>> Riduzione della carica batterica della superficie oculare in pazienti sottoposti a Terapia Intravitreale (IVT), mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato a profilassi con Iodopovidone >> Studio preliminare sulla penetrazione di antibiotici in camera anteriore dopo somministrazione topica >> Terapia combinata con fotodinamica- verterporfirina e Ranibizumab intravitreale per il trattamento della Retinal Angiomatous Proliferation correlata alla degenerazione maculare senile >> Emicrania oftalmica con “aura” e pervieta’ del forame ovale: studio clinico Editoriale 3 Vittorio Picardo Riduzione della carica batterica della superficie oculare in pazienti sottoposti a Terapia 4 Intravitreale (IVT), mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato a profilassi con Iodopovidone Federico Ricci, Luciano Cerulli, Federico Regine, Filippo Missiroli Antonio Calabrese, Cartesio Favalli Studio preliminare sulla penetrazione di antibiotici in camera 15 anteriore dopo somministrazione topica Carlo Cagini, Francesco Piccinelli, Gianluigi Tosi, Anna Bartolini, Francesca Riccitelli,Marco Lupidi, Antonio Garritano, Amedeo Pieri LE VISCO INTERVISTE Intervista al Professor Emilio Balestrazzi 18 Terapia combinata con fotodinamica-verterporfirina e Ranibizumab intravitreale 22 per il trattamento della Retinal Angiomatous Proliferation correlata alla degenerazione maculare senile Rosalia Giustolisi, Simone De Gaetano, Mariateresa Staltari, Jessica Marchiori, Federica Mirra, Paola Mazzotta, Gianluca Aloe, Olga Mastrangelo, Corrado Balacco Gabrieli Emicrania oftalmica con “aura” e pervieta’ del forame ovale: studio clinico 28 Vito Gasparri, Walter Calcatelli, Elisabetta Calcatelli ISSN 0349 - 61 Anno XXVI N. 1 • 2012 contiene I.P. Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 335 del 14-06-1986 FGE srl - Fabiano Gruppo Editoriale Reg. S. Giovanni, 40 - 14053 Canelli (AT) Tel. 0141 827802 - Fax 0141 827830 e-mail: [email protected]www.fgeditore.it Direttore Editoriale Vittorio Picardo Direttore Responsabile Ferdinando Fabiano Segreteria di redazione Pierpaola Eraldi Tel. 0141 827836 Impaginazione FGE srl Stampa FGE srl Canelli (AT) Amministrazione Tel. 0141 827818 Abbonamenti e libri Tel. 0141 827834 Pubblicità Tel. 0141 827835 Chiuso in redazione Marzo 2012 Norme per gli autori Consultare il sito www.oculisti.net Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana FGE Srl Reg. S. Giovanni, 40 - 14053 Canelli (AT) Tel. 0141 827802 - Fax 0141 827830 e-mail: editore@fgeditore.it - www.fgeditore.it >> “aura” e pervieta’ Emicrania oftalmica con clinico del forameovale: studio www.oculisti.net www.oculisti.net I
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>> Riduzione della carica batterica della superfi cie oculare in pazienti sottoposti a Terapia Intravitreale (IVT), mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato a profi lassi con Iodopovidone
>> Studio preliminare sulla penetrazione di antibiotici in camera anteriore dopo somministrazione topica
>> Terapia combinata con fotodinamica-verterporfi rina e Ranibizumab intravitreale per il trattamento della Retinal Angiomatous Proliferation correlata alla degenerazione maculare senile
>> Emicrania oftalmica con “aura” e pervieta’ del forame ovale: studio clinico
Editoriale 3Vittorio Picardo
Riduzione della carica batterica della superfi cie oculare in pazienti sottoposti a Terapia 4Intravitreale (IVT), mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato aprofi lassi con Iodopovidone
Studio preliminare sulla penetrazione di antibiotici in camera 15anteriore dopo somministrazione topica
Carlo Cagini, Francesco Piccinelli, Gianluigi Tosi, Anna Bartolini, Francesca Riccitelli,Marco Lupidi, Antonio Garritano, Amedeo Pieri
LE VISCO INTERVISTE Intervista al Professor Emilio Balestrazzi 18
Terapia combinata con fotodinamica-verterporfi rina e Ranibizumab intravitreale 22per il trattamento della Retinal Angiomatous Proliferation correlata alla degenerazione maculare senile
Rosalia Giustolisi, Simone De Gaetano, Mariateresa Staltari, Jessica Marchiori, Federica Mirra,Paola Mazzotta, Gianluca Aloe, Olga Mastrangelo, Corrado Balacco Gabrieli
Emicrania oftalmica con “aura” e pervieta’ del forame ovale: studio clinico 28
Vito Gasparri, Walter Calcatelli, Elisabetta Calcatelli
ISSN 0349 - 61
Anno XXVIN. 1 • 2012contiene I.P.
Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 335 del 14-06-1986
>> “aura” e pervieta’ Emicrania oftalmica con clinico del forame ovale: studio
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2011
Cari Amici,
quest’anno, che anche politicamente si presenta come un periodo di austerità e con-tenimento delle spese, Viscochirurgia si propone, come già annunciato nell’ultimo numero del 2011, sotto una nuova veste: l’altra metà di Euvision.Questo esperimento, che si protrarrà per tutto il 2012, farà arrivare a Voi una rivista che da un lato avrà la copertina di Viscochirurgia e dall’altro quella di Euvision.Perché questa soluzione editoriale?Prima di tutto perché non c’è competizione tra i due giornali.
Poi, perché, in fondo, in un unico opuscolo troverete aggiornamenti e novità sia in campo clinico medico, che di contattologia che di chirurgia del segmento anteriore e posteriore: un po’ di tutto quello che ci può capitare in una giornata di lavoro.
L’iniziativa, a Pasquale Troiano, Direttore di Euvision ma fondamentalmente un vec-chio e caro Amico, a me e agli Sponsor è sembrata seria ed opportuna, perché non sacrifi ca nessuna delle due testate, ognuna con una storia ed una tradizione e peral-fitro garantirà 4 numeri nel corso dell’anno.
Viscochirurgia cercherà così per il 2012, di offrirVi articoli interessanti per la tecnica chirurgica adoperata o per le novità strumentali o per l’aspetto francamente pratico del problema, che discuteremo con i vari ospiti della Viscointerviste.
Quella che troverete su questo numero è stata realizzata nella Direzione della Clinica Oculistica dell’Università Cattolica di Roma, dove il Professor Emilio Balestrazzi mi ha ricevuto con l’affetto di sempre, dedicandomi alcune ore di una Sua intensa giorna-ta di lavoro, proprio per quella amicizia, stima e conoscenza che ci lega dal 1978, quando cominciò l’avventura dell’équipe del Professor Giuseppe Scuderi al Policlinico Umberto I di Roma.
Vittorio Picardo
3viscochirurgia1 • 2012
4 viscochirurgia 1 • 2012
Riduzione della carica batterica della superfi cie oculare in pazienti sottoposti a Terapia Intravitreale (IVT), mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato aprofi lassi con Iodopovidone��Federico Ricci2 ��Luciano Cerulli1 ��Federico Regine2
��Filippo Missiroli1
� Antonio Calabrese2��Cartesio Favalli3
1 Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Fondazione Policlinico di Tor Vergata, Unità Operativa Complessa di Oftalmologia, Roma (Responsabile: Prof. Luciano Cerulli)
2 Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Fondazione Policlinico di Tor Vergata, Unità Operativa Semplice Dipartimentale Patologie Retiniche, Roma (Responsabile: Prof. Federico Ricci)
3 Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Fondazione Policlinico di Tor Vergata, Unità Operativa Complessa Microbiologia, Roma (Responsabile: Prof. Cartesio Favalli)
>>
RIASSUNTOScopo dello studio: Valutare l’attività antimicrobica dell’Azitromicina 1.5% collirio rispetto alla Levofloxacina 0.5%.flSetting: Studio randomizzato, prospettico, singolo cieco del tipo caso-controllo.Materiali e Metodi: 199 pazienti da sottoporre ad intravitreale con anti-VEGF per CNV sono stati randomizzati in 2 gruppi; per i 3 giorni precedenti all’intervento il primo è stato trattato con Azitromicina 1.5%, il secondocon Levofl oxacina 0.5%. Abbiamo effettuato dei tamponi della cute palpebrale e dei fornici congiuntivali prima e fldopo il trattamento con antibiotici e dopo l’esecuzione dell’intravitreale che prevedeva la disinfezione con iodo-povidone. Gli aghi utilizzati sono stati posti in coltura.Risultati: Assenza di crescita batterica al baseline si è osservata in 3 pazienti (1.5%) a carico della cute palpebrale, in 17 (8.5%) a carico della congiuntiva (p=0,0008). Dopo il trattamento si è osservata assenza di crescita battericain 21 pazienti (10,6%) a livello delle palpebre in 77 pazienti (38,7%) a livello del fornice congiuntivale. Nessunadifferenza è emersa tra i due gruppi (p=0,1117; p=0,3358). Dopo l’intervento assenza di crescita batterica si osservava in 130 pazienti (65,3%) a livello delle palpebre e in 153 pazienti (76.9%) a livello della congiuntiva.Assenza di crescita batterica negli aghi utilizzati si osservava in 179 casi (89.9%).Conclusioni: Azitromicina 1.5% collirio non è inferiore alla Levofl oxacina 0.5% nel ridurre la carica batterica dellaflcute palpebrale e dei fornici congiuntivali. La somministrazione pre-operatoria dell’Azitromicina 1.5% colliriopuò costituire una valida alternativa nella profi lassi dell’endoftalmite. Tanto più in considerazione della ridottafifrequenza delle somministrazioni giornaliere e la sempre più frequente osservazione di batteri resistenti ai Fluo-rochinolonici.
ABSTRACTPurpose: To compare antimicrobial activity of 1.5% Azytromycin versus 0.5% Levofl oxacin eye drop in patients recei-ving intravitreal VEGF inhibitors injection for active CNV.Setting: Randomized, prospective, single blind, case control studyMaterials and Methods: Three days before IVT, 199 patients were randomized into 2 groups. Group A (99 patients) received 1.5% Azytromycin, Group B (100 patients) 0.5% Levofl oxacin. Before IVT all patients underwent eyelids and conjunctival fornix povidone iodine disinfection. Effi cacy of treatments was assessed by masked microbiologist analyzing eyelids and conjunctival swabs before, after antibiotic therapy and at the end of IVT procedure. Needles used for injection were also collected and cultured. Results: At baseline, negative cultures were observed in 3 patients (1.5%) at the eyelids and in 17 patients (17.5%) at the conjunctival fornix. (p= 0,0008) After antibiotic treatment, negative cultures were respectively 21 (10.6%) and 77 (38.7%). No differences were observed among the treatment groups (p= 0,1117; p= 0,3358). After IVT, negative cultures were respectively 130 (65,3%) and 153 (76.9%). Negative neddle cultures were 179 (89.9%).
PAROLE CHIAVEAzitromicina
Levofl oxacinaflprofi lassi pre-operatoria fi
terapia intravitreale
KEY WORDSAzytromycin Levofl oxacin
preoperative prophylaxis intravitreal therapy
5viscochirurgia1 • 2012
Riduzione della carica batterica della superfi cie oculare in pazienti sottoposti a Terapia Intravitreale (IVT),
mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato aprofi lassi con Iodopovidone
Conclusions: Our results showed that 1.5% Azytromycin was non inferior to 0.5% Levofl oxacin in reducing the bacterial load of conjuctival fornix and eyelids of patients undergoing IVT. Twice-daily administration for 3 days of 1.5% Azytromycin was clinically and bacteriologically equivalent to 5-times administration for 3 days of 0.5% Levofl oxacin. Due to the increase of fl uoroquinolones resistance the use of 1.5% Azitromycin may represent a new option in preoperative endophthalmitis prophylaxis.
La terapia intravitreale è divenuta lo standard
nella cura della degenerazione maculare età
correlata (age-related macular degeneration
- ARMD) associata a membrana neovascolare
sottoretinica (Choroidal Neovascularization –
CNV) e, più in generale, di tutte le patologie va-
scolari complicate da neovascolarizzazione e/o
da edema retinico.(Brown et al, 2006) Il largo im-
piego della via di somministrazione intravitreale
ha portato ad un forte incremento del numero
di procedure eseguite annualmente, tanto che
l’iniezione intravitreale (IVT) ha superato ormai
come frequenza l’intervento di facoemulsifica-fi
zione della cataratta.
