Codice morale per millenni, lavirtù èquasi del tutto sparita
dallinguaggio corrente, ancor piùdel suo abituale contrario, il
vi-zio. Chi – tolto qualche profes-sore di etica – si
sognerebbeormai di descrivere la parte mi-gliore di un individuo
come vir-tù, o di indicare nella virtù unfine, o di definire, come
l’ingleseShaftesbury sul finire del Sette-cento, il senso di
giustizia socia-le “virtù”? Quale moderno Gul-liver potrebbe
sognare un popo-
lo intero di virtuosi, i quasi im-pronunciabili Houyhnhnms,
echiedere che venga in Europa ainsegnarcela a tutti, la virtù?Chi,
men che meno, penserebbeormai che la virtù debba carat-terizzare la
politica o la forma-zione dei giovani, acasaeascuo-la? Chi ambisce
ormai ad aver-ne? Chi ci crede più? E poi, vir-tuosi si può esserlo
davvero? Il
virtuoso non è – diciamocelo –un perdente, un disadattato,
unbruttino? Bene che vada, èun’astrazione, un’ipotesi comi-ca, come
quella che ci racconta
ca, come quella che ci raccontail romanzo di Swift. Nel moder-no
tripudio delle maschere, deirelativismi e degli egoismi sisono
complicati i criteri con cuidistinguiamo il Bene e il Male,la bontà
e la cattiveria; e sonodiventati inafferrabili edi certotutt’altro
che sicuri e universalii principi secondo cui definiamola
rispettabilità e l’eccellenzadelle persone. Già Leopardi no-tava
che l’individuo non puòessere virtuoso (Zibaldone1565).
La caduta degli assolutiSono caduti gli assoluti. Le re-
Uno stralcio da “Le 10parole latinecheraccontanoil nostro
mondo”ci spiegal’origine di un codicemoralerimastovalido per
millenni ma quasidel tuttosparito dal linguaggio corrente
NICOLA GARDINI
UN VIAGGIOLETTERARIOALLEORIGINIDELLAVIRTÙ
Tutti i diritti riservati
PAESE : Italia PAGINE : 19SUPERFICIE : 69 %
AUTORE : Nicola Gardini
15 luglio 2018
sponsabilità individuali si sonodisperse nel parapiglia
dellechiacchiere e del materialismo;e le battaglie interiori non
han-no più nulla delle psicomachiedi Prudenzio, dove per
ogniistinto cattivo (ira, frode, super-bia, lussuria, avidità,
discordiaecc.) neesisteva uno buono cor-rispondente e la
pacificazionefinale dei conflitti veniva achiu-dere una lunga
catena di duelli:La pace è l’opera compiuta dellaVirtus. [Pax
plenum Virtutisopus. (Psychomachia 769)] Lavirtù è sparita anche
dalla sferadella femminilità, dove tendevaa sovrapporsi con la
purezza (ele annesse verginità, modestia,pudicizia ecc.); ecosì dal
teatroe dal romanzo, al cui sviluppo hafornito occasioni d’oro.
Trionfa-re sulla virtù è l’obiettivo di tantimascalzoni. Pensiamo
allo Iagodi Shakespeare, che promette dimutare la virtue
dell’innocenteDesdemona in pitch, “pece”(Othello 1512). E pensiamo
alValmont delle Liaisons dange-reuses, Le relazioni
pericolose(1782): “Qu’elle croie àla vertu,mais qu’elle me la
sacrifie…”,“Ella creda pure nella virtù, mame la sacrifichi…”.
L’inglese Sa-muel Ri chard son ha intitolatouno dei suoi romanzi,
caposaldodel genere, Pamela: or, Virtue
Rewarded (pubblicato nel1740), Pamela o la virtù ricom-pensata.
Al quale titolo il mar-chese De Sade risponde mezzosecolo dopo con
un suo Justineou les malheurs de la vertu, Ju-stine o le disgrazie
della virtù.Lo stesso Alessandro Manzoni,elaborando la suaLucia, si
ispiraal Marchese. Meraviglierà, però,che virtù non sia parola
tipicadei Promessi sposi, l’odisseadella virtuosa fidanzatina.
