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Joaquín Llobell LA GIURISDIZIONE DELLA CHIESA SUL MATRIMONIO DEGLI ACATTOLICI * SOMMARIO: 1. Introduzione. La percezione della dimensione giuridica del magistero di Giovanni Paolo II e il superamento dell’impostazione canonistica meramente esegetica. – 2. Cenni sul fondamento della giurisdizione della Chiesa sui non cattolici: il can. 1671 e la ricezione ecclesiale della dichiarazione fatta dalla legittima autorità di un altro ordinamento sulla nullità del matrimonio dei coniugi non sottoposti alla forma canonica. – 3. L’esercizio amministrativo della giurisdizione canonica. Il «favor fidei». – 4. L’esercizio giudiziario della giurisdizione. – 5. La giurisdizione propria e immediata, ma non esclusiva, della Chiesa su qualsiasi matrimonio alla luce del magistero di Giovanni Paolo II. – 6. La potestà «diretta» e «indiretta» e l’«interesse legittimo» reciproco (della Chiesa e del coniuge acattolico). – 7. Sul carattere sussidiario dello «scioglimento» pontificio del vincolo rispetto alla «dichiarazione» di nullità (critica del can. 1681), sull’opportunità di uno studio più dettagliato sulla potestà pontificia di sciogliere il matrimonio e altre conclusioni. 1. Introduzione. La percezione della dimensione giuridica del magistero di Giovanni Paolo II e il superamento dell’impostazione canonistica meramente esegetica Queste considerazioni si riferiscono solo alla giurisdizione della Chiesa sui matrimoni celebrati tra due persone non cattoliche, siano battezzate o meno. Pertanto, non considererò la situazione dei matrimoni misti, né di quelli con disparità di culti, né lo scioglimento «a favore della fede»” del matrimonio celebrato in forma canonica con la dispensa del menzionato impedimento di disparità di culti, né del matrimonio celebrato dai cattolici che hanno * In J. CARRERAS (a cura di), La giurisdizione della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia, Milano, 1998, pp. 77-126. Versione italiana, con diverse modifiche, della relazione La jurisdicción de la Iglesia sobre los matrimonios no obligados a la forma canónica (settembre 1996), pubblicata in Ius Canonicum, 37 (1997), pp. 33-71 e in R. RODRÍGUEZ-OCAÑA (a cura di), Forma jurídica y matrimonio canónico, Pamplona, 1998, pp. 183-216. È facile verificare che nel testo scritto è stata mantenuta l’originaria esposizione orale.
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Nov 10, 2015

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LA GIURISDIZIONE DELLA CHIESA SUI MATRIMONI NON OBBLIGATI ALLA FORMA CANONICA

LA GIURISDIZIONE DELLA CHIESA SUL MATRIMONIO DEGLI ACATTOLICI3

Joaqun Llobell

LA GIURISDIZIONE DELLA CHIESASUl MATRIMONIo degli acattolici *Sommario: 1. Introduzione. La percezione della dimensione giuridica del magistero di Giovanni Paolo II e il superamento dellimpostazione canonistica meramente esegetica. 2. Cenni sul fondamento della giurisdizione della Chiesa sui non cattolici: il can. 1671 e la ricezione ecclesiale della dichiarazione fatta dalla legittima autorit di un altro ordinamento sulla nullit del matrimonio dei coniugi non sottoposti alla forma canonica. 3. Lesercizio amministrativo della giurisdizione canonica. Il favor fidei. 4. Lesercizio giudiziario della giurisdizione. 5. La giurisdizione propria e immediata, ma non esclusiva, della Chiesa su qualsiasi matrimonio alla luce del magistero di Giovanni Paolo II. 6. La potest diretta e indiretta e linteresse legittimo reciproco (della Chiesa e del coniuge acattolico). 7. Sul carattere sussidiario dello scioglimento pontificio del vincolo rispetto alla dichiarazione di nullit (critica del can. 1681), sullopportunit di uno studio pi dettagliato sulla potest pontificia di sciogliere il matrimonio e altre conclusioni.

1.Introduzione. La percezione della dimensione giuridica del magistero di Giovanni Paolo II e il superamento dellimpostazione canonistica meramente esegetica

Queste considerazioni si riferiscono solo alla giurisdizione della Chiesa sui matrimoni celebrati tra due persone non cattoliche, siano battezzate o meno. Pertanto, non considerer la situazione dei matrimoni misti, n di quelli con disparit di culti, n lo scioglimento a favore della fede del matrimonio celebrato in forma canonica con la dispensa del menzionato impedimento di disparit di culti, n del matrimonio celebrato dai cattolici che hanno abbandonato notoriamente la fede. La situazione dei cattolici che si sono allontanati dalla Chiesa con un atto formale simile rispetto alloggetto del nostro studio (cfr. cann. 1086 e 1117) a quella dei battezzati acattolici .

Lesposizione vuole collaborare alla percezione della dimensione giuridica del magistero di Giovanni Paolo II. Nonostante la modestia di questo apporto, la questione di principio tanto ambiziosa quanto importante, motivo per cui mi soffermer nella sua giustificazione, sebbene sia ovvia per la maggior parte dei presenti. Il Concilio Vaticano II ha fatto un grandissimo passo in avanti nella comprensione ecclesiale universale di aspetti essenziali della struttura interna della Chiesa, della sua missione e della dignit della persona umana, in particolare nella cost. dogm. Lumen gentium e nei decreti Christus Dominus, Apostolicam actuositatem e Presbyterorum ordinis, nella cost. past. Gaudium et spes e nella dichiarazione Dignitatis humanae. Precedentemente tale comprensione era frammentata o affidata dallo Spirito Santo ad alcuni settori ecclesiali, che erano ben coscienti della trascendenza universale del carisma ricevuto, poich la coscienza di tale universalit apparteneva al carisma stesso.

La ricchezza del magistero conciliare tale che sar necessario ancora qualche passaggio generazionale perch il popolo di Dio, nel suo insieme, recepisca lintegrit di suddetti insegnamenti. Effettivamente, quando sono gi trascorsi pi di trenta anni dalla chiusura del Concilio, la difficolt che trova, in vasti ambienti ecclesiali, la applicazione di alcuni dei concetti conciliari che il magistero pontificio ha definito centrali, non passa inavvertita agli occhi di un osservatore che, non potendo (n volendo) pretendere di comprendere completamente gli aspetti centrali di tale dottrina, presume comunque di conoscerne alcuni. Si pensi, ad esempio, alla missione ecclesiale, santificatrice e apostolica dei laici mediante lesercizio di qualsiasi lavoro onesto, dei rapporti familiari e sociali, ecc.

Dopo la fase di iniziale inserimento del magistero ecclesiale alle norme e alla vita della Chiesa durante il pontificato di Paolo VI, Giovanni Paolo II si propose esplicitamente, come obiettivo prioritario del suo ministero pontificio, di spiegare, applicare ed approfondire la dottrina del Vaticano II. Tutti conoscono lo straordinario complesso degli insegnamenti, delle leggi, dei mezzi e dei gesti inediti usati dal Papa per portare a termine il suo proposito. Allo stesso modo a chi crede nella provvidenza divina appare evidente lo straordinario intervento di Dio nellelezione di Karol Wojtyla come vescovo di Roma, nelle qualit ricevute, nella sua protezione di fronte agli attentati, agli incidenti, alle malattie, e in una attivit che solo con laiuto del cielo possibile portare avanti.

Nel magistero di Giovanni Paolo II troviamo una moltitudine di esigenze giuridiche (di giustizia) che hanno bisogno di essere scoperte e analizzate, positivizzandole in questa sede non comporta problemi usare la felice concettualizzazione di Hervada per cercare, quando necessario, di formalizzarle adeguatamente . Daltra parte le leggi promulgate dal Papa cominciando dal nuovo Corpus Iuris Canonici, formato dai codici latino e orientale e dalla cost. ap. Pastor bonus esigono un complesso lavoro ermeneutico, attento a considerare sia la tradizione canonica (cfr. can. 6 2) sia le innovazioni testuali delle norme e dei documenti conciliari che le ispirano. In questo appassionante lavoro la dottrina ha una responsabilit insostituibile. Come ha segnalato Lo Castro, se si vuole che la riflessione [sullanzidetto magistero conciliare e pontificio] sia un elemento propulsivo della scienza giuridica, bisogna innanzitutto convincersi chesso non faccenda del legislatore (...), ma faccenda appunto della scienza giuridica; la quale, come sempre, potr porsi al di sopra o al di sotto dellordinamento; lasciarsene dominare, contentandosi di fare opera tecnica, o volerlo dominare, compiendo opera sapienzale .

Parte della dottrina canonica si trova frequentemente di fronte ad una difficolt specifica. Infatti, in un periodo storico di riconosciuta penuria scientifica, una percentuale significativa della canonistica opera sebbene si tratti di professori universitari in stretto rapporto con le curie ecclesiastiche, in particolare con quella romana. Non raro che questo rapporto comporti che le riflessioni dottrinali siano la giustificazione, presentata come articolo scientifico, di una decisione di governo normativa, amministrativa o giurisprudenziale alla cui elaborazione hanno collaborato tali autori. In questo modo, da una parte si origina una nuova fonte di confusione delle tre sfere del potere ecclesiastico, data la frequente coincidenza soggettiva degli autori materiali dei diversi atti; e dallaltra esiste il rischio che la dottrina si trovi come prigioniera dellordinamento positivo, tanto da risultare particolarmente difficile poter realizzare il menzionato lavoro sapienzale e non meramente tecnico o esegetico.

In ogni caso, la missione sapienzale della canonistica comprende tutti i rapporti di giustizia ecclesiale contenuti nella vita della Chiesa e, in particolare, quelli che sono stati dichiarati dal magistero pontificio. Tuttavia esiste un mbito che merita una particolare attenzione perch in se stesso prioritario e perch tale lo considera Giovanni Paolo II. Mi riferisco al matrimonio e alla famiglia. La particolare attenzione del Papa nei confronti di queste materie non ha bisogno di essere dimostrata, poich si manifestata in forme molto diverse: nei suoi scritti prima e dopo la sua elezione a successore di Pietro, nellorganizzazione della Curia Romana, nella promozione di un centro di studi con varie sedi in Europa e in America, in iniziative pastorali istituzionalizzate e circostanziali, ma costanti, ecc. Inoltre, tutte quelle attivit sono caratterizzate dalla loro natura universale, cio dallessere dirette ai cattolici e a tutti gli uomini, essendo il matrimonio e la famiglia lorigine naturale della persona e di qualsiasi societ; pi ancora, essendo la persona umana e la famiglia la via della Chiesa . Perci largomento della nostra analisi particolarmente pertinente per cercare di recepire, alla luce di detto magistero, alcuni elementi della dimensione giuridico-ecclesiale del matrimonio tra gli acattolici, prevalentemente in alcuni suoi aspetti processuali. In questo intento stato decisivo giusto segnalarlo esplicitamente, sebbene la lista potrebbe allungarsi con facilit quanto ho imparato dal mio maestro, il prof. de Diego-Lora e, durante gli intensi incontri romani, dai prof. Hervada e Viladrich. Anche il lavoro quotidiano con i prof. Errzuriz, Carreras, Ortiz e Franceschi, colleghi nella mia facolt, ha avuto un particolare valore.

Come metodologia considereremo alcuni casi concreti nei quali la Chiesa esercita la giurisdizione sul matrimonio degli acattolici, apparentemente come eccezione alla norma che proibirebbe suddetto esercizio. Questa analisi ci permetter di verificare se il principio giuridico che li regge, illuminato dal magistero di Giovanni Paolo II, consente il capovolgimento della natura eccezionale di detto esercizio. Paradossalmente, i casi considerati sono normativi o, in ogni caso, hanno una connotazione di generalit, sebbene si presentino comunque come eccezionali.