Ovviamente, ad un incremento numerico delle
procedure così cospicuo, è corrisposto un au-
mento nell’incidenza delle complicanze post-
operatorie, quali l’endoftalmite infettiva. (Kresloff
et al, 1998, Miller et al, 2005)
Data la particolare gravità della patologia, nu-
merosi sforzi sono stati intrapresi al fine di fi
prevenire l’incidenza di questa complicanza
devastante, mediante l’utilizzo di tecniche di
profi lassi adeguate.fi
Sebbene le endoftalmiti infettive post-IVT si pre-
sentino con un’incidenza relativamente bassa
(stimata da diversi Autori tra il 3% e lo 0,02%)
(Sampat et al, 2010; Schwartz et al 2009; Ho et al
2007; Ranchod et al 2010; Klein et al 2009), poi-
ché i protocolli terapeutici che si avvalgono di
farmaci anti-angiogenici prevedono la sommini-
strazione di iniezioni ripetute nel tempo, spesso
in entrambi gli occhi, si può ipotizzare un con-
seguente aumento del rischio “per paziente”
causato dalla reiterazione della terapia. Questa
considerazione mette ancora di più in evidenza
la necessità di attuare una profilassi anti-infetti-fi
va aggressiva ed efficace, volta a minimizzare fi
quanto possibile il rischio per il paziente.
Nel 2004 Jager et al hanno stabilito delle linee
guida per minimizzare il rischio di endoftalmite
nell’ambito dell’IVT: esse consigliavano l’ane-
stesia topica (non sottocongiuntivale), l’appli-
cazione di un blefarostato, l’utilizzo dello iodo-
povidone per la sterilizzazione delle palpebre,
delle ciglia e della superficie oculare. Dal punto fi
di vista procedurale la massima attenzione deve
essere fatta per evitare che l’ago tocchi alcuna
superfi cie (palpebre, ciglia etc.) prima di esserefi
introdotto in camera vitrea.
Lo studio VISION (Gragoudas et al, 2004) ha poi
dimostrato come l’adozione di alcune misure
aggiuntive di profilassi, quali la somministrazio-fi
ne di antibiotici topici prima della procedura,
l’utilizzo del telo oculare e dei guanti sterili, pos-
sa ridurre ulteriormente l’incidenza delle com-
plicazioni post-operatorie.
Sebbene tutti concordino sulla necessità di utiliz-
zare una qualche forma di profilassi, non esistefi
tuttavia un protocollo universalmente accettato,
a causa dell’assenza di prove scientifiche sull’ef-fi
fi cacia di alcune delle metodiche comunemente fi
utilizzate. (Lad et al, 2006; Pilli et al, 2008; Fintak
et al 2008; Mason et al 2008, Deramo et al, 2006)
Il caso dell’uso pre-operatorio degli antibiotici to-
pici è esemplifi cativo. (Ziemssen et al 2010) Seb-fi
bene, infatti, sia ben documentata la loro capacità
di ridurre significativamente la carica batterica fi
della superfi cie oculare e di curare patologiefi
infettive pre-esistenti quali blefariti, congiuntiviti,
e dacriocistiti, soprattutto se applicati per diversi
giorni prima dell’intervento, non esistono studi
clinici che abbiano potuto dimostrare la loro ef-
fi cacia nella riduzione del rischio di endoftalmitefi
batterica post-operatoria. (Ta et al, 2004)
Gli antibiotici più comunemente impiegati per
la sterilizzazione della superficie oculare sono fi
i derivati del fl uorochinolone, battericidi ad am-fl
pio spettro effi caci sia contro i batteri gram-po-fi
sitivi che gram-negativi.
Una possibile recente alternativa ai derivati del
fl uorochinolone è rappresentata dall’Azitromici-fl
na, un antibiotico ad ampio spettro simile all’e-
ritromicina, ma caratterizzato da una maggiore
6 viscochirurgia 1 • 2012
effi cacia nei confronti di alcuni batteri gram-ne-fi
gativi. La particolare struttura chimica di questo
macrolide garantisce una lunga permanenza
del farmaco nei tessuti, caratteristica enfatizzata
dal trigliceride a media catena che lo veicola,
il Mygliol, che ne aumenta il tempo di contatto
con la superfi cie oculare. Il farmaco ha un regi-fi
me posologico decisamente più breve di quello
classico, 1 goccia due volte al giorno per 3 gior-
ni, del quale mantiene tuttavia l’effi cacia. (Amza fi
et al, 2010; Huguet et al, 2010)
>> Scopo dello studioL’obiettivo del nostro gruppo di ricerca è stato
quello di valutare in uno studio prospettico con-
trollato in singolo cieco l’efficacia della azitromi-fi
cina 1.5% collirio nel ridurre la carica batterica
pre-operatoria della superfi cie oculare in pa-fi
zienti da sottoporre a terapia intravitreale, con-
frontando tale attività con il farmaco che rappre-
senta attualmente il riferimento nella profilassi fi
antibiotica pre-operatoria in Italia, la Levofloxa-fl
cina 0.5%.
