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• 1 • ramma comun1s1a GISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da
Marx, a Lenin, a livorno 1921, alla lolla della sinistra contro la
degenerazione di Mom, al rifiuto dei blocchi partigiani, la dura
opera del restauro dalla dcllrina e dell'organo rivoluzionario, a
conlallo con la classe eperaia, fuori dal politicantismo personale
ed elettoralesco.
organo del partito comunista internazionalista
20 giugno - :3 luglio 1958 - Anno VII - N. ]2 !L PROGRAMMA
COMUNI~TA - Cas. Post. 982
MI LANO
Una copia L. 30 Sped. in Abbonamento postale Gruppo Il
DeDloerazia Quale p iù solenne e sanguinosa I tel10 di cui si
rivestono le spietate 1,mentita della tronfia fr aseo logra
esigenze del! ïmperialismo.
democratica, venga essa da acciden- te o da oriente, che i fatti
di questi giorni? Non sono, quest i , l'improvvi- so scoppio di una
febbre occasioria- Je; sono semplicemente l'alzarsi di un piccolo
velo sulla realtà quot i- diana. La lezione è unica, chiara: dietro
la finzrorie della libertà e della pacifica marcia verso un « av-
venire migliore "· il capitalismo sno- da la sua t rag ica realtà
di violenza, di oppressione e di sangue.
Invano si tenta, in occasioni si- milr. o di presentare
l'eruzione di una selvaggia violenza nei termini di un conflitto
ideologico, o di addi- tare in questo o quel punto del l'o-
rtzzonte un « criminale di turno "· L'accidente
democratico-parlamen- tare (parlamentare resta ancora la Francia di
De Gaulle: non si è an- cora vista una dittatura borghese aperta
che non goda dei crismi del- la legalità e!ettorale), che inscena
la periodica manifestazione di sde- gno morale sulle esecuzioni di
Bu- dapest, non ha, a sua volta, nern- meno una lacrima da versare
sulle condanne a morte che, proprio in questi giorni, sono state
pronuncia- te in A!geria. L'oriente democrati- co-popolare che
tenta di gabellare per atto riv0Iuz10nario ed espres- sione di un
conflitto ideologico e di classe le pallottole e la corda in Un-
gheria, è altrettanto cinicamente i- pocrita di quel li che
finanziano ed armano governi di paesi semicolo- niali contra i « ri
belli JJ, col pretesto che li si decidono le sort.i degli eter- ni
principii insidiati da! blocco so- vietico. In entrambi i casi, le
sup- poste ideologie non sono che il man-
Delizie del viver qootidiano
Si !egge che negli ultimi due me- si i Cantieri Navali di
Taranto, città che conta aitre ventimila di- . soccupatt, hanno
proceduto al li- cenztamento di altri 770 operai, e mtnacctano
addirittura di chiudere :i battenti se non riceveranno aitre
.commesse e , naturalmente', altri crc- .diti. Per meglio dire, le
commesse ,ci sono gîà, ma non ci sono soldi.
E qui vlene il bello, almeno stan- -do al « Giorno », che
dovrebbe in- ·tendersene: il ministero del Tesoro, 'interpellato
per concorde decisione (".iel vescovo, del prefetto e delle
organizzazîoni sindacali, ha r isposto -di ignorare « in quali mani
sia fi. ntti; il pacehetto azionario di mag- giQ,-i,i,za, per cui è
praticamente impo~~ibile all'autorità governativa jntavolare
trattative con i proprie- tari "· mentre non si è riusciti nern-
meno a stabilire « a quale cifra am- montinn î crediti dei Cantieri
Na- -val i verso lo Stato "·
La cosa è davvero rivelatrice: lo Stato finanzia, ma « non sa "
chi, nè in quale misura. Si > dell'amministrazione democratica:
il regime ?: corrotto - dissero - e noi lo salveremo. '"Ora la
ruota ha fatt•i un giro completo, e accusato di cor- ruzione è,
nientemeno, il consigliere privato del Presidente e rampoll,i di
una famiglia puritana che ha mandato alla C9-sa Bianca, in una
Lunga storia, due predecessori rti Ike; è da prevedere che i
democra- tici batteranno la grancassa eletto- rale sullo scandalo
di turno.
La grande azienda capitalistica non ha bisogno di « dare »,
perchè lo Stato, il sua comitato esecutivo, fac- cia la politica
che piace a lei; pre- feribilmente, rifiuta di dare, minac- cia di
« tagliare i Piveri » alla muc- ca statale; ricatta, non sborsa.
Eli- minate la corruzione spicciola; avrete soltanto circoscritto
in mani sempre più « scelte » la normale, moralissima corruttela
del regime. Democratico o repubblicano, per
usare ; termini statunitensi, la real- tà dello Stato came
oroano di clas- se non cambia: la condanna del funzionario che si
?! « lasciato cor- rompere " è solo lŒ condanna del- l'inabile,
4ell'inesperto, del « pivel- lino », di colui che si lascia pren-
dere, egli e S.M. il potere esecutivo, con le mani nel sacco. La
moralità borghese consiste ne,ll'arte di fre- gare il prossimo nel
pieno e assolu- to rispetto della legge: il codice è Lo scudo della
pirateria dei Big, la frusta per la coglioneria dei « pe- sci
piccoli ».
Non v'è dimostrazione più schiac- ciante dell'ipocrisia
borohese, che queste periodiche ondate moraliz- zatrici.
Scandalizzandosi di un alto funzionario, preferibilmente purita- no
e di illibata « moralissima » fa- miglia, che ha accettato la
bustare!- la da un industriale in cerca di fa- vori o di commesse,
e magari sot- toponendolo solennemente ad in- chiesta, esse mirano
ad accreditare la convinzione che lo Stato si-a dav- Pero un organo
al disopra delle classi, non legato agli interessi di nessuno e
sollecito unicamente del amnesia dei lettori. Quando, l'8 « bene
generale ». maggio 1945, gli algerini pretesero In realtà,
l'indus(riale che « cor- il conta delle promesse fatte loro
rompe» il funzionario è solo un durante la guerra, e, nella
repres- piccolo concorrente alla legalissima sione che ne segai, «
diverse decine corruzione che i grossi pirati del di migliaia di
musulmani » furono capitale esercitano con ben altri uccisi ( e
1'.loi si dice dei tedeschi!), mezzi e spesa molto minore, con chi
era ai governo con De Gaulle, l'arma di una pressione non deter-1
se non il « compagno » Thorez, vi- minabile in cifra, non regütrata
in ce-presidente del generale come og- nessun canto m albergo o m
banca. gi Mollet?
IL TRIONFO Dl TARTUFO
Un colpo al cerc~io e mille alla botte
I tristi « gentiluomini " riunitisi a Bruxelles come
rapprsentanti del- l'Internazionale Socialista avrebbe- ro doPuto
sudare sette camicie - se per 1potesi assurda conservasse- ra un
minimo di pudore ~ quando si è trattato di redigere le storiche
mozi.oni sulla situazione francese ed algerina. L 'han no fatto
dando un colpo al cerchio e mille alla botte. Bontà loro, hanno «
espresso in-
quietudine " per la prima, dichia- randosi solidali coi «
democratici f rance si nella loro vigilanza ( !! ! ) e nella loro
risoluzione (!!!) ad agi- re contro tutti gli elementi che po-
trebbero tentare di imporre al po- polo francese una costituzione
di carattere non democratico » ( e di urazia, che cosa è aPvenuto,
intan- to?). Evidentemente, essi non os a- va no nominare il
compagno Mollet, trionfalmente assiso al potere con De Gaulle:
l'hanno quindi tacita- mente compreso nella categoria dei «
vigilanti >> e dei « risoluti" e, par- tecipi della sua «
inquietudine », oli hanno dato una preventiva sana- toria.
Qualunque cosa faccia o non faccia l'amico, gli resterà sempre la
scusa di aver ... risolutamente vi- gilato. Quanto all'Algeria,
l'Internaziona-
le Socialista ha ribadito che essa « difende il principio della
libertà di tutte le nazioni », ma, siccome nella pratica le cose
sono più com- plesse, e in Algeria « l'interdipen- denza economica
e l'associazione culturale hanno creato tra la Fran- cia e
l'Algeria relazioni che sono quasi senza precedenti », si è « au-
gurata » che non si giunga agli e- stremi, e che la « libertà
>> e i « ne- goziati pacifici » Padano di pari pas- sa, o
meglio non facciano nessun serio passo avanti --, giacchè nè dai
francesi nè dagli algerini si puà attendere « una capitolazione
preli- minare » (e da chi, allora?). Anche qui, un colpa alla «
libertà » e mille alle calende greche delle trattative
diplomatiche, in piena guerra.
Cosi, con l'« amarezza" nel cuore ma con la coscienza a posto
(la co- scienza di decenni di tradimento e di ipocrisia) i iristi
signori hanno ripreso il treno da Bruxelles.
