08 Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne ...
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
Datacenter OVH distrutto: il cloud è veramente sicuro? 06
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IN PROVA IN QUESTO NUMERO
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Attacco cinese ai server Exchange Attacco cinese ai server Exchange È gravissimo ma ne parlano in pochiÈ gravissimo ma ne parlano in pochi Un attacco hacker cinese, sfruttando vulnerabilità di Exchange, ha colpito migliaia di aziende italiane. È una bomba a orologeria, ma tutti fanno finta di niente
Radio-microfono Sony Gioia per videomaker
3030
IP Cam EZVIZ C8C Sorveglianza a 360°
Shopping extra UE: sui marketplace cinesi si pagherà di più 18
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Dacia Spring Dacia Spring La spacca-mercato La spacca-mercato elettrica a 9.460 elettrica a 9.460 €€
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Roberto PEZZALI
Sta succedendo qualcosa di terribile, eppure nes-
suno in Italia ne parla. Ad inizio gennaio un grup-
po hacker cinese, sfruttando una falla zero day di
Exchange, ha iniziato ad infettare server di posta in tutto
il mondo e quando Microsoft ha scoperto la cosa, rila-
sciando la patch, l’attacco si è fatto ancora più aggres-
sivo, aumentando come intensità ora dopo ora. L’Italia,
secondo i primi dati raccolti, sarebbe uno dei paesi più
colpiti dopo Stati Uniti e Turchia, con una serie di con-
seguenze che ancora non possono essere calcolate. Il
bersaglio più grande dovrebbe essere Wind Tre: la com-
pagnia di telecomunicazioni lo scorso weekend avuto
diversi problemi sulla rete interna, con limitato accesso
ad alcune app, e la causa sarebbe proprio questa.
Da noi contattata la scorsa settimana Wind Tre ha nega-
to che si sia trattato di un attacco informatico, “normale
manutenzione” ci è stato detto, eppure anche secondo Bloomberg, che avrebbe visionato un memorandum
interno, l’infrastruttura informatica di Wind Tre sarebbe
stata toccata dagli hacker e non si può sapere, ad oggi,
con quali conseguenze. Si tratta, lo specifichiamo, di una
pura questione di rete aziendale, che non ha nulla a che
fare con la rete di telecomunicazioni e i dati dei clienti
o dei servizi ad essi associati. L’attacco messo a pun-
to dai cinesi è uno dei più devastanti degli ultimi anni,
tanto grave che negli Stati Uniti se ne sta interessando
direttamente il presidente Biden: le conseguenze per
molte aziende americane (e non) potrebbero essere
drammatiche.
Gli attacchi iniziano a gennaio. E proseguono indisturbatiIl 5 gennaio del 2021 un ricercatore di DevCore, su Twit-ter, scrive di aver segnalato ad un vendor quello che
può essere considerato uno dei bug si sicurezza più
devastanti che siano mai stati trovati. Il vendor è Micro-
soft, e i bug segnalati si riferiscono a due falle “zero day”,
quindi sconosciute, legate ai server di posta Exchange.
In totale le vulnerabilità sono quattro, e Microsoft le chiu-
de d’urgenza con una patch cumulativa il 2 marzo del
2021. Due mesi dopo.
Microsoft, nel report relativo al problema, aggiun-
ge che secondo l’analisi questi exploit sono stati usati
solo per alcuni attacchi sporadici. Solo più tardi, men-
tre cercava di capire come era possible che qualcuno
sia riuscito a ottenere l’accesso completo ad un server
Exchange, si è resa conto che la cosa era ben più grave.
Le indagini hanno portato ad un gruppo di hacker cinesi
legati al Governo, Hafnium, un team organizzato di altis-
simo livello che prende di mira obiettivi strategici. Utiliz-
zando decine di server privati virtuali ubicati in America,
per non destare sospetti legati ad IP cinesi, gli hacker
MERCATO Un gruppo di hacker cinesi, sfruttando vulnerabilità di Exchange, sta installando da mesi backdoor sui server aziendali
Attacco cinese ha toccato migliaia di aziende italiane Può causare danni enormi ma ne parlano in pochiL’attacco è uno dei più devastanti degli ultimi anni, eppure tutti fanno finta di niente. Italia tra le più colpite dopo USA e Turchia TIM è intervenuta subito, ma ha riscontrato tracce di possibili accessi non autorizzati. Appaiono anche i primi ransomware
segue a pagina 03
hanno iniziato a colpire una serie di aziende in tutto il
mondo, ma soprattutto in Usa: università, aziende di ri-
cerca, enti governativi.
Quando tutto esce allo scoperto gli attacchi si intensificanoQuando i problemi sono stati individuati, e Microsoft ha
iniziato a lavorare alle patch correttive, gli attacchi del
gruppo cinese si sono intensificati. Prima si attaccavano
solo obiettivi mirati, poi, utilizzando una botnet, hanno
iniziato ad attaccare ogni server esposto sulla rete uti-
lizzando la Outlook Web Authentication page, ovvero
la pagina web dalla quale un dipendente di una azien-
da può collegarsi per leggere la sua posta su server
Exchange.
L’esperto di cybersicurezza Brian Krebs, insieme ad
alte organizzazioni, ha iniziato a delineare il perimetro dell’attacco: in pochi giorni si è passati dai 30.000 ser-
ver compromessi ai 150.000 server compromessi in tutti
il mondo. Palo Alto Networks, effettuando una scansio-
ne a tappeto sulla rete, ha stimato che ancora oggi ci
possano essere circa 125.000 server in tutto il mondo
vulnerabili perché ancora le patch di Microsoft non sono
state applicate. Come ricordano in molti, in ambito en-
terprise applicare una patch non è come aggiornare il
sistema di un telefono: in molti casi, quando vengono
usate soluzioni personalizzate con plug-in esterni, prima
di effettuare un aggiornamento ad un componente criti-
co vengono fatti diversi test.
L’attacco si è così propagato in tutto il mondo e vista la
gravità della cosa il neo-presidente americano Biden
ha istituito una task force per capire i legami e i colle-
gamenti con la Cina e intervenire per proteggere le
aziende americane. Sembra infatti che da marzo, quan-
do Microsoft ha rilasciato le patch, al gruppo Hafnium si
siano affiancati anche altri gruppi di hacker cinesi. Sulla
questione sta indagando anche l'FBI.
Una bomba a orologeria: tutti i rischiAbbiamo parlato di attacco, ma molti esperti hanno par-
lato di una vera bomba a orologeria che deve ancora
esplodere e per capire il motivo si deve analizzare quel-
le che sono le singole conseguenze di ogni attacco. Sui
server colpiti sono state installate una o più backdoor
che permettono ai malintenzionati il controllo totale del
server, dalla lettura delle email dell’intera rete aziendale
all’accesso di computer sulla stessa rete del server.
Secondo molti esperti quella a cui abbiamo assistito è
solo la fase uno: si è piantato un seme, e ora si aspetta
che germogli per tornare a raccogliere il frutto. I malin-
tenzionati potrebbero infatti accedere ai server attaccati,
avendo installato una backdoor di accesso, per termina-
re l’attacco. L’ipotesi più probabile è il furto di dati per
alcune aziende specifiche, quelle di importanza strate-
gica, accompagnato dall'installazione di ransomware
o di strumenti per il mining di criptovalute per tutti gli
altri server. Nel primo caso si tratterebbe di un attacco
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
manuale, nel secondo caso di un attacco a tappeto, per
guadagnare soldi con il riscatto o con la vendita delle
valute minate.
Alcuni server analizzati, colpiti dall'attacco, avevano più
di tre backdoor installate, e la bonifica ha richiesto giorni.
Dall’analisi dei log di traffico ricevuti da molti ISP ameri-
cani, e da coloro che avevano senza saperlo affittato i
server americani ai cinesi per gli attacchi, alcune agen-
zie di cybersecurity sono riuscite a risalire agli indirizzi IP
dei server attaccati e stanno avvisando tutti: "fate subi-
to un backup e tenetelo scollegato dalla rete”. Il rischio
che, da un momento all’altro, l’intera rete aziendale pos-
sa essere criptata da un ransomware è altissimo.
L’Italia era ed è una delle più colpiteVenerdì, secondo i dati di CheckPoint Security, l’Italia
risultava uno dei paesi più colpiti dall’attacco. "Check
Point Research sta notando centinaia di tentativi di sfrut-
tamento contro organizzazioni sparse in tutto il mondo;
tentativi collegati alle quattro vulnerabilità zero-day che
attualmente colpiscono Microsoft Exchange Server. CPR
ha osservato che, solo nelle ultime 24 ore, il numero di
tentativi è raddoppiato ogni due o tre ore. Nel caso in cui
un’organizzazione con Microsoft Exchange Server non
abbia patchato la versione all’ultima disponibile è da
considerarsi una realtà a rischio. I server compromessi
potrebbero consentire a un aggressore non autorizzato
di estrarre e-mail aziendali ed eseguire codice danno-
so all'interno dell’organizzazione con accessi e privilegi
elevati. Il Paese più attaccato è stato la Turchia (19% di
tutti i tentativi di sfruttamento), seguita dagli Stati Uniti
(18%). Al terzo posto, con una percentuale del 10% c’è
l’Italia. Il settore industriale più bersagliato è stato quello
governativo/militare (17%), seguito dal settore manifattu-
riero (14%) e poi da quello bancario (11%)”.
Nel weekend gli attacchi si sono moltiplicati e l’Italia è
scivolata all’undicesimo posto: non sono diminuite le
aziende colpite, sono aumentati i server attaccati.
WindTre nega tutto. Ma diverse fonti ci confermano l’attaccoLo scorso weekend (7 marzo) Wind Tre avuto diversi pro-
blemi sulla rete interna e diverse app non funzionavano,
come i client dei negozi. Lunedì mattina diverse fonti ci
hanno segnalato che l’azienda ha dovuto fronteggiare
un problema di cyber security eppure Wind Tre, da noi
contattata, ha detto che non è successo nulla e che si è
trattata di una operazione di manutenzione dei server.
Venerdì Bloomberg ha pubblicato una news riportando
l'attacco, dopo aver visionato un memo interno dove
l'amministratore delegato di Wind Tre, Jeff Hedberg,
spiegava ai dipendenti per quale motivo non si riusciva
ad accedere ad alcuni documenti sulla rete interna. "Tut-
ti voi avete letto delle minacce su larga scala ai sistemi
informatici che coinvolgono più di 250.000 aziende e
organizzazioni pubbliche in tutto il mondo. In questo
contesto, circa 40 computer della nostra azienda han-
no subito interruzioni, disservizi e di conseguenza alcuni
documenti archiviati nel sistema di file sharing dell'a-
zienda non sono al momento disponibili”.
Cosa può succedere adessoLe quattro falle di Exchange hanno conseguenze ad
oggi incalcolabili. L'impatto sarà maggiore, secondo i
consulenti Usa che stanno seguendo la cosa per la Casa
Bianca, del già terribile hack di SolarWind.
Il problema vero è che siamo solo alla prima fase, e tan-
tissime aziende ignorano tutt’ora quello che sta succe-
dendo e non hanno ancora applicato le adeguate cor-
rezioni. Molte aziende, inoltre, sono state colpite e non
se ne rendono conto: da un giorno con l’altro potreb-
bero trovarsi con l’intera rete criptata. Sebbene l’Italia
sia stata fino a venerdì il terzo paese più attaccato ad
oggi, fatta eccezione per l’indiscrezione di Bloomberg
legata a Wind Tre, di questo gravissimo attacco nessuno
dice nulla. Negli Stati Uniti se ne sta occupando l'FBI e
c'è una task force attiva del Governo: la sicurezza del-
le aziende del Paese è a rischio. Da noi sembra che la
cosa stia passando in sordina, e venga tenuta un po' na-
scosta, forse anche per le implicazioni legate al GDPR.
Una intrusione simile, in un server di posta, dovrebbe
essere segnalata istantaneamente al Garante e proprio
per questo abbiamo chiesto all’ufficio stampa se, negli
ultimi giorni, c’è stato un aumento delle segnalazioni per
data-breach e siamo in attesa di una risposta.
TIM Business colpita avvisa i clienti: “Possibili accessi non autorizzati alle mail”TIM Business ha avvisato i suoi clienti che i loro server
di posta, che usavano Microsoft Exchange come mail
server, sono stati probabilmente compromessi. Nel mes-
saggio inviato ai clienti TIM Business spiega che non ap-
pena Microsoft ha rilasciato le patch correttive il 3 marzo
sono state subito installate su tutti i server, e sono anche
state fatte tutte le verifiche del caso, come suggerito da
Microsoft, per verificare che sui server non fossero state
installate “shell” per accesso remoto in una fase succes-
siva. Tuttavia le indagini sono ancora in corso, e sono già
La situazione venerdì 12 marzo. La situazione al 15 marzo.
stati riscontrati possibili accessi non autorizzati ad alcuni
server di posta. In attesa che vengano completate le ve-
rifiche per capire se c’è stata una effettiva compromis-
sione del sistema, con eventuale furto di dati, TIM sug-
gerisce di cambiare le password. TIM, è bene ricordarlo,
non ha nessuna colpa in tutto questo: gli hacker hanno
sfruttato quattro vulnerabilità zero-day di Microsoft e
hanno attaccato a tappeto tutti i server esposti in rete.
Nel messaggio inviato ai clienti TIM Business spiega che
non appena Microsoft ha rilasciato le patch correttive il 3
marzo sono state subito installate su tutti i server, e sono
anche state fatte tutte le verifiche del caso, come sugge-
rito da Microsoft, per verificare che sui server non fosse-
ro state installate “shell” per accesso remoto in una fase
successiva. Tuttavia le indagini sono ancora in corso, e
sono già stati riscontrati possibili accessi non autorizzati
ad alcuni server di posta. In attesa che vengano com-
pletate le verifiche per capire se c’è stata una effettiva
compromissione del sistema, con eventuale furto di dati,
TIM suggerisce di cambiare le password.
TIM va elogiata per il modo in cui ha gestito la cosa, in
piena trasparenza verso i suoi clienti. È lecito aspettarsi
che anche altre aziende possano fare comunicazioni si-
mili: l’attacco non ha risparmiato praticamente nessuno
e nessuno era immune. Le correzioni hanno richiesto un
mese per essere distribuite e di certo i cinesi non han-
no aspettato, anzi, hanno intensificato l’azione. Stanno
emergendo ulteriori dettagli, tutti preoccupanti: molti
altri gruppi hacker stanno sfruttando le web-shell cari-
cate da chi ha effettuato il primo attacco. Kryptos Logic
segnala di aver trovato traccia di quasi 7000 web-shell
pubblicamente esposte su web, web-shell che altri
gruppi stanno usando per caricare randomware. Il pri-
mo di questi, identificato da Sophos, è stato sopranno-
minato DearCry ed assomiglia molto a Wannacry come
struttura, noto ransomware usato negli scorsi anni. Nulla
di eccessivamente sofisticato, non fa nulla per nascon-
dersi, tuttavia secondo Sophos è stato modificato per
rendere i file praticamente irrecuperabili. Prima di can-
cellare il documento originale e dopo aver chiuso la co-
pia criptata, sovrascrive il documento originale.
MERCATO
Attacco cinese ad Exchangesegue Da pagina 02
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
Immuni, il Garante chiude il bug più grande. Ora è pronta a funzionare davveroIl Garante per la privacy ha dato il via libera alle modifiche della piattaforma Immuni: ora ognuno potrà segnalare in autonomia la positività, evitando il vero problema dell’app: la gestione umana da parte della Sanità di Roberto PEZZALI
Immuni ha funzionato poco e male in Italia. La colpa, lo abbiamo sem-pre detto, è il modo in cui Immuni è stata gestita dalla Sanità Italiana. La procedura attuale prevede che chi risulta positivo al tampone, per caricare i dati sui server, deve se-gnalare la positività ad un opera-tore della ASL che deve assisterlo sbloccando dalla piattaforma il ca-ricamento dei dati, per evitare che il sistema possa essere inquinato con dati falsi e mantenere la pri-vacy. Questa procedura si è scon-trata con una gestione da parte delle ASL caotica e disorganizzata. Adesso cambia tutto: come riporta il sito del garante ora “Chi risulta positivo può interagire direttamen-te con il sistema di allerta Covid-19 inserendo, nell’apposita sezione dell’app Immuni, il codice CUN (codice univoco nazionale attribui-to dal Sistema TS ai referti dei test diagnostici per SARS-CoV-2) asso-ciato a un proprio referto con esito positivo unitamente alle ultime 8 cifre della propria tessera sanita-ria”. Ora Immuni si sgancia total-mente dalla sanità e viaggia con le proprie gambe, come in altri Paesi.
di Massimiliano DI MARCO
Il futuro del programma di cashback di
Stato per com’è impostato ora è incer-
to. Da alcune settimane, la politica sta
valutando se proseguire con l’iniziativa e
se farlo alle stesse condizioni con cui è
partito ufficialmente lo scorso 1 gennaio,
dopo un primo mese di sperimentazione a dicembre. Tali eventuali riconsidera-
zioni sono il risultato di comportamenti
anomali legati alle transazioni valide per il
“super premio” semestrale di 1.500 euro:
tante transazioni sono artificiose, soltanto
per accumulare molte transazioni e quin-
di scalare la classifica generale. Soltan-
to i primi 100 mila utenti per quantità di
transazioni fatte hanno diritto a ricevere
un bonus di 1.500 euro per ciascuno dei
due semestri del 2021. Secondo alcuni
esponenti politici, la misura è inefficace e
i 3 miliardi previsti per il 2022 potrebbero
essere dirottati per altre misure nella lot-
ta alla povertà.
Castelli: “Non si parla di farlo saltare”Riguardo al futuro del cashback di Stato,
la viceministra all’Economia, Laura Ca-
stelli, in un’intervista rilasciata al program-
ma “24 Mattino” di Radio 24 lo scorso 3
marzo, ha detto che “non si parla di farlo
saltare”. Ha aggiunto che “penso che sia
una misura che non è semplicemente di
lotta all’evasione”, bensì che serva “per
cambiare il modo dei cittadini di utilizza-
re il proprio denaro”, pur riconoscendo
che l’iniziativa del cashback di Stato im-
pegna molte risorse. La sottosegretaria
all’Economia, Maria Cecilia Guerra, du-
rante un’interrogazione alla commissio-
ne Finanze della Camera ha specificato
che Pago PA sta facendo delle verifiche
sulle operazioni anomale, che sono quin-
di “passibili di esclusione dall’ambito di
applicazione del programma”. Comples-
sivamente, per sostenere il cashback di
Stato sono stati stanziati 1,75 miliardi di
euro per il 2021 e 3 miliardi per il 2022.
Inoltre, per tutto il 2021 è previsto un cre-
dito d’imposta del 30% sulle commissioni
pagate dai commercianti per le transazio-
ni elettroniche. Secondo il centro studi e
ricerche Itinerari Previdenziali, metà delle
transazioni coinvolte nel programma di
cashback già venivano effettuate tramite
strumenti elettronici: secondo i detrattori,
ciò implica che l’iniziativa non stia in real-
tà avendo gli effetti previsti.
Italia Viva contraria: “Misura costosa e inefficace”Secondo la valutazione della Guardia di
Finanza, esposta dal generale Giusep-pe Zafarana alle commissioni Finanza
della Camera e del Senato, il cashback
potrebbe essere concentrato sulle “ca-
tegorie a maggiore rischio di evasione
fiscale rispetto alle altre”. Zafarana ha
però sottolineato che è “prematuro”
fare valutazioni più articolate sull’effi-
cacia della misura. I deputati di Italia
Viva Camillo D’Alessandro e Gianfranco
Librandi hanno definito il cashback di Stato una “misura costosa e inefficien-
te” chiedendo di eliminarlo del tutto e di
puntare invece sull’abbassamento delle
commissioni bancarie e l’incentivazione
delle transazioni digitali “anche nelle pic-
cole attività”.
Cashback di Stato chiuso già a luglio: la proposta del sottosegretario dall'EconomiaChiudere il programma del cashback di
Stato già dopo il primo semestre, ossia
a luglio. Sarà questa la proposta che il
sottosegretario all'Economia, Claudio
Durigon, presenterà come parte delle
discussioni legate al prossimo "decreto
sostegni". In un'intervista concessa al
Messaggero, Dorigon ha detto che in
settimana si terrà un consiglio dei mini-
stri per lo stanziamento dei 32 miliardi di
euro previsti da tale decreto.
Riguardo al programma di cashback, in
fase di rivalutazione, Durigon ha detto
che "la mia proposta è di terminare la mi-
sura a luglio. Potremmo risparmiare 2,5-3
miliardi di euro che potremmo lasciare al
Parlamento per rafforzare le risposte alle
categorie in crisi nel decreto sostegni".
La misura del cashback è stata fortemen-
te supportata dal precedente governo,
guidato da Giuseppe Conte. Il mese spe-
rimentale di dicembre ha coinvolto 5,87
milioni di persone per un totale di 222,6
milioni di euro che sono stati rimborsati
a oltre tre milioni di utenti. Oggi tale ini-
ziativa è vista con dubbio: secondo alcuni
deputati e senatori, i miliardi di euro pre-
visti potrebbero essere usati, come ha
sottolineato Durigon, per altri progetti per
la lotta alla povertà o all'evasione fiscale.
MERCATO Per la viceministra Castelli, “non si parla di farlo saltare”ma non si escludono modifiche
Politica divisa sul futuro del cashback di StatoSotto la lente di Pago PA le transazioni anomale per scalare la classifica del “super premio”
Huawei non è più la numero uno in Cina. Ora cede il posto a OppoLe mosse dell’amministrazione Tru-mp hanno fatto succedere l'impossi-bile, ovvero far perdere a Huawei la prima posizione nella classifica dei marchi più venduti in patria. Huawei è stata negli ultimi anni l’azienda numero uno in Cina, ma ha perso parte di quel vantaggio ed è ora al secondo posto, insieme a Vivo: la quota di mercato per entrambe è al 20%. Davanti c’è Oppo, al 21%, die-tro Xiaomi ad Apple al 16%. Huawei perde quota di trimestre in trimestre, ed entro la fine del 2021 potrebbe trovarsi ancora più indietro. Le cause sono legate all’incapacità di produr-re telefoni e alla vendita, necessaria, di Honor. Due fattori che sono diretta conseguenza dei provvedimenti dell’amministrazione USA. Huawei ha accumulato processori a partire da gennaio 2020, ma quando le scorte stavano per finire si è concen-trata sui prodotti ad alto margine di guadagno come le serie P e Mate: meno pezzi venduti ma un minore impatto sul conto economico.
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Paolo CENTOFANTI
Infratel Italia ha pubblicato lo stato di
avanzamento lavori del piano nazio-
nale per la banda ultralarga (piano
BUL). Secondo i nuovi dati sono ora ol-
tre 1900 i comuni aperti alla commercia-
lizzazione, cioè disponibili agli operatori
che possono offrire servizi di connetti-
vità ai cittadini sfruttando la rete realiz-
zata con investimento pubblico. Il piano
BUL, ricordiamo, prevede la copertura
in FTTH e FWA delle aree a fallimento
di mercato, tramite intervento diretto di
Infratel Italia o in concessione tramite
Open Fiber vincitore dei bandi in diver-
se regioni italiane. Come ci hanno fatto
notare diversi lettori, però, la lista dei comuni comprende città e paesi in cui
i lavori di Open Fiber o sono ancora in
corso o, in diversi casi, nemmeno ini-
ziati. Un veloce incrocio dei dati con il
portale ufficiale del progetto, sembre-
rebbe confermare i dubbi dei lettori.
Perché i numeri non tornanoAbbiamo interpellato sulla questione
MERCATO Il nuovo aggiornamento sullo stato di avanzamento del piano banda ultralarga
Piano BUL: 1900 i comuni completati finora Nel numero, quelli con parziale copertura FWANei 1900 comuni però, si parla di rete FTTH: diversi sono solo in parte toccati da copertura FWA
Infratel Italia che ha puntualizzato come
la discrepanza sia dovuta al fatto che
tra i 1900 comuni aperti alla commer-
cializzazione siano inclusi anche quelli
raggiunti unicamente da servizi Fixed
Wireless Access di paesi vicini:
"la discrepanza è dovuta a due fatto-
ri: siamo in emergenza, per cui Open
Fiber può commercializzare non solo
i comuni collaudati, ma anche quelli
dove i lavori sono chiusi ma il collau-
do non è ancora avvenuto. Le antenne
FWA wireless possono essere inoltre
residenti su altri comuni, per cui l’an-
tenna FWA nel comune x può abilitare
Unità Immobiliari nei comuni X, Y, e Z,
che quindi sono aperti alla commer-
cializzazione." La lista include anche
comuni in cui solo alcune unità immo-
biliari sono effettivamente raggiunte
dalla rete BUL wireless. Se dunque il
vostro comune rientra nell'elenco, ma
sul sito di Open Fiber non risulta co-
pertura presso il vostro civico o sul sito
Banda Ultralarga non c'è evidenza di
completamento dei lavori, il motivo è
questo. Purtroppo, come ci conferma
Infratel Italia, al momento queste unità
immobiliari non sono segnalate sul por-
tale del progetto.
Aruba lancia la sua offerta in fibra ottica (FTTH). Accordo con Open FiberAnche Aruba si è inserita nel mercato delle offerte di rete fissa in fibra ottica FTTH per aziende e privati. La società ha annunciato l'accordo raggiunto con Open Fiber, società che vende la sua infrastruttura all'ingrosso ad altri operatori. La promessa è di una velocità in download fino a 1 Gigabit/sec e di 300 Megabit/sec in upload. L'offerta per i privati di Aruba (chiamata Fibra Aruba) costa 26,47 euro al mese con attivazione inclusa (240 euro spalmati in 24 mesi): non è previsto un router e non è inclusa un'utenza telefonica per effettuare e ricevere chiamate. Gli utenti possono chiedere di avere un router a noleggio al costo di 2,20 euro al mese: un Fritzbox 7530. È prevista una seconda offerta, Fibra Aruba Extra, che costa 29,89 euro al mese e prevede uno sconto dell'80% su altri prodotti di Aruba e la priorità per l'assistenza. Il router non è incluso.
Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009
e
www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano
n. 308 del’8 novembre 2017
direttore responsabileGianfranco Giardina
editingMaria Chiara Candiago
EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154
Per informazionidday@dday.it
Per la pubblicitàadv@dday.it
MAGAZINE
MAGAZINE
di Roberto PEZZALI
La legge è chiarissima: “dal 1 gennaio
2017 tutti i TV e i decoder venduti in
Italia dovranno avere a bordo HEVC
e DVB-T2” eppure, dopo 4 anni, c’è an-
cora chi sta vendendo online TV assolu-
tamente fuorilegge. È il caso di un mar-
ketplace di ePrice, Paba, che ha tutt’ora
in catalogo e segna come disponibile
un TV Polaroid TQL24F4 che è privo di
tuner DVB-T2 e di decoder HEVC.
La segnalazione ci arriva da un nostro
lettore, che ha acquistato il TV senza
badare troppo alle caratteristiche, con-
sapevole che ormai la legge obbliga
tutti a vendere solo televisori a norma, e
si è reso conto solo dopo che il prodotto
non era conforme alla normativa vigen-
te. Il venditore si è giustificato dicendo
che il TV in questione viene venduto
come monitor e ha proposto un deco-
der aggiuntivo, ma ovviamente è una
giustificazione che non regge: si tratta
di una vendita illegale. TV come il Pola-
roid TQL24F4 non possono più esSere
venduti nel nostro paese, e ci stupiamo
che ancora ci sia chi provi a venderli
sfruttando un nome importante, come
ePrice, e passando per i marketplace.
ePrice non è direttamente responsa-
bile del comporta-
mento dei venditori
del marketplace, ma
nonostante questo ha
messo a punto un Pro-
gramma di Protezione
Clienti che permette
loro di intervenire nel
caso in cui qualcuno si
trovi in difficoltà con i
venditori. In questo caso è stato effet-
tuato il recesso, ma sarebbe bene che
ePrice controllasse anche la merce in
vendita: TV come il Polaroid TQL24F4
non possono più essere venduti, ma al
momento il TV in questione è ancora in
vendita in una pagina con logo “ePrice”,
e qualche altro incauto acquirente po-
trebbe spendere soldi per un TV che è
ormai obsoleto.
MERCATO Un marketplace di ePrice, Paba, vende un tv privo di tuner DVB-T2 e di decoder HEVC
Marketplace, c’è ancora chi vende TV senza DVB-T2 A 4 anni dalla legge, c’è ancora chi vende online TV del tutto illegali e vuole avere ragione
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Roberto PEZZALI
Una scena da incubo: da una parte un intero edi-
ficio in fiamme, centinaia di migliaia di server
distrutti, dall’altra il pensiero che in quei server
tenevano in piedi centinaia di migliaia di servizi, e il
loro spegnimento porterà a molte attività un danno
economico notevole. Quello che tutti si stanno chie-
dendo è come sia possibile che un datacenter possa
andare a fuoco, con tutte le precauzioni che vengono
prese nei datacenter proprio per evitare che succeda,
ma è successo e ormai c’è ben poco da fare: l’elenco
dei siti italiani che non funzionano è lunghissimo, e
presto si potrà iniziare a fare la conta dei danni. For-
tunatamente nessuno è rimasto ferito: chi gestiva il
datacenter è riuscito a mettersi in salvo dopo aver
chiamato i vigili del fuoco che hanno lavorato tutta la
notte per domare la colonna di fumo che ha segnato
l’alba di Strasburgo.
OVH a Strasburgo aveva quattro grosse strutture con
all’interno i server: SBG1, SBG2 SBG3 e SBG4. L’in-
cendio è divampato all’interno di SBG2 che è andato
totalmente distrutto, e ha toccato anche SBG1 che
sembra aver subito danni importanti. SBG3 e SBG4
al momento non sembrano interessati, tuttavia è stata
tolta la corrente all’intera area pertanto anche coloro
che avevano un sito o un servizio all’interno di SBG3/4
non possono comunque accedere ai loro dati. OVH
ha già attivato un recovery plan, e sta cercando di
capire se si riuscirà a riattivare almeno le macchine
presenti nei due edifici che non sono stati toccati dal-
le fiamme. L’evento deve far riflettere. Con i sistemi
di soppressione degli incendi presenti nei datacenter
di oggi non dovrebbe mai accadere una cosa simile
e proprio per questo motivo si tende a credere che
i dati nel cloud siano sicuri. E che esista un backup.
Nel caso di OVH i dati “nel cloud” erano semplice-
mente su un server a Strasburgo, e molti facevano
affidamento sul servizio di backup fornito dallo stesso
OVH che al momento, per molti, risulta inservibile. Il
rischio che questo incendio abbia fatto perdere dati
a tantissime aziende che non avevano allestito, fidan-
dosi del cloud, un piano di emergenza è altissimo. Per
molte realtà della new economy l’attività è legata ai
dati che hanno, al loro servizio, allo storico: un danno
simile può portare al fallimento.
Perché può succedere L’ipotesi che un intero datacenter nel 2021 possa an-
dare a fuoco è un qualcosa che nessuno prende in
considerazione, e molti lo reputano impossibile. Ep-
pure, nonostante sia difficile che accada, può anche
succedere e Cristiano Zanforlin, Chief Commercial Of-
ficer di Mix Milano con una lunga esperienza di oltre
MERCATO Incendio in uno dei più grandi datacenter europei: un’intera ala di OVH è stata devastata, i dati sul server andati in fumo
Datacenter OVH di Strasburgo distrutto per incendioPerché succede e perché i dati sono persi per sempreChi non aveva previsto un disaster recovery plan ha quasi sicuramente perso tutto. Può succedere, vediamo perché Con un lungo report dettagliato, OVH ha spiegato cosa è successo. I più colpiti sono stati i private virtual server o VPS
segue a pagina 07
20 anni in diversi datacenter italiani, ci ha spiegato
perché quello che molti ieri hanno ritenuto impossibi-
le, un intero datacenter devastato dalle fiamme, è in
realtà qualcosa che viene spesso calcolato.
“I datacenter sono progettati seguendo le direttive di
affidabilità e tolleranza che vengono dettate da chi li
commissiona. All’interno del piano di progettazione ci
sono specifiche che riguardano livelli di ridondanza e
affidabilità, e il datacenter viene progettato seguen-
do queste indicazioni che non sono uguali. Non tutti
i datacenter sono costruiti allo stesso modo” spiega
Zanforlin. Scopriamo così che mentre in passato c’è
stata la corsa ai datacenter iper protetti, con il mas-
simo livello di sicurezza e resistenti anche all’errore
umano, oggi non è più così. La tendenza dei grandi
provider è di avere tanti datacenter delocalizzati con
un livello di protezione più bassa: si preferisce ave-
re tanti nodi che costano meno come manutenzione,
costruzione e gestione piuttosto che avere un unico
datacenter costruito con specifiche militari.
Il datacenter di OVH non solo era costruito con que-
sto principio ma era anche un datacenter molto par-
ticolare, perché realizzato in una struttura a contai-
ner di metallo impilati. Zanforlin ci spiega che oggi i
container vengono usati dai datacenter come moduli
aggiuntivi di emergenza per gruppi di continuità o per
operazioni temporanee, sono blocchi già pronti, ma
questo per OVH è diventata la normalità.
Inoltre, OVH essendo una piattaforma commercia-
le, gestisce all’interno dei container server ad altis-
sima densità: ogni singolo armadio ha una potenza
di calcolo enorme e densità, quindi tanta potenza,
vuol dire anche tanta energia che non vede l’ora di
sprigionarsi. Le fotografie che abbiamo visto, con il
metallo deformato dalle fiamme, spiegano i motivi di
una propagazione così rapida dell’incendio: basta che
uno dei container nella parte bassa prenda fuoco per
trasformare in poche ore i piani superiori in un incen-
dio difficile da domare.
Nei datacenter italiani è difficile che questo possa ac-
cadere, perché sono costruiti in cemento e le pareti
sono in grado di resistere per oltre due ore al fuoco
senza deformarsi. Inoltre, spiega Zanforlin, oggi i da-
tacenter moderni vengono costruiti a compartimenti
stagni, tante piccole scatole a tenuta stagna che sono
in grado di auto-isolarsi nel caso di incendio. Chi ge-
stisce un datacenter è consapevole che un incendio
possa divampare in una di queste scatole, ed è di-
sposto a perdere interamente quello che c’è dentro,
server e dati. Nessuno però è disposto a perdere la
struttura: può accadere il singolo evento, ma la strut-
tura impedisce che si diffonda a catena.
Ogni proprietario di datacenter sceglie cosa ritiene
accettabile perdere, e in quel caso calcola anche
come gestire i dati di quello che c’è all’interno dell’a-
rea che verrà distrutta. Non possiamo sapere se OVH
aveva calcolato come possibile la perdita di un singo-
lo container o di un intero building, quello che sappia-
mo è che un building e parte di un secondo building
sono andati distrutti dalle fiamme. I datacenter, spiega
Zanforlin, sono ovviamente protetti da un sistema anti
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
MERCATO
OVH e il datacenter in fiammesegue Da pagina 06
incendio ma come sempre bisogna vedere se ha fun-
zionato come dovrebbe e in che modalità. Nel 2019,
qualcuno sicuramente lo ricorderà, è andato a fuoco
interamente il datacenter di Sky a Roma: i sistemi anti
incendio sono partiti all’istante, tuttavia il fumo denso
successivo allo spegnimento delle fiamme ha portato
ad un danneggiamento di tutti gli apparati presenti
nell’edificio, anche di quelli che non erano stati toc-
cati dalle fiamme. Spegnere non sempre è la scelta
migliore, spesso si preferisce isolare e lasciare che
il fuoco distrugga tutto in un ambiente circostanziato.
Per questo motivo oggi esistono diverse linee di pen-
siero su come si deve domare il fuoco all’interno di un
datacenter: gli operatori anglosassoni prediligono lo
spegnimento ad acqua, con i classici ugelli che spruz-
zano acqua o nebulizzano vapore. Preferiscono perde-
re tutto quello che viene annaffiato, ma non vogliono
avere dubbi sul fatto che l’incendio sia completamente
domato. In italia e in tanti paesi europei si preferisce
usare sistemi a gas inerte, che riducono la quantità
d’ossigeno e vanno ad estinguere la fiamma. Questi si-
stemi tuttavia possono intervenire ad ambiente chiuso,
e se il sistema antincendio rivela che una porta è aper-
ta o una finestra è stata lasciata leggermente socchiu-
sa il sistema potrebbe non partire perché l’ambiente
non è compartimentato.
La scelta del sistema anti incendio dipende anche dai
costi: con le nuove normative sulla sicurezza alcuni si-
stemi molto efficaci richiedono una continua manuten-
zione e i costi si alzano. La scelta, spesso, è quella di
sacrificare tutto, perché risulta più conveniente. I dati,
tanto, sono teoricamente salvi altrove. Teoricamente,
perché non sempre è così: dipende dai singoli clienti e
dai contratti che vengono fatti.
Zanforlin, che segue la parte commerciale e le rela-
zioni con i clienti al Mix, ci spiega che l’ipotesi che un
datacenter vada a fuoco è assolutamente calcolata
e che quando un grosso cliente si siede a negoziare
un contratto non vuole nemmeno sapere quali sono
le precauzioni anti-incendio, vuole solo sapere quali
sono i piani di recupero. Il famoso recovery plan, ov-
vero quanto tempo serve, se si scatena un incendio,
per tornare alla normalità con tutti i dati al loro posto.
Bisogna considerare tuttavia differenti situazioni. Ci
sono casi dove c’è ridondanza totale, ed è il caso ad
esempio di un provider: se va a fuoco il datacenter di
un provider ai clienti la connettività viene fornita da un
altro nodo. La stessa cosa vale per la posta elettronica
e per i servizi associati. Il secondo caso è quello dei
datacenter per terzi, soluzioni come OVH che affitta-
no quelle che vengono chiamati “private cloud” ma in
realtà non sono altro che macchine virtuali installate
su un server installato in un container. Si stima che ieri
più di un milione di siti e servizi siano stati impattati dal
catastrofico evento di Strasburgo, e la maggior parte
di questi erano aziende, startup, siti personali e appli-
cazioni gestite in questo modo. Molti clienti di OVH,
stando a quello che si può leggere su Twitter, erano
convinti che OVH stesso, come servizio, prevedesse
di fatto un recovery plan per i clienti, ovvero che esista
da qualche parte una copia dei dati presenti sui server
andati a fuoco. Non è così: i server sono come fogli di
carta, una volta bruciati tutto quello che c’era scritto è
andato perso per sempre. Spettava al cliente fare la
fotocopia, oppure pagare per farla.