>> Materiali e MetodiA tal fi ne, previo consenso informato, abbiamo fi
reclutato nello studio 200 pazienti di età supe-
riore ai 55 anni, affetti da maculopatia essuda-
tiva in trattamento con farmaci anti-angiogenici,
somministrati per via intravitreale in regime di
day-hospital presso la UOSD di Patologie Retini-
che del Policlinico di Tor Vergata di Roma.
Nessuno dei pazienti reclutati aveva fatto uso
di farmaci oftalmici per via topica nei 15 giorni
precedenti all’intervento, ad eccezione di quelli
previsti dallo studio. Sono stati esclusi i pazien-
ti che presentavano un’anamnesi positiva per
patologie infettive, infiammatorie o traumatiche fi
nell’occhio da trattare più recente di 3 mesi, ol-
tre a quelli affetti da diabete non controllato (con
emoglobina glicosilata >10), patologie neopla-
stiche, ematologiche o associate ad immunode-
fi cienza e infezioni in atto a carico di altri distrettifi
corporei. Nessuno dei pazienti si trovava in stato
di gravidanza o allattamento, né aveva un’anam-
nesi positiva per allergie a farmaci o una iper-
sensibilità nota ai farmaci in studio. Infi ne sono fi
stati esclusi i pazienti incapaci di comprendere
e attuare le istruzioni previste dallo studio.
I partecipanti sono stati convocati per una visita
di controllo pre-trattamento 3 giorni prima dell’i-
niezione, durante la quale sono stati verificati i fi
criteri di inclusione ed esclusione, oltre che le
eventuali terapie precedenti e concomitanti.
Dopo aver fatto firmare il consenso informato, fi
ad ogni paziente è stata prescritta la terapia an-
tibiotica pre-operatoria.
I pazienti sono stati randomizzati in 2 gruppi;
il primo è stato trattato con Levofloxacina 0.5%fl
collirio per i 3 giorni precedenti all’intervento
con una posologia di 1 goccia per 5 volte al
giorno; il secondo è stato trattato con Azitro-
micina 1.5% collirio alla posologia di 1 goccia
per 2 volte al giorno, da utilizzare nei 3 giorni
precedenti all’iniezione. Il trattamento veniva
assegnato ai pazienti in modo alternato, in base
all’ordine di convocazione ed indipendente-
mente dal sesso e dall’età.
Passati i tre giorni, i pazienti sono stati convo-
cati nuovamente per una visita pre-operatoria,
durante la quale venivano evidenziati even-
tuali di segni di ipersensibilità o intolleranza
all’antibiotico utilizzato.
Tutti i pazienti prima dell’intervento sono stati sot-
toposti a disinfezione della cute palpebrale e pe-
riorbitaria con Iodopovidone 10% ed instillazio-
ne di Iodopovidone 5% nel sacco congiuntivale.
Il giorno successivo all’intervento i pazienti sono
stati sottoposti ad una valutazione clinica stan-
dard post-IVT (Figura 1).
L’effi cacia del trattamento è stata valutata me-fi
diante esami microbiologici su campioni prele-
vati con tamponi oculari ESWAB dal bordo pal-
pebrale e dal sacco congiuntivale e quindi sugli
aghi utilizzati per l’iniezione intravitreale, che
sono stati raccolti in maniera sterile alla fi ne delfi
trattamento come sotto indicato:
• T0 (I Prelievo) Giorno -3: Si effettuano i prelievi
durante la visita pre-operatoria, tre giorni pri-
ma dell’iniezione intravitreale e prima dell’as-
segnazione della terapia antibiotica topica.
• T1 (II Prelievo) Giorno 0 Pre-IVT: Si effettuano
i prelievi al termine dei 3 giorni di terapia an-
tibiotica topica e prima della procedura di di-
sinfezione pre-operatoria con lo iodopovidone.