2.Cenni sul fondamento della giurisdizione della Chiesa sui non cattolici: il can. 1671 e la ricezione ecclesiale della dichiarazione fatta dalla legittima autorit di un altro ordinamento riguardo la nullit del matrimonio dei coniugi non sottoposti alla forma canonica

In relazione allesistenza e alla portata della giurisdizione della Chiesa sul matrimonio degli acattolici, si soliti distinguere la diversa posizione di quei matrimoni a seconda che i coniugi siano battezzati o meno. Se rinunciamo a considerare attentamente la storia su questo punto, il primo motivo per cui la dottrina fa tale distinzione la norma del can. 1671, che afferma la competenza dei tribunali ecclesiastici sui matrimoni dei battezzati, senza alcuna distinzione riguardo alla comunit cristiana alla quale appartengono quelle persone . La ragione di tale giurisdizione potrebbe avere come fondamento la dottrina dellinseparabilit tra qualsiasi matrimonio valido e la sua natura sacramentale, stricto sensu, celebrato tra due battezzati, indipendentemente dalla fede dei contraenti e della comunit cristiana degli stessi . La Chiesa affermerebbe cos la sua giurisdizione universale sul matrimonio di natura sacramentale. Daltra parte, la norma non afferma il carattere esclusivo di tale giurisdizione, tenendo presente il rispetto del giudizio della legittima autorit della comunit cristiana acattolica riguardo la validit del matrimonio (sacramentale) celebrato tra fedeli acattolici , giurisdizione che alcune di dette comunit affidano ai tribunali dello Stato.

Come evidente per chi conosce minimamente il senso della norma, questo ragionamento parziale. Infatti, da una parte la sacramentalit stricto sensu del matrimonio presuppone il battesimo valido di entrambi i coniugi e, dallaltra, il can. 1671 afferma esplicitamente la giurisdizione ecclesiastica quando battezzato solamente uno dei coniugi. Infatti, mentre il can. 1960 del CIC 1917 indicava che le cause matrimoniali tra battezzati appartengono per diritto proprio ed esclusivo al giudice ecclesiastico, lart. 1 1 dellistr. Provida Mater Ecclesia precisava che detta giurisdizione che afferma di essere esclusiva spettava comunque alla Chiesa anche quando solo uno dei coniugi era battezzato . Questo il significato della modifica dellespressione inter baptizatos del CIC 1917 a favore di baptizatorum introdotta nel m.p. Causas matrimoniales, n. 1 e dai nuovi codici , seguendo linterpretazione fatta dallistr. Provida Mater Ecclesia. Pertanto la giurisdizione affermata nel can. 1671 CIC 1983 e, in modo pi esplicito, nel CCEO can. 781 non si basa solo sulla natura sacramentale del matrimonio e, di conseguenza, la legge indica la giurisdizione, non esclusiva, sul matrimonio (sacramentale o no) di un battezzato acattolico. Questi, daltra parte, non deve sottostare alle norme positive ecclesiastiche (cfr. can. 11), e neanche a quelle che la Chiesa stabilisce per la valida celebrazione del matrimonio di un cattolico con un non battezzato, sebbene tale unione non sia sacramentale. Effettivamente la forma canonica e gli impedimenti dirimenti di diritto ecclesiastico non obbligano i non cattolici , come neanche le norme sul processo canonico. Invece, laffermazione della giurisdizione della Chiesa sul matrimonio di un battezzato acattolico (cfr. can. 1671) non rientrerebbe nel concetto di legge meramente ecclesiastica, ma dichiarerebbe una potest nativa. Comunque, la dottrina giustifica la giurisdizione dichiarata nel can. 1671 sui battezzati acattolici senza distinguere la natura sacramentale o meno di tali matrimoni e rinviando ad una generica protezione delle norme di diritto divino (naturale) .

Ma il can. 1671 dice di pi sul tema che stiamo trattando. Come abbiamo appena ricordato, il can. 1960 del CIC 1917 e lart. 1 1 dellistr. Provida Mater Ecclesia indicavano lesclusivit della giurisdizione ecclesiastica. Lart. 1 del m. p. Causas matrimoniales soppresse tale esclusivit, utilizzando la stessa redazione del vigente can. 1671 . La Commissione codificatrice motiv questa modifica con ragioni ecumeniche e per il tono polemico dellespressione precedente, senza fare alcun riferimento specifico ai rapporti della giurisdizione canonica con quella civile . Infatti, la Chiesa non pu ignorare le dichiarazioni di nullit del matrimonio di due coniugi acattolici (battezzati o no) fatte in quegli ordinamenti, religiosi o statali, che possiedono detta istituzione, nel caso in cui si tratti di autentica dichiarazione di nullit e non dello scioglimento del vincolo, cio quando la decisione rispetta il diritto divino . La natura delle cose e la coerenza del ragionamento giuridico esigono che tale decisione venga accettata. Infatti, il riconoscimento del diritto di qualsiasi ordinamento legittimo a regolare sia le condizioni soggettive che rendono la persona e la sua dichiarazione di volont atti a contrarre matrimonio (impedimenti, capacit e consenso), sia la forma di celebrazione (cfr. CCEO can. 871), comporta il riconoscimento del diritto di giudicare riguardo il compimento di tali norme e di dichiarare linvalidit del vincolo che le ha violate. Questa legittima dichiarazione di invalidit deve poter essere recepita dallordinamento canonico, tra laltro, per rispetto allo ius connubii delle persone, dato che limpedimento di vincolo presuppone lesistenza di un precedente matrimonio non sciolto o dichiarato non valido dalla legittima autorit .

Tuttavia su tale questione esiste, almeno nellmbito latino, un considerevole vuoto legale, dottrinale e giurisprudenziale, dovuto sia al carattere prevalentemente teorico del problema, sia al prudente atteggiamento del legislatore di evitare di dettare delle norme la cui applicazione possa dar luogo a confusione, considerando che la stragrande maggioranza degli ordinamenti civili e delle confessioni cristiane acattoliche accettano il divorzio . Questa situazione rende difficoltoso il discernimento sulla natura della decisione dellordinamento non canonico: si tratta di una legittima dichiarazione di nullit o dello scioglimento di un vincolo valido? Tuttavia, come questione di principio, la ricezione canonica della dichiarazione di nullit dei matrimoni non sottoposti alla forma canonica appare come un obbligo di giustizia derivante dallo ius connubii e dalla natura delle cose. Perci, potrebbe essere opportuno dotare lordinamento canonico di un sistema di omologazione di tale decisione mediante unistituzione analoga alla delibazione italiana o allexequatur spagnolo per soddisfare quellobbligo di giustizia garantendo, allo stesso tempo, la conformit della decisione con il diritto naturale, in particolare il rispetto dellindissolubilit del vincolo valido .

In realt, il problema stato posto qualche volta davanti alla Curia Romana. In un caso relativamente recente, la Segnatura Apostolica ha deciso che la dichiarazione di nullit pronunciata dallautorit di una confessione acattolica non poteva essere recepita dallordinamento canonico poich tale dichiarazione ufficializzava semplicemente la separazione dei coniugi, concedendo loro il diritto di contrarre un nuovo matrimonio. In sostanza, non ha omologato tale dichiarazione considerando che si trattava di un divorzio . Pertanto, la decisione della Segnatura Apostolica che, inoltre, ha rifiutato la dispensa del normale sviluppo del processo canonico riconosce implicitamente la possibilit della ricezione canonica di unautentica dichiarazione di nullit del matrimonio non sottoposto alla forma canonica, pronunciata dalla legittima autorit di un altro ordinamento, applicando il diritto particolare e rispettando il diritto naturale.

La ricezione di tali dichiarazioni di nullit comporta lattuazione della prevenzione interordinamentale e, come presupposto della stessa, il riconoscimento del fatto che si tratta di una materia di giurisdizione mista, almeno rispetto al matrimonio di un acattolico battezzato, sul quale il can. 1671 (la cui natura, come test accennato, non di legge meramente ecclesiastica) afferma la giurisdizione della Chiesa, sebbene lunione non sia sacramentale n sia sottoposta alla forma canonica di celebrazione .

Quanto abbiamo appena indicato suggerisce lopportunit di interrogarsi su quale sia la distinzione tra il fondamento della giurisdizione della Chiesa sul matrimonio di un coniuge acattolico battezzato con un altro non battezzato matrimonio che, pur non essendo sacramento, spetta alla giurisdizione affermata dal can. 1671, sebbene non esclusivamente e la posizione della Chiesa nei confronti del matrimonio di due non battezzati. Entrambi i casi hanno due elementi evidenti che coincidono. Da una parte, nessuno dei coniugi di questi due tipi di matrimonio direttamente sottoposto alle leggi puramente ecclesiastiche (can. 11). Dallaltra parte, nessuno di quei matrimoni sacramentale. Ma prima di cercare di dare una risposta positiva alla domanda appena formulata, riflettiamo su altri casi normativi.

3.Lesercizio amministrativo della giurisdizione canonica. Il favor fidei

Antonino M. Abate uno dei migliori conoscitori del privilegium fidei mostra che, fino al pontificato di Pio XII, un autorevole settore dottrinale riteneva che la Chiesa mancasse di potest giuridica sul matrimonio dei non battezzati, dato che solo il battesimo conferiva ladeguato titolo giuridico per lesercizio della potest ecclesiastica, compreso quello di natura pontificia. Solo lo sviluppo dellecclesiologia negli anni precedenti al Concilio Vaticano II sviluppo che ebbe il suo momento centrale nellenc. Mystici corporis del 1943 permise laffermazione di tale potest, sebbene con molte sfumature. La potest si sarebbe fondata secondo la concettualizzazione giuridica di Ottaviani sulla percezione dinamica della missione della Chiesa. Tale concezione avrebbe conferito alla Chiesa la potest su ogni persona umana in quanto ordinata a far parte del popolo di Dio. Perci, durante i pontificati di Pio XI e di Pio XII, la Chiesa riconobbe la potest del Papa, in quanto vicario di Cristo, di sciogliere il vincolo matrimoniale non sacramentale quando tale scioglimento favoriva la posizione di un non battezzato che desiderava entrare nella Chiesa .

In realt, il carattere recente delle affermazioni sulla giurisdizione della Chiesa riguardo il matrimonio dei non cattolici dovrebbe essere riferito meglio alloggetto dellesercizio di tale giurisdizione e allindividuazione dei casi in cui viene esercitato, non tanto alla questione di principio. Effettivamente rispettando la volont di non analizzare la storia delle istituzioni che trattiamo, e ancora meno, di non riferirci a problemi di esegesi biblica , la promulgazione del privilegio paolino (cfr. 1 Cor 7, 12-15) stata considerata come la soluzione offerta da san Paolo per risolvere il grave e frequente problema giuridico (non si trattava di una mera questione pastorale o di coscienza) della persona sposata convertitasi al cristianesimo che, a causa della sua conversione, non poteva continuare a convivere con il coniuge che rimaneva pagano . Secondo questa interpretazione formulata formalmente nel XII sec. da Graziano e da Pedro Lombardo, che ha assunto carattere ufficiale nel magistero e nella legislazione pontifici a partire dalle citate decretali di Innocenzo III Paolo dava alcune norme per proteggere tale matrimonio e i diritti del non battezzato ma, in determinate situazioni, permetteva al battezzato di celebrare un altro matrimonio, al momento del quale si scioglieva il precedente. La carenza, nelle prime comunit cristiane, di strutture giurisdizionali adeguate a risolvere tale problema avrebbe suggerito allApostolo secondo linterpretazione del XII sec. la promulgazione di unistituzione semplice e di efficace attuazione, atta a sciogliere il matrimonio naturale, che la Chiesa conserva nellordinamento vigente in ossequio allautorit del testo neotestamentario (cfr. can. 1149).

