-
ALTRI CRITERI DI RESISTENZA (Capitolo 9 - Davoli)
Vediamo, ora, come una buona parte delle ipotesi restrittive,
che abbiamo dovuto introdurre per poter applicare
i criteri di resistenza visti finora, possa essere rimossa
andando a considerare teorie sulla fatica multiassiale
pi moderne; diciamo subito che queste teorie si portano dietro
una notevole complicazione concettuale e
di calcolo, ma riescono a fornire criteri di resistenza che
hanno una validit pi generale rispetto a quelli visti finora.
Vediamo, in particolare, in che cosa consistono i criteri che
adottano il concetto di piano critico. Rispetto ai criteri
di resistenza visti finora, i criteri del piano critico non sono
fenomenologici, ma cominciano a guardare alla realt
fisica che regge il problema della fatica multiassiale;
tuttavia, ancora oggi non si riusciti a formulare un criterio
del piano critico che possa essere applicato a tutta la
possibile casistica (in altre parole, anche ricorrendo ai
criteri
del piano critico, bisogna sempre avere una certa conoscenza
pregressa del caso pratico da affrontare per poter
applicare il criterio di resistenza pi idoneo).
La prima esigenza che abbiamo, per poter pervenire ad un
criterio di resistenza quanto pi generale poss ibile,
certamente quella di rimuovere lipotesi di fissit delle
direzioni principali, ipotesi che alla base di tutti i criteri
di resistenza visti finora. Abbiamo detto, ad esempio, che per
poter applicare il criterio di resistenza di Sines non
ci deve essere variabilit delle direzioni principali; ci
senzaltro vero perch, se le direzioni principali variano
con continuit, varierebbe con continuit anche il piano
ottaedrale e, quindi, non sapremmo pi quale scegliere.
In particolare, per lapplicabilit del criterio di resistenza di
Sines, sufficiente che le direzioni principali siano
fisse in senso lato, perch la ott deve essere calcolata con
riferimento al solo tensore )(ta che rappresenta
la componente alternata dello sforzo:
)()( tt am
In realt, esistono due categorie di criteri di resistenza che
permettono di rimuovere questa ipotesi:
i criteri che adottano il concetto di piano critico
i criteri di tipo energetico
La filosofia che sta alla base della prima categoria la
seguente: tra gli infiniti piani della stella di centro P (dove
P il punto nel quale vogliamo fare la verifica a fatica
multiassiale) ce ne sar uno che risulta sollecitato in maniera
pi gravosa rispetto agli altri e che, quindi, merita
lappellativo di piano critico. Dunque, i criteri che adottano
il concetto di piano critico stabiliscono in buona sostanza di
limitare la verifica a fatica multiassiale su un solo piano,
il piano critico; inoltre, questo tipo di approccio permette
anche di individuare la giacitura iniziale di uneventuale
cricca, cio sappiamo gi che uneventuale cricca si innescher
proprio sul piano critico.
A ben vedere, anche il criterio di resistenza di Sines pu essere
pensato come un criterio del piano critico;
in particolare, Sines scelse come piano critico il piano
ottaedrale relativo alla componente alternata dello sforzo.
A proposito del criterio di resistenza di Sines, si pu
dimostrare che lo sforzo normale ottaedrale, ott ,
pari proprio ad un terzo di mIIImIImImI 1 , cio ad un terzo del
primo invariante
del tensore costante m che rappresenta la componente media
(ovvero, statica) dello sforzo.
Attenzione, per, secondo il criterio di resistenza di Sines, lo
sforzo tangenziale ottaedrale, ott , deve
essere calcolato con riferimento alla sola componente alternata
dello sforzo.