Ecco cosa si è salvato e cosa noSpento l’incendio, inizia la conta del danni. Dopo giorni
di lavoro interrotto OVH ha publicato un lungo e det-
tagliato report di tutto quello che si può salvare nel datacenter in fiamme e di quello che invece risulta perso per sempre, fatta eccezione ovviamente per
quegli utenti che hanno pensato di tenere copie di
backup esterne all’infrastruttura. Le cause dell’incen-
dio non sono ancora note, tuttavia Octave Claba, CEO
di OVH, ha detto che due pompieri con la camera ter-
mica hanno identificato una sorta di focolaio in pros-
simità di due UPS, gruppi di continuità, e uno dei due
era stato riparato la mattina stessa. Se fosse accertata
come causa dell’incendio l’esplosione di un gruppo
di continuità non sarebbe un bel problema, almeno a
livello d’immagine: solitamente i gruppi di continuità
sono elementi che vengono tenuti ben separati dai
server, proprio perché rappresentano elementi critici.
Non sappiamo come fosse strutturato il datacenter a
container di OVH, ma da quanto raccontato dal CEO
gli UPS erano nei container sotto i server.
I danni sono ingenti, e purtroppo i più colpiti sono
proprio i virtual private server, o VPS, quelle macchine
virtuali remote dal costo variabile tra i 10 e i 100 euro
al mese scelti solitamente dalle piccole medie impre-
se per i loro business. Nel lungo report che OVH ha
pubblicato quasi tutti i VPS, con l’aggiunta anche dei
loro servizi VPS Additional Storage, quindi lo spazio
aggiuntivo, sono andati persi e con loro perso anche
il backup. Si sono salvati solo coloro che avevano pa-
gato il servizio FTP Backup: questo veniva fatto sul da-
tacenter di Roubaix, quindi su un datacenter esterno.
Persi anche tantissimi servizi di backup: nelle stanze
andate a fuoco c’erano tantissimi server che gesti-
vano proprio il backup di tante soluzione enterprise,
come i server Managed Veeam Backup: questi sono
persi per sempre ma fortunatamente le macchine del-
le quali facevano il backup non hanno subito danni.
In molti casi si sono persi i backup ma non i server
principali. Colpiti irrimediabilmente anche molti servizi
NAS, alcune istanze cloud affittate a ore per calcoli di
ogni tipo e gli snapshot delle macchine virtuali. Sulla
pagina predisposta da OVH si può controllare lo stato
di ogni servizio.
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Roberto PEZZALI
Per molti negozi, soprattutto cinesi, che vendono in
Europa è finita l’era dei super sconti e dei prez-
zi bassi: il nuovo regolamento Europeo stabilisce
nuove regole, che diventeranno ancora più stringenti a
partire da luglio.
Una decisione, quella dell’Europa, sacrosanta: oggi i mi-
lioni di pacchi che arrivano dalla Cina acquistati dai con-
sumatori europei, dall’elettronica ai vestiti, rappresenta-
no una perdita enorme in termini di iva non dichiarata
e di dazi doganali non versati. Nell’ultimo anno, con la
pandemia e il boom del dropshipping, questa problema-
tica si è allargata a dismisura: sono tanti i negozi europei
che fanno da vetrina per una spedizione che parte di-
rettamente dalla Cina e, dopo qualche settimana, arriva
in Italia. Le nuove normative vogliono evitare una delle
pratiche più fastidiose: la dichiarazione di un valore della
merce falsa, molto più bassa dell’originale.
Fino ad oggi infatti, per alleggerire il carico delle dogane
e di chi deve gestire le spedizioni, è prevista una totale
esenzione per IVA e dazi di tutti i prodotti con un prezzo
inferiore ai 22 euro.
Questo ha portato molti venditori a dichiarare valori del-
la merce fasulli, indicare sulle confezioni “gift” oppure
“sample”, a trovare ogni stratagemma possibile per por-
tare il prezzo di un prodotto sotto i 22 euro.
In tutti questi anni pochissime spedizioni sono state
trattenute per accertamenti, e così tanta merce è stata
sdoganata senza controlli ed è arrivata nelle case degli
acquirenti anche se avrebbe dovuto pagare dazi di im-
portazione, IVA e magari subire anche qualche controllo
contro la falsificazione.
Inutile dire che questa pratica viene usata anche in
ambito business: sono tante le aziende che sono state
pizzicate, negli ultimi anni, per aver chiesto al fornitore
extra-UE di indicare un valore falso o fittizio sulla bolla
doganale. Spesso, si richiesta della dogana, basta una
autodichiarazione. L’Europa ha detto basta, e ha rivisto
interamente il processo di sdoganamento delle merci:
oltre alle imposte non versate e al danno economico,
c’è anche una questione enorme di concorrenza. I ne-
gozi europei, che pagano tutte le tasse e che vendono
prodotti che hanno dovuto in qualche modo importare,
quindi soggetti a dazi, non riescono più a competere con
molti negozi che lavorano in dropshipping e con i negozi
che vendono e spediscono dalla Cina.
Le normative messe in atto sono due e riguardano due
regolamenti separati dell’Unione Europea: il primo è in
vigore a partire dal 15 marzo 2021, il secondo doveva
entrare in vigore a inizio gennaio ma è stato rinviato al 1
luglio 2021. Vediamo cosa cambia.
Tracciamento capillare di tutte le merciLa prima fase di questo nuovo programma europeo di
gestione delle importazioni, partito ieri, si chiama Import
MERCATO Dal 15 marzo sono in vigore una serie di norme più stringenti che regolano gli acquisti extra UE. Una decisone sacrosanta
Shopping extra UE, nuove norme contro evasione daziSui marketplace cinesi da adesso si pagherà di piùNel mirino del regolamento, i grossi store cinesi che per evitare di pagare i dazi dichiarano il falso, e il boom del dropshipping
Control System 2, ICS2. E’ una piattaforma condivisa
dell’Unione Europea che permette di tracciare in modo
capillare tutte le merci in arrivo grazie alla collaborazio-
ne di tutte le dogane. Queste potranno identificare in
modo preciso la merce in transito, controllando anche i
vari flussi da parte dei magazzini e dai negozi stranieri.
L’obiettivo di questa prima fase è eliminare del tutto le
dichiarazioni imprecise e fuorvianti sulle merci: fino ad
oggi moltissime spedizioni sono state inviate in Europa
con la scritta “regalo”, “sample commerciale”, “parti di
ricambio” oppure “demo”, e proprio per questo motivo
non veniva indicato alcun prezzo di acquisto ma solo un
valore fittizio.
Nell’ambito dell’ICS2 uno spedizioniere non può più ac-
cettare un pacco se questo non è provvisto di un codice
HS specifico che indica la tipologia di merce inserita
(l’elenco è condiviso tra tutte le dogane del mondo) e di
una dichiarazione di importazione (Entry Summary De-
claration). Questo vuol dire che ogni prodotto che esce
dalla Cina o da un qualsiasi paese extra UE diretto in
Europa dovrà avere sopra il codice HS e dovrà essere
corredato da una descrizione specifica. Dovendo spe-
cificare un codice che identifica uno specifico prodotto
o più prodotti inclusi nel pacco ogni spedizione avrà un
contesto, non sarà più un generico “sample”. I dati incro-
ciati del sistema permetteranno poi di identificare even-
tuali falle: da un venditore ci si aspetta solitamente la
stessa categoria di merce, se su 10.000 spedizioni che
rientrano nella categoria elettronica ne spunta una che
rientra in un’altra categoria quella farà suonare un cam-
panello d’allarme e quindi un controllo. Nella prima fase,
saranno interessati solo gli operatori postali europei e i
corrieri. Tuttavia, molti pacchi arrivano con spedizione
postale classica proprio per facilitare l’importazione: dal
primo marzo del 2023 questo sistema verrà esteso an-
che a tutti gli operatori postali. Poste Italiane, per smista-
re un pacco extra UE, sarà collegata al sistema ICS2 e
dovrà verificare la presenza del codice HS. Molti negozi
cinesi nell’ultimo periodo hanno poi pensato di sfrutta-
re magazzini europei per facilitare il transito delle merci
intra-UE, questo ad un costo leggermente più alto: si
occupano loro dello sdoganamento, poi vendono all’in-
terno dell’Europa senza controlli. Dal primo marzo 2024
questo sistema verrà adeguato anche alle spedizioni via
mare e tramite ferrovia: così facendo si andranno a bloc-
care i rifornimenti dei magazzini europei, spesso gestiti
con sdoganamento “facile”.
Dal primo luglio basta soglia dei 22 euroLa vera rivoluzione che tocca però tutti coloro che
comprano al di fuori dall’Europa scatta dal 1 luglio di
quest’anno: sparisce infatti l’esenzione di dazi e IVA
per merci di valore inferiore ai 22 euro, quella che ha
permesso in questi anni una evasione di miliardi di
euro. La soglia “tax free”, ovvero l’esenzione dai dazi
di importazione, ci sarà solo per le merci che hanno un
valore dichiarato inferiore ai 150 euro ma in ogni caso
si dovranno comunque pagare sia l’IVA che le tasse di
importazione.
Questa cosa avrà un impatto enorme sul fronte consu-
mer, e lo si può capire con un esempio pratico.
Un utente italiano decide di acquistare sul marketplace
di Amazon un prodotto da 100 euro venduto da un ne-
goziante cinese tramite la piattaforma. Il prodotto viene
spedito direttamente dalla Cina. Amazon non gestisce
la spedizione ma è il venditore: c’è una transazione da
venditore cinese ad Amazon e una da Amazon al con-
sumatore finale. Nella transazione da Amazon al vendi-
tore finale Amazon dovrà versare l’IVA tramite il sistema
IOSS e quindi dovrà far pagare al cliente questa IVA.
Come stanno facendo molti markeplace nel mondo, ad
esempio eBay, è probabile che gli oneri legati all’IVA e
alle eventuali tasse di importazione vengano fatte paga-
re direttamente dal portale in fase di acquisto, inserite
nel prezzo del prodotto. Il costo di molti oggetti comprati
direttamente extra-UE potrebbe quindi lievitare, proprio
perché la piattaforma che li vende è poi tenuta a versare
l’IVA e altre eventuali tasse che fino ad oggi, o perché il
valore dichiarato era inferiore ai 22 euro o perché si è
fatto ricorso a diversi trucchi non sono mai state versate.
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Massimiliano DI MARCO
Come si può dimostrare di possedere la copia ori-
ginale di un'opera digitale, che sia un'immagine,
un video oppure un tweet? La risposta a questa
domanda, per ora, sono i Non Fungible Token (NFT),
termine che in questi giorni è di grandissima moda. Di
cosa si tratta? Gli NFT possono essere definiti come un
certificato digitale che attesta la proprietà di un dato
bene o servizio attraverso l'utilizzo della tecnologia
blockchain. Vengono definiti "non fungibili" poiché sono
dei "gettoni" unici e non interscambiali tra di loro, come
può invece accadere per le banconote, per esempio,
o appunto le criptomonete come i Bitcoin o Ether: non
c'è distinzione tra un bitcoin e l'altro, così come tra una
moneta da un euro e un'altra se non chi la possiede. Un
quadro originale non è fungibile: un utente può scatta-
re una foto di un ritratto, ma ciò non significa che ne
ha l'originale; è una riproduzione, al massimo, che non
ha il valore dell'opera originale. Tante persone hanno
in casa riproduzioni di opere famose. Lo stesso accade
nel mondo digitale, ma in maniera molto più diffusa e
confusa: come dimostrare tra due immagini JPEG qual è
quella originale? Sono identiche: la certificazione trami-
te blockchain è una possibile soluzione. La definizione
di NFT come certificato di proprietà non è univocamen-
te accettata e non spiega perfettamente cos'è un NFT:
secondo altri, è più facile pensare agli NFT come ad un
bene autografato dal suo autore. Infatti, l'autore di un
NFT può continuare a guadagnare da tale contenuto an-
che se è stato venduto. Tecnicamente un NFT è un bloc-
co di dati registrato sulla blockchain, un file crittografato
contenente dei metadati che permettono di identificare
il proprietario e che descrivono il "bene" legato all'N-
FT. Fino ad una certa dimensione, i metadati possono
contenere il file digitale stesso, che in questo caso può
essere salvato sulla blockchain, ma possono essere an-
che salvati su un server esterno. La blockchain permet-
te di monitorare eventuali futuri acquisiti legati ad uno
specifico NFT, tracciando i passaggi di proprietà e quin-
di di retribuire il suo autore originale anche in futuro. Gli
NFT più diffusi vengono pagati in Ether, la criptovaluta
basata sulla blockchain di Ethereum.
MERCATO Gli NFT (Non Fungible Token) sono un fenomeno che risale al 2017, ma il giro d'affari è cresciuto fortemente solo negli ultimi mesi
NFT e criptoarte. Moda o futuro della proprietà?Un'opera di "Beeple" è stata battuta all'asta da Christie's per 69 milioni di dollari. Ma di cosa si tratta? Ecco cosa c'è da sapere
Criptogattini, canzoni e tweet: tutto può essere messo in venditaTutto può diventare un NFT? Di fatto, sì, esattamente
come chiunque può dipingere un quadro e provare a
venderlo; o realizzare un brano musicale o un videogio-
co e metterlo in vendita: sarà il "mercato" - inteso come
la disponibilità di qualcuno ad acquistare qualcosa che
qualcun altro ha voluto mettere in vendita - a decide-
re se tale opera avrà un valore o no. Allo stesso modo,
chiunque può generare un NFT e provare a venderlo.
Il limite è che l'autore del NFT deve poter dimostrare
la proprietà del contenuto: non si può creare un NFT
di qualsiasi cosa che non può essere posseduta, per
esempio. Online è possibile acquistare NFT di vario ge-
nere: criptogattini, criptopunk, ritratti di nudo generati dall'Intelligenza Artificiale, figurine digitali dei calcia-tori e animaletti virtuali con cui sfidare altri giocatori. In alcuni casi si parla di collezionismo come accade per
oggetti come francobolli, monete o auto storiche; in altri,
è la popolarità dell'autore (un eccentrico miliardario, per
esempio, o un rapper) che stabilisce la rilevanza econo-
mica del NFT che viene messo all'asta.
Gli NFT non sono un fenomeno nuovo - i "criptogattini"
che hanno dato origine al fenomeno degli NFT risalgono
al 2017, per esempio - ma negli ultimi mesi si sono am-
piamente diffusi. Gli esempi recenti sono variegati:
• la popolare GIF del "nyan cat" è stata venduta lo
scorso febbraio per 587 mila dollari;
• un NBA Top Shot, una sorta di figurina digitale
che propone una giocata spettacolare di un ce-
stista della lega nordamericana con le statistiche
della partita in cui è avvenuta, può valere fino a
208 mila dollari;
• un'opera digitale di Mike "Beeple" Winkelmann
(una raccolta di 5.000 contenuti caricati in altret-
tanto giorni) è stata recentemente battuta da Chri-
stie's, la più grande casa d'aste al mondo, per 69 milioni di dollari;
• Il gruppo musicale Kings of Leon ha venduto mol-
te copie dell'album "NFT Yourself", che include un
vinile in edizione limitata, un artwork e l'edizione
digitale, per un totale di 2 milioni di dollari;
• il co-fondatore di Twitter Jack Dorsey sta venden-do il suo primo tweet e la migliore offerta è di 2,5
milioni di dollari. L'asta verrà chiusa il 21 marzo e la
cifra raggiunta verrà convertita in Bitcoin e donata
in beneficienza.
A oggi, secondo le stime di Crypto Slam, sono stati
venduti NBA Top Shot per 371 milioni di dollari e "cripto-
punk" per 155 milioni di dollari. La particolarità è che chi
compra l'NFT, che viene firmato digitalmente dall'autore
del bene che viene certificato, spesso non ha la reale
proprietà "fisica". Nel caso del tweet di Dorsey, il co-fon-
datore di Twitter potrebbe cancellarlo e chi comprerà
l'NFT non potrà farci niente.
Gli NFT sono una bolla finanziaria?L'intero mercato degli NFT sta correndo velocemente. E
quando un mercato cresce rapidamente e le ragioni di
tale corsa sembrano immotivate, inizia a circolare una
domanda: è una bolla finanziaria? È stata una bolla fi-
nanziaria la prima era del web (la "bolla delle dot-com"):
tra il 1995 e il 2000, la speculazione attorno alle prime
aziende operative su Internet fu eccessiva rispetto alle
possibilità del loro giro d'affari e ai profitti che avrebbero
potuto registrare; e a un certo punto, il mercato è crolla-
to perdendo gran parte del valore che aveva accumula-
to negli anni precedenti e diverse aziende sono fallite.
La GIF del Nyan Cat è stata venduta per 587 mila dollariLo stesso Beeple, l'autore dell'opera venduta per 69 mi-
lioni di dollari, ha detto alla BBC che "penso che ci sarà
una bolla, a essere onesti. E penso che potremmo esse-
re in quella bolla proprio ora". Susanna Streeter, analista
di mercato e investimenti di Hargreaves Lansdown, ha
sottolineato che "al momento alcune persone stanno
comprando questo tipo di asset per un guadagno spe-
culativo nel breve termine, con l'aspettativa che potran-
no solcare l'onda con prezzi più alti". Secondo Streeter,
però, la frenesia attorno agli NFT potrebbe crollare da
un momento all'altro, il che lascerebbe gli attuali proprie-
tari in cerca di un guadagno veloce con "un asset che
non vale più niente".
I Kings of Leon hanno proposto un'edizione limi-tata in vinile di un loro album come NFT: saranno prodotte tante copie quanti NFT.
torna al sommario 10
MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Pasquale AGIZZA
Oppo ha annunciato la nuova gam-
ma di smartphone Find X3, terza
incarnazione della fortunata serie
del produttore cinese. La gamma Find X3
sarà declinata in tre modelli: il modello di
punta X3 Pro, X3 Neo e il modello Lite.
Tutti e tre modelli saranno compatibili con
le reti 5G di nuova generazione.
Oppo Find X3 Pro, con processore Snapdragon 888 e 12 GB di RAMPartiamo proprio dal modello Pro che,
come lascia intendere il nome, è il mo-
dello di punta della gamma X3. A bor-
do troviamo il processore Qualcomm
Snapdragon 888, coadiuvato da ben 12
GB di memoria RAM e 256GB di spazio
di archiviazione.
Il display è un OLED da 6,7 pollici con
risoluzione QHD+ 3126 x 1440. La fre-
quenza di aggiornamento è adattiva,
fino ad un massimo di 120 Hz. Supporto
alla profondità colore 10-bit, certifica-
zione HDR10+ e rivestimento Gorilla
Glass 5 sono le altre caratteristiche
del display. Per quel che riguarda il
comparto foto sono quattro le fotoca-
mere posteriori, con la particolarità di
un doppio sensore da 50MP Sony, uno
con ottica grandangolare e l’altro con
ottica angolare. Completano il quadro
un sensore da 13 MP con zoom ottico
2X e un sensore da 5 MP con ottica
macro. Fotocamera anteriore da 32 MP.
Batteria da 4.500 mAh con ricarica ve-
loce a 65 W con cavo e 30 W wireless,
connettività 5G e WiFi 6 e doppio al-
loggiamento SIM più eSIM completano
la dotazione tecnica. Prezzo consiglia-
to di 1.149,99 euro, due le colorazioni
disponibili.
OPPO Find X3 Neo sarà proposto in una fascia di prezzo più alta di X2L’OPPO Find X3 Neo è diretto succes-
sore dell’apprezzato Find X2. Rispetto
al modello precedente si posiziona in
una fascia di prezzo superiore, grazie
anche al processore Snapdragon 865.
Memoria RAM da 8 o 12 GB a seconda
del modello, 128 GB o 256 GB di spazio
di archiviazione. Il display è un OLED
da 6,55 pollici con risoluzione 2400
x 1080. Frequenza di aggiornamento
da 90 Hz, supporto all’HDR10+ e rive-
stimento Gorilla Glass completano le
caratteristiche dello schermo. Anche
in questo caso il comparto fotografico
conta di quattro sensori: il principale è
da 50 MP, con una grandangolare da
16 MP, un tele da 13 MP e un sensore
macro da 2 MP. Anche qui fotocamera
anteriore da 32 MP. X3 Neo utilizza la
stessa batteria da 4.500 mAh di X3 Pro,
ma a differenza del modello superiore
non prevede la ricarica wireless. Resta
disponibile la ricarica veloce cablata
da 65 W. Doppia SIM, ma rispetto al
modello superiore si perde anche l’e-
SIM. Prezzo a partire da 799,99 euro.
OPPO Find X3 Lite, costa 499,99 euro con processore Snapdragon 765GChiudiamo la panoramica sulla nuova
gamma X3 con il modello Lite. A bordo
lo Snapdragon 765G, con 8 GB di RAM
e 128 GB di spazio di archiviazione.
Il display è un OLED da 6,44 pollici con
risoluzione FHD+, refresh adattivo fino
a 90 Hz e supporto all’HDR10+. Il rivesti-
mento in questo caso è un Gorilla Glass
3. Comparto fotografico che conta di un
sensore principale da 64 MP, una gran-
dangolare da 8 MP, un sensore macro
da 2 MP e un sensore di profondità da
2 MP. Fotocamera anteriore da 32 MP.
La batteria è un’unità da 4.300 mAh di
capacità. Completano il quadro connetti-
vità 5G, Wi-Fi 5, NFC e jack audio. OPPO
Find X3 Lite sarà proposto ad un prezzo
di 499,99 euro.
MOBILE La gamma X3 di Oppo sarà declinata in tre modelli: il modello di punta sarà l’X3 Pro
I nuovi Find X3 di Oppo: tre modelli 5G Il Find X3 Pro ha due sensori da 50 MPTutti i modelli, X3 Pro, X3 Neo e il Lite saranno compatibili con le reti 5G di nuova generazione
Bloomberg è sicuro: iPad Pro con schermi Mini LED e Thunderbolt già ad aprileInteressante indiscrezione sui nuovi modelli Pro di iPad: utilizzeranno schermi Mini LED (ma forse solo quello da 12,9), avranno la Thunderbolt e un processore alla pari dell’M1 montato sui nuovi Mac
di Pasquale AGIZZA
Due nuovi iPad Pro, potentissimi e con un display tutto nuovo. Ma an-che un nuovo iPad Mini e l’aggior-namento dell’iPad versione base. Bloomberg ha lanciato un’impor-tante indiscrezione sugli aggiorna-menti futuri del tablet di Apple, con i nuovi Pro che sarebbero pronti già ad aprile.La parte più interessante riguarda l’utilizzo di un display mini LED che, secondo l'indiscrezione ri-lanciata da Bloomberg, equipag-geranno i nuovi iPad Pro. Fra le caratteristiche più importanti della nuova tipologia di display avremo contrasto e luminosità molto più alti rispetto agli schermi LCD tra-dizionali. Non è ancora chiaro se entrambi i modelli Pro utilizzeran-no schermi mini LED o se saranno destinati solo al nuovo iPad Pro da 12,9". Altra aggiunta interessante è quella della porta Thunderbolt, che consentirà di collegare con facilità monitor e supporti di me-moria esterni, oltre a garantire una velocità di trasferimento dati molto più alta. Infine, dovrebbe arrivare, a settembre, una nuova versione di iPad Mini con uno schermo un po' più grande di quello attuale.
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Roberto PEZZALI
Nel lontano 2018 Oppo, fresca di sbarco in Euro-
pa, presentò al Louvre il primo Find X. Era uno
smartphone coraggioso, la ricerca dell’innova-
zione senza compromessi, il primo smartphone con la
fotocamera a scomparsa motorizzata. Oppo chiedeva
ai tempi 999 euro, una cifra che ci sembrava esagera-
ta per un marchio all’epoca sconosciuto, ma ad Oppo
non interessava: l’obiettivo non era vendere il Find X,
ma dimostrare che oltre alla già nota ed apprezzata
Huawei c’era anche un’altra azienda cinese che sape-
va spingere forte sull’innovazione.
Lo scorso anno è arrivato Find X2 Pro, meno sofisti-
cato ma altrettanto innovativo: è stato il primo smar-
tphone ad introdurre una serie di novità come il primo
sensore Sony 2x2 On-Chip Lens, il dual ISO e lo scatto
RAW a 12 bit. Oppo chiedeva 1.199 euro, prezzo pre-
mium più che adeguato a quello che offriva però la
concorrenza: Find X2 Pro era ed è tutt’ora uno smar-
tphone eccellente, ben costruito e curato in tutti i suoi
aspetti, dall’hardware al software. Anche in quel caso
ad Oppo non interessavano i numeri, interessava solo
dimostrare che oltre a Samsung, a Huawei e ad Ap-
ple c’è anche lei e non è da meno rispetto ai marchi
spesso predi come riferimento per quanto riguarda
innovazione e qualità.
Find X3 Pro ha tutto quello che serve per essere definito topIl nuovo Find X3 Pro è un po’ la conclusione del per-
corso: Oppo presenta uno smartphone di fascia alta
che integra design, innovazione, cura nei dettagli ma
anche tanta personalità. Il prezzo resta alto, 1.149 euro,
ma è anche giusto così: costa come costano tutti gli
altri smartphone nella stessa categoria.
Find X3 Pro sulla carta è uno smartphone pensato
espressamente per la produzione di video e foto.
Oppo lo ha presentato usando il payoff “riscopri il
colore”, e il riferimento va al Full Path Color Manage-
ment, ovvero alla capacità di scattare una fotografia a
10 bit arrivando a riprodurla a 10 bit, 1024 sfumature
per canale, un miliardo di colori. Per fare questo Oppo
ha ovviamente curato tutti gli aspetti, dalla cattura alla
riproduzione: fotocamere e display sono il fiore all’oc-
chiello del telefono.
Il display è un OLED da 6.7” QHD+ (3216x1440) con
525 ppi di definizione, 5.000.000:1 di contrasto, re-
fresh rate dinamico variabile da 5 Hz a 120 Hz e una
luminosità di picco di 1.300 nits. Siamo davanti ad
un pannello LTPO (Low-temperature Polycrystalline
Silicon and Oxide) a 10 bit reali, un miliardo di colori,
al contrario di quello del Find X2 Pro che veniva di-
chiarato 10 bit ma in realtà era da 8 bit con 2 bit di
dithering. Oppo è talmente fiduciosa della qualità del-
MOBILE Il top di gamma Oppo è un concentrato di innovazione: schermo e fotocamere rivoluzionarie e design particolare
Oppo Find X3 Pro, le nostre prime impressioni Innovativo, completo, in una parola: esageratoUn prodotto eccellente con un prezzo elevato, 1.149 euro, ma è il primo vero competitor del Samsung Galaxy S21 Ultra
lo schermo OLED che non solo parla di spazio colo-
re DCI P3 ma dice che addirittura copre parte dello
spazio Rec.2020. Non possiamo ancora mostrare le
misurazioni che abbiamo fatto in laboratorio, per em-
bargo, ma possiamo dire che quello che Oppo pro-
mette non è molto distante dalla realtà, lo schermo
è davvero eccellente come resa. Non solo: Oppo ha
ancora pensato a tutte quelle persone che hanno leg-
gere deviazioni nella percezione cromatica, e per farlo
ha inserito nello smartphone il test Munsell 100 per la
calibrazione della tinta: ad ogni persona viene chiesto
di riordinare una serie di tonalità per ogni colore e il si-
stema applicherà una correzione automatica per i casi
di leggero daltonismo. L’obiettivo di Oppo è assicurar-
si che la visione sullo schermo coincida esattamente
con il materiale sorgente, sia che si tratti di materiale
catturato dalla fotocamera sia che si tratti di contenuti
che arrivano dalle app di streaming. La gestione, forse
esagerata se applicata ad uno smartphone, è assolu-
tamente lodevole perché l’intera catena di produzio-
ne dei contenuti si basa proprio sul rispetto degli spa-
zi colore dalla sorgente al display che deve riprodurli.
Rispettare gli standard è importante.
Uno schermo da 1 miliardo di colori con una fotocamera capace di catturarliIl full-path 10-bit Colour Management System richie-
de oltre ad un display capace di mostrare contenuti
a 10 bit anche una fotocamera capace di catturarli e
un sistema in grado di gestirli. Oppo ha costruito il
suo CMS sopra quello molto più debole di Android: la
camera scatta a 10 bit in formato HEIF, salva in HEIF
e mantiene lo spazio colore quando la foto viene ri-
prodotta sullo schermo del telefono o esportata per
l’editing su un notebook esterno.
Questa funzione dev’essere attivata a mano dall’u-
tente perché potrebbe creare problemi nel caso in
cui le foto vengano condivise tramite i servizi di mes-
saggistica e visualizzate su dispositivi incompatibili.
Oppo ha usato una coppia di sensori identici per la
camera principale e per la super grandangolare, due
sensori Sony realizzati appositamente per Oppo e
OnePlus. Stiamo parlando degli IMX766, 1/1.56” con
pixel da 1.0μm, che diventano da 2.0μm quando viene
attivata la modalità binning e il sensore scatta a 12.5
megapixel. Il sensore è simile a quello usato sul Find
X2 Pro, tecnologia 2×2 OCL per la messa a fuoco in
ogni direzione e possibilità di modalità dual iso per
scatti ad alta dinamica.
Il sensore dispone di convertitore a 12 bit, quindi può
scattare RAW a 12 bit, e Oppo ha pensato di introdur-
re oltre alla modalità RAW classica anche la modalità
RAW+ che assomiglia al ProRAW di Apple: è un pro-
cessed RAW che viene ricavato usando la modalità
dual iso, quindi da più pose. Un RAW che arriva dal
processore, caratterizzato da una gamma dinamica
più ampia e quindi più gestibile.
L’utilizzo dello stesso identico sensore per super wide
e wide permette a Oppo di mantenere anche una cer-
ta uniformità per quanto riguarda il bilanciamento del
segue a pagina 12
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
MOBILE
Oppo Find X3 Prosegue Da pagina 11
bianco e la resa cromatica, anche se ovviamente i due
sensori dispongono di obiettivi differenti.
Sul super wide viene usata una lente F2.2 free form
per assicurare una focale di circa 16 mm, sul wide
viene usato un obiettivo stabilizzato F1.8 equivalente
a 26 mm. Sparisce il tele a periscopio, presente sul
modello dello scorso anno per lasciare spazio ad un
più sfruttabile 52 mm da 13 megapixel, un obiettivo
2x. Tramite il machine learning Oppo lo spinge fino
a 5x in modalità ibrida e a 20x in modalità digitale.
C’è una quarta lente, che serve davvero a poco ma
che è diventata la nostra preferita in quanto unica nel
suo genere: è da 3 megapixel ed è un microscopio.
Non una macro, quella si può fare con il super wide
ad una distanza di 4 cm circa ma un vero e proprio
microscopio 60x con tanto di anello luminoso attorno
alla lente. Oppo ha pensato davvero a tutto, toccando
anche l’eccesso a tratti: si possono ovviamente regi-
strare video 4K usando diversi profili colore e anche
in HDR, ma si può anche registrare video LOG. Do-
vrebbe essere un vero video Log, con tutta la dinami-
ca del sensore da gestire poi in fase di post produzio-
ne: nella recensione vi diremo se è esattamente così.
40 ore di lavorazione per il vetro sagomatoIl design è come sempre soggettivo, ma non possia-
mo dire che Oppo non abbia fatto un lavoro davvero
eccellente: il vetro posteriore satinato è ha una parti-
colare curvatura che nasconde lo spessore del blocco
fotocamere, inserite in un contrasto lucido / satinato.
Nella parte più sottile lo spessore è di 8.26 mm, con
un peso contenuto di 193 grammi. Da un 6.7” non ci si
può aspettare ovviamente un telefono piccolo e com-
patto, quindi anche il Find X3 Pro rientra nella catego-
ria “padelle” difficili da usare con una mano. Ormai ci
siamo abituati, ma sarebbe vedere qualche flagship
Android da 5.5" o 5.8". Oppo ha raccontato che per
la lavorazione del vetro satinato servono oltre 40 ore,
e che grazie ad un passaggio in una fornace ad al-
tissima temperatura questo vetro è robustissimo, ma
quello che forse più interessa agli utenti è sapere che
la scocca oltre ad essere robusta è anche protetta
contro schizzi e immersioni grazie alla certificazione
IP68. Non c'è garanzia, ma sono comunque stati fatti
dei test per verificare la tenuta.
Lo schermo è leggermente curvo ai bordi, e questa è
forse l’unico elemento che avremmo cambiato in un
design comunque ben riuscito. All’interno trova spa-
zio lo Snapdragon 888 con 12 GB di RAM e 256 GB
di storage, la porta USB è la 3.1 e c’è il supporto dual
SIM. La batteria è da 4.500 mAh, con ricarica da 65
watt a filo e da 30 watt wireless. Il caricatore è nella
confezione.
Un vero top di gamma. Prezzo alto, ma costa e vale quanto il Galaxy S21 UltraFind X3 Pro, a 1.149 euro, è un vero top di gamma con
un prezzo che è adeguato a quello che offre. Possia-
mo discutere per ore se quello che offre è in realtà
quello che serve davvero agli utenti. Gli smartphone
oggi finiscono tra le mani delle stesse persone che
guardano un film sul TV usando la modalità dinamica
del televisore, snaturando l'immagine, utenti che non
hanno la minima idea del fatto che il colore sia una
scienza e che esiste la color correction.
Oppo porta su uno smartphone concetti che appar-
tengono ad un pubblico davvero di nicchia, dalla
ripresa Log ai RAW a 12 bit: qualcuno sicuramente
apprezzerà lo sforzo fatto, pochi altri smartphone sul
mercato offrono lo stesso, ma per la maggior parte
delle persone tutto quello che Oppo ha messo sul
Find X3 Pro resterà inutilizzato o incompreso.
Questo vale non solo per Oppo, ma per tanti smar-
tphone di oggi: l’esperienza di base è la stessa, ed è
quella in questo caso data dall’ottima ColorOS.
Chi sceglie oggi il Find X3 Pro si trova comunque tra
le mani uno degli smartphone più innovativi sul mer-
cato, costruito alla perfezione e davvero curato in
ogni suo aspetto. Il primo vero competitor del Galaxy
S21 Ultra per questo inizio di 2021.
Il microscopio permette di scattare fotografie da 3 megapixel di dettagli microscopici, come la struttura dei pixel di uno schermo. Qui sopra, un paio di esempi.
L'anello attorno alla lente "microscopio" illumi-na la zona.
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Roberto PEZZALI
Nel nuovo Oppo c’è tanto, forse troppo, e alcu-
ne funzioni aggiunte al nuovo top di gamma
possono, per chi conosce a fondo certi principi
dell'immagine, apparire anche sospette.
Oppo, ma non è stata la prima, ha portato su uno
smartphone molte tecnologie che appartengono ad
altri mondi, anche elementi che onestamente su uno
smartphone servono davvero a poco soprattutto se
non vengono inseriti in un ecosistema capace di ge-
stirli. Lunar Animation è uno studio inglese molto fa-
moso, con all’attivo decine di lavori con Disney: Lunar
ci ha raccontato come il passaggio dagli iMac ai nuovi
Mac Pro ha cambiato il loro modo di lavorare, e ci han-
no spiazzato quando hanno detto che il wide color,
ovvero il P3, è qualcosa che raramente viene chiesto
loro anche in ambito professionale. Solitamente lavo-
rano in sRGB. Oppo ha costruito l’intera campagna di
marketing del Find X3 Pro sul miliardo di colori, su
un workflow a 10 bit, su un Wide Color che oggi non
esiste neppure all’interno di molte aziende che lavo-
rano con un workflow video professionale di altissimo
livello. Ci siamo così chiesti: quello che dice Oppo è
solo fumo o c'è anche arrosto?
In attesa della recensione, abbiamo sottoposto il Find
X3 Pro alla "macchina della verità": volevamo vedere
se le promesse di Oppo sono mantenute o se dietro
i molti annunci roboanti si nasconde un qualcosa di
assolutamente "standard".
MOBILE Abbiamo analizzato tutti i punti di forza del Find X3 Pro, che Oppo ha usato per spingere il suo nuovo top di gamma
Oppo Find X3 Pro, la macchina della verità Dai 10 bit all'HDR, Oppo mantiene le promesse?Dal miliardo di colori alle foto a 10 bit, al Wide Color, abbiamo analizzato punto per punto come si comporta Oppo Find X3 Pro
Schermo a 10 bit da un miliardo di coloriLo schermo usato dal Find X3 Pro è effettivamente un
OLED a 10 bit. Visualizzando patch con sweep di satu-
razione si nota la totale assenza di banding, e ci trovia-
mo davanti ad un pannello eccellente nella resa. Non
è luminosissimo, 480 nits in SDR e 503 in HDR, ma è
davvero accurato come calibrazione cromatica sia nella
modalità sRGB sia nella modalità cinema P3. La coper-
tura dello spazio colore P3 (1931xy) è pari al 92,1%. Qui
sotto i grafici, con un errore bassissimo, tra i più bassi
mai registrati.
Schermo con refresh rate variabile da 5 Hz a 120 HzIl pannello oltre ad essere a 10 bit è sicuramente un
pannello a refresh variabile, ma questo pannello vie-
ne usato quasi sempre in un range che varia da 60 a
120 Hz. Le modalità di refresh, nelle due risoluzioni di
rendering selezionabili ovvero 2412 x 1080 e 3216 x
1440 (FHD+ e QHD+) sono fissate a 60 Hz, 72 Hz, 90
Hz e 120 Hz. C’è una modalità a bassissimo refresh, che
viene usata solo con l’Always on Display attivo: sono i
famosi 5 Hz pubblicizzati, usati a bassa luminosità e con
immagini quasi statiche per non far percepire il flicker
che un refresh così basso non riuscirebbe a nasconde-
re. Se teniamo una pagina fissa, o se guardiamo una
foto, lo smartphone va a 60 Hz. In ogni altro caso, du-
rante l’uso normale, lo schermo usa sempre i 120 Hz
o i 60 Hz, sporadicamente gli altri intervalli intermedi.
Niente che non facciano anche gli altri smartphone con
refresh rate variabile, niente di "straordinario".
