-
1
1. Analisi socio-demografica del centro storico di Cosenza 2 1.1
Il declino demografico del Centro storico 2 1.2. La popolazione
straniera 5 1.3. La struttura della popolazione per sesso e per
stato civile 7 1.4. Un Centro storico più vecchio 9 1.5. Famiglie
sempre meno numerose 14 1.6. La fragilità occupazionale 19 1.7. Lo
svantaggio educativo 24 1. 8. Uno sguardo al patrimonio immobiliare
27
-
2
1. Analisi socio-demografica del centro storico di Cosenza
L’analisi delle caratteristiche socio-demografiche della
popolazione residente nel Centro storico di Cosenza e delle
principali variazioni intervenute è condotta utilizzando i dati
relativi al Censimento della popolazione e delle abitazioni
dell’Istat, l’unica fonte in grado di fornire una conoscenza
esaustiva degli aspetti socio-demografici di una popolazione. I
dati che utilizziamo sono quelli del XII° (1981), del XIII° (1991),
del XIV° (2001) e del XV° (2011) censimento realizzato dall’Istat
nel 2011-
Lo studio è realizzato prendendo in esame i dati disaggregati
per sezione di censimento del comune di Cosenza. Le sezioni
censuarie in cui è suddiviso il territorio comunale costituiscono
il livello territoriale più piccolo sul quale sono disponibili le
informazioni sulla popolazione. Sul territorio urbano le sezioni di
censimento coincidono con gli isolati; sul territorio extraurbano i
confini delle sezioni censuarie, invece, coincidono con i limiti
fisici delle aree. L’aggregazione dei dati relativi alle sezioni di
censimento che compongono il territorio del Centro storico di
Cosenza consente così di conoscere la caratteristiche demografiche
e la composizione sociale della popolazione che risiede nell’area.
L’area del Centro storico di Cosenza, localizzata a sud della
città, comprende la fascia di territorio comunale delimitata nella
parte più alta dal quartiere Portapiana e che si estende a valle,
da un lato, fino al fiume Busento ed agli insediamenti abitativi
adiacenti di Via Rivocati e di piazza della Riforma, dall’altro
fino alla zona ad est del fiume Crati, compresa tra contrada
Gergeri e il borgo di Caricchio.
1.1 Il declino demografico del Centro storico
Fino agli inizi del ‘900 la vita sociale ed economica della
città di Cosenza si svolge all’interno dell’antico
nucleo cittadino situato sulle colline che si ergono attorno il
punto di confluenza del Crati e del Busento, per secoli limite
invalicabile per motivi sanitari e di sicurezza dell’espansione
urbana di Cosenza.
La grande trasformazione urbana della città, avviata già in
periodo fascista, si concretizza negli anni del dopoguerra.
L’esplosione demografica e lo straordinario sviluppo edilizio che
travolge Cosenza determinano un cambiamento radicale del volto
della città. Senza regole ed in assenza di un idoneo strumento
urbanistico Cosenza dilata i suoi confini in direzione Nord, con la
nascita di nuovi quartieri lungo le quattro arterie principali
(Viale del Re, Viale Alimena, Via Roma, Corso Mazzini). In venti
anni, tra il 1951 ed il 1971, la città quasi raddoppia i suoi
abitanti, passando da 57010 a 102806 residenti (si veda grafico
1).
Grafico 1. La popolazione di Cosenza dal dopoguerra ad oggi
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
1951 1961 1971 1981 1991 2001 2011Residenti 57010 78611 102086
106801 86664 72998 69484Variazione % 37,9% 29,9% 4,6% -18,9% -15,8%
-4,8%
-30,0%
-20,0%
-10,0%
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
Residenti Variazione %
-
3
Ad alimentare lo sviluppo urbano della città contribuiscono, da
un lato, il massiccio fenomeno di inurbamento dei paesi circostanti
e dall’intera provincia e la crescente domanda di case da parte dei
ceti più abbienti, dalla borghesia professionale e dai ceti
impiegatizi del Centro Storico che desiderano spostarsi a valle,
dall’altro, il forte interesse speculativo dei proprietari dei
suoli urbani (Costabile, 1996). Alla città vecchia, sempre più
svuotata e abbandonata, non solo da abitanti ma da artigiani,
commercianti, liberi professionisti e da quanti riuscivano a
trovare una nuova sistemazione verso nord, si affianca la città
nuova con le sue strade larghe e diritte, con gli edifici pubblici,
le residenze medioborghesi, i tanti esercizi commerciali, la
banche, le strutture sanitarie, i primi insediamenti popolari
(Cersosimo, 1991).
Alla fase di massima espansione di Cosenza fa seguito, a partire
dagli anni settanta, un brusco arresto del processo di crescita
della città. Tra il 1971 ed il 1981 la popolazione di Cosenza
aumenta del 4,6% (+4715 unità), rispetto ad un incremento
demografico registrato nel periodo intercensuario precedente pari
al + 29,9% (+23475 abitanti). La città inizia a perdere la sua
capacità di attrazione e di assorbimento dalla periferia
provinciale. La scarsità delle aree fabbricabili ed il costo
crescente delle case, unite al caos urbanistico e ai crescenti
disagi della vita in città spingono verso la valorizzazione dei
comuni immediatamente a ridosso del perimetro del capoluogo che
registrano un rapido incremento demografico ed edilizio. Si assiste
così a Cosenza ad un fenomeno di contro-urbanizzazione, cioè un
movimento di abbandono della città che, a partire dagli anni
settanta, interessa tutte le grandi città italiane densamente
abitate (Magnier e Russo, 2002; Cersosimo, 1991). Cosenza,
indiscussa protagonista della vita economica, politica ed
amministrativa rispetto alla provincia e ai paesi vicini nel
ventennio precedente, comincia così a vedere messa in discussione
la sua leadership territoriale anche per l’emergere di nuove elites
politiche all’interno del territorio provinciale (Costabile,
1996).
A partire dagli anni ottanta la stasi demografica evolve in
senso ancor più negativo, verso il regresso urbano. La città,
infatti, per la prima volta comincia a perdere popolazione. Come
evidenzia il grafico 1, tra il 1981 ed il 1991 Cosenza subisce una
drastica contrazione demografica, registrando un decremento del
18,9% dei suoi abitanti (-20137), mentre i comuni dell’hinterland
proseguono nella loro espansione demografica. Lo spopolamento della
città interessa in particolar modo la parte vecchia di Cosenza che,
con lo spostamento del baricentro urbano a Nord verso Rende tende a
divenire sempre più un periferico e degradato quartiere della
città. Dal 1981 al 1991 il Centro storico di Cosenza riduce i suoi
abitanti di un terzo (-32,2%), in misura superiore a quanto accade
alla città intera, passando da 20286 a 13758 abitanti (si veda
grafico 2).
Grafico 2. La popolazione del Centro Storico di Cosenza dal 1981
al 2011
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
A trasferirsi da Cosenza e ad abbandonare il Centro Storico sono
soprattutto gli appartenenti al
ceto medio impiegatizio attratti, probabilmente, dall’ordinato
sviluppo urbanistico e dalla migliore qualità dei servizi che i
comuni confinanti, come Rende e Castrolibero, sono in grado di
offrire. Dall’analisi dei dati relativi alla composizione sociale
della città emerge, infatti, come si riduca
1981 1991 2001 2011Residenti 20286 13758 11660 10028Variazione %
-32,2 -15,2 -14,0
20286
1375811660
10028
-35,0
-30,0
-25,0
-20,0
-15,0
-10,0
-5,0
0,0
0
5000
10000
15000
20000
25000
Residenti Variazione %
-
4
nettamente, tra il 1981 ed il 1991, la fascia occupazionale di
dirigenti ed impiegati, che passa dal 47,3% al 18,7% (si veda
grafico 3). La stessa dinamica interessa il Centro Storico della
città, nel quale la percentuale di residenti in condizione
professionale che appartengono alla classe media impiegatizia
scende dal 27,8 % all’11,7%. Una tendenza opposta caratterizza,
invece, la piccola borghesia urbana (lavoratori autonomi, artigiani
e commercianti), che vede ingrossare le sue fila, crescendo dal
10,4% al 19,1% nell’intera area urbana e dal 13,1% al 24,1% nella
parte antica della città.
