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508 LIGETI GYORGY Compositore ungherese (Dicsoszentmárton, Transilvania, 28 VI 1923)
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069 - Ligeti Gyorgy - Magia dell'opera · 2016. 3. 13. · LIGETI GYORGY Compositore ungherese (Dicsoszentmárton, Transilvania, 28 VI 1923) 509 Allievo a Budapest di F. Farkas e

Jan 25, 2021

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    LIGETI GYORGY

    Compositore ungherese (Dicsoszentmárton, Transilvania, 28 VI 1923)

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    Allievo a Budapest di F. Farkas e di Veress dal 1945 al 1948, si è dedicato assai presto allo studio del folclore romeno e dal 1950 ha insegnato nella Scuola superiore di musica di Budapest. Trasferitosi a Vienna nel 1957, nell'anno successivo ha lavorato presso lo studio di musica elettronica della WDR di Colonia. Insegnante dal 1959 nei seminari estivi (Ferienkurse) di Darmstadt, dal 1961 è "visiting professor" per la composizione presso l'Accademia di musica di Stoccolma. Ha pubblicato anche vari scritti teorico-critici. A differenza degli alfieri "nuova musica" che gli sono più o meno coetanei (K. Stockhausen, P. Boulez, L. Berio, B. Maderna, H. Pousser, L. Nono, ecc.), Ligeti non ha partecipato da prim'attore alla fase iniziale, per così dire "eroica", del postweberismo. Inizialmente estraneo alla linea di sviluppo dell'avanguardia occidentale proprio in quanto formatosi nell'ambiente ungherese, influenzato dall'esperienza bartokiana (come testimoniano anche i suoi rigorosi studi nel campo del folclore musicale dell'Est europeo, romeno soprattutto), anche dopo essersi trasferito in Occidente, Ligeti si era dimostrato estraneo ad un certo tipo di razionalismo "negativo" in cui gli schemi seriali estesi nell'applicazione a tutti i parametri compositivi risultano avulsi dalla sostanza sonora a cui si applicano: Apparitions (1960) e Patmospheres (1961), entrambe per orchestra, opere già mature e personalizzate, offrono interessantissime e capillari ricerche di carattere timbrico ove il suono è steso a strati omogenei in un continuum talvolta quasi ipnotico e privo di vettorialità temporale; gli strati sonori, i cluster variamente disposti e compenetrati richiamano fortemente le fondamentali esperienze compiute da Ligeti nel campo dell'elaborazione elettronica del suono, una sorta di neoimpressionismo strutturalista, in contrasto con la disposizione timbrico-sintattica dissociata e fin polverizzata da postwberniani "puri". La differenza decisiva tra Ligeti e i postwberniani e loro derivati (gestualismo speculativo, casualismo) consiste insomma nel fatto che per l'ungherese la materia è fin dall'inizio immemore di essere il prodotto di una lacerazione storica del linguaggio musicale precedente: gli strati sonori ligetiani formano un mondo definito nella sua autonoma sorgività. Nel 1962, però con Aventures per voci e strumenti, anche Ligeti si è voluto cimentare sul versante gestuale. Ma nel 1964 il Requiem per soli, 2 cori ed orchestra ripropone

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    probabilmente in via definitiva le fasce sonore corali e strumentali geometricamente rigorose, translucide come simboli astrali. Nella purezza dell'esclusivismo lirico, nell'estrosità esoterica del culto materico spazialmente articolato, stanno il fascino estremo ed anche, probabilmente, il limite dell'originale contributo ligetiano: sotto questo aspetto esclusivamente ideologico (di Weltanschauung, si badi) e non tecnico, il compositore ungherese è più vicino a Webern di quanto lo spessore fonico delle sue partiture lasci supporre di primo acchito. Come nel viennese, la critica al mondo, così com'è oggi, approda all' "antimondo", alla trascendenza o, ancora, alla "fuga verso le stelle". Non a caso Ligeti ha parlato di definitivo superamento dell'antagonismo storico tra tonalità e atonalità e ha postulato la forma musicale continua, non essendo la musica udibile che un momento della "musica delle sfere", che resta eterna, immutabile.