f acce di bronzo A proposito deuli apvenimenti
francesi, l'« Unità » è andata a ri- spolverare il « Diciotto
Brumaio » di Marx ;per ricordare a se stessa e agli altri che « la
vocazione della borghesia è il Jascismo » Questa brava gente,
fedele alla
tradizione mai smenttta della più insigne faccia di tolla, ha
perà sa- puto leggere in Marx non già la de- nunzia del carattere
intrinseca- mente dittatoriale, putrido e « fa- scista "· della
democrazia, bensi proprio l'opposto: Pi ha letto il rimpianto per
il « seppellimento, con tutti ; funebri riti di una falsa legalità,
della democrazia parla- mentare ». Marx scriPe il XVIlI Brumaio
appunto per di7llostrare la continuità ferrea fra il regime de-
mocratico e il regime imperiale-bo- napa rtista: l'« Unità » vi
legge la dimostrazione di una rottura (mal- vagia, perversa
rottura, da sanar- si al più presto) fra i due regimi. Marx scrive
che « la Francia di og- gi [di Napoleone III] era già tutta intera
nella repubblica parlamenta- re »; l'« Un-ità » piange sulla repub-
blica parlamentare, verginella pro- ditoriamente violata, e chiama
gli operai a rifarle la plastica. Marx scrive per ricordare aali
operai che proprio nella « legalità " è lo strumento della sua
oppressione; l'« Unità » versa lacrime appunto sulla legge
calpestata, ·
Si noti bene, fra l'altro, che è il pianto dell'impotente,
giacchè, dopa tante chiacchiere sulla decisione di scendere in
piazza il giorno che la borghesia passasse all'offensiva, i «
compagni francesi » si sono ben guardati dal lanciare parole d'or-
dine del genere, essi che furono fra i primi a votare le leggi
eccezio- nali Pflimlin che prepararono il corredo alla sposa-De
Gaulle. Troppo comodo è giocare sulla
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2 IL :ROGRAMMA COMUNISTA
f asti ~ella colonizzazione francese ( continuez. dalla prima
paqina)
missioni special i composte come segue: un brigadiere generale o
capitano come presidente, poi un sottoprefetto, un funzionario
della autorità militare araba e uno dei demanio. A questi
conoscitori-nati dei r apport i economici e sociali fu affidato il
triplice compito di fissa- re esattamente i limiti dei territori
delle tribù, dividere le terre di ogni singola tribù fra tutti i
suoi rami o Cabile, ripartire in parcelle in- dividuali la
proprietà di queste ul- time. La missione dei brigadieri- generali
nell'interno dell' Algeria fu eseguita puntualmente: agronome,
divisore delle terre e giudice su- premo in tutte le cause relative
alla proprietà fondiaria erano, in genere, una persona sola. Il
gover- natore generale dell' Algeria doveva confermare in ultima
istanza i pia- ni di suddivisione. Le commissioni lavorarono 10
anni col sudore del- la fronte; il risultato fu che, da! 1863 al
1873, dei 700 territori di tribù arabe circa 400 vennero divisi fra
grandi-famiglie. Già qui erano gettate le basi della futura
iriegua- glianza, del grande possesso fondia- rio e della piccola
proprietà par- cellare. Infatti, a seconda dell'e- stensione del
territorio e del nume- ro dei rami di una tribù, a ognuno di queste
toccarono ora da 1 a 4 ettari, ora 100 e perfino 180 ettari di
terra. Comunque, la divi- sione rimase circoscritto aile Ca- bile
e, malgrado tutti i brigadieri generali, l'ulteriore spezzettamento
del suolo urtà in difficoltà in- sormontabili. radicate ne! costume
arabo. Lo scopo della politica di Parigi - creare la proprietà
indi- viduale e, in un seconda tempo. trasferirla in mani francesi
- era ancora una volta fallito. Solo 'la III repubblica, il
governo
senza veli della borghesia, trovà il coraggio e il cinismo di
distr ug- gere ogni finzione e affrontare il problema dalla parte
opposta sen- za i passi preparatori del II impe- ro. La divrsione
radicale delle ter- re delle 700 tribù arabe in parti individuali,
un'introduzione par force della proprietà privata a tem- po di
primate, fu il proposito e- spresso della !egge 1873. Il pretesto
lo forni la drammatica situazione della colonia. Esattamente corne
Ia carestia del 1866 in India apri dra- sticamente gli occhi
dell'opinione pubblica inglese sui bei risultau della politica
coloniale br itannica, e impose la nomina di una com- mossione
parlamentare per lo stu- dio dei soprusi, cosi l'Europa fu al-
larmata da! grido di angoscia pro- veniente dall'Algeria, dove una
ca- restia in massa e una mortalità ec- cezionale fra gli arabi
liquidavano d'un colpo 40 anni di dominazione francese. Per
l'analisi delle cause, e per gratificare gli arabi di... nuo- vi
provvedimenh di legge, fu no- minata una commissione, le cui
conclusioni concordi furono che una sola àncora di salvezza poteva
aiutare gli arabi - la proprietà privata! Solo cosl, infatti, ogni
ara- bo avrebbe potuto vendere il suo appezzamento o accendervi
sopra un'ipoteca a protezione dalla care- stia. Per venire incontro
agli alge- rini e proteggerli dalla situazione
-------------- Democrazia unieuesale
I seguenti brani di giornaH di in- f ormazione sono riportati
dall'ingle- se « Socialist Review », e vada l'in- no alla
democrazia universale in- staurata dal trionfale successo del
seconda macello:
« In Uganda, quattro su dieci bam- bini muoiono prima di aver
raç- giunto i 15 anni, secondo un dotto- re che vi ha trascorso sei
anni stu- diando il problema della sottonu- trizione ».
« Nella Rhodesia del Nord, più precisamente nel bacino di
estrazio- ne dei minerali di rame, i minatorî bianchi guadagnano
una media di 2.295 sterline l'anno contra u.na me- dia annua di
sterline 160 per i mi- natori di colore ».
« Nel Su.d Africa, 78.000 colpi di trusta all'anno sono
somministrati da tribunali a 13.000 negri... 220 frustate sono
somministrate agni giorno a 40 u.omini; il contribu.ente paga nella
misura di tre scellini la frostata ». Come si vede (abbiamo scelto
so-
lo alcune delle citaz1oni), tutto que- sto non avviene soltanto
nella fa- migerata Unione Su.d-AfH.cana, ce- lebre per il sua
sfrenato, ma demo- craticissimo, razzismo: avviene an- che in
territori entrati a far parte dell' ultra-liberale Commonwealth
britannico (Rhodesia) o in colonie inglesi (Uganda). Non c'è stato
bi- sogno di generali e di fascisti per- chè « casi » simili si
verijicassero: è bastato il più venerando dei par- lamenti di tutto
il pianeta, con sede a Westminster_
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Algeria m creata dai furti già perpetrati dai francesi, dal peso
delle imposte e dall'indebitamento derivatone, st dichiarè che
esisteva un unico mez- zo: il completo abbandono degli indigeni
aile grinfie degli usurai ! La commedia fu recitata in tutta
serietà davant i all'assemblea na- zionale parigina e, dall'eletto
pub- blico, presa altrettanto sul serio. L'impudenza dei «
vincitori » sulla Comune di Parigi celebrè> le sue orge. Due
argomenti servirono soprat-
tutto a sostegno della nuova legge. Gli stessi arabi desiderano
arden- temente l'introduzione della pro- prietà privata,
dichiararono i di- fensori del progetto governativo. In realtà, la
desideravano gli speculatori e gli usurai algerini, che avevano un
interesse urgente a « liberare » le loro vittime dai vincoli
protettivi e dalla so!idarietà delle tribù. Vigendo il diritto mu-
sulmano, l'accensione di ipoteche sui terreno urtava nell'ostacolo
in- sormontabile dell'inalienabilità del possesso familiare e
tribale. La leg- ge del 1863 vi aveva aperto una breccia: ora si
trattava di togliere ogrri freno allusur a. Il secondo ar- ogmento
era di natura « scientifi- ca », ed era tratto dallo stesso arse-
nale cui il grave James Mill aveva attinto la sua incomprensione
dei rapporti di proprietà in India -· l'economia politica classica.
La proprietà privata è la necessaria premessa di un'agricoltura più
in- tensiva che e!imini ogni carestia, essendo chiaro che nessuno
mve- stirà capitale o lavoro in un suolo che non sia di sua
proprietà iridi- viduale e i cui frutti non siano goduti
esclusivamente da lui declamarono con enfasi i novelli discepoli di
Smith-Ricardo. Ma i fatti parlarono tutt'altra Iingua, mo-
strando che gli specula:tori france-1 ottenuta senza possibilità
di dub- si si servivano della proprietà pri- bio: una folle
speculazione sul la vata costituita in Algeria per tutto terra, il
lussurreggiare dell'usura fuorchè per una coltivazione mi- e la
ravina economica degli mdi- gliore e più intensiva del suo lo. gem.
Dei 400.000 ettari appartenenti ne! Il fiasco portà a un nuovo
espe- 1873 ai francesi, 120.000 erano in rimento. Sebbene il
governo alge- mano a due compagnie capitalisti- rino avesse già
creato ne! 1890 una che, Algerina e del Setif, che non commissione
per riesaminare le li amministravano direttamente, ma leggi 1873 e
1887, passarono 7 anni li concedevano in affitto ai nativi, prima
che i signori deputati sulla e questi li coltivavano al modo dei
Senna procedessero ad una riforma padri. Un quarto delle rimanent.i
nell'« interesse » del Paese rovina- proprietà francesi si
occupavano to. La svolta consistette nell'abban- altrettanto poco
di agricoltura ra- donare il principio dell'introduzio- zionale.
G!i investimenti di capita- ne forzosa della proprietà indrvi- le
nella coltivazione della terra esi- duale ad opera dello Stato. La
leg- stevano solo nella fantasia assetata ge 27 febbraio 1879 e le
istruziom di profitti degli speculatori rnet r o- del governo
algerino del 7 marzo politani, e ne! dottrinarismo nebu- 1898
contemplano in sostanza 1 in- loso dei loro ideologi scientifici.
Si troduzione della proprietà privata trattava semplicemente del
deside- per « libera richiesta » dei proprie- rio nudo e crudo di
tog!iere agli tari. Ma poichè certe clausole di- arabi la base
della loro stessa esr- chiarano sufficiente la richiesta stenza: la
terra. E, malgrado I'In- di un proprietario senza I'approva-
consistenza delle argomentazioni e zione degl i a]tri
comproprietari del l'aperta falsità delle tesi invocate suolo, e la
pressione degli usurai a loro sostegno, la !egge che dove- puô in
qualunque momento provo- va dare il colpo di grazia alla po- care
la « libera » richiesta del pro- polazione algerina fu votata alla
prietario indebitato, la nuova legge quasi unanimità il 26 Iuglio
1873. spalanca le porte all'ulteriore spo- Ma il fiasco del colpo
di forza non destamento delle terre comuni e
si Iasciô attendere. La politica dell-i delle proprietà delle
Cabile. La III repubblica urtà contro la diffi- viv isezione dell'
Algeria perpetrata coltà d'introdurre la proprietà pri- da 80 anni
trova adesso tanto mi- vata con un colpo di bacchett a nor
resistenza, in quanto gli arabi, magica nel quadro di antichissimi
in seguito alla sottomissione della rapporti tr ibalr e fami!iari.
esatta- Tunisia prima (1881), del Marocco mente come era fallita
quella del poi, si vedono sempre più accer- II impero. La legge 26
luglio 1873. chiati da! capitale francese e posti completata da una
seconda del 28 alla sua mercè. Il più recente effet- aprile 1887,
diede dopo 20 anni di to del regime coloniale in Alger ia
applicazione il seguente r isult atc . è I'ernig raziorie in massa
degli ara- fino al 1890, 14 milioni di franchi bi verso la Turchia
asiatica ». erano st at i investiti ne! « libera- Con cià, si è
giunti alle soglie del re » 1,6 mi!ioni di ettari; ma l'o- nostro
secolo. Quello che ë avve- biettivo dell'elimmazione del cornu-
nu.ta poi è la prosecuzione su sec- nismo delle Cabile non era
affatto la maggiore della politica di allora. r agg iunto. Una sola
cosa era stata Non sarà difficile dimostrarlo.