• T2 (III Prelievo) Giorno 0 Post-IVT: Si effettua-
L’identifi cazione è stata compiuta arricchendo i fi
500 microlitri di amies contenuti in ognuno dei
tamponi raccolti, con un volume almeno doppio
di Brain Heart Infusion (BHI). Dopo incubazione
di 16 - 24 h alla temperatura di 35° il contenuto è
stato seminato su tre terreni di coltura dei quali
tre selettivi differenziali:
• 1 piastra di MacConkey agar (MCK) (terreno
di coltura favorito dai batteri Gram-negativi).
• 1 Columbia CNA (terreno di coltura favorito
dai batteri Gram-positivi).
• 1 piastra di agar cioccolato con polivitox
(PVX), incubata in arricchimento di CO² con
pressione parziale del 10% (terreno di coltura
capace di sostenere sia i batteri Gram-positivi
che negativi).
L’osservazione delle colonie cresciute sulle pia-
stre ha permesso un’identifi cazione genericafi
della loro tipologia, necessaria alla successiva
classifi cazione.fi
Le colonie batteriche pure, selezionate tra quelle
ottenute dai terreni selettivi differenziali, sono sta-
te inoculate nelle appropriate gallerie d’identifi-fi
cazione (Tabella 1), scelte sulla base dell’identifi-fi
cazione presuntiva effettuata sui terreni di coltura.
Nessuna delle gallerie utilizzate era in grado
di identifi care i bacilli Gram-positivi, ma è statofi
possibile determinarne le capacità emolitiche
utilizzando un terreno agar-sangue (TSS), ovve-
Figura 1Disinfezione del saccocongiuntivale
Figura 2Modalità di esecuzione
Gallerie di identifi cazione utilizzate per l’identifi cazione dei ceppi batterici ottenuti in coltura.
ID 32 GNGalleria per l’identifi cazione dei bacilli Gram-negativi. Ha un tempo difiincubazione di 18/24h e non utilizza reattivi.
ID 32 STAPHGalleria per l’identifi cazione di batteri del genere Staphylococcus,fiMicrococcus, Rothia ed Aerococcus. Ha un tempo di incubazione di 18/24he utilizza i reattivi NIT (NIT1+NIT2), VP (VPA+VPB), da bera-GAL a PyrA.
Rapid ID 32 STREPGalleria per l’identifi cazione di Streptococchi, Enterococchi e germi affifi ni. fiHa un tempo di incubazione di 4/5h e utilizza i reattivi VP (VPA+VPB), daAPPA a GTA (FB), HIP (NIN)
tabella 1
Riduzione della carica batterica della superfi cie oculare in pazienti sottoposti a Terapia Intravitreale (IVT),
mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato aprofi lassi con Iodopovidone
8 viscochirurgia 1 • 2012
ro si è proceduto alla identifi cazione genetica.fi
La determinazione della carica batterica è stata
eseguita usando una semina ad alberello, per la
stima della carica semiquantitativa.
Le piastre sono state quindi analizzate da un
operatore esperto, per valutare la crescita batte-
rica prima e dopo il trattamento antibiotico ovve-
ro la percentuale di prelievi con colture positive
alla visita di controllo pre-trattamento (T0), che
sono risultate negative al momento della visita
pre-operatoria (T1) e la percentuale di colture
positive alla visita pre-operatoria, che sono ri-
sultate negative al prelievo post-operatorio (T2).
Sono state confrontate tra loro le percentuali di
colture batteriche positive nei campioni preleva-
ti nei tre tempi, sia per il sacco congiuntivale che
per il margine palpebrale. È stata calcolata an-
che la percentuale di colture batteriche positive
derivate dalla messa in coltura dell’ago utilizza-
to per l’iniezione intravitreale.
Infi ne è stata valutata comparativamente la com-fi
pliance del paziente alla terapia prescritta e
sono stati analizzati clinicamente i segni di infe-
zione post-IVT.
>> RisultatiUn paziente è stato eliminato dall’analisi stati-
stica in quanto a distanza di 24 ore dalla prima
instillazione di Azitromicina 1.5% ha presentato
lesioni cutanee papulo-eritematose agli avam-
bracci e gambe che ci hanno indotto a sospen-
dere il trattamento.