Fotografie a 10 bit con un miliardo di coloriLe fotografie, se scattate in modalità standard, sono dei
semplici Jpeg a 8 bit sRGB, ma se si sceglie di scattare
in HEIF viene abbinato lo spazio colore P3, che viene
riconosciuto ovviamente anche da Photoshop e da tutti
i normali software di fotoritocco. Il wide color quindi c'è.
Se si seleziona invece “colore a 10 bit”, opzione ma-
nuale, le fotografie vengono teoricamente salvate a 10
bit. Diciamo teoricamente perché al momento l’unico
applicativo che riconosce la fotografia come a 10 bit è
la libreria MediaInfo. Per tutti i software di fotoritocco,
da Photoshop a Lightroom passando per Pixelmator,
Darkroom, la foto viene riconosciuta sempre e solo
come una foto a 8 bit per canale. Abbiamo chiesto
informazioni a Oppo che ci ha risposto: “Per creare il
primo telefono con un supporto end-to-end a 10 bit (ri-
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
presa, memorizzazione, visualizzazione) abbiamo prima
ristrutturato il framework di decodifica, e poi modificato
il decoder nativo per sviluppare una soluzione di deco-
difica compatibile con le immagini a 10 bit. Dopo la de-
codifica, abbiamo modificato i dati di memorizzazione a
livello di base per creare una nuova struttura per salva-
re il file. Abbiamo anche preso un approccio diverso a
livello di rendering, lasciando da parte il renderer nativo
di Android. In questo momento stiamo lavorando con i
partner del settore per garantire un più ampio supporto
di strumenti nei flussi di lavoro della fotografia." La fra-
se più importante è ovviamente l’ultima: al momento,
che scatti a 8 bit o a 10 bit cambia ben poco, perché i
software non riconoscono i 10 bit.
I RAW sono a 12 bit, ma anche qui il discorso è lo stesso
che abbiamo fatto con altri smartphone: i “bit” servono
per memorizzare più informazioni, ma il sensore piccolo
di uno smartphone raccoglie ben poche informazioni
rispetto al sensore di una full frame e ha una gamma
molto ridotta. Possono essere anche 16 bit, ma non si
potrà mai avere il range di lavoro che si ha invece la-
vorando il RAW di una camera con sensore più grande.
Possibilità di registrare video LogTra le modalità di registrazione video c’è una modalità
“Movie” che permette di registrare un filmato in formato
2.35:1 senza correzione della curva di gamma.
Ci troviamo davanti ad una scena totalmente slavata,
alla quale va applicata poi una LUT correttiva in fase di
post produzione con un software come Lumetri. Oppo
al momento non mette a disposizione una LUT, e abbia-
mo usato alcune LUT classiche disponibili per applicare
un piccolo grading alla clip.
Ci troviamo davanti ad una gestione un po’ limitata e
anche criticabile per certi aspetti: Oppo fa registrare in
2.35:1, tipico formato cinematografico, ma la clip è a 30
fps con frame rate variabile, e l’unica buona notizia è
che siamo di fronte comunque ad un HEVC a 10 bit. Se
deve essere cinema, almeno che sia a 24p o che ci fac-
cia scegliere: invece è tutto fisso, 30p e 2:35:1 con ban-
de nere. E' bene ricordare che il formato Log viene usa-
to in ambito professionale per permettere di registrare
una gamma dinamica ampia all’intero di un file "relativa-
mente piccolo", gamma dinamica da sfruttare poi in fase
di post produzione. Il sensore di uno smartphone però
non ha gli stop di dinamica di una videocamera classica,
e basta giocare con il file “Log” per rendersi conto di
quanto sia povero di dettagli, e di come sia comunque
difficile recuperare alte o basse luci.
Registrazione video HDR Rec.2020Sempre all’interno della modalità di registrazione “mo-
vie” è possibile attivare la cattura HDR. In questa moda-
lità il file registrato è sempre un HEVC a 10 bit, ma ha
un profilo colore Rec.2020. La clip, importata in modo
corretto su una sequenza di Premiere, è effettivamente
un file HDR a 10 bit HLG, e ha una luminosità massima
che passa (e non di poco) i 1000 nits. Resta lo stesso
discorso fatto anche per l’iPhone con Dolby Vision: con
un sensore così piccolo non è possibile avere tutta la
dinamica di un vero file HDR, tuttavia l’elevata lumino-
sità del master e lo spazio colore esteso può far la dif-
ferenza se viene riprodotto il file su un TV HDR o su un
display HDR. Ovviamente dev’essere rispettato tutto il
workflow di lavorazione, e non è cosa da poco.
Lo schermo è eccezionale, il resto è tanto marketingOppo Find X3 ha tante novità, alcune già viste su altri
smartphone altre inedite. Di tutto questo, l’unica cosa
La scena originale registrata dal telefono. Lavorare sul file Log dell'Oppo Find X3 Pro è tutt'altro che semplice.
MOBILE
Find X3 Pro, la macchina della veritàsegue Da pagina 13
che resta è uno schermo effettivamente eccellente
come resa: preciso, luminoso, accurato e fedele. Tut-
to il resto, incluso il miliardo di colori, è effettivamente
presente ma in una implementazione “smartphone”,
ovvero molto light.
Oppo non imbroglia, quello che è stato annunciato ef-
fettivamente c’è, ma le funzioni aggiunte, che arrivano
dal mondo “pro”, difficilmente saranno sfruttabili pro-
prio per i limiti dei piccoli sensori degli smartphone o
per l’implementazione molto “proprietaria”.
Insomma, la sostanza c’è, perché alla fine è un ottimo
telefono, ma c’è anche tanto marketing.
La foto è visibilmente sovraesposta perché è il frame di una clip Hybrid Log Gamma. A schermo si vede correttamente. Sotto i livelli, si passano i 1000 nits.
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Roberto PEZZALI
Se la serie S di Samsung serve a mostrare i mu-
scoli, la serie A è quella che serve ad aumentare
il fatturato. La famosa fascia media, quella che si
vende, quella che deve piacere ed essere completa,
con un giusto rapporto tra qualità, prezzo e prestazioni.
Samsung ha annunciato i nuovi modelli della serie A
2021, il Galaxy A52, il Galaxy A52 5G e il Galaxy A72,
con un prezzo che va dai 499,90€ del Galaxy A72 ai
379,90€ del Galaxy A52, passando per i 459,90€ che
servono per portare a casa la versione 5G di quest’ul-
timo. La serie Galaxy A è una serie “furba”: Samsung
risparmia dove può permettersi di farlo e mette sul piat-
to alcune cose che non sarebbero affatto scontate su
questa fascia di prezzo. C’è ad esempio la certificazione
IP67, che offre una maggiore sicurezza all’utente nei
danni da acqua e c’è anche il jack audio, non tutti coloro
che acquistano un telefono di fascia media si sono già
dotati di cuffie true wireless.
Samsung ha anche messo nella scatola il caricabatterie
che ha tolto invece sulla serie flagship: l’azienda, in otti-
ca green, ha dichiarato che a tendere il caricatore sarà
rimosso da tutti i modelli ma in questa categoria ritiene
che il caricatore serva ancora. Criticabile tuttavia la scel-
ta di dare un caricatore con connettore USB classico: il
modello nella scatola è il TA200, 15 watt di ricarica mas-
sima ma connettore “vecchio” di tipo A. In ottica “green”
un caricatore type C sarebbe stato decisamente più uni-
versale e sfruttabile.
I tre modelli sono abbastanza simili, e condividono la
linea di design già lanciata da S21, anche se ormai il de-
sign di un telefono è dettato soprattutto dal blocco di
fotocamere. La differenza risiede nei dettagli, con l’A72
che ha un display da 6.7” contro i 6.5” dei due modelli
A52.
Gli schermi sono tutti identici sotto il profilo tecnolo-
gico: FullHD+, Super AMOLED e possibilità di refresh
rate elevato, ma solo nel caso dell’A52 5G si arriva a
120 Hz di refresh grazie ad un processore Snapdragon
leggermente più potente: usa il Qualcomm Snapdra-
MOBILE Samsung annuncia i nuovi modelli di fascia media: jack audio, processori Qualcomm, grande batteria e protezione IP67
Galaxy A52 e A72: hanno tutto, al giusto prezzoSamsung ha messo sul piatto alcune caratteristiche che non sarebbero affatto scontate su questa fascia di prezzo
gon 750G al posto del 720G. Per tutti i modelli trovia-
mo 6 GB di RAM, 128 GB di storage espandibile usan-
do il classico slot ibrido.
La ricarica rapida arriva per tutti a 25 watt, ma non con il
caricatore nella confezione: bisogna comprare un ca-
ricatore power delivery più potente. La batteria è da
4500 mAh per i due A52 e di 5000 mAh per l’A72, che
avendo uno schermo più grande può ospitare anche
una cella più capiente.
Dove forse si possono trovare le differenze maggiori è
sulle fotocamere, e Samsung per differenziare i diversi
modelli è stata forse un po’ troppo furba.
La principale è identica e usa un sensore Samsung da
64 megapixel stabilizzato ottico, con un obiettivo F1.8 e
pixel da 0,8 μm. Identica anche la ultra wide, 12 mega-
pixel a fuoco fisso con obiettivo F2.2 e pixel da 1,12μm
così come è identica la fotocamera macro a fuoco fis-
so da 5 megapixel, F2.4 e pixel da 1,12μm. Samsung
avrebbe potuto benissimo usare il super wide per fare
la macro, mettendo un super wide con autofocus: il
risultato sarebbe stato migliore ma avrebbe dovuto
“rinunciare” ad una fotocamera, cosa che forse non
piaceva al reparto marketing.
Lo stesso reparto che per far arrivare a 4 il numero di
fotocamere sugli A52 ha chiesto di inserire un inutile
sensore di profondità a fuoco fisso da 5 megapixel,
F2.4 e pixel da 1,12μm, in pratica lo stesso sensore usa-
to per il macro ma con davanti una lente diversa.
Sull’A72 il sensore sparisce e lascia il posto ad un
tele 3x da 8 megapixel, stabilizzato, F2.4 con pixel da
1,0μm. Il tele sarebbe stato ben più utile sia del macro
sia del sensore di profondità, e questo modo di orga-
nizzare le specifiche per non creare modelli troppo
simili inizia a diventare un po’ stucchevole.
Le prime impressioni, avendo tra le mani il Samsung
A52, sono decisamente buone: ci piace tantissimo lo
schermo piatto e la simmetria delle cornici, e non ci
dispiace nemmeno il fatto che sia tutto in plastica, dalla
cornice alla scocca posteriore. Il feeling è molto buo-
no, e l’uso della plastica permette di avere un robusto
retro satinato di un colore molto giovane che non si ri-
uscirebbe ad ottenere facilmente con il vetro. Il Galaxy
S52 sembra un telefono che può essere usato senza
troppi problemi anche senza cornice, il tipo di costru-
zione lo mette al riparo anche da eventuali cadute, con
il vetro frontale ben protetto.
La serie A di Samsung va ovviamente oltre le pure spe-
cifiche. Se prendiamo la scheda tecnica, e confrontia-
mo quello che offre Samsung con quello che offrono
molti produttori cinesi, l’azienda coreana parte in netto
svantaggio: a 450 euro si portano a casa oggi telefoni
che sono oggettivamente migliori sulla carta.
Tuttavia Samsung mette sul piatto quello che è forse
l’unico ecosistema rodato e funzionante nel mondo
mobile oltre a quello di Apple, con la promessa recen-
te di fino a 4 anni di aggiornamenti per quanto riguarda
la sicurezza e di tre anni per il sistema operativo. C’è
SmartThings Find, per sfruttare gli smartTag e localiz-
zare gli oggetti, ci sono le Galaxy Buds perfettamente
integrate con Buds Together per l’ascolto in coppia, c’è
Quick Share per la condivisione, anche privata, verso
altri dispositivi Galaxy oltre ovviamente a Knox, per la
sicurezza dei dati sul dispositivo.
Tutte cose che spesso non vengono considerate, ma
anche contribuiscono al piacere e alla tranquillità d’u-
tilizzo. Con un po' di sconto, e le giuste promozioni, la
serie A sarà un successo, soprattutto il modello 5G che
ad oggi sembra il più bilanciato.
torna al sommario 16
MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Pasquale AGIZZA
La carenza di semiconduttori sta col-
pendo con forza anche il mercato
degli smartphone e potrebbe perdu-
rare per tutto il 2021. A dirlo è Cristiano
Amon, presidente di Qualcomm dal 2018
e futuro amministratore delegato della
società. In un’intervista a CNET, l’esperto
dirigente americano formatosi in Brasile,
tratteggia un quadro dalle tinte fosche
per i prossimi mesi: “La carenza di se-
miconduttori ha un impatto su tutto e,
ovviamente, sta impattando anche sulla
produzione di smartphone”.
Secondo quanto dichiarato dal dirigen-
te, le motivazioni che hanno portato a
questa carenza così forte nel settore
smartphone sono essenzialmente due,
collegate l’una all’altra. Il primo motivo
è che dopo il forte calo di domanda e il
blocco della produzione nei primi mesi
della pandemia, la successiva ripresa del
mercato è stata troppo veloce: le catene
MOBILE Il futuro CEO di Qualcomm ha disegnato un quadro a tinte fosche dei prossimi mesi
Qualcomm: la crisi dei chip durerà per tutto il 2021La crisi dei semiconduttori potrebbe perdurare per tutto il 2021. Fra le cause anche il ban di Huawei
di approvvigionamento non sono riuscite
a fronteggiare la rinnovata domanda.
C’è stata, subito dopo la fase critica della
pandemia in Cina, una richiesta troppo
elevata di componenti elettronici e dun-
que di chip mentre le fonderie, che era-
no state ferme nei mesi precedenti, non
avevano grandi scorte. Collegata a una
domanda troppo alta c’è un’altra vicenda
che ha contribuito a creare questa situa-
zione, e cioè il ban, con relativo crollo sul
mercato, di Huawei. Secondo il dirigente,
infatti, molti concorrenti hanno visto la
possibilità di riempire il vuoto lasciato sul
mercato dal produttore cinese, intensi-
ficando la domanda di chip e mettendo
ancora più sotto pressione le già provate
catene di approvvigionamento. Una tem-
pesta perfetta che si è abbattuta sul mer-
cato dei semiconduttori e che potrebbe
andare avanti per tutto l’anno, visto che
gli enormi sforzi di TSMC e Samsung per
l’apertura di nuovi impianti produttivi non
daranno frutti prima di 18-24 mesi.
Chrome 89 occupa meno RAM per singola scheda e diventa più efficienteDalla versione 89, già disponibile, Chrome recupera fino a 100 MB di RAM per scheda liberando la memoria dai contenuti che in quel momento non sono sullo schermo. Incrementi prestazionali anche per utenti macOS di Sergio DONATO
Chrome promette che dalla ver-sione 89, già disponibile, occu-perà meno RAM per ogni scheda aperta, diventando quindi meno assetato di memoria e più efficien-te. Tendenzialmente il browser di Google ha in effetti quasi sempre usato più memoria rispetto ai suoi rivali, ma molto dipende anche dalle estensioni che gli si caricano sulle spalle. Con un post nel blog di Chromium, il product manager di Chrome ha parlato in modo specifico del risparmio di memo-ria per ogni tab aperta. Chrome 89 permette risparmi significativi di memoria su Windows, fino al 22% per il processo del browser, l'8% per il renderer e il 3% per l’oc-cupazione della GPU. Google ha anche migliorato la reattività del browser fino al 9%.Usando il gestore della memoria avanzato, PartitionAlloc, ora Chro-me recupera fino a 100 MB per scheda, che equivale a più del 20% per alcuni siti tra i più popo-lari. Per riuscirci libera la memoria che la scheda in primo piano non sta utilizzando attivamente, come per esempio le immagini di gran-di dimensioni che non sono più a schermo perché l’utente ha fatto scorrere la pagina web.
di Pasquale AGIZZA
Cambio di passo in casa Huawei,
in particolare per quel che riguar-
da lo sfruttamento di tecnologia
brevettata nel campo delle reti 5G. L’a-
zienda cinese ha deciso, infatti, che tutti i
produttori che sfruttano la sua tecnologia
dovranno versare una royalty per ogni te-
lefono prodotto.
L’azienda cinese ha dichiarato che la
royalty “sarà ragionevole e con un tetto
massimo di 2,50 dollari” e colpirà tutti gli
smartphone in grado di connettersi alla
rete 5G. Per capire meglio le richieste di
Huawei bisogna introdurre il concetto di
brevetto SEP, cioè un brevetto talmente
essenziale in determinati ambiti tecnolo-
gici (ma non solo) da costituire l’impre-
scindibile base di partenza per lo svilup-
po di qualsiasi prodotto basato su quella
determinata tecnologia. Nel caso della
telefonia mobile, le case produttrici di cel-
MOBILE Huawei ha deciso di monetizzare la cessione della licenza d'uso dei suoi brevetti SEP per 5G
Il 5G è il cavallo di Troia di Huawei I produttori di smartphone pagheranno brevettoPuò farlo, a patto che le richieste economiche siano eque, ragionevoli e non discriminatorie
lulari devono necessariamente utilizzare
delle tecnologie coperte da brevetti SEP
per collegarsi alle reti telefoniche, nel
nostro caso alle reti 5G. L’azienda che
possiede una tecnologia coperta da un
brevetto SEP è obbligata però ad offrir-
la in licenza ai concorrenti, a condizioni
eque, ragionevoli e non discriminatorie
(FRAND). Huawei è l’azienda che, al mon-
do, detiene più brevetti nel campo delle
reti di nuova generazione (si parla di oltre
3mila brevetti), e una cospicua parte di
questi ricadono nella definizione di bre-
vetto SEP. Finora il gigante della telefonia
cinese non aveva chiesto royalty per lo
sfruttamento di detti brevetti, ma come
visto in precedenza, potrà richiedere un
pagamento agli altri produttori a patto
che la richiesta economica sia equa, ra-
gionevole e non discriminatoria. Con lo
sfruttamento economico dei brevetti SEP,
Huawei sembra intenzionata a cercare
altre vie per risollevare una situazione
economica sempre più difficile.
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Gaetano MERO
Disney+ ha superato la cifra record
di 100 milioni di abbonati. Ad an-
nunciarlo è stato Bob Chapek,
amministratore delegato del gruppo, nel
corso dell’ultima assemblea dedicata agli
azionisti della società. La piattaforma è
riuscita a raggiungere una cospicua fet-
ta di pubblico a soli 16 mesi dal debutto,
avvenuto il 12 novembre 2019 negli Stati
Uniti e a marzo dell’anno successivo an-
che in Europa. Per dare un riferimento,
Netflix ha impiegato - in un momento in
cui lo streaming di film e serie TV non era
popolare quanto lo è oggi - dieci anni per
arrivare a superare i 100 milioni di abbo-
nati. Oggi, Netflix ne conta 200 milioni.
Il principale punto di forza di Disney+ è
rappresentato dai sei universi che costi-
tuiscono l’offerta di intrattenimento, in cui
compaiono i brand Disney, Pixar, Marvel,
Star Wars, National Geographic e l’ultimo
arrivato Star. Tra i maggiori successi della
piattaforma figurano la serie The Manda-
lorian, parte dell’universo Star Wars, i due
lungometraggi Onward e Soul prodotti
dagli studi Pixar e il live action di Mulan.
Disney+ ha dato inoltre il via alla quarta
fase dell’MCU attraverso la serie Wanda-
Vision, e proseguirà con il racconto del
nuovo scenario Marvel con The Falcon
and The Winter Soldier dal 19 marzo. Lo
streaming rappresenta ormai un canale
ufficiale per la distribuzione dei nuovi ti-
toli del gruppo a causa della pandemia
globale. E continuerà ad esserlo anche
una volta superate le attuali difficoltà, ha
spiegato Chapek in un incontro con gli
investitori, al fine di assecondare le abitu-
dini ormai acquisite dai consumatori. Tra
i titoli annunciati da Disney, che potreb-
bero essere rilasciati in contemporanea
nelle sale e in versione streaming, sono
presenti Black Widow, il live action Cru-
delia e l’ultima fatica Pixar dal titolo Luca.
ENTERTAINMENT A dichiararlo è Bob Chapek, attuale amministratore delegato del gruppo
Disney+, raggiunti 100 milioni di abbonati in 16 mesiIl punto di forza di Disney+ sono i 6 universi che costituiscono la sua offerta di intrattenimento
Addio a Lou Ottens: negli anni 60 inventò la musicassettaÈ morto Lou Ottens, l'ingegnere olandese che inventò la musicassetta rivoluzionando il settore dell'ascolto domestico. Nel '79, assieme a un team di ricercatori, Ottens contribuì inoltre allo sviluppo del CD di Gaetano MERO
È scomparso all’età di 94 anni Lou Ottens, ingegnere olandese che nel 1963 inventò la musicassetta. Un formato che ha rivoluzionato il modo di fruire la musica diventan-do un simbolo di libertà per milioni di giovani nei trent’anni successivi. Lou Ottens fu assunto nello stabili-mento Philips di Hasselt nel 1952 e presentò un primo prototipo di cassetta a nastro nel 1962. Circa un anno dopo Philips registrò il brevetto mostrando la prima au-dio cassetta all’IFA di Berlino del '63. Maneggevolezza, semplicità di utilizzo e costi più bassi rispetto ai formati disponibili all’epoca ne permisero una diffusione presso-ché immediata. “Ottens convinse i dirigenti Philips a condividere il brevetto in modo gratuito con altre società concorrenti, tra cui Sony” si apprende dal documentario Cassette: A Documentary Mixtape di Zack Taylor. In questo modo il formato divenne uno standard che ogni produttore avrebbe potuto sfruttare, garantendone la diffusio-ne a livello globale. Ottens ricoprì poi il ruolo di direttore tecnico del-la divisione audio Philips e sul fini-re degli anni 70 contribuì, assieme ad una squadra di ingegneri, allo sviluppo del Compact Disc (CD), che nella seconda metà degli anni 90 decretò il rapido declino della musicassetta.
di Roberto PEZZALI
Netflix sta sperimentando una nuova
funzione che bloccherà la condivi-
sione degli account sui dispositivi
che non si trovano all’interno dello stes-
so nucleo famigliare. La nuova versio-
ne dell’app, che blocca la condivisione
dell’account tra amici e conoscenti, è già
stata distribuita ad alcuni utenti : per chi
chi usa un account condiviso, l’app chie-
de all’utente di creare un suo account
perché si è accorta che il dispositivo non
appartiene al titolare dell’account princi-
pale. Netflix ha confermato l’aggiunta del-
la temutissima funzione, spiegando che si
tratta al momento di una sperimentazio-
ne che interessa alcuni account in alcuni
paesi e che questo test potrebbe essere
esteso anche in altre zone del mondo,
potrebbe essere abbandonato come po-
trebbe diventare una regola: la condivi-
sione degli account, fino ad ora tollerata,
ENTERTAINMENT Netflix sta introducendo una nuova funzione temuta, il blocco della condivisione
Netflix testa il blocco condivisione account Per ora è un test, ma potrebbe essere estesoAl momento, il test interessa alcuni account di alcuni Paesi ma potrebbe essere esteso altrove
non sarà più concessa. Al momento, per
continuare la visione, il sistema chiede la
verifica dell’identità, inviando una mail al
titolare dell’account stesso: senza una
conferma la visione sarà interrotta. È pos-
sibile anche decidere di confermarlo più
tardi, e in quel caso verrà concesso un
breve periodo di visione salvo poi bloc-
care tutto. La mossa è duplice: da una
parte Netflix vuole bloccare una pratica
che porta un danno economico, e dall’al-
tra vuole aiutare gli utenti nel gestire al
meglio la sicurezza del proprio account.
Sempre più spesso capita infatti che per-
sone diano l’account all’amico, che lo
cede ad un terzo: senza saperlo il titolare
di un account pagato fornisce, a sua insa-
puta, il servizio ad un numero imprecisato
di persone, e gli vengono continuamente
notificati accessi da posizioni diverse.
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di P. CENTOFANTI e R. PEZZALI
LG ha presentato la nuova gamma di TV per l'italia
per questo 2021. Dopo l'anteprima del CES 2021
abbiamo così un quadro più completo della com-
posizione del nuovo listino, quest'anno ancora più ricco
grazie all'introduzione di una nuova serie entry level per
i modelli basati su tecnologia OLED, la serie A1, e con
l'arrivo dei primi TV con retroilluminazione mini LED, con
tre nuove serie a brand QNED (acronimo infelice che LG
ha confermato di voler utilizzare nonostante l'ambiguità
del suo significato). E poi c'è sempre la gamma di TV
LCD NanoCell, che quest'anno comprende ben 8 serie
con pannello 4K e due serie 8K. Tutte le serie sono con-
traddistinte da alcuni tratti comuni, come il debutto della
nuova versione della piattaforma WebOS, 6.0, che pone
un maggiore accento sulla raccomandazione dei con-
tenuti, e un nuovo telecomando, sempre con funzione
di puntatore, ma con una ergonomia completamente
rivista e per certi versi più tradizionale. Debuttano anche
i nuovi processori a7 Gen4 AI e a9 Gen4 AI, con nuovi
algoritmi di miglioramento video e audio basati su deep
learning, oltre a caratteristiche ormai consolidate come il
Filmmaker Mode, il supporto per le tecnologie Dolby Vi-
sion e Atmos su buona parte della gamma, compatibilità
con AirPlay 2 ed HomeKit, Assistente Google e Amazon
Alexa, e la nuova suite di controlli Game Optimizer di-
sponibili con l'utilizzo di console di videogiochi.
Nella gamma OLED spiccano i nuovi OLED EVO G1 e l'entry level A1Per il 2021 LG ha allargato la gamma OLED su due fronti:
da una parte arriva la nuova serie A1 che rappresenta
il nuovo entry level posizionandosi sotto la serie B1,
dall'altra introducendo il nuovo taglio da 83 pollici con
risoluzione 4K, che va ad affiancarsi al 48 pollici intro-
TV E VIDEO LG ha ufficialmente annunciato l'intera nuova line up di televisori per il mercato italiano. Scopriamo tutte le novità
Nuova gamma di TV LG 2021: NanoCell, OLED e QNED Tutti i prezzi di OLED e LCD. Il 77” scende a 3.899 euroAbbiamo ora una visione completa di tutte le nuove serie. Tra le novità, gli entry level OLED serie A1 e anche i QNED Mini LED Ufficializzati tutti i prezzi dei TV del 2021. Scende il prezzo del 77", che a meno di 4.000 € inizia a diventare super interessante
dotto nel 2020. E così quest'anno LG offre un totale di
17 modelli OLED divisi in 5 serie. Partendo dalla serie A1
a salire fino alla nuova Z1, viene introdotta una caratte-
ristica distintiva. La serie A1, disponibile in tagli da 48,
55, 65 e 77 pollici è dunque quella base ed è contrad-
distinta da pannello OLED a 50/60 Hz e dall'assenza di
alcune funzioni riservate ai modelli superiori. In partico-
lare, gli ingressi supportano solo la funzione eARC delle
specifiche HDMI 2.1 e i modelli A1 sono gli unici OLED
di quest'anno a non supportare alcuna tecnologia di
Variable Refresh Rate. Il processore è però l'a7 AI 4K
di quarta generazione e ci sono il supporto per Dolby
Vision IQ, Dolby Atmos, la nuova versione della piatta-
forma WebOS e la nuova funzione Game Optimizer. Di-
verso infine il piedistallo, che è costituito dai due piedini
laterali simili a quelli utilizzati sulla gamma LCD. Con la
serie B1 il pannello passa a 100/120 Hz e il supporto alle
specifiche HDMI 2.1 si fa più completo con compatibilità
con VRR, Nvidia G-Sync e AMD FreeSync Premium. In
questo caso i tagli sono quelli classici, 55, 65 e 77 pollici.
Come per lo scorso anno, LG punta forte sulla serie C1,
che sostituisce il best seller CX del 2020. In questa serie
ci sarà la maggiore scelta di tagli, con disponibilità di tut-
te le diagonali da 48 fino a 83 pollici. Inoltre con la serie
C1 cambia il processore video, con l'utilizzo del nuovo
a9 di quarta generazione.
Il piatto forte è naturalmente costituito dalla serie G1,
che LG definisce OLED Evo perché sfoggia un pannello
OLED di nuova generazione di LG Display con più alta
luminosità, grazie all'utilizzo di un nuovo stack emissi-
vo su cui torneremo nei prossimi giorni. Le differenze
rispetto alla serie C1 sono quindi proprio nel pannello,
che sarà disponibile solo nei tagli da 55, 65 e 77 pollici,
e nel design che contraddistingue la serie Gallery a cui
quest'anno si aggiunge anche la possibilità di optare ol-
tre che per l'installazione a parete anche per un nuovo
stand da pavimento.
Infine, il top di gamma è costituito dalla serie Z1, con cui
il pannello passa da 4K a 8K. I tagli rimangono quelli di
questo formato, 77 e 88 pollici ma per gestire la mag-
giore risoluzione viene utilizzato il nuovo processore a9
Gen4 AI 8K. La serie Z1 ha le stesse funzionalità delle
serie B1, C1 e G1, ma si distingue per un'altra caratteristi-
ca, la piena banda HDMI 2.1 per poter gestire la compa-
tibilità con segnali 8K fino a 60 Hz. I nuovi modelli OLED
arriveranno nei negozi a cominciare da aprile, fatta ec-
cezione per il nuovo taglio da 83 pollici.
QNED Mini LED, l'86 pollici avrà dimming a 2400 zoneL'altra grossa novità per il 2021 riguarda l'arrivo dei primi
segue a pagina 19
SERIE B1
SERIE A1
torna al sommario 19
MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
modelli di TV LCD con retroilluminazione Mini LED e che
LG come è noto ha deciso di chiamare QNED, acronimo
che starebbe per Quantum Nanocell miniLED, a indicare
l'integrazione della retroilluminazione Mini LED con un
nuovo pannello LCD con Quantum Dots e una nuova
tecnologia che chiamano NanoCell+. Anche su questo
avremo maggiori dettagli la prossima settimana e ci
torneremo. Per il momento LG è scesa nei dettagli so-
prattutto per quanto riguarda il modello più grande, l'86
pollici che avrà una retroilluminazione con oltre 28000
mini LED e 2400 zone di local dimming per un contrasto
senza precedenti per un LCD e una luminosità di picco
di fino a 3000 nits.
LG ha annunciato tre serie per il mercato italiano
QNED91 con risoluzione 4K e QNED96 e QNED99 con
pannello 8K. La serie QNED91 sarà disponibile nei tagli
da 65, 75 e 86 pollici e avrà il processore a7 di quarta
generazione, la nuova versione di WebOS, Dolby Vision
IQ, Dolby Atmos, Filmmaker Mode, Game Optimizer,
nuovo telecomando, ingressi HDMI 2.1 per compatibilità
con segnali 4K a 120 Hz e VRR (ma non Nvidia G-Sync o
AMD FreeSync). I modelli 8K monteranno invece il nuo-
vo processore a9 Gen4 AI 8K, ma stando alla scheda
tecnica se avranno comunque compatibili con segnali
8K a 60 Hz, perderanno completamente la funzione
VRR. Le due serie QNED96 e QNED99 si distinguono
sempre stando alla scheda tecnica per i tagli disponibili,
con l'86 pollici che si aggiunge al 65 e 75 pollici solo per
la serie superiore, e per la sezione audio, con un sistema
a 2.2 canali per il QNED96 e a 4.2 canali per il QNED99.
I primi modelli di TV QNED Mini LED arriveranno indica-
tivamente tra maggio e giugno.
Tutto il resto è NanoCellE poi c'è tutta la gamma di TV LCD NanoCell che si
compone di tantissimi modelli per un totale di 10 serie
diverse. Le serie base si chiamano NANO75, NANO77,
NANO79, che utilizzano il processore Quad Core Pro-
cessor 4K, non hanno local dimming o ingressi HDMI 2.1
(fatta eccezione per la funzione eARC), Dolby Atmos e
Dolby Vision IQ, ma possono contare su tutte le funzio-
nalità della piattaforma WebOS. I tagli, a seconda della
serie, vanno da 43 pollici fino a 86 pollici. Un gradino più
in alto ci sono le serie NANO80 e NANO 81, disponibili
in tagli da 50, 55, 65 e 75 pollici, che guadagnano la fun-
zione di local dimming. Le cose si fanno più interessanti
con le serie NANO86 e NANO88. Il processore diventa
il nuovo a7 di quarta generazione, e questi televisori ol-
tre a offrire le funzioni basate su intelligenza artificiale
sono dotate di supporto per Dolby Vision e Dolby At-
mos, e hanno ingressi HDMI 2.1 con supporto per VRR
e AMD FreeSync e segnali 4K a 120 Hz. I tagli saranno
50, 55, 65, 75 e 86 pollici per i NANO86, mentre la se-
rie NANO88 non avrà il modello da 86 pollici. Il nuovo
top di gamma LCD 4K è costituito dalla serie NANO91,
l'unica all'interno della gamma NanoCell di quest'anno
ad avere retroilluminazione di tipo full array local dim-
ming e che monterà comunque sempre il processore a7
Gen4. Sarà disponibile in tagli da 55, 65, 75 e 86 pollici.
Il processore più potente l'a9 Gen4, sarà montato unica-
mente sui modelli 8K, i NANO95 e NANO96 entrambi
in tagli da 55, 65 e 75 pollici con retroilluminazione full
array local dimming e che si differenziano tra loro so-
stanzialmente per la sola base.
SERIE QNED91
TV E VIDEO
TV LG 2021segue Da pagina 18
SERIE Z1
TV LG 2021, tutti i prezzi di OLED e LCD. Il 77” scende a 3.899 euroLG ha annunciato i prezzi per il mercato italiano delle
nuove gamme di TV OLED e NanoCell 2021. Si parte da
26.999 euro con l’OLED 8K da 88”, e si arriva ai 1.499
euro del modello entry level A1 da 48”. Scende il prezzo
del 77”: il Gallery G1 da 77” costa 4.999 euro di listino,
prezzo ottimo se si considera che questo TV usa un
pannello nuovo. Il B1, sempre da 77”, costerà solo 3.999
euro che diventano 3.899 nella versione A1, la più sem-
plice. L’inedita versione da 83 pollici debutterà sul mer-
cato a un prezzo consigliato al pubblico di 7.999 euro.
All’interno della gamma di TV con tecnologia NanoCell,
la serie NANO96 con risoluzione 8K sarà disponibile in
tre polliciaggi: la versione da 75 pollici a un prezzo consi-
gliato al pubblico di 3.499 euro, la versione da 65 pollici
a 2.499 euro e la versione da 55 pollici a 1.799 euro. Il
modello più economico, il 43” NANO75, sarà disponibile
ad un prezzo consigliato al pubblico di 699 euro. A que-
sto link il listino completo.
SERIE G1
SERIE NANO86
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Paolo CENTOFANTI
Ad aprile arriveranno nei negozi
nuove serie di TV Sony. Oltre alla
già annunciata serie A90J, il nuovo
top di gamma OLED Bravia XR, saranno
infatti disponibili anche i modelli del-
le serie A80J e X80J. I televisori A80J
(immagine di apertura) sono sempre in
tecnologia OLED e fanno parte della
gamma Bravia XR, con l’omonimo pro-
cessore video “cognitivo”. Questa serie
sarà disponibile nei classici tagli da 55,
65 e 75 pollici e condivide con il top di
gamma il supporto alle specifiche HDMI
2.1 per gli ingressi video, con compatibi-
lità con segnali 4K a 120 Hz, funzionalità
di processing video XR (upscaling, mo-
tion clarity, triluminos pro), l’esclusivo si-
stema audio Acoustic Surface e offrirà il
l’accesso al servizio di streaming ad alta
qualità Bravia Core. La differenziazione
maggiore rispetto alla serie A90J è costi-
tuita dal pannello OLED stesso che non
TV E VIDEO Il nuovo top di gamma di Sony, l’OLED A90J, non è il solo che arriverà nei negozi ad aprile
Nuovi TV Sony OLED A80J ed entry level LCD X80J Ad aprile nei negozi, oltre al top di gammaTutte le nuove serie TV saranno dotate di Google TV e del supporto per Dolby Vision e Atmos
sarà ad alta luminosità come quello del
top di gamma. Parallelamente, Sony ha
annunciato un altro entry level, in questo
caso con riferimento alla gamma di tele-
visori LCD retroilluminati a LED. Si tratta
delle serie X80J, con tagli da 43, 50, 55
e 65 pollici, a cui si aggiunge la sigla
X81J per il modello da 75 pollici. Cam-
bia in questo caso il processore, non più
l’XR ma il buon vecchio X1 con tecnolo-
gia di upscaling dell’immagine 4K X-Re-
ality Pro. Come per i modelli OLED, an-
che questa serie offre Google TV come
piattaforma smart ed è compatibile con
contenuti Dolby Vision per il video HDR
e Dolby Atmos per l’audio multicanale.
Tutti i modelli sono inoltre compatibili
con l’assistente vocale Amazon Alexa,
oltre naturalmente ad Assistente Goo-
gle, nonché con HomeKit ed AirPlay 2
di Apple. Non ancora annunciati i prezzi
per il mercato italiano.