In realt, il criterio di resistenza di Sines pu essere visto
anche come un criterio di tipo energetico. In generale,
la filosofia su cui si basano i criteri di tipo energetico che
lo stato di sforzo in un punto non dipende solo da quello
che succede sul piano critico, ma dipende da quello che succede
su tutti i piani passanti per quel punto; pertanto,
-
secondo i criteri di tipo energetico, lo stato di sforzo sul
piano critico da intendersi come una media degli stati
di sforzo su tutti i piani passanti per il punto nel quale
vogliamo fare la verifica a fatica multiassiale. Dunque,
detto P il punto nel quale vogliamo fare la verifica a fatica
multiassiale, tutti i piani passanti per P contribuiscono
alleventuale crisi in P; in altre parole, leventuale crisi in P
attivata da un meccanismo multiplo di scorrimento
dei piani cristallini e, quindi, mentre secondo i criteri del
piano critico gli scorrimenti sono limitati ad un unico piano
cristallino (il piano critico), secondo i criteri di tipo
energetico gli scorrimenti si verificano su ogni piano
cristallino
passante per P (dallinsieme di tutti questi scorrimenti si avr
il danneggiamento del componente in quel punto).
Il criterio di resistenza di Sines pu essere visto come un
criterio di tipo energetico perch si pu dimostrare che
la aott , proprio la media quadratica spaziale degli sforzi
tangenziali relativi alle infinite giaciture passanti per P:
Se il raggio r della sfera tende a zero, ciascun elementino
superficiale pu essere espressione di una delle infinite
giaciture passanti per P; infatti, gli infiniti elementini che
costituiscono la superficie di una sfera rappresentano
proprio le infinite inclinazioni di un piano. In particolare,
per poter individuare ciascun elementino superficiale,
abbiamo bisogno di due coordinate sferiche: 0 e 20 (la
coordinata sferica quella che
fa ruotare attorno allasse di rivoluzione ( z ) della sfera il
semimeridiano, definito dalla coordinata sferica , mentre
la terza coordinata sferica, , costantemente uguale ad r ).
Quindi, lo sforzo tangenziale che agisce su ciascun
elementino superficiale avr la seguente espressione
generica:
),(
mentre larea infinitesima dA di ciascun elementino superficiale
sar data da: AD*ABdA
dr
drd
AD
sin OAAB | ddrdA sin 2
A questo punto, si pu calcolare la media quadratica spaziale
degli sforzi tangenziali relativi alle infinite giaciture
passanti per P secondo la seguente espressione:
2
0 0
22
0 0
22
2
2 sin),(
4
1 sin ),(
4
1),(
1ddddr
rdA
AA
dove abbiamo pesato lo sforzo tangenziale che agisce su ciascun
elementino superficiale con larea infinitesima
dello stesso elementino superficiale; lintegrazione fornisce la
somma di tutti i contributi, somma che viene divisa
per larea superficiale totale della sfera, ovvero per la somma
dei pesi.
Novoshilov dimostr che la aott , di Sines coincide proprio con
questa espressione.
-
CRITERI CHE ADOTTANO IL CONCETTO DI PIANO CRITICO
Concentriamoci dapprima sui criteri del piano critico.
Solitamente il piano critico, ovvero il piano dove si registra
la condizione di tensione pi prossima al superamento del limite
a fatica, si individua sulla base di quella che
la tensione normale che su di esso agisce e sulla base di quella
che la variazione dellampiezza
della tensione tangenziale che su di esso agisce.
Consideriamo il vettore tensione t che agisce su una generica
giacitura passante per il punto P:
Il vettore tensione t funzione del tempo e, quindi, descrive nel
periodo T una curva spaziale chiusa (stiamo
continuando ad assumere lipotesi di periodicit di tutte le
componenti dello stato di sforzo); in particolare, se
consideriamo la normale n alla giacitura , possiamo facilmente
vedere quali sono le oscillazioni che subisce
nel periodo T la tensione normale e, quindi, possiamo calcolarne
il valore medio e lampiezza:
2
minmax
m 2
minmax
a
In altre parole, poich la direzione del vettore )(t rimane,
ovviamente, costante nel periodo T , la variazione
della tensione normale di tipo scalare, nel senso che riguarda
solo il modulo del vettore )(t ; pertanto,
facile descrivere cosa succede sulla giacitura in termini della
tensione normale .