Aspetti della rivoluzione africana Nel movimento
anticoloniale
l'Africa è stata preceduta dall'Asia. La rivoluzione
nazional-democrati- ca nelle colonie - l'accadimento più importante
di questo secolo, do- po la Rivoluzione socialista russa - in pochi
anni ha percorso l'inte- ro continente asiatico, e con la sua
ondata ha spazzato via imperi se- colari. Al grandioso rivolgimento
l'Africa ha partecipato validamen- te, ma in essa gli avvenimenti
si sono svolti finora con un ritmo me- no veloce. Solo il settore
del conti- nente che si suol definire Africa bianca, in quanto
abitata da razze non propriamente negre, è riuscito a condurre
vittoriosamente la ri- volta contro !'imperialismo. La lot- ta è
tuttora aperta in Algeria. Cio non significa che nel resto
del continente il colonialismo abbia avuto giorni facili. Il
moto rivolu- zionario inizià subito dopo la fine della seconda
guerra mondiale. In- fatti, è da! 1946 che nell' Africa ne- ra
l'indistinto movimento di rivolta all'oppressione coloniale
francese assume forme organizzate. A co- minciare da quell'anno
sorgono i primi partiti africani moderni, qua- li l'Unione
ctemocratica africana (Rassemblement democratique afri- caine,
RDA), la Convenzione afri- cana, il Movimento socialista afri-
cano, l'Unione dei popoli del Ca- merun. Scoppiano grandi lotte ri-
vendicative, le organizzazioni sin- dacali, affiliate in origine
aile cen- trali sindacali parigine, si emanci- pano, divenendo
organizzazioni pro- priamente africane. Nè manca la lotta diretta
contre l'occupante stra- niero. Ne! 1950, il governo francese, che
i nazionalisti degollisti accusa- vano di « mollezza », condusse
una sangumosa repressione contro il movimento anticolonialista. La
Co- sta d'Avorio, dove il RDA era sorto per diffondersi in tutta
l'Africa ne- ra francese, fu particolarmente pre- sa di mira dai
giannizzeri colonia- listi, che si abbandonarono ad un'orgia di
arresti, di deportazioni, di esecuzioni sommarre. Ancor più
sanguinaeia era stata
la repressione della rivolta malga- scia, rimasta tristemente
nota. Nel marzo 1947, il Madagascar si levè in armi contro gli
oppressori fran- cesi che risposero perpetrando un massacro
spaventevole. Gli stessi documenti ufficiali francesi ammet- tono
che oltre 80.000 ribelli malga- sci su una popolazione di 4.600.000
persone persero la vita per mano delle truppe di repressione. Ogni
attività politica fu soppressa nel- l'isola. I capi della rivolta,
tra cui i deputati del Madagascar all'As- semblea nazionale
francese, furono deferiti alle Corti marziali benchè si trovassero
fuori del territorio del Madagascar all'epoca della rivolta.
Condannati a morte, ebbero corn- mutata la pena ne! çarcere a vita
e si trovano tuttora in carcere.
Certo, mentre i popoli asiatici lottavano contro il
colonialismo, gli africani non ristavano. Non si muo- vevano solo i
negri e i malgasci. Come non ricordare l'eroica, per quanto
confusa, rivolta dei Kukuiu del Kenia? le enormi perdite subi- te
dagli insorti il'I Marocco, in Tu- nisia? i settecentomila morti
alge- rini? E' vero che, pur non perden- do d'occhio gli
avvenimenti afri- cani, noi abbiamo dato maggior ri- salto a quelli
asiatici. Ciô è acca- duto per due ragioni. 1nnanzitut- to, è in
Asia, sede di civiltà pre- coloniali più evolute, che i fenome- ni
economici e sociali suscitati dal- l'invasione colonialista si
présenta- no nella loro forma più chiara" Qui, più che altrove, il
colonialismo ha svelato apertamente la sua essenza reazionaria,
impedendo lo sviluppo dei paesi soggetti e perpetuando rapporti
sociali retrogradi. In se- condo luogo, è nei movimenti rivo-
luzionari asiatici che si è verificato il fenomeno del connubio tra
U revisionismo antimarxista dei falsi partiti comunisti della
scuola di Mo- sca e l'ideologia radicale della de- mocrazia
rivoluzionaria piccolo- borghese, assimilabile - in senso lato - al
giacobinismo delle bor- ghesie occidentali del secolo XVIII. Il
compito del marxista che in-
tende renderst conto della sostanza dei rivolgimenti
afro-asiatici, non è facile. Il declino del coloniali- smo non ha
dato luogo, corne pre- tendono moiti, a un cambio della guardia tra
i nuovi e i vecchi im- perialismi. La formazione degli St a- ti
nazionali sulle macerie degli im- peri coloniali, anche se non ha
tan- cellato la dipendenza economica dei nuovi Stati verso le
centrali finanziarie dell'imperialismo, è un fatto rivoluzionario,
corne insegna la dottrina leninista sul principio del diritto delle
nazioni alla auto- decisione, cioè alla separazione dai super Stati
plurmazionali e plurt- razziali. La separazione resta un fatto
rivoluzionario, anche se è fa- cilitata dalle rivalità egemoniche
che dividono gli 1mperialismi. Nelle attuali condizioni dei
rapporti di forza mondiali tra borghesia e pro- letariato,
sboccando la rivoluzione anticoloniale in regimi di democra- zia
borghese, è assolutamente se;- condaria la questione dei rapporh
tra i nuovi Stati indipendenti e gli Stati di antico capitalisme.
Presto 0 tardi, prima o dopo la conquista dell'indipendenza, gli
Stati afro- asiatici, in quanto regimi borghesi, cercheranno la «
coesistenza pacifi- ca » coi colossi capitalistici che do- minano
il mondo. Cià che è vera- mente rivoluzionario è il fatto che la
soppressione del colonialismo e la formazione dello Stato naziona-
le sbloccano, per dirla con Lenin, i « potenti fattori economici »
che sono alla base della rivoluzione na- zional-democratica, cioè
liquidan0
g!i ultimi res1dui di modi di produ- zione precapitalistici. Ma
a tale con- sapevolezza teorica arriva solo chi ha smascherato il
gioco dei revisio- nisti del marx1smo. Questi tendono -
l'esperienza del P.C. cinese in- segni per tutti - a far passare
per politica comunista il blocco legale coi partiti della piccola
borghesia nazionalista, e per socialismo le fi- nalità cui tendono
programmi di schietto capitalisme di Stato. Bisognava allora, per
evitare che
si fa!sasse il significato dei rivolgi- menti afro-asiatici,
lottare anzitutto contro il revisionismo dei partiti « comunisti »
legati a Mosca. Percià abbiamo dedicato maggiore atten- zione agli
avvenimenti asiatici, tra- scurando un po' quanta accadeva ü1
Africa. Da questo momento lavore- remo ad eliminare lo squilibrio.
Ma prima di passare in rassegna i mo- vimenti politici africani,
sarà bene occuparsi di alcune questioni gene- rali che interessano
l'intero conti- nente. All'inizio facevamo la pacifica
constatazione che l'Asia ha prece- duto l' Africa nel cammino
verso la emancipazione. Spiegandoci le ra- gioni del primato
asiatico, verremo a comprendere il perché del ritardo segnato
dall'Africa. Non si tratta di una questione accademica. La
liberaz1one dell'Asia ha comportato conseguenze enormi per il movi-
mento anticoloniale africano. Infat.- ti, le potenze colonialiste,
essendo state scacciate dai loro possedimen- ti asiatici e
costrette a trincerarsi nelle ultime ·roccheforti coloniali ri-
ma~te nelle loro mani, hanno ina- sprito drasticamente i loro
metodi di repressione. La liberazione . ~el- 1' Asia ha in un certo
senso fac1bta- to il compito dei colo~ialisti nell~ aitre parti del
mond~, m ?-ua?to 11 ha esentati dall'obbbgo d1 d1sper- dere le loro
forze in un immenso teatro di operazioni. E' ovvio, ad esempio, che
la Francia, se dov.esse mantenere ancora truppe negb ex
possedimenti asiatici, troverebbe difficoltà a mantenere, non solo
il Bled ma le stesse città di Algeria. La c~ndizione ideale per una
rapi- da vittoria della rivoluzione antico- loniale in Asia e in
Africa sarebbe stata la simultaneità dei moti nei due continenti.
Cià non è accaduto. Non poteva accadere. L'Asia no'l poteva non
muoversi e vincere per prima, per una serie di cause che crediamo
di poter raggruppare in tre ordini principali: la grande tradizione
storica dell'Asia, l'in- fluenza della Rivoluzione russa, la
pos1zione geografica.
1) La grande tradizione storica dell'Asia. Il colonialismo
europeo è stato soffocatore implacabile delle forme di civiltà
portate avanti dai popoli sottomessi, ma esso non ha potuto
condurre in Asia la sua ope- ra di demolizione nella misura che
doveva raggiungere in Africa. L'e-
poca precoloniale aveva prodotto ne! continente asiatico,
antichissima culla di civiltà, organizzazioni socia- li che nulla
avevano da invidiare agli Stati europei coevi. Il vero « di- stacco
» tra Europa e Asia ha inizio allorchè l'industria si sgancia dalle
forme artigia11e, aprendo l'epoca
, della manifattura e, quindi, del mac- chinismo. Ma il balzo in
avanti del- l'industria europea avviene dopo che l'Asia (e
l'Africa) sono cadute sotto l'invasione coloniale. Meglio, avviene
perchè l'Asia (e l'Africa) sono discese al rango inferiore di
colonie, cioé di terre di sfruttamen- to e spoliazione.
L'accumulazione primitiva senza di che il capitali- sme europeo non
si sarebbe svilup- pato cosi rapidamente, non avrebbe marciato al
rit.mo che conosciamo, se i pirati colonialisti non avessero
spogliato le terre d'oltremare. La dominazione europea poteva
arrestare lo sviluppo dell'Asia, non cancellare le
insopprimibili soprav- vivenze di millenni di storia, ne] corso dei
quali giganteschi Stati si erano formati testimoniando delle
altissime vette raggiunte dall'orga- nizzazione sociale e
dell'evoluzione culturale delle nazioni. In realtà, 11 colonialismo
europeo non era riu- scito a cancellare del tutto l'indi- pendenza
politica dell'Asia. Tranne la temporanea occupazione america- na,
il Giappone non ha mai perduto l'indipendenza. Nè un secolo di rei-
terate aggressioni riusciva a sotto- mettere definitivamente la
Cina, il massimo Stato asiatico per dimen- sioni fisiche ed
economiche, per tra- dizioni sociali e per sviluppo cultu- rale.
Questi Stati, pur combatten- dosi tra loro (destino ineluttabile di
tutti gli Stati nazionali) doveva- no mantener viva la lotta per
l'indi- pendenza. Sarebbe ozioso mettersi ad immaginare che cosa
sarebbe ac- caduto se il colonia!ismo europeo avesse impedito
l'esistenza indipen- dente del Giappone. ,E' certo, perà, che le
velleità imperialistiche del capitalismo nipponico dovevano
contribuire, sia pure negativamente, alla sconfitta del
colonialismo euro- peo. Infatti, invadendo gli antichi
)116ssedimenti europei d'Asia, le ar- mate del « Tenno » dovevano
vibra- re un colpo mortale al pr.,stigio biauco. Le grandi
tradizioni storichP del-
l' Asia dovevano impedire agli inva- sori colonialisti di
imporre una do- minazione totale sui continente. Al momento della
lotta contro i domi- nat'ori coloniali, esse si sono tra- sformate
dialetticamente in forzP materiali.
