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1873. la contraccezione all'Indice

Jan 18, 2023

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Riti di passaggio,storie di giustiziaPer Adriano Prosperivol. III

a cura di Vincenzo Lavenia Giovanna Paolin

EDIZIONI DELLA NORMALE

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© 2011 Scuola Normale Superiore Pisaisbn 978-88-7642-425-0

Questo volume è stato stampato con il contributo di

e con il patrocinio di

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La nascita e il battesimo: medicina, tribunali, teologia

Dare e perdere l’animaMichele Battini 3

Lo schema paracelsiano della medicina di genere (1566-69)Valerio Marchetti 19

1873: la contraccezione all’IndiceEmmanuel Betta 35

Gravidanze illegittime. Prevardazione e interrogatori nelle doglie nella Svizzera italiana (secoli XVI-XVIII)Raffaello Ceschi 43

«Puerpera pura parens». Per una storia del rito di purificazione dopo il partoClaudia Pancino 55

Vescovi ed ebrei/nuovi cristiani nel Cinquecento portogheseJosé Pedro Paiva 67

Pio XII e i bambini ebrei. Fra storia, giornali e filologiaAlberto Melloni 87

Storie di sacramenti

«Sempre tenendo saldo il legame con la Chiesa Madre e maestra». Sacramenti e nuovi mondi da Paolo III a Benedetto XIV: spunti di riflessioneMaria Teresa Fattori 103

Il sacramento della penitenza e la restitutioPaolo Prodi 117

Soddisfazione, 1215-1700John Bossy 127

La cresima: un sacramento negletto?Giovanna Paolin 135

Indice

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vi Indice

Religione e pratiche di giustizia

La bolla di canonizzazione di san Pio V del 1712 tra agiografia e storiaMiguel Gotor 149

El jesuita Juan Bautista Poza y la censuraDoris Moreno Martínez, Manuel Peña Díaz 159

Fama e giustizia in un cruciale rito di passaggio: la formazione della coppiaDaniela Lombardi 171

Crimini di sangue: la parola alla difesaCesarina Casanova 183

Monsignor Prospero Lambertini e il sindacato LottiGiancarlo Angelozzi 193

«Nel tempo delle cerase». Un processo per stupro, incesto e omicidi contro un vicario del Sant’Uffizio di Fanano (Ducato Estense, 1686-87)Elena Brambilla 203

Il papa eretico. Per una storia della sovranità dei ponteficiVincenzo Lavenia 219

Attentare al corpo del papa: sortilegi e complotti politici durante il pontificato di Urbano VIIIMaria Antonietta Visceglia 243

Magia e ebraismo: un nesso poco consideratoMarina Caffiero 259

Ancora su élites bancarie e intellettuali ebrei nel Rinascimento italiano: ‘minima biographica’ per Obadiah da Sforno Michele Luzzati 273

La provocatio ad vallem Josaphat tra diritto e religioneGuido Dall’Olio 283

La morte: riti e conforto

Esercizi di memoria: i testamenti dei condannati a morte a Roma nel CinquecentoIrene Fosi 293

‘Confortatori’ e condannati a morte a LivornoLucia Frattarelli Fischer 305

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vii Indice

Parentela al patibolo. La fratellanza spirituale tra condannati e confratelli nel CinquecentoNicholas Terpstra 317

Rane, topi e morti. I Paralipomeni della Batracomiomachia di Giacomo Leopardi e la doppia sepoltura nel Regno delle Due SicilieFrancesco Pezzini 329

Appendice

Studiose indipendenti: omaggio a Hélène Metzger e Frances YatesGianna Pomata 349

Illustrazioni 369

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Nel 1873 gli inquisitori romani videro arrivare sul loro tavolo un libro, pubblicato a Louvain e Parigi, dal tito-lo eloquente: L’ovulation spontanée de l’espèce humaine dans ses rapports avec la théologie morale1. Lo firmava Alphonse-Joseph Lecomte, abate e teologo lovaniense che si presentava come dottore in scienze naturali e che l’anno prima aveva pubblicato un volume contro il dar-winismo. Il libro era arrivato a Roma per iniziativa dello stesso autore, che confidava in un sigillo autorevole alle sue tesi. La Congregazione decise di aprire l’istruttoria, incaricò un consultore, ne discusse le conclusioni e in-fine fece in modo che il libro fosse ritirato. Il problema non era tanto che le tesi esposte fossero sbagliate, quanto che erano da considerarsi inopportune e pericolose in alcune parti, soprattutto nel caso di una loro diffusione, che sembrava essersi già concretizzata almeno nei terri-tori francofoni.

Si trattava di un testo significativo perché «this was the first attempt to take theological account of the ninete-enth-century discoveries about ovulation»2. Così scri-veva John T. Noonan, giurista, teologo e autore di una delle prime e più corpose indagini su come la Chiesa e la cultura cattolica hanno pensato e governato nel tem-po la contraccezione e il controllo delle nascite. Ad un altro storico che ha lavorato su questi temi, Jean-Louis Flandrin, si deve invece la notizia che lo stesso Lecomte, dopo aver ricevuto il parere dell’Indice, si rivolse alla Penitenzieria Apostolica sperando in un giudizio diffe-rente, ma senza ottenere una risposta diversa da quella già incassata3. Di recente, Claude Langlois, in un denso lavoro sui temi del controllo delle nascite nel discorso cattolico, ha aggiunto altri dettagli alla vicenda, ma fino ad ora la storiografia non è potuta andare molto oltre l’eco pubblica del libro di Lecomte e della sintesi che pubblicò sul periodico romano per il clero «Analecta Ju-ris Pontificia» nello stesso anno, perché i documenti del Sant’Uffizio non sono stati accessibili per lungo tempo4. Ora con la disponibilità delle fonti archivistiche è pos-sibile guardare più da vicino a questa vicenda, che rap-presenta una pagina interessante nella lunga storia della

disciplina cattolica della sessualità e insieme racconta di come nella transizione biopolitica stesse cambiando il rapporto tra la morale e le conoscenze sul corpo.