Il controller per il visore VR per PS5 impara da Oculus Quest: sferico e più ergonomicoSony ha svelato il design dei controller per il nuovo visore di realtà virtuale di PS5. Hanno una forma sferica e, secondo la società, più ergonomica di Massimiliano DI MARCO
Via i PlayStation Move: i controller del nuovo visore VR di PS5 ricor-dano quelli di Oculus Quest, nono-stante ci siano rilevanti differenze. Sony ha descritto le principali ca-ratteristiche dei nuovi controller che, come aveva anticipato, sono basati sulle peculiarità del Dual-Sense, il controller per PS5. Sony ha specificato di aver realizzato il nuovo controller "da zero" e che presto lo distribuirà agli sviluppato-ri. La società ha chiarito che i con-troller saranno rilevati dal visore VR attraverso un anello nella parte inferiore dell'accessorio.Presenti, quindi, i grilletti adattivi (la cui resistenza può essere gradua-ta per offrire un'immedesimazione maggiore) e il feedback aptico. La forma dei due controller è sferica. Il controller destro ha i tasti croce e cerchio oltre a R1, R2 e una levet-ta analogica. In modo speculare, il controller sinistro integra i tasti quadrato, triangolo, L1, L2, Options e una levetta analogica.Inoltre, Sony ha previsto un si-stema di rilevamento tattile per rilevare le dita "senza esercitare alcuna pressione nelle aree in cui posizioni il pollice, l'indice o le dita centrali". Sony non ha fornito det-tagli né sulla commercializzazione del visore di realtà virtuale per PS5 né il prezzo del prodotto.
di Paolo CENTOFANTI
Arriverà presto un nuovo bollino Tivù
pensato per i decoder per digitale
terrestre con funzionalità base ma
compatibili con il nuovo sistema trasmis-
sivo DVB-T2, che entrerà in funzione
con lo switch-off definitivo del DVB-T. Si
chiamerà Bollino tivù zapper e verrà ap-
plicato su quei prodotti che rispetteranno
i requisiti tecnici contenuti nelle nuove
specifiche HD Z-BOOK DTT Platform,
pubblicate congiuntamente da HD Forum
Italia e Tivù. Le nuove specifiche pongo-
no i seguenti requisiti che dovranno esse-
re rispettati dai decoder DTT per essere
pronti allo switch-off italiano:
• supporto per le trasmissioni DVB-T e
DVB-T2;
• supporto per le codifiche H.264 e
H.265/HEVC con profilo Main 10;
TV E VIDEO HD Forum Italia e Tivù annunciano l'HD Z-BOOK DTT Platform con le specifiche da rispettare
Arriva il Bollino tivù zapper per decoder DTT Distinguerà quelli pronti per lo switch-off Il nuovo bollino Tivù identificherà i prodotti compatibili con il nuovo sistema trasmissivo DVB-T2
• uso corretto dei descrittori LCN tra-
smessi dalle emittenti;
• resistenza alle interferenze LTE nelle
bande 800 MHz e 700 MHz.
Scopo della nuova certificazione è "offrire
una garanzia di qualità di prestazioni tec-
niche a tutte le emittenti televisive nazio-
nali e locali, e assicurare ai consumatori
l’acquisto di un decoder con funzionalità
tecniche per una buona fruizione del se-
gnale televisivo di nuova generazione",
hanno dichiarato le due associazioni. Ri-
cordiamo che il prossimo switch-off è, al
momento, programmato in due tappe. Il
1 settembre 2021 si spegneranno le tra-
smissioni in MPEG-2 con il passaggio
alla codifica H.264 per tutti i canali te-
levisivi. Dal 30 giugno 2022 avverrà il
passaggio da DVB-T a DVB-T2 e il cam-
bio di codifica da H.264 ad HEVC.
torna al sommario 21
MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Sergio DONATO
L’Italia si dice pronta ad avere la sua
Hydrogen Valley. Il progetto è stato
ideato da ENEA e viene al mondo -
grazie a un investimento di 14 milioni di
euro - per diventare il primo incubatore
tecnologico italiano per lo sviluppo della
filiera dell’idrogeno. I soldi arrivano da
Mission Innovation, un’iniziativa presa
da 24 Paesi del mondo e della Commis-
sione europea che intende raddoppiare
gli investimenti pubblici in ricerca, svilup-
po e installazione nel campo dell’energia
pulita.
Un valle dell'idrogeno tutta per l'ItaliaLa Hydrogen Valley italiana diventerà
quindi il luogo dove sviluppare la filiera
nazionale per la produzione, il traspor-
to, l’accumulo e l’utilizzo dell’idrogeno
come vettore energetico, puntando sulla
ricerca di tecnologie, sui servizi e sulle
infrastrutture. A ospitare la Hydrogen
Valley sarà il Centro Ricerche ENEA
Casaccia, nei pressi di Roma, che vedrà
la realizzazione di infrastrutture hi-tech
volte alla sperimentazione su tutta la
filiera dell’idrogeno che si ripercuoterà
positivamente nell’industria, nella mobi-
lità e nella generazione di energia e nel
residenziale.
Tra le nuove sperimentazioni di tecnolo-
gie sono previste l’utilizzo dei rifiuti (bio-
masse residuali) e l’impiego del calore
SCIENZA E FUTURO Sarà nel Centro ENEA Casaccia e conterà su un investimento iniziale di 14 milioni €
L’Italia avrà la sua Hydrogen ValleyIl progetto ENEA per la ricerca sull’idrogenoAnche Bosch ha deciso di portare le sue soluzioni e applicazioni industriali legate all'idrogeno
rinnovabile a media-alta temperatura
prodotto da impianti solari a concentra-
zione. L’incubatore potrà usare idroge-
no puro e in miscela con gas naturale
per la produzione di energia elettrica.
Saranno quindi messe a punto miscele
idrogeno-metano da immettere nella
rete interna di distribuzione del gas e
sarà costruito un “idrogenodotto” locale
dedicato al trasporto di idrogeno puro in
pressione, da utilizzare a seconda della
domanda delle utenze. Nella Hydrogen
Valley verrà studiato anche il power-to-
gas, un processo che, attraverso l’elet-
trolisi, consente di produrre idrogeno
dall’energia elettrica generata da fonti
rinnovabili. L’idrogeno così prodotto può
essere convertito in metano o essere
immesso nella rete interna del gas natu-
rale. La ricerca nel settore industriale ve-
drà la Hydrogen Valley impegnata nella
realizzazione di progetti per la decarbo-
nizzazione dell’industria, in particolare
quella ad alta intensità energetica, ma
anche dei trasporti pesanti su gomma
e ferroviari alimentati ancora a diesel.
Idrogeno significa infatti anche mobilità.
Il progetto ENEA prevede anche la rea-
lizzazione di una stazione di rifornimento
per veicoli a idrogeno, come i mezzi per
la movimentazione delle merci, bus e
automobili, in uso all’interno del Centro
Ricerche ENEA.
Anche Bosch è attratta dall'idrogeno italianoIl segnale che l’idrogeno è un settore in
crescita nella nostra Penisola arriva an-
che dalla decisione di Bosch di diventare
partner di H2IT, l’Associazione Italiana
Idrogeno e Celle a Combustibile, che si
prefigge l’obiettivo di promuovere il pro-
gresso delle conoscenze e lo studio delle
tecnologie e i sistemi per la produzione e
l’utilizzazione dell’idrogeno. Bosch arriva
nell’idrogeno italiano attraverso la società
consociata Bosch Rexroth, specializzata
in prodotti per gli automatismi industriali
e in particolare nei sistemi idraulici, negli
azionamenti elettrici e nelle tecniche di
montaggio.
Bosch Rexroth intende quindi portare le
proprie tecnologie per la produzione di
“idrogeno verde”, ovvero prodotto da
fonti rinnovabili come l’eolico e il solare,
e le applicazioni idrauliche usate nelle
stazioni di rifornimento a idrogeno, dove
i suoi sistemi vengono utilizzati per l’azio-
namento di compressori idraulici a più
stadi che portano la pressione del gas al
livello necessario per il rifornimento trami-
te il distributore.
La previsione di Zuckerberg: entro il 2030 addio alle riunioni di lavoro in presenza, grazie alla realtà virtualeIn un’intervista a The Informer, Zuckerberg si è focalizzato su tutti i vantaggi derivanti da un uso sempre più intenso delle tecnologie di realtà virtuale di Pasquale AGIZZA
Entro il 2030 le riunioni di lavoro saranno completamente virtuali,e grazie all’uso di visori AR o VR sarà come essere insieme di per-sona. Si potrà discutere e lavorare come se fossimo fisicamente pre-senti, pur essendo ognuno a casa propria. È questa la visione del futuro di Mark Zuckerberg, che ha concesso un’intervista al sito The Information focalizzata sulla VR.“Il campo di applicazione della realtà virtuale è immenso, ci sono tantissimi casi d’uso. Invece di chiamare qualcuno o chiuderti in riunione, ad esempio, ti basterà schioccare le dita e 'teletraspor-tarti'. Sarai subito seduto lì, sul suo divano, come se fossi fisicamente presente”. Zuckerberg ha dichia-rato di immaginare un futuro fatto di visori VR che ricalchino la forma dei comuni occhiali, con lenti tra-sparenti e che lascino al PC tutto il processo di elaborazione.“Grazie alle tecnologie di AR e VR, i lavoratori potranno decidere di vivere dove vogliono. Potranno vi-vere in zone periferiche o zone più economiche e 'teletrasportarsi' a lavoro in pochi secondi”. La nuova realtà farebbe bene anche all’am-biente: “Le persone viaggeranno molto meno in futuro, e in modo più efficiente."
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Roberto PEZZALI
Anticipati durante l’edizione vir-
tuale del CES di Las Vegas i nuo-
vi processori Intel desktop, quel-
li che si scontrano direttamente con la
serie Ryzen 5000 di AMD, sono stati
ufficializzati oggi dall'azienda di Santa
Clara. Conosciuta fino ad oggi con il
nome in codice usato da Intel durante lo
sviluppo, Rocket Lake-S, la nuova fami-
glia di processori si rivolge soprattutto
ad una utenza gaming, e in quest’ottica
dev’essere letta la scelta di Intel di pun-
tare soprattutto sulle prestazioni single
core piuttosto che aumentare a dismi-
sura il numero dei core facilitando così
operazioni come l’encoding video.
Rispetto alla controparte AMD, che pun-
ta molto sul numero di core, il modello
di punta della nuova linea di processo-
ri, il Core i9-11900K, ha solo 8 core e
16 thread, con una velocità di punta in
modalità boost che arriva a 5.3 GHz.
Filosofie differenti, prestazioni e target
differenti.
Qualcuno potrebbe chiedersi per qua-
le motivo si passa da un processore a
10 core e 20 thread, il Core i9-10900K
dell’attuale generazione, ad un 8 core
e 16 thread, e il motivo è legato all’ar-
chitettura.
I processori desktop di 11esima genera-
zione sfruttano infatti la “nuova” archi-
tettura Cypress Cove, che sostituisce
SkyLake. Abbiamo messo la parola
nuova tra le virgolette perché in realtà
Cypress Cove è un adattamento a 14
nanometri dell’architettura Sunny Cove
a 10 nanometri che Intel ha usato sui
processi per notebook dello scorso
anno.
Intel ha scelto di tenere il processor
produttivo a 14 nanometri e ha dovuto
PC Intel riparte dai 14 nanometri. Focus sui videogiochi, meno core ma frequenza di clock più alta
Intel Rocket Lake-S: nuovi processori desktop Modelli disponibili, prezzi e caratteristicheL'architettura è tutta nuova, nonostante la dimensione dei nodi, e le prestazioni sembrano notevoli
riadattare un progetto di core a 10 na-
nometri scalandolo sui 14: per motivi di
spazio ha dovuto ridurre il numero di
core. L’uso dei 14 nanometri garantisce
secondo Intel su questo tipo di pro-
cessore una migliore tenuta termica, il
raggiungimento di frequenze di clock
più alte e anche un numero maggiore
di istruzioni processabili dalla CPU per
ogni ciclo di clock, valore che aumenta
del 19%.
Intel ha migliorato anche la GPU: ha
usato sulla undicesima generazione la
sua recente architettura Xe già usata
sui processori per notebook Tiger Lake
e ha incrementato le Execution Unit da
24 a 32 EU. L’aumento della potenza
grafica è quantificabile in un 50% circa.
Non mancano una serie di controller
aggiuntivi, moduli di codifica e decodi-
fica per togliere al processore l’onere
di alcune operazione che sarebbero
dispendiose in termini di risorse. Oltre
al supporto alle DDR4-3200, alle 20 li-
nee PCIe 4.0, a Intel Quick Sync Video
troviamo anche un decoder HEVC a
10bit, un decoder AV1 a 12bit e un en-
coder hardware HEVC. Per la gestione
del display c’è il supporto a HDMI 2.0,
mentre per le periferiche trovano spa-
zio il controller per Thunderbolt 4 e per
il Wi-Fi 6E.
Intel ha ovviamente fornito alcuni ben-
chmark e rispetto al Core i9-10900K
dello scorso anno il nuovo i9-11900K
offre un guadagno sui giochi provati
(Gears 5, Grid 2019, Microsoft Flight
Simulator e Total War) quantificabile in
una forbice da 8 a 14%.
Sugli stessi giochi il miglioramento ri-
spetto ai processori della concorren-
za AMD Ryzen 9 5900X varia dal 3%
all’11%. Tutti i test sono stati fatti però a
1080p.
La disponibilità è prevista tra un paio di
settimane.
Schede Nvidia introvabili fino a dopo l'estate, e i prezzi schizzano alle stelleLe ultime indiscrezioni dalla supply chain parlano di produzione a tappo. Intanto i produttori OEM alzano i prezzi di listino: la RTX 3080 parte da oltre 1100€ di Paolo CENTOFANTI
Secondo l'ultimo report di Digiti-mes, che cita fonti anonime della supply chain, la produzione di GPU Nvidia rimarrà limitata almeno fino al terzo trimestre del 2021.La ra-gione è dovuta a problemi di pro-duzione nelle fonderie Samsung dove vengono realizzati i chip a 8 nm, con una percentuale di pro-cessori difettosi consistente, o tale da non permettere a Nvidia di sod-disfare l'incredibile domanda ali-mentata da contraccolpi della pan-demia e boom delle criptovalute. E così, i prezzi delle schede grafiche continuano a salire. Ma attenzione, non parliamo del mercato secon-dario, ma dei prezzi suggeriti al pubblico applicati dagli stessi pro-duttori. Se prendiamo la scheda RTX 3080, ad esempio, dopo aver debuttato con la founder edition di Nvidia a 720 euro, con le versioni custom dei vari produttori a partire da poco più di 800 euro, oggi vie-ne proposta ad un prezzo di listino di oltre 1100 euro. Se prendiamo Asus, le varie versioni di RTX 3080 hanno un prezzo che va dai 1124 euro del modello base a 1416 euro della top di gamma, quasi il doppio della founder edition. Questo è il motivo per cui chi ha prenotato da settimane, se non mesi, una nuo-va scheda grafica vede il prezzo richiesto lievitare rispetto al valore iniziale quando il prodotto è final-mente disponibile.
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Roberto PEZZALI
La partnership tra Huawei e Leica ha
fatto scuola. Vivo ha scelto Zeiss,
OnePlus ora sceglie Hasselblad,
lo storico marchio di Göteborg che ha
messo la firma su quelle che possono
essere definite le fotografie più famose
al mondo, inclusi i primi passi dell’uomo
sulla luna. Una partnership triennale,
che vedrà il debutto il 23 marzo sul-
la nuova serie OnePlus 9 con il nome
“Hasselblad Camera for Mobile” e che
ha portato OnePlus a investire per i
prossimi tre anni 150 milioni di euro.
L’obiettivo è ovviamente quello di mi-
gliorare la resa del sistema fotografico
sugli smartphone, ma crediamo sia inu-
tile aggiungere che l’operazione ha una
forte valenza commerciale e promozio-
nale: il marchio Hasselblad aiuta a ven-
dere. Hasselblad ha esperienza nella
creazione di fotocamere medio formato
ed è abituata a lavorare su immagini di
tutt’altro tipo, non certo sui sensori de-
gli smartphone, anche se negli ultimi
anni, quando è stata acquisita da DJI
(DJI possiede il 70% di Hasselblad), si
è messa a lavorare anche su sistemi di
piccole dimensioni come quelli montati
sui droni del produttore cinese.
La partnership, da quanto lascia inten-
dere l’annuncio, sarà inizialmente lega-
ta al software: OnePlus 9, come molti
altri smartphone, continuerà ad utiliz-
zare infatti Sony come sensore, per la
precisione il nuovo Sony IMX789.
“Il primo, e più impegnativo risultato dal
punto di vista tecnico di questa collabo-
razione è senza dubbio la calibrazio-
ne avanzata del colore. Sviluppata a
quattro mani da OnePlus e Hasselblad
grazie a mesi di studio e verifiche ap-
profondite, la Natural Color Calibration
with Hasselblad mira a portare colori
più precisi e naturali alle foto scattate
con le fotocamere dei flagship One-
Plus. Si tratta di un nuovo standard di
OnePlus per la calibrazione del colo-
re che sarà previsto nelle fotocamere
dei suoi futuri smartphone. La nuova
Hasselblad Pro Mode porta per la pri-
ma volta la calibrazione del sensore di
Hasselblad, leader nella sua categoria,
su uno smartphone, ottenendo un co-
lore incredibilmente preciso e naturale
per una solida base per il post-editing.
Hasselblad Pro Mode è stata rinnovata
con una nuova interfaccia utente ba-
sata sul software di elaborazione delle
immagini di Hasselblad per dare agli
utenti un autentico look and feel Has-
selblad. Inoltre, consente una quantità
di controllo senza precedenti per i foto-
grafi professionisti, con la possibilità di
regolare ISO, messa a fuoco, tempi di
esposizione, bilanciamento del bianco
e altro ancora. Infine, gli utenti posso-
no anche utilizzare il formato RAW a 12
bit per un colore ancora più ricco e una
gamma dinamica più elevata.”
L’annuncio, come si è potuto leggere
sopra, spiega quello che verrà fatto:
sensori calibrati e migliore ottimizzazio-
ne del colore. Una buona cosa, anche
perché oggi difficilmente i sensori mul-
tipli montati su uno smartphone hanno
una resa cromatica simile e soprattutto
si tende ad alterare quella che è la cro-
mia naturale per creare una fotografia
che possa essere più accattivante agli
occhi di chi non ha una buona sensibi-
lità fotografica. Tutte cose che si pote-
vano fare anche senza Hasselblad, ma
il nome come abbiamo detto aiuta: la
fotocamera è ancora (per poco a nostro
avviso) uno dei parametri di scelta di un
telefono.
Nei prossimi mesi la partnership tra
OnePlus e Hasselblad porterà anche a
qualche innovazione hardware: arriverà
una fotocamera panoramica con un
campo visivo di 140 gradi, verrà intro-
dotta una nuova tecnologia denominata
T-lens per una messa a fuoco fulminea
nella fotocamera frontale e, già sulla serie
OnePlus 9, sarà usata una lente a forma
libera, free-form, per eliminare la distor-
sione dei bordi nelle foto ultra-wide.
FOTOGRAFIA il famoso produttore di fotocamere medio formato, di proprietà della cinese DJI
OnePlus sceglie Hasselblad e inizia da OnePlus 9 Così migliorerà la fotocamera degli smartphoneHasselblad lavorerà con OnePlus per migliorare le fotocamere dei prossimi smartphone
Nikon Z9, la nuova ammiraglia mirrorless full frame che registra in 8KNon molti i dettagli sulla top di gamma full frame per i professionisti. Sensore e processore sono nuovi. Registra in 8K, avrà il grip verticale integrato e un EVF ad altissima risoluzione di Sergio DONATO
Come da tradizione Nikon, l’an-nuncio di una nuova fotocamera spesso non si addentra nei det-tagli. Secondo Nikon Rumors il sensore potrebbe essere tra i 50 MP e i 60 MP di risoluzione. Non è escluso che possa trattarsi del sensore di derivazione Sony da 50 MP montato sulla A1. La Z9 avrà integrata nel corpo macchina l’impugnatura verticale. La raffica di scatto sarà di 20 fps, con tempi del “nero” assenti per il mirino elet-tronico che potrebbe avere una ri-soluzione compresa tra i 5,76 MP e i 9 MP a 120 Hz di frequenza di aggiornamento. Ci sarà il supporto al 16-bit RAW, la modalità Multishot e l’autofocus migliorerà complessi-vamente, anche nel tracciamento dei soggetti. Il nuovo processore EXPEED concorrerà all’aumento delle prestazioni ed è stato svilup-pato specificamente per suppor-tare la registrazione video in 8K, che sarà a 30p, mentre il 4K potrà scegliere tra 120p, 60p e 30p. La sensibilità andrà dai 64 ai 25.600 ISO e saranno presenti i profili Hi1 e Hi2. Z9 farà affidamento su una elevata gamma dinamica. Nikon Z9 potrebbe costare tra i 6.000 e i 7.000 dollari, nel corso del 2021.
Sony FE 50 mm F1.2 GM, l’obiettivo G Master che mancavaLa linea degli obiettivi G Master compie cinque anni e Sony ha voluto regalarle un’ottica tutta nuova, una “classica” tra le focali fotografiche che inspiegabilmente mancava tra le dodici lenti G Master nate a partire dal 2016: Sony ha presentato l’obiettivo FE 50 mm F1.2 GM. Se si guarda a tutti i G Master prima di questo, la focale da 50 mm veniva toccata solo dallo zoom standard FE 24-70 mm F2.8 GM. Sony deve avere pensato che i 50 mm avevano finalmente bisogno di un obiettivo prime tutto loro, a cui riservare anche un’apertura di f/1.2, la prima in assoluto nella linea G Master. L’o-biettivo si compone di 10 gruppi per un totale di 14 elementi, con 3 lenti asferiche XA (Extreme Aspherical) e si fa forte dell’Internal Focusing. Per la messa a fuoco il FE 50 mm F1.2 GM sfoggia quatto motori lineari X. i videomaker apprezzeranno anche la scelta di poter avere un comando continuo dell’apertura dell’obiettivo, quindi senza “clic”, che altrimenti è previsto per ogni terzo di stop.
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
Xbox Game Pass su PC, il 19 marzo arrivano i giochi di Electronic Arts. Tutto compreso nel prezzoDal 18 marzo EA Play debutta anche in versione PC. Per gli utenti Xbox Game Pass Ultimate e Game Pass PC è tutto compreso nel prezzo di Pasquale AGIZZA
EA Play sbarca anche su PC per i membri di Xbox Game Pass Ulti-mate e Xbox Game Pass per PC. Dal 18 marzo 2021, gli iscritti ai servizi potranno infatti usufruire di tutto il catalogo EA Play anche su desktop. I giocatori potranno sce-gliere fra oltre 60 giochi, da instal-lare sul PC, comprensivi di alcuni dei più importanti titoli Electronic Arts, tra cui la serie The Sims, Batt-lefield, la serie Madden NFL e FIFA 20. Gli iscritti potranno poi giocare al titolo Star Wars: Squadrons, sia su PC che su console, aggiunto di recente alla lista dei giochi dispo-nibili. L’abbonamento ad EA Play dà diritto anche ad un accesso di dieci ore ai titoli più recenti di Electronic Arts, compreso FIFA 21.EA Play per PC sarà compreso, senza costi extra, sia all’interno della sottoscrizione Xbox Game Pass Ultimate (che comprende sia i giochi per PC che quelli per conso-le a 12,99€ al mese) sia all’interno della sottoscrizione Xbox Game Pass per PC (che comprende solo i giochi Game Pass per PC e costa 9,99€ al mese), in maniera similare a quanto già succede per la versio-ne console. Restano valide le due precedenti formule di abbonamen-to, un pagamento mensile di 3,99€ per la versione base e 14,99€ al mese per la versione Pro.
di Massimiliano DI MARCO
Sia la Securities and Exchange
Commission degli Stati Uniti sia
la Commissione Europea hanno
approvato l’acquisizione di Zenimax Me-
dia da parte di Microsoft. L’accordo vale
7,5 miliardi di dollari e include molti studi
di sviluppo. Fra i più importanti ci sono
Bethesda Game Studios (autore della se-
rie The Elder Scrolls), Tango Gameworks
(Evil Within), Arkane Studios (Dishonored,
Prey) e id Software (Doom). E adesso
cosa accadrà?
Ora che le autorità hanno dato il loro
benestare all’acquisizione, annunciata a
settembre 2020, le due società posso-
no procedere con l’effettiva inclusione di
Zenimax e dei suoi studi - per un totale
di 2.300 persone - nell’ecosistema dei
Microsoft Studios, cioè gli studi interni di
Microsoft per lo sviluppo di videogiochi
per Xbox e PC. Quando venne annuncia-
to l’accordo, Microsoft non fornì dettagli
rispetto a come gestirà la transizione.
Molte delle serie videoludiche coinvolte,
infatti, sono multipiattaforma, ossia sono
uscite su console e PC. Il fatto che Zeni-
max sia stata acquisita da Microsoft - che
produce le console Xbox - ha portato a
chiedersi se l’intenzione della società sia
quella di far diventare tutte quelle serie
(da Fallout a Doom, da The Elder Scrol-
ls al prossimo Starfield) delle produzioni
esclusive per Xbox e PC, evitando Play-
Station e le console Nintendo.
Commentando l’acquisizione, il numero
uno della divisione Xbox, Phil Spencer,
disse che la società valuterà “caso per
caso” se pubblicare un gioco in esclusiva
o se farlo anche sulle altre piattaforme. Il
direttore finanziario di Xbox, Tim Stuart,
specificò che “non abbiamo intenzione di
prendere e togliere i contenuti di Bethe-
sda da Sony o Nintendo o qualcosa del
genere”, lasciando intendere che nel bre-
ve termine cambierà poco o nulla.
In particolare, Stuart sottolineò che Mi-
crosoft intende fare in modo che i futuri
contenuti di Bethesda e delle altre so-
cietà acquisite siano “migliori” sulle sue
piattaforme: una dichiarazione che può
voler dire tante cose. Xbox Series X è
sulla carta più potente di PlayStation 5:
ciò potrebbe essere uno dei fattori che
li rende “migliori”. Oppure, su Xbox e PC
Windows è disponibile l’abbonamento
Game Pass: il “miglioramento”, in questo
caso, sarebbe la facilità di accesso a tanti
GAMING Approvata l’acquisizione di Zenimax Media da parte di Microsoft per 7,5 miliardi di dollari
Cosa farà Microsoft con i giochi Bethesda?Il catalogo di prodotti Bethesda all’interno del Game Pass raggiungerà i 20 giochi, ecco quali sono
contenuti di qualità delle case di Zenimax
Media, disponibili anche su smartphone
grazie al cloud.
Sicuramente, Microsoft vuole aumentare
l’appetibilità del servizio Game Pass. A
oggi conta 15 milioni di abbonati (i dati più
recenti sono di settembre 2020) e viene
ritenuto il valore aggiunto dell’ecosiste-
ma Xbox: i giochi di prime parti (cioè quel-
li prodotti dagli studi di Microsoft) sono
disponibili nel catalogo già dal primo gior-
no; quindi, gli utenti già abbonati non de-
vono pagare nulla di più. Esattamente ciò
che accade per il catalogo dei servizi di
streaming di musica, film e serie TV: chi si
abbona continua ad avere un catalogo in
crescita, senza pagare sovrapprezzi. Mi-
crosoft sta adottando lo stesso approccio
per i videogiochi e per ora Game Pass è
il tentativo più riuscito nell’industria di su-
perare le tradizionali modalità di acquisto.
Per quel che riguarda il trattamento delle
proprietà intellettuali degli studi sotto l’ala
di Zenimax Media, un’idea dell’approc-
cio di Microsoft la può fornire Minecraft.
Il gioco venne aggiunto al portafoglio di
Microsoft quando la società acquisì il suo
sviluppatore, Mojang. Da allora, però, Mi-
necraft non solo è rimasto sulle piattafor-
me in cui, al momento dell’acquisizione,
era stato pubblicato; è stato distribuito
anche su altri sistemi operativi e dispositi-
vi. Minecraft potrebbe essere considera-
to, però, un progetto eccezionale: sareb-
be stato controproducente per Microsoft
vincolare il gioco - nel tempo divenuto an-
che strumento didattico - alle piattaforme
Xbox e Windows.
Ecco i giochi Bethesda che arrivano su Game PassL’acquisizione di Bethesda da parte di
Microsoft avrà, come primo vantaggio,
l’arrivo di un buon numero di produzio-
ni dello studio all’interno di Xbox Game
Pass. Dal 12 marzo, entreranno a far parte
del catalogo alcuni dei giochi più iconici
del produttore. Parliamo, ad esempio, di
tutti i capitoli classici di Doom, con il primo
capitolo del 1993 e Doom II, 3 e 64 che
si aggiungeranno al già presente Doom
Eternal. Spazio anche a tutti i capitoli mo-
derni della saga Wolfenstein.
Con le ultime aggiunte, il catalogo di pro-
dotti Bethesda all’interno del Game Pass
raggiungerà i venti giochi. Erano già pre-
senti, infatti, alcuni giochi di grande impat-
to come la saga The Elder Scrolls, Fallout
e Prey. Ecco la lista completa dei giochi:
• Dishonored Definitive Edition
• Dishonored 2
• Doom (1993)
• Doom II
• Doom 3
• Doom 64
• Doom Eternal
• The Elder Scrolls III: Morrowind
• The Elder Scrolls IV: Oblivion
• The Elder Scrolls V: Skyrim Special
Edition
• The Elder Scrolls Online
• The Evil Within
• Fallout 4
• Fallout 76
• Fallout: New Vegas
• Prey
• Rage 2
• Wolfenstein: The New Order
• Wolfenstein: The Old Blood
• Wolfenstein: Youngblood
Marco, 55 anni, cliente Vodafone Business.
“E dove la trovo un’altra rete così?”
Rete mobile datinumero 1 in Italia.
Vodafone è la migliore Rete dati d’Italia secondo il report pubblicato dalla società indipendente nPerf il 26 gennaio 2021. I risultati si basano su 484.836 test effettuati tra il 1 gennaio ed il 31 dicembre 2020 sulle reti mobili in Italia. Il report e la descrizione della metodologia sono disponibili su nPerf.com/it/awards/it/2020/mobile/italy/
I nostri clienti parlano per noi: siamo la
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DEI TEST EFFETTUATI per tutte le tecnologie mobili (da 2G a 5G)
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Gianfranco GIARDINA
Prendete una Sonos Move, lo speaker Sonos a
batteria. Migliorate il software per garantire un
passaggio dal funzionamento in Wi-Fi a quello
Bluetooth assolutamente fluido e naturale. Condensa-
telo in dimensioni e pesi molto più contenute e porta-
tili. E infine dimezzate il prezzo. È questa la ricetta di
Sonos Roam, il componente dell’ecosistema Sonos più
piccolo ed economico, pensato come speaker mobile,
sia all’interno della casa che in mobilità. Certamente il
più versatile, come il nome “Roam” (girovagare) fa ben
immaginare.
Un Move più evoluto ma più piccolo, finalmente portatileIl Sonos Roam si presenta come un prisma a base
triangolare smussata che segue gli stilemi estetici degli
ultimi prodotti Sonos: ci si scorge facilmente un po’ di
Move e un po’ di Arc. Le caratteristiche fisiche ne fanno
un prodotto veramente portatile, molto di più di quanto
non fosse Move, con i suoi 24 centimetri e un peso
da 3kg. Roam pesa circa 430 grammi e ha dimensioni
di 17 x 6 x 6 cm: occupa poco spazio su una mensola
quando è a casa, appoggiato sulla base piccola (6 x 6);
è stabile anche su appoggi sconnessi nelle situazioni
outdoor, se risposto sul lato lungo.
Le finiture disponibili sono due, bianco e nero. O me-
glio -Sonos ci tiene molto alla nomenclatura esatta
- Lunar White e Shadow Black. All’interno del piccolo
Roam due altoparlanti biamplificati (un mid-woofer e un
tweeter): Sonos nel materiale stampa parla di “brilliant
sound”: buona parte della sfida è tutta lì. Ovviamente
non si può parlare di driver di dimensione generosa e
la resa la potremo verificare solo con una prova, non
appena lo speaker sarà disponibile. Ovviamente si trat-
HI-FI E HOME CINEMA ll più piccolo ed economico tra gli speaker Sonos, Roam, è un “cilindretto” sonoro portatile, tutta potenza e batteria
Musica ovunque: arriva in aprile Sonos Roam Wi-Fi e multiroom ma anche super-portatileQuando è in casa, è un Sonos a tutti gli effetti, fuori casa diventa uno speaker Bluetooth. Il passaggio tra le modalità è trasparente
ta di un apparecchio che funziona a batteria: l’accumu-
latore agli ioni di litio integrato assicura circa 10 ore di
playback continuo o addirittura 10 giorni di stand-by. Il
caricamento può avvenire in diversi modi: o via cavo
USB-C, con l’alimentatore in dotazione; o, molto più
sensatamente, senza filo a induzione. Non c’è però la
basetta per la carica wireless in dotazione. Quest’ulti-
ma modalità può essere attivata molto semplice con
una qualsiasi superficie di ricarica Qi come quelle pen-
sate per gli smartphone: basta appoggiare al centro il
Roam e parte la ricarica. Meglio ancora è ricorrere alla
basetta originale, disponibile però come opzione, che
oltre ad essere come forma e materiali coordinata con
lo speaker, è anche magnetica e si comporta in ma-
niera simile al MagSafe di Apple. Siamo anche con la
Roam nel mondo degli speaker portatili di Sonos inau-
gurato dalla Move. E come per la Move, anche la Roam
è pronta a sopportare acqua, liquidi e polvere. Infatti
l’apparecchio ha la certificazione IP67 che lo definisce
resistente alla sabbia, anche sottile, e all’immersione in
acqua, anche se per durate contenute (fino a 1 metro
per massimo 30 minuti). Ovviamente nessuno pensa
di sotterrarlo in spiaggia o di lanciarlo in mare ma, per
fare un esempio, se dovesse scivolare in piscina (ed
essere ripescato velocemente) o cadere sulla neve o
nella sabbia, non dovrebbe accadergli nulla.
DNA Sonos al 100%. Ma non a tutti saranno chiare le differenze con uno speaker BTDal punto di vista funzionale, Roam è a tutti gli effetti
uno speaker dell’ecosistema Sonos, uno degli aspet-
ti non facili da spiegare di questo prodotto: a occhio
sembra un comune speaker Bluetooth. L’utente Sonos
non avrà problemi a capire di cosa si tratta; per chi
invece non ha esperienza dell’ecosistema multiroom
della casa americana, lo sforzo di astrazione richiesto
per capire la vera essenza di questo prodotto è certa-
mente maggiore. In pratica la piccola Roam, quando
è in casa, è uno speaker Wi-Fi (lavora sia a 2,4 che
5 GHz) che può suonare in unione o anche indipen-
dentemente dalle altre casse Sonos, rispondendo al
controllo dell’app Sonos e anche di quella Spotify (gra-
zie a Spotify Connect). Non solo: grazie ai microfoni
differenziali a lunga gittata integrati, Roam è in grado
di funzionare, come gli altri speaker Sonos di ultima
generazione, da smart-speaker sia con Alexa che con
Google Assistant.
Quando invece si è fuori casa - e la portabilità estrema
di Roam ne fa uno scenario tutt’altro che occasiona-
le - lo speaker funziona via Bluetooth 5, compatibile
anche con AirPlay2. La cosa interessante, che biso-
gnerà valutare in una prova pratica, è l’aspetto legato
alla continuità dell’esperienza nel passaggio da casa
a fuori casa e ritorno: secondo Sonos, contrariamente
a quanto accade per esempio con Move, il passaggio
segue a pagina 27
torna al sommario 27
MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
HI-FI E HOME CINEMA
Sonos Roamsegue Da pagina 26
da una modalità all’altra è praticamente automatico e
privo di ogni “preoccupazione” per l’utente.
In pratica quando si esce di casa, Roam riconosce au-
tomaticamente la “lontananza” dalla Wi-Fi domestica e
si collega automaticamente allo smartphone via Blue-
tooth (ovviamente sulla base di un precedente pairing),
proseguendo se possibile la riproduzione musicale.
Sì, perché se la musica arriva, come sempre più fre-
quentemente accade, da una piattaforma di streaming
come Spotify, potrà proseguire attraverso lo smartpho-
ne e il traffico dati; se invece si ascoltava dal media
server di casa, ovviamente sarà impossibile proseguire
fuori con la stessa musica.
La bella sorpresa si ha poi al rientro: non appena si tor-
na a casa, tenendo premuto per due secondi il tasto
centrale si attiva la cosiddetta funzione Sound Swap
grazie alla quale la musica in riproduzione sul Roam
viene trasferita - ci hanno assicurato, in meno di un se-
condo - verso lo speaker Sonos “fisso” più vicino. La
stessa funzione può essere usata anche per “preleva-
re” la musica dallo speaker fisso e portarla sul piccolo
Roam poco prima di uscire. Tra l’altro - ma vogliamo
provarlo prima di esprimerci - dovrebbe superarsi an-
che il limite di non poter usare l’app Sonos lontano dalla
Wi-Fi: infatti Roam si dovrebbe poter comandare anche
tramite app Sonos anche nei momenti in cui è collegata
via Bluetooth, il che farebbe bene al successo dell’ini-
ziativa Sonos Radio in cui la società si sta impegnando
da qualche mese. Ma questi sono dettagli che andran-
no verificati durante la prova di Roam, che speriamo di
poter fare al più presto.
Roam continua ad autocalibrarsi man mano che cambiano le condizioniChi ha letto la nostra recensione della Sonos Arc ri-
coderà il sistema di autocalibrazione implementato su
quello speaker: ogni volta che lo si mette in posizione,
dopo qualche secondo di “riflessione”, lo speaker inizia
ad ascoltare il suo stesso suono, desumendo così qual-
che caratteristica acustica dell’ambiente. E di conse-
guenza applica una profilazione acustica (denominata
Automatic Truplay) che corregge il suono per adattarsi
alle condizioni di lavoro. Lo stesso sistema è implemen-
tato anche su Roam, con l’aggiunta di capire anche,
grazie a un sensore di posizione, se sta lavorando in
verticale o in orizzontale. Inoltre, come i comuni spea-
ker Sonos, due Roam possono essere unite in una cop-
pia stereo ed utilizzate come diffusori surround, anche
se Sonos sconsiglia quest’ultimo impiego proprio per
la natura “mobile” della Roam: se viene spostata, addio
effetto surround…
Sonos Roam sarà disponibile a partire dal 20 di aprile
in oltre 30 paesi tra cui l’Italia. Il prezzo previsto è di 179
euro, mentre per avere anche la basetta di ricarica ori-
ginale, con la stessa forma e gli stessi materiali di Roam,
sarà necessario sborsare altri 49 euro.
di Pasquale AGIZZA
Seicento Watt di potenza, audio sur-
round a 5.1 canali e speaker poste-
riori wireless. Sono queste le ca-
ratteristiche principali di Sony HT-S40R,
il nuovo impianto audio presentato dal
produttore giapponese.