2) L'influenza della Rivoluzione russa. Esiste una non causale
coin- cidenza tra le sollevazioni rivolu- zionarie in Russia e in
Asia. Il 1905 è l'anno della prima riyoluzione rus- sa. Per Lenin,
esso segna l'apertura di un'epoca rivoluzionaria nell'Eu- ropa
orientale e in Asia. Difatti, al- la rivoluzione russa seguono le
ri- voluzioni di Persia, di Turchia, di Cina. Specialmente sui capi
della ri- voluzione cinese, massimo Sun Yat- sen, le tradizioni
rivoluzionarie rut! se esercitano una grande i~fluenza. Non è il
caso di occuparsi qui degli articoli scritti da Lenin su Sun Yat-
sen. Pur vedendo in lui un esponen- te della democrazia
rivoluzionaria piccolo-borghese e lodandone l'one- stà politica e
la saldezza di caratte- re, Lenin misurava scrupolosamen- te le
distanze che separavano l'ideo-
log ia e il programma del fondatore· del Kuomintang da!
comunismo marxista. Ma era innegabile che il Kuomintang e Sun
Yat-sen, cammi- nando nel solco del popu!ismo - la tendenza a
concepire la democrazia contadina corne ponte di passaggio- al
socialismo, e quindi a ritenere possibile il « salto » da!
feudalismo al socialisme senza passare per ],i dittatura del
proletariato - si riat- taccavano ad alcune correnti del pensiero
rivoluzionario russo. Le-- nin sapeva che le ideologie e l'azio- ne
politica di Sun Yat-sen e seguaci, divergevano dalle finalità del
comu- nismo. Conseguentemente, allorchè· si trattè> di dettare
il programma dei: partiti comunisti operanti nei paesi coloniali e
arretrati, pose la condi- ûone indispensabile che i partiti co-
munisti, pur cooperando con i par- titi demonazionali sui terreno
insur- rezionale, mantenessero ben distinti. i loro _programmi e le
loro organiz- zazioni. Se il partito comunista ci- nese, fin dalle
sue prime azioni, si. confuse col Kuomintang fino a far proprio il
programma di Sun Yat- sen, appiccicandovi sopra l'etichetta di
comunismo, tutto cià non torna certo a co!pa del leninismo e del-
movimento internazionale. Ma non è questo il luogo per ri-
tornare su tali questioni. Quel che- mteressa é di portare
l'attenzione sui fatto innegabile che le influenze- della
rivoluzione russa agirono co· me un acceleratore sui movimento
rivoluzionario, non soltanto cinese, ma di tutta l'Asia. Fatti come
:l' congresso dei popoli di Oriente (Ba- ku, settembre 1920) non
potevano non lasciare una traccia profonda_ Partecipavano
all'assemblea duemi- la' delegati provenienti da tutti i paesi
coloniali e arretrati d'Asia e· d'Africa. L'Internazionale Comuni-
sta si metteva in ta! modo alla testa della rivoluzione
anticoloniale. Tren- tacinque anni dopo, nell'aprile del 1955, la
Conferenza afro-asiatica di Bandung, offrendo ail'Occidente ca-·
pitalista la « coesistenza », é venuta a provare corne la
rivoluzione asia- tica, arrestandosi alla fase democra-
tico-borghese, abbia attuato solo in parte il programma di Baku. La
ri- voluzione nazional-democratica nel- le colonie doveva, nella
grande con- cez:one strategica della III Interna- zionale,
indebolire il campo dell'im-· perialismo facilitando l'attacco del
proletariato occidentale aile citta- delle borghesi d'Europa e
d'Amc- rica. Il mancato attacco rivoluzionario
del proletariato occidentale - im- mobilizzato dagli apparati
vendu!i della sociaidemocrazia prima e dal- la controrivoluzione
staliniana poi - impediva che la rivoluzione na- zional-democratica
nelle colonie su-· perasse la fase borghese. E' chiaro, tuttavia,
che, indipendentemente dall'involuzione delle sue finalità so-
ciali, l'industrializzazione dell'enor- me area formata dalla
Russia euro- peo e dalle sue propaggini asiatiche ha influito
profondamente sullo svi- luppo ulteriore del continente asia- tico.
Infatti, non ai tnodelli sorpa,;- sati dell'Occidente, ma
all'esperien- za viva della rivoluzione industria- le russa, si
ispirano i programmi e- 1 'azione politica dei nuovi regimi
asiatici non solo quelli che assumo- no ad ~tichetta il nome di Mao
Tse- Tung, di Ho-Ci-Min, di Kim-ir-Sen, ma anche gli altri che
hanno per bandiera i Nehru e i Sukarno.
(continua}
Capitalisti intelliuenti iscrivatavi al f Cl Ii t· capaci di
Proprio cosi: capita 18 1
d l d. la· del vostro naso, la ve ere a 1 . - d · vostra
salvezza non ':'1e?e . ne . ai liberali nè dai democr1sham; v1ene
da un partita « nuovo >'. che pe~sa a voi anche quand? s~et~
coshtu: zionalmente in~apac.1 d1 n~olver~ 1 vostri problem1. V01
dorm1te: Kin- glax-Bottegpe Oscure lavora. Ci ha pensato, per
esempio, la
Cina, e la storia, raccontata dal- 1'« Unità » del 9 giugno, non
è una balla. A Shenyang, Emilio Sarzi Amadé ha intervistato un
capita- lista del luogo, di quelli che si « erano fatti da sè » ne]
periodo au- reo del regime di Ciang Khai Scek prima, dei giapponesi
occupanti poi. La sua fabbrica di parti di ca- lorifero, che,
insieme con altri tre piccoli risparmiatori di origine ru- rale,
egli aveva fondato nel 1935 occupando sette operai, cominciè> a
trovarsi nei guai nel 1945, quan- do gli operai erano divenuti tre-
cento ma egli non aveva più ordi- nazioni e il lavoro cominciava a
ra- refarsi. Cosi, al momento della scon- fitta giapponese, la
maestranza si era ridotta ad una trentina di ma· novali che «
lavoravano a singhioz- zo » e infine calè> a sei, rimasti a «
sorvegliare le macchine che an- davano ricoprendosi di polvere ».
Venne la liberazione: credete che,
al sopraggiungere delle armate di Mao, Lin Cen-hai ne abbia
soffer- to? Macchè, comincià allora « l'au- tentico boom»! Egli si
era aspet- tato confische aveva tremato al pensiero « di ~uali
colpe avrebbe- ro potuto essergli addossate per aver sfruttato gli
operai .». L'inge- nuo! « Non accadde nulla, assoluta- mente nulla.
O meglio [bellissimo questo « o meglio »: lo crediam.:i
senz'altro che, per lui, sia stat:, meglio!] accadde il
contrario: 11 governo lo autorizzà, anzi gli chiese [meriti...
patriottici ?] di riaprire la fabbrica, che riprese il lavoro con
sette operai, quanti ne aveva all'inizio, nel 1935. Nel dicembre
del 1951 la fabbrica aveva già tre-· centodieci operai, e lui
continuava. ad essere il capitalista d'altri tem- pi, corne nu.lla
fosse cambiato [in- fatti!]; cercava commissioni, ven- deva i
prodotti, e incassava i pro- fitti ». Poi le cose mutarono « leg-
germente »: non fu più lui a cer- care commissioni; lo Stato gliele
passà direttamente, togliendogli an- che il disturbo di darsi da
far~- « Il risultato fu che la fabbrica as- sunse altri operai che
salirono a quattrocentoquindici, e che i pro- jitti salirono nel
1954 alla cifra re- cord di 530.000 11uan ». Ma qui comincia la «
crisi di co-··
scienza ». Li Cen-hai comincià a capire, l'onest'uomo, che vi
era un:1 contraddizione « fra il sistema so- cialista che andava
stabilendosi saldamente negli altri settori della vita nazionale e
la sua condizione· di capitalista »; la « coscienza ·mo- rale »
comincià a riprudergli, ed egli si diede, prima, ad allacciare
buoni rapporti con gli operai, poi ne! 1954 « chiese che la
direzione· della fabbrica venisse assunta, si potrebbe dire a
mezzadria, dal go- verno: che la gestione privata del- la fabbrica
diventasse una gestione mista, privata-statale ». La doman- da fu
accettata due anni dopo (fi- gurarsi, nel frattempo, quali cruc- ci
avrà patito, l'onesta coscienza di Li Cen-hai !) ; adesso, il
capitalista- rieducatosi, « che aveva investito,
(continua in 4.a pag.)
-
IL PROGRAMMA COMUNISTA 3
Sfregio e bestemmia dei principii comunisti nella rivelatrice
diatriba tra i partiti dei rinnegati
( La qnistione nazionale • L~ eeonomia statnnitense) La
cronaca
del convegno Un nutrito gruppo di compa-
gni colaboratori allo sviluppo dei terni e convocati per
completare l'allestimento dei materiali per la riunione convenne a
Torino fin dal sabato 31 maggio, e con I'aiu- to attivissimo dei
compagni del gruppo di Torino si dette a pre- disporre tutto quanto
era neces- sario, ed in ispecie le grandi ta. belle ed i grafici
relativi al de- corso dell'economia capitalistica nel Nord America,
che a causa dell'impedimento forzato di alcu- ni dei compagni
dedicati al tema insieme al relatore non erano completi malgrado
l'intenso lavo- ro che aveva preceduta la r'iu- nione. Questa si
svolse in un ampio
locale annesso all'albergo dove i convenuti soggiornarono,
grazie alla precisa organizzazione dei cornpagni del luogo, e si
distinse in tre sedute, due nella domenica e una nel Iunedi, Molto
numeroso fu l'intervento
di delegati dei gruppi e delle fe- derazioni. Assistettero
diversi simpatizzanti di Torino. vicini al nostro gruppo la cui
propaganda' si è svolta negli ultimi tempi con serietà e
profondità, e tutti rima- sera strettamente convinti delle nostre
posizioni.
Come ebbe a chiarire all'inizio il relatore, la runione di
Torino avrebbe dovuto, corne program- mato, essere continuazione
del tema di Cosenza, Ravenna e Piombino, di cui è già in corso di
pubblicazione il resoconto detta- gliato ( vedi Programma nn. 16,
17, 22, 23, 24 del 1957, e 1, 2, 7, 8, 9, 10 del 1958; e vedi anche
i re- soconti brevi: Cosenza 19-1956 e anche 21; Ravenna 3 e
4-1957; Piombino 19 e 20-1957).
Come ai lettori è ben noto, que- ste riunioni hanno avuto per
og- getto il corso storico dell'econo- mia capitalistica e lo
sviluppo della teoria marxista intégrale in contrasto ad agni
avversa o deviata scuola economica. In questa serie, pure
avendo
sempre trattata la questione di teoria generale, si sta ora
esami- nando con corredo ampio di dati statistici lo sviluppo
dell'econo- mia di occidente ed in ispecie di quella americana, per
venire in conclusione alla riesposizione del- la dottrina di Marx,
dimostrando- ne la totale verificazione scien- tifica. • Lo stadio
di avanzamento di
questa preparazione non consen- tiva di chiudere la parte
storica ed espositiva per passare alla cri- tica teorica, e quindi
si è deciso di dedicare una sala delle sedu- te, la terza, alla
dimostrazione totale dei dati dell'economia sta- tunitense sulla
base del mate- riale allestito e con cenni brevi dell'aspetto
critico e ,polemico. Delle altre due sedute, la pri-
ma è stata collegata al tema di Firenze sulla questione colonia-
le e nazionale, e la seconda in un certo senso al tema della riu-
nione di Pentecoste (8 e 9 giu- gno 1957) sulla teoria storico-po-
litica generale del marxismo. In questa esposizione si svolse
la critica del dibattito scoppiato tra i comunisti jugoslavi (a
pro- posito del loro programma appro, vato al recente congresso di
Lu- biana) e i comumst1 rusai non solo, ma anche cin~si e d~ altre
democrazie popolari, che r~volse- ro aspre rampogne a quei c~ pagni
jugoslavi, che a1tern3:tiva-
~ mente divengono per essi e~ compagni, Le rampogne era1;10 di
revisionismo e di opportumsmo! di tradimento alla teoria e. ~1
principii del « marxisme lemni- smo » di cui quei critici si so~?