Abbiamo, pertanto, preso in esame i risultati del-
le colture di 199 pazienti ottenuti da 101 soggetti
di sesso maschile (50.75%) e 98 di sesso fem-
minile (49.25%). 99 pazienti (49.75%) sono stati
trattati con Azitromicina 1.5% e 100 (50.25%) con
Levofl oxacina 0.5%. I due trattamenti sono statifl
assegnati in modo alternato ai pazienti tenendo
conto solo dell’ordine con cui sono stati reclutati
senza considerare il sesso: i soggetti di sesso ma-
schile sono stati trattati più frequentemente con
Azitromicina 1.5% (m/f = 60/39), mentre i soggetti
di sesso femminile con Levofl oxacina 0.5% (m/f =fl
41/59) (Chi quadro =7.65; df=1; p= 0.005).
Nella tabella 2 abbiamo riportato i risultati dei
tamponi palpebrali e congiuntivali al tempo 0.
Assenza di crescita batterica al baseline si è
osservata solo in 3 pazienti (1.5%) a carico del-
la cute palpebrale, in 17 (8.5%) a carico della
congiuntiva. (Chi-quadro Pearson: 11,31; gl=1;
p=0,0008).
Al tempo 0, a carico della cute palpebrale sono
stati rinvenuti 119 (60.7%) tamponi positivi per
un solo ceppo batterico, 64 (32,6%) per due
ceppi, 11 (5.6%) positivi per tre ceppi batterici
ed, infi ne, 2 (1%) per quattro ceppi batterici. A fi
carico della congiuntiva, sono stati rinvenuti 130
us). Rispetto agli altri comuni saprofiti rinvenutifi
(m/f=74/76), queste specie (m/f=27/22) si distri-
buivano in maniera indifferente nei due sessi
(Chi-quadro Pearson: 0,49; gl=1; p=,48).
Tenuto conto di questa suddivisione in due
gruppi (comuni saprofiti Vs saprofifi ti dotati difi
maggiore aggressività), il trattamento antibioti-
co impiegato era stato somministrato indifferen-
temente nei due gruppi (Chi-quadro Pearson:
0,15; gl=1; p=,90).
Riduzione della carica batterica della superfi cie oculare in pazienti sottoposti a Terapia Intravitreale (IVT),
mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato aprofi lassi con Iodopovidone
Risultati dei tamponi palpebrali e congiuntivali dopo trattamento con antibiotici locali a livello della cute palpebrale e dei fornici congiuntivali (ACB: assenza di crescita batterica).
Risultati dei tamponi palpebrali e congiuntivali dopo trattamento con antibiotici locali a livello della cute palpebrale e dei fornici congiuntivali dopo l’esecuzione dell’intravitreale (ACB: assenza di crescita batterica).
Palpebre N % Congiuntiva N %ACB 129 64,8 ACB 153 76,9Staphylococcus epidermidis 58 29,1 Staphylococcus epidermidis 38 19,1Staphylococcus hominis 3 1,5 Staphylococcus hominis 2 1,0Staphylococcus 8 4,0 Staphylococcus 5 2,5Streptococcus 1 0,5 Streptococcus 1 0,5Mancanti 0 0,0 Mancanti 0 0,0
tabella 4
11viscochirurgia1 • 2012
pazienti il numero di colonie dei tamponi è au-
mentato dopo il trattamento: 8 (80%) trattati con
l’Azitromicina 1.5% e 2 (20%) con Levofloxaci-fl
na 0.5%. In 73 casi (59.8%) il numero di colonie
osservate in coltura è rimasto stabile tra prima
e dopo: 37 casi (50.7%) trattati con Azitromicina
1.5% e 36 (49.3%) con Levofloxacina 0.5%. Neifl
restanti 39 casi (32%) si è osservata una ridu-
zione del numero di colonie ottenute dalla coltu-
ra: 19 (48.7%) trattati con Azitromicina 1.5% , 20
(51.3%) con Levofloxacina 0.5%.fl
Il numero di casi in cui sono state isolate spe-
cie più aggressive (Enterococcus casseiflavus, fl
Enterococcus faecalis, Pseudomonas putida,
Staphylococcus aureus, Streptococcus bovis,
Streptococcus epidermidis, Streptococcus mu-
tans, Streptococcus salivarus) si è ridotto a 9.