Il sistema HT-S40R è composto da
soundbar frontale, subwoofer e diffusori
surround senza fili. Il sistema è dotato
di un ingresso audio analogico (stereo
mini), una USB Tipo A e un ingresso au-
dio ottico. C’è anche una HDMI ARC e la
connessione Bluetooth per collegare lo
smartphone. Gli speaker posteriori di HT-
S40R, soundbar e sub sono interconnessi
da un amplificatore centrale in modalità
wireless, in modo da non dover utilizzare
nessun collegamento fisico trai vari dif-
fusori fatta eccezione naturalmente per
l'alimentazione di ciascuna unità. Chi uti-
lizza l’impianto audio in abbinamento ad
un televisore Sony Bravia che supporta la
connessione wireless, inoltre, potrà invia-
re l’audio direttamente al sistema Home
Theatre. Il sistema di speaker prevede 4
differenti modalità sonore (Cinema, Mu-
sic, Standard e Auto Sound) da scegliere
in base al contenuto. Sarà possibile, inol-
tre, usufruire anche delle modalità Night
e Voice. La nota negativa arriva con le co-
difiche supportate dal sistema: gli ingressi
digitali sono infatti compatibili unicamen-
te con Dolby Digital base o audio PCM a
due canali, troppo poco di questi tempi.
La soundbar è sottile e compatta, e come
gli speaker posteriori, può essere mon-
tata a parete. Discreto il sub mentre la
possibilità di utilizzare l'amplificatore in
modalità wireless rende molto più facile
il posizionamento. Disponibile in Italia da
maggio 2021, non ancora comunicato il
prezzo della soluzione audio.
HI-FI E HOME CINEMA Il produttore giapponese ha svelato il nuovo impianto audio ad alte prestazioni
HT-S40R, l’impianto audio 5.1 di Sony Speaker wireless e 600W di potenzaPunti di forza, i 600 Watt di potenza, audio surround a 5.1 canali e speaker posteriori wireless
HI-FI E HOME CINEMA
Anche Loewe e Hisense abbracciano la tecnologia audio wireless DTS Play-FiI prossimi televisori Loewe e Hisense supporteranno la tecnologia audio wireless DTS Play-Fi. L’annuncio è delle scorse ore, con i primi prodotti compatibili che potrebbero arrivare già nei prossimi mesi. La tecnologia DTS Play-Fi riproduce in streaming un audio di alta qualità, perfettamen-te sincronizzato tra altoparlanti, TV e soundbar compatibili. Permette quindi di realizzare con semplicità sistemi audio multi-room capaci di diffondere la musica in ogni ambien-te, mettendo in comunicazione tutti i prodotti che ne sono provvisti. Oltre a Loewe e Hisense, anche Sharp do-vrebbe integrare presto la tecnologia DTS Play-Fi nei suoi prodotti.
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Gianfranco GIARDINA
Il fenomeno social del 2021 è stato certamente
Clubhouse: se ne è parlato molto e molto si è parlato
dentro Clubhouse. Una specie di talk-social, in cui di
fatto vengono realizzati e diffusi una sorta di podcast
cooperativi in diretta, in cui anche i follower hanno
diritto di parola (se abilitati dall'amministratore della
stanza). Un esempio che per ora è limitato alla po-
polazione degli iPhone ma che tanti altri social stanno
implementando, sull'onda della fiammata di successo
di Clubhouse. SI tratta di qualcosa che tutto sommato
assomiglia alla radio, soprattutto nelle sue interpreta-
zioni più parlate; e non a caso i protagonisti del mon-
do della radio ci si sono buttati. Ma è altrettanto vero
che, in questa fase pionieristica, Clubhouse appaia
fin troppo parlata, o meglio esclusivamente parlata.
E qualche volta anche decisamente noiosa. Basta
guardare al feroce turnover di ascoltatori nelle stanze
per capirlo: in pochi minuti entrano decine di persone
e ne escono altrettante, segno di un "retention" non
propriamente esemplare. La radio, quella di successo,
insegna che invece il ritmo e l'estetica sonora conta,
come conta anche la qualità della voce, soprattutto se
si vuole tenere il proprio pubblico per tanto tempo con
sé. Da questo punto di vista, non c'è dubbio che chi
vorrà avere successo su questo social e sugli altri si-
mili che stanno per nascere, anche dopo le prime fasi
pionieristiche, dovrà passare a strategie produttive
più sofisticate, un po' come quelle che già usano i mi-
gliori podcaster. Per questo abbiamo voluto fare una
prova con la console di maggior successo tra i creatori
di podcast: si tratta di RodeCaster Pro di Rode (distri-
buito da MidiMusic di Torino), uno strumento che na-
sce per la produzione di contenuti audio, tipicamente
i podcast o comunque trasmissioni radio. Ma che può
essere usata con successo anche per realizzare delle
stanze Clubhouse di qualità e partecipare con piglio
professionale ai nuovi social che fanno uso di voce e
suono. Oltre che, perché no, offrire alle videoconfe-
renze e ai webinar una creatività sul fronte audio del
tutto inedita oggi.
SOCIAL MEDIA E WEB RodeCaster Pro di Rode è la console ideale per chi produce amatorialmente o professionalmente podcast
Con RodeCaster Pro anche Clubhouse è meno noioso Funziona anche per i vocali Whatsapp e audio-tweetPuò diventare anche uno strumento utile per interfacciarsi in maniera qualitativa con le app di social audio attuali e future
Il RodeCaster Pro, come un mixer, più di un mixerIl RoadCester Pro è una console che esteticamente
assomiglia a un piccolo mixer. E in effetti fa da mixer
tra diverse sorgenti: 4 ingressi microfonici, un ingres-
so telefonico a filo, un ingresso Bluetooth e uno USB.
In realtà, a ben vedere, gli ultimi tre (telefonico a filo,
Bluetooth e USB) sono bidirezionali, sono anche usci-
te, utili per esempio per collegare un interlocutore
telefonico (facendogli sentire cosa stiamo dicendo) o
per lanciare da PC delle clip musicali.
Come dicevamo lo scopo per cui nasce questa conso-
le è quello di realizzare podcast: quindi il tipico scena-
rio è avere alcune voci in locale, collegate ai quattro
ingressi microfonici e in ascolto attraverso le quattro
uscite cuffia a volumi indipendenti (una delle quali
doppiata sul frontale).
Altri ospiti possono essere collegati al telefono, via
cavo o via Bluetooth. Al PC, collegabile via USB, si
aggiunge anche una memoria interna che può conte-
nere alcune "cue", quindi alcune clip audio correlate a
dei tasti colorati programmabili, così da poter lanciare
facilmente un tappeto sonoro, una sigla, uno stacco,
gli applausi e qualsiasi altro effetto vada a comporre
l'estetica audio del proprio podcast o comunque del
contenuto che si vuole realizzare. I tasti fisici sono
otto, che sono organizzabili su tre banchi, per un tota-
le di 24 locazioni di memoria programmabili attraverso
una semplice app per PC.
Il podcast può essere registrato in diversi modi: o di-
rettamente sulla console, grazie al grande tasto "rec"
e alla possibilità di inserire una scheda microSD come
supporto di memoria; oppure direttamente su PC,
attraverso l'interfaccia USB: il RodeCaster Pro viene
visto come una duplice scheda audio, una stereo con
il downmix degli ingressi e una multicanale con tutti
i canali separati, utile se si intende remixare succes-
sivamente il contenuto. Allo stesso modo è possibile
utilizzare la console come base per uno streaming
audio live, usando ovviamente il PC per l'applicazio-
ne di streaming prescelta. Insomma un apparecchio
davvero versatile per chi ha in animo di realizzare pro-
duzioni audio, soprattutto se parlate.
Ogni canale dispone di un'ampia serie di controlli, at-
tivabili e regolabili attraverso il display touch di bor-
do. I quattro principali offrono una preimpostazione
di equalizzazione per diversi tipi di microfoni (tra cui
ovviamente le famiglie Rode), un filtro passa-alto, un
noise gate, un de-essere, un compressore e un filtro
Aphex per aumentare la presenza. (1) Gli altri canali
hanno dei preset che ottimizzano il canale per l'im-
piego per la voce o per la musica e che gestiscono
il guadagno (2). Il master ha, infine, un compressore
finale in grado di trattare il segnale in uscita, così da
ottimizzare la resa anche su device di riproduzio-
ne non propriamente esemplari. Insomma, c'è tutto
quanto serve per una produzione che forse non sarà
professionale al 100%, ma il cui risultato finale ci si av-
segue a pagina 29
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
vicina decisamente, con almeno un paio di vantaggi:
il RodeCaster Pro è terribilmente facile da utilizzare,
al contrario della stragrande maggioranza dei mixer/
console digitali in commercio. E poi il prezzo della so-
luzione è eccellente: 599 euro di listino, che spesso si
avvicinano molto ai 500 euro sul mercato.
Oltre i podcast: perfetto anche per produrre per smartphoneOra che, come abbiamo detto, iniziano a diffondersi i
social audio (c'è da scommettere che Clubhouse sia
solo il primo esempio di una lunga serie), il RodeCa-
ster Pro può essere utilizzato anche per proporsi su
questi strumenti con un taglio finalmente più profes-
sionale. Il primo modo che potrebbe venire in mente
per aderire a Clubhouse attraverso questa console
è utilizzare il collegamento Bluetooth (3): il telefono
si collega alla console trattandola a livello software
come se fosse un device vivavoce; il segnale in in-
gresso entra nella console, quello in uscita verso il te-
lefono è il master, privato ovviamente del ritorno, cosa
che sarebbe assai fastidiosa. Ma c'è un piccolo pro-
blema: se il Bluetooth va benissimo per portare nella
console una conversazione in banda telefonica, che
notoriamente è tagliata in frequen-
za, non è così adatta per mandare
il proprio segnale verso l'app che si
sta usando. Infatti il ritorno microfo-
nico Bluetooth è limitato in frequen-
za, per carenza di banda, alla sola
banda voce telefonica, quella che
normalmente serve. Ma Clubhouse,
come altre app di audio-video live
streaming/conferencing, utilizza una
banda più ampia e la voce e soprat-
tutto eventuale musica risulterebbe
inevitabilmente tagliata.
Per risolvere questo problema, è
meglio affidarsi al caro e vecchio
cavo, grazie all'ingresso-uscita TRRS
presente sul RodeCaster Pro: si trat-
ta del classico minijack a quattro
poli, tipico degli auricolari a filo, che
abbiamo comprato a parte perché
non compreso nella confezione (4).
Questo collegamento permette di
far entrare nella console un segna-
le stereo proveniente dal telefono e
rimandare l'output della console at-
traverso quello che sarebbe normal-
mente appannaggio del microfono.
Il risultato è ottimo: collegando un
iPhone a questo ingresso, con l'a-
dattatore da minijack a lightning, si
ottiene il collegamento sperato ed è
possibile partecipare ad una stanza
di Clubhouse non solo con la pro-
pria voce ma anche con l'ausilio di
stacchi e basi e, perché no, lanciando anche qualche
spezzone musicale. E con il vantaggio, non da poco,
di poter registrare la stanza Clubhouse che si è orga-
nizzata (lasciamo ai giuristi eventuali dubbi sulla licei-
tà dell'operazione sul fronte della privacy): così i con-
tenuti di Clubhouse finalmente non "evaporano" più.
Non solo Clubhouse: perfetto per i tweet audio ma anche i vocali di WhatsappLa qualità paga sempre. Anche quando si utilizzano
social e comunicazioni vocali di qualsiasi tipo. Per
esempio, da qualche settimana Twitter sta distribuen-
do alla base utenti la possibilità di fare tweet vocali.
Ne abbiamo subito approfittato, ovviamente una "pro-
SOCIAL MEDIA E WEB
RodeCaster Prosegue Da pagina 28
duzione" un po' particolare, diremmo "cult".
Ma lo stesso stratagemma può essere usato per man-
dare dei vocali decisamente originali su Whatsapp.
O addirittura per parlare al telefono in modo partico-
larmente "sofisticato" o semplicemente per registrare
una telefonata, fatta anche attraverso cellulare (sem-
pre privacy permettendo). Ovviamente si tratta di at-
tività finalizzate alla produzione audio e non certo un
passatempo, visto che comunque serve un hardware,
questo RodeCast Pro, che qualche centinaio di euro li
costa. Ma di fatto, anche per facilità e imediatezza di
utilizzo, è una soluzione che può risolvere molti pro-
blemi a chi, per lavoro e per svago, vuole produrre
podcast e partecipare ai nuovi social vocali con un
piglio professionale.
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
segue a pagina 31
di Roberto PEZZALI
Quello che abbiamo davanti è forse lo smartpho-
ne meno “Xiaomi” tra tutti gli smartphone del
produttore cinese visti nell’ultimo periodo. La
regola del “provo a darti tutto quello che posso a poco”
si infrange di fronte ad un prezzo che è comunque pre-
mium, 799 euro, ma soprattutto ad uno smartphone
che, anche scorrendo la scheda tecnica, non sembra
darti affatto tutto quello che può. Purtroppo quando si
usa un processore come lo Snapdragon 888, potente
ma costoso, si riducono i margini per poter inserire in
uno smartphone tutto quello che inizialmente si pen-
sava di mettere. Da una Xiaomi a 799 euro nessuno si
aspetterebbe “solo” 128 GB di storage (la versione 256
GB costa 899), soprattutto quando la memoria non è
espandibile, così come nessuno si aspetterebbe una
fotocamera basata sullo stesso sensore già visto sui
modelli dello scorso anno e su molti modelli più econo-
mici, supportato da un solo obiettivo super wide e da un
macro da 5 megapixel che, come tutti gli altri obiettivi
macro, sembra tanto un obiettivo di contorno. Dov’è il
tele? Non c'è, lo zoom è totalmente digitale. Ci sareb-
bero anche altri elementi criticabili per un prodotto “pre-
mium”: una porta USB solo USB 2.0, l’assenza di jack
audio e l’assenza di una qualsiasi certificazione water-
proof, ma manteniamo lo stesso metro di giudizio usato
per gli altri smartphone e non ne facciamo un dramma.
Siamo più combattuti invece sul waterproof. Il Mi 11 5G
nella parte alta ha una ghiera di sfogo per facilitare la
dissipazione del calore, ed è difficile pensare che, nel
caso di caduta accidentale in acqua, quella ghiera non
possa rappresentare un punto di ingresso per liquidi. A
tutto questo aggiungiamo anche un sistema operativo
basato su Android 11 ma non perfetto nella sua persona-
lizzazione: funziona tutto bene, sia chiaro, ma riteniamo
il software e tutto quello che ruota attorno all’esperienza
e all’integrazione più importante del “pezzo di ferro”. E
proprio da software vogliamo partire perché è l’unico
punto che deve ancora essere raffinato per raggiungere
il livello del resto.
TEST Uno smartphone bello, concreto e capace di fare ottime foto. Per la perfezione serve solo una maggior cura nel software
Xiaomi Mi 11 5G in prova. Tanti pregi e pochi difettiLa MIUI 12 di piccole imperfezioni ne ha tante. Sparisce la convenienza Xiaomi: a 800 euro ci si poteva aspettare di più
Xiaomi Mi 11 5GUN OTTIMO TELEFONO CHE MERITEREBBE PIÙ CURA NEI DETTAGLI 799,00 €
Il Mi 11 5G Xiaomi è un ottimo telefono, concreto e ben costruito, ma Xiaomi ha a nostro avviso perso una occasione: far vedere a tutti che poteva fare un ulteriore passo in avanti. L’azienda cinese da anni dimostra di saper produrre e progettare ottimi smartphone e ormai ha raggiunto un livello costruttivo pari a quello di Samsung. Quello che manca a Xiaomi però è uno sforzo lato software, quello che oggi in un mondo di smartphone tutti uguali può fare la differenza. Oggi chi realizza smartphone Android può scegliere la comodità di avere una inter-faccia quasi stock, con aggiornamenti velocissimi ma senza identità, oppure una interfaccia pesantemente personalizzata. Xiaomi ha scelto quella che è in assoluto la strada più difficile, perché per seguire nel migliore dei modi questa strada serve uno sforzo immane in termini di risorse dedicate allo sviluppo a al test. La MIUI 12 di piccole imperfezioni ne ha tante, basta usarla un po’ per rendersene conto: si tratta quasi sempre di piccoli glitch grafici, di qualcosa che la prima volta non funziona come dovrebbe, di qualche lato che è meno curato di altri, tutte cose che si possono ovviamente risolvere ma che in questi anni Xiaomi si è sempre portata dietro, di aggiornamento in aggiornamento. Sempre in ambito software, quindi legato all’esperienza utente, ci sono tanti aspetti migliorabili: la gestione del risparmio energetico impatta sulla consegna delle notifiche, e tutto il lavoro fatto sulla parte fotografica, inclusi i nuovi filtri cinema, può essere portato ad un livello superiore. Non ha senso, ad esempio, che il divertente effetto “clona” funzioni solo in orizzontale e non in verticale, sembra solo una funzione implementata “a metà”. Soprattutto se si pensa che certi giochetti sono più una cosa da “social”, e la loro fruizione in verticale doveva essere una priorità. Dopo aver avuto tra le mani per un mese questo Xiaomi Mi 11 5G facciamo fatica a capire, soprattutto se guardiamo al resto della gamma Xiaomi, quale dovrebbe essere l’elemento che ci porta a spendere 799 euro per portarselo a casa. Ha tutto, è completissimo, ma lo sono anche tanti altri smartphone Xiaomi: cos’ha il Mi 11 in più di così irrinunciabile? La domanda che vorremmo fare a Xiaomi è quale sarebbe stato il prezzo del Mi 11 5G se avesse avuto all’interno lo Snapdragon 865 al posto dell’888. Noi abbiamo un’idea: 599 euro nella versione da 128 GB e 649 euro nella versione da 256 GB, un risparmio notevole per rinunciare ad un processore che, all’atto pratico, non cambia assoluta-mente nulla per chi lo usa. Anzi, in qualche occasione scalda pure troppo. Una nota finale: come sempre esistono due tipi di utenti per uno smartphone, e DDay si rivolge ad un pubblico più tecnico, appassionato e con certe esigenze che molti altri consumatori non hanno. Questa recensione è inquadrata per un utente molto esigente e attento. Il Mi 11 5G, come ogni smartphone prodotto oggi, resta comunque un prodotto di assoluta qualità che difficilmente chi lo compra, senza troppo badare al processore o ai megapixel, potrà criticare. Al massimo si potrà arrabbiare per qualche traduzione non precisissima, ma a questo si può porre facilmente rimedio.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
9 8 8 8 9 78.3COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEQualità costruttivaOttime prestazioni della fotocameraPrestazioni generali
Ricezione solo modestaScarsa attenzione ai dettagli nella MIUIManca la proverbiale super-convenienza Xiaomi
lab
video
MIUI 12, buono, ma resta la sensazione di una betaOggi gran parte dell’esperienza di utilizzo di un telefono
è data dal software che c’è a bordo, e nel caso del Mi 11
5G il software è la MIUI 12 basata su Android 11. L’aspet-
to che più ci tocca è il feeling “always beta” della MIUI
12. Chi usa il telefono in modo poco attento difficilmen-
te incontrerà bug e problemi: l’unica cosa a cui andrà
incontro l’utente tipo è il classico rallentamento della
consegna delle notifiche in coda per alcune app poco
diffuse dovuto ad un sistema di risparmio energia un
po’ troppo aggressivo. La cosa non riguarda alcune app
come Facebook o Whatsapp, che sono state messe in
"whitelist". Chi invece si serve di funzioni avanzate, come
torna al sommario 31
MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
segue a pagina 32
TEST
Xiaomi Mi 11 5Gsegue Da pagina 30
clicca per ingrandire
La rimozione della persona fatta dal Galaxy S21 Ultra con la funzione "beta".
ad esempio la possibilità di aprire le app in finestra, si
troverà davanti a tanti piccoli bug o glitch. Sono presenti
soprattutto sulle app di sistema Xiaomi, sono presenti
nei menu, dove non sempre le traduzioni in italiano sono
chiare, sono presenti nei vari aspetti delle MIUI, come ad
esempio i Super Wallpaper. L'esempio qui sotto: la scritta
tocca il bordo, non è bellissima da vedere.
L’impressione generale è quella di poco testing e poca
attenzione, soprattutto sulla localizzazione. C’è poi la
tendenza di inserire tutto, ma in modo incompleto, una
sorta di “Se questa cosa funziona allora mettiamola”
dove viene però gestita una sola situazione e le altre
vengono un po’ abbandonate a se stesse. Possiamo
fare un paio di esempi legati all’ambito fotografico, dove
troviamo ad esempio la funzione che permette di to-
gliere un elemento indesiderato o una persona da una
foto. Samsung, sapendo che ancora non è perfetta, l’ha
messa come funzione “lab” che chi vuole può provare.
Xiaomi l'ha inserita nell'editor come se fosse già una fun-
zione perfettamente funzionante eppure è tutt’altro che
perfetta: rimuove senza problemi un soggetto da uno
sfondo uniforme, ma pasticcia con ogni altro tipo di sfon-
do e in situazioni più difficili. Funziona, perché funziona,
ma sembra una implementazione un po’ frettolosa e in
molti casi è decisamente peggiore dell’implementazione
beta di Samsung. Lo mostriamo nelle foto 1 e 2: si vede
chiaramente che è un fotoritocco posticcio.
Si può poi parlare dei filtri video, che funzionano in alcuni
casi specifici e in altri no: il verticale non è supportato.
Chi sviluppa software è ben consapevole che quando si
aggiunge qualcosa si devono considerare anche tutte le
possibili eccezioni e tutti i casi d’uso. Nel caso della MIUI
sembra che Xiaomi si sia accontentata dell’apparenza di
un buon funzionamento superficiale senza andare a ge-
stire ogni singola eccezione. Poca cura, ma forse anche
poche risorse su quell’aspetto che invece dovrebbe rap-
presentare il punto più importante oggi in un prodotto.
Qualità e feeling ottimi. Taglia grande, peso medioQuelli che un tempo erano considerati materiali pre-
mium ora sono la normalità. Vetro e alluminio sono la
base di ogni smartphone moderno, anche di quelli di
fascia media, ed è sempre più difficile usare l’aspetto
costruttivo per definire uno smartphone.
Il Mi 11 5G può vantare cornici sottili, un bordo legger-
mente curvo, un retro satinato e una bella cornice lu-
cida in tinta ma non c’è nessun elemento che ci faccia
La rimozione fatta dallo Xiaomi Mi 11 5G
21
pensare “Questo è costruito meglio degli altri”. Robusto,
solido, ma perfettamente allineato con quella che è la
nuova normalità. Per compensare un frontale anonimo,
ormai sono tutti uguali, Xiaomi ha cercato il ricamo sul
retro: le fotocamere sono inserite in un blocco multistra-
to che regala un po’ di carattere e aiuta a mimetizzare lo
spessore della fotocamera da 108 megapixel, che senza
questo blocco avrebbe una sporgenza eccessiva, supe-
riore ai 2 mm.
Il bordo stondato aiuta nel grip, ma il retro satinato è pa-
recchio scivoloso oltre ad avere un trattamento che non
riesce a respingere del tutto le impronte: restano ben
visibili sulla superficie. Ci sono due aspetti di un design
comunque riuscito che non ci convincono a pieno: il pri-
mo è la classica curvatura del schermo che crea un fa-
stidioso effetto al bordo, presente in tutti gli smartphone
curvi, e il secondo è una corsa dello schermo che non
segue la curva della cornice. Avremmo preferito un an-
golo meno stondato, più armonioso. Lo schermo OLED
è da 6.8” ed è grosso, inutile negarlo: non è un telefono
per tutti, anche se ormai agli schermi grandi ci abbiamo
fatto l’abitudine. Ed è proprio allo schermo che andremo
ora a guardare, perché secondo Xiaomi lo schermo del
Mi 11 Pro è eccezionale.
Un ottimo schermo, ma non è perfettoLo schermo da 6.81” del Mi 11 5G è sicuramente un ot-
timo schermo OLED. La risoluzione è quasi esagerata,
3200x1440 pixel equivalenti a 515 ppi con un rappor-
to di forma di 20:9, ma siamo davanti ad uno schermo
edge quindi curvo ai bordi: la percezione resta quello di
uno schermo 21:9 lungo e stretto.
Protetto da Gorilla Victus, l’ultima generazione di vetri
resistenti Corning, lo schermo secondo le dichiarazioni
di Xiaomi dovrebbe avere una copertura dello spazio
colore DCI-P3 del 100%, 10 bit di profondità, una cali-
brazione accuratissima con ΔE≈ 0.41 e una luminosità
massima di 1500 nits. Secondo le nostre misure in labo-
ratorio la copertura P3 (1931xy) arriva al 95,75% mentre
la luminosità massima tocca i 1230 nits con una finestra
piccolissima. Probabile che per raggiungere i 1500 nits
serva una finestra ancora più piccola di quella che riu-
sciamo a misurare. L’errore è contenuto ma non basso
come dice Xiaomi, e soprattutto è bene usare le impo-
stazioni automatiche perché in sRGB non è affatto così
preciso. Abbiamo voluto provare anche l’HDR, Xiaomi
parla di HDR10+, usando il player integrato e alcuni se-
gnali test HDR caricati sullo smartphone e dobbiamo
segnalare il fatto che il tone mapping del telefono non
guarda affatto i metadati, le patch che abbiamo usato
erano con mastering a 1000 nits ma il player le ha por-
tate a 1200 nits.
Lo schermo è a 10 bit, ma non sono 10 bit reali: sono
i classici 8 bit con 2 bit di dithering. Siamo comunque
davanti ad uno schermo offre prestazioni che vanno
oltre quelle che sono le normali esigenze dell’utilizzato-
re di uno smartphone. Come sempre ci sono fin trop-
pe funzioni: bene la possibilità di inserire la modalità
DC Dimming per aiutare chi ha problemi di sensibilità
e percepisce il flicker dell’OLED, bene la possibilità di
gestire diversi livelli di refresh rate, superfluo il motore
di immagine AI che integra un upscaler, un sistema di
motion compensation e diversi filtri di image enhancing.
Davvero un inutile orpello su un telefono.
Il sensore di impronte è sotto lo schermo, classico sen-
sore ottico abbastanza veloce e preciso: trattandosi di
un sensore ottico deve illuminare il polpastrello e usan-
do la luce può anche ricavare il battito cardiaco. Altra
funzione utile per promuovere il telefono, ma se non ci
fosse non sentiremmo affatto la mancanza.
torna al sommario 32
MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
TEST
Xiaomi Mi 11 5Gsegue Da pagina 31
I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca per l'ingrandimento
Un processore sovradimensionato per quello che deve fareLo Snapdragon 888 è un processore potentissimo.
Forse troppo potente per quello che devono fare oggi
gli smartphone. Qualcuno potrebbe anche dire che la
potenza non è mai troppa, ma il modo in cui Android
gestisce i processori e tutti i loro core è molto partico-
lare: con il 90% delle applicazioni usa tutto quello che
c’è disponibile. Abbiamo fatto una analisi molto accura-
ta del processore, e abbiamo voluto controllare quanti
core vengono usati effettivamente in ogni situazione e
in che modalità. Lo Snapdragon 888 ha una CPU con 8
core e se si usano il browser, Facebook, se si apre una
qualsiasi applicazione tutti i core vengono usati e in molti
casi vengono usati anche al massimo del clock. Siamo
davanti però ad applicazioni per le quali l’aumento della
frequenza del processore non porta ad un percepibile
aumento della velocità, che si apprezzerebbe solo in
alcuni casi specifici, e siamo abbastanza certi che se segue a pagina 33
dovessimo sostituire l’888 con l’imminente 780 (o 788)
si guadagnerebbe in autonomia e non si noterebbero
affatto differenze prestazionali.
Come si può leggere dalla nostra analisi il processore
è velocissimo, ma inizia anche a scaldare in determinate
situazioni e con determinati giochi. La situazione è pre-
occupante solo se si effettuano benchmark specifici, mai
in casi di utilizzo reale dove la temperatura resta comun-
que contenuta, anche con giochi come Pubg e Call of
Duty Mobile. Il Mi 11 5G è velocissimo, in ogni situazione:
ha memorie veloci, uno storage veloce, è pensato e co-
struito con i migliori componenti che si possono avere
oggi. Difficile fare di più: apertura istantanea delle app,
ottima tenuta sul frame rate nei vari giochi, ogni opera-
zione viene eseguita in pochissimo tempo, dall’esporta-
zione di un filmato all’elaborazione di una foto.
La fotocamera è davvero ottimaIl giudizio alla fotocamera andrebbe diviso in due parti.
Una relativa alle fotocamere e al modo in cui scatta le
foto, e diciamo subito che il Mi 11 ha una resa fotografica
davvero eccellente, e una legata alla parte software, a
nostro avviso la sezione che meriterebbe di essere ri-
organizzata meglio. Il Mi 11 è un telefono che può fare
tantissime cose, e le funzioni iniziano a diventare davve-
ro tante: l’organizzazione, soprattutto di alcune funzioni
avanzate, non è ottimale. L’utente che "scava" all’inter-
no del software della fotocamera, e si mette a provare
e provare diverse soluzioni, capisce come tutto è stato
organizzato e trova subito quello che gli serve, ma non
sempre è tutto così immediato. Due esempi sono lo scat-
to a 108 megapixel che è diventata una opzione acces-
soria messa sotto “altro”, o al super macro, che di fatto
sfrutta un sensore aggiuntivo da 5 megapixel ma che
nell’interfaccia è inserita tra le diverse modalità.
I 108 megapixel, tanto pubblicizzati, sono un qualcosa
che l’utente deve andare a cercare e impostare ogni
volta, e risultano utili più per lo zoom (digitale) che per
la risoluzione di una foto che sarebbe comunque sovra
abbondante rispetto alla reali necessità. Anche perché,
è bene dirlo, una foto a 108 megapixel pesa tantissimo.
Pesano già tantissimo di loro le fotografie fatte, che arri-
vano anche a 27 MB: di default usano il jpeg e sono da
27 megapixel. In quest'ottica la memoria di soli 128 GB
potrebbe sembrare un po' risicata e conviene spendere
100 euro in più per la versione da 256 GB. In linea ge-
nerale la resa fotografica è davvero eccellente, sia per
quanto riguarda la nitidezza delle foto sia per quanto
Il bokeh naturale dell'obiettivo a 108 Mp.
La resa con l'obiettivo Macro.
La modalità ritratto usa il machine learning
per lo scontorno ed è abbastanza precisa
nel restituire il bokeh, e sempre parlando di
bokeh è apprezza-bile come il sensore
da 108 megapixel, grazie proprio alla sua
dimensione, riesca a restituire da una
distanza ravvicinata uno sfuocato morbido
davvero piacevole.
Il super wide si comporta bene, con una deformazione decisa-mente contenuta.
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
TEST
Xiaomi Mi 11 5Gsegue Da pagina 32
riguarda il bilanciamento del bianco e il controllo dell’e-
sposizione.
Xiaomi Mi 11 riesce a gestire senza problemi situazioni
di forte controluce, senza perdere dettagli sia sulle zone
d’ombra che sulle zone che tendono ad essere sovrae-
sposte. L’HDR automatico non è per nulla esagerato, ma
è assolutamente controllato nel gestire le scene ad alta
dinamica. Del Mi 11 ci piace la tendenza a restituire una
foto neutra e ben equilibrata, mentre ci ha dato un po’ fa-
stidio il leggero shutter lag, sia sullo scatto che sul salva-
taggio del file: quando si preme il tasto di scatto l’impres-
sione è sempre che ci sia un ritardo di una frazione di
secondo. Lo schermo curvo, inoltre, crea saltuariamente
problemi con la messa a fuoco e con lo scatto: un tocco
occasionale nella parte bassa, in base all’impugnatura,
sposta il punto di messa a fuoco e impedisce di scattare.
L’obiettivo in assoluto migliore è quello ovviamente
principale, ma anche il super wide si comporta davvero
bene, con una deformazione contenuta.
Apprezziamo il fatto che la foto che il Mi 11 scatta sia mol-
to vicina come resa a quella che effettivamente perce-
piamo osservando la scena dall’esterno.
Audio buono, ricezione così così e batteria nella mediaLa ricezione del Mi 11 5G non è impeccabile. Buona, ma
non sorprendente. La cosa tuttavia non ci stupisce af-
fatto: crediamo che i gestori abbiano privilegiato il 5G
rispetto ad altre bande pertanto in alcune zone la rice-
zione 4G potrebbe risentirne leggermente rispetto ad al-
tri modelli Xiaomi già usciti. Niente di problematico, ma ci
sono telefoni che in alcune zone prendono leggermente
meglio. Abbiamo fatto una analisi completa della ricezio-
ne e del GPS del telefono che potete consultare qui. Xiaomi ha stretto una partnership con harman/kardon,
azienda del gruppo Harman, ma è una partnership più
commerciale che effettiva: all’interno, come certificato
dai vari teardown, si trovano gli stessi identici compo-
nenti audio di produzione cinese già visti su altri smar-
tphone. Lo Xiaomi Mi 11 restituisce un audio abbastanza
chiaro, soprattutto in vivavoce, e un livello elevato ed è
questo quello che più conta.
Buono anche l’audio in capsula e chiara la voce sul-
le chiamate, ma non ci sorprendiamo: è quello che ci
aspettiamo da un telefono di questa fascia.
Sul fronte batteria abbiamo eseguito come sempre i no-
stro test ma il risultato non è pubblicabile perché il test è
stato interrotto più volte e abbiamo dovuto fare una sor-
ta di somma per arrivare al risultato, che si avvicina alle
12 ore per la modalità “medium” e alle 7 ore in modalità
“heavy” con lo schermo a 120 Hz attivo.
Non possiamo dare un valore preciso, e certificare il ri-
sultato, perché il sistema di risparmio energetico molto
aggressivo della MIUI “chiude” il processo di watchdog
che ci permette di far girare il test in loop: questo vuol
dire che saltuariamente il test si blocca e deve tutte le
I NOSTRI SCATTI DI PROVAclicca per l'ingrandimento
L’editor fotografico è davvero ben fatto, con alcuni funzioni che non sono affatto inedite ma che risultano di assoluto effetto per chi non le conosce. Qui a destra vediamo la funzione di sostituzione del cielo automatico.
La resa dello zoom digitale, che sfrutta il sensore da 108 megapixel, non è affatto da scartare. Qui sopra alcuni esempi, con zoom fino a 30x.
La modalità notte funziona come dovrebbe: non tende a creare la luce dove manca, e non esagera con il machine learning cercando di vedere al buio dove l’occhio non vede.
volte essere fatto ripartire a mano da dove si era arresta-
to, con lunghi periodi di stand by tra le diverse riparten-
za. La stima è tra le 7 e le 8 ore con schermo a 120 Hz
QHD+. Non essendo perfettamente paragonabile agli
altri test fatti fino ad oggi non lo inseriamo nella classifi-
ca. Abbiamo fatto diverse prove, e possiamo comunque
dire che l’elemento che più consuma è lo schermo, se-
guito dal processore quando utilizza la GPU.
In stand by il battery drain, se non si usa l’AOD, è de-
cisamente contenuto. La foto sopra mostra il drain in
stand-by con AOD attivo: ecco come scende la batteria
in modo costante, arrivando a circa 3 giorni se il telefono
viene lasciato sulla mensola acceso.
Xiaomi, sapendo che alla fine la differenza sull’autono-
mia percepita non viene fatta tanto dallo schermo acce-
so quanto dal tempo di stand-by, ha cercato di gestire
in modo molto aggressivo proprio lo stand-by, e questa
gestione permette di arrivare senza problemi fino a sera,
con la percezione di avere un telefono che consuma
davvero poco. Se lo si usa invece tanto, la batteria da
4.600mAh garantisce una buona prestazione se si cal-
cola che lo schermo ha una risoluzione altissima, va a
120 Hz e ha anche una luminosità di picco molto elevata.
Velocissimo il caricatore nella confezione: 55 Watt, tec-
nologia GaN, meno di 50 minuti per riempire la batteria
in caso di emergenza.
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
segue a pagina 35
di Sergio DONATO
Con l’ingresso della mirrorless APS-C a lenti in-
tercambiabili X-E4 Fujifilm ha voluto ottenere
contemporaneamente due risultati: dare alla
X-E4 una forte impronta stilistica all’interno della serie
di macchine “X” e aggiornare il pacchetto hardware e
software della X-E3 datato 2017. La X-E4 viaggia costan-
temente tra queste due realtà: è una macchina potente
che vuole essere diversa dalle altre e, in un certo senso,
che “deve” essere diversa dalle altre serie “X” non per
non pestare i piedi alle colleghe. Dato che sensore e
processore sono gli stessi di X-T4, X-Pro3 e X-S10, se
la X-E4 fosse stata una replica di queste tre macchine
non avrebbe avuto senso di esistere. Fujilfilm ha puntato
quindi tutto sullo stile, la portabilità ma, in modo molto
intelligente, non ha lasciato indietro le prestazioni. Non
abbiamo citato la X100V tra le macchine con X-Trans
4 perché la X-E4, come tutte le altre "X" citate finora, è
una macchina a lenti intercambiabili, e dalla sua ha la
possibilità di essere sì elegante e portabile ma anche
espandibile. Tuttavia, la X100V, tra tutte le altre, è quel-
la più vicina alla street photography, attività fotografica
fortemente richiamata dalla X-E4 per forme e snellezza.
I quattro elementi che tracciano l’identità di X-E4X-E4 ha il sensore da 26,1 MP X-Trans 4 con processore
X-Processor 4, che rappresenta un passo avanti notevo-
le rispetto alla generazione precedente, che si parli di
autofocus, di F-Log o di capacità di acquisizione video.
L’altra rottura col passato è il monitor posteriore mobile e
ribaltabile di 180°. Novità assoluta in casa “X-E” che offre
nuove possibilità di utilizzo e si apre al mondo del vlog-
ging. Guardarsi mentre ci si registra è tanto narcisistico
quanto utile alla produzione finale del video.