Il fatto che listituzione paolina nel suo significato originale o nella sua interpretazione medievale possieda natura giuridica tanto evidente come quella riferita alla separazione coniugale o al nuovo matrimonio contratto il quale pu essere celebrato con unaltra persona non battezzata e che scioglie il vincolo precedente, sempre che sia esistito. Data lintrinseca composizione duale del vincolo, impensabile una giurisdizione ecclesiastica monista, solo sul coniuge battezzato. La carenza di giurisdizione sul non battezzato non solo renderebbe impossibile il suo esercizio sulla parte cristiana, ma tale giurisdizione sarebbe inesistente. Diverso che quella giurisdizione che non ha carattere generale, ma che presuppone la soluzione di un caso concreto (ogni matrimonio sciolto) si eserciti solo quando qualcuno la invoca con un motivo sufficiente, poich loggetto stesso del privilegio paolino il diritto a contrarre un nuovo vincolo a favore della fede, la cui celebrazione scioglie il precedente. Tuttavia, ovvio che il contesto giuridico romano della comunit di Corinto e la sua situazione etica comportavano un modello matrimoniale che avrebbe potuto permettere la dichiarazione di nullit di molti di quei casi; ma il concetto di dichiarazione di nullit fu acquisito dallordinamento canonico molti secoli pi tardi, precisamente quando, nel XII sec., viene generalizzata la menzionata interpretazione dellistituzione paolina. Di fatto, le autorit citate da Graziano nel Decretum e i suoi stessi dicta sul privilegio paolino segnalano sia la dignit del matrimonio naturale sia la non validit di molte di quelle unioni, pur non utilizzando tale espressione .

Levangelizzazione fatta in occasione della scoperta dellAmerica comport il riproporsi teologico e canonico delle circostanze che giustificavano lesercizio della giurisdizione ecclesiastica sui matrimoni dei non battezzati. La cultura giuridica e i costumi dei nativi americani non sembra fossero migliori di quelli in seno ai quali sorsero le prime comunit cristiane e, secondo la citata interpretazione del XII sec., fu promulgato il privilegio paolino. Daltra parte, nel XVI sec. le istituzioni canoniche avevano sperimentato uno straordinario sviluppo ed erano sufficientemente conosciute da alcuni dei missionari europei in America. Inoltre, il rapido impianto di strutture giurisdizionali ecclesiastiche nei territori evangelizzati permise di prendere coscienza tempestivamente della necessit di offrire una soluzione diversa dal privilegio paolino, sebbene basata sul favore della fede ai problemi matrimoniali dei nuovi cristiani. Cos sorse il cosiddetto privilegio petrino di scioglimento del vincolo tra non battezzati, i cui tipici casi la poligamia e la poliandria, presenti nel vigente ordinamento (cfr. can. 1148 1) consentono una qualificazione giuridica vicina a quella della dichiarazione di nullit o a quella della semplice constatazione dellattentato matrimonio .

Secondo Silvestrelli che dal 1962 fino ai giorni nostri si occupato del favor fidei in quello che allora era chiamato Santo Ufficio , alla fine del XIX sec. il nuovo impulso evangelizzatore in Africa e in Asia e le grandi migrazioni di cattolici in altri paesi e continenti originarono nuove situazioni che esigevano la decisione ecclesiastica sulla sussistenza di un vincolo matrimoniale tra acattolici, ma che non coincidevano con i casi previsti dal privilegio paolino n dal privilegio petrino tipizzato nel XVI sec. . Cos fu concettualizzato ci che stato nominato scioglimento a favore della fede, che comprende casi diversi e pi vasti di quelli del classico privilegio petrino, pur restando sostanzialmente immutato il privilegio paolino . Come conseguenza dello studio realizzato per risolvere il problema, la Congregazione per la dottrina della fede promulg listruzione del 1 maggio 1934, che dovette essere leggermente modificata solo cinque anni dopo, nel giugno del 1939 .

Nellallocuzione alla Rota Romana del 1941, Pio XII si rifer al favor fidei . Il Papa, oltre ad affermare lassoluta indissolubilit del matrimonio rato e consumato, distingueva per gli altri casi o non rato (non sacramentale) o rato ma non consumato tra una indissolubilit intrinseca e unaltra estrinseca. Intrinsecamente ogni matrimonio indissolubile; tuttavia, estrinsecamente, oltre che dal privilegio paolino, i matrimoni che non sono rati e consumati possono essere sciolti dal Romano Pontefice in virt della sua potest ministeriale o vicaria ricevuta da Cristo stesso. Pio XII ammon coloro che negavano tale potest e afferm che quelle posizioni implicavano un rigorismo contrario alla volont e al mandato divini. Come giustificazione dello scioglimento a favore della fede, il Pontefice invoc non solo la salus animarum e il bene comune della Chiesa, ma segnal esplicitamente la sua potest per ottenere il bene comune dellumano consorzio e quello di ogni persona umana .

Pio XII conferm, pertanto, la potest del Papa di sciogliere determinati vincoli matrimoniali in molti casi, giacch lespressione utilizzata casi relativamente ben rari , contrariamente a ci che potrebbe sembrare, molto vasta dato che la rarit di quei casi considerata relativa. A tale potest e al suo esercizio faremo riferimento pi avanti. Ora ci interessa segnalare che il Pontefice affermava la sua potest su qualsiasi matrimonio, sebbene il suo esercizio fosse condizionato dalla legittimazione di chi la richiedeva, e anche se utilizz un concetto di interesse molto ampio: per il cui conseguimento cos il bene comune della societ religiosa, e in generale dellumano consorzio, come il bene dei singoli trovano la dovuta e proporzionata considerazione.

Laffermazione di tale giurisdizione della Chiesa deve essere distinta da altre questioni che sono con questa in relazione, le quali, a loro volta, moltiplicano i problemi, esigendo una diversificata considerazione degli stessi, sebbene ora ne enunceremo appena alcuni. In primo luogo, la distinzione tra lo scioglimento del vincolo e la dichiarazione di nullit dello stesso; in secondo luogo, la determinazione della competenza, cio chi pu esercitare la giurisdizione sui diversi casi concernenti la sussistenza del vincolo matrimoniale; e in terzo luogo, la determinazione del procedimento che deve essere seguito in ognuno dei casi indicati, ossia, come deve essere esercitata la giurisdizione e la competenza. In ogni caso, gli intenti di sistematizzazione concettuale non possono dimenticare che la flessibilit insita nellordinamento canonico, unita alla pienezza della potest ecclesiastica del Romano Pontefice, comporta la possibilit di ricorsi atipici, come ad esempio la concessione di un documentum libertatis. Cos fu permesso laccesso ad un nuovo matrimonio ad un non battezzato che aveva richiesto lo scioglimento a favore della fede, ma il cui matrimonio non si volle sciogliere perch esistevano fondate possibilit che fosse nullo n si consider opportuno dichiararne la nullit, perch non se ne aveva la sufficiente certezza morale . In ogni caso, dato che non si tratta di una dichiarazione di nullit, la natura di questo documentum libertatis quella di scioglimento del vincolo: tertium non datur. Effettivamente, la natura delle istituzioni determinata dal loro contenuto oggettivo e dai loro effetti, non in maniera nominalista.

Dopo laffermazione del Vaticano II del principio del decentramento della potest episcopale, centralizzata in misura significativa da parte dei Romani Pontefici nel corso della storia, Paolo VI puntualizz nel m.p. De Episcoporum muneribus che rimanevano di esclusiva competenza del Papa quelle materie sulle quali solo il Pontefice, o il collegio episcopale agendo in quanto tale, aveva la potest. Ci significa che non potevano essere decentrate a favore dei vescovi quelle materie che non fossero state previamente centralizzate perch non appartenevano alla potest propria dei vescovi diocesani uti singuli. Tra quelle materie veniva menzionato esplicitamente lo scioglimento del vincolo non rato o non consumato . Pertanto, il relativo procedimento non pu essere altro che quello previsto dal Papa, direttamente o attraverso il dicastero, a cui ne affida la determinazione, non solo per la centralizzazione normativa processuale , ma perch i vescovi diocesani uti singuli, e i loro tribunali, non hanno la potest per tale scioglimento. Nonostante ci, recentemente la Segnatura Apostolica ha denunciato la prassi di qualche tribunale diocesano che si era attribuito la potest di concedere lo scioglimento a favore della fede, soppiantando lautorit del Pontefice .

Com noto, ad un certo momento del pontificato di Paolo VI fu sospesa la concessione della dispensa a favore della fede quando la parte richiedente non voleva battezzarsi, ma solo contrarre matrimonio con una persona cattolica. Questa possibilit era gi stata discussa durante il pontificato di Pio XII ed era stata applicata, in via eccezionale, da Giovanni XXIII . La questione dottrinale oggetto desame era se lintenzione di battezzarsi nella Chiesa Cattolica o di esservi ammesso, nel caso di una persona battezzata in unaltra chiesa cristiana, sposata con unaltra parte non battezzata costituisse un presupposto necessario per la dispensa ; cio, se la Chiesa ha giurisdizione sul matrimonio degli acattolici, senza che il favor fidei si riferisca immediatamente e direttamente a nessuno di quei coniugi acattolici. Alla fine, nel 1973, per quanto riguarda la questione che ora interessa, la Congregazione per la dottrina della fede dichiar: a) la non necessit dellintenzione di essere battezzata o di convertirsi; b) che, per la liceit della dispensa, sufficiente che il rapporto con la Chiesa cattolica del futuro coniuge, colui che non richiede la grazia e che legittimerebbe la posizione del richiedente davanti alla Chiesa, sia quella di catecumeno; e c) la condizione, per la validit della dispensa, dellimpegno della parte acattolica di rispettare la pratica religiosa del futuro coniuge e il battesimo e leducazione cattolica della prole .

Queste norme del 1973, che sono ancora vigenti , manifestano che lintenzione di contrarre matrimonio con un catecumeno considerata sufficiente a legittimare la parte che non vuole essere battezzata a richiedere lo scioglimento del suo vincolo matrimoniale. La ratio legis della norma si fonderebbe sulla protezione della fede del catecumeno e dell'eventuale prole. Effettivamente, una delle tre condizioni per la validit della dispensa l'impegno del non battezzato (o del battezzato acattolico) di rispettare la fede cattolica del futuro coniuge e della prole. Tuttavia, questa condizione pu essere soddisfatta solo se il futuro coniuge citato cattolico, o lo sar in futuro, nel caso del catecumeno . Lassenza di una situazione tale, impedisce lesistenza della giurisdizione della Chiesa?; o almeno, rende impossibile radicalmente la legittimazione della persona acattolica a richiedere la giurisdizione della Chiesa, proibendo lesercizio della stessa? Per dare una risposta sufficientemente motivata conviene considerare prima altri dati del problema, che si riferiscono alla dichiarazione di nullit del matrimonio di due non cattolici in via giudiziaria.

4.Lesercizio giudiziario della giurisdizione

Lo studio delle cosiddette nullit di coscienza ha portato lattenzione della dottrina verso alcune norme particolari, vigenti per pochi anni, date dal Santo Ufficio a favore del Vicariato Apostolico della Svezia nel 1947 e nel 1951 . Queste norme sono state ricordate recentemente per illustrare il superamento da parte dellordinamento canonico di qualsiasi limite formale per il conseguimento della certezza morale giudiziaria, per la quale pu essere sufficiente la dichiarazione di uno solo dei coniugi se si verificano una serie di circostanze ben determinate . Le norme svedesi affermano la giurisdizione della Chiesa sul matrimonio degli acattolici, battezzati o meno, giacch riconoscono la competenza del tribunale periferico nel giudicare sulla nullit di tali matrimoni. La fattispecie considerata per la legittimazione della parte attrice era il sincero desiderio della stessa di convertirsi al cattolicesimo . La tipizzazione di quella concreta fattispecie, uneccezione alla carenza di giurisdizione della Chiesa sui matrimoni degli acattolici in generale e, pertanto, comporta limpossibilit dellesercizio della competenza di qualsiasi tribunale ecclesiastico fuori dai casi eccezionali accolti dalla norma? Oppure manifesta solo la formalizzazione di un caso nel quale, presupposta la giurisdizione e la competenza, la parte attrice avrebbe il legittimo interesse richiesto per aver diritto allammissione della sua domanda giudiziaria (cfr. can. 1501)? Non ci troviamo di fronte a casi nei quali la legittimazione della parte attrice dovrebbe essere accertata dal giudice, seguendo il classico sistema di diritto giurisprudenziale canonico?