Il discorso diventa decisamente pi complicato se, invece,
consideriamo la tensione tangenziale in quanto
il vettore )(t varia nel periodo T sia in modulo che in
direzione:
Negli anni sono state proposte diverse soluzioni per poter
calcolare il valore medio e lampiezza della tensione
tangenziale ; oggi la soluzione che riscuote maggiore successo
quella proposta da Papadopoulos. Innanzitutto,
diciamo che il vettore )(t descrive nel periodo T una curva
chiusa | che non altro se non la proiezione
della curva spaziale chiusa sulla giacitura . Papadopoulos
propose di individuare la pi piccola circonferenza
che possibile circoscrivere alla curva chiusa | e, quindi, poich
ad ogni istante di tempo t vero che
)()( tt am , sugger di assumere il vettore costante m come il
segmento orientato dal punto P al centro C
della circonferenza circoscritta e di calcolare il vettore
variabile )(ta per differenza: mt )( ; di conseguenza,
secondo Papadopoulos, la a massima sulla giacitura coincide con
il raggio della circonferenza circoscritta.
-
CRITERIO DI MATAKE
Secondo il criterio di Matake, per individuare il piano critico,
definito dalle coordinate sferiche * e * , bisogna
trovare tra le infinite giaciture passanti per P, cio passanti
per il punto nel quale vogliamo fare la verifica a fatica
multiassiale, quella giacitura sulla quale la a di Papadopoulos
raggiunge in assoluto il suo valore massimo:
, max : , ,
**
a
Su questa giacitura, ovvero sul piano critico, il cedimento a
fatica multiassiale dipende sostanzialmente dai valori
che assumono (su questa giacitura) la a e la am max ; quindi, il
criterio di Matake si pu esprimere
in questo modo:
MMa k **max** ,,
Mk e M sono due costanti di calibrazione che dipendono dal
materiale e che si possono determinare
facendo due semplici prove di fatica in regime monoassiale:
1. una prova di torsione con sollecitazione alternata
simmetrica
2. una prova di trazione con sollecitazione alternata
simmetrica
Consideriamo prima la prova di torsione con sollecitazione
alternata simmetrica:
Ovviamente, la giacitura sulla quale si verifica la massima
oscillazione della a non pu che essere proprio
la giacitura dove viene applicata la tensione tangenziale di
torsione. Su questa giacitura (che, quindi, secondo
il criterio di Matake, costituisce il piano critico) lunica
tensione presente proprio la tensione tangenziale
di torsione, ovvero 0, **max ; in particolare, se ci mettiamo in
condizioni limite, la ** , a coincide
con il limite a fatica per una sollecitazione di torsione
alternata simmetrica, 1,w . Pertanto, in condizioni limite
il criterio di Matake fornisce:
Mw 1,
Ora, consideriamo la seconda prova, cio quella di trazione con
sollecitazione alternata simmetrica:
In questa seconda prova le giaciture sulle quali si verifica la
massima oscillazione della a (ovvero, i piani critici
secondo il criterio di Matake) sono le giaciture inclinate a 45
rispetto alle giaciture principali; in particolare,
utilizzando la circonferenza di Mohr, immediato stabilire che in
condizioni limite:
2
,1,**
w
a
2,
1,**
max
w
-
e, pertanto, applicando in condizioni limite il criterio di
Matake, si ottiene:
1,
1,1,
22w
w
M
wk
1
22
2
1,
1,
1,
1,
1,
w
w
w
w
w
Mk
CRITERIO DI FINDLEY
Diciamo subito che, rispetto al criterio di Matake, il criterio
di Findley meno utilizzato perch presenta alcuni
punti deboli. Innanzitutto, secondo il criterio di Findley, il
piano critico si individua non solo in base alla massima
oscillazione della a di Papadopoulos, ma anche in base alla
tensione normale massima:
, , max : , max ,
**
Fa k
Quindi, una volta individuato il piano critico, si pu applicare
il criterio di Findley secondo cui:
FFa k **max** ,, Si ricordi che, se questa disuguaglianza non
verificata, allora il componente meccanico o strutturale
sottoposto
alla verifica a fatica multiassiale avr una vita a fatica
limitata.