Ha,invece, una sua rilevanza nellaprima stesura del
capolavoromanzoniano, il Fermo e Lucia:suo emblema èun
personaggio
come il cardinale Borromeo. Aogni modo, la virtù supera
ga-gliardamente il limite del XIXsecolo. Il Proust della
Recher-che, per nominare un sommo,continua a darle credito.
La virtù la riconosciamo or-mai solo nelle erbe curative
elainvochiamo – senza, però, voler-la invocare – nella perifrasi
“invirtù di”, che significa più o me-no “a causa di”, “grazie a”.
Laritroveremo anche nel nome diqualche palestra, e proprio
nellaforma latina, Virtus (poi capire-mo il perché di questa
stranez-za). E, çava sans dire, la intrave-diamo quotidianamente
nell’ag-gettivo virtuale, fantasma di unresiduo che esiste almeno
daltardo medioevo, dove è propriodel linguaggio filosofico:
virtua-lis è quel che esiste solo in po-tenza, non in atto. Da
virtus ri-prende il valore di “capacità”,“proprietà implicita”. In
varielingue volgari poi si è mantenu-to con il significato di
“poten-ziale”, “ipotetico”, “possibile”.Finché non è arrivata la
rete(parleremo anche di questa).
SimulazioniVirtuale si è fissato allora nelsignificato di
“finto”, “immate-riale”, “elettronico”. Prediligecreare ossimori:
“realtà virtua-le”, “mondo virtuale”, “vita vir-tuale”. Valori come
la bontà,l’onestà, la rapidità mentale ealtri tesori che
incontreremo inquesto capitolo hanno fatto po-sto alle simulazioni.
Il virtuale,infatti, non riguarda la virtus,poiché crea una realtà
fasulla,libera dai divieti del lecito e del-l’autentico; e
consentendo, tral’altro, dietro lo schermo dellafinzione
immateriale, compor-tamenti spesso tutt’altro chevirtuosi. Niente
di strano, infondo. Virtus, come mostra lasuagrande storia, ètra i
vocabolipiù inclini alle alterazioni disenso.
ne al martirio. [...]Eccezionalmente, a dispetto
dell’etimologia, econ buona pa-ce di Cicerone, la virtus si
ri-scontra anche nelle donne. InLivio leggiamo che Clelia riuscìa
liberarsi dagli etruschi ea tor-nare a Roma. Gli etruschi
prete-sero dai romani che la giovanefosse restituita, essendo
unostaggio di guerra. Ma, ricevuta-la una seconda volta in
ostaggio,ne ammirarono la virtus, in-somma il fegato di cui
avevadato prova. La pace fu stipulata,Clelia rientrò a Roma e i
romanionorarono la sua virtus, “nuovain una donna”, erigendo in
cimaalla Via Sacra la statua di unavergine seduta acavallo (Ab
ur-be condita II, 13,11).Ovidio nel-l’Ars amatoria, dopo aver
ricor-
Che cosasignifica, dunque, illatino virtus ? Vir-tus è
condi-zione del vir, l’uomo, il maschio;niente a che vedere con la
fan-ciulla pura emorigerata, la don-na irreprensibile eil loro
corre-do di rinunce e innocenze. Suquest’etimologia si
èpronuncia-to lo stesso Cicerone: La virtusè stata così chiamata
dal voca-bolo vir [uomo]; propria princi-palmente del vir è la
fortezza, dicui due sono i(Tusculanae di-sputationes II,18, 43)
[...]
Morte e doloreQuesta sìche è una definizione!Ha tutto quel che
serve: chiarez-za, esattezza, pregnanza. Ma so-prattutto, ha la
capacità di crea-re una costellazione di concetti:fortitudo, mors e
dolor, “fortez-za” (forza d’animo), “morte” e“dolore”. Essere
virtuosi signi-fica essere virili (si noti, però,che l’aggettivo
virtuosus non èdel latino classico): combatterela paura della morte
eil dolore.È, in pratica, una definizionedell’eroismo. Nel
millennio suc-cessivo, che è appena dietrol’angolo, lo sarà
dell’inclinazio-
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AUTORE : Nicola Gardini
15 luglio 2018