in cementizio della parete di ingresso alla cella,era un concio alto m 0,58. tra queste due masse di cementizio si trova una superficie più bassa,sulla quale si distinguono chiaramente le impronte di blocchi in calcarenite di dimensioni e formanon del tutto regolari. Le aree occupate da questi blocchi corrispondono alle due colonne centralidel fronte del tempio, che pertanto poggiavano su due filari di blocchi.

il nucleo del podio era realizzato con materiale incoerente di riempimento, disposto per stratiben compattati, fatta eccezione delle parti che sostenevano l’alzato del tempio e la gradinata(fig. 64). È utile notare che le due colonne laterali, la cui base eccedeva lo spessore dell’operaquadrata, furono poggiate su un ringrosso della muratura eseguito in cementizio, la cui funzioneera appunto quella di creare una superficie più ampia e stabile per le colonne.

restituzione della pianta del tempio

La restituzione del tempio è fondata sugli esigui, ma significativi, resti del podio. Lo studio delleimpronte dei blocchi sul cementizio (v. supra) hanno permesso di stabilire con certezza che ilfronte del tempio fosse tetrastilo (fig. 25, sez C-Ci) e che tra questo e la cella fosse un’altra colonna.La posizione di quest’ultima è determinata dalla struttura cementizia che si addossava al muro inopera quadrata del podio, così da rinforzare il punto di appoggio della colonna (fig. 64). La posi-zione delle stesse impronte permette di stabilire anche che il colonnato sul fronte principale fossesistilo, ovvero con l’intercolunnio pari a 2m, mentre sui lati era eustilo, con una distanza pari a2,5m. Le dimensioni degli intercolunni risulta compatibile con il tipo di calcarenite impiegato perla realizzazione degli architravi (m 1,95 sul fronte e m 2,40 sui lati). il pronao così determinatomisurava m 5,60 x 7,80 ca. e doveva essere coperto dalla struttura lignea del tetto, nascosta da uncassettonato (tav. 8).

Per quanto attiene la cella, il muro cementizio che sorreggeva la parete di ingresso e le improntedei blocchi del podio sulla platea di fondazione portano ad escludere la presenza di una complessaarticolazione delle pareti perimetrali, almeno sui due muri est ed ovest, dove sono assenti ringrossiin cementizio rapportabili a colonnati interni. La profondità della cella può essere solo ipotizzata.Qualora essa avesse avuto una pianta quadrata, il centro della cella si sarebbe trovata al centro delquadrato superiore che definisce un cortile proporzionato sul rapporto 1:2 (tav. 7). Piccoli scartida questa ipotetica geometria possono rientrare nelle imprecisioni del cantiere, se si tiene presentel’assenza di una precisa ortogonalità dei lati est ed ovest al fronte sulla strada.

restituzione dell’ordine architettonico del tempio

diversi frammenti della decorazione architettonica del tempio sono emersi durante lo scavo25. inparticolare si devono segnalare i frammenti di capitello corinzio ritrovati ai piedi del lato orientaledel podio. L’analisi del frammento di un angolo dell’abaco del capitello corinzio con voluta e ser-

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25 V. infra, par. 2.2 e par. 3.2; inoltre s. marino, m. san-gineto, “Catalogo dei materiali diagnostici” in Sibari 2006,1049-1050.

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Fig. 64 - Pianta ricostruttiva del podio con individuazione dei principali elementi costruttivi

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penti (fig. 65, inv. n° 154366) e di una foglia d’acanto della prima corona (inv. n° 154378) sonogli elementi più significativi per la restituzione grafica dell’ordine architettonico. A questi elementivanno aggiunti un fiore d’abaco integro (fig. 66, inv. n° 154367) e altri frammenti di capitello diparasta (fig. 69, inv. nn° 154380, 154382), mentre alcune foglie d’acanto con un modellato piùpiatto debbono essere associati ad un altro edificio dell’area.

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Fig. 65 - rilievo di frammento di capitello corinzieggiante con serpenti (inv. n° 154366)

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La curvatura dell’abaco, pari a un arco di cerchio con raggio di m 0,92, è stata restituita a partiredal frammento di abaco con relativa voluta (fig. 68). L’abaco risulta inscritto in un cerchio di dia-metro di m 1,96 e può essere reintegrato graficamente in tutta la sua estensione e forma (tav. 10).una delle regole più diffuse nel dimensionamento del capitello26 è quella che impone l’eguaglianzatra la larghezza dell’abaco (esclusi i fiori d’abaco) e l’altezza del capitello (m 0,98). tale misuraè confortata dalle regole della symmetria del capitello corinzio vitruviano27, che suggerisce un’al-tezza del capitello pari alla metà della diagonale dell’abaco. L’altezza del capitello così determinataconsente il dimensionamento complessivo della colonna. ricorrendo infatti alle regole effettiva-mente riscontrate sugli edifici di età imperiale28 è possibile procedere alla determinazione delleproporzioni del capitello e della colonna.

Per quanto attiene il capitello, una volta sottratta l’altezza dell’abaco (m 0,155), si ottiene unkalathos di altezza pari a m 0,825. tale altezza è stata suddivisa in tre parti uguali di m 0,275, cor-rispondenti alle due corone d’acanto e al registro superiore del capitello, con le volute. nella de-terminazione di questi elementi sono state prese in considerazione le particolari soluzionicompositive e figurative del capitello, che lasciano ampio spazio al registro superiore, dove sonocollocati i serpenti e dove il fiore d’abaco, diversamente non solo da Vitruvio (Vitr. 4.1.12) maanche dalla prassi attestata in età imperiale29, non è a piena altezza ma è relegato al registro supe-riore dell’abaco.

il diametro della colonna all’imoscapo è stato supposto pari all’altezza del capitello (m 0,98),anche se tale misura può spesso essere pari all’altezza del kalathos30, Attribuendo alla rastrema-zione del fusto della colonna un valore pari a 6/7 dell’imoscapo, si è ricavato un diametro del fustoall’ipotrachelio di m 0,84. Per quanto attiene la base, due sono state le regole utilizzate per il suodimensionamento: l’altezza corrisponde alla metà del diametro all’imoscapo e il lato del plintodella base è pari alla diagonale dell’abaco, nel nostro caso m 1,38631.

L’altezza della colonna era certamente condizionata da valutazioni di eurythmia, prima fra tuttel’ubicazione del tempio all’interno del recinto sacro. un’altezza eccessiva avrebbe impedito, adesempio, la visione della facciata dall’ingresso principale. una dimensione che sembra raccordarearmonicamente l’altezza del tempio con lo spazio in cui era inserito è quella che si ricava attri-

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Fig. 66 - rilievo del fronte di fiore d’abaco di capitello corinzieggiante(inv. n° 154367. V anche A. d’Amico in Sibari 2006, 1075-1077, fig. 87)

26 La regola è stranamente omessa nel trattato di Vitruvio.V. WiLson Jones 2000, 145.

27 in assenza di riscontri puntuali alle proporzioni del ca-pitello, si fa riferimento a Vitr. 4.1.11-12.