La Segnatura Apostolica, in un noto decreto del 1993, ha affermato che il coniuge acattolico (battezzato o meno) che vuole celebrare un nuovo matrimonio con una persona cattolica possiede, senza dubbio, il sufficiente interesse giuridico per poter essere parte attrice davanti ai tribunali ecclesiastici, seguendo una consolidata prassi della Rota Romana . Questa dichiarazione ha dato modo ad alcuni autori di sostenere, sebbene con moderata intensit, la giurisdizione universale della Chiesa sul matrimonio. Menzioneremo queste posizioni dopo la breve esposizione delle implicazioni che, sul nostro tema, offre il magistero di Giovanni Paolo II sul matrimonio (vide infra 6).

5.La giurisdizione propria ed immediata, ma non esclusiva, della Chiesa su qualsiasi matrimonio, alla luce del magistero di Giovanni Paolo II

Infatti, gli insegnamenti di Giovanni Paolo II sul matrimonio e sulla famiglia hanno comportato un approfondimento straordinario sulle realt che, per volont divina, sono alla base della comprensione della persona umana e di qualsiasi realt sociale, inclusi diversi aspetti della dimensione soprannaturale della Chiesa. Inoltre, il Papa propone tali istituzioni, illuminate dalla rivelazione neotestamentaria, come una via adeguata per comprendere meglio il mistero divino trinitario, creazionale e soteriologico. A sua volta quel mistero, cos come stato rivelato da Cristo, viene analizzato dal Pontefice per arrivare ad una pi esatta comprensione del matrimonio e della famiglia.

Daltra parte, tra le diverse figure che la Scrittura, la liturgia, il magistero e la teologia applicano alla Chiesa, una si presenta particolarmente suggestiva per la nostra riflessione: quella di famiglia di Dio. Lespressione, che ha profonde radici evangeliche e apostoliche (cfr. Lc 12, 42; Gv 13, 34-35; Gal 6, 10; 1 Gv 3, 1-2, 10, 14-18, 23-24; ecc.), stata utilizzata dal Concilio Vaticano II almeno in otto occasioni per riferirsi sia ai fedeli cattolici, sia ai fratelli nel Signore non cattolici (decr. Unitatis redintegratio, n. 3), sia allintera umanit . evidente che i testi conciliari non identificano la condizione (ontologica e giuridica) dei battezzati e dei non battezzati, e che distinguono quella dei cattolici da quella dei non cattolici. Tuttavia, presupposti questi concetti di natura dogmatica , tali testi permettono un uso analogico dellespressione famiglia di Dio per cercare di individuare il patrimonio giuridico comune, con incidenza ecclesiale, di qualsiasi persona umana, rispettando pienamente le diverse condizioni indicate. Gi Pio XII aveva parlato della Chiesa come famiglia in un contesto giuridico, ulteriormente proposto da Paolo VI . Seguendo questi ed altri interventi magisteriali, Giovanni Paolo II ha portato a termine uno straordinario approfondimento sulla riflessione della Chiesa famiglia di Dio, approfondimento che comporta significative conseguenze giuridiche .

Effettivamente presupposto il significato autentico dellespressione patristica fuori dalla Chiesa non c salvezza e della necessit del battesimo il Papa non esita ad affermare che per mezzo della Chiesa, tutti gli esseri umani sia donne che uomini sono chiamati ad essere la sposa di Cristo, redentore del mondo. (...) Nella Chiesa ogni essere umano maschio e femmina la sposa, in quanto accoglie in dono lamore di Cristo redentore, come pure in quanto cerca di rispondervi col dono della propria persona . Questo essere in stretto rapporto ontologicamente diverso per i battezzati e i non battezzati (i quali sono chiamati) con Cristo di ogni persona umana, alla quale Cristo stesso si donato come sposo, manifesta lintrinseca disposizione di ogni persona umana non battezzata al pieno inserimento nella Chiesa, mediante il battesimo. In questa intrinseca disposizione si pu percepire una realt ontologica sulla quale fondare un patrimonio giuridico con incidenza ecclesiale di ogni persona umana, superando radicalmente i noti problemi ermeneutici posti dal can. 96 sulla rilevanza del battesimo e della comunione rispetto al concetto di persona in Ecclesia . Effettivamente, ogni persona umana destinataria del dono sponsale di Cristo e, nel mistero di questa unione sponsale, gi fa parte della Chiesa famiglia di Dio e partecipa del patrimonio familiare, sebbene i relativi diritti su tale patrimonio siano diversi perch diverso il rapporto ontologico dei battezzati (che sono cristoconformati dal sacramento) e dei non battezzati con la Chiesa, che si struttura sacramentalmente e lesercizio degli stessi comporti alcuni problemi per il riconoscimento delladeguata e diversa legittimazione (vide infra 6). Ma, in realt, Cristo si offre come sposo anche a chi non cerca di rispondergli con il dono della propria persona e, pertanto, sebbene nella condizione del figliol prodigo prima della sua conversione (cfr. Lc 15, 12-16), membro di tale famiglia, avendo il diritto diverso tra i battezzati e i non battezzati di sapersi membro della stessa e di essere riconosciuto come tale, come ha segnalato Giovanni Paolo II nellenciclica Dives in misericordia, ricorrendo alluso di una analogia molto ampia .

Inoltre il Pontefice dimostra lintrinseca armonia intesa come la manifestazione della sostanziale continuit nel mistero del disegno divino tra lordine della creazione e quello della redenzione, e propone la famiglia fondata sul matrimonio come espressione e modello utili per esprimere la realt sacramentale e misterica della Chiesa , a partire da un concetto metafisico di persona che va a finire in quellaltro concetto di antropologia cristiana (o adeguata ):

Non si pu comprendere la Chiesa come Corpo mistico di Cristo, come segno dellAlleanza delluomo con Dio in Cristo, come sacramento universale di salvezza, senza riferirsi al grande mistero, congiunto alla creazione delluomo maschio e femmina ed alla vocazione di entrambi allamore coniugale, alla paternit e alla maternit. Non esiste il grande mistero, che la Chiesa e lumanit in Cristo, senza il grande mistero espresso nellessere una sola carne (cfr. Gn 2, 24; Ef 5, 31-32), cio nella realt del matrimonio e della famiglia. La famiglia stessa il grande mistero di Dio. Come Chiesa domestica, essa la sposa di Cristo. La Chiesa universale, e in essa ogni Chiesa particolare, si rivela pi immediatamente come sposa di Cristo nella chiesa domestica e nellamore in essa vissuto: amore coniugale, amore paterno e materno, amore fraterno, amore di una comunit di persone e di generazioni .

Molteplici potrebbero essere i testi, prendendoli da documenti molto vari. Sono significativi in maniera speciale diversi passaggi di Uomo e donna lo cre, della Lettera alle famiglie, della Mulieris dignitatem o del discorso del Papa ai partecipanti ad un congresso organizzato a Roma dallIstituto di Scienze per la Famiglia dellUniversit di Navarra .

Leone XIII, nellenc. Arcanum , affermava che ogni matrimonio, suapte natura, sacro. Per dimostrare le radici canoniche di tale affermazione citava due decretali, di Innocenzo III e di Onorio III, nelle quali si dice: coniugii Sacramentum, quod, quum non solum apud Latinos et Graecos, sed etiam apud fideles et infideles exsistat, a severitate canonica circa illud recedere non licebit . La dottrina contemporanea, seguendo la Scrittura e la tradizione canonica, ampiamente sviluppata dal Vaticano II e da Giovanni Paolo II, non ha dubbi nellaffermare la natura sacra di ogni matrimonio, che viene considerato sacramento primordiale del disegno salvifico divino, sebbene solo il vincolo tra due persone validamente battezzate sia uno dei sette sacramenti istituiti da Cristo , indipendentemente dalla confessione cristiana alla quale appartengono e dal fatto che in quella il matrimonio non sia considerato sacramento nel senso in cui il Concilio di Trento defin i sette sacramenti, nonostante il vincolo matrimoniale sia valido . Pertanto, sembra necessario insistere sulla progressiva positivizzazione e formalizzazione delle dimensioni di giustizia contenute in un filone tanto ricco, in questo caso sulla giurisdizione della Chiesa sul matrimonio.

Hervada accetta il dato formalizzato secondo il quale la Chiesa consapevole di non avere potere di giurisdizione [sul matrimonio dei non battezzati], salvo la potest del Romano Pontefice di scioglierli in ragione del privilegium fidei . Tuttavia, limpostazione matrimoniale hervadiana permette di affermare senza particolari difficolt in accordo con la concettualizzazione di Lombarda sulla potest della Chiesa sugli acattolici la positivizzazione della giurisdizione della Chiesa nei confronti di qualsiasi matrimonio tra non battezzati che, per qualche giusta ragione, entri in rapporto con la Chiesa . certo che tale rapporto, cos come viene posto da Giovanni Paolo II a livello generale, non viene considerato in termini strettamente giuridici ma ha carattere prevalentemente magisteriale, sebbene il magistero pontificio, stricto sensu, riguardo al matrimonio non si diriga esclusivamente ai cattolici o ai battezzati. Tuttavia, nei casi singolari, pu quel magistero pontificio fare in modo che il rapporto dei coniugi non battezzati con la Chiesa abbia natura giuridica, indipendentemente dalla volont di entrare a far parte della Chiesa o di contrarre matrimonio con una parte cattolica?

6.La potest diretta e indiretta e linteresse legittimo reciproco (della Chiesa e del coniuge acattolico)

La dottrina, anche la pi recente, solita distinguere tra la potest diretta e indiretta della Chiesa sui matrimoni degli acattolici. In mbito processuale che, come stiamo verificando, ha conseguenze che trascendono lmbito meramente strumentale o aggettivo si afferma che non esister mai una potest diretta, perch le leggi ecclesiastiche non obbligano i non cattolici, e perch la Chiesa non sarebbe dotata di quel potere che le permetterebbe di riconoscere socialmente i matrimoni degli acattolici, di regolarli in vista del bene comune e di pronunciare una sentenza giudiziaria sulla loro validit che abbia incidenza sociale. Tuttavia, attualmente dottrina comune che la Chiesa ha indiretta potest se quelle persone hanno rapporti giuridici con una parte cattolica (per verificare lesistenza dellimpedimento di vincolo) o, se per il desiderio di far parte della Chiesa, si ha la connessione con una questione canonica, ad esempio la dichiarazione circa la validit del matrimonio celebrato dallacattolico con unaltra persona non cattolica . Ortiz fa un passo avanti, ritenendo che la Chiesa ha una certa competenza in se sul matrimonio dei non battezzati .

Tuttavia, alcuni dei casi che abbiamo considerato sia quelli di petizione dello scioglimento a favore della fede, in particolare quello richiesto dallacattolico che vuole contrarre un nuovo matrimonio con un catecumeno, come i casi contemplati, in via giudiziaria , dalle norme per la Svezia e dal decreto della Segnatura Apostolica del 1993 in rapporto con il can. 1671 permettono di fare alcune considerazioni sul concetto di interesse legittimo che hanno incidenza sulla riproposizione dellmbito di giurisdizione della Chiesa. Infatti, si pu ritenere che la posizione giuridica di ogni matrimonio non sacramentale, nel quale nessuno dei coniugi cattolico e non vuole convertirsi n sposarsi con un cattolico, ha elementi sui quali esiste una certa giurisdizione canonica . Tali casi manifestano in conformit con il criterio che fonda la giurisdizione canonica (cfr. can. 1752) che il rapporto giuridico minimo esatto dallordinamento canonico per lesercizio della giurisdizione (il legittimo interesse della parte attrice e il rispettivo interesse della Chiesa) proviene dalla salus animarum, rispettando i diversi criteri di competenza per la dichiarazione giudiziaria di nullit o per lo scioglimento pontificio.