Il libro di Lecomte trattava di un tema che da parec-chi decenni stava attraversando la discussione scientifi-ca europea: la fecondazione umana, la sua fisiologia, il contributo organico della donna alla generazione, a par-tire dalla comprensione di ciò che ne regolava l’ovula-zione. Per larga parte della storia, aveva prevalso l’idea che l’apporto femminile alla generazione fosse limitato al solo piano della materia fisiologica – lo spazio fisico, il nutrimento, il calore – la quale veniva plasmata, for-mata, organizzata e attivata dal seme maschile e dalla forza vivificante che esso portava. Qualcuno la vedeva presente in una aura seminalis all’origine della genera-zione e ci sarebbero volute le ricerche di Lazzaro Spal-lanzani per dimostrare che il contatto tra spermatozoi e ovulo costituiva il terminus a quo della fecondazione5. Con questa lettura, prevaleva l’idea che l’ovulazione nel-la donna fosse un meccanismo occasionale indotto da un fattore esterno e contingente: per alcuni il rappor-to sessuale, per altri la capacità fecondativa, pensando per analogia a quanto accadeva negli animali. Intorno alla metà dell’Ottocento, lo sguardo su tutto ciò iniziò a mutare, quando in Francia fu pubblicata la Théorie positive de l’évolution spontanée et de la fécondation des mamnifères et de l’espèce humaine, in cui per la prima volta si affermava che l’ovulazione era un fenomeno fi-siologico periodico, del tutto slegato dalla fecondazione e come tale capace di distinguere una fase fertile da una infertile nel ciclo della donna. A scriverlo era stato un naturalista di Rouen, Félix Archimède Pouchet, che sa-rebbe stato ricordato soprattutto per una celeberrima diatriba scientifica con Louis Pasteur a proposito della generazione spontanea, che sarebbe arrivata alle soglie della prestigiosa Académie des Sciences di Parigi qual-che anno dopo6. Si trattava di una delle tante facce di una discussione che attraversava le scienze della vita da secoli e che si interrogava su cos’era la generazione: un meccanismo interno all’ordine naturale o qualcosa che

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in ultima istanza veniva attivato da una forza ad esso esterna? Di questo dibattito, l’interrogarsi sull’esistenza di un seme femminile e sul contributo che questo for-niva alla procreazione era un passaggio centrale, che si era risolto per la risposta negativa soltanto con il XIX secolo, quando l’embriologia aveva completamente ri-mescolato le carte e le conoscenze sull’origine della vita umana e sul suo sviluppo. Nel giro di pochi decenni, in particolare grazie alla ricerca tedesca, erano stati visti gli spermatozoi, poi gli ovuli nelle ovaie dei mammiferi, in-fine era arrivata la teoria cellulare a fornire una chiave di lettura univoca del meccanismo generativo. Con l’omnis cellula e cellula di Rudolph Virchow, così, ogni elemento naturale diventava prodotto di una cellula e il passaggio dell’origine della vita dal mito all’organico trovava la sua espressione nella prova che l’essenza della fecondazione consisteva nel contatto tra lo spermatozoo e l’ovulo e che da questo scaturiva l’embrione7.

Medico e naturalista di Rouen, Pouchet era stato allie-vo del dottor Achille-Cléophas Flaubert, chirurgo e pa-dre del più celebre Gustave, con il quale si mantenne in costante corrispondenza. Divenuto direttore del Musée d’Histoire Naturelle di Rouen, nel 1845 Pouchet ottenne i diecimila franchi del gran premio di fisiologia speri-mentale bandito dall’Académie Royale des Sciences di Parigi per una sua comunicazione dove affermava che il concepimento nei mammiferi si produceva durante il ciclo e in un periodo da uno a dodici giorni dopo il suo termine8. Due anni dopo era stato pubblicato il libro, che aveva avuto un’eco significativa nella stampa medi-ca e una particolare ricezione nella riflessione teologica cattolica. Nella quinta legge della riproduzione, infatti, Pouchet affermava che l’ovulazione era da ritenersi fe-nomeno fisiologico periodico nella donna e come tale slegato sia dall’atto sessuale sia dalla fecondazione, come invece era stato fino ad allora ritenuto dalla biologia e dai discorsi sulla generazione. Il corollario decisivo e più denso di implicazioni di questa legge era l’affermazione che il ciclo femminile fosse pertanto distinguibile in fase fertile e in fase infertile: la prima, secondo Pouchet, ini-ziava immediatamente a ridosso del ciclo, nei primi do-dici giorni dopo la sua conclusione. C’era un errore nel calcolo dei tempi, ma era la prima volta che riproduzio-ne e sessualità avevano la dimostrazione di essere o poter essere fenomeni ed esperienze slegate. Se nella fisiologia femminile esistevano una fase fertile e una non fertile, una coppia poteva ricorrere a quest’ultima per organiz-zare e controllare la procreazione senza entrare in con-flitto con la morale della Chiesa, visto che tale possibilità era iscritta nell’ordine naturale. Nel discorso cattolico entrava così la prima concreta premessa per fondare la

legittimità morale di un controllo delle nascite ricorren-do al periodo cosiddetto infertile, possibilità che sarebbe stata accettata soltanto nel 1930 con l’enciclica Casti con-nubii9. La proposta di Lecomte si muoveva precisamente in questa prospettiva.