28 WiLson Jones 1989, passim.29 V. Gros 1997, i, 437, n. 76.30 WiLson Jones 2000, 149.31 Ibidem, 150-151.

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buendo alla colonna un’altezza pari a nove moduli (m= m 0,98), vale a dire m 8,82. tale misura,assai prossima ai 30 p (m 0,297 x m 0,30 = m 8,91), richiama la predilezione per multipli di 6 pnel dimensionamento delle colonne32 e corrisponde esattamente alle proporzioni che si possonoricavare dalla proporzione 6/5 tra fusto e colonna intera33.

Per il dimensionamento della trabeazione si può fare riferimento al De Architectura34, tenendoben presenti le specificità dell’ordine corinzio, che furono definite dopo la stesura del trattato vi-truviano. Fortunatamente, il frammento della cornice (fig. 67), ritrovato ai piedi del podio, chiariscela struttura della parte più specificamente corinzia della trabeazione.

L’architrave si può supporre pari a m/2 = m 0,49 e doveva essere suddiviso a sua volta in 12parti, ognuna di esse pari a m/24 = m 0,0408 (P), le quali componevano le tre fasce secondo le seguenti proporzioni: fascia inferiore 3P, fascia intermedia 4P, fascia superiore 5P. similmente ilfregio doveva essere alto m/2 e doveva essere formalmente separato dall’architrave da una moda-natura di coronamento alta 2P. infine alla cornice può essere attribuita una altezza pari a m 0,5716(12P+2P=14P) comprensiva della gola rovescia che sosteneva i dentelli. Come si è accennato, talemisura è confortata da un unico frammento di cornice, ritrovato, in prossimità del frammento dicapitello, ai piedi del lato orientale podio. i m 0,54 di altezza del frammento, indicano che il bloccointegrava sia la gola rovescia che separava formalmente la cornice dal fregio, sia la sima sommitale(fig. 67).

il capitello e la cornice, uniche parti dell’ordine conservate, offrono diversi spunti per l’analisidegli aspetti specifici della decorazione architettonica.

La struttura del capitello corinzio è contraddistinta da due elementi formali caratteristici: l’ac-centuata curvatura dell’abaco e la presenza dei serpenti che affiancano le volute. Quest’ultime nonrisultano collegate al corpo del kalathos, così da far mancare l’organica nascita delle volute dalcaulicolo (fig. 65). La funzione di raccordo di queste volute “a giorno” al kalathos è sopperita daidue serpenti, la cui testa disposta in orizzontale lambisce l’abaco, all’altezza dell’occhio delle vo-lute. il loro corpo, fortemente piegato verso il basso e leggermente ritorto verso l’asse delle volute,doveva svilupparsi verso l’asse centrale del capitello formando delle spire, tipiche di questi parti-colari capitelli, similmente a quanto suggeriscono i due capitelli di Vienne35. Al fine di potenziare

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Fig. 67 - rilievo con indicazione ipotetica della sezione originale di un elemento di cornice modiglionata del tempio o

32 Ibidem, 149.33 WiLson Jones, 1989, 53 ss.; WiLson Jones 2000,

145-146.

34 Vitr. 3, 5, 11-12.35 V. infra, par. 2.2.

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la connessione delle volute al kalathos, sopperendo in parte alla funzione del nastro che collega levolute al caulicolo, vi è un elemento a forma di corpo di serpente, che nasce dal retro delle volute,lungo l’asse diagonale, e si congiungeva al kalathos, formando una sorta di puntone di rinforzo.

L’assenza della tipica voluta nascente dal caulicolo porterebbe ad escludere la presenza delleelici, laddove l’area ad esse destinata doveva con ogni probabilità essere occupata dalle spire deiserpenti. La presenza di queste spire può in qualche misura aver condizionato la posizione delfiore d’abaco, che anziché svilupparsi su tutta l’altezza dell’abaco, occupava solo le due fascesommitali, sopra al cavetto (tav. 10) .

occorre infine aggiungere che il capitello ritrovato doveva appartenere all’angolo se del pro-stilo, come testimonia la scalpellatura del piano d’attesa dell’abaco, con due elementi ortogonaliconvergenti sulla diagonale (fig. 68). e’ interessante notare l’assenza dello scamillus, vale a diredel dado rialzato sul piano di attesa dell’abaco, che proteggeva le parti aggettanti del capitello daeventuali sollecitazioni durante la posa in opera dell’epistilio. Lo scamillus infatti riceveva e tra-smetteva il carico della trabeazione direttamente al corpo pieno del capitello.

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Fig. 68 - Grafico con collocazione ipotetica del frammento di abaco e voluta nella struttura del capitello.e’ evidenziato con linea continua nera il tracciato dell’epistilio sull’abaco

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un altro elemento significativo per la restituzione dell’ordine architettonico è la presenza dialcune foglie d’acanto appartenenti a capitelli di parasta (fig. 69). Questi frammenti attestano lapresenza di paraste che ribattevano l’ordine architettonico delle colonne a tutto tondo del prostilosulla parete della cella. il loro modellato presenta caratteristiche plastiche simili a quelle dellefoglie più carnose dei capitelli a tutto tondo e al trattamento del capitello ionico del portico ionico.tale osservazione porterebbe ad escludere l’appartenenza delle foglie dalle caratteristiche menoplastiche alla decorazione architettonica del tempio. Quest’ultime, infatti, possono essere ascrittead un’altra struttura architettonica, con ogni probabilità il sacello P, all’interno dell’edificio n.

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Fig. 69 - rilievo e ricollocazione ipotetica nella struttura delle corone di frammenti di foglie d’acanto di capitellodi parasta (inv. nn° 154382, 154380)

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Per quanto attiene la cornice, l’elemento più significativo è sicuramente la mensola che sor-reggeva il gocciolatoio e che da esso era separata da un profilo a gola rovescia. Purtroppo duranteil crollo della cornice, si è prodotta una rottura che ha provocato la perdita di gran parte del goccio-latoio e della sima sommitale. il rilievo ha segnalato l’assenza di un qualsiasi accenno alla tipica formadel modiglione a doppia curvatura, così come documentato nella casistica rodia36 e, poi, nell’ar-chitettura di età imperiale. Queste mensole sembrano invece avere una definizione marcatamenteparallelepipeda, secondo una forma intermedia tra un modiglione, del quale presentano lo sviluppoin altezza, e quella dei mutuli, dei quali hanno il caratteristico sviluppo in larghezza. nel goccio-latoio, infatti, la larghezza della mensola doveva prevalere rispetto all’altezza37. Alcuni elementidi cornice conservati presso il podio del tempio del divo Giulio nel Foro romano possono offrireun possibile paragone38 (fig. 70). Questi elementi rimandano all’ambiente alessandrino39 e si con-traddistinguono per la presenza delle mensole larghe e basse, segnate sulla faccia inferiore da unfascia incassata e coronate da un elemento modanato a gola rovescia con un listello sovrastante.

nella cornice del tempio di Copia l’aggettivazione essenziale delle mensole, così come dellafascia dei dentelli ridotta ad un elemento continuo, richiamano una semplicità di forme in contrastorispetto ad altri elementi con una marcata definizione decorativa, quale il capitello o il fregio, si-curamente animato da un ciclo figurativo ispirato dal culto. tale contrappunto espressivo40 è fedelead una coerenza compositiva d’insieme, come risulta dall’elaborata e calligrafica definizione del

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36 roCCo 2003, 180-181.37 nel frammento la larghezza della mensola è ridotta in

quanto essa proseguiva nel blocco attiguo.