Tale salus si riferisce direttamente, nei casi formalizzati dalle norme o positivizzati dalla prassi della Segnatura Apostolica, alla persona cattolica o al catecumeno che vuole sposarsi con un non battezzato (e alleventuale prole), sebbene la legittimazione attiva spetti solo al coniuge non cattolico che richiede la dichiarazione di nullit o lo scioglimento del vincolo. Tuttavia, il decreto della Segnatura del 1993 indica che il desiderio della parte non battezzata di sposarsi con un cattolico conferisce alla prima, senza dubbio, il sufficiente interesse giuridico per esercitare lazione di nullit. Pertanto, il decreto ammette la possibilit (se pur sottoposta a dubbio) che tale interesse esista anche senza il desiderio di sposarsi con un cattolico n di convertirsi .

Questo significa che la Chiesa potrebbe riconoscere rilevanza canonica alla richiesta di un coniuge acattolico che fosse esaminata dai tribunali della Chiesa la dichiarazione di nullit del matrimonio celebrato tra due non cattolici e persino non battezzati , che non vogliano sposarsi con un cattolico n convertirsi , perch tale richiesta manifesta un certo riconoscimento da parte di quella persona della sua condizione ontologica di figlio (prodigo) di Dio e della Chiesa , e di far parte della Chiesa famiglia di Dio, con tutte le distinzioni che abbiamo indicato tra i battezzati e i non battezzati, e tra i cattolici e i non cattolici.

A questo proposito molto significativa una norma della Commissione per levangelizzazione, della Conferenza Episcopale del Giappone, che regola con lapprovazione della Congregazione per la dottrina della fede la celebrazione davanti alla Chiesa del matrimonio di due non battezzati, senza che nessuna di quelle persone manifesti il minimo desiderio di convertirsi. Questa celebrazione, secondo quanto segnala la norma, nacque dal riconoscimento di molti non battezzati della auctoritas e in questo senso della giurisdizione della Chiesa sul matrimonio; e perch la Chiesa riconosce il valore evangelizzatore di quella pratica (di fatto un mezzo efficace per successive conversioni) e che quei non battezzati fanno parte della famiglia di Dio. La Commissione indica che, in Giappone, queste celebrazioni sono pi numerose dei matrimoni tra cattolici o con dispensa dellimpedimento di disparit di culti. Il documento dispone che vengano spiegati con chiarezza gli elementi basilari della visione cristiana del matrimonio e il significato dellorazione e della benedizione, in modo da ottenere un certo livello di comprensione e accettazione di tali concetti da parte dei contraenti. Si suggerisce di impartire questa formazione in corsi da tre a sei mesi di durata, con una o due lezioni settimanali. Sebbene questa celebrazione manchi in se stessa di un qualche effetto civile, la norma ecclesiastica prescrive che i coniugi non battezzati devono iscrivere la celebrazione religiosa nel registro statale sullo stato civile delle persone, poich tale iscrizione costituisce latto con cui qualsiasi matrimonio (religioso o privato) acquisisce valore civile .

In questi casi di richiesta della dichiarazione di nullit e della celebrazione del matrimonio davanti alla Chiesa , la salus animarum del non cattolico quella che conferisce il titolo giuridico (cio linteresse della Chiesa) per lesercizio della giurisdizione canonica sul matrimonio non sacramentale. Cos ci sembra che possa essere interpretato il pensiero di Lombarda quando si riferiva a norme con efficacia ordinatrice di situazioni giuridiche soggettive, la cui obbligatoriet non assoluta, ma dipende da un atto di sottomissione volontario, e la cui funzione quella di aprire delle strade verso rapporti sociali [che attribuiscono agli acattolici] facolt in ordine al fine della salvezza delle anime . La sentenza canonica sullazione di nullit del matrimonio di due non battezzati (a fortiori se uno dei coniugi acattolico battezzato) non sarebbe un pronunciamento diretto solo ad illuminare la coscienza delle parti, visto che si realizza nel foro esterno e data la intrinseca natura sociale (e, in questo senso, pubblica) del matrimonio, al margine degli effetti civili della sentenza canonica possiede, almeno potenzialmente, una rilevanza sociale con conseguenze giuridiche pi o meno incisive in rapporto al riconoscimento sociale della legittimit naturale del matrimonio: quella che conforme al carattere indissolubile del vincolo. Il tribunale ecclesiastico dovr applicare la legge processuale canonica comune come ha indicato la Segnatura nel decreto del 1993 e il diritto sostantivo naturale e le norme che rispettano questo diritto dellordinamento giuridico che regola tale matrimonio .

In definitiva, detti casi permettono di sostenere una certa giurisdizione della Chiesa su ogni matrimonio sia per lunicit dellistituzione matrimoniale secondo il disegno divino al principio (cfr. Gen 2, 24), corroborato da Cristo per ogni matrimonio (cfr. Mt 19, 3-12) e ripromulgato universalmente da Giovanni Paolo II, confidando nellaiuto della grazia ad ogni persona che non la rifiuta sia perch la Chiesa interessata ad una realt giuridica che ha evidenti conseguenze per la salus animarum di chi richiede lintervento ecclesiastico e della comunit in cui vive. In questo caso sarebbe applicabile ad ogni matrimonio il noto aforisma ubi eadem est legis ratio, ibi eadem legis dispositio . Perci sono daccordo con lanalisi di Carrillo sulla natura diretta, e non solo indiretta, della potest della Chiesa sulla sussistenza di qualsiasi matrimonio, sebbene non condivida altre sue affermazioni. Secondo questo autore, potest diretta quella che viene esercitata su qualcuno che, per se et immediate, sottoposto per qualche titolo, alla legge sulla quale lAutorit pubblica ha potest, verificandosi, in qualche modo, il rapporto tra superiore e suddito . Sembra evidente che lacattolico che richiede lintervento della Chiesa riconosca una certa giurisdizione della stessa, indipendentemente dal motivo e dagli effetti civili che questa dichiarazione possa avere, e che la Chiesa ha un interesse legittimo nellesercitare quella potest, come mezzo per attuare, a livello sociale e non solo personale, la salus animarum in cui risiede il fondamento della sua giurisdizione (cfr. can. 1752). Forse non stata sufficientemente distinta lesistenza dallesercizio della giurisdizione, che nellordinamento canonico comprenderebbe i concetti romanisti di giurisdizione e di giudicazione .

7.Sul carattere sussidiario dello scioglimento pontificio del vincolo rispetto alla dichiarazione di nullit (critica del can. 1681), sullopportunit di uno studio pi dettagliato sulla potest pontificia di sciogliere il matrimonio e altre conclusioni

La menzionata unicit dellistituzione matrimoniale e le conseguenze dei mass media nella tipizzazione del concetto di dispensa canonica, suggeriscono lopportunit di riproporre luso sempre pi frequente dello scioglimento a favore della fede e sebbene largomento esuli dal tema che ci stato affidato della dispensa super matrimonio rato et non consummato. Infatti, la diffusione della dispensa e la notizia di tale prassi potrebbe comportare lillegittimit della stessa, dato che la norma prescrive sebbene la prescrizione positiva sia, in un certo modo, non necessaria che per lo scioglimento di un vincolo, a favore della fede o super rato, si debba evitare il pericolo di scandalo pubblico o la mera gravis admirationis , cio, devono favorire la salus animarum.

Evidentemente non pretendo di questionare la potest vicaria del Romano Pontefice di sciogliere alcuni vincoli, potest che stata affermata dai Papi in numerose occasioni normative e dottrinali. Tuttavia, considero teologicamente, pastoralmente e giuridicamente pi conforme allunicit dellistituzione matrimoniale dare preferenza alla via giudiziaria per dichiarare la validit o la nullit del vincolo, sacramentale o no, consumato o non consumato, perch nella giustificazione della potest vicaria del Papa intervengono dati di fede che oltrepassano i limiti puramente speculativi umani e perch, per tale giustificazione, stato utilizzato, dal sec. XII, il testo della prima Epistola ai Corinzi sul privilegio paolino in modo discordante con quanto su quel testo afferma lesegesi letterale e la genuina interpretazione patristica (vide supra 3).

Daltra parte, le indicazioni normative che raccomandano la dispensa super rato nelle cause giudiziarie di impotenza manifestano oltre alla consapevolezza del legislatore delle difficolt pratiche che comporta un processo di nullit del matrimonio e al problema della prova della perpetuit dellimpotenza una certa claudicazione nella questione di principio: ladeguamento, di natura meramente dichiarativa, tra il contenuto della decisione e la realt (i cosiddetti favor veritatis e favor matrimonii del can. 1060). Infatti, a volte questi favores si sono presentati in contrasto con il favor fidei dichiarato nel can. 1150, sebbene tale contrasto sia fittizio . Ma lanalisi di tali problemi e la proposta di soluzioni operative sar, spero, oggetto di un altro studio.

A questo proposito utile ricordare un fatto avvenuto durante la revisione finale del nuovo codice fatta dal Papa con la collaborazione di un gruppo di giuristi, di teologi e di rappresentanti della Curia Romana e dellepiscopato. Lo riferisce uno dei membri di quella autorevole commissione, P. Umberto Betti, ex rettore della Pontificia Universit Lateranense, in alcune pagine del suo diario pubblicate recentemente, la cui lettura integrale mi permetto di raccomandare a chi non le conosce. Una delle annotazioni del diario di Betti dice cos: Il 17 settembre [1982], ore 12,50-15,40, incontro con il Papa, a Castelgandolfo. Sono in programma i canoni 1055-1165. Il mio intervento principale riguarda il can. 1150, che riconosce al Romano Pontefice la potest di sciogliere il matrimonio di due non battezzati, nessuno dei quali intende ricevere il battesimo. In esso si ha quindi la codificazione della Instructio, e Normae annesse, della Congregazione per la dottrina della fede del 6 dicembre 1973. Al riguardo, sia nella commissione speciale ad hoc che nel voto per Paolo VI del 9 marzo 1972, il mio parere fu constat de non potestate Papae. In considerazione di queste antecedenti, manifesto al Papa la difficolt a ripetere quel parere. Mi dice che devo ugualmente parlare con tutta libert. Propongo dunque la soppressione pura e semplice di tale canone, perch non sia data stabilit giuridica ad una prassi, peraltro recente, destituita di sicuro fondamento teologico. La si vorrebbe infatti fondare sulla potest vicaria del Romano Pontefice, intesa per non nel senso di potest conferitagli da Cristo in ordine al suo ufficio di Capo visibile della Chiesa, ma nel senso che essa gli conferita in quanto Vicario di Cristo in assoluto, e che quindi si estende anche al di fuori della Chiesa. In forza della potest vicaria cos intesa, il Romano Pontefice potrebbe derogare alla legge naturale dellindissolubilit del matrimonio. Per parte mia ritengo che lesistenza di tale potest extraecclesiale tutta da dimostrare. Il Papa ha ascoltato attentissimo ed anche preoccupato. Dice che per ora si fida della decisione di Paolo VI che approv la Instructio e le Normae della Congregazione per la dottrina della fede del 1973. Ma ritiene che una questione tanto grave dovr essere ancora attentamente approfondita .

Fin qui il diario di Betti. Mi sia permesso di annotare, modestamente, che la gravit della questione che preoccuperebbe Giovanni Paolo II non sembra tanto quella dellesercizio della potest ecclesiastica sui non battezzati, ma anzi la possibilit (che ho segnalato in corsivo) di derogare il principio dellindissolubilit del matrimonio, sia quello non sacramentale (attraverso il favor fidei) sia quello sacramentale (attraverso la dispensa super matrimonio rato et non consummato) .

