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VI T A PI U ` VI T A PI U ` Curare o prendersi cura? TOFA, possiamo definirlo il quartiere popolare-rurale della periferia della città di Kupang, provincia dell’Indonesia e situata sull’isola di Timor Ovest. Parliamo di una vasta area qualificata con il superlativo “poverissima”, addentrarsi è una vera impresa anche per coloro, Canossiane in testa, che, animate da “zelo instancabile”, intendono dare una mano. Sorella Mila, che stiamo per incontrare, è da noi considerata “capofila e animatrice” del piccolo drappello di giovani Sorelle Canossiane di quella terra, quattro per la precisione, impegnato nel progetto “Una scuola per i più piccini” che si sta tentando di realizzare a Tofa, con la solidarietà di tanti amici, per “tirar fuori” da una logica di naturale impotenza intere famiglie e aiutarle perché, gradualmente, abbiano sempre meno bisogno di aiuto. L’intervista a sr. Mila avviene in modo suggestivo e tecnologicamente avanzato, con la mediazione di un nostro amico esperto in comunicazione, di passaggio in Indonesia e attrezzato di Web camera e di laptop. Fa da sfondo al suo volto sorridente, un paesaggio incantevole dove la natura sprigiona creatività libera, ma capace di armonizzare forme e colori. Sorella Mila mostra “fiera” il tracciato delle fondamenta, che lentamente, a causa delle piogge, disegna la nuova sede scolastica destinata all’infanzia. Ci spiega la complessità del processo burocratico per avere a disposizione operai e materiale. Ci si trova su un’isola poco familiare al turismo e un po’ troppo dimenticata dallo stesso governo indonesiano. Mutando, per un istante, l’espressione sorridente in una smorfia di disappunto, Mila pronuncia la sua preoccupazione per quanto ancora si dovrà economicamente investire per rendere funzionale l’attività. Dalla nostra postazione italiana chiediamo alla Sorella di tornare a sorridere, poiché stiamo parlando del progetto “più importante” di questo anno 2011, per lo sviluppo della giovane Provincia Canossiana in Indonesia… Sì, è vero. L’idea è maturata da tempo ed era nota a molti l’importanza-urgenza di offrire possibilità di istruzione iniziale ad un’ampia area a cui pochi sembrano essere appassionati. Ci è sembrato naturale, in fedeltà alla nostra missione, non rinunciare, nonostante la mancanza di risorse a tutti i livelli. La notizia incoraggiante è arrivata all’inizio del 2010, quando la M. Generale, nonché Presidente della Fondazione Canossiana, ci ha confermato che il progetto si doveva realizzare: Provvidenza in testa e amici vari ci avrebbero concretamente accompagnato, a noi l’impegno di avviare trattative in loco e sensibilizzare le centinaia di famiglie destinatarie dell’iniziativa. Un lavoro non da poco per voi Sorelle, pensando alle attese e alle aspettative di bimbi/e e genitori? Modestia a parte, mi permetto di condividere con voi come si può “prendersi cura” degli sventurati, nella consapevolezza che la vera ricchezza non è denaro facile, il tutto capricciosamente a nostra disposizione Intervista a sr. Mila – Prima Parte o l’aver confezionato curriculum vitae di capitoli interminabili, con master super specialistici, quanto piuttosto essere coscienti che ogni forma di povertà “ci riguarda”, ci coinvolge, ci rende corresponsabili. In questo caso si tratta dei piccoli Tofa e dei loro familiari. Sr. Mila, insegnaci effettivamente: cosa stai facendo perché la cura sia “prendersi cura”? Provate a pensare cosa comporti mantenere uniti un centinaio di piccoli, dai quattro ai sei anni, in situazioni in cui la vita sembra aver negato anche il necessario! La scoperta del gioco è una delle soluzioni: uno spazio in mezzo alla natura, riscaldato dal solleone, che fortunatamente non brucia per il vento permanente che tempera l’aria. Una lunga tavola sgangherata, sistemata alla meglio in mezzo al vasto campo dove appoggiamo, fermati da duri blocchi di terra rossa, larghi strappi di fogli colorati. Tutt’intorno al tavolone il nugolo di bimbi/e, super impegnati nella piegatura del futuro, artigianale aquilone. Che allegria per i bambini/e nel vedere conclusa la loro prima opera d’arte, un po’ fuori schema, ma pur veri aquiloni. Si inizia il lancio verso il cielo, abbandonandoli ai giochi del vento, alcuni esitano, poiché lanciarli significa rischiare di perdere la loro piccola-grande conquista. Osservano titubanti i vicini più coraggiosi, si fanno animo, superando l’istinto del “finalmente qualcosa mi appartiene” e, contemplando il piccolo aquilone Sr. Mila (destra) con M. Provinciale e Sr. Isabel. scherzare con le correnti, entrano in quella straordinaria esperienza di libertà e serenità e corrono spensierati. È bastato uno strappo colorato di carta già usata! Parli di sole, di spazio, di cielo… di bimbi che corrono sereni e a piedi nudi su terra rossa battuta, ma cosa succede nelle giornate di pioggia tropicale? La scelta del “prendersi cura” è una strategia importante, uno strumento di riscatto come lo sono le “scarpette” per quei bambini. Durante i giorni di pioggia tutto si complica: è il fango rosso a farla da padrone. Non si usano ombrelli, il vento li travolgerebbe in un secondo e poi costano troppo. Uscire di casa significa essere pronti a una cura gratuita di impasto di fango e la maggior parte degli scolaretti in erba è costretta a stare per ore accucciata nei pochi metri coperti della capanna. Se poi la pioggia coincide con il giorno di venerdì, dedicato agli allenamenti ginnici e sportivi, sotto la lunga tettoia installata accanto al campo FONDAZIONE CANOSSIANA FONDAZIONE CANOSSIANA
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2011_Vitapiu_1_IT_marzo