X-E4 non ha la stabilizzazione interna. È un elemento
negativo di un’identità che naturalmente, come qualsi-
asi altra, ha luci e ombre, ma è un dettaglio da non tra-
TEST La snella Fujifilm X-E4 è al contempo una macchina stilisticamente sobria e leggera ma anche potente e versatile
Recensione Fujifilm X-E4, la mirrorless per tutti Una macchina che ha davvero pochi punti deboliLa piccolezza del corpo può creare impicci all'interfaccia e al fotografo, però si riscatta con un autofocus saldo e video ottimi
Fujifilm X-E4UNA MACCHINA CHE VUOLE ESSERE ESATTAMENTE COSÌ COM'È 919,99 €
La Fujifilm X-E4 ha indipendenza da vendere. È piccola, agile ed espandibile e si capisce subito che è il fotografo che deve adattarsi a lei, e non il contrario. Considerando l'intera esperienza d'uso, la X-E4 vuole essere in realtà una parigrado del fotografo, perché la macchina offre pochi tasti e pochi appigli ma dà davvero il massimo. Lo schermo ribaltabile di 180° è l'elemento che colpisce di più e che apre a nuove agilità fotografiche rispetto alla X-E3 vecchia di 4 anni. Ma la X-E4 toglie per quanto dà, quindi via almeno due comandi fisici che mancheranno molto agli utenti: la ghiera di comando posteriore e il selettore frontate per la messa a fuoco. C'è però un autofocus tutto nuovo, molto abile nel seguire i soggetti in movimento e un po' meno a riconoscere viso e occhi, specie se ci sono montature di occhiali a dare fastidio o se si è distanti dall'obiettivo. L'espandibilità data dall'attacco X per le lenti intercambiabili la rende pronta per il futuro, ma potrebbero essere messi in conto anche l'impugnatura e/o il poggia-pollice opzionali utili per gli obiettivi più pesanti. I due optional non sono una reale necessità, ma il corpo snellissimo della X-E4 potrebbe averne bisogno, specie per i fotografi che "vogliono stare comodi".La X-E4 è così leggera e minuta che a volte l'interfaccia d'uso sembra un elefante in una cristalleria. Può capitare di muovere inavvertitamente il joystick e trovare spostato il punto di fuoco prima dello scatto, o che le gesture touch, utili anche per la carenza di tasti fisici, possano cambiare alcuni parametri di scatto. È quindi consigliabile (ma non necessario) conoscere molto bene la X-E4. È una "diva", e vuole avere le giuste attenzioni, però una volta fatta amicizia è pronta a offrire un'esperienza fotografica molto più che buona.La mancanza della stabilizzazione può fare male se si pensa a quanto di ottimo la X-E4 riesca a fare in campo video. 4K a 30P fino a 200 Mbps e Full HD per super ralenti a 240p, con chroma subsamplng 4:2:2 a 10-bit via HDMI.Del resto, la X-E4 non poteva essere perfetta. È una "diva" in grado di farsi perdonare dal fotografo, ma la stabilizzazione avrebbe attirato l'odio della X-S10 e creato attriti insanabili all'interno della grande famiglia "X" di Fujifilm. Resta da valutare il fattore prezzo, anche in considerazione dell'esistenza della X-S10. Come prezzo siamo lì, ma se la X-S10 è una guerriera pratica, la X-E4 è una mannequin votata allo stile, ma anche pronta a tirarsi su le maniche, se serve.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
8 9 8 7 8 88.0COSA CI PIACE COSA NON CI PIACESchermo ribaltabile di 180°Prestazioni dell'autofocusPrestazioni video in 4K, con anche F-Log
Mancanza stabilizzazioneMeno tasti fisici rispetto alla X-E3Interfaccia che "litiga" con il corpo minuto della X-E4
lab
video
scurare perché, considerando la potenza del sensore e
del processore, alcuni utenti potrebbero vederla come
un’occasione persa. L’aspetto di X-E4 è sobrio, elegante,
minimalista. Quella di farne una macchina snella è stata
una precisa scelta di Fujifilm. Togliere pulsanti invece di
aggiungerne o di spostarli fa parte di una decisione, non
di un caso. Fujifilm, a parte l’allure stilistico che ha voluto
dare alla X-E4, ci ha detto che ha scelto di eliminare al-
cuni tasti e selettori meccanici perché il suo fine è stato
quello di ottenere una razionalizzazione dei comandi. Il
tutto però va sempre nella direzione dell’”asciuttezza” e
della personalità essenziale. Partiamo proprio da qui per
raccontarvi questa nuova Fujifilm X-E4, dal suo aspetto.
Minimalismo spinto al massimoLa X-E3 era già stata presentata come minimalista. La
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
X-E4 lo è ancora di più, seppure sia un mix strano di
essenzialità e novità. Le linee sono più dritte. La X-E3
aveva sinuosità nella calotta superiore, contenute ma
presenti; la X-E4 è invece più netta.
La prima cosa che si nota nella X-E4 è infatti il suo aspet-
to: che più essenziale non si può. Via qualsiasi accenno
di impugnatura, che invece era presente sulla X-E3, via
la rotellina posteriore per le impostazioni, che la X-E3
aveva: ora c’è solo quella frontale. Via il selettore mec-
canico frontale della messa a fuoco. Scompare anche
qualsiasi tipo di poggia-pollice posteriore, che nella X-E3
ospitava anche il tasto Q e l’AF Lock. Nella X-E4 il tasto Q
è sulla calotta in lega di magnesio martellata; mentre l’AF
Lock e l’AE Lock ora condividono lo stesso tasto e fanno
compagnia al pulsante Drive/Delete e al Play.
Il corpo della X-E4 pesa solo 364 grammi. La X-E3 pe-
sava qualcosa di meno, ma la X-E4 è la macchina più
leggera della nuova generazione di Fujifilm X.
Il mirino elettronico è lo stesso della X-S10: OLED da
0.39” di circa 2.36 milioni di punti, ma si tiene l’identi-
tà della serie X-E spostandosi tutto a sinistra. Non è un
mirino a telemetro, ovviamente, ma averlo in quella posi-
zione permette scatti con entrambi gli occhi aperti. Molti
apprezzeranno, rispetto al posizionamento di quello del-
la X-S10. Il monitor è il touchscreen LCD da 3” per 1,62
milioni di punti usato su diverse macchine “X” tra cui la
X-T4. Sulla X-E4 fa scalpore perché finalmente diventa
mobile. Può essere inclinato, anche a sbalzo, in verticale
rispetto alla macchina e fino a 180° verso l’alto. In que-
sta configurazione, il soggetto ripreso dall’obiettivo può
vedere l’anteprima della foto o del video che sarà. La
calotta superiore in lega di magnesio ospita il selettore
di accensione/spegnimento con il pulsante di scatto, la
ghiera per i tempi fino a 1/4000 per l’otturatore mecca-
nico, quella per la compensazione dell’esposizione e il
tasto Q per richiamare il “Quick” menù con le imposta-
zioni rapide personalizzabili. Infine c’è un pulsante pro-
grammabile. Lo sportellino laterale custodisce la porta
Micro HDMI, l’ingresso jack da 3,5 mm per il microfono e
il controllo remoto, e infine la porta USB-C. Incluso nella
confezione c’è un adattatore USB-C-jack 3,5 mm che
serve per connettere un paio di cuffie esterne usando la
presa USB. La batteria è sempre la NP-W126S.
A differenza della X-E3, questa volta non è stato inserito
nella scatola di vendita il flash EF-X8. Segnaliamo, a tal
proposito, un altro dettaglio importante: la X-E4 non ha
un flash interno, nemmeno di tipo pop-up.
Il peso e la maneggevolezza della X-E4La X-E4 sarà venduta anche in kit con il nuovo obietti-
vo Fujinon XF 27 mm F2.8 R WR. Una sorta di Mark II
del precedente modello che guadagna la ghiera per le
aperture che il vecchio non aveva.
È previsto inoltre un kit con il solo corpo, il poggia-pollice
che si monta sulla slitta hot shoe, e l’impugnatura ester-
na - compatibile Arca Swiss - con il foro per il treppiedi
centrato con l’asse ottico e che lascia accessibile il vano
batteria e quello per l’SD (accetta fino alle UHS-I).
Queste precisazioni sono importanti perché per la prima
volta una macchina a lenti intercambiabili della serie X
viene venduta in kit con una lente pancake invece del
solito zoom. Questa scelta fa già capire che la X-E4 è vo-
tata inizialmente alla portabilità. La presenza del kit con
il poggia-pollice e l’impugnatura fa però pensare anche
che questi accessori possano diventare indispensabili
qualora si voglia espandere la macchina con obiettivi
più pesanti che si troverebbero a convivere con il corpo
snello e senza “appigli” della X-E4. Per la nostra prova,
purtroppo, il nuovo XF 27 mm F2.8 R WR non era ancora
disponibile, abbiamo allora virato sul classico XF 23 mm,
molto più spesso del 27 mm, e come lente aggiuntiva
abbiamo usato anche un XF 18-135 mm F3.5-5.6 OIS,
quindi stabilizzato. Il 23 mm non ha dato alcun problema.
Usando la macchina nuda e senza accessori, la presa e
il peso non sono stati mai una limitazione. Con lo zoom
18-135 la differenza si è sentita, ma meno di quanto ci
saremmo aspettati. Naturalmente, con l’impugnatura e il
poggia-pollice montati la presa è più stabile in qualsiasi
condizione e con qualsiasi obiettivo.
Monitor, specchio delle mie brameIl monitor orientabile verticalmente, inutile dirlo, è il ga-
me-changer della X-E4. Gli scatti sopra le testa del foto-
grafo e quelli a filo con il terreno sono molto più semplici
da gestire. Abbiamo condiviso la scelta di Fujifilm di non
dare alla X-E4 uno schermo completamente articolabile
ed esterno perché avrebbe interrotto la linea e la porta-
bilità della macchina. Uno schermo di questo tipo è an-
che molto utile nella street photography per poter scat-
tare al livello dell’ombelico guardando il monitor come
se stessimo controllando le foto nel rullino digitale, ma
usando in realtà la funzione touch per rubare qualche
scatto che altrimenti avrebbe messo i soggetti sul chi
va là. Tuttavia, per una questione personale legata alla
privacy, abbiamo scelto di non pubblicare le foto delle
persone inconsapevoli di essere state fotografate.
Ci sono però due pecche e mezzo in questa soluzione
di Fujifilm per lo schermo ribaltabile. Se si monta un mi-
crofono esterno o un flash sulla slitta hot shoe, il monitor
risulterà parzialmente ostruito. Inoltre, con lo schermo
in piano e parallelo al terreno, se si avvicina il corpo
macchina al proprio per fare scatti ad altezza ombelico,
il sensore accanto all’EVF interpreta la presenza della
pancia del fotografo come se si trattasse del monitor
ribaltato, e inverte le immagini sullo schermo perché
crede di doverle mostrare a una persona di fronte all’o-
biettivo. È successo frequentemente. La mezza pecca
è l’uso dello schermo touch con la mano sinistra. Se si
usa lo schermo touch in piano e parallelo al terreno e
si vogliono usare le funzioni touch del pannello, avvici-
nandosi con il dito sinistro si rischia di attivare il sensore
dell’EVF e ribaltare l’immagine sul display, che ancora
una volta penserà di essere stato ruotato di 180°. Lo
schermo ha un’ottima luminosità all’aperto e non abbia-
mo mai sofferto per la luce del sole diretta.
La “P” che sulla X-E3 non c’eraLe ghiere della X-E4 non si discostano dall’araldica della
serie e richiamano un modo di fare fotografia più mecca-
nico, quindi con la ghiera dei tempi, ma solo quella della
compensazione dell’esposizione. Se si sceglie A (Auto-
matico) sulla ghiera dei tempi e un’apertura sulla ghiera
dell’obiettivo, si attiva la modalità a priorità di apertura:
sarà quindi l’apertura a comandare e non si potrà inter-
venire sulla scelta dei tempi.
Con la ghiera dell’apertura dell’obiettivo su A e la ghiera
dei tempi della macchina su un valore numerico, saran-
no i tempi a comandare e quelli dell’apertura si ade-
gueranno a essi. Con tempi e apertura su A, apparirà
sul display la lettera P, ma saranno comunque i tempi a
prendere la decisione iniziale.
Per il Program, Fujifilm ha pensato inoltre di dare alla
X-E4 un selezione ad hoc. Ora c’è la lettera P sulla
ghiera dei tempi, che fa entrare la macchina in modalità
Program indipendentemente dalla posizione dell’anel-
segue a pagina 36
TEST
Fujifilm X-E4segue Da pagina 34
L'impugnatura opzionale con base in metallo compatibile Arca-Swiss
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
lo delle aperture, che può trovarsi anche su un valore
qualsiasi. In modalità Program, ogni volta che si preme la
rotellina frontale, si sceglie quale valore essa dovrà mo-
dificare, quindi: otturatore e apertura, ma si può sceglie-
re anche una terza pressione per il valore ISO o quello
dell’esposizione. Il valore T sulla ghiera dei tempi per-
mette ora di poter scendere fino a 15 minuti di tempo di
apertura dell’otturatore. Una volta selezionato un tempo
sulla ghiera, con la rotellina frontale si possono raggiun-
gere dei valori intermedi superiori o inferiori.
Com’è usare la X-E4 con una sola ghiera di coman-
do - volgarmente chiamata “rotellina” - al posto delle
due disponibili sulla X-E3? Dipende. La presenza di un
comando in più, specie in una zona strategica come
quella del pollice, non potrà mai essere visto come su-
perfluo, indipendentemente dalle razionalizzazioni che
si vogliono ottenere. Avevamo quindi pensato che la
mancanza della ghiera di comando posteriore sarebbe
stata evidente nell’uso quotidiano; invece il pulsante
a molla integrato in quella frontale, che permette di
cambiare l’impostazione controllata, non si è tradotto
in rallentamenti d’uso fastidiosi. Stesso pensiero per la
perdita del selettore meccanico frontale per la scelta
della messa a fuoco che invece la X-E3 possiede. Il ta-
TEST
Fujifilm X-E4segue Da pagina 35
sto Q è un valido sostituto che però perde in immedia-
tezza, perché servono almeno tre “tocchi” per fare la
stessa cosa che nella X-E3 si faceva con un solo click.
Ma c’è sempre il tasto programmabile, e inoltre il moni-
tor prevede quattro gesture touch ortogonali persona-
lizzabili che possono richiamare alcune funzioni della
fotocamera, così come si può sacrificare il tasto fisico
AE Lock/AF Lock per una scorciatoia.
Piccola, ma potenteEssendo una macchina potente - grazie al sensore
X-Trans 4 e al X-Processor 4 - e portatile – grazie alle sue
linee e al suo peso - la macchina si presta a più utilizzi ed
è meglio conoscerla bene.
Il monitor touch per esempio è molto sensibile, e la
snellezza della X-E4 può portare inavvertitamente a fare
foto involontarie - se si lascia attivo lo scatto touch dallo
schermo - o a eseguire scorciatoie touch dopo uno sfio-
ramento casuale del display. Può anche capitare che la
zona di messa a fuoco, se non è stata impostata come
Wide o All, finisca inavvertitamente in un angolo del fra-
me di ripresa se si è attivato il suo spostamento attraver-
so il joystick posteriore o la selezione tramite schermo
touch. Questi cambiamenti inaspettati delle imposta-
zioni della macchina prima di fotografare possono con-
durre alla perdita del momento di scatto, ecco perché
è importante prevedere per quali tipi di foto si userà la
X-E4. Per la street photography, per esempio, potrebbe
essere consigliabile disattivare le comodità touch e la-
sciare fissa la messa a fuoco sulla zona centrale o impo-
starla sulla modalità Wide/All. Per sessioni fotografiche
I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca per l'originale
più quiete, invece, tutti gli aiuti via joystick o via schermo
possono tornare a supportare il fotografo senza destare
soprese. La macchina può ospitare fino a sette imposta-
zioni personalizzate richiamabili anche dal tasto Q, che
non possono però includere tutte le impostazioni della
macchina ma la maggior parte di quelle relative allo scat-
to, autofocus compreso. Inoltre, è presente il classico My
Menu di Fujifilm che raccoglie alcune dei settaggi della
X-E4 e che sono immediatamente raggiungibili premen-
do il tasto fisico Menu sul pannello posteriore. Mancan-
do un tasto dedicato, o una selezione della ghiera, per
passare alla modalità video è necessario usare il tasto
Drive, che permette anche di accedere, tra le altre, alla
modalità di scatto a raffica e al bracketing. Selezionan-
do Video si avrà accesso, attraverso il pulsante Menu,
anche a tutte le impostazioni inerenti all’acquisizione dei
filmati. L’interfaccia Fujifilm della X-E4 mantiene alcune
caratteristiche tipiche che all’inizio possono disorientare
l’utente. Alcune impostazioni, per esempio, non si tro-
vano dove l’utente si aspetterebbe. Per esempio, l’atti-
vazione e la disattivazione del touch screen non è nelle
impostazioni del display ma in quello dei pulsanti e delle
ghiere. Questi “depistaggi” non sono molti, però sono
presenti e bisogna farci la mano. La X-E4 può essere uti-
lizzata anche mentre è in carica: dettaglio sui cui spesso
si sorvola, ma che può fare la differenza, specie se la
si vuole usare come fotocamera per la ripresa video al
chiuso della stanza di uno youtuber.
Autofocus più versatile e sicuro, ma occhio alle impostazioni della fotometriaGli scatti con la X-E4 ci hanno lasciato un buon ricor-
do. A volte abbiamo perso il momento per qualcuno
di essi non per le qualità tecniche della macchina, ma
perché l’interfaccia ci ha messo un po’ i bastoni tra le
ruote, soprattutto a causa dello schermo touch troppo
sensibile, o per aver toccato inavvertitamente il joystick
spostando l’area di messa a fuoco prima di posizionarci
per lo scatto. Tuttavia, questi inciampi sono dettati quasi
esclusivamente dalla combinazione del corpo macchina
piccolo e dell’elevate potenzialità d’uso e di personaliz-
zazione. Due vantaggi che però nel caso della X-E4, a
volte, hanno fatto a pugni. L’autofocus ha guadagnato le
doti velocistiche e prestazionali dell’accoppiata X-Trans
4 e X-Processor 4. Anche in condizioni di scarsa lumi-
nosità è sempre stato veloce ad agganciare il punto di
fuoco. Lo abbiamo provato con il 23 mm, con il XF 16mm
F2.8 R WR e con il XF 18-135 mm F3.5-5.6 OIS. I punti, in
modalità a singolo spot, sono passati dai 325 della X-E3
a 425 punti della X-E4. Se si sceglie il Face Detection
o l’Eye Detection - per mettere a fuoco visi e occhi - si
scende a 117 punti; ma sulla X-E3 erano 91 e solo sulla
parte centrale del sensore. Il riconoscimento del viso e
degli occhi soffre un po’ la distanza del soggetto, e può
essere un problema se si pensa che la X-E4 sarà abbi-
nata in kit al 27 mm.
È importante segnalare che, quando è attivato il traccia-
mento del viso o degli occhi del soggetto, la fotometria
della macchina è bloccata. Significa che la X-E4 non
calcolerà al meglio l’esposizione della scena, ma si con-
centrerà su quella del viso o dell’occhio, se riconosciuti.
Se ci si dimentica attivo il tracking biometrico, e si scatta
segue a pagina 37
torna al sommario 37
MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
per immortalare un paesaggio, si rischia di avere espo-
sizioni che in ogni caso la macchina bilancia, ma che po-
trebbero risultare errate. L’autofocus si riprende però la
rivincita nel tracciare i soggetti in continuo movimento.
Nelle nostre prove - anche video - una volta agganciato
il soggetto, la XE-4 non lo abbandona mai.
La raffica della X-E4 arriva fino a un massimo 30 fps con
l’otturatore elettronico, con buffer però di 1 solo secon-
do e crop 1,25x per gli scatti in JPEG. Si comporta molto
meglio con un burst da 10 fps, sempre con l’otturatore
elettronico, che arriva a catturare circa 153 JPEG o 18
RAW non compressi.
Abbiamo testato le capacità di raffica con l’otturatore
meccanico, e Fujifilm ha rispettato i dati dichiarati. 8 fps
in JPEG con buffer riempito dopo 13,5 secondi, e 8 fps
in RAW non compresso con buffer saturo dopo circa 2
secondi. Il che equivale a 16 frame, invece di 18, ma non
ci sentiamo di gridare alla scandalo, anche perché con
gli JPEG è andata anche meglio rispetto al dichiarato.
La X-E4 accetta solo schede con velocità UHS-I. Il re-
cupero della gamma dinamica del sensore X-Trans 4 è
molto più che buono. A tal proposito, abbiamo provato
a recuperare le ombre in uno scatto molto difficile da
esporre. La X-E4 ha rivelato con efficienza i dettagli in
ombra, o quasi del tutto al buio.
Ne abbiamo approfittato anche per mettere alla prova
le capacità di lavoro sui file .RAF di Camera RAW 13.2,
che dal 10 marzo ha supportato i RAF di X-E4, e di Cap-
ture One Express per Fujifilm. Aumentando al massimo
solo il valore delle ombre della stessa foto, Camera
RAW ha rispettato un po’ meglio il tono dei colori, an-
che perché il relativo controllo per Capture ONE e nel
pannello HDR, che ha finalità diverse. È fondamentale
però ricordare che Capture ONE in versione Express (e
meno completa) è offerto gratuitamente a coloro che
acquistano una Fujifilm. Per editare direttamente i .RAF,
a disposizione c’è anche X-RAW Studio di Fujifilm, an-
che lui gratis. Ma in questo caso bisogna sempre col-
legare la macchina fotografica al PC anche per modi-
ficare le foto che già risiedono nel computer. Bisogna
vedere X-RAW Studio come la stessa applicazione di
conversione RAW all’interno della X-E4: è molto limitata,
ma sullo schermo del PC è tutto più grande. Lightroom
Classic può aprire i file .RAF della X-E4 - che possono
essere non compressi, compressi o loseless - dalla ver-
sione 10.2 del programma rilasciata il 16 marzo. Per chi
non ha alcuna intenzione di mettersi a editare file RAW
perché non ha tempo o voglia, e vuole scattare sem-
pre in JPEG, la X-E4 mette a disposizione la funzione
di priorità della gamma dinamica che, a scelta tra Auto,
Debole e Forte, permette di aumentare artificialmente
la gamma dinamica del sensore.
A completare l’identità Jpeg degli scatti della X-E4 ci
sono anche le rinomate simulazioni pellicola che nella
piccola Fujifilm sono ben 18: una in meno della nuova
medio formato compatta GFX 100S, e che possono es-
sere "sfogliate" in fase di editing anche attraverso il pro-
gramma di sviluppo RAW, oltre che prima dello scatto.
TEST
Fujifilm X-E4segue Da pagina 36
Prestazioni video eccezionaliGuardando i video acquisiti dalla X-E4 viene un po’ di
magone a saperla priva di stabilizzazione interna, perché
le sue capacità di ripresa sono eccezionali: 4K e DCI 4K
fino a 29,97p e con bitrate da 100 Mbps o addirittura 200
Mbps. Il Full HD arriva fino a 240p, riuscendo a creare
ralenti che mantengono un’ottima qualità complessiva.
Inoltre, la registrazione in 4K era limitata a 10 minuti, e il
file system della X-E3 divideva una ripresa unica in pezzi
di file da 4 GB l’uno, mentre nella X-E4 il video acquisito
è sempre e solo compreso in un unico file. Abbiamo te-
stato il surriscaldamento della macchina. Registrando in
4K/30P su SD, in formato MP4, con bitrate da 100 Mbps
e usando solo l’EVF con il sensore di prossimità attivo, la
X-E4 è andata in protezione termica dopo 25 minuti e 9
sec. La temperatura della stanza era di 19°C. Per la prima
volta una macchina di Fujifilm della serie “X-E” registra
in F-Log, quindi con la possibilità di svolgere operazioni
di color grading e color correction in post produzione. I
risultati e le capacità della X-E4 ci hanno soddisfatto.
RAF editato in Camera RAW 13.2Jpeg scattato direttamente dalla X-E4
Recupero della gamma con la funzione di priorità della gamma dinamica direttamente durante lo scatto.
Fujifilm X E4Video Test 4K 200 Mbps
lab
video
Fujifilm X E4video 1080p 240p
lab
video
I NOSTRI SCATTI DI PROVA
clicca per l'originale
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MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Gianfranco GIARDINA
I videomaker lo sanno: l’audio conta eccome. Affinché
un video sia efficace, non basta che si senta, è neces-
sario che si senta bene, con un microfono sulla perso-
na e non sulla macchina. Sony ha pensato di lanciare,
dopo diversi microfoni direzionali, adatti per ambienti
poco rumorosi, anche un piccolo kit di radiomicrofoni,
uno strumento necessario se si vuole girare un vlog di
qualità. In realtà non si tratta di un debutto: Sony ha già
in gamma negli USA da diversi anni l’ECM-AW4, un ra-
diomicrofono Bluetooth molto compatto ma che a molti
utenti è parso quasi un giocattolo: caratteristiche e co-
struzione non potevano convincere l’utente professio-
nale e forse neppure l’amatore.
Questa volta Sony ci riprova con un prodotto molto più
maturo: si tratta del kit ECM-W2BT che introduce tante
interessanti novità e che abbiamo provato in anteprima.
Ecco le nostre impressioni.
La forza di Bluetooth 5.0 e la comodità di dire addio ai caviIl kit ECM-W2BT è piccolo e ben progettato: due unità,
un trasmettitore da indossare e un ricevitore da colle-
gare alla macchina da ripresa. E qui già ci sono le prime
novità: il ricevitore nasce con la classica slitta flash per il
fissaggio alla macchina: non c’è bisogno di adattatori o
altri fermi. Ma c’è di più: per la stragrande maggioranza
delle macchine Sony, il collegamento avviene diretta-
mente sulla slitta dotata di contatti, la MI Shoe presente
praticamente su tutte le mirrorless di casa Sony. Così
non c’è neppure il fastidio di dover gestire il cavetto
che collega normalmente il ricevitore con la macchina.
La comodità di utilizzo è la vocazione chiara anche
del trasmettitore: a bordo ha infatti una capsula micro-
fonica e una clip per il fissaggio al bavero. In pratica
l’apparecchietto è già microfono di per sé, senza la
necessità di collegare una capsula esterna. Così facen-
do, non solo si elimina il cavo microfonico diretto ma si
VIDEO CREATIVO Sony lancia un radiomicrofono Bluetooth pensato per le proprie mirrorless ma utilizzabile con qualsiasi macchina
Radio-microfono Sony: una pacchia per i videomakerVersatile e comodo, minimizza ingombri e cablaggio e offre un segnale solido che non sgancia fino a 200 metri e oltre
cancellano dalla catena anche i cavetti necessari per
la capsula microfonica e il collegamento alla macchina:
tutto molto pulito.
La più grande novità, però, riguarda l’impiego di Blue-
tooth 5.0, che comporta un virutale azzeramento della
latenza (fattore indispensabile per il sync con il video)
e un raggio di azione decisamente più ampio, este-
so, secondo i dati diffusi da Sony, fino a 200 metri in
campo aperto; una soglia difficilmente raggiungibile
senza disturbi con i radiomicrofoni tradizionali, anche
quelli professionali, se non con l’utilizzo di ingombranti
antenne direzionali sul ricevitore, che certamente non
può essere portatile. La qualità del link audio è garanti-
ta dallo standard aptX di Qualcomm.
Ora non è più un “giocattolo” Sony fa sul serioQuesto nuovo modello di radiomicrofono Bluetooth re-
cepisce e risolve la maggior parte delle critiche ricevu-
te dal modello precedente, a partire dalla batteria: non
c’è più una stilo all’interno di ricevitore e trasmettitore,
ma una batteria ricaricabile al litio, capace di alimentare
il sistema per oltre 3 ore di operatività, che addirittura
diventano 9 in caso di collegamento via slitta MI Shoe,
attraverso la quale l’apparecchio viene parzialmente
alimentato.
Non solo: gli apparecchi possono funzionare, in emer-
genza, anche con una sorgente di energia USB con-
segue a pagina 39
Radiomicrofono Sony ECM-W2BTLa prova di tenuta a 200 metri
lab
video
La connessione tra macchina e ricevitore avviene attraverso i micro-contatti sulla slitta flash (solo per le Sony con MI Shoe). L’uscita mic out a cavo resta comunque utilizzabile per la compatibilità con tutte le altre macchine.
Il trasmettitore ha a bordo una capsula microfoni-ca omnidirezionale: per riprese rapide non serve neppure attaccare un microfono a clip esterno.
torna al sommario 39
MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
VIDEO CREATIVO
Radiomicrofono Sony ECM-W2BTsegue Da pagina 38
nessa. In pratica, basta avere in borsa un piccolo bat-
tery pack per non avere mai problemi di autonomia.
Purtroppo, però, non c’è un indicatore completo dello
stato della batteria, salvo un LED che diventa arancione
quando la carica inizia a scarseggiare: da controllare
con frequenza durante le riprese.
Il trasmettitore viene fornito anche con un “deadcat”
(una copertura “pelosetta” per la soppressione dei di-
sturbi da vento); ma ovviamente dispone anche di un
ingresso microfonico stereo minijack per usare una più
discreta capsula lavalier esterna, certamente più adat-
ta a un video elegante. Sony stessa offre un microfono
lavalier coordinato molto ben progettato: stereo e con
una clip che ruota di 90 gradi permettendo il corretto
fissaggio sia nel lembo di una camicia, al bavero o in
una tasca. Il collegamento tra radiomicrofono e macchi-
na Sony, dicevamo, nella maggior parte dei casi avvie-
ne direttamente attraverso i contatti sulla MI Shoe. Nei
frangenti più fortunati, con gli apparecchi più recenti,
addirittura per via digitale: è così con la recentissima
A1, ma anche con la A7C, la A7S III, A7R IV e la A9 II.
Con le altre mirrorless Sony il collegamento tramite slit-
ta è analogico (ma diremmo al riparo da disturbi visto
che non c’è cablaggio volante) e la MI Shoe si incarica
anche di ricaricare (almeno parzialmente) il ricevitore
durante l’uso, così da portare l’autonomia a 9 ore.
Nulla vieta, ovviamente, di utilizzare il sistema anche
con fotocamere non Sony, usando in questo caso la
slitta solo per il fissaggio e collegando il ricevitore
all’ingresso microfonico con il cavetto minijack in do-
tazione. Il trasmettitore ha anche un selettore per la
regolazione dell’attenuazione audio, che può essere
regolato, oltre che su 0, rispettivamente su -10 e -20
dB, funzione che diventa utilissima in caso di catture di
pressioni sonore particolarmente alte (come per esem-
pio un concerto).
Anche il ricevitore ha il microfono a bordoUna cosa singolare è la disponibilità della capsula mi-
crofonica a bordo anche del ricevitore. A cosa serve?
L’utente può decidere di usare anche quella per esem-
pio per commentare in diretta mentre riprende. Un
selettore sul ricevitore permette di scegliere se inviare
alla camera il microfono remoto o quello presente sul
ricevitore: bisogna stare molto attenti alla posizione
del selettore se non si vuole perdere la giusta traccia
audio. Il selettore in questione ha anche una terza posi-
zione: mix. Si tratta della comoda funzione che miscela
entrambi i microfoni, ideale per esempio per effettuare
un’intervista: l’intervistato parla nel radiomicrofono, l’o-
peratore parla direttamente in macchina e tutto finisce
nell’unica traccia registrata. Peccato per una svista pro-
gettuale che rende questa funzione pressoché inutile:
qualsiasi videomaker avrebbe gradito il doppio audio
a patto che le due tracce venissero registrate in mono
(tanto si tratta di voce) rispettivamente sui canali destro
e sinistro, per poter poi bilanciare i livelli in fase di edi-
ting o isolare una delle due voci. Invece il sistema fa un
mix arbitrario stereo, con le due voci sulla medesima
traccia, che ovviamente è poi impossibile da editare
gestendo le voci separate. Sarebbe veramente costato
poco permettere la separazione delle tracce: occasio-
ne persa e idea progettuale per un prossimo modello o,
se possibile, per un aggiornamento firmware.
La prova sul campo: gittata incredibile per un sistema senza antenneIl vero problema del videomaker alle prese con i radio-
microfoni sono gli sganci, ovverosia i disturbi transitori
che ogni tanto entrano sul segnale, rovinandolo. Sony
propone il ECM-W2BT con promesse davvero mirabo-
lanti di gittata: fino a 200 metri in campo aperto. Che
poi - diciamocelo chiaro - è ben difficile che vengano
fatte riprese di soggetti microfonati a questa distanza;
ma se il segnale tiene a 200 metri, certamente nel rag-
gio di lavoro standard il collegamento è solido. E così
in effetti si è dimostrato: siamo riusciti a stabilire un
collegamento valido con la camera anche oltre i 200
metri. Oltre una certa distanza per evitare gli sganci, è
però preferibile tenere ricevitore e trasmettitore in visi-
bilità ottica: quando si è molto lontani, basta metterse-
lo in tasca per far sganciare il segnale. In questo video
la nostra prova a distanza. La qualità audio è molto
buona a patto di usare una buona capsula. Forse quel-
la omnidirezionale integrata nel trasmettitore non è in
grado di soddisfare i palati più fini: troppo dipendente
da come è indossata. Nel caso specifico del nostro
video (finalizzato a verificare la distanza di tenuta), la
qualità della registrazione con la capsula integrata non
fa fede, dato che è stata registrata probabilmente a un
livello un po’ troppo alto (l’abbiamo scoperto solo una
volta rientrati). Il deadcat, per contro, ha dimostrato la
sua utilità, nella giornata ventosa in cui abbiamo gira-
to: nessun disturbo con la capsula interna e il deadcat
montato; qualche fastidio con il levalier esterno, solo
con la classica gommapiuma. Con il lavalier cambia
però anche il suono, che fa percepire sin da subito
una maggiore dinamica: l’acquisto di questo microfo-
no o di qualcosa di equivalente è davvero consigliata
per chi adotta questa soluzione Sony, sopratutto per
l’uso in aree riparate dal vento. Come dicevamo, la di-
stanza in campo aperto ha un valore pratico relativo.
Più rilevante è la resistenza del segnale allo schermo
rappresentato dalle pareti: molte volte i radiomicrofoni
sganciano anche se il soggetto parte nella sua azione
da dietro una parete. Ebbene, abbiamo provato i mi-
crofoni Sony in un ampio appartamento di circa 150
metri quadrati, mettendo la macchina con il ricevitore
in un’estremità e spostandoci in tutti gli ambienti di
casa. Solo nella stanza più lontana, nell’angolo oppo-
sto al punto di ripresa, a circa 25 metri e 4-5 muri di di-
stanza, il segnale ha palesato qualche piccola scarica.
Insomma, in condizioni di lavoro standard, il microfono
non sgancia mai, è una vera certezza che lascia il vide-
omaker finalmente tranquillo.
Il nuovo radiomicrofono Sony ECM-W2BT arriverà in
Italia nel corso del prossimo mese di aprile al prezzo
di listino di 240 euro a cui si consiglia vivamente di
aggiungere la capsula lavalier ECM-LV1 che avrà un
prezzo di 45 euro. Un costo totale sotto i 300 euro che
- va detto - è una frazione di quanto costa un radio-
microfono digitale tradizionale delle primarie marche
professionali. Qualche purista storcerà il naso di fronte
a un radiomicrofono che vive su un link digitale com-
presso: all’atto pratico, si tratta di un codec talmente
valido e rodato (Bluetooth aptX) che la qualità audio
può essere considerata assolutamente di alto livello.
Piuttosto un professionista di alto livello potrebbe non
adottare questo Sony per altri motivi concreti: l’indi-
sponibilità di ricevitori da banco e multicanale, con le
difficoltà correlate nell’usarne diversi in campo su set
strutturati; l’assenza dell’uscita XLR; qualche rischio di
congestione delle frequenze impiegate dal Bluetooth
in situazioni di alta densità di persone (attualmente im-
possibili per l’emergenza Covid-19 ma che prima o poi
torneranno a verificarsi).
In definitiva, il giudizio, per l’utilizzo da videomaker, è
decisamente positivo: questo Sony fa il suo mestiere
molto bene, senza occupare spazio, minimizzando la
cavetteria (almeno per gli utenti Sony) e con autono-
mie veramente interessanti. Ma soprattutto con la soli-
dità del segnale che lascia tranquilli, che è la prima cosa
che un videomaker cerca.
La doppia capsula del microfono lavalier ECM-LV1 di Sony può essere ruotata di 90 gradi in modo da adattarsi a fissaggi con la clip in verticale o in orizzontale.
Sul ricevitore ci sono due selettori: quello di sinistra è di fatto l’accensione dell’apparecchio e permette di selezionare la comunicazione per via analogica o, per le macchine compatibili, anche per via digitale. Quello di destra permette di selezionare la sorgente: il radiomicrofono, la capsula integrata nel ricevitore o il mix delle due sorgenti.
torna al sommario 40
MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
di Paolo CENTOFANTI
Il settore delle videocamera di sorveglianza IP è ormai
letteralmente esploso con un’offerta molto ampia che
va da prodotti da poche decine di euro a soluzioni più
sofisticate e dall’impegno economico non indifferente
se si vuole costruire un sistema composto da più tele-
camere. EZVIZ è uno dei maggiori player del settore,
essendo il ramo consumer di Hikvision, colosso cinese
dei sistemi di sorveglianza per i settori industriale e mili-
tare. Ha un catalogo amplissimo che copre soluzioni sia
indoor che outdoor e che abbraccia anche il segmento
della smart home con diversi dispositivi IoT. Il prodotto
di cui parliamo oggi è la nuova videocamera C8C, mo-
dello da esterno Wi-Fi, la cui novità principale è costitu-
ita dall’ottica a brandeggio motorizzata controllabile da
remoto tramite app per smartphone, che si aggiunge
alla funzione di rilevamento delle figure umane basata
sull’intelligenza artificiale e alla modalità di ripresa video
notturna anche a colori oltre che in bianco e nero. A
ciò si aggiungono la certificazione IP65 per resistenza
alla polvere e ai getti d’acqua e la codifica video con
compressione H.265 per la riduzione della banda di
trasmissione a parità di qualità. Vediamo nel dettaglio
caratteristiche e come si comporta.
Una visione a 360 gradi o quasiPartiamo da quella che è la caratteristica principale di
questo nuovo modello di EZVIZ, vale a dire l’ottica mo-
torizzata. La C8C, infatti, è dotata di un’ottica a brandeg-
gio che può ruotare di 352 gradi e con una regolazione
TEST Abbiamo provato la nuova videocamera IP di sorveglianza da esterno di EZVIZ, sigla C8C. Ecco le nostre impressioni
Videocamera IP EZVIZ C8C, sorveglianza a 360 gradi Ottica motorizzata, rilevamento intelligente del movimento e delle persone e ripresa notturna a colori in alta definizione
verticale di 95 gradi. Insieme all’angolo di ripresa da 87
gradi dell’ottica, ciò permette alla videocamera di copri-
re tutti i dintorni dell’area in cui viene installata, specie
se in posizione sopraelevata con una “visione” pratica-
mente a 360 gradi.