Visto che, secondo il criterio di Findley, lindividuazione del
piano critico si rivela leggermente pi complicata,
consideriamo uno stato di sforzo piano; infatti, nella
stragrande maggioranza dei casi in cui si ha uno stato
di sforzo piano, il piano critico risulter essere ortogonale al
piano delle tensioni:
Questo significa che, nella stragrande maggioranza dei casi in
cui si ha uno stato di sforzo piano, il piano critico
sar uno degli 1 piani ortogonali al piano delle tensioni e,
quindi, per individuarlo baster un solo paramento,
langolo (che deve essere misurato a partire dalla giacitura su
cui applicata la xx ). Dunque, quando lo stato
di sforzo piano ed il piano critico ortogonale al piano delle
tensioni, lindividuazione del piano critico, secondo
il criterio di Findley, si semplifica notevolmente perch su
ciascuna giacitura, individuata dallangolo , sappiamo
calcolare la tensione normale e la tensione tangenziale ;
infatti, secondo il teorema di Cauchy, abbiamo che:
sincos
sincos
sin
cos)( )(
yyyx
xyxx
yyyx
xyxxnt
22
22
sincoscossin)()()(
cossin2sincos)()()(
xyyyxx
xyyyxx
mt
nt (*)
Grazie a queste due relazioni possiamo sia individuare
facilmente il piano critico, definito dalla coordinata * ,
che determinare le due costanti Fk e F , applicando in
condizioni limite il criterio di Findley:
FFa k *max*
-
Innanzitutto, dobbiamo particolarizzare le relazioni (*) nel
caso di una prova di torsione con sollecitazione
alternata simmetrica:
2cossincos)(
2sincossin2)(22
aa
aa
ovvero in condizioni limite:
2cos)(
2sin)(
1,
1,
w
w
A questo punto, secondo il criterio di Findley, la coordinata *
, cio langolo che definisce il piano critico, quella
che massimizza la seguente grandezza:
2sin2cos 1,1,max wFwFa kk
e, quindi, abbiamo che:
02sin2cos 1,1,
wFw kd
d
02cos22sin2 1,1, wFw k
02cos2sin Fk *
*
*
2tan2cos
2sin
Fk Fk
1* tan2
1
Infine, applicando in condizioni limite il criterio di Findley,
si ottiene:
FwFw k *
1,
*
1, 2sin2cos
FFw k **1, 2tan12cos ; FFw k 2*1, 12cos
da cui, poich si pu dimostrare che 2*2
*
1
1
2tan1
12cos
Fk
, si determina la seguente relazione:
21,2
2
1, 11
1Fw
F
FwFFF k
k
kk
Per determinare la seconda indispensabile relazione, FFF kk ,
consideriamo una prova di trazione con
sollecitazione alternata simmetrica; in questo caso, le
relazioni (*) si particolarizzano in questo modo:
2sin2
cossin)(
cos)( 2
aa
a
ovvero in condizioni limite:
2sin2
)(
cos)(
1,
2
1,
w
w
-
Per determinare la coordinata * che definisce il piano critico,
dobbiamo massimizzare la seguente grandezza:
21,1,
max cos2sin2
wF
w
Fa kk
e, quindi, abbiamo che:
0cos2sin2
2
1,
1,
wF
wk
d
d
0cossin22cos2
2 1,1,
wF
wk
02sin2cos Fk **
*
2tan
1
2sin
2cos
Fk
Fk
1tan
2
1 1*
Infine, applicando in condizioni limite il criterio di Findley,
si ottiene:
FwF
wk
*2
1,
*1, cos2sin2
FFw k
*2*
1, cos2sin2
1 ; FFw k
2
2cos12sin
2
1 **1,
FFFw
kk
**1, 2cos2sin
2 ; F
w
FF
wkk
22cos2sin
2
1,**1,
F
w
FF
wkk
22tan
112sin
2
1,
*
*1,
; F
w
FF
wkk
212sin
2
1,2*1,
FwFFw kk 1,2*1, 212sin
da cui, poich si pu dimostrare che 2*2
*
1
1
2cot1
12sin
Fk
, si determina la seguente relazione:
FwFFw kk 1,2
1, 21
Mettendo a sistema la relazione appena ottenuta con quella
ottenuta precedentemente per la prova di torsione,
possibile determinare le due costanti Fk e F ; in particolare,
abbiamo che:
12
11,
1,
1,
1,
w
w
w
w
Fk
Se applichiamo il criterio di Findley ad un caso particolare in
cui abbiamo una torsione alternata
simmetrica a alla quale si sovrappone una componente statica di
torsione m , si trover che il limite
a fatica a torsione dipende dal valore di m ; ci in
contraddizione con le prove sperimentali, dalle quali
emerge che il limite a fatica a torsione non influenzato dal
valore di m (almeno fino a quando il valore
massimo della tensione tangenziale di torsione am max si
mantiene lontano dal valore
di snervamento sn ).