(udite, udite!) proclamati i piu ortodossi e coerenti seguaci. Alle
prediche da questi sfatati
pulpiti gli jugoslavi (Tito, Ran- kovic, Kardelj) hanno nel con-
gresso risposto in modo pepato, quando hanno provato che dei
principii teorici ai russi e soci non importa un bel niente, per-
chè hanno essi lanciata la parola di mandarli al macero, e si trat-
ta solo di interessi di Stato; e con osservazi.oni interessanti
quando a loro volta hanno in- forcato il destriero della
dottrina
1
------- 'I produzione, che è quella del bu- ' , , , , , ,
rocratismo statale sfruttatore dei Rapporta alla numone di Torino
dell 1 - 2 orucno 1958 proletari.. Fer uscire da queste tenebre
va impiegato tutto il nostro ma- teriale degli ultimi anni, non
e- scluso tutto lo studio sulla Russia (riunioni di Trieste,
Bologna, Na- poli, Genova) e tali arroi vanno utilizzate da tutti i
nostri.
ostentando di esserne a loro vol- ta fedeli seguaci, Due
elementi suggestivi si
traggono da questo incrociarsi di testi. Uno è che tutte le
eresie di cui è levata accusa sono state commesse, e tutte le
difese di or- todossia sono vuote e sfiatate, da tutte le parti.
L'altro è che, dopo tanto tra-
dire, tuttavia a quelle formazioni politiche fa ancora gioco il
ri- coflegarsi alle fonti ideologiche classiche, per i loro fini
interni ed esteri, e per l'accecamento del proletariato di dentro e
di fuori. Si ripete, per noi difenso- ri della vera rigidità
dottrinale, la situazione che ci consenti il Dialogato con Stalin,
quando que- sti volle rabberciare gli squarci nella teoria, tutto
peggio dilace- rando; e il Dialogato coi Marti, quando il XX
Congresso avanzà su questa strada. Altro non è es- sa che quella
della confessione, della Grande Confessione che da anni abbiamo
pronosticata, con la quale tutti costoro faranno fi- nale gettito
di ogni legame con il cammino della rivoluzione co- munista, e si
dichiareranno aper- tamente Iautori e conservator i del sistema
capitalistico. Come allora si ha pieno agio di
mettere in chiaro problemi di primaria grandezza sulle classi,
lo Stato, il partita, e la via al socialismo: rivoluzionaria e non
evolutiva, violenta e non pacifica, dittatoriale e non
democratica,
sotto ogni cielo ed in qualunque linguaggio. Intermezzate alle
maggiori se-
dute si sono svolte discussioni di natura organizzativa interna,
trattando specialmente della pub- blicazione del materiale storico
della Sinistra nel seno della In- ternazionale Comunista, deciden-
do di affrettare per quanta possi- bile l'edizione di partito di un
volume limitato per la parte do- cumentaria ai soli testi più no-
tevcili, sia pure con una esposi- zione storica continua delle ori-
gini e di tutto lo sviluppo della contesa. Fu comunicato agli
intervenuti
un indice dei testi già raccolti e di quelli che è necessario
radu- nare in una ricerca ulteriore, opera alla quale è stata
rtchiesta la collaborazione di tutti. Le riunioni, svoltesi in
mezzo
al più grande interesse e con- senso, corne già abbiamo riferito
nel numero scorso rapidamente, hanno testimoniato dei sicuri
effetti del nostro difficile e serio lavoro, e della solida
maturità dei militanti del nostro movimen, to. Diamo di seguito
cenni brevi sulla prima e sulla terza seduta, poi un più ampio
resoconto sul tema della seconda, che non in- tenzionalmente ha
permesso di porre in luce sviluppi attuali della situazione, ancora
tanto pe- nosa e sfavorevole, del movimen- to proletario, traendone
le indi- cazioni utili alla sua futura Im- mancabile ripresa.
to artigiani e intellettuali nelle città, e fino a quando questo
ci- clo storico non è chiuso, Marx e il Manifesto vogliono che il
na- scente proletariato, mentre fonda la sua dottrina e la sua
organiz- zazione politica, debba con il maggiore potenziale entrare
in questo girone, per lanciarne l'e- pilogo verso la sua vittoria
di classe, corne tentà di fare in Eu- ropa nel 1848 e in Francia
nel 1870. La rivoluzione russa va spie-
gata corne rivoluzione dapprima borghese e « popolare ", ossia
del blocco più o meno informe di queste classi sottoborghesi. L'en-
trata della forma economica in- dustriale e dello stesso moderno
imperialismo nei confini zaristi toglie alla borghesia questo ca-
rattere di egémone della rtvolu- zione di popolo, ed obbliga 11
proletariato a prenderlo in suo luogo. Questo arduo ciclo in Rus-
sia non si è potuto chiudere, nè la storia ce ne ha dato ancora
esempi, proprio perchè è stato spezzato il Iegame internaziona- le
rivoluzionario, attraverso il quale solamente una forma di classe
pura, fondata sulle econo- mie sviluppate dell'Europa cen-
tro-occidentale, poteva condurre la Russia al socialismo. La
questione politica va ben
distinta da quella economica, in quanto lo sviluppo (ad esempio
in Germania) delle forme indu- striali poteva consentire alla dit-
tatura proletaria che avesse vin- to di dare inizio allo svîluppo
di forme economiche non più mer- cantih ed aziendali, ma progrès-
sivamente di comunismo Inte- grale, e nello stesso tempo avreb- be
accelerato l'inevitabile tra- passo in Russia dalle forme pre-
borghesi a quelle capitaliste, sia pure statali, evitando il
suicidio della rivoluzione proletaria che ha avuto l'espressione
più rovi- nosa nel definire socialismo una struttura non potuta
uscire dai limiti mercantili e monetari. E' naturale che solo la
forza del partito internazionale avrebbe potuto evitare una tale
aberra- zione, cui ha corrisposto la ra- vina della teoria e
dell'organiz- zazione comunista. Ed allora si sarebbero chiamate
col loro no-
Questo errore consiste nel ne- me di capitalisme privato e di
gare in modo assoluto ed antisto. Stato certe forme russe, e si sa-
rico che la borghesia possa in rebbero chiarnati esattamente so-
date parti del mondo avere tut- cialisti i primi settori di
gestione tora una funzione rivoluzionaria, sociale senza merce,
valore e e che questa rivoluzione di clas- scambio, che in un paese
corne la se possa essere una tappa neces-1 Germania o l'Inghilterra
per es- saria verso il socialismo proleta. sere attuati chiedono
solo condi- rio. Non è affatto una questione zioni di forza
politica ma non di apprezzamento delle situazio. più di struttura
economica, an- ni, ma una questione di principio. che nell'ipotesi
astratta che nel La dottrina marxista del determi. girone della
rivoluzione fossero nismo economico si applica a pochi paesi e
anche uno solo, ma tutte le classi sociali nella loro tutto a
struttura industriale, e successione che ha un tempo di- sempre nel
fuoco della lotta del- verso nei vari continenti e pres- la
rivoluzione internazionale, so i vari popoli. Negare questo
dell'aperto intervento nella lotta non sarebbe internazionalismo di
classe armata degli altri pae- conseguente ma incomprensione si,
fuori da pace, emulazione e della dialettica storica. Marx, al
coesistenza che sia, che le prime suo tempo, oltre a chiarire in
te- lacerazioni del connettivo mer- sti indiscutibili che vere
lotte di cantile mondiale renderanno da classe si sviluppavano in
tutti i altra parte impossibili. paesi di colore contra le forme La
bestemmia stalinista è dun- precapitaliste, e che il proleta. que
che in Russia si sia attuato riato bianco doveva appoggiarle il
socialismo economico e che, e utilizzarle, attendeva ancora
isolandosi dai paesi c~pitalisti corne punto di appoggio della le-
sviluppati, ossia dai loro partiti va rivoluzionaria le lotte della
proletari rivoluzionari, si potes- borghesia indipendentista e li-
se nella sola Russia feudale fare berale nell'Europa centrale, a
cui altro che passare dalla struttura il 1848 non aveva dato
conclu- feudale a quella capitalista. sione storica; e ciè non era
in nessun contrasto col fatto e la dottrina della lotta di classe
del proletariato contro la borghesia industriale, e del carattere
inter- nazionale di tale lotta anche co- rne organizzazione in
partito. Ta- le fase, e per tale area, si chiuse con la Comune di
Parigi; ma per la Russia era ancora aperta al 1917, mentre per
l'Asia e per i po- poli di colore è aperta ancora oggi. Non si
tratta della sola fun-
zione storica rivoluzionaria della borghesia, ma anche di quella
che hanno le classi da essa ri- morchiate, e soltanto corne sue
caudatarie, non in forza autono- ma, N ella rivoluzione liberale
nazionale lottano con la borghe- sia contre l'antico regime conta-
dini nelle campagne e soprattut-
PRIMA SEDUTA
La questione nazionale e coloniale
L'argomento fu trattato nella recente riunione di Firenze del 26
e 27 gennaio 1958 e su queste colonne ne è stato dato un reso-
conto sufficientemente sviluppato nei numeri 3, 4, 5 e 6 del 1958.
Il relatore avverti che non è
da attendersi un resoconto più dettagliato, sia in quanto quelle
suddetto era tutt'altro che som- mario, sia perchè questo esiste ed
ha la forma, tuttora in svi- luppo, della nutrita serie di arti-
coli che un compagno regolare collaboratore del giornale svolge da
anni e che tutto il partito se- gue con intéresse vivo. Il detto
compagno è stato incaricato di redigere un elenco cronologico degli
articoli in ordine di pub- blicazione. A quest'indice, già pronto,
ne segue altro per mate- rie diviso geograficamente secon- do i
vari paesi d'oltremare e dei popoli non bianchi in genere, e ne
deve seguire altro storico se- conda la successione degli avve-
nimenti in quei paesi e tra quei popoli, nelle lotte sociali
interne e nella resistenza aile aggressio- ni dei capitalisti
bianchi. Furono brevemente richiamate
le posizioni teoriche della que- stione poste a Firenze con
larga utilizzazione dei testi classici del marxismo, e si ribadi la
neces- sità dello sviluppo di questa irn- postazione di base del
nostro par- tita, in quanto gruppi che si di- cono affinj fanno in
materia pau- rose confusioni e forse anche ta- luni compagni hanno
bisogno di
I testi della sinistra
Sono uscite, in bella edizione al ciclostile: - Partito e Classe
- Il principio
democratico (1922), L. 200. - Il Tracciato d'lmpostazione
(1946), L. 200. _ Il rovesciamento della prassi
- Partito rivoluzionario e azio- ne economica (1951), L.
100.
Richiedeteli versando l'importo poù le spese di spedizione sui
conto corrente postale 3/4440 in- testato a « Il Programma Comu-
nista », Casella 692 - Milano.
liberarsi da contraddizioni sul- l'argomento, utilizzando
I'ampio materiale che viene came si è detto posto a loro
disposizione.