38 V. montAGnA PAsQuinuCCi 1973.39 PensABene 1993, 99-104.40 V. par. 2.2.

Fig. 70 - Cornici giacenti ai piedi del tempio del divo Giulio nel Foro romano

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capitello ionico sorretto da un fusto liscio e non scanalato. escludendo che tali scelte formali sianostate influenzate dalla qualità del materiale lapideo impiegato, è probabile che esse siano l’esitodi scelte programmatiche, legate alle formulazioni della nuova architettura in via di definizionenell’urbe. d’altra parte, come ha messo in evidenza G. rocco, la formulazione della cornice modiglionata tripartita in dentelli, modiglioni e gocciolatoio troverà la strada della normalizzazioneproprio a partire dal principato di Augusto, per rimanere un leitmotif dell’ordine corinzio dietà imperiale41.

Conclusioni

Al fine di sintetizzare quanto fino qui tracciato, si possono ribadire le seguenti caratteristiche for-mali e funzionali del santuario m:

– L’ingresso del santuario era preceduto da un propylon, collocato in asse con l’impianto geome-trico dell’edificio. La funzione del propylon può essere assimilata a quella di un vestibolo, inconsiderazione dell’assenza di altri ambienti che mediassero l’accesso al santuario dalla strada,tanto più che proprio l’ala meridionale della porticus aveva una marcata specificità funzionale(aule (b1) e (b2), piattaforma centrale prospicente il tempio) che necessitava di un elemento ar-chitettonico in grado di fare da filtro tra lo spazio pubblico e quello sacro. il particolare caratterefunzionale del propylon è confermato dal ritrovamento del labrum al suo interno, il cui ruolo lu-strale è stata già richiamato in passato42.

– Lo spazio centrale del cortile era definito da una porticus triplex, profonda m 4,42-4,48 che sielevava di m 0,80 ca. dal piano del cortile. La relazione tra le quote del portico e quella del tem-pio, collocato solo m 0,38 sopra il piano del portico, indica una forte relazione tra le parti, ac-centuata dalla modesta ampiezza del cortile.

– una gradinata collocata ai piedi del portico raccordava il dislivello fra il portico e il piano delcortile centrale. L’assenza di una canalina a cielo aperto ai piedi della gradinata favoriva l’accessoal cortile dal portico lungo tutto il suo sviluppo. in sostanza i fedeli potevano raggiungere il cor-tile da un punto qualsiasi del portico. se l’ipotesi che lo spazio centrale venisse allagato per lacelebrazione del culto è valida, allora è possibile evocare un rituale in cui i fedeli raccolti nellaporticus potessero scendere dalla gradinata verso le acque nel cortile centrale nel corso delle cerimonie.

– sul lato meridionale del portico era un avancorpo, che sporgeva dalla zona coperta. La gradinataseguiva l’avancorpo, ma si interrompeva contro un podio ampio m 4,50. in questo punto del-l’avancorpo poteva essere collocata una funzione rilevante per il culto, sottolineata dalla posi-zione assiale con il tempio e dalla pavimentazione in calcare che collegava la scalinata del tempioalla base del podio.

– Lo smaltimento delle acque era provvisto di due canali collocati ad altezze diverse. il più basso,ai piedi della gradinata, serviva a far defluire normalmente le acque piovane dal cortile. il se-condo, collocato a m 0,30 sopra al primo, poteva entrare in funzione solo quando lo scolo infe-riore veniva chiuso per allagare lo spazio del cortile. L’allegamento poteva evidentemente essereeffettuato anche in assenza dello scolo superiore, tuttavia quest’ultimo era essenziale per garantireil raggiungimento di un livello determinato che non doveva essere superato e per il mantenimentodi tale livello in presenza di un continuo afflusso di acque.

– due aule erano collocate alle due estremità del corridoio meridionale. misuravano circa 14x20p (m 3,98-4,17x5,95-5,97). La loro collocazione rafforza l’idea che il portico meridionale assu-messe un ruolo rilevante durante le cerimonie. Altre aule connesse al santuario non sono stateper il momento individuate.

– A fianco dell’aula orientale (b1) si aggiunse un’altra aula, con la dedica a iside, a cui si accedevacon ogni probabilità dal portico orientale di m.

– nel cortile era collocato un pozzo e alcune basi votive. Le maggioranza delle basi votive risultacollocata in maniera tale da non interferire con le visuali dall’ala orientale e occidentale verso il

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41 roCCo 2003, 179, 183. 42 V. supra, nota 9.

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tempio e l’altare, infatti si collocano di fianco al podio del tempio e verso l’angolo sud-occiden-tale del cortile.

– il tempio sorgeva su un podio, era prostilo tetrastilo, con scalinata frontale, e incombeva sul li-mitato spazio del cortile.

in sostanza il complesso era focalizzato sul tempio, la cui posizione arretrata rispetto al cortileera funzionale sia allo svolgimento delle cerimonie sia a creare la necessaria gerarchia architetto-nica. il cortile doveva assumere un ruolo fondamentale durante le cerimonie. due elementi ne sug-geriscono il significato simbolico: il pozzo e la presenza dell’acqua.

Come sottolinea d’Alessio43 il programma decorativo del santuario era chiaramente dominatoda una matrice microasiatica e alessandrina. Questo aspetto è rilevante per inquadrare il progettocoerentemente con quella codificazione verso l’ortodossia avviata con il principato augusteo,quando il modello ellenistico si impose su quello italico44. in tal senso la formulazione dell’ordineionico del propylon e del porticato è emblematica. La colonna su base attica con plinto, così comei capitelli di tipo canonico con balaustrino decorato da foglie d’acanto intervallate da foglie d’acquastrette nel balteo embricato centrale, sono infatti lontani nelle proporzioni e nella forma dalle for-mulazioni italiche45, dove il ricorso allo ionico a quattro facce era prevalente. Alla stessa tradizioneappartiene anche la soluzione del capitello d’angolo, con le due facce a volute adiacenti e due ba-laustrini ortogonali unite ad angolo retto. La stessa trabeazione con i travetti fittili a sostegno delgocciolatoio utilizza la formula del geison modiglionato sul modello del “sparrengeison”, che,come si è detto, diverrà dominante nelle trabeazioni corinzie imperiali. L’ordine ionico del porticoe del propylon assieme all’ordine corinzio del tempio vengono quindi a comporre un insieme uni-tario, impostato sulla stessa sintassi compositiva, in cui le declinazioni delle singole unità è fun-zionale al ritmo architettonico e al valore simbolico da esse rivestito.