Questo uno dei principali motivi di incongruenza che rende il
criterio di Findley meno utilizzato rispetto al criterio di Matake;
infatti, il criterio
di Matake applicato a questo caso particolare conferma i
risultati sperimentali, ovvero lindipendenza (per bassi valori di m
ax ) del limite
a fatica a torsione da una componente aggiuntiva statica sempre
di torsione.
-
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Facciamo un piccolo passo indietro. Sfruttando le relazioni (*),
proviamo a determinare le due costanti Mk e M presenti nel
criterio
di Matake che, quindi, applicheremo ad uno stato di sforzo
piano:
MMa k *max*
Sappiamo gi che Mk e M si possono determinare facendo due
semplici prove di fatica in regime monoassiale:
1. una prova di torsione con sollecitazione alternata
simmetrica
2. una prova di trazione con sollecitazione alternata
simmetrica
Consideriamo prima la prova di torsione con sollecitazione
alternata simmetrica; le relazioni (*) diventano:
2cossincos)(
2sincossin2)(22
xyxy
xyxy
Visto che, secondo il criterio di Matake, la giacitura * che
definisce il piano critico quella sulla quale massima lampiezza
della tensione tangenziale )( , abbiamo che:
max : *
a
2
0
*
*
Pertanto, avremo che:
xy
)0(
0)0(*
*
e, quindi, applicando in condizioni limite il criterio di
Matake, si ottiene:
Mw 1,
Ora, consideriamo la seconda prova, cio quella di trazione con
sollecitazione alternata simmetrica; in questa seconda prova,
le relazioni (*) diventano:
2sin2
cossin)(
cos)( 2
xxxx
xx
A questo punto, possiamo individuare, secondo il criterio di
Matake, la giacitura * che definisce il piano critico:
max : *
a 4*
Pertanto, avremo che:
2)
4(
2)
4(
*
*
xx
xx
e, quindi, applicando in condizioni limite il criterio di
Matake, si ottiene:
1,
1,1,
22w
w
M
wk
1
22
2
1,
1,
1,
1,
1,
w
w
w
w
w
Mk
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Vediamo, ora, come si possa impostare la ricerca del piano
critico in un caso in cui lo st ato di sforzo sia
piano, non proporzionale, ma tale da consentire lindividuazione
del piano critico facendo variare solo langolo ;
supponiamo, ad esempio, di avere il seguente stato di
sforzo:
-
Lobiettivo capire come variano, al variare della giacitura su
cui agiscono (e, quindi, al variare dellangolo ),
le tensioni di interesse per lapplicazione dei criteri del piano
critico di Matake e di Findley, ovvero:
)(3.0)()()()()( maxmaxmax aFaa k
Osservando i risultati ottenuti (grafico a pagina 252), si pu
constatare che, secondo il criterio di Matake (per il quale
il piano critico quello su cui massima la a ), il piano critico
coincide con le giaciture 0 e 2 ; invece,
se si applica il criterio di Findley (per il quale il piano
critico quello su cui massima la combinazione lineare
max Fa k ), il piano critico coincide solo con la giacitura 0
.
In particolare, per questo stato di sforzo in cui:
0)( tyy , t
le relazioni (*), riscritte esplicitando anche la dipendenza
dalla variabile temporale t , diventano:
22
2
sincos)(cossin)()(
cossin)(2cos)()(
ttt
ttt
xyxx
xyxx
Allistante di tempo t sulla giacitura 0 , avremo:
)()(
)()(
0
0
tt
tt
xy
xx
e, quindi, sulla giacitura 0 , si ottiene:
MPa 250 )( max)0( 0max tT
MPa 100 )( max)0( 0 tT
a
MPa 175)0(3.0)0( max a
Attenzione:
se 0)( m , )( )( max)( mT
a t
Allistante di tempo t sulla giacitura 2
, avremo:
)()(
0)(
2
2
tt
t
xy
e, quindi, sulla giacitura 2
, si ottiene:
0 )( max)2
(2
max tT
MPa 100 )( max)2
(2
tT
a
MPa 100)2
(3.0)2
( max a
Dunque, per la giacitura 2
i criteri del piano critico di Matake e di Findley danno lo
stesso risultato; invece, per la giacitura 0
la tensione di confronto (espressa in MPa ) di 250100 Mk per
Matake ed di 751 per Findley.