Grafico 3. La composizione sociale di Cosenza e del Centro
Storico 1981-1991 - (val.%)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Negli anni novanta, seppure avvenga in misura più contenuta, non
si arresta il calo demografico di Cosenza. La città subisce,
infatti, una contrazione del 15,8% della popolazione che passa, nel
2001, da 86664 a 72998 residenti. Come emerge dal grafico 4,
pressoché simile è il decremento demografico registrato dal Centro
Storico, che perde, il 15,2% dei residenti di dieci anni prima
(-2098 abitanti).
Grafico 4. Decremento demografico di Cosenza e del Centro
Storico a confronto (1981-2011)
2,1 10,1 4,112,513,1
24,1
10,4
19,127,8
11,7 47,3 18,7
56,2 51,6
37,247,6
0,8 2,51,0
2,1
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
1981 1991 1981 1991
Centro storico Cosenza
Imprenditori e liberi professionisti Lavoratori in proprio
Dirigenti ed impiegati
-18,9
-15,8
-4,8
-32,2
-15,2
-14,0
1981-1991 1991-2001 2001-2011
Cosenza
-
5
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat I dati dell’ultimo
Censimento della popolazione e delle abitazioni dell’Istat del 2011
segnalano un netto
rallentamento della decrescita demografica di Cosenza, che perde
il 4,8% di abitanti rispetto al 2001. Il ritmo del calo demografico
del Centro Storico, invece, rimane pressoché costante (-14%),
producendo una nuova rilevante diminuzione di abitanti (-1632)
In trenta anni, dunque, dal 1981 al 2011, la crisi demografica
che interessa la città determina complessivamente la riduzione di
un terzo della popolazione di Cosenza (-35%). Gli effetti dello
spopolamento della città sono, in particolar modo, visibili nel
Centro Storico della città, in cui si verifica il dimezzamento
della popolazione (-50,6%), a testimonianza del fatto di come siano
sempre meno i cosentini che scelgono di vivere nella parte antica
di Cosenza.
La flessione demografica interessa l’intero Centro Storico, dal
momento che movimenti demografici negativi sono presenti in ogni
area della città vecchia. Il decremento demografico più rilevante
interessa la zona via Rivocati, a ridosso del palazzo comunale, in
cui si registra, tra il 1981 ed il 2011, una riduzione del -58,2%
dei residenti. L’area, ad est del fiume Crati, compresa tra
Contrada Gergeri e via Bendicenti subisce, invece, una diminuzione
di abitanti più contenuta (-45,3%), mentre un dimezzamento della
popolazione (-51,3%) interessa il nucleo più antico del Centro
Storico, dominato nella sua parte più alta del castello svevo.
1.2. La popolazione straniera
Il campo di osservazione del censimento della popolazione
straniera considerata residente è costituito dai
cittadini stranieri e dagli apolidi, dimoranti abitualmente in
quanto in possesso di un regolare titolo a soggiornare sul
territorio italiano.
I dati relativi alla presenza di cittadini stranieri residenti
sul territorio cosentino indicano come in venti anni, tra il 1991
ed il 2011, il fenomeno sia cresciuto1. I cittadini stranieri
rilevati nel 1991 costituiscono solo lo 0,1% (90 cittadini
stranieri) della popolazione di Cosenza e lo 0,04% (6 cittadini
stranieri ) degli abitanti del Centro Storico (si veda grafico 5).
L’incremento della loro presenza nel 2011 determina un aumento
della loro incidenza sulla popolazione residente di Cosenza, che
raggiunge il 4,4% (3052 cittadini stranieri) e su quella del Centro
Storico, dove è pari al 4,7% degli abitanti (474 cittadini
stranieri).
Grafico 5. Incidenza % dei cittadini stranieri residenti sulla
popolazione (1991-2011)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat 1 Al censimento del
1981 non sono stati rilevati i cittadini stranieri residenti.
1991 2001 2011
0,10,7
4,4
0,04 0,6
4,7
Cosenza Centro storico
-
6
Dall’analisi de dati relativi alla provenienza geografica (si
veda grafico 6) emerge come attualmente siano presenti nel Centro
Storico soprattutto cittadini stranieri provenienti da altri paesi
europei (quasi 8 su 10). In netto calo, invece, è l’incidenza sulla
popolazione straniera residente di soggetti provenienti da paesi
dell’Africa, che scende dal 33,3% all’8,6% e la percentuale di
stranieri provenienti dal continente americano, che nel 2011
costituiscono il 3,4% (nel 1991 sono la metà degli stranieri
presenti nel Centro Storico).
Dal punto di vista della composizione per sesso i dati censuari
del 2011 rivelano che tra gli stranieri attualmente residenti nel
Centro storico di Cosenza prevalgono le donne (55,3%), mentre dal
punto di vista anagrafico si tratta soprattutto di soggetti
giovani, visto che il 91% della popolazione straniera non ha una
età superiore ai 54 anni (si veda grafico 7).
Grafico 6. Cittadini stranieri residenti nel Centro Storico per
provenienza (val.%)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Grafico 7. Cittadini stranieri residenti nel Centro storico nel
2011 per fascia di età (val.%)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Da Europa Da Africa Da America Da Asia Da Oceania
16,7
33,3
50,0
0,0 0,0
63,5
14,9 14,96,8
0,0
79,1
8,63,4
8,90,0
1991 2001 2011
0-29 anni45%
30-54 anni46%
55 anni e oltre9%
-
7
1.3. La struttura della popolazione per sesso e per stato
civile
Una maggiore presenza femminile caratterizza la struttura per
genere della popolazione residente a
Cosenza e nel Centro Storico della città. Al Censimento del 2011
le donne rappresentano il 53,3% della popolazione cosentina (nel
1981 costituiscono il 52,2%), mentre nel Centro Storico sono pari
al 51,8% degli abitanti (nel 1981 sono il 53,5% del totale). Questa
differenza di genere, dovuta al progressivo invecchiamento della
popolazione ed alla maggiore speranza di vita delle donne,
determina un rapporto di mascolinità (rapporto tra maschi e
femmine, moltiplicato per 100) con valori costantemente inferiore a
100%. Nella città di Cosenza, in cui si assiste negli anni ad un
lento declino del rapporto di mascolinità, si contano, infatti, nel
2001, 87,6 uomini ogni 100 donne (nel 1981 il rapporto è pari a
91,7%). Una tendenza opposta caratterizza il rapporto di
mascolinità del Centro Storico che, invece, è in continua crescita.
Se nel 1981 in questa parte della città risiedono 87 uomini ogni
100 donne, nel 2011 il numero sale a 92,9, determinando un rapporto
di mascolinità nettamente superiore a quello di Cosenza (si veda
grafico 5).
Grafico 5. Rapporto di mascolinità di Cosenza e del Centro
Storico 1981-2011 (val.%)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Il contributo maggiore alla crescita del rapporto di mascolinità
del Centro Storico proviene dalla fascia di popolazione con età
compresa tra 0 e 14 anni, caratterizzata da una più alta presenza
maschile (108,5 maschi ogni 100 femmine). Una situazione opposta
interessa la fascia della popolazione più anziana (65 anni e oltre)
contraddistinta da un rapporto di 66,7 uomini ogni 100 donne (si
veda grafico 6).
91,71 91,58
90,55
87,6687,0
90,1
91,6
92,9
84,00
85,00
86,00
87,00
88,00
89,00
90,00
91,00
92,00
93,00
94,00
1981 1991 2001 2011
Cosenza Centro storico
-
8
Grafico 6. Rapporto di mascolinità del Centro Storico per fascia
di età 1981-2011 (val.%)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
I dati censuari sullo stato civile degli abitanti del Centro
Storico non si differenziano
sostanzialmente da quelli relativi all’intera popolazione della
città (si veda grafico 7 e grafico 8). La percentuale dei coniugati
rimane stabile nel tempo a Cosenza (44,1%) così come nella sua
parte antica (41,4%). Tra il 1981 ed il 2011 diminuisce, invece,
la percentuale dei residenti celibi/nubili del Centro storico, che
da 52,3% diventa 46% e dell’intera città, in cui i mai sposati sono
nel 2011 il 42,7% della popolazione (nel 1981 sono il 49,9%).