Nella prefazione Lecomte aveva chiarito due punti che nell’estate del 1873 avrebbe poi usato con il Sant’Uffizio per perorare ulteriormente la causa dell’approvazione delle sue tesi. Innanzitutto, rivolto ai confessori, racco-mandava «extrême prudence et la plus grande réserve», mentre pensando ai sacerdoti spiegava di avere evitato i dettagli «parfois pénibles dans la lecture des traités De sexto et De matrimonio»10. A queste due premesse ne ag-giungeva una terza, che sottolineava la piena aderenza alle tesi di Alfonso de’ Liguori, dalle quali si era disco-stato solo laddove era stato reso necessario da nuove co-noscenze fisiologiche. In queste pagine iniziali Lecomte chiamava inoltre in causa l’autorità del cardinale Tho-mas Gousset, figura di primo piano della Chiesa d’Ol-tralpe, con il quale affermava di essersi consultato su un non meglio specificato punto. Il libro era distinto in due parti, la prima dedicata alle conoscenze acquisite sulla fisiologia dell’ovulazione, la seconda alle conseguenze teologiche derivanti da queste conoscenze. Mentre nel-la prima adottava il francese, nella seconda ricorreva al latino, tradizionale scudo usato dalla teologia morale per circoscrivere a un pubblico ristretto la circolazione dei contenuti della disciplina morale della sessualità. Lecomte dava così conto delle scoperte fisiologiche, dal-le prime ricerche di Von Baer agli inizi del secolo alle discussioni che si erano sviluppate all’Académie des Sciences tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta. Si appoggiava alla letteratura medica, che in buona parte aveva già rilanciato l’ipotesi di usare le indicazioni fisio-logiche di Pouchet per combattere il cosiddetto onani-smo coniugale, vale a dire le pratiche contraccettive. L’a-vevano fatto Raciborski e Avrard, Bischoff e Velpeau e soprattutto l’aveva scritto Alexandre Mayer in uno dei testi più noti di questo periodo: Des Rapports conjugaux considérées sous le triple point de vue de la population, de la santé et de la morale publique, pubblicato a Pari-gi nel 1848 e che contava già l’ottava edizione nel 1884. Nella seconda parte, Lecomte si proponeva di indagare sul fatto che le nuove conoscenze di fisiologia facevano «surgir des éléments nouveaux de la pratique du saint ministère», fornendo peraltro soluzioni utili a «écarter quelquefois les difficultès qui s’y rencontrent»11. Gli un-dici capitoli di questa seconda parte erano organizzati in tre sezioni corrispondenti ai tre argomenti principali della riflessione di Lecomte: la possibilità di ridefinire il giudizio morale e teologico sulla cosiddetta polluzione

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femminile; la problematizzazione del divieto di rapporto sessuale durante il periodo catameniale e soprattutto la possibilità che la pratica del confessore verso gli «époux onanistes» potesse essere facilitata dal progresso di que-ste conoscenze sull’epoca normale nella quale la fecon-dazione della donna è possibile.

Si trattava di questioni della massima rilevanza per la disciplina cattolica della sessualità, tanto più in questo momento storico, che rappresentava una fase di tran-sizione rilevante nella storia della Chiesa in generale e nella storia della disciplina morale del governo del corpo in particolare. Molti dei problemi che furono discussi in questo periodo dalla teologia e dalle Congregazioni ro-mane avrebbero trovato una rigida formalizzazione nor-mativa nell’enciclica emanata da Pio XI il 31 dicembre 1930. Il problema specifico era la diffusione tra i fedeli cattolici di pratiche di controllo delle nascite, e, insieme, il fatto che l’idea di regolare la procreazione, a livello in-dividuale e collettivo, fosse divenuta un tema di pubblica discussione politica e culturale, grazie ai movimenti ne-omalthusiani. La Francia post-rivoluzionaria era il pae-se che poneva i maggiori problemi alla Chiesa a questo proposito. Dall’inizio del secolo stava sperimentando un costante e crescente decremento demografico, che di-venne un vero e proprio incubo per le élites politiche e culturali francesi, soprattutto dopo la sconfitta sui campi di battaglia di Sedan12. Nell’incapacità della popolazio-ne francese di crescere molti leggevano l’effetto di una modernizzazione che aveva rivoluzionato equilibri e ge-rarchie sociali e politiche vecchie di secoli, un fenomeno che sulla scorta delle teorie di Auguste Morel, venne sin-tetizzato nella categoria di degenerazione, tanto debole sul piano epistemologico quando fortunata nei dibattiti politici e culturali di questi anni13.

Il primo sintomo della degenerazione era considerata la sterilità, quella di origine organica e fisiologica, come quella volontaria. Per la Chiesa era quest’ultima a fare problema dal punto di vista morale. Il riferimento sim-bolico era all’episodio biblico di Onan e al suo spreco del seme maschile, che con il tempo divenne l’archeti-po del peccato contro natura e della contraccezione, al punto che nella discussione teologica il termine ona-nismo andò a coprire un ampio spettro di comporta-menti tutti compresi nell’attuale definizione di pratiche contraccettive. Fin dai primi decenni del XIX secolo i confessionali francesi segnalavano la diffusione di pra-tiche contraccettive anche tra i cattolici praticanti, che non pensavano tali comportamenti come peccamino-si, né condannabili moralmente. Questa indicazione fu raccolta dall’arcivescovo di Mans, Jean Baptiste Bouvier, autore della Dissertatio in sextum decalogi praeceptum,

pubblicata nel 1827 e costantemente riedita, probabil-mente il manuale sulla disciplina della sessualità dedi-cato ai confessori più noto del XIX secolo. Agendo di sponda con la Penitenzieria Apostolica romana, Bouvier arrivò a una sostanziale depenalizzazione delle pratiche contraccettive impiegate dalle coppie cattoliche14. Tra il 1822 e il 1854 interpellò a più riprese la Penitenzieria, ricevendone sempre un sostanziale avallo alle proprie tesi, e poi direttamente chiamò in causa il Sant’Uffizio per capire se e come la Chiesa avrebbe dovuto discipli-nare tali comportamenti. Nel 1851 ricevette una risposta del tutto negativa, che fu la base per la costruzione di una disciplina di segno opposto rispetto a quella sperata. Per gli inquisitori, la contraccezione era da condannare e soprattutto l’azione di contrasto di tali pratiche doveva essere portata anche all’interno del confessionale, infor-mando, spiegando, rompendo la buona fede dei fedeli, condannando e, ove necessario, negando l’assoluzione.