Proviamo a vedere cosa succede considerando la giacitura 6
; innanzitutto, allistante di tempo t , avremo:
2
)(
4
)(3)(
2
)(3
4
)(3)(
6
6
ttt
ttt
xyxx
xyxx
-
Note le espressioni che definiscono levoluzione temporale delle
tensioni, normale e tangenziale, che agiscono sulla giacitura 6
,
possiamo disegnare i seguenti grafici:
Matake ci dice di valutare lampiezza della tensione tangenziale
che agisce sulla giacitura 6
:
MPa 54
2
025.108
2
)5.0()0(
2
)( min )( max)
6( 6666
ttTT
a
Findley, invece, ci dice di valutare la seguente combinazione
lineare delle tensioni che agiscono sulla giacitura 6
:
)6
(3.0)6
( max a
MPa 25.1105.187*3.054
CRITERI DI TIPO ENERGETICO
Diciamo subito che per quanto riguarda i criteri di tipo
energetico (noti anche come criteri basati sullapproccio
integrale), le formulazioni risultano essere piuttosto
complesse; quindi, anche se i criteri di tipo energetico hanno
un riscontro buono con i risultati sperimentali, la complessit
delle formulazioni va ad incidere sulla loro applicabilit
limitandone notevolmente lutilizzo.
CRITERIO DI PAPADOPOULOS
Il criterio di Papadopoulos un criterio di tipo energetico
secondo cui un componente meccanico o strutturale
ha una vita a fatica infinita se risulta verificata la seguente
disuguaglianza:
1,max, wHPkM , dove
max,H il massimo valore che la tensione idrostatica assume nel
periodo T :
3
)()()( maxmax,
ttt IIIIIIT
H
Pk una costante di calibrazione che caratterizza il materiale e
che si pu determinare attraverso specifiche
prove di fatica in regime monoassiale.
In particolare, il termine M dato dal seguente integrale:
2
0 0
2
2 sin),(
8
5ddTM
che rappresenta il valore quadratico medio di ),( T , ovvero di
una particolare ampiezza delle tensioni
tangenziali che agiscono su ogni piano individuato dalla coppia
di coordinate sferiche , . A sua volta, infatti,
-
lintegrando ),( T definito come il valore quadratico medio delle
ampiezze delle tensioni tangenziali ottenute
proiettando la curva chiusa | lungo tutte le direzioni nel piano
)( ; vale a dire:
2
0
2
2
),,(1),( dT
La costante di calibrazione legata al materiale, Pk , si
determina attraverso prove in regime monoassiale
di trazione e torsione alternata simmetrica; in particolare,
nella prova di trazione alternata simmetrica, abbiamo che:
t ,
0)()(
)()(
tt
tt
IIIII
xxI
3
3
)( max
1,
*
max,
wxx
TH
t (* in condizioni limite)
Ipotizziamo che la curva chiusa | , descritta dal vettore )(t ,
degeneri
in un segmento sovrapposto allasse verticale v :
2
)( cos
1
2
)(
2
cos)(1)(
2
0
2
2
0
2
ddT
Dalle relazioni (*) si ottiene in condizioni limite:
cossincossin)( 1,wxx 2
cossin
2
)()(
1,
wT
e, pertanto, abbiamo che:
1,2
0 0
2
2 3
3 sin)(
8
5
wddTM
Quindi, applicando in condizioni limite il criterio di
Papadopoulos, si ottiene:
1,
1,
1,33
3w
w
Pw k
331,
1,
w
w
Pk
Dunque, come tutti i criteri di tipo energetico, il criterio di
Papadopoulos prevede il calcolo di un integrale spaziale; ci signif
ica andare
a prendere il contributo di tutte le infinite giaciture passanti
per P, cio passanti per il punto nel quale vogliamo fare la verif
ica a fatica
multiassiale. Si noti, infatti, come lespressione di un criterio
di tipo energetico sia formalmente simile allespressione che
abbiamo trovato
per i criteri (di Matake e di Findley) del piano critico; la
differenza concettuale consiste proprio nel fatto che i termini
presenti nellespressione
di un criterio di tipo energetico acquisiscono le informazioni
da tutte le infinite giaciture passanti per P, e non da ununica
giacitura selezionata
preventivamente. Tuttavia, un limite generale dei criteri di
tipo energetico consiste nel fatto che essi non suggeriscono, a
differenza dei criteri
del piano critico, quale sia il piano di innesco di uneventuale
cricca.