Il citato ufficiale della Congregazione per la dottrina della fede, incaricato dellespletamento delle formalit per lo scioglimento pontificio in favorem fidei, concludeva una relazione, pronunciata nel 1991, costatando che molti secoli sono trascorsi prima che la potest del S. Padre di sciogliere il matrimonio rato e non consumato diventasse dottrina comune. E pronosticava che lo stesso, ritengo, avverr per quanto attiene allo scioglimento del matrimonio in favorem fidei .

Tuttavia, considero pi concorde con lapprofondimento sulla dignit di qualsiasi matrimonio, fatto da Giovanni Paolo II, distinguere diverse questioni che, in un certo modo, sembrano non sufficientemente differenziate nel pensiero di Silvestrelli.

In primo luogo, la questione del carattere sussidiario dello scioglimento pontificio: lo scioglimento di un vincolo valido, sia sacramentale che non sacramentale, non dovrebbe mai essere utilizzato come via sostitutiva della dichiarazione della validit o della nullit del matrimonio. Evidentemente, non propongo che venga concessa ai vescovi diocesani o ai tribunali ecclesiastici la potest pontificia di sciogliere il matrimonio valido attraverso il favor fidei o la dispensa super rato, n tanto meno che tali istituzioni possano essere mimetizzate come false dichiarazioni di nullit. Semplicemente ritengo pi adeguato in contrasto con quanto indicato dal can. 1681 e dalle altre norme citate ricondurre al giudizio sulla validit del matrimonio accettando la sentenza corrispondente (pro nullitate o pro validitate vinculi) la maggior parte dei casi che sono sciolti attraverso dette istituzioni. Infatti, molti dei casi di quello che fu chiamato privilegio petrino (per poligamia o poliandria ) sono attualmente riconducibili a casi di matrimoni nulli per simulazione totale o parziale, per esclusione dellunit (cfr. can. 1101 2 coll. cum cann. 1055 e 1056). Ugualmente saranno nulli molti dei casi sciolti con la dispensa super matrimonio rato et non consummato: alcuni per impotenza fisica (cfr. can. 1084 1), altri per ignoranza sulla cooperazione sessuale necessaria per la procreazione (cfr. can. 1096), altri per simulazione del consenso quando, ad esempio, sia stato escluso il bonum prolis o la donazione del legittimo debito coniugale (cfr. can. 1101 2), ecc. Daltra parte, il ricorso alla potest vicaria del Papa per sciogliere un vincolo valido il cui fondamento non stato ancora sufficientemente dimostrato a livello teologico e canonico pone particolari difficolt per la comprensione della norma che nella sua funzione di aprire delle strade verso rapporti sociali [che attribuiscono] agli infedeli facolt in ordine al fine della salvezza delle anime riconosce alla Chiesa una certa giurisdizione universale sul vincolo matrimoniale. Tuttavia, la via giudiziaria la mera dichiarazione della validit o della nullit di qualsiasi matrimonio, secondo la legge naturale e le norme umane legittime che lo regolano esprime meglio, a mio giudizio, lindole ministeriale (a servizio della salus animarum) della giurisdizione ecclesiastica.

In secondo luogo, condivido il parere di Silvestrelli sul fatto che, perch lo scioglimento a favore della fede sia accettato come dottrina comune, necessario continuare ad approfondire il fondamento teologico e giuridico della potest del Romano Pontefice di sciogliere un vincolo valido. Sebbene accetti pienamente il giudizio della Chiesa, il quale, attualmente, afferma detta potest pontificia, tale approfondimento potrebbe comportare la negazione della stessa o lesigenza che lesercizio di questa fosse veramente eccezionale e che fosse applicabile solo in via sussidiaria, cio quando non fosse possibile la dichiarazione di nullit e, tuttavia, fosse opportuno lo scioglimento (vide supra 3).

Inoltre, bisognerebbe riconoscere che, sulla validit del matrimonio non sottoposto alla forma canonica, i tribunali della Chiesa hanno giurisdizione mista, condivisa con le altre istanze competenti degli Stati e delle confessioni religiose che accettano listituzione della dichiarazione di nullit in modo rispettoso al carattere indissolubile dellunico modello matrimoniale istituito dal Creatore. Anzi, la giurisdizione canonica avrebbe carattere sussidiario rispetto a quella degli altri ordinamenti nei quali venne celebrato il matrimonio, rispettando la prevenzione interordinamentale . Effettivamente, da un punto di vista di diritto positivo umano, quel vincolo resta sottomesso in primo luogo al regime giuridico stabilito dagli ordinamenti non canonici riguardo la forma di celebrazione, la capacit, gli impedimenti, ecc. Queste norme non canoniche, oltre ad altre di diritto naturale, dovranno essere applicate dal tribunale ecclesiastico che giudica sulla validit di detto vincolo (cfr. CCEO can. 781). Le legittime dichiarazioni non canoniche di nullit del matrimonio dovrebbero poter essere accolte dallordinamento ecclesiale attraverso un sistema di controllo e di omologazione, simile alla delibazione o allexequatur .

In definitiva, le difficolt pratiche di applicazione del processo canonico di nullit del matrimonio o di ricezione ecclesiale della sentenza di nullit di un altro ordinamento non dovrebbero debilitare la coerente affermazione dellunicit dellistituzione matrimoniale e del suo carattere indissolubile. In una questione tanto importante e che concerne potenzialmente qualsiasi persona umana, la rottura del principio potrebbe comportare la perdita di credibilit della Chiesa e, pertanto, compromettere la realizzazione della salus animarum, che la finalit per la quale stata istituita e sulla quale si fonda la giurisdizione ricevuta da Cristo.

*In J. Carreras (a cura di), La giurisdizione della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia, Milano, 1998, pp. 77-126. Versione italiana, con diverse modifiche, della relazione La jurisdiccin de la Iglesia sobre los matrimonios no obligados a la forma cannica (settembre 1996), pubblicata in Ius Canonicum, 37 (1997), pp. 33-71 e in R. Rodrguez-Ocaa (a cura di), Forma jurdica y matrimonio cannico, Pamplona, 1998, pp. 183-216. facile verificare che nel testo scritto stata mantenuta loriginaria esposizione orale.

Questi temi sono stati trattati nelle relazioni dei professori Juan Forns (La forma en el matrimonio de un catlico con no catlico, in Forma jurdica y matrimonio cannico, cit., pp. 75-91) e Toms Rincn-Prez (Alcance cannico de las frmulas abandono notorio de la fe catlica y apartamiento de la Iglesia por acto formal, in ibidem, pp. 93-114), alle quali rimando. Cfr., tra gli altri studi recenti, Aa.Vv., I matrimoni misti, Citt del Vaticano, 1998; P. Bianchi, Note in materia di forma straordinaria della celebrazione del matrimonio, in Quaderni di diritto ecclesiale, 9 (1996), pp. 257-267; J. Hendriks, La forma straordinaria del matrimonio, in ibidem, pp. 239-256; M.A. Ortiz, Sacramento y forma del matrimonio. El matrimonio cannico celebrado en forma no ordinaria, Pamplona, 1995, passim; N. Schch, La forma canonica nei matrimoni dei protestanti dal Concilio di Trento fino al decreto Ne temere (1907), in Monitor Ecclesiasticus, 121 (1996), pp. 241-268.

Cfr. J. Hervada P. Lombarda, El Derecho del Pueblo de Dios, vol. 1, Pamplona, 1970, pubblicato con alcune modifiche e aggiornamenti come Introduccin al Derecho Cannico in A. Marzoa J. Miras R. Rodrguez-Ocaa (a cura di), Comentario exegtico al Cdigo de Derecho Cannico, Pamplona, 1996, vol. 1, pp. 50-55; J. Hervada, Diritto costituzionale canonico, traduzione italiana curata da G. Lo Castro, Milano, 1989, pp. 18-23.

Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al Sinodo dei Vescovi nella presentazione del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, 25 ottobre 1990, n. 8, in AAS, 83 (1991), pp. 486-493; Id., Discorso al Simposio internazionale di Diritto Canonico organizzato dal Pontificio Consiglio per linterpretazione dei Testi Legislativi, 23 aprile 1993, n. 3, in AAS, 86 (1994), pp. 244-248; G. di Mattia, La procedura penale giudiziaria e amministrativa nel CCEO e nel CIC. Riflessioni comparative, in Apollinaris, 69 (1996), pp. 79-117; P. Gefaell, Rapporti tra i due Codici dellunico Corpus Iuris Canonici, in La scienza canonistica nella seconda met del 900. Fondamenti, metodi, prospettive in dAvack Lombarda Gismondi Corecco. Roma, 13-16 novembre 1996, in corso di stampa.

G. Lo Castro, Pubblico e privato nel diritto canonico, in R. Bertolino S. Gherro G. Lo Castro (a cura di), Diritto per valori e ordinamento costituzionale della Chiesa, Torino, 1996, p. 148.

Cfr. Giovanni Paolo II, lett. enc. Redemptor hominis, 4 marzo 1979, n. 14, in AAS, 71 (1979), pp. 257-324; Id., Lettera alle famiglie Gratissimam sane, 2 febbraio 1994, n. 2, in AAS, 86 (1994), pp. 868-925.

Causae matrimoniales baptizatorum iure proprio ad iudicem ecclesiasticum spectant (can. 1671).

Cfr. M.A. Ortiz, Sacramento y forma del matrimonio, cit., pp. 67-160, e la bibliografia citata.

Cfr. cann. 11, 1055 2; vide infra note 15 e 20.

Causae matrimoniales inter baptizatos iure proprio et exclusivo ad iudicem ecclesiasticum spectant (can. 1960). Idem obtinet si una tantum pars sit baptizata (S.C. per i sacramenti, istr. Provida Mater Ecclesia, 15 agosto 1936, art. 1 1, in AAS, 28 (1936), pp. 313-361).

Cfr. Paolo VI, m.p. Causas matrimoniales, 28 marzo 1971, in AAS, 63 (1971), pp. 441-446; CCEO can. 781.

Si quando Ecclesia iudicare debet de validitate matrimonii acatholicorum baptizatorum: 1 quod attinet ad ius, quo partes tempore celebrationis matrimoniis tenebantur, servetur can. 780, 2; 2 quod attinet ad formam celebrationis matrimonii, Ecclesia agnoscit quamlibet formam iure praescriptam vel admissam, cui partes tempore celebrationis matrimonii subiectae erant, dummodo consensus expressus sit forma publica et, si una saltem pars est christifidelis alicuius Ecclesiae orientalis achatolicae, matrimonium ritu sacro celebratum sit (CCEO can. 781).

Cfr. cann. 11, 1117. Tuttavia esistono norme sulla forma e sugli impedimenti che, riguardando il matrimonio nella sua caratteristica di indivisibilit, obbligano indirettamente e con una diversa rilevanza giuridica i non cattolici nel caso in cui vogliano sposarsi con un cattolico.

Cfr., ad es., M. Lpez Alarcn R. Navarro-Valls, Curso de derecho matrimonial cannico, Madrid, 1984, pp. 80-81; J. Llobell, Comentario al can. 1671, in Comentario exegtico, cit., vol. 4, pp. 1829-1833.

Cfr. Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici recognoscendo, Schema canonum de modo procedendi pro tutela iurium seu de processibus, Typis Polyglottis Vaticanis, 1976, praenotanda, n. 50 (vide Communicationes, 8 (1976), p. 193).

Cfr. Communicationes, 11 (1979), p. 256; U. Navarrete, La giurisdizione delle Chiese orientali non cattoliche sul matrimonio (can. 780 CCEO), in Il matrimonio nel Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, Citt del Vaticano, 1994, pp. 100-125.

Cfr. cann. 1290, 1692 2.