Le osservazioni fisiologiche di Pouchet e le conseguen-ze che Lecomte ne trasse sul piano morale e teologico si muovevano su un terreno spinoso e complesso per il di-scorso della Chiesa sul governo dei corpi e della sessuali-tà. Consapevole della delicatezza del tema trattato, nella prefazione Lecomte si premurava di rassicurare il lettore che il libro e le sue tesi fisiologiche e teologiche nel corso degli anni avevano superato il vaglio attento di docenti dell’Università cattolica di Louvain: dal patologo Louis Van Biervliet al fisiologo alienista Ernest Masoin, agli ostetrici Louis Joseph Hubert ed Eugène Hubert, suo fi-glio. Poi c’erano state le approvazioni di teologi e prela-ti. Nella seconda di copertina del libro, Lecomte esibiva due imprimatur, il primo del vicario generale di Malines Jean Baptiste Lawers, il secondo dell’arcivescovo di Bou-rges Charles-Amable de la Tour d’Auvergne-Lauragais. Mentre quest’ultimo era molto esplicito nell’approvare la sua tesi principale sulla continenza periodica («vous êtes dans le vrai et [on] peut admettre dans la pratique aussi bien que dans l’enseignement, les conséquences qui découlent de votre exposé scientifique»), quella di Lawers era invece più anodina. Si limitava a dire di aver fatto esaminare l’opera da persone «compétents» in te-ologia e fisiologia e che «sur le rapport qui nous en a été fait, nous en permettons l’impression». L’anno dopo, scrivendo al cardinale Patrizi segretario della Congre-gazione, l’arcivescovo di Malines Victor-Auguste De-champs avrebbe raccontato che sarebbe stata proprio la formulazione di questo imprimatur a indurre Lecomte a cercare il parere dell’Indice. Nonostante avesse già ricevuto approvazioni dal mondo ecclesiastico, il vica-rio generale Lawers manteneva un giudizio negativo sull’opera. L’aveva allora sottoposto all’esame dei teologi

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dell’Università cattolica di Lovain, d’Hollander e altri, gli stessi nomi menzionati da Lecomte. A questi si era poi aggiunto il giudizio altrettanto positivo del vicario generale di Tournai, Jean Marie Ponceau. Così aveva poi deciso di ricorrere a quella cauta formula di imprimatur, e, secondo Dechamps, «ce simple imprimatur du reste, ne satisfit pas entièrement M. l’abbé Lecomte et il crut devoir soumettre son livre au Saint Office»15.

Era stato dunque lo stesso Lecomte a cercare il pare-re del Sant’Uffizio, anche se nelle sue intenzioni avreb-be dovuto derivarne un’approvazione completa, al più qualche integrazione o suggerimento che avrebbero sug-gellato l’importanza di questo testo e la sua fortuna. Con il libro ancora caldo di tipografia, nel gennaio del 1873 aveva scritto all’arcivescovo di Tournai, Edmond-Joseph Dumont, per presentargli il volume e promuoverlo con forza: aveva suscitato l’interesse della Facoltà di Medici-na come di quella di Teologia; una lunga lista di prelati l’avevano apprezzato e lodato, teologi ignoti ma anche personaggi autorevoli come l’arcivescovo di Parigi Gui-bert. Le argomentazioni erano in piena continuità con Liguori e con la sua istanza che i confessori dovessero dotarsi di conoscenze scientifiche per risolvere i casi di coscienza: «mais si le principe est universallement ad-mis, la multiplicité actuelle des divisions des connaissan-ces humaines, rend peu facile aux théologiens l’assimi-lation de ces données etrangères»16. Così, il libro voleva mettere i confessori nelle condizioni di rettificare le non poche asserzioni fisiologiche errate presenti nei manuali e nei testi di teologia morale e, tra queste, precisamente quella sull’ovulazione della donna e sulle sue implica-zioni per la fisiologia della fecondazione. Poi, in mag-gio, Lecomte si era rivolto all’arcivescovo di Melitene, François Xavier de Merode, personaggio di rilievo della corte di Pio IX, chiedendogli di farsi intermediario per promuovere il volume presso il papa e la Congregazione dell’Indice: «peut-être obtiendrait-elle que le Père com-mun des Fidèles encourageât mon oeuvre, et m’accordât sa bénediction: ce qui serait pour moi la plus précieuse des récompenses»17. De Merode aveva subito soddisfatto l’auspicio di Lecomte, inviando il volume al segretario della Congregazione, salvo aggiungere che riteneva l’i-potesi di un’approvazione dell’opera «poco opportuna malgrado tutto il merito intrinseco che possa avere»18. Il 24 maggio la Congregazione aveva incaricato il gesuita Giovan Battista Franzelin di stendere una relazione, che era stata firmata nel breve volgere di una settimana.

Il parere di Franzelin era piuttosto chiaro. L’ambizione di Lecomte di vedere approvate le sue ipotesi e il libro, così come l’idea di poter ricevere consigli e integrazio-ni da Roma, era vana: «id fieri nullo modo posse, facile

quisque sentiat»19. Le sue riserve arrivavano fino a discu-tere l’ipotesi che la Congregazione proscrivesse il testo di Lecomte. Però l’indicazione ai coniugi di una conti-nenza durante il periodo fertile era moralmente lecita in quanto lo era l’analogo suggerimento dell’astinenza per controllare la procreazione. In una logica simile, legare la legittimità dell’atto sessuale alla possibilità fisiologica della fecondazione era impossibile: avrebbe cancellato l’arbitrio dei coniugi, così come avrebbe reso immorali i rapporti sessuali all’interno del matrimonio successi-vi alla fase della fertilità. In questa prospettiva, dunque, suggerire ai coniugi ‘onanisti’ di ricorrere al rapporto sessuale durante la fase infertile era da considerarsi pec-cato veniale che non meritava certo l’approvazione, ma nemmeno richiedeva la proscrizione.