Una tendenza opposta caratterizza la categoria dei vedovi e di
coloro che scelgono di interrompere il matrimonio. La percentuale
dei vedovi residenti nel Centro storico passa, infatti dal 5,1% nel
1981 all’8,1% nel 2011; allo stesso modo la loro percentuale sulla
popolazione di Cosenza cresce dal 5,1% al 9%.
Dinamica simile interessa i separati legalmente e i divorziati.
Nel 2011 il 4,5% della popolazione residente nel Centro Storico
(nel 1981 è l’1%) sceglie di interrompere il matrimonio Allo stesso
modo nella città di Cosenza la percentuale complessiva di residenti
separati e divorziati passa dall’0,7% al 4,3%.
Grafico 7. Popolazione del Centro Storico per Stato civile
1981-2011 (val.%)
94,6101,5 97,4
108,5104,497,9 101,9 99,2
73,7
51,358,0
66,7
0,0
20,0
40,0
60,0
80,0
100,0
120,0
1981 1991 2001 2011
0-14 anni 15-64 anni 65 anni e oltre
celibi/nubili coniugati separatilegalmente vedovi divorziati
1981 52,2 41,8 0,7 5,1 0,31991 49,2 42,3 0,8 7,0 0,62001 46,2
44,2 1,3 7,3 1,02011 46,0 41,4 2,4 8,1 2,1
-
9
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Grafico 8. Popolazione di Cosenza per Stato civile 1981-2011
(val.%)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
1.4. Un Centro storico più vecchio
Il decremento demografico che interessa il Centro storico negli
ultimi anni è accompagnato da un graduale processo di
invecchiamento della popolazione residente. L’invecchiamento
demografico rappresenta uno dei più importanti cambiamenti che
tutte le società occidentali si trovano oggi a fronteggiare. Le
cause di questo processo sono sostanzialmente due: la denatalità,
cioè la riduzione della nascite, conseguenza dei cambiamenti
socio-culturali che hanno interessato le nuove generazioni e
l’allungamento della durata della vita, determinato dai
considerevoli progressi medico-scientifici raggiunti e da una
migliore qualità delle condizioni di vita.
Se si osserva la distribuzione della popolazione del Centro
storico di Cosenza nelle tre fasce di età fissate, a livello
convenzionale, per indicare approssimativamente le varie fasi della
vita di un individuo: infanzia (0-14 anni), età adulta (15-64
anni), età anziana (65 anni e oltre), si può rilevare come siano le
classi estreme di età a subire le variazioni più rilevanti.
L’azione congiunta dell’invecchiamento dall’alto (longevità) e
dal basso (per denatalità) determina, infatti, nel Centro storico
una progressiva crescita dell’incidenza della popolazione anziana
(65 anni è più), che rappresenta nel 2011 il 19,7% del totale dei
residenti rispetto all’11,6% del 1981 (si veda grafico 8). Di segno
opposto è, invece, la variazione registrata dall’altra fascia
estrema della popolazione, quella dei giovanissimi (0-14 anni) che
tende ad assottigliarsi e costituisce nel 2011 soltanto il 13%
della popolazione (nel 1981 è il 25,3%).
celibi/nubili coniugati separatilegalmente vedovi divorziati
1981 49,9 44,3 0,5 5,1 0,21991 47,1 44,7 0,6 7,1 0,52001 43,4
46,0 1,2 8,4 1,02011 42,7 44,1 2,2 9,0 2,1
-
10
Grafico 8. Popolazione residente nel Centro Storico per classi
di età 1981-2011 (val.%)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
I cambiamenti intervenuti nella composizione per età della
popolazione del Centro storico si possono cogliere graficamente
dalla forma diversa che assume la piramide dell’età ad ogni
censimento. La piramide dell’età relativa al 1981 (si veda grafico
9) è tipica di una popolazione “giovane”, con una base ampia che
sta ad indicare un livello di natalità elevato ed un vertice
ristretto in corrispondenza delle ultime classi d’età. Il
progressivo invecchiamento demografico modifica la morfologia della
piramide relativa al censimento del 2011. Il restringimento che
interessa la base della piramide e la minore ripidità del suo
vertice sono le caratteristiche tipiche di una popolazione “matura”
che rafforza la sua componente adulta ed anziana e indebolisce la
sua fascia “giovanile” (si veda grafico 10).
25,3
63,2
11,6
22,0
63,5
14,615,4
66,4
18,113,0
67,2
19,7
0-14 anni 15-64 anni 65 anni e oltre
1981 1991 2001 2011
-
11
Grafico 9. Piramide dell’età del Centro Storico del 1981
(Val.ass.)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Grafico 10. Piramide dell’età del Centro Storico del 2011
(Val.ass.)
meno di 5
5-9
10-14
15-19
20-24
25-29
30-34
35-39
40-44
45-49
50-54
55-59
60-64
65-69
70-74
75 e più
femminemaschi
meno di 5
5-9
10-14
15-19
20-24
25-29
30-34
35-39
40-44
45-49
50-54
55-59
60-64
65-69
70-74
75 e più
femmine
maschi
-
12
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Al censimento del 1981 i giovani (0-29 anni) costituiscono la
metà dei residenti del Centro storico di Cosenza, nel 2011 la loro
presenza si riduce meno di un terzo degli abitanti (29,9%). Cresce
invece il “peso” degli ultrasettantenni che raddoppiano la loro
incidenza sulla popolazione residente nell’area, passando dal 7,4%
del 1981 al 15,1% del 2011.
Lo squilibrio generazionale caratterizzante la popolazione del
Centro storico di Cosenza è evidente dai valori che assumono gli
indici di struttura. L’indice di vecchiaia, dato dal rapporto tra
anziani (65 anni e più) e giovanissimi (0-14 anni) moltiplicato per
100 e che fornisce un’adeguata misura della polarizzazione della
popolazione verso i segmenti estremi, raggiunge, infatti nel 2011
il valore di 151,1 (151 anziani ogni 100 giovanissimi), nettamente
superiore a quello assunto nel 1981 pari a 45,8% (si veda grafico
11).
Grafico 11. Indice di vecchiaia 1981-2011 (Val.%)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Una più rapida crescita caratterizza, invece, l’indice di
vecchiaia relativo alla popolazione di Cosenza, che in trenta anni
quintuplica il suo valore, passando dal 43,4% del 1981 ad un
rapporto percentuale tra anziani e giovanissimi nel 2011 pari a
215%. Un rilevante contributo all’invecchiamento della città
proviene, probabilmente, dagli elevati flussi in uscita di
popolazione che negli anni interessano Cosenza, visto che la
tendenza a migrare è una caratteristica soprattutto di coloro che
appartengono alle classi di età più giovani.
Un altro indicatore dei cambiamenti intervenuti nella struttura
per età della popolazione è rappresentato dall’indice di dipendenza
strutturale, che si ottiene rapportando le classi di età dei
“consumatori” (0-14 anni e 65 anni e più) alla fascia di età dei
“produttori” (15-64 anni) cioè di coloro che sono potenzialmente
attivi. L’indice, che misura approssimativamente il carico sociale
dei gruppi economicamente inattivi su quelli in età attiva e
produttiva, tende nel Centro storico progressivamente a ridursi,
assumendo nel 2011 un valore pari a 48,8% rispetto al 58,3%
registrato nel 1981 2 (si veda grafico 12).