La solutio legitima indicata nel can. 1085 2 si riferisce allo scioglimento causato dalla morte di uno dei coniugi (cfr. can. 1141), ai diversi casi di scioglimento canonico (cfr. cann. 1142-1150) e alla dichiarazione civile di nullit del matrimonio non sottoposto alla forma canonica, sempre che tale dichiarazione rispetti il principio naturale di indissolubilit (cfr. J.I. Baares, Comentario al can. 1085, in Comentario exegtico, cit., vol. 3, pp. 1170-1173). Cfr. G. de Ysasi, Libertad religiosa y matrimonio cannico de los catlicos: estudio teolgico, (Pontificio Ateneo della Santa Croce, Thesis ad Doctoratum in Theologia), Roma, 1996, pro manuscripto, pp. 241-284.

Cfr. A. Bettetini, La secolarizzazione del matrimonio nellesperienza giuridica contemporanea, Padova, 1996. noto che in diverse chiese ortodosse la cosiddetta morte religiosa equiparata alla morte naturale, e che ladulterio della moglie ed altre imprecise cause gravi di turbamento della vita coniugale permettono il divorzio (cfr. C. Pujol, El divorcio en las iglesias ortodoxas orientales, in T. Garca Barberena (a cura di), El vnculo matrimonial. Divorcio o indisolubilidad?, Madrid, 1978, pp. 371-433).

La Segnatura Apostolica si occupa di alcune formalit previste da diversi concordati per concedere efficacia civile alle sentenze canoniche di nullit del matrimonio (cfr. Segnatura Apostolica, Normae speciales in Supremo Tribunali Signaturae Apostolicae ad experimentum servandae, 25 marzo 1968, artt. 18, 1, 60-63, in Enchiridion Vaticanum, Bologna, 1984, vol. 8, pp. 522-587; F. DOstilio, La rilevanza del matrimonio canonico nellordinamento giuridico italiano nel corso del secolo XX, Citt del Vaticano, 1996, pp. 148-151).

Segnatura Apostolica, Non conceditur petita dispensatio a processu iudiciali instituendo de nullitate matrimonii acatholicorum, Prot. 22343/90 V.T., 7 gennaio 1991.

La ricezione della sentenza civile di nullit e lapplicazione della prevenzione interordinamentale pongono, oltre ai problemi segnalati, altri problemi di natura congiunturale. In concreto, data la risonanza che hanno le vicissitudini italiane davanti alla Curia Romana, hanno una notevole incidenza negativa i tentativi di alcuni tribunali italiani, appoggiati da un vasto settore dottrinale, di giudicare sulla validit del matrimonio canonico. Si tratta della supposta deroga della riserva di giurisdizione dei tribunali ecclesiastici, prevista nel Concordato Lateranense (11 febbraio 1929), dai nuovi accordi tra la Santa Sede e lo Stato Italiano del 1984. Il Tribunale Costituzionale Italiano ha negato apparentemente tale deroga della riserva di giurisdizione, sebbene la sua sentenza non abbia appianato le controversie (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 421, 1 dicembre 1993, redattore Mirabelli, in Ius Ecclesiae, 6 (1994), pp. 859-865; Tribunale di Padova, sentenza 7 gennaio 1995, in Il diritto di famiglia e delle persone, 25 (1996), pp. 1020-1036). Sulla questione la letteratura vastissima; cfr., ad es., S. Berling e V. Scalisi (a cura di), Giurisdizione canonica e giurisdizione civile. Cooperazione e concorso in materia matrimoniale, Milano, 1994; R. Botta (a cura di), Matrimonio religioso e giurisdizione dello Stato, Bologna, 1993; M. Canonico, Ammissibilit del giudizio di nullit del matrimonio concordatario dinanzi al giudice statale e diritto applicabile, in Il diritto di famiglia e delle persone, 25 (1996), pp. 1065-1097; F. DOstilio, La rilevanza del matrimonio canonico, cit., pp. 123-148; D. Garca Hervs, Jurisdiccin cannica y civil sobre el matrimonio, in Ius Ecclesiae, 8 (1996), pp. 265-284 (lautrice raccoglie lopinione secondo la quale la prevenzione interordinamentale senza reciprocit infondata; invece, se esiste reciprocit bisogna considerare i criteri della litispendenza e del giudicato: p. 276); G. Grazioso, Considerazioni in tema di invalidit del matrimonio civile nel diritto italiano, in Monitor Ecclesiasticus, 121 (1996), pp. 267-286; P. Lillo, Giudizio di nullit del matrimonio concordatario e nuovo sistema di diritto internazionale privato: osservazioni preliminari, in Il diritto di famiglia e delle persone, 25 (1996), pp. 1036-1065; G. Lo Castro, Il matrimonio fra giurisdizione civile e giurisdizione canonica, in Ius Ecclesiae, 6 (1994), pp. 687-707; F. Lpez Zarzuelo, El proceso cannico de matrimonio rato y no consumado. Eficacia civil de las resoluciones pontificias. Doctrina, legislacin y formularios, Valladolid, 1991, pp. 337-392; C. Minelli, La canonizzazione delle leggi civili e la codificazione postconciliare. Per un approccio canonistico al tema dei rinvii tra ordinamenti (can. 22), in Periodica de re canonica, 85 (1996), pp. 445-487; G. Pignataro, Sulle invalidit matrimoniali negli ordinamenti civile e canonico, Napoli, 1995, pp. 155-188; L. Spinelli G. Dalla Torre (a cura di), Matrimonio concordatario e giurisdizione dello Stato: studi sulle recenti evoluzioni della giurisprudenza, Bologna, 1987.

Sulla prevenzione interordinamentale in materie non matrimoniali, cfr., ad esempio, le sentenze rotali coram Jullien, 13 febbraio 1932; coram Pecorari, 29 maggio 1937; coram Wynen, 5 agosto 1937; coram De Jorio, 3 febbraio 1965 (vide V. Palestro, La giurisprudenza rotale nelle cause iurium e penali (1909-1993), Milano, 1996, pp. 103, 114, 115; 156); H. Schwendenwein, Il diritto canonico nei tribunali statali austriaci, in B. Esposito (a cura di), Attuali problemi di interpretazione del Codice di diritto canonico. Atti del Simposio Internazionale del I Centenario della Facolt di Diritto Canonico della Pontificia Universit S. Tommaso dAquino. Roma, 24-26 ottobre 1996, Roma, 1997, pp. 150-159.

Cfr. CIC 1917 can. 1553 2. Sulla scomparsa formale di tale previsione legale dal CIC 1983, cfr. Communicationes, 11 (1979), p. 257; Pontificio consiglio per linterpretazione dei testi legislativi, Acta et documenta PCCICR. Congregatio Plenaria diebus 20-29 octobris 1981 habita, Typis Polyglottis Vaticanis, 1991, pp. 536-538; J. Llobell, Comentario al can. 1672, in Comentario exegtico, cit., vol. 4, pp. 1834-1835. Cfr., inoltre, G. Lo Castro, Lidea di matrimonio e i rapporti interordinamentali e Il matrimonio nella scienza dei giuristi, in Tre studi sul matrimonio, Milano, 1992, pp. 41-122.

Cfr. Pio XII, litt. enc. Mystici corporis, 29 giugno 1943, in AAS, 35 (1943), pp. 193-248.

Cfr. A. Abate, De dissolutione matrimonii non baptizatorum utroque coniuge in infidelitate manente, in Periodica, 67 (1978), pp. 118-123; Id., La potest indiretta della Chiesa, Roma, 1957; Id., Il matrimonio nella nuova legislazione canonica, Brescia, 1985, passim.

In realt, il testo paolino, secondo lesegesi contemporanea e la tradizione patristica, permetteva solo la separazione dei coniugi (solitamente denominata divortium), non laccesso ad un nuovo matrimonio. Tale separazione causava lo scioglimento del rapporto giuridico coniugale nei suoi aspetti patrimoniali, di parentela, ecc., la cui natura era prevalentemente privata nel diritto romano. Tuttavia, quello scioglimento non dava diritto a celebrare nuove nozze davanti la Chiesa, secondo il testo paolino e linterpretazione dei Padri (S. Agostino, S. Giovanni Crisostomo, ecc.). Solo un scrittore ecclesiastico anonimo del IV sec. conosciuto come lAmbrosiaster, poich lo si confuse con S. Ambrogio, e la cui dottrina in temi matrimoniali offre non poche difficolt , interpret la pericope paolina come il diritto a celebrare un nuovo matrimonio (cfr. H. Crouzel, La indisolubilidad del matrimonio en los Padres de la Iglesia, in El vnculo matrimonial, cit., pp. 61-116, in particolare, pp. 104-106 e 115-116). Questo testo dellAmbrosiaster fu attribuito al Papa S. Gregorio Magno e, con questa falsa attribuzione, fu incluso in diverse raccolte canoniche e nel Decreto di Graziano (cfr. C. 28, q. 2, c. 2, dictum) e fond la dottrina del XII sec., sia degli autori come delle decretali Quantum (X.4.19.7) e Gaudeamus (X.4.19.8) di Innocenzo III. Cfr. J. Forns, Comentario a los cann. 1143-1147, in Comentario exegtico, cit., vol. 3, pp. 1554-1564; G. Girotti, La procedura per lo scioglimento del matrimonio nella fattispecie del privilegio paolino, in I procedimenti speciali nel diritto canonico, Citt del Vaticano, 1992, pp. 157-177; A. Miralles, Il matrimonio. Teologia e vita, Torino, 1995, pp. 249-252; U. Navarrete, Privilegio de la fe: constituciones pastorales del siglo XVI. Evolucin posterior de la prctica de la Iglesia en la disolucin del matrimonio de infieles, in El vnculo matrimonial, cit., pp. 242-247; R. Trevijano, Matrimonio y divorcio en la Sagrada Escritura, in ibidem, pp. 52-57.

Cfr. C. 28, q. 1. Sulle perplessit delle autorit citate e dello stesso Graziano sui limiti del privilegio paolino, vide, in particolare, il can. 9 e i dicta alla quaestio e ai cann. 14 e 17. Per unanalisi storica di questo periodo, cfr. F. Cantelar, La indisolubilidad en la doctrina de la Iglesia desde el siglo XII hasta Trento, in El vnculo matrimonial, cit., pp. 165-217; A. Garca y Garca, La indisolubilidad matrimonial en el primer milenio, con especial referencia a los textos divorcistas, in ibidem, pp. 117-164.

Dal punto di vista in cui ora consideriamo il privilegio petrino, non analizziamo la situazione prevista nel can. 1149.

Cfr. Paolo III, cost. ap. Altitudo, 1 giugno 1537; Pio V, cost. ap. Romani Pontificis, 2 agosto 1571; Gregorio XIII, cost. ap. Populis, 25 gennaio 1585, in A. Silvestrelli, Scioglimento di matrimonio in favorem fidei, in I procedimenti speciali, cit., pp. 205-207. Cfr. J. Forns, Comentario a los cann. 1148-1149, in Comentario exegtico, cit., vol. 3, pp. 1565-1572; R. Metz, La dissolution des mariages et leur dclaration en nullit dans lglise catholique du XVIe sicle la fin du XXe. Un exemple dvolution dune institution due aux soucis pastoraux de lglise, in R.I. Card. Castillo Lara (a cura di), Studia in honorem Em.mi Cardinalis A.M. Stickler, Roma, 1992, pp. 317-341; A. Miralles, Il matrimonio, cit., pp. 252-257; U. Navarrete, Privilegio de la fe, cit., pp. 239-304.

Mons. Antonio Silvestrelli, che recentemente andato in pensione (cfr. Annuario Pontificio 1963, p. 883 Annuario Pontificio 1996, p. 1173).

Cfr. U. Navarrete, De termino Privilegium Petrinum non adhibendo, in Periodica, 53 (1964), pp. 323-373.

Cfr. A. Silvestrelli, Scioglimento, cit., pp. 182-185.