Mar 31, 2016

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VITAPIU

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Curare o prendersi cura?

TOFA, possiamo definirlo il quartiere popolare-rurale della periferia della città di Kupang, provincia dell’Indonesia e situata sull’isola di Timor Ovest. Parliamo di una vasta area qualificata con il superlativo “poverissima”, addentrarsi è una vera impresa anche per coloro, Canossiane in testa, che, animate da “zelo instancabile”, intendono dare una mano.Sorella Mila, che stiamo per incontrare, è da noi considerata “capofila e animatrice” del piccolo drappello di giovani Sorelle Canossiane di quella terra, quattro per la precisione, impegnato nel progetto “Una scuola per i più piccini” che si sta tentando di realizzare a Tofa, con la solidarietà di tanti amici, per “tirar fuori” da una logica di naturale impotenza intere famiglie e aiutarle perché, gradualmente, abbiano sempre meno bisogno di aiuto.L’intervista a sr. Mila avviene in modo suggestivo e tecnologicamente avanzato, con la mediazione di un nostro amico esperto in comunicazione, di passaggio in Indonesia e attrezzato di Web camera e di laptop. Fa da sfondo al suo volto sorridente, un paesaggio incantevole dove la natura sprigiona creatività libera, ma capace di armonizzare forme e colori.Sorella Mila mostra “fiera” il tracciato delle fondamenta, che lentamente, a causa delle piogge, disegna la nuova sede scolastica destinata all’infanzia. Ci spiega la complessità del processo burocratico per avere a disposizione operai e materiale. Ci si trova su un’isola poco familiare al turismo e un po’ troppo dimenticata dallo

stesso governo indonesiano. Mutando, per un istante, l’espressione sorridente in una smorfia di disappunto, Mila pronuncia la sua preoccupazione per quanto ancora si dovrà economicamente investire per rendere funzionale l’attività.

Dalla nostra postazione italiana chiediamo alla Sorella di tornare a sorridere, poiché stiamo parlando del progetto “più importante” di questo anno 2011, per lo sviluppo della giovane Provincia Canossiana in Indonesia…Sì, è vero. L’idea è maturata da tempo ed era nota a molti l’importanza-urgenza di offrire possibilità di istruzione iniziale ad un’ampia area a cui pochi sembrano essere appassionati. Ci è sembrato naturale, in fedeltà alla nostra missione, non rinunciare, nonostante la mancanza di risorse a tutti i livelli. La notizia incoraggiante è arrivata all’inizio del 2010, quando la M. Generale, nonché Presidente della Fondazione Canossiana, ci ha confermato che il progetto si doveva realizzare: Provvidenza in testa e amici vari ci avrebbero concretamente accompagnato, a noi l’impegno di avviare trattative in loco e sensibilizzare le centinaia di famiglie destinatarie dell’iniziativa.

Un lavoro non da poco per voi Sorelle, pensando alle attese e alle aspettative di bimbi/e e genitori?Modestia a parte, mi permetto di condividere con voi come si può “prendersi cura” degli sventurati, nella consapevolezza che la vera ricchezza non è denaro facile, il tutto capricciosamente a nostra disposizione

Intervista a sr. Mila – Prima Parte

o l’aver confezionato curriculum vitae di capitoli interminabili, con master super specialistici, quanto piuttosto essere coscienti che ogni forma di povertà “ci riguarda”, ci coinvolge, ci rende corresponsabili. In questo caso si tratta dei piccoli Tofa e dei loro familiari.

Sr. Mila, insegnaci effettivamente: cosa stai facendo perché la cura sia “prendersi cura”?Provate a pensare cosa comporti mantenere uniti un centinaio di piccoli, dai quattro ai sei anni, in situazioni in cui la vita sembra aver negato anche il necessario!La scoperta del gioco è una delle soluzioni: uno spazio in mezzo alla natura, riscaldato dal solleone, che fortunatamente non brucia per il vento permanente che tempera l’aria. Una lunga tavola sgangherata, sistemata alla meglio in mezzo al vasto campo dove appoggiamo, fermati da duri blocchi di terra rossa, larghi strappi di fogli colorati. Tutt’intorno al tavolone il nugolo di bimbi/e, super impegnati nella piegatura del futuro, artigianale aquilone. Che allegria per i bambini/e nel vedere conclusa la loro prima opera d’arte, un po’ fuori schema, ma pur veri aquiloni. Si inizia il lancio verso il cielo, abbandonandoli ai giochi del vento, alcuni esitano, poiché lanciarli significa rischiare di perdere la loro piccola-grande conquista. Osservano titubanti i vicini più coraggiosi, si fanno animo, superando l’istinto del “finalmente qualcosa mi appartiene” e, contemplando il piccolo aquilone

Sr. Mila (destra) con M. Provinciale e Sr. Isabel.

scherzare con le correnti, entrano in quella straordinaria esperienza di libertà e serenità e corrono spensierati.È bastato uno strappo colorato di carta già usata!