2 Non vi è contraddizione tra il graduale alleggerimento del
carico sociale indicato dalla riduzione dell’indice di dipendenza
ed il progressivo invecchiamento evidenziato dalla crescita
dell’indice di vecchiaia, dal momento si tratta di rapporti
calcolati in maniera diversa. Nell’indice di dipendenza il
numeratore è costituito dalla somma di due componenti (classe di
età 0-14 anni e classe di età 65 anni e più) le cui variazioni
tendono ad equilibrarsi, mentre il denominatore (classe di età
15-64 anni) tende ad essere pressoché costante. Nell’indice di
vecchiaia, invece, alla crescita del numeratore (classe di età 65
anni e più) corrisponde un denominatore (classe di età 0-14 anni)
che tende a diminuire.
CentroStorico
Cosenza
1981 1991 2001 2011
45,8 66,4117,7
151,543,4
76,5
160,9
215,0
-
13
Grafico 12. Indice di dipendenza strutturale del Centro Storico
1981-2011 (Val.%)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
La scomposizione dell’indice di dipendenza in due indicatori
parziali, un indice di dipendenza degli
anziani e un indice di dipendenza dei giovanissimi, consente di
valutare in maniera più adeguata la natura del carico sociale,
visto che il contingente degli anziani e quello dei giovanissimi si
differenziano per tipo di bisogni e quindi per tipo di costi che
impongono. Nel primo caso i costi che gravano sulla componente
attiva della popolazione sono costi di mantenimento mentre, nel
secondo caso, possono essere considerati costi essenzialmente di
investimento. L’analisi dei dati censuari mostra come negli anni,
nel Centro Storico, sia mutato la natura del carico sociale, in
virtù di trend opposti che hanno caratterizzato i valori assunti
dai due indici parziali. Se nel 1981 l’indice di dipendenza dei
giovanissimi (40%) è più alto di quello degli anziani (18,3%), nel
2011 la situazione si rovescia e la parte più rilevante del carico
sociale proviene dalla popolazione “improduttiva” degli anziani, il
cui indice di dipendenza raggiunge il valore di 29,4%; l’indice di
dipendenza dei giovanissimi scende, invece, a 19,4% (si veda
grafico 13).
Grafico 13. Indice di dipendenza di anziani e giovanissimi del
Centro Storico 1981-2011 (val.%)
58,357,6
50,5
48,8
1981 1991 2001 2011
-
14
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Il progressivo invecchiamento della popolazione determina, in
primo luogo, un aumento delle persone
anziane che vivono sole a seguito del decesso del coniuge. Si
tratta soprattutto, dopo la soglia degli ottanta anni, a causa
della maggiore longevità femminile, di donne vedove. In secondo
luogo aumenta, con l’età, anche il periodo di tempo in cui gli
anziani vivono avendo perduto, totalmente o parzialmente, la loro
autosufficienza fisica o psichica. Cresce dunque la domanda di cura
e di un sostegno assistenziale continuativo nel tempo, che
accompagni l’anziano in un processo caratterizzato dalla perdita
progressiva dell’autonomia. In un sistema di welfare di tipo
familista come quello italiano, la famiglia assume da sempre un
ruolo centrale nell’offrire la cura e l’assistenza alla popolazione
in stato di bisogno come gli anziani, mancando un’adeguata offerta
di servizi da parte delle agenzie pubbliche. I profondi mutamenti
che oggi interessano le forme di convivenza familiare, purtroppo
tendono ad indebolire la famiglia nella sua funzione fondamentale
di tutela dei soggetti più deboli. Viene così a svilupparsi una
nuova domanda sociale di cura, intorno alla quale emergono nuovi
profili di rischio, come il fenomeno degli anziani soli e non
autosufficienti. In particolar modo sono gli anziani che non
possono attivare risorse familiari di sostegno e che sono
impossibilitati a rivolgersi al mercato per i servizi di
assistenza, ad essere maggiormente penalizzati ed esposti al
rischio di sperimentare forme gravi di emarginazione sociale.
1.5. Famiglie sempre meno numerose
L’analisi dei dati censuari sulle famiglie residenti evidenzia
come nel tempo tenda a trasformarsi la struttura delle famiglie
cosentine. Si tratta di cambiamenti che affondano le radici nelle
profonde trasformazioni socioeconomiche e culturali e che
interessano, in misura maggiore e minore, tutte le società
occidentali.
Tra il 1981 ed il 2011 al flusso demografico in uscita dal
Centro Storico si accompagna una progressiva riduzione del numero
di famiglie residenti. Nel 2011 vivono nella parte vecchia della
città 4167 famiglie, un terzo in meno rispetto a quelle censite nel
1981, pari a 6137. Il decremento percentuale delle famiglie
residenti a Cosenza, il cui numero passa da 32620 a 29622, è,
invece, nettamente più basso (-9,1%). A rallentare la diminuzione
del numero complessivo delle famiglie cosentine contribuisce
l’incremento dei gruppi familiari residenti in città (+7,8%)
intervenuto nell’ultimo periodo intercensuario, tra il 2011 ed il
2001 (si veda grafico 14), a fronte del trend sempre negativo che
caratterizza il numero di famiglie residenti nel Centro Storico
(-5,6%).
Grafico 14. Variazione % del numero di famiglie residenti negli
anni
[VALORE]23,0
27,3
29,4
40,0
34,6
23,2
19,4
1981 1991 2001 2011
Indice dipendenza anziani Indice dipendenza giovanissimi
-
15
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Come evidenzia il grafico 15, il numero di famiglie presenti nel
Centro Storico tende, comunque, a decrescere più lentamente della
popolazione residente. La differenza tra i due tassi di variazione
trova una spiegazione nel fatto che la diminuzione del numero di
famiglie è accompagnata da una graduale riduzione dell’ampiezza
delle famiglie medesime. Il numero medio di componenti per famiglia
del Centro storico, che non si differenzia sostanzialmente da
quello relativo alla città, infatti scende da 3,2 registrato al
censimento del 1981 a 2,4 nel 2011 (si veda grafico 16).
Grafico 15. Famiglie e residenti del Centro Storico 1981-2011
(Val.ass.)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Grafico 16. Numero medio di componenti per famiglia
(1981-2011)
-11,3
-5,0
7,8
-24,0
-5,3
-5,6
-30,0 -25,0 -20,0 -15,0 -10,0 -5,0 0,0 5,0 10,0
1991
2001
2011
Centro storico Cosenza
20286
13758
1166010028
6137 4662 4415 4167
1981 1991 2001 2011
Residenti Famiglie
-
16
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
La tendenza alla riduzione del numero medio di componenti per
famiglia è una conseguenza della grande crescita del numero di
famiglie unipersonali residenti. Come mostra il grafico 17, tra il
1981 ed il 2011 aumenta nel Centro Storico soltanto la presenza
delle famiglie composte da un unico componente (+31,7%), mentre
diminuisce quella delle famiglie più numerose. Se si considerano le
famiglie con 6 o più componenti, i dati rilevati al censimento del
2011 evidenziano come la loro presenza si sia ridotta dell’ 87,9%;
più contenuta è, invece, la riduzione delle famiglie con tre
persone, che è pari a -23,1%. Una tendenza sostanzialmente analoga
caratterizza la città, in cui si assiste, però, ad una crescita
ancora più rilevante delle famiglie unipersonali che, rispetto ai
dati del 1981, quasi raddoppiano la loro presenza (+93,7%).
Grafico 17. Variazione % delle famiglie per numero dei
componenti (1981-2011)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Il calo del numero delle famiglie residenti, in particolar modo
di quelle più numerose, determina, quindi, nel Centro Storico un
raddoppiamento, tra il 1981 ed il 2011, dell’incidenza della
famiglie unipersonali (si veda grafico 18), che adesso
costituiscono il 36,3% di tutte le famiglie che vi risiedono (nel
1981 sono il 18,7%). Una lieve variazione positiva interessa anche
l’incidenza delle famiglie composte da due e da tre componenti che,
complessivamente, nel 2011 rappresentano 4 famiglie su 10 (nel 1981
sono il 37,7% del
3,2 2,9 2,6
2,4
3,33,0
2,62,3
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
1981 1991 2001 2011
Centro Storico Cosenza
-100,0 -50,0 0,0 50,0 100,0
1 componente
2 componenti
3 componenti
4 componenti
5 componenti
6 o piu componenti
31,7
-30,1
-23,1
-44,9
-76,4
-87,9
93,7
10,6
-9,4
-37,2
-72,5
-85,1
Cosenza
Centro Storico
-
17
totale). Si restringe, invece, la fascia di famiglie presenti
del Centro storico composte da almeno 4 componenti: dal 43,6% del
1981 diventano nel 2011 il 23,1% del totale.