Cfr. S.S.C. Sancti Officii, Normae pro conficiendo processu in casibus solutionis vinculi matrimonialis in favorem fidei per supremam S. Pontificis auctoritatem, 1 maggio 1934, in X. Ochoa, Leges Ecclesiae, vol. 1, n. 1220; A. Silvestrelli, Scioglimento, cit., p. 183.

Gli altri matrimoni [diversi dal rato et consummato], sebbene intrinsecamente siano indissolubili, non hanno per una indissolubilit estrinsecamente assoluta, ma, dati certi necessari presupposti, possono (si tratta, come noto, di casi relativamente ben rari) essere sciolti, oltre che in forza del privilegio Paolino, dal Romano Pontefice in virt della sua potest ministeriale. (...) [Ci esclude] il rigorismo contrario alla volont e al mandato divino (...); vale a dire non vi pi (...) vincolo ove Dio lo scioglie e permette cos al coniuge di passare lecitamente a nuove nozze. In ogni caso, la norma suprema, secondo la quale il Romano Pontefice fa uso della sua potest vicaria di sciogliere matrimoni, (...) la salus animarum, per il cui conseguimento cos il bene comune della societ religiosa, e in generale dellumano consorzio, come il bene dei singoli trovano la dovuta e proporzionata considerazione (Pio XII, Discorso alla Rota Romana, 3 ottobre 1941, n. 3, in AAS, 33 (1941), pp. 421-426).

Cfr. U. Navarrete, Potestas vicaria Ecclesiae: evolutio historica conceptus atque observationes attenta doctrina Concilii Vaticani II, in Periodica, 60 (1971), pp. 415-486. Sulla potest vicaria rispetto al vincolo matrimoniale, cfr. la bibliografia, precedente al 1972, citata in Studia Universitatis S. Thomae in Urbe, Hodiernae canonicae quaestiones, Roma, 1973, pp. 187-194.

Cfr. A. Ab Utrecht, De privilegio piano polygamis conversis dato, Roma, 1958, appendice 3, pp. 112-113; A. Abate, De dissolutione, cit., pp. 123-124.

Minime vero eae leges divinae, cum naturales tum positivae, a quibus unus Summus Pontifex ubi potestate vicaria utitur dispensare valet; sicuti accidit in dispensatione a matrimonio rato et non consummato, ab iis quae circa privilegium fidei versantur, et ab aliis (Paolo VI, m.p. De Episcoporum muneribus, 15 giugno 1966, n. 5, in AAS, 58 (1966), pp. 467-472). Cfr. Communicationes, 10 (1978), p. 108.

Cfr. cann. 87 2, 1402; J. Llobell, Centralizzazione normativa processuale e modifica dei titoli di competenza nelle cause di nullit matrimoniale, in Ius Ecclesiae, 3 (1991), pp. 432-445.

Nulla auctoritas Romano Pontifice inferior, iuxta ius vigens, dissolutionem vinculi matrimonialis non rati concedere potest. (...) Hac declaratione, insuper, idem Rev.mus Vicarius iudicialis potestatem vicariam Romani Pontificis usurpare conatus est (Segnatura Apostolica, Decreto particolare. Processus documentalis, favor matrimonii, favor fidei et certitudo moralis, 23 gennaio 1996, nn. 3, b), 4, e), Prot. N. 26689/96 VAR., Dioecesis N., in Ius Ecclesiae, 8 (1996), pp. 851-852).

Cfr. A. Abate, De dissolutione, cit.; L. Bender, Infideles et exercitium indirectum potestatis ecclesiasticae, in Monitor Ecclesiasticus, 4 (1955), pp. 638-653; A.C. de Lery, Quousque se extendat Ecclesiae vicaria potestas solvendi matrimonium, in Periodica, 48 (1959), pp. 335-348; P. Garca Barriuso, Disolucin posible de matrimonios meramente legtimos ante el Derecho cannico, in Revista Espaola de Derecho Cannico, 16 (1961), pp. 468-471; F. Lambruschini, Disputatio de potestate vicaria Romani Pontificis in matrimonium infidelium, in Apollinaris, 26 (1953), pp. 175-197.

Per unanalisi storica, oltre agli autori citati nelle note 26, 28, 34 e 63, cfr. M. Gerpe Gerpe, La potestad del Estado en el matrimonio de cristianos y la nocin contrato-sacramento, Salamanca, 1970, in particolare, pp. 202-210; A. Mostaza, La indisolubilidad del matrimonio desde la poca postridentina del siglo XVI hasta el Vaticano II, in El vnculo matrimonial, cit., pp. 305-370; Id., La competencia de la Iglesia y del Estado sobre el matrimonio en los autores postridentinos de los siglos XVI y XVII, in Lex Ecclesiae. Estudios en honor del Dr. Marcelino Cabreros de Anta, canonista salmanticense, Salamanca, 1972, pp. 205-231; Id., La competencia de la Iglesia y del Estado sobre el matrimonio hasta el Concilio de Trento, in Ius Populi Dei. Miscellanea in honorem Raymundi Bidagor, vol. 1, Roma, 1972, pp. 286-357.

Cfr. A. Abate, De dissolutione, cit., p. 124.

Ut notum est, haec S. Congregatio quaestionem de solutione matrimonii in favorem Fidei diutius tractavit atque studuit. Nunc demum re diligenter investigata SS.mus D. N. Paulus Papa VI dignatus est approbare has normas (...) sive pars oratrix baptizetur aut convertatur, sive non. Ut solutio valide concedatur tres sine quibus non requiruntur condiciones: (...) ut persona non baptizata vel baptizata extra ecclesiam catholicam libertatem facultatemque parti catholicae relinquat profitendi propriam religionem atque catholice baptizandi educandique filios. (...) Requiritur praeterea [ad liceitatem]: (...) Ut cum agitur de catechumeno, quocum contrahendum sit, certitudo moralis habeatur de baptismate proxime recipiendo (Congregazione per la dottrina della fede, Instr. Ut notum est pro solutione matrimonii in favorem fidei, 6 dicembre 1973, prooemium, n. 1, c) e n. 3 8, in Enchiridion Vaticanum, vol. 4, nn. 2730-2734. Il corsivo di alcune delle espressioni nostro). Cfr. Id., Normae procedurales pro conficiendo processu dissolutionis vinculi matrimonialis in favorem fidei, 6 dicembre 1973, in Enchiridion Vaticanum, vol. 4, nn. 2745-2774.

Cfr. Congregazione per la dottrina della fede, Lettera al Delegato Apostolico degli USA, in L.G. Wrenn, Some Notes on the Petrine Privilege, in The Jurist, 43 (1983), p. 405; I. Gordon, De processu ad obtinendam dissolutionem matrimonii non sacramentalis in favorem fidei, in Periodica, 79 (1990), pp. 511-576; A. Silvestrelli, Scioglimento, cit., pp. 179-216.

In questo ultimo caso, previsto dalla Instructio tra le condizioni di mera liceit (cfr. n. 3 8), ci sarebbe una certa contraddizione con il presupposto, formalmente stabilito ad validitatem, che il coniuge non cattolico che richiede lo scioglimento del suo matrimonio desideri sposarsi con un cattolico.

Cfr. Congregazione per la dottrina della fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della comunione eucaristica da parte dei fedeli divorziati risposati, 14 settembre 1994, in AAS, 86 (1994), pp. 974-979.

Cfr. S.S. Congregatio Sancti Officii, Regulae servandae in Vicariatu Apostolico Sueciae in pertractandis causis de nullitate matrimonii ex vitiato consensu acatholicorum qui ad fidem catholicam se convertere volunt: a) Decretum, 12 novembre 1947, b) Instructio servanda, 12 giugno 1951, in X. Ochoa, Leges Ecclesiae, vol. 3, n. 2222n e in Z. Grocholewski, Documenta recentiora circa rem matrimonialem et processualem, vol. 2, Romae, 1980, nn. 5413-5444. Per alcuni precedenti nella Svezia e nei Paesi anglosassoni, cfr. AAS, 7 (1915), pp. 51-56; AAS, 18 (1926), pp. 501-506; AAS, 19 (1927), pp. 217-227.

Cfr. M.F. Pompedda, La questione dellammissione ai sacramenti dei divorziati civilmente risposati, in Studi di diritto matrimoniale canonico, Milano, 1993, pp. 493-508; Id., Il valore probativo delle dichiarazioni delle parti nella nuova giurisprudenza della Rota Romana, in ibidem, pp. 195-240; J. Llobell, Moral Certainty in the Canonical Marriage Process, in Forum. A Review of Canon Law and Jurisprudence, 8 (1997), pp. 326-328; Id., Foro interno e giurisdizione matrimoniale canonica, in Apollinaris, 70 (1997), pp. 225-250.

Acatholicus sive baptizatus sive non baptizatus, sincere catholicam fidem amplecti desiderans, qui suum matrimonium initum ex defectu consensus (...) nullitatis accusare vult, debet supplicem libellum (...) exaratum ad Vicarium Apostolicum transmittere (Instructio, cit., n. 1).

Perpenso etiam quod ius processuale canonicum agnoscit habilitatem coniugum etiam non catholicorum impugnandi matrimonium coram iudice ecclesiastico (cfr. can. 1674, n. 1, coll. cum can. 1476), quodque huiusmodi coniux interesse ad rem requisitum (cfr. can. 1501) sine dubio habet, si novum matrimonium cum parte catholica coram Ecclesia catholica inire intendit (Segnatura Apostolica, Dichiarazione sulla giurisdizione della Chiesa riguardo al matrimonio celebrato tra due acattolici, 28 maggio 1993, in Ius Ecclesiae, 6 (1994), p. 366). Cfr. M.A. Ortiz, Note sulla giurisdizione della Chiesa sul matrimonio degli acattolici, in Ius Ecclesiae, 6 (1994), pp. 367-377; R. Rodrguez-Ocaa, Notas al decreto-declaracin del S.T. de la Signatura Apostlica: la jurisdiccin eclesistica y los matrimonios de los acatlicos, in Ius Canonicum, 34 (1994), pp. 653-659; M. Walser, Die Erklrung der Apostolischen Signatur vom 28. Mai 1993 zur Zustndigkeit kirchlicher Gerichte fr Ehen zweier Nichtkatholiken, in De processibus matrimonialibus. Fachzeitschrift zu Fragen des kanonischen Ehe- und Prozerechts, 2 (1995), pp. 311-314.

Cfr. Segnatura Apostolica, Dichiarazione, 1 febbraio 1990, in AAS, 84 (1992), pp. 549-550. vedi J.L. Acebal Lujn, La declaracin de nulidad del matrimonio de dos acatlicos, in Revista Espaola de Derecho Cannico, 49 (1992), pp. 692-697; D.M. Meier, Die Antwort des Hchsten Gerichtes der Apostolischen Signatur vom 1. Februar 1990 auf eine vorgelegte Frage zu c. 1684 CIC, in De processibus matrimonialibus, 2 (1995), pp. 295-299. Questo documento pone alcune difficolt formali, ma non questa la sede adatta a trattarle.

Ci si rimprover di aver giudicato cause matrimoniali di acattolici, intromettendoci in ci che non ci riguardava (...). Ma pur chiaro che quegli acattolici, che ricorrono allautorit ecclesiastica, riconoscono col fatto la competenza della Chiesa, la quale non sdegna di ascoltarli, essendo rivolta la loro domanda ad animae praeiudicium avertendum, per usare la parola del can. 1654. in realt un accostarsi di dissidenti alla Chiesa, che suole preludere al ritorno (M. Massimi, Indirizzo domaggio rivolto al Santo Padre dal Decano della Sacra Rota Romana, 1 ottobre 1927, in AAS, 19 (1927), pp. 354-355).

Cristo comand, inoltre, agli apostoli di annunciare il messaggio evangelico a tutte le genti, perch il genere umano diventasse la famiglia di Dio, nella quale la pienezza della legge fosse lamore (Gaudium et spes, n. 32c). Cfr. ibidem, nn. 40b, 43e. I presbiteri r