L’edificio a cortile F

descrizione generale

L’edificio F sorge ad est del santuario m sul limite meridionale della città (fig. 24). A sud era de-limitato dalla plateia B, mentre ad est affacciava sul grande spiazzo che precedeva le mura e laPorta est. A differenza del santuario m, non era accessibile dalla plateia B, ma solo dallo spiazzoantistante le mura. i settori nord, quello nord-ovest e quello centrale dell’edificio sono ancora co-perti dai crolli di età tarda, per cui la loro organizzazione planimetrica è solo indiziata dalle pochemurature messe in luce. i lati sud ed est del complesso furono scavati nel 1975 (fig. 23)46. Con gliscavi intrapresi dal 2006 è emerso gradualmente il perimetro intero della struttura, ben definitosui lati est, nord e sud, meno chiaro sul lato ovest, dove il muro che separava F da m è stato spo-gliato in antico e la trincea di spoglio risulta ancora oggi riempita da materiale eterogeno e terra,con un gran numero di tufelli tronco piramidali provenienti dai muri in opera reticolata.

La pianta è di forma quadrangolare (fig. 71): i lati nord e sud sono fra loro paralleli e sonolunghi m 44,64; i lati est ed ovest non sono paralleli fra loro: quello sud, parallelo alla strada, èlungo m 35 ca., misura alla quale va tuttavia sottratta la lunghezza dell’aula (b1) del santuario m,pari a m 6,75, che occupa l’angolo sud-ovest del complesso. il lato nord è invece lungo m 34,74.La superficie dell’edificio è di mq 1500 ca.

Gli angoli del quadrilatero non sono a squadro. similmente al santuario m, i due lati nord esud di F non sono ortogonali al fronte sulla plateia B e alla plateia stessa; il lato nord chiude ilquadrilatero secondo un orientamento che a sua volta non risulta ortogonale ai due lati nord e sud.ne deriva una geometria irregolare.

La pianta dell’edificio è contraddistinta da una serie di stanze disposte su tre lati, nord, est esud, affacciate tutte verso un cortile centrale. il quarto lato, quello ovest, che confina con il san-

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43 V. infra, par. 2.2.44 V. Gros 1976 e la convincente analisi del passaggio da

componenti italiche a caratteristiche tardo ellenistiche di G.rocco (roCCo 2003, 193 passim).

45 V. infra, par. 2.2 e roCCo 2003, 192.46 Gli scavi furono pubblicati in NSA solo in modo sinte-

tico (v. Guzzo 1981).

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Fig. 71 - Pianta restituita dell’edificio F

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tuario m è ancora parzialmente coperto dai crolli, per cui non è possibile determinare con preci-sione la disposizione degli ambienti. risulta tuttavia evidente che gli ambienti di questo lato dif-ferivano da quelli degli altri lati. oltre all’ambiente dell’angolo sud-ovest, appartenente al santuariom, e ad altri ambienti coperti dai muri ribaltati e da altro materiale sciolto in crollo, si distingueun ambiente rettangolare, che è stato scavato fino al piano della pavimentazione, dal quale si ac-cedeva a due aule laterali. sul lato ovest del cortile, inoltre, si addossava un probabile sacello, delquale si conservano tre delle pareti.

tutti gli ambienti sul lato ovest poggiano contro il muro del santuario m, che precede costrut-tivamente l’edificio F. Lo spazio centrale è quasi del tutto occupato dai cubetti o tessere tronco-piramidali provenienti dalle murature in opus reticulatum dell’edificio m e F, disposti a formareuno strato drenante omogeneo. si distingue un’area centrale priva di cubetti e la fascia liberatadai cubetti durante lo scavo degli anni ’70. in questa zona, vicino all’angolo sud-ovest del cortile,si conservano due grossi plinti di calcarenite, la cui appartenenza ad un peristilio sembra altamenteprobabile. il plinto nord misura m 0,51 x m 0,58; quello sud m 0,64 x m 0,55.

L’accesso all’edificio avveniva da due ingressi, entrambi collocati sul lato oientale dell’edificio.il principale è quello collocato al centro, ampio m 1,89 e immetteva in un vestibolo (e6) ampio m2,05. A nord e a sud di esso si dispongono quattro stanze per lato. un secondo ingresso, ampio m0,87 ca., è collocato più a sud, tra gli ambienti (s1) e (e1). L’apertura immetteva in un corridoio(e1) ampio m 1,50.

L’edificio imposta su un livello più alto di quello della plateia B, come è possibile osservaredalla quota delle soglie e delle fondazioni. i piani di calpestio originari dell’edificio furono rialzatiin una seconda fase d’uso. ne sono testimonianza le due soglie sovrapposte dell’accesso sud-est(quella superiore è collocata a m -0,79, mentre quella inferiore è collocata a m -1,04; fig. 72) e inquello che immetteva nell’ambiente (w1) dal cortile/peristilio. e’ possibile notare che le soglieche immettevano negli ambienti, in particolare quelle messe in luce sul lato sud, rimasero allaquota più bassa, dato che lascia pensare che l’innalzamento delle soglie sia stato condizionato dauna alterazione delle quote esterne all’edificio.

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Fig. 72 - Lo spigolo sud-est esterno dell’edificio F, con l’ingresso meridionale. si notino le due soglie sovrappostee il blocco che scavalcava la canalina/fogna in ciottoli

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Le quote esterne all’edificio sono oggi più basse di quelle relative ai livelli di frequentazioneal momento della costruzione dell’edificio. All’epoca le quote complessive dell’area erano staterialzate, come evidenzia la canalina in ciottoli, una delle fogne a cielo aperto della città, che è piùbassa delle soglie dei due ingressi all’edificio e lo spiccato dei muri, coerente con la quota dellesoglie. La quota della canalina, che appartiene ad una fase precedente alla costruzione di F, era si-curamente condizionata dal sistema fognario urbano e dalle quote che giungevano dal centro dellacittà verso questo settore liminare dell’insediamento, prossimo al mare. La canalina, nonostantefosse collocata ad una quota più bassa rispetto all’edificio F, era rimasta comunque in uso, comeattesta l’immissione in essa dello scolo delle acque provenienti dal santuario m (fig. 40). tale ca-nale, coperto da materiale di recupero unito con malta, preesisteva alla costruzione di F, ed avevaun andamento obliquo rispetto all’orientamento della plateia B (v. supra restituzione del sistemaidraulico di m). nel punto in cui la fondazione di F la interseca (fig. 73), a circa m 14,52 dallospigolo sud-est di F, la muratura della fondazione si sovrappone ad essa, evidenziando la serioritàdi F rispetto ad m.