Non presenta sostanziali differenze la composizione percentuale
delle famiglie per numero di componenti relativa a Cosenza (si veda
grafico 19). Il modello di famiglia unipersonale prevale anche
nell’intera area della città, Alla rilevazione censuaria del 2011
più di una famiglia cosentina su tre è composta da una sola persona
(35,3%) rispetto al 1981 quando le famiglie unipersonali
costituiscono il 16,5% del totale. Cresce anche l’incidenza delle
famiglie composte da due persone, che raggiunge il 24,7% nel 2011,
mentre il peso delle famiglie più numerose, quelle cioè composte da
4 o più componenti, si assottiglia notevolmente.
Grafico 18. Famiglie del Centro Storico per numero di componenti
1981-2011 (Val. %)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0
35,0
40,0
1 2 3 4 5 6 e +1981 18,7 20,7 17,0 20,5 13,9 9,21991 26,5 19,6
17,8 18,9 10,6 6,62001 31,1 22,0 16,6 19,8 8,0 2,52011 36,3 21,3
19,2 16,7 4,8 1,6
1981 1991 2001 2011
-
18
Grafico 19. Famiglie di Cosenza per numero di componenti.
Variazione 1981-2011 (val.%)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Il grande e progressivo aumento del numero di persone che vivono
sole, le cosiddette “famiglie unipersonali”, costituisce una delle
principali manifestazioni del cambiamento che interessa le forme di
vita familiare nella nostra società.(Zanatta, 2003; Saraceno,
1989).
Dal punto di vista delle trasformazioni della famiglia il vivere
soli è la manifestazione estrema del processo di nuclearizzazione,
cioè di riduzione delle sue dimensioni. Dal punto di vista del
soggetto, invece, esso rappresenta l’espressione massima del
processo di individualizzazione, cioè di quel fenomeno che vede
l’individuo assumere un ruolo sempre più autonomo, affrancato da
regole e appartenenze prefissate, e alla ricerca della propria
autorealizzazione (Paci, 2005).
A comporre questo tipo di famiglia sono individui che si trovano
in condizioni personali diverse e che provengono da percorsi di
vita anche radicalmente differenti. Accanto agli anziani che vivono
da soli in conseguenza della morte del coniuge, vi sono altri
soggetti che vivono da soli per una scelta di vita intenzionale o
subita da altri, come i giovani che decidono di andare a vivere da
soli o coloro che interrompono un percorso matrimoniale o, ancora,
coloro che scelgono di non sposarsi né di convivere (Saraceno,
1998), Vivere da soli poi acquista un significato diverso a seconda
se si sia giovani o anziani. Se per un giovane vivere da solo segna
l’inizio dell’autonomia dalla famiglia di origine in attesa di
costituirne una nuova, per l’anziano questa esperienza rappresenta
invece la tappa finale del ciclo della vita.
Il fenomeno delle famiglie unipersonali in Italia coinvolge
soprattutto persone anziane vedove, il cui aumento è dovuto
essenzialmente a tre fenomeni: innanzitutto al venir meno della
coabitazione tra generazioni, tipico della società contemporanea.
In secondo luogo all’allungamento della durata della vita, per cui
gli anziani vivono ancora a lungo dopo che i figli sono usciti di
casa. Infine la crescita del numero di anziani vedovi è da porre in
relazione anche alla maggiore longevità delle donne che sposandosi,
tra l’altro, in età più giovane degli uomini, sopravvivono
mediamente qualche anno in più dei loro mariti.
Probabilmente la crescita delle famiglie unipersonali residenti
nel Centro Storico, così come nella città, è una conseguenza del
graduale processo di invecchiamento che interessa tutta l’area
urbana, accompagnato, come abbiamo visto, da una crescita negli
anni della presenza di persone vedove. Meno probabile è l’ipotesi
che a determinare l’aumento delle famiglie unipersonali sia stato
numero crescente di giovani che decidono di andare a vivere da
soli. In Italia, ed in particolare modo nel meridione, prevale,
infatti, la tendenza dei giovani, sia per motivi di natura
strutturale sia per ragioni di natura culturale, a prolungare la
permanenza nella famiglia di origine e quindi a ritardare l’inizio
di una nuova familiare.
16,5 20,318,9
22,8
13,5
7,9
35,3
24,7
18,9
15,8
4,11,30,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0
35,0
40,0
1 C O M P O N E N T E 2 C O M P O N E N T I 3 C O M P O N E N T
I 4 C O M P O N E N T I 5 C O M P O N E N T I 6 O P I U C O M P O N
E N T I
1981 2011
-
19
1.6. La fragilità occupazionale
Il mercato del lavoro è stato investito negli ultimi decenni da
profondi cambiamenti. La globalizzazione e
l’innovazione tecnologica hanno comportato una profonda
ristrutturazione della produzione, che si è tradotta in un aumento
della disoccupazione e della precarietà lavorativa. Negli anni
Settanta la realizzazione del modello di sviluppo fordista generava
crescenti livelli di occupazione stabile in rapporto ad una
crescita dell’economia ed a un consolidamento della classe operaia
garantita sindacalmente. Questo processo di consolidamento di
settori stabili dell’occupazione negli anni Ottanta ha cominciato
ad interrompersi e negli anni Novanta è completamente svanito
(Morlicchio, 2000). Con la fine della società salariale l’aumento
dell’instabilità lavorativa trasforma il lavoro da risorsa ad
elemento di vulnerabilità sociale. Disoccupazione e precarizzazione
dei rapporti di lavoro diventano elementi fortemente
destabilizzanti per le famiglie e quando si cumulano uno sull’altro
si possono trasformare in fenomeni di esclusione (Mingione,
1999).
I dati censuari sulla condizione occupazionale degli abitanti
del Centro Storico evidenziano come una rilevante fascia di
popolazione residente sia interessata a situazioni di instabilità
lavorativa.
Prima di esporre i risultati dell’analisi dei dati occupazionali
del Centro Storico è opportuno fare una precisazione di natura
metodologica. A partire dal 1993 l’Istat e tutti gli uffici
statistici degli Stati dell’Unione Europea adottano una nuova
definizione, più restrittiva, di disoccupato. Di conseguenza i dati
sul mercato del lavoro (tassi di disoccupazione, tassi di attività,
etc.) relativi agli anni antecedenti al 1993 non sono comparabili
con quelli rilevati negli anni successivi. Nello sviluppo della
nostra analisi, pertanto, teniamo conto dell’introduzione nelle
rilevazioni statistiche di questa innovazione metodologica3.
I dati sul tasso di attività, che misura il grado di
partecipazione dei residenti al mercato del lavoro, evidenziano,
nei due periodi intercensuari considerati, una crescita della
fascia di popolazione attiva (si veda grafico 20). Si tratta di un
incremento, come emerge dal grafico 21, a cui contribuisce
certamente la crescita della presenza della donne sul mercato del
lavoro, favorita dai profondi cambiamenti intervenuti negli ultimi
decenni nei modelli di comportamento femminili (Reyneri, 2002;
Saraceno, 1998).
Grafico 20. Tasso di attività del Centro Storico e di Cosenza
1981-2011
3A partire dalle rilevazioni trimestrali delle forze lavoro del
1993 l’autocollocazione dell’intervistato, la cui età minima per
far parte della forza lavoro passa dai 14 a 15 anni, non è più
sufficiente per definire il suo stato di occupato o di disoccupato.