C’è però un limite: una volta impostata l’inquadratura
e “armata” la funzione di sorveglianza, la telecamera
rimane in posizione fissa e non segue automaticamente
eventuali soggetti in movimento nell’area monitorata. Il
pan & tilt dell’ottica può essere controllato da remoto
via app, ma solo manualmente e attivamente dall’utente
senza alcuna automazione. Al momento non è quindi
possibile creare dei movimenti di camera programmati
per creare delle routine di sorveglianza dell’area che
avrebbero permesso un vero monitoraggio a 360 gradi
continuo.
La C8C è ben costruita, realizzata in plastica e leggera,
ma robusta e sembra essere in grado di poter resistere
alle intemperie senza troppi problemi (supporta fino a
-30 gradi di temperatura). La videocamera arriva con la
base di supporto già montata al suo corpo, da cui esce
un cavo con due connettori, alimentazione ed ethernet,
ma può essere collegata alla rete locale anche in Wi-Fi,
come ben evidenziato dalle due antenne regolabili. Il
cavo di alimentazione, una volta fatto passare all’interno
dell’abitazione andrà collegato al piccolo alimentatore
in dotazione. Il cavo che esce dalla videocamera è di
una trentina di cm di lunghezza, mentre quello dell’ali-
mentatore è di circa 1 metro, non moltissimo se occorre
installare il dispositivo in esterno sfruttando una presa
di corrente all’interno dell’abitazione. Purtroppo la presa
ethernet non è di tipo PoE, cosa che avrebbe sempli-
ficato non poco l’installazione sul fronte dell’alimenta-
zione, anche se la stragrande maggioranza degli utenti
probabilmente prediligerà questo prodotto proprio per
la connettività Wi-Fi.
Come altri prodotti EZVIZ, il modulo Wi-Fi della C8C è
a singola banda da 2,4 GHz in 802.11n, frequenza che
garantisce una maggiore copertura del segnale, ma è
anche quella su cui sono presenti il maggior numero di
interferenze in contesto urbano. La staffetta della tele-
camera è predisposta per l’installazione sia a parete che
a soffitto, con due set di fori, e in dotazione troviamo
viti, tasselli e una dima adesiva da utilizzare come rife-
rimento.
Per quanto riguarda le caratteristiche di ripresa, la C8C
riprende a 1080p a 30 fotogrammi al secondo, e codifi-
ca i filmati in HEVC con un bit rate massimo di 2 Mbit/s.
Vicino all’obiettivo troviamo dei faretti LED che servono
sia per illuminare la scena per la ripresa notturna a co-
lori, sia come luci di segnalazione che vengono attivate
nel caso di rilevamento di un movimento. La videoca-
segue a pagina 41
Lo slot per la scheda microSD è accessibile svitando lo sportellino sul retro sotto il braccio della staffa. L’accesso non è molto agevole a telecamera installata nel caso occorra sostituire la scheda di memoria.
torna al sommario 41
MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
mera è inoltre dotata di microfono per la registrazione
dell’audio ambientale, ma non di altoparlante per cui a
differenza di altri modelli della gamma EZVIZ in questo
caso non è possibile la comunicazione bidirezionale.
La visione notturna in bianco e nero è invece assistita
da un LED IR che garantisce visibilità fino a 30 metri di
distanza.
Si controlla tutto via appDall’installazione alla configurazione del sistema, tutto
avviene tramite l’app per smartphone EZVIZ disponibile
per iOS ed Android che richiede tassativamente la crea-
zione di un account EZVIZ. Il setup iniziale prevede di in-
quadrare il QR Code fornito all’interno della confezione
utilizzando l’app, che procede quindi all’abbinamento
con la telecamera al fine di associarla al proprio account
e di impostare nel caso la rete Wi-Fi da utilizzare per il
collegamento. A questo punto la telecamera comparirà
nella schermata principale dell’applicazione da cui si
possono configurare tutti i principali parametri di funzio-
namento e controllare il dispositivo dovunque ci si trovi,
anche fuori dalla propria rete locale.
In particolare per ogni videocamera collegata è possibi-
le regolare qualità della registrazione, modalità di ripre-
sa notturna, notifiche di allarme e memoria da utilizzare
per il salvataggio dei filmati e delle immagini, tra scheda
MicroSD e servizio cloud di EZVIZ (a pagamento), aree
specifiche dell'immagine dove rilevare i movimenti. Per
quanto riguarda la modalità notturna (foto 1) le opzioni
sono tre. La visione a colori mantiene sempre accesi i
LED per l'illuminazione, mentre quella in bianco e nero
utilizza i LED IR, invisibili a occhio nudo. La modalità "not-
turna intelligente", invece, riprende in bianco e nero fino
a quando non viene rilevato un movimento, al che ven-
gono attivati i faretti e la registrazione passa a colori. La
sensibilità della rilevazione del movimento è regolabile
TEST
Videocamera IP EZVIZ C8Csegue Da pagina 40
clicca per ingrandire le immagini
La modalità di visione degli eventi registrati. L'intruso viene evidenziato da un riquadro rosso. In questo caso la figura è stata riconosciuta non appena è sbucata da dietro il muro.
La modalità notturna a colori (sopra) e in bianco e nero (sotto). Nel primo caso la cattura è assistita da due LED che illuminano non poco l'ambiente.
e impostando le aree di rilevamento è possibile limitare
il numero di falsi positivi, escludendo dal monitoraggio
aree con piante, strade e così via.
Il sistema EZVIZ ha in realtà due librerie per il salvatag-
gio delle immagini. I video di monitoraggio registrati
automaticamente quando la telecamera è “armata”,
cioè in modalità sorveglianza, vengono registrati sulla
scheda microSD (o il servizio cloud) in forma criptata con
una chiave univoca del dispositivo (ma che può essere
personalizzata) e possono essere riprodotti unicamen-
te tramite l’app EZVIZ o l'apposito lettore per Windows
(foto 2). Quando invece si attiva manualmente la regi-
strazione di un filmato o di una fotografia tramite l’app,
le immagini vengono in questo caso salvate sulla me-
moria dello smartphone nella sezione “il mio album”
dell’app. Per salvare i filmati salvati sulla memoria della
telecamera sul proprio smartphone occorre praticamen-
te “registrarli” riproducendoli dall’archivio, una soluzione
curiosa probabilmente legata alla crittografia. Il monito-
raggio può essere attivato manualmente, con l'apposito
comando nella schermata principale dell'app (l'icona a
scudo), oppure automaticamente (foto 3). È possibile
programmare delle routine di attivazione/disattivazione
sfruttando la geolocalizzazione, ad esempio quando ci
si avvicina o allontana dall'abitazione, oppure program-
mare gli orari di ricezione delle notifiche per ogni giorno
della settimana.
21 3
segue a pagina 42
L'immagine è stata catturata nella nostra sala prove oscurata e con pareti completamente nere. Il fotogramma è dettagliato e pulito nono-stante la totale assenza di luce.
torna al sommario 42
MAGAZINEn.240 / 2122 MARZO 2021
Sorveglianza stabile e con notifiche puntualiDurante il nostro utilizzo la C8C si è rivelata essere
stabile ed efficace. Abbiamo principalmente utilizzato
la videocamera per la sorveglianza con registrazione
delle attività in caso di rilevamento di movimento, ma
può essere impostata anche per riprendere video con-
tinuamente (in questo caso, una volta che la scheda di
memoria è piena i contenuti vengono sovrascritti). Ab-
biamo fatto delle prove di intrusione e il riconoscimento
delle figure umane è praticamente istantaneo, con arri-
vo della notifica sullo smartphone in un paio di secondi
dalla registrazione dell'attività.
Lo streaming su smartphone è di buona qualità per il
tipo di applicazione, con un livello di dettaglio buono in
tutte le condizioni di luminosità. Molto buona la qualità
di immagine in modalità notturna, sia in bianco e nero
che a colori, tanto che per lo scopo principale di sorve-
TEST
Videocamera IP EZVIZ C8Csegue Da pagina 41
glianza la prima è più che sufficiente.
Nel caso di rilevamento di una persona
nell'area sorvegliata, la videocamera riqua-
dra la figura individuata, evidenziandone
la presenza nel fotogramma. Nelle nostre
prove, il sistema non è stato in grado di rico-
noscere il nostro sporgersi con la sola testa
dietro il muro, ma l'allarme è scattato solo
nel momento in cui ha potuto riconoscere
l'intera figura, comunque accovacciata e
non appena è entrata nel campo d'azione
della videocamera: impossibile avvicinarsi
senza far scattare l'allarme. Due aspetti non
ci hanno convinto del tutto. La registrazione
dell'audio non è di buona qualità. Anche a
pochi metri dalla videocamera, il suono è
distorto e poco intelligibile.
L'altro appunto che possiamo davvero
muovere è alla gestione delle registrazioni
che non possono essere esportate diret-
tamente, ma vanno praticamente catturate
dall'applicazione in tempo reale (per due
minuti di filmato sulla memoria della tele-
camera, occorre registrare per due minuti
sullo smartphone). Anche la gestione della
scheda di memoria tramite PC non è mol-
to agevole e sicuramente l'intero processo
potrebbe essere reso molto più intuitivo per
chi ha necessità di gestire un archivio dei
filmati. Del resto EZVIZ spinge sul suo servi-
zio CloudPlay, con diversi piani tariffari che
coprono esigenze di diverso tipo. Il servizio
permette di salvare nel cloud i filmati ripresi
da una o più telecamere, fino a 30 giorni e su server
europei. Il costo di partenza è di 2,99 euro al mese per
una singola telecamera con un massimo di 3 giorni di
Il menù di gestione della videocamera da remoto. È possibile salvare fotogrammi o video sullo smartphone, attivare i fari di segnalazione (difesa attiva), o disabilitare momentaneamente la video-camera (modalità privata).
Da remoto è possibile rego-lare l'inquadratura ruotando orizzontalmente l'ottica e inclinandola verso il basso. Manca la possibilità si seguire automaticamente un potenziale intruso o pro-grammare un movimento di camera.
di Paolo CENTOFANTI
E Ink ha annunciato una nuova ver-
sione della sua tecnologia di di-
splay a colori denominata Kaleido
Plus. Come l'originale Kaleido introdot-
to sul mercato lo scorso anno, Kaleido
Plus accoppia al pannello a inchiostro
elettronico ad alta luminosità E Ink Car-
ta 1250 uno strato di filtri colore, con la
possibilità di riprodurre fino a 4096 toni
diversi. Rispetto alla precedente gene-
razione, E Ink ha migliorato la tecnica di
stampa utilizzata per depositare i filtri
colore, riducendo il gap tra quest'ultimi
e lo strato E Ink, portando ad una miglio-
re nitidezza dei caratteri e ad immagini
più luminose. E Ink ha anche migliorato
la luce frontale, con un nuovo filtro di
diffusione che riduce lo scattering por-
tando ad un miglioramento del gamut
del display e ad
una maggiore
saturazione dei
colori, uno dei
principali limiti
di questa tec-
nologia. Insie-
me alla nuova
tecnologia, E
Ink ha anche
affiancato al ta-
glio da 6 pollici
un nuovo formato da 7,8". I primi prodot-
ti ad utilizzare il nuovo display sono l'In-
kPad Color di Pocketbook ed il BOOX
Nova3 Color di Onyx.
GADGET Il nuovo pannello Kaleido Plus per eBook migliora luminosità, nitidezza e gamma cromatica
eBook con colori più saturi e brillanti Merito del nuovo Kaleido Plus di E InkCon la nuova tecnologia, E Ink ha anche affiancato al taglio da 6" un nuovo formato da 7,8"
GADGET
Micro action camera GO 2 di Insta360: è stabilizzata e pesa solo 27 gLa micro action ca-mera GO 2 Insta360 è stabilizzata, grande quanto il pollice di una mano e pesa appena 27 g. Per la GO 2 Insta360 ha pensato a una clip magnetica che può agganciarsi per esempio a una maglietta, e che a sua volta può fare uso di supporti diversi. La stabilizzazione della GO 2 è affidata alla tecnologia FlowState. È certificata IPX8 per il vetro temperato protettivo intercambiabile e può fare riprese fino a 4 m di profondità.
video di archivio (i video nuovi sostituiscono quelli vec-
chi, dando la possibilità di andare indietro fino a 3 giorni
essenzialmente).
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MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021
di M. ZOCCHI
Cento per cento elettrica, con
un’autonomia di 230 chilometri
e un prezzo da urlo: 19.900 euro
che diventano 9.460 con il bonus rot-
tamazione previsto dagli incentivi na-
zionali. Sono queste le caratteristiche
principali della nuova Dacia Spring, la
proposta per la città del marchio di pro-
prietà Renault.
A colpire è proprio il prezzo. Saran-
no due i modelli Dacia Spring, con la
versione Comfort che sarà proposta a
19.900 euro (9.460 euro con ecobonus)
e la più accessoriata versione Comfort
Plus proposta a 21.400 euro (10.960
euro con ecobonus).
Entrambi i modelli saranno equipaggiati
con batteria da 27,4 kWh, con un’auto-
nomia dichiarata di 230 chilometri nel
ciclo WLTP che diventano 305 nel ciclo
WLTP City. I primi modelli saranno di-
sponibili a partire da settembre 2021,
mentre la versione cargo da inizio 2022.
Dacia Spring sarà disponibile in quattro
colori: potrà essere acquistata in bianco
Kaolin o, pagando un sovrapprezzo, in
grigio iridescente, blu Cenote o Rosso
Goji. Il colore rosso non potrà essere
scelto con l’allestimento Comfort Plus.
Renault, proprietaria del marchio, non
ha deluso le aspettative, rivelando un
prezzo di lancio, con incentivi statali
e rottamazione, di soli 9.460 euro. Un
prezzo mai visto per un’elettrica, salvo
rare combinazioni di incentivi statali e
regionali sommati, che la rende una utili-
taria elettrica davvero accessibile per chi
cerca questa categoria di vettura. A onor
del vero, dopo la presentazione finale,
Spring ha anche attirato qualche critica,
per le troppe limitazioni di motorizzazio-
ne ed equipaggiamento, ma vediamo nel
dettaglio cosa offre e perché può avere
AUTO ELETTRICA Dacia Spring stupisce per il prezzo basso, ma appare limitata per alcuni dettagli
Dacia Spring elettrica come la nuova Panda Prezzo da urlo: solo 9.460 euro (con incentivi)Renault dà la scossa al mercato elettrico con la prima elettrica sotto i 10mila euro grazie all’ecobonus
tutte le carte in regola per diventare la
“prossima Panda”. Partendo dagli interni,
si sa, Dacia da questo punto ha sempre
avuto un approccio smart, cercando di
eliminare il superfluo, e lasciare solo ciò
che è veramente utile, per abbattere il
più possibile i costi. Il risultato è un abita-
colo spoglio, ma dove non manca nulla.
Nel caso di Spring, il cruscotto ricorda
vagamente quello della prima Renault
Zoe, fatto di plastiche molto semplici,
bocchette dell’aria circolari, e display da
soli 7”, eppure l’elettrica francese all’e-
poca era considerata persino futuristica.
È evidente che si tratta di un abitacolo al
risparmio, ma chi cerca una utilitaria non
guarda certo a grande display, cluster
digitali o orpelli di decorazione. Inoltre
il display dove risiede l’infotainment ha
dimensioni contenute, ma è comunque
compatibile con Android Auto e Apple
CarPlay, oltre ad avere un pulsante dei
comandi vocali per richiamare i rispettivi
assistenti virtuali.
La seconda critica riguarda la motorizza-
zione in generale, sia per la potenza del
motore elettrico, sia per la batteria instal-
lata. Per quest’ultima le critiche rappre-
sentano quasi un non-sense: una vet-
tura con chiare aspirazioni urbane non
dovrebbe avere bisogno di più dei 200
km circa che Spring promette a piena
carica e in città. La
ricerca del miglior
prezzo sul merca-
to imponeva delle
scelte, e Renault ha
deciso di proporre
una batteria che
persino un passo
più avanti rispetto
a quella della prima
Zoe o della Twingo
Electric. I primi test di guida, mostrano
la reale capacità di percorrere poco più
di 200 km in contesto urbano e misto
extraurbano, confermando anche la
precisione del dato omologativo WLTP.
Ovviamente con percorsi ad alta veloci-
tà, come quelli autostradali, il consumo
si fa sentire, come per tutte le elettriche,
e si rischia di non superare i 120 km. Non
dovrebbe però essere un’auto per que-
sto tipo di utilizzo, se non assolutamente
saltuario.
Il motore elettrico poi è stato criticato
per la poca potenza, scelta sempre in
ottica di riduzione dei costi, dimenti-
cando però che per un’auto da città, ciò
che importa davvero è la progressione
da 0 a 30 km/h, dove Spring gode della
coppia immediata come tutte le elettri-
che, mentre lo 0-50 e lo 0-100 lasciano
il tempo che trovano. E qui la mancanza
di accessori inutili forse torna utile, ren-
dendo la Spring una delle elettriche più
leggere, con solo 970 kg, il che permet-
te di guadagnare in agilità anche con
poca potenza.
E poi c’è il prezzo che rimane, per
ora, inarrivabile dalla concorrenza,
salvo futuri colpi di coda del Gruppo
Volkswagen, che però propone utilita-
rie elettriche di dimensioni più conte-
nute. Come accennato, i 19.900 euro
di listino diventano 9.460 euro, per chi
può usufruire di tutto il pacchetto di in-
centivi, ed anche se si volesse puntare
sull’allestimento migliore, si sale a solo
21.400 euro, che diventano al netto
dei contributi statali, 10.960 euro. È le-
cito aspettarsi che chi punterà ad una
utilitaria economica, abbia a sua volta
un’auto molto vecchia, e dunque per-
fettamente rientrante nei parametri dei
massimi incentivi concessi dal Governo.
Svelata la BMW i4: elettrica, ma una vera BMW. Interni e specifiche ancora segretiBMW ha finalmente svelato la versione di produzione della i4, senza però comunicare il dettaglio delle specifiche, e senza mostrare gli interni di M. ZOCCHI
Durante la conferenza annuale del Gruppo, BMW ha finalmente svelato la berlina elettrica Serie 4 che dopo anni di attesa va a continuare la gamma iniziata con la i3, e che si chiamerà semplice-mente i4.In realtà bisognerà attendere ancora alcune settimane per una presentazione finale, e per ora non conosciamo le specifi-che nel dettaglio, così come non sono stati mostrati gli interni del veicolo. BMW però ci tiene a sot-tolineare che i4 non ha nessun compromesso, e sarà una vera Serie 4, ed avrà anche una ver-sione Performance sotto il solito marchio M.Per il momento conosciamo l’au-tonomia della versione che potrà fare più strada, ovvero fino a 590 km nel ciclo WLTP, ed è stata ri-velata anche l’accelerazione, con uno 0-100 km/h in circa 4 secon-di, grazie alla potenza di 530 CV.Il design della vettura si distingue dalle auto termiche del marchio grazie a modanature laterali di colore blu elettrico, e ad una gri-glia frontale con il solito design, ma che in parte è chiusa ed al-loggia diversi sensori per la guida assistita.
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MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021
di Paolo CENTOFANTI
Volkswagen ha tenuto in live streaming il suo
Power Day in cui ha annunciato gli aggiorna-
menti alla sua strategia per la mobilità elettrica.
Dopo la giornata di oggi, è ancora più chiaro come per
il gruppo Volkswagen l’elettrificazione dell’auto non è
più un’opzione ma l’unico futuro possibile per il mondo
dell’auto. Lo ha espresso senza mezzi termini Herbert
Diess, CEO di Volkswagen, che ha esordito con un
messaggio chiaro quanto lapidario: “l’e-mobility ha vin-
to la gara; è l’unica soluzione per ridurre velocemente
le emissioni dovute ai veicoli”. Ha aperto così un even-
to di ben due ore in cui l’azienda tedesca ha rilanciato
i già ambiziosi obiettivi verso la completa trasforma-
zione in senso elettrico della propria produzione, pun-
tando ora ad arrivare a una quota del 70% di veicoli
elettrici sul mix di vendite totali entro il 2030, contro il
35% precedentemente stimato. Per raggiungere que-
sto obiettivo sono due i principali pilastri su cui il grup-
po concentrerà nei prossimi anni la propria strategia:
sviluppo di un ciclo chiuso e verticale per la produzione
delle batterie, espansione della rete di ricarica.
Tante tecnologie, un unico formato: arriva la batteria Unified Cell L’elettrificazione della propria offerta per un gruppo
che produce 10 milioni di auto all’anno deve fare i conti
con l’approvvigionamento di quello che è il componen-
te essenziale di un veicolo elettrico, la batteria. Il cuore
della nuova strategia di Volkswagen è proprio nella co-
struzione di un nuovo processo produttivo che possa
garantire sostenibilità, scalabilità e ottimizzazione dei
costi. Il primo tassello è quello che l’azienda ha definito
Unified Cell: a partire dal 2023, Volkswagen utilizzerà
un unico formato di cella per le batterie di tutte le sue
auto. Entro il 2030, l’80% dei veicoli VW condivideran-
no lo stesso design per le celle all’interno delle batte-
rie, che cambieranno per numero di celle impiegate e
per la tecnologia al loro interno, ma non nel formato. Il
restante 20% saranno batterie specializzate per utilizzi
specifici, come auto sportive o da competizione, e vei-
AUTO ELETTRICA La nuova strategia Volkswagen per accelerare e consolidare la transizione energetica dei suoi modelli di auto
Volkswagen Power Day: il piano per la mobilità elettrica Batteria Unified Cell e potenziamento della rete elettricaEntro il 2030 l’80% dei veicoli VW utilizzerà la stessa tecnologia di batteria. I volumi faranno abbattere i costi del 50%
coli commerciali pesanti. Le prossime auto di Volkswa-
gen saranno costruite intorno al formato della batteria
e non viceversa come avvenuto fino ad oggi. Le eco-
nomie di scala di questo approccio, secondo quanto
dichiarato oggi, permetteranno a Volkswagen di ridur-
re il costo delle batterie fino al 50% rispetto ad oggi.
Volkswagen punta a utilizzare quindi lo stesso formato
di cella, ma con tecnologie chimiche diverse a secon-
da del segmento per il catodo, il cui costo rappresenta
il 40% di una cella agli ioni di litio e influisce al 90%
sulla quantità di carica. Per i veicoli di fascia bassa, ad
esempio, verranno impiegate batterie LFP, cioè con
catodo al litio-ferro-fosfato, mentre per il grosso del-
la produzione Volkswagen punta a utilizzare celle ad
alto contenuto di manganese, tecnologia che riduce
la quantità di nichel necessaria ed elimina del tutto
l’impiego di cobalto. Sul fronte dell’anodo, invece,
Volkswagen ha deciso di puntare sull’utilizzo del silicio
e della grafite sintetica, materiale che consentono di
aumentare del 10% la capacità della batteria rispetto
alle tecnologie di oggi e che sono già stati impiega-
ti nelle batterie di Porsche Taycan e Audi e-tron GT.
Il punto di arrivo per Volkswagen è però lo sviluppo
di celle allo stato solido, tecnologia che promette di
dimezzare i tempi di ricarica a fronte di un aumento
del 30% della capacità di carica rispetto alle migliori
batterie di oggi e che non fa impiego di materiali come
nichel o cobalto.
Sei gigafactory europee produrranno la nuova batteria Unified CellVolkswagen prevede ad arrivare entro il 2030 ad una
quota di mercato del 60% del mercato delle auto elet-
triche. Secondo le stime ciò si tradurrà in una domanda
di batterie pari a 240 GWh all’anno. Per riuscire a pro-
durre il necessario quantitativo di batterie per i propri
veicoli, Volkswagen punta ad arrivare ad avere sei siti
produttivi in Europa da 40 GWh entro il 2030.
Agli stabilimenti di Skellefteå (gestita da Northvolt) e
Salzgitter già in fase di realizzazione (la cui capacità
produttiva verrà ora portata a 40 GWh) verranno infatti
costruiti nuovi stabilimenti nell’ovest d’Europa (in lizza
ci sono Spagna, Portogallo e Francia), nei paesi dell’est
(Repubblica Ceca, Slovacchia o Polonia), più due ulte-
riori poli ancora da definire di concerto con la comu-
nità europea. La fabbrica di Skellefteå in Svezia sarà
segue a pagina 45
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MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021
la prima a diventare operativa nel 2023 e produrrà le
batterie per il segmento “premium”. Lo stabilimento di
Salzgitter, che sta sorgendo dove Volkswagen produ-
ceva motori termici, sarà dedicato invece alle batterie
“volume”, cioè per il grosso del proprio parco auto.
Volkswagen ribadisce inoltre l’impegno ad implemen-
tare un ciclo chiuso per la produzione della batterie,
grazie alla tecnologia di riciclo che consente di riuti-
lizzare il 95% dei materiali delle batterie esauste per
la realizzazione di nuove celle. Ma l’impegno è anche
a riutilizzare le batterie della auto per i sistemi di accu-
mulo per le centrali che producono energia elettrica da
fonti rinnovabili, solare ed eolico in particolare.
18.000 stazioni di ricarica veloce in Europa entro il 2025L’alto grosso annuncio di oggi riguarda la rete di rica-
rica. Così come le batterie sono fondamentali per la
produzione dei milioni di nuove auto elettriche, la rete
di ricarica è parimenti essenziale per sostituire l’attuale
infrastruttura di distribuzione dei carburanti. Per que-
sto motivo Volkswagen ha deciso di investire significa-
tivamente nella collaborazione con partner chiave per
quintuplicare entro il 2025 il numero di stazione di rica-
rica veloce nell’Unione Europea, per un totale di oltre
18.000 nuovi punti di ricarica ad alta potenza. Volkswa-
gen riconosce che non tutti avranno la possibilità di ri-
carica a casa o sul posto di lavoro e per questo motivo
sia nei centri cittadini che su strade e autostrade sarà
necessario aumentare il numero di colonnine ad alta
potenza per permettere la ricarica in pochi minuti.
I partner chiave di questo programma di espansione
della rete di ricarica sono la nostrana Enel X, la spa-
gnola Iberdrola e il gruppo BP che ha una forte presen-
za di distributori non solo in UK ma anche in Germania.
Volkswagen ha anche mostrato una nuova stazione
di ricarica con due punti a corrente continua ad alta
potenza completamente indipendente dalla rete elet-
trica e basata essa stessa su batteria, che consentirà
AUTO ELETTRICA
Volkswagen Power Daysegue Da pagina 44
l’installazione anche in quelle zone non raggiunte da
nodi ad alta tensione.
Un giorno con le giuste tecnologie la ricarica sarà gratuitaInfine, Volkswagen ha toccato il tema anche della ge-
stione intelligente della ricarica, delle smart grid e del-
la ricarica bidirezionale. Nei prossimi anni tutti i veicoli
elettrici Volkswagen permetteranno di utilizzare la loro
batteria come fonte di alimentazione ad esempio per
la casa, o per il trasferimento dell’energia in un altro
sistema di accumulo, come quello dell’abitazione.
L’obiettivo è mettere a disposizione della rete elettri-
ca del futuro quanta più capacità di carica possibile, al
fine di evitare lo spreco dell’energia prodotta da fonti
rinnovabili come avviene oggi. Nel futuro immaginato
da Volkswagen, le auto elettriche potranno essere uti-
lizzate per immagazzinare l’energia prodotta in ecces-
so, per restituirla in un secondo tempo. Grazie ad una
gestione intelligente di questo tipo, in futuro la ricarica
delle auto potrebbe essere del tutto gratuita.
di Massimiliano ZOCCHI
Volkswagen non accenna a mollare
il colpo quando si parla di elettrifi-
cazione, e in occasione della confe-
renza annuale del marchio, ha ribadito i
piani per il 2021.
Prima della fine del mese di marzo, ver-
ranno incrementate le consegne della
ID.4, in molti mercati europei, dove co-
munque sono già stati consegnati circa
23.000 esemplari. L’offensiva proseguirà,
e durante i mesi si intensificherà con
l’arrivo di altri modelli e versioni. La ID.4
verrà proposta anche nella variante GTX,
AUTO ELETTRICA Volkswagen durante la conferenza ha rivelato i piani per il 2021: invasione di elettriche ed anche di ibride
Volkswagen presenta il piano elettrico per il 2021 4 differenti modelli e 300.000 vendite previsteLe consegne cumulative arriveranno a 300.000 vetture entro la fine del 2021, cui si uniranno anche 150.000 ibride
con quattro ruote motrici, seguita poi dal
lancio della SUV coupé ID.5, e dalla ID.6
(CROZZ) nel mercato cinese.
Nel frattempo continueranno le conse-
gne della ID.3, con migliaia di ordini per
la versione più economica, la City con
batteria da 45 kWh. Secondo Volkswa-
gen questo porterà a consegne cumula-
tive pari a 300.000 vetture entro la fine
del 2021, alle quali si uniranno anche
150.000 ibride, arrivando a un totale di
auto elettrificate pari a 450.000 unità.
Inoltre verrà iniziato un programma per
la vendita online delle auto. Inizialmente i
clienti potranno effettuare i primi passag-
gi online, per completare poi l’acquisto in
concessionaria. Mentre dall’estate il pro-
cesso potrà essere portato a termine in-
teramente, per tutte le vetture della fami-
glia ID. Sempre dall’estate, Volkswagen
sperimenterà anche la vendita online di
auto in inventario o usate. Tutte queste
procedure verranno attivate dapprima in
Germania, poi agli altri mercati.
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MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021
di Sergio DONATO
Toyota è una delle poche industrie
che ha risentito meno della carenza
di chip e di componenti elettronici
scatenata dall’avvento della pandemia
da COVID-19. Il motivo è da cercare nel
cambio di mentalità che Toyota ha ab-
bracciato dopo il disastro di Fukushima,
che assume ancora più importanza se si
pensa che Toyota ha dato l’abbrivio negli
anni 90 alla logistica e della produzione
Just-in-Time, ovvero delle poche scorte
di magazzino e del “produco solo quello
che richiede il mercato”.
Il Just-in-Time di Toyota introdotto negli
anni 90 è stato così rivoluzionario che ha
dato vita al termine gergale “Toyotismo”.
Ancora oggi, si possono raggiungere
pagine web dell’azienda che esaltano
questa filosofia di produzione e di stoc-
caggio. Per competere soprattutto con
le rivali statunitensi, Toyota si gettò nel
Just-in-Time su indicazione del direttore
di produzione Tahici Ohno, decidendo di
produrre solo quello che veniva richiesto
dal mercato. Questo sistema innescò un
processo virtuoso su più livelli, perché
avere un magazzino e una produzione
snelli significava anche possedere una
capacità organizzativa in grado di pro-
AUTO ELETTRICA La carenza di chip è una piaga che colpisce qualsiasi industria, tranne Toyota
Toyota non è rischio di la carenza di chip Dallo tsunami ha imparato a fare scorteDallo tsunami del 2011 Toyota ha fatto scorte dei pezzi più importanti, tra cui i semiconduttori
grammare con efficienza solo gli ordini
di parti e componenti realmente utili alla
produzione. Ne guadagnava l’efficienza
complessiva della società e venivano ab-
bassati i costi di stoccaggio perché i ma-
gazzini potevano essere più piccoli.
Cambiare filosofia dopo l’errore: le scorte mirate Il Toyotismo divenne un modello mondia-
le, ma costò carissimo a Toyota quando lo
tusnami giapponese del 2011, che causò
il disastro nucleare di Fukushima, lasciò
la società priva di materiali per la produ-
zione. Il motivo è semplice: Toyota non
aveva fatto scorte per mantenere un’effi-
ciente snellezza, e al contempo il disastro
aveva interrotto le catene di approvvigio-
namento. Da quella dura lezione, Toyota
ricambiò ancora filosofia, o meglio affinò
il suo Just-inTime aggiungendoci un po’
di Just-in-Case, filosofia produttiva che
prevede invece la presenza di scorte di
magazzino. A febbraio del 2021, Toyota
ha infatti sorpreso tutti affermando che la
sua produzione non sarebbe stata inter-
rotta in modo significativo dalla carenza
di chip. Dichiarazione che ha lasciato
sbigottiti soprattutto i rivali Volkswagen,
General Motors, Ford, Honda e Stellantis,
che invece hanno dovuto tirare parzial-
mente i remi in barca. Dopo il disastro di
Fukushima, Toyota infatti ha cambiato i
contratti con i propri fornitori stilando un
elenco di 1.200 parti a rischio in caso di
carenza di scorte e 500 componenti ad
alta priorità che avrebbero necessitato
di scorte certe: tra questi ultimi ci sono
appunto i semiconduttori, quindi i chip. Il
piano di continuità aziendale prevedeva
inoltre scorte presso i fornitori da due a
sei mesi. A riferirlo è stata l’agenzia Reu-ters che ha potuto ascoltare delle fonti
vicine a Toyota, le quali hanno raccontato
anche di alcuni paradossi legati ai nuovi
contratti di ferro sottoscritti dai fornitori
della società. Viene citata la società au-
dio Harman, di proprietà di Samsung, che
ha dovuto rinunciare alla fornitura di chip
alla casa madre per dare priorità a Toyota
proprio in virtù dei nuovi contratti voluti
dalla casa automobilistica dopo lo tsu-
nami del 2011. Sembra quindi che ancora
una volta Toyota abbia fatto scuola e che,
come vuole la regola, sia riuscita a impa-
rare dai momenti difficili e a farne tesoro
per fronteggiare le nuove ristrettezze,
che invece di uno tsunami oggi hanno le
sembianze di una pandemia.
I piani di Mini in anteprima: addio alle auto termiche, diventa un brand solo elettricoMini segue l’esempio di altri marchi, scegliendo la strada del 100% elettrico. vedremo un ultimo modello endotermico e poi passaggio graduale di M. ZOCCHI
I piani futuri di Mini (brand control-lato da BMW) verranno presentati a breve, ma la stampa tedesca è già sicura di quali saranno i punti cardine del programma a medio lungo termine. La notizia più im-portante è la decisione di seguire altri marchi verso un futuro 100% elettrico, anche se non immediata-mente e con tappe ben scandite. Secondo quanto rivelato in ante-prima dal Der Spiegel, Mini intro-durrà il suo ultimo modello con motore a combustione nel 2025, con l’intenzione di ritirarlo dal mer-cato entro il 2030, lasciandogli solo 5 anni di vita rispetto ai soliti 7. L’azienda prevede che a metà del percorso, nel 2027, già metà del-le sue vendite saranno orientate all’elettrico puro, motorizzazione che resterà l’unica in commercio a partire dal 2030. Questa decisio-ne sarebbe in linea con la politica del Regno Unito, che recentemen-te ha anticipato il divieto di vendita per auto nuove con motori endo-termici: si è passati da un cauto 2035 al 2030.BMW dal canto suo non ha ancora dichiarato simili propositi, quindi per il momento Mini sembra desti-nata a diventare ciò che Smart è per Mercedes, ovvero un secondo marchio, dedicato alle vetture ur-bane, e solamente elettriche.
DMOVE Annunciata la partnership tra i due operatori di ricarica
Reti Duferco Energia e Be ChargeOra diventeranno interoperabili
di M. ZOCCHI
Continua la strategia di espansione per
Duferco Energia e Be Charge, due dei
principali operatori in Italia per la ricarica
di veicoli elettrici. Le due aziende annunciano
un accordo di interoperabilità, che permetterà
ai rispettivi utenti di caricare i propri veicoli
elettrici sulle infrastrutture di entrambe le reti.
Prossimamente, gli utenti iscritti alla piattaforma di Duferco Energia potranno trovare
sull’app D-Mobility anche le stazioni di ricarica Be Charge, visualizzando anche tutti i
dati descrittivi della singola colonnina. Ugualmente succederà ai clienti di Be Char-
ge, che potranno accedere alle stesse informazioni sulle stazioni Duferco. Entrambe
le aziende hanno progetti a medio-lungo termine: Be Charge vuole arrivare a circa
30.000 punti di ricarica in Italia nei prossimi 5-6 anni, e cresce a un ritmo molto elevato,
con un importante investimento di 150 milioni di euro, Duferco Energia è focalizzata
anche sulla proposta per la ricarica privata e fornitura di energia 100% green.
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MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021
di Massimiliano ZOCCHI
Volkswagen ha promesso che
avrebbe puntato fortissimo sulle
sue nuove auto elettriche della
famiglia ID, e dopo un inizio un po’ a
rallentatore, pare che ora le cose stiano
andando per il verso giusto, e sono già
tantissime le ID.3, il primo modello, in
mano ai clienti. La domanda che spesso
molti neofiti del mondo elettrico si fan-
no è sempre la stessa: quanto si spen-
de per la ricarica? Analizziamo quindi,
come già fatto per altri modelli, quanto
si potrebbe spendere, in diversi scena-
ri e con le diverse configurazioni della
vettura.
È bene specificare subito che non tut-
te le Volkswagen ID.3 sono uguali. Esi-
stono infatti diverse configurazioni, ma
che soprattutto propongono tre diversi
tagli di batteria. La versione City, la più
economica, ha una capacità utilizzabile
di 45 kWh, mentre gli equipaggiamenti
migliori propongono 58 kWh o 77 kWh
netti. Allo stesso modo anche le situa-
zioni di ricarica possono essere molto
diverse tra loro. Escluderemo dal com-
puto la ricarica privata con pannelli fo-
tovoltaici, non tanto perché gratuita, ma
perché troppo difficile da quantificare in
quanto ogni abitazione ha conti energe-
tici diversi. Consideriamo come costo
per l’energia casalinga quello medio di
un normale contatore, che per semplifi-
cazione quantifichiamo in 25 centesimi
al kWh. Per quanto riguarda la rete di ri-
carica pubblica, i punti più diffusi hanno
costi di 40 centesimi al kWh ricaricando
in corrente alternata, oppure 50 cente-
simi se si passa alla corrente continua,
più potente e quindi più veloce. Ci sono
poi le reti hyperfast, che si stanno uni-
RETE DI RICARICA La Volkswagen ID.3 sta diventando popolare, e lo sarà di più con l’economica City
Quanto costa ricaricare la Volkswagen ID.3?I costi a casa, nella rete pubblica e hyperfastEcco quanto si potrebbe spendere, in diversi scenari e con le diverse configurazioni
formando su una tariffa di 79 centesimi
al kWh, ma nel caso delle vetture ID i
clienti possono avere tariffe agevolate
presso la rete Ionity (di cui Volkswagen
fa parte), per cui possiamo analizzare i
costi anche tenendo conto di questa
agevolazione. Come sempre dunque è
sufficiente moltiplicare questi dati per
ottenere la stima dei costi, supponendo
di dover ricaricare un veicolo comple-
tamente scarico, fino al 100%, anche
se si tratta di una fattispecie piuttosto
rara (nonché sconsigliata per la salute
della batteria a lungo termine). Nel caso
della ricarica casalinga e presso la rete
pubblica in corrente alternata, potrebbe
entrare in gioco anche l’efficienza del
caricatore di bordo, che non è mai al
100%. È lecito quindi aspettarsi circa un
10% in più sul calcolo (che non riportia-
mo perché troppo variabile in base alla
potenza).