L' arrara di principio
Orienta contamporanao Saltando ad oggi, nei paesi di
Asia e di Oriente e d'Africa, al- l'urgere di una rivoluzione
anti- feudale e del suo ciclo popolare, circa il compito della
classe bor- ghese e di quella proletaria ap- pena apparsa, si
aggiunge il pro- blema delle lotte che esplodono contro gli
imperialismi bianchi che vogliono importare di pari passa la
struttura industriale e il dominio politico coloniale delle
metropoli. A più forte ragione che nell'Europa del secolo XIX la
lotta non si puô porre che corne diretta contra il feudali- smo
dispotico interna tradizio- nale e contra Io straniero bianco, ed è
inevitabile che questa sua polarità di classe percorra la via,
che le vicende d'Europa (Ameri- che, Australia, ecc.) non solo
non hanno scorciata, ma non l'avreb- bero del tutto sottesa anche
se il proletariato in alcune metro- poli a vesse vinto ( e invece
giace imbelle, dopo I'ipnotica politica russa); via che con forme
corn- plesse va dalla rivoluzione popo- lare, e nazionale, alla
rivoluzione proletaria e di classe. N ella riunione di Firenze
fu
chiaramente mostrata la cecità di quelli che facendo, giusta la
scempia frase borghese, un giro d'orizzonte, non sanno spiegare il
dinamismo che si manifesta tra i popoli di colore, contrapposto
alla remissività di classe del pro- letariato nei paesi di razza
bian- ca, che traversa ancora una lunga fase di nuntura atroce
della mo- sca tsè-tsè dell'opportunismo più infame, e la traversa
dove Mosca arriva e dove Mosca non arriva a trapiantare la
maledetta infe- zione. Come spiegare questo da materialisti storici
se non am- mettendo, sia pure a vergogna dei nostri partiti operai
fin dal primo dopoguerra, che la poten- zialità rivoluzionaria è in
atto nelle classi presenti in Oriente, borghesia, piccola borghesia
e appena sorto proletariato, e man- ca corne urto della classe
operaia industriale contro il capitalismo metropolitano? Pressa noi
il pro- letariato è fermo, distolto dalla rivoluzione e dalla sola
via del- l'internazionalismo storico: qua- le rimedio negare - non
diremo certo tentare di fermare - l'ir- rompere delle masse di
colore, sotto il pretesto scolastico e fili- steo che dovrebbero
partire solo in forme di classe anticapitalisti- che, e senza
ondate dell'esigenza popolare e nazionale? Questa li è al suo posto
ed è rîvoluziona- ria; mentre qui ce la sorbiamo per effetto del
tradimento russo proprio nell'area e nel ciclo sto- rico dove è
possibile superarla, e rivendicare la dittatura integra- le del
proletariato solo. L'errore di questi deplorevoli
imparaticci con i quali dobbiamo rompere per sempre ha nello
stesso tempo odore di razzismo, di stalinismo, e di basso trotz-
kismo. Esso equivale a collocare la serie storica dei modi di pro-
duzione solo pressa un popolo eletto, l'europeo bianco, che ar-
riva al socialismo infischiandosi del resto del monda, che dovreb-
be noi, se ci è dato capirci qual- cosa, esservi iniettato con un
im- perialismo socialista. Inoltre ri- duce la involuzione russa
non a cause di struttura sociale ma pue- rilmente a sbagli di
manovra po- litica e statale, costruzione del tutto
antideterminista. E volendo dappertutto vedere solo due classi in
antagonismo frontale, spazzando via il campo da ogni altra, vede in
Russia per forza una neoclasse e una neoforma di
Sviluppo del lavoro sull' Orienta Il compagno autore della
serie
di articoli sull'argomento nazie- nale e coloniale ne espose
l'indi- ce dei titoli e su ciascuno si sof- fermà dando concise ma
chiare spiegazioni del contenuto descrit- tivo e critico di ciascun
studio, e traendo dai vari esempi storici e locali addotti in gran
copia per Cina, Giappone, Indocina, Indonesia, India, Paesi Arabi,
Egitto, Africa del Nord, Sud Africa e cosi via, calzanti prove
della nostra impostazione teorica di tutto l'argomento. Non
mancarono i riferimenti
alla questions della Tunisia e dell'Algeria che ha travolta la
metropoli francese in una gravis- sima crisi. La struttura della
so, cietà algerina e la sua storia sa- ranno oggetto di adatte
esposi- zioni nei futuri studi, in cui si potrà seriamente trattare
i fat- tori economici e di classe a fron- te di quelli (non meno
reali in una società a quello stadio di sviluppo) di razza e di
nazione. Il recente movimento algermo che si pone apertamente
contro quelle di liberazione della parte sfruttata del popolo di
colore, gli infelici fellaghas, vede fianco a fianco coloni di
origine francese che nelle pingui terre e nelle moderne città della
costa godono di un'attiva economia di sfrutta- mento, e possidenti
Îndigeni mu- sulmani che egualmente sono possessori di ricchezza
fondiaria e capitalista, associati nello sfruttamento della
maggioranza della popolazione di colore, ed anche in gran parte
bianca. La ribellione di Algeri non è che un diversivo borghese
alla rivolu- zione indipendentista, e lavera per la solidarietà
nazionale fran- cese di tutti gli sfruttatori me- tropolitani e
coloniali, svergo- gnando soprattutto il degenere partito comunista
francese, che dopo tanto parlare di democra- zia interna ed esterna
non mo- stra che vile impotenza a difen- dere questa perfino (per
mise- rabili che siano le sue orge par- lamentari) in casa e fuori,
e sal- vo ordini di domani da Mosca di fare a De Gaulle lo stesso
osse- quio che venne ordinato per Hi- tler nel 1939. La serie dei
nostri studi sulla
situazione dei popoli · extraeuro- pei, oggi ovunque in febbrile
mo- vimento, è uno dei compiti prin- cipali della nostra attività e
ver- rà seguita col massimo interesse da tutti i compagni.
Promettiamo prossima la pub-
blicazione dei vari indici-guida di cui abbiamo parlato.
TERZA SEDUTA
Corso economico e recessione neoli Stati Uniti ~i America
Nella Iunga seduta del lunedi 2 giugno, collegandosi alla rru-
nione di Piombino, furono ripre- sentati ai convenuti anche i gra-
fici usati nelle precedenti occa- sioni, e fino da Ravenna, rapida-
mente ripetendo il senso della ricerca condotta con il loro sus-
sidio. Il nostro lavoro sul capitalismo
di Occidente prese le mosse da quello sulla struttura economica
e sociale della Russia di oggi, ed anzi dalla pubblicazione del «
Dialogato coi Morti » fatta dal nostro partita dopo il XX Con-
gresso del partita comunista rus- so. Il centro della discussione è
la radicale negazione che il ra- pido ritmo di incremento della
produzione industriale russa pos- sa essere assunto a prova del
carattere differenziale di una e- conomia socialista in rispetto a
quelle capitaliste. Anzitutto la
follia produttiva non è una ca- ratteristica del socialismo, ma
proprio del capitalismo. In se- conda luogo gli stessi ritmi pre-
sentati dalla Russia si ravvisano nelle economie capitalistiche
sto- riche, in una di queste condizio- ni: 1. Che si tratti di
capitalismo nella fase iniziale di origine. 2. Che tra questi
capitalismi si tratti di quelli nazionali venuti storicamente per
ultimi, quando la tecnologia industriale aveva nei paesi di prima
apparizione avuto rilevanti progressi, a di- sposizione del « nuovo
arrivato ». 3. Che si tratti del ciclo di ri- presa dopo una
potente depres- sione o crisi. 4. Che si tratti di un paese
sconfitto in guerra o anche profondamente invaso, che procedà dopo
la guerra alla sua ricostruzione produttiva. Con tali criteri
abbiamo pre-
( contf11uii in 4.a· pag.)
-
IL PROGRAMMA COMUNISTA
Sfregio e bestemmia dei principii comunisti nella rivelatrice
diatriba tra i partiti dei rinnegati
(continuaz. dalla s,« pag.) 1 za alcuna or iginal ità nelle con-
sentato, corne è noto anche ai clusioni, nulla avendo saputo
lettori del giornale dal resoconto trovare oltre I'esempio noto del
dettagliato in corso, l'andamento dopoguerra ultimo in GermanÎ'.l
degli indici di produzione indu- e Giappone, e non avendo enun-
striale per sette paesi: Inghil- c~ata_ l'influei:i-za ~ell'età dei
ca- terra, Francia, Stati Uniti, Ger- pitalismi nazionali. mania,
Italia, Giappone Russia. I borghesi occidentali si sen- Abbiamo
mostrato che ie « velo- tono battuti corne industriali se cità »
russe di incremento annue 11a produzione russa avanza più sono
state nel passato note anche della Ioro, attuale soprattutto. agli
altri paesi, e nel secolo I A noi non interessa chi dei due scorso
al giovane capitalismo I sia più rabbiosamente capitali. americano,
e che inoltre nella ri- sta, ma solo la prova che nes- costruzione
dopo la seconda guer suno c_lei due contendenti, nem- ra due naesi
Germania e Giao- meno 11 russo, ha stirnmate di so- pone, hanno'
nettamente sopra- cialismo. vanzato la Russia. Sui diagrammi che
raffigurano
la storia della produzione indu- striale in questi paesi abbiamo
per tutti verificata la nostra nor- ma dell'incremento decrescente.
Al diagramma accidentato con tutte le salite e discese degli in-
dici annui sostituiamo la spezza- ta che unisce tutti i vertici di
massimo, ossia gli indici di que- gli anni che sono preceduti e se-
guiti subito da indici più bassi, scegliendo il primo massimo se-
guente in modo che non sia mai inferiore al precedente. Questa
nuova linea che evidentemente astrae dalle oscillazioni contin-
genti e secondarie divide tutto il tempo studiato in periodi di al
cuni anni che chiamiamo « pe- riodi tra i massimi "· Di ognuno di
questi periodi è facile deter- minare l'incremento totale e I'in-
cremento annuo medio (costan- te) che vi corrisponde, con cal-
coletto più volte spiegato. Già in questa nuova serie periodica si
vede che in generale il ritmo an- nuo diminuisce storicamente.
Scegliendo a gruppi questi pe- riodi in modo da avere lunghi
periodi la norma si verifica più chiaramente,- e infine passando a
lunghi cicli, che sono gli stessi o quasi per tutti i paesi, si
vede che la serie dei ritmi annui pre- senta sempre una progressiva
di- minuzione. Nei citati orimi numeri del
resoconto sommario il lettore puè vedere un tale metodo
applicato, e sempre confermato, a Inghil- terra, Stati Uniti,
Germania, Francia e poi Russia - con ai- tre applicazioni alla
produzione mondiale, al commercio mondia- le, alla produzione
dell'acciaio nel mondo, in America, Russia, Italia, ecc. Altri
gruppi anche esteri ci hanno inviato felici ela- borazioni con lo
stesso costante risultato per indici dei loro paesi. Avendo inoltre
affermato che
storicamente la Russia ci fa assi- stere al nascere di due
diverse economie capitalistiche industria- li, la prima sotto lo
zar fino al 1914, e la seconda da quasi zero del 1926 (dopo due
rivoluzioni, la guerra internazionale e le guerre civili), è
rimasta distrutta la leggenda che la progressione russa era un
fatto sconosciuto alla storia del capitalismo.