Alle rilevazioni censuarie del 1981 e del 1991 ogni soggetto con
almeno 14 anni viene, infatti, classificato occupato, disoccupato o
inattivo in base allo stato in cui si autocolloca. Successivamente
l’Istat, recependo le direttive dell’Eurostat, adotta una
definizione più ristretta di disoccupato, in base alla quale è
censito come disoccupato solo chi, essendo senza lavoro, si sia
impegnato a cercare un’occupazione nelle quattro settimane
antecedenti la rilevazione censuaria e che sia immediatamente
disponibile a lavorare. Si tratta di una nuova definizione di
disoccupato che risponde al nuovo paradigma, secondo cui si ritiene
che l’offerta del lavoro non sia totalmente dominata dalla domanda
di lavoro. Di conseguenza per valutare la disoccupazione è
necessario l’adozione di un criterio in grado di tener conto
dell’effettiva volontà-disponibilità a lavorare degli
individui.
-
20
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Grafico 21. Tasso di attività femminile del Centro Storico e di
Cosenza
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Il tasso di attività4del Centro Storico, più contenuto del tasso
di attività di Cosenza, cresce dal 42,9% al 46,2% nel corso degli
anni Ottanta ed aumenta tra il 2001 ed il 2011, passando dal 41,2%
al 44%. Probabilmente l’adozione della nuova definizione
restrittiva di disoccupato contribuisce alla differenza esistente
tra i tassi di attività dei due periodi.
4 Il tasso di attività è calcolato come rapporto tra l’insieme
degli occupati e dei disoccupati e la popolazione residente in età
lavorativa, moltiplicato per 100.
42,9
46,2
41,2
44,0
45,5
47,2
43,8
46,0
1981 1991 2001 2011
Centro storico Cosenza
23,6
28,6 28,4
33,4
28,9
33,7 33,3
38,1
1981 1991 2001 2011
Centro Storico Cosenza
-
21
I dati relativi alla composizione percentuale della popolazione
inattiva 5 del Centro Storico evidenziano come il processo di
invecchiamento della popolazione determini un netto aumento
dell’incidenza dei ritirati dal lavoro che, al censimento del 2011,
costituiscono più di un terzo degli inattivi del Centro Storico (si
veda grafico 22). In corrispondenza della crescita del tasso di
attività femminile si ha, invece, un continuo decremento della
percentuale delle casalinghe, che nel 2011 rappresentano il 25,9%
della popolazione inattiva (nel 1981 sono il 53% degli
inattivi).
Grafico 22. Composizione percentuale della popolazione non
attiva del Centro Storico
(val.%)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
L’analisi dei dati sugli occupati mostra una prima fase
caratterizzata da una diminuzione del tasso di
occupazione6, che al censimento del 1991è pari al 26,2% nel
Centro Storico e 31,6% nella città A questo decremento fa seguito
una crescita della percentuale degli occupati nelle rilevazioni
censuarie
successive. Al censimento del 2011 il tasso di occupazione
relativo al Centro Storico, raggiunge il 33,6%, mentre il tasso di
occupazione di Cosenza sale al 38,1% (si veda grafico 23).
Ad un tasso di occupazione contenuto corrispondono elevati
livelli di disoccupazione nell’intera area urbana. Come emerge dal
grafico 24, il fenomeno della disoccupazione assume dimensioni
rilevanti negli anni Ottanta ed in particolare modo nel Centro
Storico di Cosenza. Al censimento del 1991 il tasso di
disoccupazione7 della popolazione residente nella parte antica
della città raggiunge il 43,2%, rispetto al valore medio di Cosenza
che è pari al 33%. A determinare livelli così elevati di
disoccupazione, probabilmente, non è soltanto la riduzione della
domanda di lavoro, ma anche la crescita dell’offerta di lavoro che
caratterizza, in questi fase storica, il mercato del lavoro
italiano. I fattori fondamentali che determinano tale incremento
della forza lavoro sono due: un fattore demografico connesso
all’entrata del mercato del lavoro delle coorti frutto del baby
boom degli anni sessanta ed un fattore di natura comportamentale
connesso all’aumento della partecipazione femminile al mercato del
lavoro (Ranci, 2002, p. 55; Reyneri, 2002). La conseguenza di
questo forte aumento di forza lavoro è un disoccupazione di
massa
5 La popolazione inattiva o non attiva comprende le persone da
15 anni in su che non fanno parte delle forze di lavoro ovvero
quelle non classificate come occupate o disoccupate. E’ costituita
dai pensionati, dagli invalidi, dagli studenti in età lavorativa,
dalle casalinghe e da quanti altri non hanno, per varie ragioni,
volontà o non possono offrire il proprio lavoro. 6 Il tasso di
occupazione è calcolato come rapporto tra gli occupati e la
popolazione residente in età lavorativa, moltiplicato per 100. 7 Il
tasso di disoccupazione è calcolato come rapporto tra i disoccupati
e la forza lavoro o popolazione attiva, composta da disoccupati e
occupati. Il rapporto viene quindi moltiplicato per 100.
1981
1991
2001
2011
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
Casalinghe Studenti Ritirati dallavoro
Altri
53,0
18,421,8
6,9
47,0
14,420,9
17,7
31,0
13,119,5
36,425,9
14,1
37,6
22,3
1981 1991 2001 2011
-
22
che colpisce, in particolar modo, giovani e donne, a causa delle
caratteristiche del mercato del lavoro italiano in cui sono
tutelati soprattutto gli insiders (gli occupati).
Grafico 23. Tasso di occupazione del Centro Storico e di
Cosenza
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Grafico 24. Tasso di disoccupazione del Centro Storico e di
Cosenza
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Come indica il grafico 25, la disoccupazione degli anni Ottanta
nel Centro Storico di Cosenza riguarda, quindi, prevalentemente i
giovani in cerca di primo lavoro, che rappresentano il 33,7% della
forza lavoro nel 1991. I disoccupati in senso stretto, cioè coloro
che sono alla ricerca di una nuova occupazione, invece,
costituiscono soltanto il 9,5% della popolazione attiva residente
nel quartiere.
Grafico 25. Disoccupati ed in cerca di prima occupazione del
Centro Storico (Val.%)
30,0
26,228,8
33,634,731,6
33,937,1
1981 1991 2001 2011
Centro storico Cosenza
30,1
43,2
30,1
23,623,8
33,0
22,6
19,3
1981 1991 2001 2011Centro storico Cosenza
-
23
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Oltre ai giovani, ad essere penalizzati nel mercato del lavoro
sono le donne. La crescita dell’offerta di
lavoro femminile (si veda grafico 21) ha come effetto di
accrescere nettamente le probabilità delle donne attive di restare
disoccupate. Al censimento del 1991 il 52,5% della forza lavoro
femminile del Centro Storico è senza lavoro rispetto al 38,6% della
popolazione attiva maschile (si veda grafico 26). Non muta la
situazione nelle rilevazioni censuarie seguenti, che confermano la
maggiore difficoltà delle donne del Centro Storico, rispetto agli
uomini, a trovare un impiego. Al censimento del 2011 il tasso di
disoccupazione femminile scende al 28,6%, mentre la percentuale
maschile di disoccupati è pari al 20,3%.
Grafico 26. Tasso di disoccupazione maschile e femminile del
Centro Storico
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
A partire dal 2001 si assiste ad un ridimensionamento del tasso
di disoccupazione del Centro Storico e di
Cosenza. Nell’ultimo periodo intercensuario, tra il 2001 ed il
2011, il tasso di disoccupazione del Centro Storico passa dal 30,1%
al 23,6%, mentre il tasso di disoccupazione di Cosenza dal 22,2%
scende al 19, 3% (si veda grafico 23). È ragionevole supporre che a
contribuire alla riduzione del valore del tasso di disoccupazione,
nel Centro Storico così come nella città, sia la nuova definizione
di disoccupato che esclude dalla popolazione attiva coloro che non
cercano attivamente un lavoro, pur essendo disponibili a lavorare.