-
ESTENSIONE AL TRATTO A TERMINE
Finora abbiamo sempre considerato la vita a fatica infinita (o
illimitata); ora, invece, vogliamo vedere come si deve
procedere per verificare la vita a fatica a termine di un
componente meccanico o strutturale. Diciamo subito
che, per verificare la vita a termine, possiamo utilizzare gli
stessi criteri di resistenza utilizzati per verificare la vita
infinita, se la vita del componente meccanico o strutturale
sufficientemente lunga; infatti, in questa ipotesi
si possono trascurare gli effetti dovuti alla plasticizzazione
(in caso contrario, invece, bisognerebbe saper
valutare il comportamento in campo elasto-plastico del materiale
sottoposto ad uno stato di sforzo multiassiale).
Consideriamo, ad esempio, il criterio di Matake:
MMa k **max** ,,
Abbiamo visto che, nel caso di vita infinita, la costante M
coincide con il limite a fatica infinita per
una sollecitazione di torsione alternata simmetrica, 1,w ; nel
caso di vita a termine possiamo, come detto,
utilizzare ancora questo criterio di resistenza, se la vita del
componente sufficientemente lunga, a patto, per,
di sostituire al posto della costante M il valore |2 fb
fN , dove |
f il limite a fatica finita per una sollecitazione
di torsione alternata simmetrica. Quindi, riadattato al caso di
vita a termine, il criterio di Matake diventa:
|**max** 2,, fb
fMa Nk
Ragionando allo stesso modo, possibile riadattare al caso di
vita a termine tutti i criteri di resistenza visti
finora, ricordando che, laddove compare la 1,w , bisogner
sostituirla con il valore ||
2 fb
fN . Dunque, quando
si vuole riadattare al caso di vita a termine uno dei criteri di
resistenza visti finora, si pu assumere
come tensione limite di riferimento lampiezza della tensione
normale o tangenziale ad un dato numero di cicli,
che si pu ricavare da una curva di Whler in scala doppio
logaritmica:
LA SOMMA DEL DANNO
Vediamo cosa succede se ci troviamo di fronte ad una serie di
blocchi di carico. Finora, infatti, abbiamo sempre
considerato storie di carico che rimangono costanti nel tempo,
nel senso che quello che andavamo a definire
per un singolo ciclo di carico di trazione/flessione/torsione
alternata si ripeteva indistintamente ed indefinitamente
nel tempo, costituendo un unico infinito blocco di carico.
Tuttavia, nella realt potremmo anche imbatterci in una
storia
di carico come quella rappresentata in figura, in cui
abbiamo
una serie di blocchi di carico, ciascuno con ampiezza
costante,
ma diversi luno dallaltro.