( Menzo1na nella cil re russe ? Per evidenti ragioni di
polemi-
ca vivente abbiamo dall'inizio lavorato su cifre ufficiali
russe, e non solo per la Russia stessa ma anche per gli altri
paesi, at- tingendo ai quinquennali discorsi di Stalin, Malenkov,
Krusciov. Alla riunione fu di passaggio ac- cennato ad una critica
dell'auten- ticità dei dati russi che si trova in un opuscolo edito
dalla Man- chester Statistical Society, Una ricerca piuttosto
pedante ricava una relazione matematica, dedot- ta dalle
statistiche dei paesi oc- cidentali, tra l'indice fisico della
produzione industriale e gli in- dici di alcune merci base: accia-
io combustibili, energia elettri- c;. La funzione ricavata si ap-
plica poi ai dati russi in quanto si posseggono quelli dei prodotti
singoli indicati, ricalcolando con la formula trovata l'indice
indu- striale generale. La conclusione di questa ricerca è che
l'indice del 1955, quando sia 100 quelle del 1928, si presume sceso
da quello ufficiale che è 2065 a solo 1210, ossia del 41,5 per
cento. Ta- le fortissimo scarto è tuttavia minore di quello trovato
da altri ricercatori occidentali, che si fermano ad anni anteriori.
Nella nostra tabella russa data
nel n. 18 del 1957, cui corrispon- de il grafico esibito,
l'indice 4210 del 1956 (relativo a 1913 = 100) dovrebbe essere
ridotto a soli 2460, con grave riduzione di tut- ti i ritmi
incrementali dati nella tabella. Ma noi non terremo con- to di'
queste conclusioni degli economisti inglesi, in quanto la nostra
tesi non ne ha bisogno Essi hanno cercato nel loro la- voro
confronti con periodi vari di paesi industriali vari, ma sen-
l'aconomia americana Di questa già da vario tempo
si occupa il nostro resoconto det- tagliato riordinando ed
aggior- nando i molti dati forniti fin dal- le riunioni di Cosenza,
Ravenna e Piombino, che si sono svolte nel ciclo in cui tutto
procedeva ver- so il vantatissimo « boom " (Ieg- gi: bum ! ) . N el
giornale tuttavia abbiamo preso a discutere del ripiegamento degli
indici che 3i è iniziato nell'autunno 1957, e della questione,
dibattuta su tut- ta la stampa mondiale, se possa trattarsi di una
crisi analoga a quella colossale del 1929-32, o non oiuttosto di
una minore « re- cessione "• che al più abbia con- fronto in quelle
recenti degli an- ni 1944, 1949, 1954; fasi tutte sempre illustrate
nelle nostre esposizioni. Abbiamo, in preparazione di
questa riunione, e pure essendoci venuto meno per cause di forza
maggiore l'aiuto dei più efficaci compagni, svolto un grande la-
voro di raccolta dei dati dell'eco- nomia americana. Per lo più nel
giornale (a parte il grande pro- spetto della produzione indu-
striale che partiva dal 1827) ci siamo riferiti al oeriodo dal 1929
in poi, ma ai fini del confronto oggi discusso era necessario ave-
re l'andamento che precedette il massimo, raggiunto proprio nel
1929, cui segui il precipizio. Ri- correndo quindi a pubblicazioni
di statistica storica abbiamo cer- cato di andare coi dati il più
Ion- tano che fosse possibile. Le fonti principali sono state, tra
molte altre di confronto, tre. Per gli anni e mesi recenti la
rivista in- glese Economist. Per il periodo più moderno, « The
Economie Almanac 1956 " del « Conferencc Board» edito dalla Th. Y.
Crowell Company a New York. Infine, per gli anni precedenti, la
pub- blicazione statale « Historical Statistics of the United
States 1789-1845 >> supplemento del pe- riodico Statistical
Abstract del Bureau of Census.
Con tali materiali furono for- mati due grandi prospetti e due
grandi grafici a colori. Uno di entrambi gli elaborati procede anno
per anno, e inizialmente de- cennio per decennio, e si estende dal
1790 al 1956. L'altro di cia- scuno di essi presenta i dati men-
sili dal gennaio 1956 agll ultimi disponibili (marzo 1958) e si ri-
collega ai dati dei quattro anni 1954, 1955, 1956 e 1957. Fu data
all'uditorio la dimo-
strazione di tutte le colonne ver- ticali di dati e in modo
parti- colare di quelle che figuravano anche in forma grafica con
linee di determinato colore, dando la precedenza al prospetto
storico rispetto a quello dei dati men- sili recenti, che
consentiva me- glio di poggiare le previsioni per l'immediato
avvenire. Grafica- mente questa seconda tavola, per i minori scarti
in sopra e in sot- to, risultava di facile lettura in quanto le
varie spezzate non si sovrapponevano ed incrociavano, mentre nella
tavola dei dati an- nui dal sec. XVIII la lettura, al- meno a
partire dall'anno 1913, di- veniva labor_iosa per le fortissi- me
oscillazioni dei vari diagram-
Perchà la nostra stampa viva GENOVA: Giovanin della pippa
200, N.N. 300, Giovanin della prppa 100. Iaris 100, Arenvi-no a
mezzo Lo- riga salutando Amadeo 500, Arenza- no, un col. in
pensione trovando nella nostra stampa chiarezza e one- stà 500,
Bruno 100, Guido 100, Giu- lio 100, Ferrero 100, Renzo 100, Bep-
pino 100; BOLOGNA: Cesare 500; VARESE: Grisa 3000, Gaetano e Pi __
na 3000; MILANO: Mariotto 500, Acqua Marcia 80, Robe 100, Giu-
seppe B. 50; FIRENZE: sottoscri- zione fra tranvieri: uno che legge
500, Camilli Antonio 100, Romolo 500, Elia 100, Viva Lenin 100, tr
an- viere rossa 100, contra tricolore 100: PUGLIA: Salvatore 1000;
RO- MA: Alfonso 5000. TOTALE: 17.030; TOTALE PRE-
CEDENTE: 554.495; TOTALE GE- NERALE: 571.525.
mi, che per tutti gli indici in ge- nerale si addensavano
intorno ai periodi della prima e seconda c·f · . guerra mondiale e
a quello in- . 1 re e curve d1mostr~no 11 con- terrnedio del la
grande crisi del- !~~,~~~~es~:r:r~e! prezzi, e Il con-
l'interguerra. Tale complicazione "' e c del valore real_,, si
estende anche al periodo at- del dollaro, erroneamente consr- tuale
successive alla seconda derato dal ~rosso pubbl ico corne
_ . . moneta stabi le e di panta aured. guerra mondiale,
mteressato dal- Tr -1 1~9(l ·1 19-,- · · le ben note crisi minori.
a 1 ,1 e 1 · ;J 1 1 prezzi ge_ne- Gli astanti seguirono con mol-
rab all mgr osso s~mo tnp~1cat1, ~'
to impegno la dimostrazione per quelh agr icol i PIU che tr
iphcati, le varie grandezze economiche I co_n fedele conferma della
care- ind icate da un compagno sull~ stia_ ahmentare nell~
produz10~e tabella numerica e da un altro capitahst1~a. I p~ezz1 al
dettaglw, lungo la relativa spezzata del posto 100 11 loro md1c_e
al 191~, so- quadro grafico a colori ~? o_gg1 per tutti gh.
articoli al:
· l indice 268; per quelh alimentari a 282. Si era segnata la
linea di variazione del potere di acquisto del dollaro, dedotto dai
prezzi al
Le prime verticali a sinistra dettaglio generali (vi sono altri
della grande tabella annuale ri- modi di dedurlo tenuto conto an-
guardano il territorio e la popo- che dei prezzi di produzione o
al- lazione. Vi sono i dati della den- l'ingrosso), ponendo anche
per sità in abitanti per chilometro questa grandezza al 1913
l'indice quadrato, della popolazione ur- 100. Il primo dato a
disposizione bana e di quella rurale, e della è quello del 182'0:
154, ossia un parte di questa che abita le molto maggior valore del
1913 farms, fattorie agricole isolate da per il dollaro. Ma il
massimo vie- abitati. Una colonna molto im- ne dopo: 184 al 1830 e
1850. Nel portante riflette il volume della 1870 si è discesi a
llO, e dopo immigrazione da tutti i paesi del lievi aumenti nel
1880 si arriva mondo. Le cifre ed i vari dia- a 100 del 1913. Da
allora la per- grammi fanno assistere alla dap- dita di valore del
dollaro è senza prima !enta, e poi travolgente soste notevoli. La
prima guerra popolazione dell'immenso terri- lo dimezza: nel 1920 è
51,1. Ne! torio tra i due Oceani, Basterà 1929 si è faticosamente r
iporta- qui dire che la popolazione (a to a 60,0, ma con la crisi
degli parte colonie oltremare) va dai anni seguenti si ha un
fenome- meno di 4 milioni del 1730 ai no interessante. Si tratta di
una 173,4 del marzo ultimo. La den- violenta crisi di
sovraproduzio- sità cresce anche di molto ma, ne, e quindi di bassi
prezzi: quel- corne già detto nel resoconto, le lo che per la
società e l'umanità sue ultime quote, se sono compa- che lavora
sarebbe una fortuna rabili bene a quelle russe, sono è per il
mostro capitalista pato- bassissime rispetto a quelle euro- logia e
morte. Tutto, giusta gli pee. Oggi i destini del mondo . altri
indici che i prospetti pre- sembrano essere in mano non più
senteranno, va in rovina, ma il dei popoli più addensati (lnghil-
potere del dollaro sale. Negli terra, Germania ... ) ma di quelli
anni dal 1929 si ha questa serie: meno addensati corne America e
60,6, 62,7, 69,8, 88,2. La corri- Russia, salvo l'avanzata della
spondente discesa dei prezzi, se densa Cina. La densità media
prendiamo quelli agrari allin- partita da cifre minime è giunta
grosso, è ancora più marcata: oggi a non più di 22 abitanti per
141, ll8, 90, 74, ossia 26 punti chilometro quadro. sotto il 100
del sereno 1913! Un diagramma interessantissi- Ma venendo la
secon~a guerra
mo è quello dell'aliquota di po- la caduta del d9lla_~o nprende
E: polazione agricola sulla totale. nulla _ la fermera piu: da
allora 1 Essa era del 95 per cento nel 1790, prezzi sa~gono tutti.
e sempre, ma è sempre discesa, ed oggi è Nel 1939_ Il potere di
acquisto si appena del 36 per cento, in quan-1 era_ stabilizzato su
72,_4,. dopo la to il 64 per cento, al posto del salita _d~lla
grande crrsi, ma nel minimo 5 oer cento di allora vi- 1944 si e
caduti a 56,7. E da al- ve nelle êittà di oltre dieci.:nila lora la
discesa è continua, senza abitanti, dando eloquente misu- riprese;
nel,.1957 il potere di a_c,- ra del nauroso inurbamento che quisto
e all indice 37,2: poco piu ha presto raggiunto e lasciato in- di
un terzo. del 19.13,_ poco. !?iù' di dietro ogni fenomeno del mondo
urt s~sto dei massrrm storici 1830 antico e 18:JO.