Esisterebbe quindi una fascia di forza lavoro potenziale che si
nasconde nella popolazione inattiva. Si tratta
22,4
33,7
13,1
11,4
7,79,5
16,9
12,2
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0
35,0
40,0
1981 1991 2001 2011
in cerca di prima occupazione disoccupati
28,0
38,6
24,020,3
35,1
52,5
40,8
28,6
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
1981 1991 2001 2011
uomini donne
-
24
della componente secondaria dell’offerta di lavoro, composta
prevalentemente da giovani e donne che, soprattutto nei momenti di
depressione congiunturale, possono non cercare attivamente
un’occupazione per l’azione di un “effetto scoraggiamento”. Ciò può
spiegare, probabilmente, il ridimensionamento, a partire dal 2001,
del tasso di disoccupazione dei giovani in cerca di prima
occupazione residenti nel Centro Storico rispetto alla percentuale
dei disoccupati in senso stretto (si veda grafico 24). Analogamente
si può supporre che tale meccanismo operi anche sul lento declino
registrato dal tasso di disoccupazione delle donne negli ultimi
venti anni (si veda grafico 25).
La presenza nel Centro Storico di una rilevante fascia di
popolazione che sperimenta situazioni di precarietà lavorativa
accresce il numero di persone che ricadono nell’area della
vulnerabilità sociale e che rischiano di cadere in una situazione
ancora più degradata di disaffiliazione (Castel, 1991)
caratterizzata dalla perdita dei legami sociali, compresi quelli
relativi al mercato del lavoro.
Il lavoro, infatti, non costituisce soltanto un rapporto tecnico
di produzione ma una struttura di integrazione sociale, un supporto
per l’acquisizione di una piena cittadinanza sociale. Con la
precarizzazione della forza lavoro, di conseguenza, viene ad
indebolirsi uno dei principali meccanismi di protezione della
popolazione dal rischio di impoverimento e di esclusione sociale
(Ranci, 2002). Le difficoltà di diventare poveri aumentano per
coloro che non dispongono del supporto della famiglia che da sempre
svolge il ruolo di ammortizzatore sociale di gran parte dei costi
della precarietà occupazionale. In quanto risorsa fondamentale per
ridurre il potenziale vulnerante dell’instabilità lavorativa, i
legami familiari diventano quindi un fattore di sperequazione tra i
lavoratori, a fronte di un sistema di welfare incapace di offrire
protezioni adeguate (Fullin, 2004).
1.7. Lo svantaggio educativo
L’istruzione costituisce una risorsa che incide in modo
rilevante sui destini sociali degli individui.
L’acquisizione di un titolo di studio elevato amplia
notevolmente le opportunità di un individuo di raggiungere le
posizioni occupazionali e sociali più remunerative. Al di là delle
conseguenze positive che può avere dal punto di vista economico e
sociale per ogni individuo, il livello di istruzione raggiunto,
inoltre, ha importanti implicazioni anche sul piano personale, in
quanto può modificare le «capacità di funzionare» o capabilities di
un individuo (Sen, 2000). Le capabilities rappresentano la libertà
dei singoli di scegliere consapevolmente e ottenere ciò a cui
attribuiscono valore. Ciò che gli individui possono o non possono
fare, quello che possono o non possono acquisire, non dipende
soltanto dal reddito disponibile - come afferma Sen (1998, p.30),
«si potrebbe essere agiati senza stare bene» - ma anche dalla loro
capacità di trasformare le risorse possedute in acquisizioni a cui
danno valore. L’ istruzione, quindi, acquista rilevanza per lo star
bene di in un individuo anche perché incide sulla sua libertà
sostanziale, cioè sulla libertà di fruire concretamente delle
opportunità disponibili e di scegliere di condurre la vita che
preferisce (Sen, 2003).
L’analisi dei dati relativi all’istruzione degli abitanti del
Centro storico indica una crescita del livello medio di istruzione
del quartiere tra il 1981 ed 2011. Come mostra il grafico 27, la
quota di residenti che riescono a terminare almeno la scuola
elementare, nel giro di tre decenni, aumenta dal 71,7% all’’88%;
analogamente sale la percentuale di coloro che completano almeno la
scuola media inferiore che passa dal 36,2% del 1981 al 68,7%
rilevata all’ultimo censimento. Salendo di livello, si può
osservare come aumentano progressivamente sia la probabilità di
conseguire il diploma sia la laurea. I diplomati nel 2011
rappresentano, infatti, il 29,2% dei residenti del Centro Storico
con almeno 6 anni (nel 1981 sono l’11,1%), mentre i laureati sono
il 10,4% rispetto al 2,1% del 1981. Si assottiglia, infine, la
presenza di soggetti privi di titolo di studio (alfabeti ed
analfabeti), la cui percentuale rispetto al 1981 si riduce dal
28,3% all’11,9%.
Dalla comparazione con i dati sull’istruzione relativi a Cosenza
emerge come la situazione educativa degli abitanti del Centro
Storico, nonostante la crescita del livello medio di istruzione,
non abbia colmato il gap rispetto alla città. Le differenze sono
più evidenti nella parte alta della stratificazione educativa, come
indica la presenza di una percentuale più alta di laureati e
diplomati nella città, pari rispettivamente al 19,5% e al 33,2% nel
2011 (si veda grafico 28).
Grafico 27. Il grado di istruzione dei residenti del Centro
Storico 1981-2011 (val%)
-
25
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
La distanza tra il Centro Storico e la città tende a
restringersi, invece, nella parte bassa della stratificazione
educativa. Come evidenzia il grafico 29, tende a colmarsi la
differenza tra i residenti nel Centro Storico e a Cosenza che hanno
conseguito almeno la licenza media, a fronte della presenza di una
differenza rilevante che rimane tra coloro che hanno conseguito un
titolo di studio superiore (diploma e laurea). Questa tendenza alla
riduzione progressiva della differenza tra quanti riescono ad
ottenere la licenza media è sicuramente da porre in relazione
all’azione di fattori di natura strutturale come l’innalzamento
dell’obbligo scolastico alla licenza media inferiore introdotto
dalla riforma del 1962 (Shavit e Westerbeek, 1997). La progressiva
perequazione delle opportunità di conseguire la licenzia media non
genera, tuttavia, una analogo processo nella parte alta della
stratificazione educativa, dove permangono disuguaglianze nelle
opportunità di istruzione sulla cui formazione, probabilmente,
svolgono un ruolo rilevante le origini sociali delle famiglia di
appartenenza.
Altrettanto vero che le decisioni scolastiche di interrompere o
proseguire gli studi possono talvolta essere influenzate anche dal
contesto sociale di riferimento. Gli individui non sono atomi che
agiscono isolatamente, ma sono attori socially embedded
(Granovetter, 1985), cioè inseriti all’interno di reti di relazioni
sociali, che sono innanzitutto quelle ereditate dalla famiglia di
origine.