Lo scavo ha messo in luce, sul lato est di F un blocco che sovrasta la canalina, la cui funzioneè chiaramente relazionata alla soglia dell’accesso meridionale di F (fig. 72). si tratterebbe di unblocco che consentiva l’attraversamento della canalina per accedere a F, simile ad altri blocchi at-testati sul lato ovest della plateia A, nel Parco del Cavallo. dalle foto del 1975 è possibile notare cheil blocco poggiava su un alto strato di terra (fig. 74) e sembrerebbe pertanto non poggiato diretta-mente sulla canalina. Purtroppo la relazione stratigrafica tra il blocco e lo strato su cui poggia oggiè persa; l’unico dato certo è che il blocco fu ivi collocato proprio per la presenza della canalina.

Gli ambienti

sul lato sud sono nove ambienti (fig. 71) che misurano m 2,62-2,93x4,42. Ad essi si accedevadallo spazio centrale. Le porte sono ampie m 1,045-1,055 e sono decentrate rispetto all’ambiente,risultando a circa m 0,20 dalle pareti. Le porte non sono disposte sempre nello stesso settore del-l’ambiente. da est, la prima porta è decentrata verso ovest. dal secondo ambiente in poi le portesono decentrate in maniera di formare coppie. Le soglie sono realizzate con un unico blocco dicalcarenite in cui sono gli incassi per i cardini.

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Fig. 73 - La canalina/fogna sulla plateia B e l’innesto su di essa del ramo che proviene dall’area dell’edificio F.nel riquadro: particolare delle murature dell’edificio F che sono state costruite sopra ai blocchi che coprono

la canalina che viene dal santuario m

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sul lato ovest, si nota che le murature di F si addossano a quelle del santuario m. in questo set-tore è stato scavato l’ambiente (w2) (fig. 75). il piano di calpestio dell’ambiente non si conserva,ma doveva trovarsi a m -1,20, quota della soglia del passaggio verso l’ambiente (w1). L’ambienteè delimitato dalla parete del santuario m, verso ovest, e da due pareti ad essa ortogonali, che siaddossano al muro del santuario. Queste pareti sono spesse circa m 0,45, misura pari ad altre mu-rature portanti dell’edificio, quali il muro perimetrale, e superiore rispetto a quella dei tramezziche delimitavano le stanze sui lati sud, est e nord, che erano spessi mediamente m 0,30. L’ambienteè largo m 2,95 e profondo m 6,43 ca. Verso il cortile era una ampia apertura, larga m 2,45, deli-mitata da stipiti in pietra. La funzione dell’ambiente (w2) può essere stata quella di vestibolo deidue ambienti collocati a nord (w3) e a sud (w1) e con esso comunicanti attraverso due passaggilarghi m 1,80 ca. al centro delle pareti nord e sud. La soglia dell’apertura a sud è alta m 0,20, conuna battuta alta m 0,05 e larga m 0,09. La soglia presenta tracce di un rivestimento in cocciopesto.La soglia del passaggio nord non si conserva. il rinvenimento di un tetto in crollo solo nel trattotra le aperture laterali e quella centrale verso il cortile di F, suggerisce che l’ambiente fosse copertosolo parzialmente47.

L’ambiente (w1) era accessibile anche da un altro passaggio, largo m 1,20, collocato sull’angolosud-est. La presenza di due soglie sovrapposte testimonia le due fasi di vita dell’ambiente. Allaseconda fase appartengono una vasca e un edificio laterizio (w1.2), collocato sull’angolo sud-ovest dell’ambiente. L’edificio fu costruito sul piano di una pavimentazione in lastre collocata allaquota m -1,56, che potrebbe appartenere all’edifico di età tardo repubblicana rinvenuto nei saggidi profondità condotti in m. La vasca poggia contro la parete est dell’ambiente ed aveva unoscarico dell’acqua ricavato in breccia nel muro (fig. 76). sul lato opposto, nello spazio centrale,dove scaricava il condotto, era una struttura (w1.3), della quale sopravvivono tre pareti che deli-

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47 V. infra, par. 3.3.

Fig. 74 - L’area della fig. 73 nel 1975 (foto archivio sBAC Busta 42 1975 09set)

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Fig. 76 - L’ambiente (w1.3 sacello?) da nord, durante lo scavo del 1975. si nota il rocchio di colonna corrispondenteal limite del lato sud del portico di F, e la vasca costruita nella seconda fase all’interno dell’ambiente (w1)

(foto archivio sBAC Busta 38 1975 09set)

Fig. 75 - L’ambiente (w2) da ovest. in primo piano i blocchi della fondazione in opera quadrata del santuario m,contro cui poggiano le murature in opera mista che delimitano il lato nord e sud dell’ambiente

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mitano uno spazio interno largo m 2,50. si doveva trattare di un sacello collocato quasi a ridossodella parete di (w1), dal quale è separato da un passaggio di appena m 0,45. La muratura è spessam 0,40-0,45 ed è eseguita con materiale assai disomogeneo (ciottoli, bozze di pietra, laterizi e te-gole). in prossimità dello spigolo sud-ovest e della canaletta di scarico della fontana è una colonnacon uno scasso rettangolare di m 0,15 x m 0,06 sul piano di attesa. sullo stesso lato, nell’ambitodelimitato dall’accesso a (w1), il sacello (w1.3) e l’ambiente (s9) è stato ritrovata la base in crollodi un louterion, la cui posizione, se in situ, potrebbe essere relazionata all’uso dell’ambiente (w1)(fig. 77).

L’ambiente (w3) è coperto dai crolli. si nota la cresta della parete continua che lo delimitava aest, verso il cortile. Più a nord sono le pareti in opera mista crollate per ribaltamento, le quali ori-ginariamente suddividevano gli ambienti collocati sul lato occidentale del cortile. non essendostato ancora completato lo scavo su questo lato dell’edificio F non è possibile aggiungere alcunainformazione sull’organizzazione planimetrica di questi ambienti.

sul lato e erano altri ambienti rettangolari, simili a quelli del lato sud, ma più ampi. L’unicointegralmente scavato è (e2), largo circa m 3 e lungo m 4,57 ca. Anche questi ambienti erano apertiverso il cortile con porte decentrate.

Anche il lato nord aveva ambienti dalla pianta rettangolare. Ad eccezione di (n1) e (n2) gli altriambienti sono solo indiziati dalle pareti divisorie che si innestavano sul muro perimetrale. L’am-biente (n1), a differenza di quello simmetrico (s1), è più ampio, in quanto include lo spazio che as è occupato dal corridoio che conduce ad uno degli ingressi all’edificio. tra il materiale in crollovi è una tegola con bollo (fig. 78), poco leggibile, la cui scritta misura m 0,022 x m 0,115, è ret-tangolare ed è compresa tra due tratti verticali: “iCetitsCi”. sulla tegola sono presenti tracce dimalta forse dovute al suo reimpiego nella muratura.