Il vero nodo moralmente problematico dell’analisi di Lecomte erano, secondo Franzelin, le osservazioni sul seme femminile, sulla sua estraneità al meccanismo del-la fecondazione e le implicazioni per la ridefinizione del peccato di polluzione nella donna. Materia scabrosa, che non intendeva esaminare, lasciando ai medici la verifi-ca della realtà delle affermazioni in materia di fisiologia del corpo femminile presentate da Lecomte. Per questo riteneva di non poter dare una opinione fondata e sug-geriva una dilazione per uscire da una impasse. Il libro non poteva essere condannato perché aveva già ricevuto l’approvazione di numerosi prelati, anche di rilievo, ma al tempo stesso non poteva essere approvato per l’incer-tezza degli assunti fisiologici e la pericolosità di alcune sue tesi. Rimaneva l’ipotesi di integrazioni e suggeri-menti per migliorarlo, ma anche questa soluzione era impossibile «sine magna deliberatione et sine certis ar-gumentis hominum in scientia medica peritissimorum», anche perché avrebbe aperto un fronte con la medicina e i problemi dei medici. Dunque, concludeva Franzelin: «interim, non esse interloquendum». Come in altri casi, nelle prese di posizione del Sant’Uffizio dominava una estrema cautela, dovuta al timore di esporre nella sfera pubblica l’istituzione a una posizione non pienamente controllata nei suoi assunti fisiologici e scientifici di fon-do, né di conseguenza nelle sue implicazioni morali.

Il 23 giugno la feria secunda dei consultori aveva vo-tato a maggioranza perché l’opera non fosse approvata e l’autore ritirasse, per quanto possibile, gli esemplari del libro già distribuiti e perché il dispositivo fosse comuni-cato a Lecomte tramite i vescovi di Malines e di Melite-ne. Un consultore invece si era espresso per la dilazio-ne della risposta, in attesa del parere di medici esperti, mentre un altro aveva argomentato una netta condan-na dell’opera di Lecomte, entrando nel merito delle sue tesi. Il 9 luglio la decisione era stata approvata dalla feria

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quarta, con l’aggiunta che la «Santa Sede non è solita ap-provare siffatte opere, molto meno quella di cui si trat-ta, prescindendo dai principii fisiologici sui quali non intende interloquire, non può dissimulare quella parte morale che la loro applicazione sarebbe molto pericolo-sa». Il 23 luglio la feria quarta era di nuovo tornata sulla questione per confermare la relazione e per aggiungere che fosse comunicata anche all’arcivescovo di Bourges che era tra i primi ad aver dato un convinto e articolato imprimatur al libro. Fin qui sono i documenti pubblici della vicenda. Ma il fascicolo archivistico della denuncia di Lecomte contiene anche un resoconto «pro secreta» che fornisce qualche dettaglio supplementare sulla riu-nione del 9 luglio. La discussione era stata «prolungata e profonda, in specie sul rapporto delle nuove teorie che si vorrebbero innestare nella morale dottrinale e prati-ca e sulle conseguenze che ne risulterebbero» da un’e-ventuale approvazione inquisitoriale20. Tutti i presenti, nonostante la cautissima formula della sentenza, ave-vano manifestato timori per la diffusione del volume di Lecomte «in specie nei seminari essendo approvata da due insigni prelati e da alcuni teologi». I nodi proble-matici delle tesi di Lecomte si riducevano a due punti: «coitus tempore catameniali seu purgationis menstrua est secundum naturam, unde conceptio locum habere non potest nisi hoc tempore qui spermate ovum faecun-datur. Proinde conceptio faetus regulariter non succedit nisi tempore purgationis menstrua vel immediate ante, vel convenientius paulo post illam»; e in secondo luogo che «extra tempus faecunditatis idest purgationis men-strua utendo matrimonio perfecte et secundum legem dei multiplicatio prolium praecavetur sin minus certo saltem probabilissime»21. Questi due argomenti erano stati messi in discussione dal confronto con alcuni ri-ferimenti scritturali dall’Antico Testamento, soprattutto Levitico ed Ezechiele22, i quali «non contengono soltanto proibizioni, precetti e pene legali già abolite, ma sono anche morali»23. Inoltre,

nell’antica legge il culto di Dio si propagava per carnalem ge-nerationem epperciò Iddio con proibizioni e con precetti posi-tivi dichiarò specialmente nel Levitico quali siano tutti gli atti e congressi non naturali ed illeciti relativi alla generazione e vi si proibiscono anche colla pena di morte. Come si descrive si determina, si vieta un certo tempo contrario alla generazione ed in questo si vieta ogni congresso colla propria moglie come illecito e turpe. In fine nel tempo e giorni naturalmente op-portuni per la generazione s’insinua a tutti opus generationis24.

Con questi riferimenti scritturali, le due affermazioni di Lecomte erano rovesciate: era negata la liceità del rap-

porto sessuale durante il ciclo, intesa come cosa turpe e contro il diritto di natura, e affermata la possibilità di un rapporto fertile al di fuori del periodo catameniale che era considerato secundum naturam. Per problema-tizzare la posizione di Lecomte sulla fisiologia del seme femminile e le sue implicazioni morali per l’esistenza del peccato di polluzione nella donna, si richiamavano le analoghe osservazioni di Tommaso d’Aquino. Per il quale se non esisteva il seme femminile, la donna co-munque forniva un contributo materiale alla procrea-zione che rendeva attivo il seme maschile e lo vivificava. Era cioè il rilancio della tradizionale impostazione di matrice aristotelica del maschile come elemento attivo del processo generativo, e del femminile come elemento materiale. Ipotesi che le ricerche dell’embriologia aveva-no già messo in discussione.

Dunque, la Congregazione dell’Indice nonostante un’opinione sostanzialmente critica sul libro, aveva de-ciso di non decidere apertis verbis, delegando alle auto-rità locali, nella fattispecie i vescovi di Bourges, Tournai e Malines, l’iniziativa sul territorio per recuperare i testi già distribuiti e soprattutto per contrastare la circolazio-ne delle idee di Lecomte nei seminari e nelle diocesi, a partire da quei prelati che gli avevano manifestato diret-tamente il proprio appoggio. A fine luglio, il segretario della Congregazione, Costantino Patrizi Naro, aveva co-municato al vescovo di Tournai la decisione romana sul-le tesi di Lecomte, segnalandogli che «quod eorumdem theorematum applicatio moralis theologiae principis, gravibus difficultatibus ac periculu obnoxia esse pos-sit»25, e chiedendogli di prestare attenzione alla circola-zione del libro e alle opinioni che raccoglieva.