Parli di sole, di spazio, di cielo… di bimbi che corrono sereni e a piedi nudi su terra rossa battuta, ma cosa succede nelle giornate di pioggia tropicale?La scelta del “prendersi cura” è una strategia importante, uno strumento di riscatto come lo sono le “scarpette” per quei bambini. Durante i giorni di pioggia tutto si complica: è il fango rosso a farla da padrone. Non si usano ombrelli, il vento li travolgerebbe in un secondo e poi costano troppo. Uscire di casa significa essere pronti a una cura gratuita di impasto di fango e la maggior parte degli scolaretti in erba è costretta a stare per ore accucciata nei pochi metri coperti della capanna. Se poi la pioggia coincide con il giorno di venerdì, dedicato agli allenamenti ginnici e sportivi, sotto la lunga tettoia installata accanto al campo

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degli aquiloni, con l’aiuto di un medico e di volontari esperti in materia, la situazione si fa ancora più traumatica per gli scolaretti che, non volendo rinunciare, sandali alla mano, si lanciano a piedi nudi e raggiungono la grande tettoia incuranti della pioggia. Lascio alla vostra fantasia immaginare l’arrivo al campo e la paziente abilità delle Sorelle nel restituire allo stato naturale le sorridenti faccine: due tinozze d’acqua multicolore sono sempre a disposizione. Si torna a ridere in quello spazio protetto e trasformato in “terme del benessere” e nasce così una lezioncina ad hoc. Si aiutano i bimbi a pensare all’importanza di rispettare le scarpette, perché costano grandi sacrifici per i genitori e un secondo paio, eventualmente sostitutivo, è impensabile a Tofa, ma i piedini sono ancora più preziosi, infatti se feriti, se morsi da serpenti … portano a conseguenze ancora più gravi e spesso irreparabili per mancanza di cure mediche. Ascoltano attenti i piccoli, capiscono che si tratta del loro corpo, della loro vita, ma la risposta, più che nella parola è nei loro occhioni corvini, luminosi, espressivi:Sister Mila, yes! Ma chi ci compra un altro paio di scarpette o meglio ancora, degli stivaletti a prova d’acqua?Per alcuni istanti un sano, simbolico silenzio avvicina ancor più il bimbo all’educatore.

Siamo proprio tutti orfani di qualcosa! Sembra sfumare il senso della giustizia, si riducono le sicurezze, vacillano anche i sani principi… addio centralità della persona: non ti prende lo scoraggiamento?

Vedere la vitalità e la genuinità della vita in quei piccoli, che domani saranno gli innovatori di Tofa, se li metteremo in condizione di crescere, di formarsi, di istruirsi, anima me, le mie consorelle, i laici collaboratori a “prenderci cura” di chi è veramente nel bisogno e a sperimentare il piacere di accogliere, di sostenere, d’incoraggiare. Un sano ottimismo dettato dallo spirito canossiano: “vi raccomando i miei amati poveri”, ci sveglia ogni mattina con la convinzione che qualcosa si può migliorare, che non bisogna arrendersi, nonostante le stancanti settimane di pioggia. È fiducia indiscussa nella “Provvidenza”, è sperimentare che “attesa e pazienza” portano con sé meraviglia ed entusiasmo.

Una cosa ben fatta è bella e promozionale, ma come sostenerla nel tempo?Crescendo con questo super gruppo di giovanissimi, significa anche incontrare sistematicamente centinaia di famiglie, significa soddisfare la richiesta della mamma che, nonostante la povertà della condizione,

vedendo rientrare il figlio dalla scuola sprizzante di serenità, con il panino-pranzo assicurato, la merendina, le cure mediche … dimentica il peso e la fatica di chi è spiazzato e insiste di poter entrare nell’itinerario di formazione avviato per i figli.

Sicuro, c’è bisogno anche di finanziamenti per garantire continuità al progetto…Basta partire da uno strappo di carta colorata e da un paio di stivaletti di gomma di pochi euro per riconoscere bellezza e dignità a chi rischia la sconfitta e l’emarginazione sin dai primi anni di vita e a noi, che nulla manca, non basta tacitare la coscienza con pochi spiccioli, ma è necessario lasciarci coinvolgere, con altrettanto decoro, in questa avventura del “PRENDERSI CURA”.

Arrivederci alla prossima puntata.

Sr. Liliana Ugoletti

Diventando indipendente.

Il gioco degli aquiloni.