Alcune murature si addossano all’esterno del muro perimetrale, a nord-ovest. un muro, orien-tato nord-sud, in opera reticolata è collocato a m 28,23 dallo spigolo nord-est di F. Lo spessore,

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Fig. 77 - L’edificio F durante lo scavo del lato meridionale, nel 1975. La colonna in primo piano si trovavanell’ambiente (s8) ed è visibile anche nella fig. 54. davanti all’ambiente (s9) giaceva, riversa,

la base di un louterion (foto archivio sBAC Busta 10 1975 07Lug)

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pari a m 0,44, e la tecnica costruttiva assicurano una coerenza con l’edificio F, anche se la muraturasi addossa al muro perimetrale, come d’altra parte anche alcuni dei tramezzi degli ambienti dellato nord. Ad ovest del muro, addossato ad esso e al muro perimetrale di F, è una vasca in coccio-pesto di m 1,76 x m 1,80, delimitata a nord e a ovest da due muri in ciottoli e laterizio, spessi m0,33. La relazione di queste strutture con m e con F è allo stato attuale difficile da stabilire.

La tecnica costruttiva

Le strutture sono realizzate in opera mista su fondazioni in conglomerato. il conglomerato è com-posto da ciottoli e altro materiale lapideo disposto a sacco in una trincea di fondazione, come èpossibile dedurre dall’assenza di un piano omogeneo e di sbadacchiature lignee per il contenimentodel getto cementizio. sul lato sud, verso la strada, dove lo scavo ha raggiunto una quota più bassa,le fondazioni sono rimaste a vista. in questo punto si può osservare una certa disomogeneità nellaquota di spiccato dei muri, condizionata dall’assenza di un piano omogeneo in cui fu gettata lafondazione. tale disomogeneità può essere stata condizionata dalla presenza della canaletta in ba-soli, verso la quale le quote del terreno digradavano.

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Fig. 78 - Crollo del manto di tegole del tetto dell’ambiente (n2). nel riquadro bollo laterizio

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i muri perimetrali e quelli rivolti verso lo spazio centrale (pareti portanti) sono spessi m 0,44,mentre i muri divisori degli ambienti sono spessi m 0,29-0,32. sono realizzati in reticolato, contufelli ottenuti prevalentemente da ciottoli e di dimensione non regolare, ma mediamente di m0,10 di lato. Le testate dei muri sono realizzate in opus testaceum, con materiale laterizio eteroge-neo. Fanno eccezione le due testate che delimitano il varco dell’ambiente (w2) che sono eseguitecon blocchi in calcarenite. i laterizi hanno una forma generalmente triangolare. in alcuni casi sonoricavati laterizi quadrati di m 0,22 di lato e incisi sulle diagonali con dei solchi utili al taglio dellaterizio. i laterizi sono disposti a disegnare delle ammorsature aperte verso il reticolato, vale adire delle sporgenze e rientranze che favoriscono la legatura tra i due sistemi costruttivi (fig. 79).La spalla in laterizio è ampia m 0,44, misura che diviene m 0,65 in corrispondenza delle parti chelegano al reticolato. il nucleo della muratura è composto da pietre e laterizi di dimensione similea quella del reticolato, disposti senza particolare attenzione, con diversi vuoti tra una pietra e l’altra,dato che evidenzia l’assenza di un costipamento del materiale disposto nel nucleo e, quindi, pocaattenzione alla qualità costruttiva della struttura.

La decorazione architettonica

Alcuni elementi architettonici emersi durante gli scavi possono essere attribuiti all’edificio F(fig. 25):– un rocchio di colonna in situ, a sud del sacello (w1.3), di m 0,48 ca. di diametro, con un scasso

per un perno sul piano di attesa (fig. 76).– altri rocchi di colonna erratici, alcuni dei quali visibili nelle foto degli scavi del 1975 (fig. 77)

ed altri ancora oggi conservati ad est del propylon, dove giacciono in posizione orizzontale (fig.40-C e d). si tratta di rocchi di colonna lisci, simili a quello presso il sacello (w1.3). i due rocchiadagiati sulla plateia B sono integri e presentano le seguenti misure: 1) alt.: m 1,82, diametri: m0,43/0,45 (fig. 40-C); 2) alt.: m 1,05, diametri m 0,45/0,48 (fig. 40-d).

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Fig. 79 - dettaglio dell’opera mista del muro s dell’ambiente (w2)

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– le volute con abaco di capitelli corinzieggianti (fig. 80)48, ritrovati in numerosi frammenti durantele campagne di scavo 1975 e della sAiA. Le caratteristiche formali delle volute si contraddi-stinguono per il piatto nastro del calice che si arriccia nella voluta in forma molto netta e plastica,con nastro progressivamente esteroflesso, dal marcato naturalismo e senso decorativo. Caratte-ristiche che sono accentuate dal raccordo tra le due facce delle volute, libero dalle foglie delcalice che normalmente sorreggono la voluta, e strutturato con un ampio recesso concavo cheunisce i due listelli che definiscono lo spessore della voluta. La presenza di un motivo vegetalenella voluta fa ricadere il capitello in una serie di capitelli corinzieggianti diffusi a partire daAugusto e rappresentati frequentemente negli affreschi pompeiani49. Lievi differenze nelle di-mensioni dell’abaco attestano l’assenza di una lavorazione omogenea.

– un capitello d’anta, ritrovato ad est del propylon (fig. 81). il capitello è lavorato su tre lati, mentreil quarto è piano; sul piano di posa misura m 0,44 x m 0,32 ed ha un’altezza di m 0,30. su quellofrontale sono due volute il cui margine è costituito da un listello che si raccorda, senza soluzionedi continuità, ad un listello orizzontale collocato alla base del capitello, sopra un collarino conastragalo. i listelli si evolvono nelle volute, che anche in questo caso hanno un andamento este-roflesso che esalta la forma vegetale e il senso decorativo dell’insieme, ma che si distinguonoda quelli corinzieggianti del portico per l’accentuata concavità del canale. Lo spazio piatto trale volute è occupato da un fiore a rosetta a quattro petali e bulbo centrale di forma rotonda.L’abaco è definito da una fascetta alta quanto il nastro delle volute e un ovolo. La faccia sinistraè simile a quella frontale, ma di larghezza minore, per cui il capitello si interrompe prima dellanascita della seconda voluta, subito dopo il fiore (fig. 82). sul lato opposto il fiore è assente. ilraccordo fra le due volute è reso in maniera accentuatamente plastica, esaltando l’arriccio dellostelo attraverso una pronunciata convessità. Alla base del capitello è un astragalo.

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48 V. anche A. d’Amico in Sibari 2006, 1075, n° 2, fig. 86. 49 PensABene 1973, 218-219.

Fig. 80 - Voluta di capitello corinzieggiante dall’edificio F

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interpretazione e restituzione dell’impianto planimetrico

L’edificio fu costruito in una fase edilizia successiva al completamento del santuario m, come sievince dai muri in reticolato che si addossano alla sua parete orientale. tale seriorità è confermatadalla fondazione del muro sud di F, che si sovrappone alla canalina di scolo delle acque provenientidal santuario m: quando si intraprese la costruzione di F, pertanto, il santuario non solo era statoultimato, ma era anche stato attivato il sistema di scolo delle acque, evidentemente costruito senzatener conto di F.