-
Dunque, se ci troviamo di fronte ad una serie di blocchi di
carico, bisogner assumere un criterio noto come
danno cumulativo lineare; questo criterio, che venne introdotto
in regime monoassiale da Miner, rappresenta
un criterio di accumulo proporzionale con il quale valutare il
danno subito da un componente:
In particolare, se vogliamo applicare uno dei criteri del piano
critico, non possiamo pi individuare il piano
critico ragionando su un singolo blocco di carico, ma bisogner
procedere prima valutando per tutti i blocchi
di carico qual il danno prodotto sulle infinite giaciture
passanti per il punto nel quale vogliamo fare la verifica
a fatica multiassiale, e poi individuando il piano critico in
termini assoluti come la giacitura, definita dalla coppia
di coordinate sferiche ** , , sulla quale si produce il danno
maggiore. Ad esempio, relativamente ad un singolo blocco di carico,
dal criterio di Matake riadattato al caso di vita a termine:
|max 2,, fb
fMa Nk
si pu ricavare, in condizioni limite, il numero di cicli ,ff NN
che esprime la vita a fatica del componente;
infatti, una volta fissata una generica giacitura , , su di essa
possiamo valutare la a e la max (le costanti
Mk , b e |
f sono note a priori perch dipendono dal materiale). Quindi,
noto il numero di cicli ,ff NN ,
possiamo calcolare quanta parte della vita a fatica del
componente consuma l i esimo blocco di carico che
stiamo considerando:
,
,,if
i
iN
nD
Ad esempio, consideriamo il primo blocco di carico ed
ipotizziamo di aver fissato la generica giacitura , tale
che il numero di cicli sia pari ad 1,fN (in pratica, stiamo
dicendo che se la generica giacitura , fosse proprio
quella critica, allora il componente vivrebbe per un numero di
cicli pari ad 1,fN ); quindi, se denotiamo con 1n
il numero di cicli del primo blocco di carico, questultimo
consumer una frazione della vita a fatica del componente
pari ad 1,
1
fNn
. Successivamente, in corrispondenza del secondo blocco di
carico, per la stessa generica
giacitura , andiamo a ricavare il numero di cicli 2,fN ;
pertanto, avremo che il secondo blocco di carico,
avente un numero di cicli pari ad 2n , consumer una frazione
della vita a fatica del componente pari ad 2,
2
fNn
.
In definitiva, applicando il danno cumulativo lineare, il danno
sulla generica giacitura , sar pari a:
n
i
i
n
i if
i
nf
n
ff
DN
n
N
n
N
n
N
nD
11 ,,2,
2
1,
1 ,,
,
A questo punto, per individuare la giacitura che definisce il
piano critico in termini assoluti, non bisogner fare
altro che identificare quella sulla quale si produce il danno
maggiore:
, max : , ,
** D danno maggiore:
, max, ,
** DDD
-
Se, invece, vogliamo adottare uno dei criteri di tipo
energetico, vuol dire che stiamo ipotizzando che tutte
le infinite giaciture passanti per P, cio per il punto nel quale
vogliamo fare la verifica a fatica multiassiale,
contribuiscono (a pari titolo) a determinare il danno
complessivo del componente; quindi, la prima cosa da fare
calcolare la frazione della vita a fatica del componente che
viene consumata dall i esimo blocco di carico
in relazione alla generica giacitura , :
,
,,if
i
iN
nD
poi sommare su tutti gli n blocchi di carico per avere il danno
relativo alla generica giacitura , :
n
i
iDD1
,,
infine, sommare, ovvero integrare, su tutte le infinite
giaciture passanti per P per avere il danno complessivo:
danno complessivo:
dDD ,
SCELTA DEL CRITERIO
Nessun criterio di resistenza possiede una validit generale e,
quindi, di volta in volta bisogner scegliere quale
sia il criterio di resistenza pi idoneo al caso pratico da
affrontare. Consideriamo, ad esempio, il seguente stato
di sforzo applicato ad un componente meccanico in acciaio al
cromo 34Cr4:
000
00) sin(
0) sin() cos(
)(
t
tt
t ayx
axyaxx
Sperimentalmente si verifica che, in questo caso, il limite di
fatica non per nulla influenzato dalla differenza
di fase tra la tensione normale )(txx e la tensione tangenziale
)(txy ; ora, disporre a priori di una simile
informazione permette di scegliere un criterio di resistenza che
sia coerente con questo risultato sperimentale.
In questo caso, infatti, il criterio di resistenza pi idoneo il
criterio di Papadopoulos (quando esiste una differenza
di fase tra la tensione normale e la tensione tangenziale
conviene sempre scegliere il criterio di Papadopoulos,
in quanto si ottiene che il limite di fatica non risente di
questa differenza di fase); se, invece, si dovesse applicare
a questo caso il criterio di Findley, si registrerebbe una
riduzione massima del limite di fatica pari al %20 quando
lo sfasamento pari a 90 , in contraddizione, quindi, con il
risultato sperimentale.
Insomma, quando abbiamo a che fare con il problema della fatica
multiassiale, diventa indispensabile munirsi
di qualche risultato sperimentale al fine di poter orientare
meglio la scelta del criterio di resistenza.