Grafico 28. Il grado di istruzione della popolazione di Cosenza
1981-2011 (val%)
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0
35,0
40,0
laureati diploma lic. media lic. elem. alfabeti analfaberi
2,1
11,1
23,0
35,5
21,1
7,2
2,6
15,7
28,3 28,8
17,3
7,26,1
22,6
30,2
23,0
12,8
5,3
10,4
29,2 29,2
19,3
9,1
2,8
1981 1991 2001 2011
-
26
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Grafico 29. Soggetti con almeno il diploma e con almeno la
licenza media 1981-2011 (val.%)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Nelle reti sociali di cui fanno parte, gli individui
costruiscono i propri progetti, definendo le loro
preferenze, scegliendo lo stile di vita e quindi imparando negli
anni chi sono e chi vogliono essere (Bianco, 2001, p. 37). Le
stesse aspirazioni scolastiche si sviluppano nel tempo proprio
attraverso l’interazione con gli altri, nel gruppo socialmente
rilevante per ciascun individuo. Si tratta di cerchie sociali che,
di solito, sono fortemente omogenei al loro interno, dal momento
che una caratteristica generale delle reti sociali è l’omofilia,
cioè gli individui tendono a interagire con propri simili (Follis,
1998). Finché si è inseriti in reti socialmente omogenee, il
capitale sociale disponibile può essere utile per realizzare
progetti omologhi alla situazione della famiglia di origine. Per
coloro che provengono da famiglie poco agiate e con scarso capitale
culturale, dunque, sarà più difficile realizzare progetti di
mobilità sociale ed educativa per i quali, al contrario, servono
risorse eterogenee rispetto alla situazione di partenza. Di
conseguenza, quanto meno le
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0
35,0
laureati diploma lic. media lic. elem. alfabeti analfaberi
5,3
18,9
23,6
31,5
16,5
4,2
8,2
25,4 25,3 23,9
13,2
3,9
13,5
31,1
24,1
19,0
9,7
2,8
19,5
33,2
22,5
15,4
7,6
1,8
1981 1991 2001 2011
36,2
46,6
58,9
68,7
47,7
59,0
68,675,2
13,218,3
28,7
39,5
24,2
33,7
44,5
52,6
1981 1991 2001 2011
almeno licenza media Centro Storico almeno licenza media
Cosenza
almeno diploma Centro storico almeno diploma Cosenza
-
27
reti sono segregate e più varie dal punto di vista sociale,
tanto più possono essere efficaci nel favorire prima la
formulazione e poi la realizzazione di progetti scolastici più
ambiziosi
Vivere in un quartiere popolare può, dunque, accrescere le
difficoltà di sperimentare percorsi di mobilità educativa
ascendente dal momento che i soggetti si trovano a dover vivere,
per così dire, «intrappolati» entro reti sociali altamente
segregate, costituite da individui che vivono un’analoga condizione
sociale ed educativa. Si può innescare così un «effetto
concentrazione» (Wilson, 1987; 1993) in virtù del quale un giovane
che nasce e trascorre la sua infanzia e la sua adolescenza in un
quartiere, in cui la maggioranza della popolazione appartiene alle
classi sociali più deboli ed è uscito anticipatamente dal circuito
scolastico, è più svantaggiato di un suo coetaneo nato in un altro
quartiere con una composizione sociale più eterogenea. Infatti
vivere in quel quartiere lo porterà probabilmente ad avere
relazione soltanto con soggetti che non sono in grado di aiutarlo a
sviluppare progetti che possono migliorare la sua condizione
sociale ed educativa (Nicoletta, 2014).
1.8. Uno sguardo al patrimonio immobiliare
La rilevazione censuaria del 2011 relativa agli edifici e alle
abitazioni indica la presenza nel Centro
Storico di 2223 edifici e complessi di edifici8, pari al 30,5%
del patrimonio edilizio della città. Il 93,8% degli edifici
presenti è utilizzato per uso residenziale o destinato ad altre
funzioni; la parte restante (6,2%) rimane inutilizzata dal momento
che si tratta di immobili cadenti, in rovina o in costruzione.
Gran parte dello stock immobiliare utilizzato, censito nel
Centro Storico, è destinato ad uso residenziale (4 immobili su 5),
mentre gli altri immobili sono destinati prevalentemente ad uso
produttivo, commerciale o utilizzati per servizi di tipo
turistico-ricettivo e direzionale-terziario.
Dal punto di vista dell’epoca di costruzione, più di metà degli
edifici residenziali della città (55,9%) risalenti al periodo
antecedente il 1919 sorgono nel Centro Storico. Essi rappresentano
un terzo (32,9%) degli edifici abitativi presenti nell’area (si
veda grafico 30). Un'altra parte rilevante delle costruzioni per
abitazioni presenti nasce tra gli anni Venti e la fine della
seconda guerra mondiale (22,8%). Pochissimi sono, invece, gli
edifici di recente costruzione. Negli ultimi venti anni (dal 1991
ai poi) nascono soltanto il 5,7% degli edifici censiti nel Centro
Storico.
Grafico 30. Edifici e complessi di edifici del Centro Storico
per anno di costruzione 2011
(val.%)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
8 Per complesso di edifici si intende un insieme di costruzioni,
edifici e infrastrutture, normalmente ubicati in un’area limitata,
finalizzati in modo esclusivo (o principale) all’attività di un
unico consorzio, ente, impresa o convivenza, come i complessi
ospedalieri, le città universitarie, centri commerciali, complessi
religiosi, i complessi industriali con i capannoni, etc.
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0
35,0 32,9
22,8
18,5
8,95,0 6,2 4,0
1,1 0,6
-
28
Gli edifici presenti, in gran parte, sono strutture residenziali
di dimensioni contenute (si veda grafico 31). Più della metà
(57,1%), infatti, sono costituiti da non più di due interni e sono
composti da uno o due piani (56,3%).
Al censimento del 2011 ammontano a 5272 le abitazioni censite
nel Centro Storico; il 75,9% risulta occupato da almeno una persona
residente, il restante 24,1% è costituito da abitazioni vuote o
occupate solo da persone non residenti. I dati (si veda grafico 32)
evidenziano un decremento progressivo della percentuale delle
abitazioni occupate (dal 93% nel 1981 al 75,9% nel 2011), da porre
in relazione al rilevante calo demografico che interessa l’area.
Analogamente la quota complessiva di abitazioni occupate presenti
nella città tende a ridursi, seppure in misura meno intensa,
passando dal 92,2% all’82,5%.
Grafico 31. Edifici residenziali del Centro Storico per numero
di interni e di piani 2011 (val.%)
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
Grafico 32. Abitazioni occupate nel Centro Storico e a Cosenza
1981-2011 (Val.%)
36,5
20,623,5
12,2
5,02,1
14,1
42,2
25,0
18,6
0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
25,0
30,0
35,0
40,0
45,0
con 1interno
con 2interni
con 3-4interni
con 5-8interni
con 9-15interni
con 16interni e
più
ad 1 piano a 2 piani a 3 piani a 4 piani epiù
-
29
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
La carenza di politiche abitative adeguate oggi ha sicuramente
aumentato il rischio abitativo di molte famiglie, strette tra un
mercato della proprietà ampio ma difficilmente accessibile per
redditi più bassi e un mercato dell’affitto di dimensioni più
contenute e scarsamente supporto dall’intervento pubblico. Il
problema della casa, dunque, costituisce uno dei fronti più
problematici per le famiglie italiane e può costituire un fattore
specifico di vulnerabilità. I costi dell’affitto, in crescita negli
ultimi anni, così come i costi inerenti l’acquisto della prima
casa, possono, infatti, incidere profondamente sui bilanci
familiari e comprimere in maniera rilevante il tenore di vita di
una famiglia.
Il problema dell’affordability non è, comunque, l’unica
componente del disagio abitativo. L’inidoneità e l’inadeguatezza
delle abitazioni in termini di dotazioni e di spazio rappresenta un
altro aspetto del fenomeno. Il primo aspetto riguarda la presenza
di un deficit di qualità delle abitazioni determinato dall’assenza
di servizi considerati fondamentali, come i servizi igienici
interni all’alloggio, il riscaldamento o anche il collegamento
telefonico. Il secondo aspetto riguarda la disponibilità limitata
di una superficie abitativa.
Dai dati censuari disponibili sulle abitazioni possiamo trarre
informazioni unicamente sul titolo di godimento delle abitazioni e
sulle dimensioni abitative. Per quanto riguarda il primo aspetto, i
dati del 2011 mostrano come la maggior parte delle famiglie del
Centro Storico di Cosenza vive in abitazioni di cui è proprietaria
(il 63%), mentre solo il 20% delle famiglie residenti paga un
affitto; la parte restante (17%) usufruisce dell’abitazione ad
altro titolo (si veda grafico 33).
Grafico 33. Famiglie del Centro Storico per titolo di godimento
dall’abitazione 2011 (val.%)
93,0 88,977,0 75,9
92,2 91,987,0
82,5
1981 1991 2001 2011centro storico Cosenza
-
30
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat
In relazione al secondo aspetto, dall’analisi dei dati emerge
come la superficie media delle abitazioni
occupate del Centro Storico, censite nel 2011, è pari a 95,7
metri quadrati, rispetto alla superficie media delle abitazioni di
tutta la città pari a 103,6 metri quadrati. La superficie pro
capite delle case abitate nella parte antica, dove vivono in media
2,5 abitanti per abitazione, è invece, è di 38,2 metri quadrati, un
valore inferiore a quello relativo a Cosenza, che è pari a 42,9
metri quadrati.
Famiglie in affitto20%
Famiglie in proprietà
63%
Famiglie ad altro titolo17%