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Fig. 81 - Capitello di pilastro ritrovato riverso sul lato est del propylon

(foto archivio sBAC Busta 34 1975 08Ago)

Fig. 82 - Capitello di pilastro proveniente dall’edificio F

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Lo schema planimetrico dell’edificio può essere ipotizzato in maniera ancora sommaria (fig.71), almeno fino a quando non verranno condotti dei saggi. Allo stato attuale l’unica area liberatadai crolli è quella scavata nel 1975 e gli ambienti (w1) e (w2). il resto dell’edificio è infatti ancoracoperto dai crolli delle coperture e delle pareti degli ambienti, mentre l’area centrale rimane oc-cupata dallo strato di tufelli disteso nell’ultima fase di vita dell’edificio a coprire i resti delle strut-ture già spogliate. Questo strato risparmia un’area centrale, verosimilmente interessata dallospoglio di una struttura che si trovava al centro del cortile, ipotesi che però non può essere confer-mata fino a quando l’area non verrà scavata in profondità.

Gli elementi salienti per la restituzione, oltre alle strutture che consentono l’identificazionedegli ambienti perimetrali, sono i plinti in arenaria nel settore sud-est del cortile interno, i crollidegli ambienti sul lato ovest e le tracce di altri ambienti sul lato nord, oltre alla depressione alcentro del cortile. dall’insieme di questi dati si può ipotizzare quanto segue:– il complesso era costituito da una serie di ambienti collocati sui quattro lati di un cortile rettan-

golare. – Gli ambienti sui lati nord, est e sud dovevano essere tutti organizzati con un ingresso direttamente

dallo spazio centrale, senza collegamento diretto tra un’ambiente e l’altro. si trattava pertantodi stanze, di superficie variabile pari a mq 11,30-15,50. Le stanze scavate sul lato sud erano piùpiccole di quelle ipotizzate sui lati est e nord. La dimensione degli ambienti e l’organizzazioneplanimetrica sono coerenti con la collocazione di klinai in ogni stanza, ma l’assenza di uno scavoin profondità rende ogni ipotesi ancora prematura.

– Gli ambienti fino ad oggi scavati sul lato ovest dimostrano una diversa organizzazione. in primoluogo gli ambienti di questo lato erano più larghi (m 6,12 ca.) di quelli sui lati est, sud e nord (m4,37-4,50). i tre ambienti restituibili con una certa esattezza (w1-w2-w3) erano in stretta rela-zione: da (w2), che è collocato al centro ed è aperto verso il cortile centrale con un’ampia aperturasi accedeva alle due grandi aule (w1) e (w3), la cui dimensione raggiungeva i m 9,25 di lun-ghezza50. L’accesso alle due aule era collocato al centro dell’ambiente (w2), che può essere con-siderato a tutti gli effetti un vestibolo dal marcato aspetto monumentale. L’accesso al vestiboloera infatti segnato da due paraste, larghe m 0,44, le cui dimensioni coincidono con quelle delcapitello di parasta ritrovato in collocazione erratica ad est del propylon (figg. 81-82)51. il capi-tello, si ricorderà, aveva un lato piano, per potersi accostare alla parete e una delle due facce la-terali era priva della rosetta al centro dello spazio fra le volute, forse perché affacciava versol’interno dell’ambiente (w2).

Per quanto attiene le funzioni di questi ambienti, occorre notare che l’ambiente (w1) era ac-cessibile anche da est, dove è documentato un varco con due soglie sovrapposte. Quindi i dueambienti (w3) e (w1) potevano avere avuto originariamente una diversa funzione, pur apparte-nendo ad un unico insieme funzionale, organizzato da un accesso di rappresentanza, il vestibolo(w2), e due aule, di cui una (w1) con un ulteriore accesso dal portico. tale distinzione divennepiù marcata in una seconda fase, con la costruzione del sacello (w1.2), che occupò gran parte di(w1). in questa fase le quote furono innalzate e nell’ambiente (w1) venne collocate una vasca aridosso della parete orientale (fig. 76).

– un portico delimitava il cortile centrale, così da creare un’area coperta per l’accesso alle stanzecollocate lungo il perimetro dell’edificio. il portico può essere restituito in pianta a partire daidue plinti collocati nel settore sud-est del cortile. il plinto collocato più a sud, si trova alla me-desima distanza (m 3,45 ca.) dalle pareti delle stanze (s3) ed (e2), ed è in perfetto allineamentocon il muro sud del sacello (w1.3), dove peraltro si trova un colonna, forse reimpiegata. il portico,pertanto correva solo su tre lati, così da lasciare libero il lato occidentale del cortile, dove affac-ciavano gli ambienti di rappresentanza dell’edificio. Le colonne del portico possono essere re-

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50 La misura è riferita con certezza a (w1). La dimensionedi (w3) è solo indiziata dai crolli.

51 il ritrovamento del capitello lontano dalla sua colloca-zione originaria può essere motivato dal suo trasferimentosulla strada (plateia B) in attesa di essere condotto alla de-stinazione finale. di fatto il ritrovamento di altri elementi

architettonici erratici ad est del propylon così come la stessaconservazione di tutte le basi orientali del propylon, del la-

brum e del muro meridionale in opere quadrata del santua-rio m, indicano che questa zona fu risparmiata dallo spogliocapillare del materiale per un qualche evento a noi ignoto edifficilmente ipotizzabile.

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stituite di ordine corinzieggiante, con un interasse di m 3,79 ca., misura che corrisponde alla di-stanza tra i due plinti conservati. tale interasse si ricava anche dalla suddivisione della distanzatra il centro del plinto nell’angolo sud-est del peristilio e la colonna a sud del sacello (w1.3) in5 interassi uguali. il medesimo interasse, utilizzato sul lato est del peristilio, restituisce coeren-temente un portico di larghezza pari a m 3,45 anche sul lato nord del cortile.

– l’accesso principale all’edificio era collocato sul lato orientale. in posizione non perfettamentecentrale era un ingresso più ampio di un accesso secondario, collocato in prossimità dell’angolosud-est dell’edificio.

Per quanto attiene le proporzioni complessive dell’edificio, anche escludendo le irregolaritàche contraddistinguono la pianta, non sembra che l’impianto sia regolato da uno schema propor-zionale organico. si può infatti notare che l’ampiezza degli ambienti è assai variabile, con ambientipiù stretti sul lato sud (m 2,60-2,90) e più larghi sul lato est (m 2,90-3,60). La larghezza degli am-bienti è determinata pertanto non da un modulo geometrico che regola la simmetria dell’organismoarchitettonico, ma dalla suddivisione degli spazi disponibili. Così se il limite orientale dell’edificiosembra condizionato dalla presenza della canaletta, che detta la larghezza massima del fronte me-ridionale, la dimensione degli ambienti sembra ottenuta dalla divisione dello spazio, tale da ottenere9 ambienti. Parimenti sul lato orientale dell’edificio l’ampiezza degli ambienti sembra determinatadalla suddivisione regolare dello spazio, sottratto il vestibolo centrale (e6) e i due ambienti collocatialle estremità del lato. sul lato orientale, infine, si può ipotizzare la presenza di vincoli che hannodeterminato la posizione e l’andamento obliquo della parete.