Iniziava allora un intenso giro di comunicazioni tra gli arcivescovi di Tournai, di Bourges e di Malines per trovare il modo di gestire le richieste del Sant’Uffizio, che da una parte non aveva condannato esplicitamente le tesi del libro e dall’altra aveva chiesto esplicitamente agli arcivescovi mobilitati da Lecomte di contrastare sul territorio la circolazione di questi testi. In una lettera al primate di Bourges, l’arcivescovo di Malines Decham-ps scriveva che il problema era che il Sant’Uffizio «ne condamne rien dans sa doctrine théologique, s’abstient, entrevoit du danger, et nous demande la prudence pra-tique»26. Personalmente, Dechamps si dichiarava d’ac-cordo con altri vescovi – Namur, Rouen, Mans, Bou-rges, Paris – che avevano approvato la tesi principale di Lecomte come vera, manifestando invece prudenza su quella relativa alla polluzione femminile. E si dichia-rava d’accordo altresì con l’analoga lettura fatta dalla «Revue des Sciences Ecclésiastiques»27. La recensione non firmata aveva ricordato una proposta di articolo

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presentata alla stessa rivista e poi rifiutata, nella quale era stata sostenuta un’ipotesi del tutto analoga a quella di Lecomte. Così, il saggio apprezzava le tesi derivanti dalla fisiologia dell’ovulazione, mentre invece non aveva condiviso quelle sulla polluzione femminile, perché, per quanto non esistesse un seme femminile, restava la mali-zia dell’atto, sufficiente a renderlo condannabile.

A sua volta Lecomte, informato dal vicario generale di Tournai del parere del Sant’Uffizio, si era subito mosso per far cambiare idea alla Congregazione romana. Ave-va cominciato a scrivere a tutti i suoi interlocutori, dal vescovo di Tournai al vescovo di Malines, al canonico di Gand d’Hollander. Si era dichiarato ovviamente pronto a piegarsi a qualsiasi indicazione romana, consapevole dei pericoli nel trattare simili questioni, ma riteneva di avervi già posto un freno con gli ammonimenti a preti e confessori che aveva espresso nell’introduzione e nelle conclusioni del libro. Al tempo stesso rivendicava l’at-tenzione romana come prova dell’importanza delle sue tesi e si diceva peraltro sicuro che un esame ulteriore del suo lavoro avrebbe convinto che le questioni di cui si occupava «s’imposent aujourd’hui, sans qu’elles puis-sent être évitées, à l’attention des confesseur»28. Come gli era stato richiesto, aveva compilato l’elenco delle ap-provazioni che aveva ricevuto da prelati e teologi. C’e-rano quelle private. L’arcivescovo di Reims Landriot si era detto disposto ad adottare le sue soluzioni, anche perché l’aveva fatto esaminare dai teologi del seminario locale che si erano trovati del tutto d’accordo; l’arcive-scovo di Parigi Guibert l’aveva letto con «beaucoup de fruit», considerava le soluzioni «très-efficaces», i sugge-rimenti prudenti, il tutto apparentemente non contra-rio alla teologia morale, ma non si voleva sbilanciare in pubblico perché mancava un’urgenza canonica e perché gli restavano alcuni dubbi. Poi vi erano le approvazioni pubbliche, giunte dopo un esame specifico del testo nei seminari locali. Il vescovo di Bourges aveva avuto dai teologi del seminario un giudizio «entièrement favora-ble» e pertanto ne auspicava la diffusione ampia tra il clero. Più prudente, il vescovo di Mans elogiava anche le osservazioni morali che modificavano alcuni punti dell’insegnamento comune «fondé sur l’ignorance des faites», e pur affidandosi al giudizio della Chiesa, sperava fosse applicato per la sconfitta dell’onanismo. Il vesco-vo di Bayeux parlava di un grande servizio reso al clero, che avrebbe migliorato l’amministrazione delle anime. Quello di Namur, che sui punti più complessi diceva «je ne sais pas vraiment ce qu’on pourrait y opposer», ap-provava le conclusioni come incontestabili, anche quelle sulla polluzione femminile. A questa lista Lecomte aveva affiancato una breve difesa argomentata del suo lavoro,

incentrata sull’idea della necessità che la teologia morale tenesse in adeguato conto le conoscenze prodotte dalle scienze della vita e dalla fisiologia e si confrontasse con la realtà delle coppie che sceglievano di limitare la loro procreazione. I motivi del ricorso alle pratiche contrac-cettive risiedevano e nel timore di non riuscire ad alleva-re oltre un certo numero di figli e nei rischi per la salute e la vita della donna dovuti alla gravidanza. Così, una disciplina della procreazione non poteva che confron-tarsi con il fatto che

Les époux qui craignent la charge d’une famille trop nom-breuse consultent souvent les médecins à cet égard, et ne re-çoivent parfois l’indication d’une pratique fondée sur les lois de l’ovulation. Les pénitents apportent ainsi au confessionnel des habitudes ou des cas nouveaux qu’ils exposent plus ou moins clairement, et que parfois il faut deviner.

La diversa consapevolezza di chi sceglieva la contrac-cezione non poteva essere elusa nel giudizio morale e in-sieme le conoscenze acquisite sulla fisiologia della ovula-zione chiamavano in causa l’azione del confessore:

En présence des données acquises à la science, n’est-ce pas une obligation stricte pour le confesseurs de l’avertir de choisir au-tant que possible pour les rapports un moment qui n’expose pas probablement la vie de la femme?