· Se per questo dato si passa al prospetto dei dati mensili
recen- ti, si vedrà che la crisi che si delinea non è certo di
bassi prez- zi, e differisce per questo radi- calmente da quella
del 1929. In- fatti il potere di acquisto del dollaro dal 1954 al
1957 ha segna- to 39,0, 39,1, 38,5, 37,2 e nel mar- zo 1958 è
ancora in discesa: 36,3. Come abbiamo già mostrato nel resoconto
manca ogni parallelo con gli effetti della supercrisi 1929.
1 gruppi di grandezze
Una orima curva che interessa seguire • storicamente dato che
ri- sente di tutte le grandi vicende mondiali in modo evidente, è
quella del numero annuo di im- migrati da tutte le origini. Nel
1820 furono solo 8000, e crebbero rapidamente fino a 370.000 nel
1850. Decrebbero per effetto della crisi nella guerra di
secessione, ma nel 1870 erano 387.000, e alla fine del secolo circa
450.000 all'an- no. N el decennio di pace dal 1900 al 1910 il
flusso dall'Europa in America fu enorme, toccando un massimo nel
1907, con 1.287.000 unità, Nel 1914 la cifra era ancora al-
ta, di 1.200.000, ma dal 1915 preci- pita fino al 1918, anno di
fine del- la prima guerra mondiale, con soli lll.000. La nace dà
una vio- lenta ;ripresa, fino a 805.000 nel 1921, ma in quest'anno
scoppiè quella violenta crisi capitalistica, che fece sperare nella
rivoluzione in Europa: nel 1922 gli immigrati furono solo 201.000,
per risalire nel 1924 a circa 700.000. Da quel- l'anno al 1929
l'economia amer ica- na è prospera, ma anche in Euro- pa il
capitalisme si riprende. Tan- to il governo americano che alcu- ni
governi europei (specie quello italiano che dal 1922 strozza la
poderosa emigrazione) fanno una politica di contenimento del flus-
so migratorio, e nel 1929 si scende a 280.000 immigrati negli USA.
Nel 1930 sono ancora 242.000, ma la tremenda crisi determinerà il
blocco totale o quasi. La cifra scende fino al 1936- in cui si è
ap- pena sui 35.000 individui entrati. Durante la seconda guerra si
o- scilla intorno a tale ordine di grandezza, col minimo di 24.000
nel 1943. Finita la guerra si am- metteranno in rate minime gli
immigrati, e il massimo si ha con 266.000 unità nel 1952, e
successi- va diminuzione. Le due grandi guerre in cui I'America ha
fatto affari enormi sulle sventure di Europa hanno storicamente
posto fine alla possibilità di riversare oltre Oceano una
sovrapopolazio- ne del vecchio continente, salvo che per
trascurabili stentate quo- te, di anno in anno ammesse. Ed è questa
una delle condizioni per la strombazzata prosperità.
Prezzi e moneta poi distingucre tra operai qua- lificati
(skilled) e no. Non si ha che un dato generale, che si i'! ridotto
dalla misura in moneta generale a quella in moneta reale. Il
salario in dollari del tempo
sembra favolosamente salito: da l,70 dollari per settimana del
18GO a 11.01 del 1914, a 82,39 del 1957. Su tanto si basa tutta la
retorica sulla prnsper ità crescente e la spar iziono di differenze
di clas- se in America. Ma basterà pas- sare ai salari reali oer
vedere una scena cambiata: 7)0 nel 1860, 10,90 nel 1914, 30,60 nel
1957. PiLI significativo sarebbe stato il con- fronto se invece
dell'indice dei prezzi generrci si fosse usato quello alimentare:
ma ci si sa- rebbe risposto che il cibo è la minore spesa del
lavoratore ame- ricano, che si vale soprattutto di « beni durevoli
» di consumo! La vicenda recente del salario
reale con i dollari del 1955 è sta- ta nei quattro ultimi anni
71,65, 76,.53, 78,60, 78,50. La discesa si è accentuata nei nrimi
mesi del 1958: 76,15, 75,50, 74,80.
Da ricordare che negli anni di grande crisi tra 1928 e 1933 il
salario reale medio si tenne fer- mo sui 15 dollari, mentre se si
avesse quello dei lavoratori ma- nuali e lo si riducesse al solo
cibo, si avrebbe certamente una ascesa. La crisi di allora era di
disoccupazione e di bassi prezzi; la grande crisi che verrà tra al-
cuni anni avrà le maledizioni della sovraoroduzione folle e della
minaccia di guerra: disoc- cupazione e spietato rialzo dei prezzi.
Oggi si scherza ancora, ma già le teorie del pieno impie- go e del
benessere tremano sulle fondamenta.
La produzione industriale Rinviamo i diligenti lettori a
cercare altrove il commento sto- rico al variare degli indici
della produzione totale, il cui senso generale è che dilaga euforia
in America quando dilaga morte in Europa, salvo che nella giusta
paurosa affondata della grande crisi di interguerra, il moto della
cui curva non si era ancora vi- sto nel 1921 e non si è ancora ri-
visto nel 1943, nel 1949, 1954, e tanto meno in questo 1958. Daremo
solo i risultati degli
ultimi mesi ed anni. Dal 1954: 125, 139, 143, 143, Nei primi del
1958: 133, 130, 128. L'origine è 100 per 1947-49. Il movimento
1929-33 fu inve-
ce: 59, 49, 40, 31. Caduta del 47 per cento, e del 17 oer cento
nel primo anno, contro 'u 7 od 8 per cento calcolabile oggi (vedi
nei numeri precedenti). Tra i maggiori dati portati al-
la riunione vi è stato l'indice dei beni durevoli e non
durevoli, la produzione di acciaio e quella delle costruzioni
edilizie, cui da- remo un momento di attenzione. Nel 1915 si
costrul per soli 3
miliardi di dollari. Dopo gli af- fari di guerra gli americani
co- struirono case per 12 miliardi nel 1926 e 1927. La cifra scese
a
I prospetti hanno recato le ci- tre miliardi di nuovo nella
gran- fre della forza lavoro, della oc- de crisi ooi risali fino a
14 nel cupazione, della percentuale di 1942 ridiscendendo a 5 circa
nel disoccupati, del salario medio 1944' e 1945. Da allora cresce
sem- settimanale in dçllar i correnti e pre, fino al massimo ~i
47,3 d~l in dollari costanti (valore rea- 1957. Vero destnero di
battagha le). La curva della disoccupazio- della teoria del
benessere! Gli ul. ne nel 1929 ebbe una salita pau- timi dati sono:
dal 1954: 37,8, 43,0 rosa, mentre oggi presenta an- 44,2, ~7,5 ..
Nei primi ~es~ 1958; che un aumento, ma di gran portati aa anno:
miliarn] 48,4, lunga meno marcato (vedi nu- 48,3,. 4.8,_l. No11:
cede la follia del meri ultimi di Programma). Va dornicilto famil
iare, dell'home a- tuttavia notato che le percen- - mericano, del
colcosianismo civi- tuali di disoccupati degli ultimi le in
emulazione di quello per mesi, che sono ufficial~ente. d~ or~ e
frse sempre solo r~rale gennaio_ 5,8, 6,7 e 7,0. m v1r~u dei ru~s1!
'I'elevisora, frigorifero' dell'aggiustamento st~gwnale, m
lavatrice e automobile contr ' effetti dal calcolo d1r1;tto. son?
vacca, m_aiale, galline ~ coniglf 6,7, 7,7 e 7,7 .. Do~o la
nu:~none. f, Idolatria, nell'uno e nell'altr; stato annunciato ~l
dato d1 _apnl_e ca_so, della proprietà della fami- che sarebbe
n:11ghorato a c1r~a 11 gha e dello Stato! Manut n 1 5 per cento,
c1fra paragonab1le a l'ultime di tutti 1· ·te 1~
0 ~
d 1 1. · · d 1 1954 · « cap1 a 1sm1 quella e la 1eve cns1 e · d1
popolo » da entràmb 1 Nella grande crisi 1929 si ebbero de
vantati.' e e spon- perèentuali dell'ordine 18,9, 23,7, 24,7 e si
scese piano piano nel 1941 a 10,6. Sono le bestiali guer- re in
Europa, che hanno portata a zero la disoccupazione degli operai
americani. N el 1944 si è toccato il minimo di 1,2 per cen- to.
Nella prima guerra si era, per una specie di paradosso sta- tistico
nel calcolo della forza la- voro totale e civile, a una cifra
negativa! Nella crisi del 1921 si tocco ancora la rata di ll,2 per
cento. Le cifre odierne non sono dunque all'altezza nè della gran-
de crisi interguerra, nè di quella 1921 o della situazione 1941 di
vigilia di guerra. Per quanto riguarda poi la
quota del salario va notato che nelle statistiche americane è
as- sai difficile smistare prima di tutto tra salari operai (wages)
e stipendi di impiegati (salary), e
Occupazione e salari
(Il resoconto della II seduta ai prossimo numero).
E' in vendita a L. 350
Abc del comunismo
di Bucharin • Preobraqenski
Uapitalisti intelligenti iserivetevi al P. U. I.
(continuaz. dalla 2.a pag. J nella fabbrica 300.00 yuan, ricePe
ouni anno 15.000 yuan di interessi fiss;, e 200 yuan al mese came
sti- pendio in qualità di direttore », mentre si è sgravata l'anima
del- l'atroce pensiero di sfruttare gli operai. Li Cen-hai ha
insomma do- vuto convincersi che il « sociali- smo » ha battuto il
capitalismo: non era forse avvenuto che « pro- prio in regime
socialista, anche se la fabcrica era ancora capitalistica, la
produttività degli operai au- mento in modo allucinante, e nel
195:i i costi di produzione poteron.:i essere ridotti del 40 per
cento, ne! 1956 del 24 per cento rispetto al 1955, ne! 1957 di un
po' più del 20 per cento rispetto al 1956 »? Con- vintosi.
rieducatosi, Li Cen-hai è passato a quello che l'impagabile « Unità
» chiama socialismo; si è messo a mezzadria con la Stato, il quale
gli paga ogm anno gli inte- ressi fissi più lo stipendio e lo met-
te al sicuro da qualunque preoccu- pazione di rischio «
congiuntura- le ». (Bello no? Sfidiamo qualunque capitalista a non
rieducarsi ! ) . Per- che, dunque, non fate altrettanto voi ( tale
il succo dell 'articolo), in- dus tria li italiani?
Ma l'invito è superfluo: gli indu- striali italiani non hanno
bisogno che gli si insegni il metodo della « mezzadria » con lo
Stato. Lo ap- plicano già nella vita quotidiana: pompano alla
mammelle di Roma nell'atto stesso che versano lacrime di commozione
sull'iniziativa pri- vata. Solo che, i non-ancora-illu- minati, non
capiscono d'essere, co!l cio, diventati... socialisti, e quindi di
non sfruttare più gli operai!
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Responsabile RP.UNO MAFFl
Ind. Grafiche Bernabei e C Via Ort;. Hi _ MHœno
Reg. Trib. l\füano N. 2839