L’assenza di un disegno regolare è anche accentuata dalla posizione dei due accessi all’edificioL’ingresso centrale (e1) è spostato a sud rispetto all’asse del lato orientale dell’edificio, mentre ilsecondo ingresso è collocato in prossimità dello spigolo sud-est e manca di un simmetrico sul latoopposto. La collocazione dei due ingressi sul lato orientale della costruzione era funzionale allagerarchia degli spazi interni, considerato che il punto focale del complesso erano gli ambienti col-locati sul lato ovest. La lontananza degli ingressi di F da quello di m, collocato sulla plateia B,sottolinea l’indipendenza di un edificio dall’altro e allontana l’ipotesi di una possibile comunica-zione interna tra le due costruzioni.

si noterà infine che la dimensione irregolare degli ambienti non consentiva una corrispondenzaregolare tra le colonne del portico e gli ambienti. tutti questi elementi portano ad ipotizzare unprogetto condizionato più da fattori funzionali che non da questioni di simmetria architettonica.nonostante ciò la regolare suddivisione del portico triplice, così come la presenza di un lato occi-dentale più alto delle tre ali nord, est e sud (tav. 7)52, conferivano all’edificio un carattere architet-tonico unitario e armonico.

restituzione dell’alzato

L’alzato dell’edificio può essere restituito in base all’altezza delle colonne del portico. La posizionedelle colonne è indiziata dai due plinti collocati sull’angolo sud-est del peristilio e dalla colonnaa sud del sacello (w1.3). L’alzato può essere restituito sulla base dei seguenti dati:– il fusto della colonna (tav. 10). il rocchio a sud del sacello (w1.3) (fig. 76) ha un diametro pari

a m 0,40 ca., misura che può corrispondere all’ipotrachelio della colonna. uno dei rocchi chegiacciono ad est del propylon di m ha invece un diametro di m 0,48, misura che può essere presacome riferimento per l’imoscapo. in base alla rastremazione dei rocchi e alle dimensioni delle duepossibili estremità del fusto, si ottiene un’altezza pari a m 3,29. Le proporzioni piuttosto tozze delfusto sono condizionate sia dal rapporto di 1,142 tra diametro all’imoscapo e diametro al som-moscapo, piuttosto del canonico 1,253, e dall’altezza complessiva della colonna pari a 8 moduli.

– il capitello. i numerosi frammenti di capitello corinzieggiante con abaco e voluta non sono suf-ficienti a restituire in maniera puntuale la morfologia del capitello, che rimane incerta anche in

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52 L’altezza maggiore del lato ovest è ipotizzabile in baseall’altezza della parete del santuario m, alla maggiore di-mensione degli ambienti del lato ovest e dalle ridotte di-

mensioni dell’ordine architettonico del peristilio (v. tav. 9sez. C-C’).

53 Vitr. 3.3.12.

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ragione dell’appartenenza ad una tipologia eterodossa. nell’ipotesi rielaborata (tav. 10), il capi-tello presenta un’altezza piuttosto ridotta, ma rispetta sia la curvatura dell’abaco, documentatanei frammenti conservati, sia la relazione tra l’ipotrachelio del fusto e il diametro del piano diposa del capitello. sulla base di simili capitelli corinzieggianti54, il capitello può essere restituitocon una corona di foglie, sovrastata da altre foglie, collocate solo sulle diagonali, che si arriccianonelle volute.

– La base della colonna e l’epistilio possono essere solo ipotizzati. i due plinti conservati, di di-mensione e forma irregolare, avevano una funzione meramente strutturale e non erano pertantodestinati a rimanere a vista ed essere parte integrante dell’ordine.

nei peristili delle ville e delle domus campane la base è frequentemente omessa, oppure èridotta a semplici elementi modanati, anche senza plinto. il riferimento a queste tipologie edilizieè coerente con il carattere italico della decorazione e con la tipologia dell’edificio (una serie dicelle che affacciano su un portico che si sviluppa attorno ad un cortile). Pertanto, in attesa di com-pletare le ricerche ed avere maggiori dati a disposizione e in considerazione della minima diffe-renza tra la dimensione dell’imoscapo del fusto della colonna (m 0,48) e quella dei plinti in situ

(larghezza minima m 0,51), si può provvisoriamente ipotizzare la presenza di un toro tra il fustoe il plinto.

Per quanto attiene l’epistilio, la considerevole distanza fra una colonna e l’altra porta ad esclu-dere un epistilio litico, a favore di un elemento ligneo, forse con sovrastante muratura, in analogiacon i peristili dell’area campana55. – Per quanto attiene il capitello di anta ritrovato ad est del propylon, la sua collocazione su uno

dei pilastri che fiancheggiavano l’ingresso al vestibolo (w2) è suggerita dalla medesima dimen-sione del piano di posa del capitello (m 0,44) e dei pilastri. sul lato opposto ai due ingressi al-l’edificio, dove il portico era assente, si deve quindi immaginare un ampio prospetto focalizzatosulle due paraste che marcavano l’ingresso al vestibolo.

in definitiva le caratteristiche architettoniche e decorative del portico dell’edificio F evidenzianouna sostanziale differenza rispetto a quelle del portico del santuario m. differenze che appaionoconfermate anche dall’impianto planimetrico, uno impostato su uno schema che si adatta ai vincoliimposti da un’area residuale al margine dell’isolato più orientale sulla plateia B, l’altro impostatosu un disegno geometrico regolare ed omogeneo. si tratta in sostanza di due programmi edili di-stinti, non solo temporalmente, ma anche dal punto di vista architettonico.

nel santuario m la decorazione architettonica assume un carattere marcato sin dal propylon

sulla strada, per assumere un valore determinante nello spazio interno, dove domina la sperimentataformula del peristilio/tempio, affermatasi a roma a partire dal noto esempio della Porticus Metelli.Gli espliciti richiami al linguaggio architettonico influenzato dal tardo ellenismo, così come venivarielaborato nella rinnovazione augustea, richiamano ancor più il significato programmatico delprogetto.

Per contro nell’edificio F la decorazione architettonica è ridotta a pochi elementi formali e siconcentra tutta nel peristilio e nell’ingresso dell’aula (w2). i riferimenti all’ambiente italico sem-brano cogenti, ma potranno essere meglio esaminati nell’edizione finale, quando saranno chiaritiulteriori aspetti architettonici e la destinazione dell’edificio.

Paolo Vitti

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54 PensABene 1973, tav. Liii. 55 PierAttini 2009, 117, tav. iVb st.