Volkswage ID.3 City (45 kWh):• Ricarica casalinga: 11,25 euro
• Ricarica pubblica corrente alterna-
ta: 18 euro
• Ricarica pubblica corrente conti-
nua: 22,5 euro
• Ricarica colonnine hypercharger:
35,55 euro
• Volkswagen ID.3 Life/Business/
Tech (58 kWh):
• Ricarica casalinga: 14,5 euro
• Ricarica pubblica corrente alterna-
ta: 23,2 euro
• Ricarica pubblica corrente conti-
nua: 29 euro
• Ricarica colonnine hypercharger:
45,82 euro
Volkswagen ID.3 Tour (77 kWh):• Ricarica casalinga: 19,25 euro
• Ricarica pubblica corrente alterna-
ta: 30,8 euro
• Ricarica pubblica corrente conti-
nua: 38,5 euro
• Ricarica colonnine hypercharger:
60,83 euro
Quando si parla di colonnine Hyperchar-
ger bisogna però considerare a parte il
caso IONITY, per via delle tariffe dedica-
te ai clienti Volkswagen. La tabella qui
sopra indica le varie possibilità di sot-
toscrizione del piano We Charge. Nella
modalità We Charge Free non si otten-
gono agevolazioni sul prezzo, mentre
già dall’intermedia We Charge Go il
prezzo presso le colonnine Ionity cala
a 55 centesimi per ogni kWh ricaricato,
a fronte però di un canone mensile di
(un anno gratis). Infine con il pacchetto
migliore We Charge Plus si scende a 30
centesimi per kWh, con un canone men-
sile di 9,99 euro (che diventerà 17,49
euro dopo il primo anno). Di conseguen-
za i costi sono i seguenti:
Con We Charge Go:ID.3 City: 24,75 euro
ID.3 Life/Business/Tech: 31,9 euro
ID.3 Tour: 42,35 euro
Con We Charge Plus:
ID.3 City: 13,5 euro
ID.3 Life/Business/Tech: 17,4 euro
ID.3 Tour: 23,1 euro
Audi nei guai: il progetto Artemis sarebbe già in ritardo di sei mesiIl progetto, nato in seno ad Audi per creare la super auto elettrica del futuro, avrebbe già un consistente ritardo sulla tabella di marcia. Troppe resistenze interne di M. ZOCCHI
Artemis, nato in seno ad Audi, tor-na al centro dell’attenzione, tramite un report di Business Insider, se-condo cui la tabella di marcia non sarebbe stata rispettata, e il team sarebbe in ritardo già di sei mesi sulla progettazione dell’auto del futuro. Sembra che i ritardi siano tali da aver già fatto slittare il lancio della “Landjet” dal 2024 al 2025.I problemi riscontrati dal team Ar-temis, secondo il report, sarebbero principalmente due, entrambi pur-troppo di natura interna. Il primo riguarda il software, molto indietro sulle tempistiche stabilite. La super auto di Artemis dovreb-be avere a bordo la versione 2.0 del software Volkswagen, ma lo sviluppo sta tardando a causa dei continui problemi e bug di Golf 8 e, soprattutto, di ID.3, che impedisco-no ai tecnici di focalizzarsi sugli ag-giornamenti. Il secondo problema, forse ancora più grave, riguarda la politica interna e l’ostruzionismo di alcuni dirigenti dell’azienda. Sembra che ancora non tutti ve-dano di buon occhio il passag-gio a “auto come smartphone su ruote”, e quindi stiano facendo una silente opposizione all’avan-zamento dei lavori. Questo è un problema che il CEO del Gruppo, Herbert Diess, si è già trovato ad affrontare, e che sembrava risolto con la recente fiducia che il consi-glio gli aveva accordato.
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MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021
di Massimiliano ZOCCHI
Tesla Semi è sicuramente il prodot-
to dell’azienda californiana che più
ha fatto discutere, sia per ciò che
promette, ma anche per i continui rinvii
della sua produzione. Ora sembra che
qualcosa si stia muovendo, probabilmen-
te non a caso, dato il recente annuncio
di una possibile produzione pilota entro
quest’anno. Una nuova versione, rivedu-
ta e aggiornata, è stata avvistata alcune
settimane fa, dopo che per anni Tesla
non aveva più realizzato prototipi. Questa
stessa versione è ora utilizzata in alcuni
AUTO ELETTRICA Un video mostra i primi test su circuito della nuova versione del camion elettrico
Tesla Semi, primi test per la nuova versione La produzione potrebbe essere vicina, sempre che la fabbrica in Texas sia pronta in tempo
test su circuito chiuso, come la stessa
Tesla ha mostrato pubblicando un video su Twitter: Tesla forse aveva bisogno
dell’evoluzione tecnologica rappresen-
tata dalle celle al litio 4680, per riuscire
ad offrire l’autonomia promessa, e dopo
che questo video è stato pubblicato sono
subito partite le speculazioni circa il fat-
to che il prototipo potrebbe già utilizza-
re queste batterie, che sappiamo già in
produzione in lotti limitati. Tesla potrebbe
dunque cogliere i proverbiali due piccioni
con una fava, testando contemporane-
amente il nuovo veicolo e le nuove bat-
terie, che dovrebbero poi equipaggiare
anche Model Y e il pick-up Cybertruck,
oltre, si dice, la versione Plaid+ della
nuova Model S. inoltre Tesla ha promes-
so che consegnerà alcuni Semi a clienti
selezionati entro la fine del 2021, quindi
la produzione potrebbe essere davvero
vicina, sempre che la fabbrica in Texas,
dove dovrebbe avvenire l’assemblaggio,
sia pronta in tempo.
Elon Musk ha rivelato perché SN10 è esplosa. SpaceX al lavoro per le correzioniEcco perché la Starship SN10 è esplosa dopo un atterraggio che pareva riuscito. SN11 testerà subito delle modifiche per evitarlo di M. ZOCCHI
Dopo diversi giorni di attesa, Spa-ceX, per parola di Elon Musk, ha rivelato perché la Starship SN10 sia esplosa, poco dopo l’atter-raggio verticale portato a termine con successo. Secondo quanto apprendiamo, la spinta dei motori Raptor nella fase finale è stata più bassa di quanto atteso, forse per un consumo anomalo dall’header tank, il che ha causato un atterrag-gio brusco, solo parzialmente visi-bile dai video, ad una velocità non trascurabile di 10 metri al secondo. Il colpo a terra ha causato la rottu-ra delle strutture di sostegno nella parte bassa, e di conseguenza l’e-splosione successiva. Seguendo la discussione su Twitter tra Musk, tecnici e fan, si capisce che il pro-blema potrebbe essere stato cau-sato dall’elio usato per mantenere alta la pressione nei serbatoi ne-cessari all’atterraggio, che inavver-titamente è stato “mangiato”. Musk si è anche assunto direttamente la responsabilità: “L’elio nell’header è stato utilizzato per prevenire il collasso del vuoto, che è avvenu-to nel volo precedente. Colpa mia per aver approvato. Sembrava giusto in quel momento”. Non sap-piamo ancora come verrà corretto questo problema, ma nel frattem-po gli ingegneri e i tecnici SpaceX sono già al lavoro sul prototipo successivo, SN11, per migliorare il funzionamento delle gambe di appoggio per la fase di atterraggio.
di M. ZOCCHI
Malaguti ha contribuito a generare
la leggenda della Motor Valley
italiana, ma purtroppo in epoca
moderna, come diverse altre aziende
italiane, è stata costretta a chiudere, a
causa della non competitività con altre
realtà industriali. Il marchio però, dopo
la chiusura delle attività nel 2012, è
tornato sul mercato, rilanciato dall’au-
striaca KSR Group che, oltre a commer-
cializzare moto e scooter, ha deciso di
allargare il business anche alle eBike, di
diverso genere.
La cosa che forse fa un po’ storcere il
naso, è che il sito dedicato alle eBike
Malaguti è solo in lingua tedesca, per
clienti di Germania, Austria e Svizzera.
Tra le varie proposte, che vanno dall’en-
duro, al trekking, al city, la top di gamma
è la Superiore LTD.
Costruita su un telaio - in realtà già visto
utilizzato da diversi brand - in alluminio,
BICI ELETTRICA Malaguti ha deciso di allargare il business anche alle eBike di diverso genere
Malaguti scooter ed eBike. Ma il sito è solo in tedescoTra le proposte, che vanno dall’enduro, al trekking, al city, la top di gamma è la Superiore LTD
monta una forcella FOX 36 Float Fac-
tory FIT4 E-Bike+, e un ammortizzatore
FOX Float DPX2 Factory E-Bike+, en-
trambi con escursione di 160 mm.
La parte elettrica è affidata a Bosch, con
il motore Performance Line CX, con 85
Nm di coppia, supportato dalla batteria
PowerTube da 625 Wh. Le imposta-
zioni sono gestite dal display Kiox. Per
quanto riguarda invece la trasmissione
abbiamo un cambio Shimano XT, con
tecnologia Hyperglide+. Anche i freni
sono Shimano, gli XT BRM8120 con di-
schi da 203 mm su entrambe le ruote.
Ruote che hanno dimensioni diverse,
29” all’anteriore e 27,5” al posteriore,
gommate Maxxis Minion DHF e Ma-
xxis High Roller. Il prezzo riportato per
i clienti tedeschi è di 5.499 euro. Per
tutte le altre informazioni, è possibile vi-
sitare la pagina dedicata, mentre nella homepage si trovano le altre proposte,
tra cui anche All-Mountain e Front con
prezzi più accessibili.
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MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021
Nuovo record per SpaceX: Falcon 9 atterra per la nona volta, dopo la missione Starlink-21Il primo stadio della missione Starlink-21 è decollato e atterrato per la nona volta. Andrà davvero in pensione dopo 10 voli? di M. ZOCCHI
I lanci di SpaceX per portare in or-bita satelliti, che compongono la costellazione del servizio internet di Starlink, sono ormai un’abitu-dine. Ora c’è stato l’ennesimo re-cord per l’azienda spaziale di Elon Musk, dato che si trattava della prima occasione in cui lo stesso booster Falcon 9 veniva utilizzato per la nona volta, ed ovviamente è un record anche il nono atterrag-gio in verticale sulla piattaforma Of Course I Still Love You. Il Fal-con 9 B1051 ha spinto il secondo stadio verso l’orbita bassa, dove poi sono stati rilasciati altri 60 sa-telliti Starlink, facendo così salire il numero totale a 1.323. Prima di questa missione lo stesso booster era però stato utilizzato in diver-se occasioni. Si tratta della nona missione, a un passo da quella che dovrebbe essere la vita utile massima per i Falcon 9, valutata in dieci lanci. SpaceX non ha mai rivelato quali siano gli interventi di manutenzione tra un lancio e l’al-tro, ma si presume che il lavoro da fare per ricondizionare i razzi au-menti di volta in volta, ponendo il decimo lancio come limite logico. Nel frattempo Starlink ha aperto il programma beta anche in Germa-nia e Nuova Zelanda. In Italia sono tanti i tester che si sono registrati, ma non si sa ancora quando inizie-ranno a ricevere i primi kit.
di P. CENTOFANTI
Il Surreal Sound System a 21 diffu-
sori della Lucid Air si arricchisce del
supporto per la codifica audio Dolby
Atmos, facendo della berlina di Lucid
Motors la prima vettura al mondo con
supporto al formato audio ad oggetti dei
Dolby Labs. In particolare, Lucid Air darà
la possibilità di sfruttare il suo lussuoso
impianto audio per lasciarsi immergere
nella musica prodotta in Dolby Atmos
Music, formato oggi offerto sostanzial-
mente dai servizi di streaming Amazon
Music HD e Tidal, con contenuti prodotti
da una manciata di artisti.
Il formato Dolby Atmos trascende dai
classici sistemi multicanale discreti 5.1
e 7.1, codificando il suono nella forma di
oggetti posizionati in un ambiente virtua-
le tridimensionale. Un dispositivo Dolby
Atmos compatibile è quindi in grado di
INFOTAINMENT Lucid Air sarà la prima automobile con sistema audio Dolby Atmos a bordo
Lucid Motors porta il sistema Dolby Atmos in autoLa codifica audio ad oggetti ben si sposa con l’impianto a 21 diffusori dell’elettrica di lusso
posizionare il suono intorno all’ascolta-
tore sfruttando i diffusori a disposizio-
ne: più altoparlanti vengono impiegati,
maggiore sarà la ricostruzione della
scena sonora tridimensionale originale.
L’impianto audio della Lucid Air, con i
suoi 21 speaker, sembra quindi il match
ideale per la codifica Dolby, ampiamente
utilizzata in ambito cinematografico, an-
cora poco in quello musicale. Il Surreal
Sound System è dotato di canali frontali,
surround ma anche laterali e sul tettuc-
cio, permettendo di avvolgere completa-
mente l’ascoltatore in cabina.
Lucid Motors ha annunciato che il siste-
ma verrà impiegato anche per riprodur-
re avvisi di segnalazione direzionali, per
incrementare la sicurezza e l’attenzione
del guidatore durante la marcia. Lucid
non ha invece dichiarato quali sorgenti
saranno disponibili per l’ascolto di con-
tenuti in Dolby Atmos.
di Massimiliano ZOCCHI
Sappiamo che agli americani pia-
ce esagerare quando si tratta di
eBike, grazie anche a limiti di po-
tenza del motore elettrico ben diversi
rispetto all’Europa. Eunorau però porta
questo concetto all’estremo, con la sua
campagna di crowfunding su Indiego-go, per finanziare la produzione della
Defender-S, una eBike, si potrebbe dire
una fat eMTB, che fa della potenza e
della trazione la sua arma principale.
Partecipando alla campagna infatti (al
momento già arrivata al 53% della goal
line prestabilita) si può scegliere di ac-
quistare il modello base Defender-S, per
circa 1.500 euro, oppure la Defender-S
Pro, che per l’equivalente di 1.675 euro
offre la trazione su entrambe le ruote. C’è anche un video di presentazione.Di fatto è dunque una eBike all-whe-
el-drive, che fa uso di due motori elettri-
ci del brand cinese Bafang. Nella ruota
anteriore il motore non può che essere
nel mozzo della ruota, mentre per l’al-
tro motore Eunorau ha fatto una scelta
strana: pur avendo un tipico telaio da
eMTB, con alloggiamento per il motore
BICI ELETTRICA Eunorau lancia la campagna su Indiegogo, per finanziare la produzione
Defender-S Pro, la folle eBike all-wheel-drive L’eBike full suspension da offroad dell’americana Eunorau costa meno di 2.000 euro
nel vano centrale, ha scelto comunque
di installare un motore nel mozzo anche
per la trazione posteriore.
Entrambi i motori hanno un funziona-
mento a 48 volt, con potenza di 750 W,
per un totale quindi di 1.500 W nel caso
della bici AWD. La batteria è prodotta
con celle al litio di Samsung SDI, ed è
da 672 Wh, ma è disponibile anche l’op-
zione da 816 Wh, ed anche una seconda
unità, da montare sopra il tubo obliquo,
per ulteriori 816 Wh, per un totale dun-
que di 1.632 Wh. Sul fronte della ciclistica
non si può certo gridare al miracolo, in
quanto resta sempre una eBike econo-
mica per ciò che offre. La forcella è una
RST Guide, con solo 75 mm di escursio-
ne, mentre l’ammortizzatore è un DNM
A0-42RC, con un travel più generoso di
165 mm. Il cambio invece è uno Shimano
Alivio a 9 velocità. Le gomme non po-
tevano che essere fat, 26” per 4” di lar-
ghezza. Eunorau non cita una versione
apposita per l’Europa, dove superare i
250 W non è legale per una semplice
eBike, tuttavia la spedizione è comun-
que accettata per tutto il mondo, lascian-
do intendere un uso privato della eBike.
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MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021
di Massimiliano ZOCCHI
Dopo il ritorno di MG sulla scena eu-ropea, e di conseguenza italiana, la
casa inglese presenta già altri due
modelli completamente elettrici, di cui
uno è una importante novità per il mer-
cato mondiale. La MG5 è di fatto la prima
station wagon 100% elettrica al mondo, e
va a colmare un vuoto per questo seg-
mento che permane fin dalla diffusione
delle auto elettriche al mercato di massa.
MG non ha ancora svelato tutto su questa
nuova vettura, dato che arriverà ad otto-
bre 2021, ma le prime immagini mostrano
una classica wagon, con un design filante
e semplice. Con una lunghezza di 4.544
mm, larghezza di 1.811 mm e una altezza
di 1.513 mm, può offrire un’ottima abitabi-
lità e capacità di carico.
AUTO ELETTRICA La MG5 va a colmare un vuoto tra le proposte dei vari costruttori
MG lancia in Italia la station wagon MG5 È la prima SW 100% elettrica al mondoL’auto ha un solo motore elettrico, da 135 kW (184 CV) e 280 Nm di coppia. Arriva ad ottobre
Il bagagliaio offre infatti un generoso spa-
zio di 578 litri, che può essere ampliato
fino a 1.456 litri, con l’abbattimento dei
sedili posteriori. L’auto ha un solo moto-
re elettrico, con potenza di 135 kW (184
CV) e 280 Nm di coppia. La casa non
ha dichiarato la capacità della batteria,
BYD porta le batterie a lama in Europa: pronte per 1 milione di km, e non si incendianoCon l'esportazione dei primi modelli BYD in Europa, arrivano anche le celle al litio a lama, che hanno diversi punti a favore e possono cambiare il mercato di Massimiliano ZOCCHI
La cinese BYD è pronta ad espor-tare in Europa alcuni suoi modelli di auto elettriche, partendo dalla Norvegia. Una delle prime vettu-re ad arrivare dovrebbe essere la Tang, che porta in dote anche una interessante novità: le celle al litio a lama. Le cosiddette "Blade Battery" non sono altro che cel-le con una forma molto lunga e stretta, tali da sembrare appunto delle lame, anziché avere le so-lite forme cilindriche o a paralle-lepipedo. Un'altra particolarità di queste celle è la chimica, del tipo litio-ferro-fosfato, quindi senza ma-terie prime costose come nickel e cobalto. Le batterie con questa chimica hanno una minore densità energetica, ma grazie al processo cell-to-pack permettono di recupe-rare spazio per alloggiare più cel-le, e colmare quindi il gap dovuto alla minore energia contenuta. Le batterie LFP sono anche molto re-sistenti. BYD stima di poter percor-rere fino a 1,2 milioni di km, oppure fino a 3.000 cicli di carica/scarica, senza che la batteria soffra di un degrado importante. Infine, hanno dato risultati sorprendenti nei test di sicurezza. Se penetrate da un corpo estraneo, hanno fatto regi-strare temperature di superficie in un range di solo 30-60 gradi celsius, senza emettere fiamme o fumo.
limitandosi ad indicare in 400 km l’au-
tonomia secondo il ciclo WLTP. A bordo
troviamo un caricatore AC trifase da 11
kW, ed è presente anche la ricarica DC,
anche qui senza potenza dichiarata, ma
con la solita tempistica di 30 minuti per
caricare fino all’80%. La MG5 trova un
suo punto di forza anche nella possibilità
di traino e carico sul tetto. La vettura può
trainare un peso massimo di 500 kg, un
peso massimo del timone del rimorchio
di 50 kg, e può alloggiare sulle barre
porta tutto da tetto altri 75 kg. Sempre
a sottolineare il suo carattere famigliare
ed adatto ai viaggi, è dotata anche di un
sistema Vehicle-2-Load con un alimenta-
tore per apparecchi elettrici esterni fino a
2.500 W. Ancora sconosciuti i dettagli su
interni e infotainment, ad eccezione della
presenza di alcuni sistemi ADAS MG Pilot.
Di seguito le caratteristiche rivelate:
• Prima station wagon 100% elettrica al
mondo
• 578 L (Bagagliaio)
• Autonomia 400 km WLTP
• Capacità max bagagliaio 1.456 L
• Motore elettrico 135 kW / 280 Nm
• Accelerazione 0-50 km/h 3.4 s
• Accelerazione 0-100 km/h 8.3 s
• 11 kW AC caricatore (Trifase – carica
rapida)
• 30 minuti fino all’80% livello di batteria
• 500 kg Capacità di traino
• 75 kg Capacità di carico sul tetto
• MG Pilot – Sistemi di assistenza alla gui-
da (ADAS)
• V2L 2.500 W Alimentatore per disposi-
tivi esterni
Tutte queste specifiche verranno con-
fermate poiché sono ancora in fase di
omologazione, e più informazioni, così
come i prezzi, verranno rivelate con
l’avvicinarsi della disponibilità, prevista
per ottobre 2021.
DMOVE Motore elettrico e batteria identici per le 2 versioni annunciate
Peugeot 308 diventa ibrida plug-in2 versioni e 60 km di autonomia
di S. DONATO
La testa di leone e la scritta Peugeot del
nuovo logo debuttano sull’altrettanto
nuova 308. Il passo cresce di 55 mm,
l’altezza diminuisce di 20 mm, e la 308 fa il
suo ingresso nel mondo della ibride plug-in
di Peugeot. Le motorizzazioni della nuova
308 includeranno solo varianti ibride elettri-
che, che però sono basate su uno sviluppo
della piattaforma elettrica EMP2. Stellantis PSA non esclude in futuro l’esistenza di un
versione 100% elettrica della 308. lancio saranno disponibili due versioni ibride elettri-
che: Hybrid 180 e Hybrid 225 che hanno rispettivamente 180 e 225 CV (133 e 165 kW),
ed entrambe con un motore elettrico da 81 kW e una batteria da 12,4 kWh per un'au-
tonomia senza combustione di circa 60 chilometri. La differenza in CV arriva quindi
dalle diverse potenze del motore a benzina che produce rispettivamente 110 e 133 kW.
Il caricabatteria di bordo è da 3,7 kW, ma a disposizione c’è anche il 7,4 kW opzionale.
Con quest'ultimo, una carica completa richiede poco meno di due ore, mentre con il ca-
ricatore standard da 3,7 kW servono 3 ore e 50 minuti. Grazie ai suoi 4,36 metri, la nuo-
va 308 è undici centimetri più lunga del vecchio modello, ed è anche 2 centimetri più
bassa: il metro si ferma al tetto a 144 centimetri. La crescita del passo di 5,5 centimetri,
per un totale di 2,675 metri, dovrebbe garantire più spazio nell’abitacolo. Il bagagliaio
contiene 412 litri, con gli schienali dei sedili posteriori abbattuti si arriva fino di 1.323
litri. La 308 sfoggia uno schermo da 10” per il conducente invece della strumentazione
classica. Un altro display da 10” touchscreen è presente sulla console centrale ed è di
serie. Servirà da finestra sul nuovo sistema di infotainment i-Connect di Peugeot. Tra
gli ADAS, la 308 prevede un pacchetto "Drive Assist 2.0" a partire dalla fine del 2021
Il lancio della 308 è previsto per la seconda metà del 2021, con la 308 SW che sarà
annunciata a giugno. Tutto tace, invece, sul fronte dei prezzi.
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MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021
di Massimiliano ZOCCHI
Opel Italia aveva già presentato ufficialmente
la nuova Mokka e la sua versione elettrica
Mokka-e (per tutti i dettagli vi rimandiamo all’ar-ticolo dedicato). Mancava però ancora un test drive,
per capire davvero la sensazione che poteva regalare
questa nuova vettura, forte di un grandissimo interes-
se da parte dei clienti, tanto da aver costretto Opel e
Stellantis a rivedere i piani di produzione, così da poter
accogliere i tanti ordini ricevuti, in buona parte anche
per l’elettrica. Abbiamo quindi avuto l’occasione di gui-
dare nuova Mokka, in anteprima rispetto all’arrivo nelle
concessionarie.
L’elettrico PSA non ha sorpreseIl Gruppo PSA, ora riunito nella grande famiglia Stellan-
tis, ha scelto di sviluppare un unico powertrain elettrico,
poi utilizzato praticamente in tutte le sue vetture a batte-
ria, indipendentemente dalla dimensione o dal segmen-
to. Per questo diciamo che non ha sorprese, perché in
questa Mokka-e troviamo sempre il motore da 100 kW
(136 CV), alimentato dalla batteria da 50 kWh. Diversa-
mente però da Corsa (o da altre auto del Gruppo come
Peugeot e-208 o Citroen e-C4) Mokka è un SUV com-
patto, e la seduta è leggermente più alta e confortevole.
Dal posto di guida spicca molto il cofano pronunciato
della vettura, con la venatura centrale ben in evidenza.
Si può sempre scegliere tra tre modalità di guida, se-
lezionabili tramite un pulsante nella console centrale,
stessa zona dove possiamo scegliere il senso di marcia
e se attivare la modalità di rigenerazione “B”. Nella mo-
dalità più tranquilla, la solita Eco, la potenza viene taglia-
ta a 60 kW, la coppia a 180 Nm, e la risposta di volante
e acceleratore è nella norma. Si senta davvero la spinta
molto blanda e morbida, adeguata solo a tratti di guida
molto tranquilla e per zone senza traffico. Già in moda-
lità Normal le cose cambiano, con la potenza che sale
AUTO ELETTRICA Abbiamo guidato in anteprima la nuova Opel Mokka, anche in versione elettrica, che prende il nome di Mokka-e
Opel Mokka-e, test drive. L’elettrica che mancavaOpel è subissata di richieste dai clienti e pare aver fatto centro. La strada conferma i primi pareri? Scopriamolo nel test drive
a 80 kW e coppia a 220 Nm. Ma nel traffico del centro
di Milano ci siamo trovati bene in modalità Sport, che
offre tutti i 100 kW del motore, con coppia a 260 Nm, e
risposta dell’acceleratore più pronta e volante preciso.
In mezzo al traffico è oltremodo utile essere scattanti e
pronti, e non deve spaventare il computer di bordo che
toglie subito 20 km di autonomia con questa imposta-
zione: dopo diversi km percorsi, il contatore non è mai
sceso, ed anzi per effetto del regen, ha iniziato a salire.
Confort a bordo e interni moderniNel nostro test la Mokka elettrica era equipaggiata con
l’allestimento Ultimate, con pelli impreziosite da inserti
in Alcantara, e colori di contrato perlopiù sul cromato o
grigio metallizzato. La linea del cruscotto, avvolgente, in
direzione del guidatore, è ottima, poiché rivolge anche
il display centrale verso chi lo deve utilizzare, soprattut-
to se è attiva la navigazione satellitare. Si può fare un
appunto proprio al display centrale, sulla carta da 10”,
ma utilizzato realmente solo in parte, circa 7”, con due
colonne nere ai lati più o meno inutili. È possibile che
un futuro aggiornamento software consenta di utilizzare
al meglio lo spazio a disposizione. In generale l’assem-
blaggio sembra ottimo, senza rumori di sorta, anche
quando abbiamo attraversato del pavé sconnesso,
anche se qualche plastico ha un po troppo il sapore di
finto. Da sottolineare che Opel non ha scelto di rendere
gli allestimenti legati a doppio filo con l’alimentazione
della vettura. Tutti gli stili possono essere configurati con
qualsiasi tipo di motore, ed è quindi possibile abbinare
all’elettrico anche lo stile sportivo.
Guida e autonomiaCome detto il nostro consiglio è di lasciare sempre la
modalità Sport attivata, e lasciare che sei il nostro cer-
vello a fare da computer di bordo, e modulare l’accele-
razione e la pressione dell’acceleratore, così da avere
sempre tutta la potenza disponibile. Senza grosse ac-
cortezze, con accelerazioni brucianti e guida sportiva,
abbiamo ottenuto un dato di consumi pari a 22 kWh/100
km, che con la batteria in dotazione garantirebbe circa
227 km di autonomia. Può sembrare poco, ma sono ba-
state alcune rigenerazioni in decelerazione per tenere
l’indicazione dell’autonomia sempre sopra i 280 km,
sempre considerando una guida senza risparmio.
Sulle dinamiche di guida, l’auto è ben attaccata alla stra-
da, anche prendendo alcune curve un po’ “allegramen-
te”, il peso della batteria sul pianale fa sì che il baricentro
resti sempre molto basso. La Mokka-e è costruita su
una piattaforma che non è una conversione di un’auto
con motore endotermico, ma ha un’architettura studiata
all’origine per avere diverse alimentazioni, ed essere
per questo flessibile. Nota di merito all’impianto frenan-
te, soprattutto nella versione elettrica. La primissima
parte della corsa del pedale del freno interviene sulla
rigenerazione magnetica, frenando dunque la vettura,
ma senza intervento meccanico delle pinze. Solo pre-
segue a pagina 53
Le due console a confronto, quasi indistinguibili, se non fosse per il tasto B del regen.
torna al sommario 53
MAGAZINEn.72 / 2122 MARZO 2021
REPORTAGE
Opel Mokka-e, test drivesegue Da pagina 52
di Paolo CENTOFANTI
Si chiama nanoe X ed è una tecno-
logia sviluppata da Panasonic per la
purificazione dell’aria che sfrutta la
produzione di radicali ossidrilici OH per
uccidere germi e batteri in sospensione
nell’aria, ma anche di neutralizzare muf-
fe ed eliminare cattivi odori. L’ha scelta
Jaguar Land Rover, che ha deciso di in-
tegrarla a bordo delle sue prossime auto
all’interno dell’impianto di climatizzazio-
ne, per potenziare il sistema di purifica-
zione dell’aria in cabina andando oltre il
semplice filtraggio di polveri sottili.
JLR ha affidato il test della tecnologia al
laboratorio di microbiologia e virologia
Perfectus Biomed, che ha simulato in
camera sigillata il funzionamento di un
impianto di purificazione di un veico-
lo, certificando la capacità del sistema
MOBILITÀ SOSTENIBILE Jaguar Land Rover adotta il sistema di purificazione dell’aria nanoe X sviluppata da Panasonic
Il sistema di purificazione dell’aria di Jaguar Land Rover Può uccidere il 97% di germi e virus, COVID inclusoStudi indipendenti dimostrano l’efficacia nell’eliminare fino al 97% di virus e batteri e funziona anche contro il SARS-CoV-2
di ridurre del 97% la presenza di virus
e batteri con un ciclo di purificazione
dell’aria di 30 minuti. Un ulteriore studio
indipendente è stato commissionato da
Panasonic a Texcell, organizzazione che
ha testato l’efficacia di nanoe X sul co-
ronavirus SARS-CoV-2, ottenendo una
riduzione del 99,9% del virus con un
ciclo di 2 ore, in questo caso però non
simulando l’ambiente di un automobile.
Nanoe X utilizza micro-scariche elettri-
che ad alta tensione ionizzando l’umidità
presente nell’aria per produrre trilioni
di radicali ossidrilici al secondo, intrap-
polandoli all’interno di micro goccioline
d’acqua. Ciò permette alle molecole OH,
altamente instabili e reattive tanto da
resistere libere in ambiente per massi-
mo un secondo, di rimanere disperse in
ambiente fino a 10 minuti, permettendo
loro di reagire con le particelle con cui
entrano in contatto. Il radicale idrossile
ha infatti un potentissimo potere ossi-
dante ed è efficace nel neutralizzare non
solo composti organici volatili ma anche
le strutture cellulari di batteri e muffe,
motivo per il quale è considerato un
battericida naturale, nonché uno spaz-
zino dell’atmosfera. JLR non ha ancora
annunciato una tempistica precisa per
l’introduzione della tecnologia sui primi
veicoli, ma si tratta di una naturale evo-
luzione considerando che la tecnologia
nanoe di Panasonic per il filtraggio delle
PM2.5 è già adottata sulla Jaguar I-PACE
e su diversi modelli della gamma Land
Rover. Il progetto è in cantiere da circa 5
anni, ma la pandemia di coronavirus ha
reso quanto mai attuale il tema della pu-
rificazione in ambiente chiusi e ristretti
come l’abitacolo delle auto.
mendo più a fondo il pedale interviene il freno in senso
classico, ed il feeling è davvero buono: si può frenare
dolcemente, ma appena si affonda, l’auto si ferma in
pochi metri.
Non solo green, anche stile sportivoCome abbiamo accennato in precedenza, le configura-
zioni estetiche possono essere combinate liberamente,
e nella versione con motorizzazione a benzina abbiamo
anche visto l’allestimento GS Line, che dona all’abitalo
un aspetto più sportivo, con colore di contrasto rosso,
sia nelle cornici degli interni, sia nei dettagli dei sedili,
senza pelle ma più casual, e anche nei tocchi di colore
della carrozzeria e dei cerchi in lega. Testando il moto-
re benzina, 130 CV con cambio automatico a 8 rapporti,
abbiamo anche notato un altro particolare della versati-
lità della piattaforma Opel: la console centrale è identica
tra le diverse motorizzazioni, senza le va del cambio, e
con pulsanti di controllo che sembrano sostanzialmente
uguali. Se non fosse per le palette del cambio automati-
co dietro il volante, sarebbe virtualmente impossibile di-
stinguere tra elettrico o benzina semplicemente salendo
a bordo. Di fatto qualcuno potrebbe preferire possedere
un’auto che non sia elettrica “a prima vista”, ma che ap-
paia come una qualsiasi auto. Normalmente non ci dedi-
chiamo a motori a combustione, ma la prova del benzina
è stata interessante anche per fare un confronto diretto
con l’elettrico, a pochi minuti da una prova all’altra. Il
cambio automatico Opel, grazie a 8 rapporti molto corti,
non ha lag tra le cambiate, e gode di una accelerazione
fluida e progressiva, che se non fosse per il rumore del
motore, si potrebbe quasi confondere.
Conclusioni e listinoLa nostra prova dunque ha confermato le aspettative,
così come giustifica l’interesse dimostrato da tanti clienti
seppur a scatola chiusa. La Mokka-e (e la Mokka) è una
vettura che colpisce, grazie anche al nuovo design del
frontale, che Opel inaugura proprio con questa auto.
Si può dire che chi cerca una vettura comoda, bella e
con i giusti spazi a bordo, può puntare sulla versatile
proposta Opel. E l’elettrico non deve spaventare, anzi,
ora diventa quasi una scelta normalizzata. Ci riserviamo
di valutare l’autonomia con test di più lunga durata e
in diversi contesti, così come la velocità di ricarica, ma
già la nostra prova “sconsiderata” ha dato un esito cer-
tamente positivo. I prezzi partono da 22.200 euro, per
la versione a benzina con cambio manuale, mentre la
Mokka-e parte da 35.250 euro, a cui però si possono
detrarre 10.000 euro di incentivo statale, più uno sconto
Opel aggiuntivo, per arrivare a circa 23.000 euro.
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e alla sua famiglia nel percorso di sviluppo e crescita
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Tutto il personale di AISTMAR Onlus è volontario. L’intero ricavato delle donazioni viene impiegato in cure e assistenza ai neonati prematuri e patologici e alle loro famiglie.
AISTMAR Onlus - via della Commenda, 12 - 20122 Milano - www.aistmar.it
FONDAZIONE IRCCS CA’ GRANDA - OSPEDALE MAGGIORE POLICLINICODipartimento per la Salute delle Donna, del Bambino e del Neonato
U.O. di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatalevia Francesco Sforza, 28 - 20122 Milano
GIORNO MESE ANNO
CONTRIBUENTECOGNOME (per le donne indicare il cognome da nubile) NOME SESSO (M o F)
DATA DI NASCITA COMUNE (o Stato estero) DI NASCITA PROVINCIA (sigla)
CODICE FISCALE(obbligatorio)
DATI ANAGRAFICI
Da consegnare unitamente alla dichiarazioneMod. 730/2008 al sostituto d’imposta, alC.A.F. o al professionista abilitato, utilizzandol’apposita busta chiusa contrassegnata suilembi di chiusura.
MODELLO 730-1 redditi 2007
Stato
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Chiesa cattolica
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorno
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Assemblee di Dio in Italia
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Chiesa Valdese unione delle chiese metodiste e valdesi
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Chiesa Evangelica Luterana in Italia
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Unione Comunità Ebraiche Italiane
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Scheda per la scelta della destinazione dell'8 per mille dell'IRPEF e del 5 per mille dell'IRPEF
Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale e delle associazioni riconosciute
che operano nei settori di cui all’art. 10, c. 1, lett a),del D.Lgs. n. 460 del 1997 e delle fondazioni nazionali di carattere culturale
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle finalità destinatarie della quota del cinque per mille dell’IRPEF, il contri-buente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. Il contribuente ha inoltre la facoltà di indicare anche il codice fiscaledi un soggetto beneficiario. La scelta deve essere fatta esclusivamente per una delle finalità beneficiarie.
Codice fiscale del beneficiario (eventuale)
Finanziamento agli entidella ricerca sanitaria
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
FIRMA
Finanziamento agli enti della ricerca scientifica e della università
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Codice fiscale del beneficiario (eventuale)
FIRMA
Sostegno alle associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI a norma di legge
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Codice fiscale del beneficiario (eventuale)
FIRMA
Codice fiscale del beneficiario (eventuale)
FIRMA
genziantrate
AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle sette istituzioni beneficiarie della quota dell'otto per mille dell'IRPEF, ilcontribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. La scelta deve essere fatta esclusivamente per una delleistituzioni beneficiarie.La mancanza della firma in uno dei sette riquadri previsti costituisce scelta non espressa da parte del contribuente. In tal caso, la ri-partizione della quota d’imposta non attribuita è stabilita in proporzione alle scelte espresse. Le quote non attribuite spettanti alleAssemblee di Dio in Italia e alla Chiesa Valdese Unione delle Chiese metodiste e Valdesi, sono devolute alla gestione statale.
In aggiunta a quanto indicato nell’informativa sul trattamento dei dati, contenuta nel paragrafo 3 delle istruzioni, si precisa chei dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dall’Agenzia delle Entrate per attuare la scelta.
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SCELTA PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti)
SCELTA PER LA DESTINAZIONE DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti)
LA SCELTA DELLA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF E QUELLA DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF NON SONO IN ALCUN MODO ALTERNATIVE FRA LORO. PERTANTO POSSONO ESSERE ESPRESSE ENTRAMBE LE SCELTE
ALLEGATO B
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