Soluzione pragmatica ed efficace, dunque, perché alle coppie sposate non poteva essere imposta l’astinenza, mentre al contrario «la pratique de la continence inter-mittente pour échapper à un trop grande nombre d’en-fants, est assez facile pour les époux qui sont déjà ma-riés depuis quelques années»29. I timori per la diffusione delle tesi del libro non facevano i conti con la concreta diffusione sia delle conoscenze sull’ovulazione, sia dei comportamenti contraccettivi:

en supposant que les confesseurs s’abstiennent systémati-quement de toute initiative à ce sujet, l’onanisme étant non-seulement une plaie morale, mais encore une plaie médicale, une foule de médecins, du moins en Belgique et surtout en France, se servent des lois de l’ovulation pour diminuer le mal. D’autres, moins consciencieux, conseillent l’onanisme intermittent, c’est-à-dire la pratique de l’onanisme quand la conception serait probable et l’on peut être certain que presque tous les pénitents qui tantôt usent légitimement du mariage et tantôt en abusent, obéissent à des inspirations de ce genre. Tout cela deviendra de jour en jour plus commun, et il y a là une situations propre à notre époque et qui réclame des connaissances ad hoc chez les confesseur30.

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Lecomte, dunque, aveva difeso il proprio lavoro come una soluzione che si confrontava nel merito con la dimensione nuova e concreta del fenomeno del con-trollo delle nascite, a partire dal considerane i caratteri che ne facevano un comportamento ampiamente dif-fuso all’interno del mondo cattolico. E in questa pro-spettiva, presentava il ricorso alle conoscenze prodotte dalle scienze sul corpo come una risorsa ineludibile per costruire una risposta efficace per governare questo fe-nomeno.

Alcuni mesi dopo, nella già citata lettera al segreta-rio della Congregazione Patrizi, l’arcivescovo di Ma-lines Dechamps aveva completato il quadro di questa vicenda, facendone il prodotto diretto della diffusione in territorio francofono di ciò che molti erano giunti a chiamare «le peché français: onanisme scilicet in ma-trimonio»31. Innanzitutto Dechamps si era difeso. Per i vantaggi economici, nelle grandi tipografie di Mali-nes, Louvain e soprattutto Bruxelles si stampavano un gran numero di libri di preti di altre diocesi del Belgio e della Francia. L’arcivescovado era pertanto oberato di libri da esaminare, e «cinq ou six examinateurs ne suffisent ordinairement pas à la besogne pressés qu’ils sont toujours par les auteurs et les imprimeurs». A que-sto si aggiungevano gli impegni di una diocesi di un milione e mezzo di anime, che gli avevano impedito di aver conoscenza personalmente di tutte le pubblica-zioni e «Parmi cette foule d’ouvrages, aucun m’a causé plus d’embarras que celui de M. l’abbé Lecomte, sur l’ovulation». Il problema era che Lecomte era un prete «pieux, zélé, exemplaire», noto per aver contrastato ef-ficacemente il darwinismo e il suo libro sull’ovulazione aveva ricevuto già moltissime approvazioni. Decham-ps ricostruiva poi la vicenda dell’imprimatur anodino, dell’iniziativa di Lecomte di cercare il parere dell’Indi-ce. E soprattutto raccontava di aver voluto far «com-battere» le tesi di Lecomte nelle conferenze sui casi mo-rali che si tenevano in tutte le diocesi o in alternativa di farle rigettare da una commissione del seminario che riceveva i processi verbali di quelle conferenze. Aveva poi rinunciato, perché il libro non era molto noto al di fuori della diocesi di Tournai, per cui queste iniziative avrebbero potuto sortire l’effetto contrario. Peraltro, la stessa decisione della Congregazione dell’Indice non implicando né condanna né censura avallava nei fatti una simile scelta e lo stesso Dechamps diceva d’avervi letto semplicemente l’indicazione di trattare con cau-tela le tesi di Lecomte, «comme une doctrine encore en quarantine, et dont l’usage pourrait être un péril pour les âmes». Altri avevano invece inteso le parole dell’Indice come una richiesta di ritirare l’imprimatur,

ma Dechamps si opponeva a tale lettura, perché «lor-squ’il ordonne des mesures aussi graves, le St. Siège parle toujours clairement». E quindi concludeva la let-tera chiedendo a Patrizi di chiarire eventuali opinioni diverse della Congregazione.

Il confronto con le fonti archivistiche, dunque, ha confermato in modo netto come l’iniziativa di Lecomte fosse pienamente iscritta in questa fase storica che per molti versi ha segnato una transizione biopolitica nei codici e nei dispositivi del governo del corpo e della sessualità. Le lettere e i documenti inquisitoriali hanno restituito un campo di tensione tra la contingenza e il valore assoluto della norma, dove le caratteristiche del territorio francofono, che stava sperimentando in pri-ma battuta il decremento demografico e la diffusione di pratiche contraccettive, si scontravano con le necessità di un discorso morale che si voleva slegato dalle con-tingenze dello spazio e del tempo nel definire i propri valori e le proprie norme. Alla Chiesa Lecomte propo-neva di confrontarsi con una realtà sociale e culturale che era già incentrata sulla prevalenza del dispositivo medico. Le conoscenze sulla fisiologia dell’ovulazione e più in generale della procreazione erano note e circo-lavano ampiamente anche al di fuori dei circuiti della medicina, mentre i medici erano diventati i referenti per le coppie che volevano controllare la propria ferti-lità. Le fonti inquisitoriali mostrano che Lecomte sug-geriva di fare i conti con questa concreta realtà e con le categorie che la governavano, per far recuperare alla presenza cattolica un peso e una capacità di incisione se non di indirizzo. Con una prospettiva del tutto analoga, negli stessi anni si muovevano quei teologi e sacerdoti che appartenevano alla cosiddetta medicina pastorale: da Pierre Corneille Debreyne ad Alphonse Eschbach, da Carl Cappelmann a Giuseppe Antonelli. Per tutti l’obiettivo era quello di corroborare il discorso morale della Chiesa, anche nel suo versante teologico, con le conoscenze prodotte dalle scienze della natura e dalle scienze biomediche, a partire dalla consapevolezza che il contesto storico e i tempi facevano del sapere medico il perno dell’ordine del discorso con il quale era pensa-to e agito il governo dei corpi. In questa prospettiva, la storia di Lecomte e della sua soluzione per contrastare la diffusione delle pratiche contraccettive e le resistenze che incontrò all’interno del Sant’Uffizio e tra i vescovi belgi e francesi è esempio di una tensione tra scienza e morale che ha avuto il proprio momento di incubazione in questo torno di tempo e che si sarebbe espressa com-piutamente nei secoli a venire.

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1 A.J. Lecomte, De l’ovulation spontanée de l’espèce humaine dans ses rapports avec la théologie morale, Louvain-Paris 1873; Id., Le dar-winisme et l’origine de l’homme, Louvain-Paris 1872.

2 J.T. Noonan, Contraception. A History of its Treatment by the Catholic Theologians and Canonists, Cambridge (Mass.) 1965, pp. 439 sgg.

3 J.L. Flandrin, L’Église et le controle des naissance, Paris 1970, trad. it. La Chiesa e il controllo delle nascite. Storia breve della polemi-ca sulla contraccezione nella dottrina cristiana, Ancona 1988, p. 130. Alla domanda «An licitus sit usus matrimonii illis tantum diebus, quibus difficilior est conceptio», la Penitenzieria rispose il 16 giugno 1880: «Coniuges praedicto modo utentes inquietandos non esse, pos-seque confessarium sententiam de qua agitur, illis coniugibus, caute tamen, insinuare, quos alia ratione a detestabili onanismi crimine abducere frustra tentaverit». Cfr. H. Denzinger, Enchiridion symbo-lorum, Bologna 2003, pp. 1093-4.

4 C. Langlois, Le crime d’Onan. Le discours catholique sur la li-mitation des naissances (1816-1930), Paris 2005, in particolare pp. 312-39.

5 Cfr. F. Jacob, La logique du vivant. Une histoire de l’héredité, Paris 1970, trad. it. La logica del vivente. Storia dell’ereditarietà, To-rino 1971.

6 Sul dibattito Pouchet-Pasteur cfr. J. Farley, Science, Politics and Spontaneous Generation in Nineteenth Century France: the Pasteur-Pouchet Debate, «Bullettin of the History of Medicine», 48, 1974, pp. 161-98; A. Gálvez, The Role of the French Academy of Sciences in the Clarification of the Issue of Spontaneous Generation in the Mid-Nine-teenth Century, «Annals of Science», 45, 1988, pp. 345-65. Per una storia di lungo periodo della discussione sulla generazione spontanea resta come riferimento J. Roger, Les sciences de la vie dans la pensée française du XVIII siècle. La génération des animaux de Descartes à l’Encyclopédie, Paris 1993 (1ª ed. 1963).

7 Vedi tra l’altro W.H. Schopfer, L’histoire des théories relatives à la génération au 18ème et 19ème siècles, «Gesnerus», 2, 1945, pp. 81-103; F.B. Churchill, The Rise of Classical Descriptive Embryology, in S.F. Gilbert (ed.), A Conceptual History of Modern Embryology, Baltimore-London 1991, pp. 1-29; V. Cappelletti, Entelechìa. Saggi sulle dottrine biologiche del secolo decimonono, Firenze 1965.

8 Cfr. B. Fantini, La microbiologia medica, in M.D. Grmek (ed.), Storia del pensiero medico occidentale, vol. 3, Dall’età romantica alla medicina moderna, Roma-Bari 1998, pp. 171-219, in particolare pp. 188-91; P. Duris, G. Gohau, Histoire des sciences de la vie, Paris 1997, trad. it. Storia della biologia, Torino 1999, in part. pp. 128 sgg.

9 «Neque contra naturae ordinem agere ii dicendi sunt coniuges, qui iure suo recta et naturali ratione utuntur, etsi ob naturales sive temporis sive quorundam defectuum causas nova inde vita oriri non possit». Cfr. Denzinger, Enchiridion symbolorum.

10 Lecomte, L’ovulation spontanée, p. IX. 11 Ibid., p. 116.12 F. Ronsin, La grève des ventres. Propagande neo-malthusienne

et baisse de la natalité en France XIX-XX siècle, Paris 1980; C. Rol-let Echalier, La politique à l’égard de la petite enfance sous la IIIe République, Paris 1990.

13 Cfr. D. Pick, Faces of Degeneration, a European Disorder c. 1848 - c. 1918, Cambridge-New York 1989, trad. it. Volti della degenerazio-ne. Una sindrome europea 1848-1918, Firenze 1999.

14 Langlois, Le crime d’Onan.15 V.A. Dechamps, Lettera al cardinale Patrizi, 3 aprile 1874, in

Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede [ACDF], Censura librorum, 1873.6.

16 Lettera a XY, 20 janvier 1873, ibid.17 A.J. Lecomte, Lettera a monsignor de Merode, 6 maggio 1873,

ibid.18 F.X. De Merode, Lettera al segretario del Sant’Uffizio, 13 maggio

1873, ibid.19 J.B. Franzelin, De libro sacerdotis A. Lecomte inscripto L’ovula-

tion spontanée de l’espèce humaine. Relatio, ibid.20 Pro secreta, s.d., ibid.21 Ibid. 22 In part. 25,24; 18,19; 20,18. 23 Pro secreta, s.d., in ACDF, Censura librorum, 1873.6, la sottoli-

neatura è nel testo.24 Ibid.25 C. Patrizi, Lettera al vescovo di Tournai, 28 luglio 1873, ibid.26 V.A. Dechamps, Lettera a vescovo di Tournai, 9 settembre 1873,

ibid.27 De l’Ovulation spontanée, «Revue des Sciences Ecclésiastiques»,

1873, pp. 522-32. Sul testo e sull’identificazione dell’autore cfr. Lan-glois, Le crime d’Onan, pp. 316 sgg.

28 Ibid.29 A.J. Lecomte, Considérations en faveur de l’opportunité de

mon ouvrage: de l’ovulation spontanée, in ACDF, Censura librorum, 1873.6.

30 Ibid.31 V.A. Dechamps, Lettera al cardinale Patrizi. La sottolineatura

è nel testo.

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