In nessuno di questi casi tali ceppi erano già
presenti al tempo 0 ed in nessun caso sono stati
rinvenuti a carico della congiuntiva al tempo 1,
dopo terapia antibiotica locale. Rispetto agli altri
comuni saprofi ti rinvenuti (m/f=98/92), questefi
specie (m/f=3/6) si distribuivano indifferente-
mente nei due sessi (Chi-quadro Pearson: 0.101;
gl=1; p=0,749). Allo stesso modo, il trattamento
antibiotico impiegato era stato somministrato in-
differentemente nei due gruppi: comuni sapro-
fi ti Vs saprofifi ti dotati di maggiore aggressivitàfi
(Chi-quadro Pearson: 0,13; gl=1; p=0,72).
Abbiamo ripetuto i tamponi dopo l’intervento
(Tabella 4). Assenza di crescita batterica si os-
servava in 130 pz (65,3%) a livello delle palpe-
bre e in 153 pz (76.9%) a livello della congiun-
tiva. Nei tamponi risultati positivi è sempre stato
rinvenuto un unico ceppo batterico per tampone.
In nessun caso sono stati isolati batteri Gram-.
Lo Staphylococcus epidermidis è stato il ceppo
batterico più frequentemente rinvenuto: erano
positivi per questa specie 58/69 (84.1%) tampo-
ni palpebrali e 38/46 (82.6%) tamponi congiun-
tivali. Nei casi restanti i ceppi batterici erano
prevalentemente Stafi lococchi. In 26/46 (56.5%)fi
tamponi positivi abbiamo isolato lo stesso cep-
po batterico a carico della cute e della congiun-
tiva. In ogni caso i tamponi positivi presentavano
una ridotta crescita batterica. Messi in coltura i
tamponi palpebrali abbiamo osservato una cre-
scita batterica <1000 in 68 casi (98.5%), =1000
in 1 caso (1.5%). Nel caso dei tamponi congiun-
tivali abbiamo osservato una crescita batterica
<1000 in 44 casi (95.6%), =1000 in 2 casi (4.4%).
In nessun caso il numero di colonie osservato
era superiore.
Abbiamo messo in coltura l’ago utilizzato per
eseguire l’intravitreale: assenza di crescita
batterica si osservava in 179 casi (89.9%) (Ta-
bella 5). L’assenza di colture positive si osser-55
vava indipendentemente dal trattamento preo-
peratorio. (Chi-quadro Pearson: 12,0823, gl=8,
p=0,147587)
In tutti i casi è stato rinvenuto un unico ceppo
batterico per tampone. Nessun Gram-. Le col-
ture risultavano più frequentemente positive per
lo Staphylococcus epidermidis: rinvenuto in 7
casi (35%) sul totale delle 20 colture positive.
Anche in questo caso, i ceppi batterici isolati
erano prevalentemente Stafilococchi.fi
Per quanto riguarda gli effetti collaterali legati al
trattamento, come già accennato, un paziente è
stato escluso dallo studio, in quanto a distanza di
24 ore dalla prima instillazione di Azitromicina
1.5%, ha presentato lesioni cutanee papulo-eri-
tematose agli avambracci e gambe. Nessun al-
tra reazione avversa tale da rendere necessaria
la sospensione del trattamento è stata osservata
nei due gruppi. (p=0.32) Sei (6.1%) pazienti in
terapia con Azitromicina 1.5% hanno riferito un
transitorio bruciore associato senso di appanna-
mento legato all’instillazione del farmaco. Nes-
sun paziente in terapia con Levofloxacina 0.5% fl
ha lamentato effetti collaterali legati al trattamen-
to. (p=0.01) In nessun caso abbiamo osservato
altri effetti collaterali locali o sistemici legati al
trattamento.
Riduzione della carica batterica della superfi cie oculare in pazienti sottoposti a Terapia Intravitreale (IVT),
mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato aprofi lassi con Iodopovidone
Colture batteriche osservate all’esame dell’ago utilizzato per l’esecuzione dell’iniezione intravitreale (ACB: assenza di crescita batterica).
procedura, può essere trasferita all’atto dell’inie-
zione dalla superficie batterica al vitreo.fi
L’esame dei risultati ottenuti al tempo T2 (dopo
la disinfezione standard della cute palpebrale
che del sacco congiuntivale con iodopovido-
ne) ha evidenziato che la negativizzazione dei
tamponi palpebrali si è verifi cata in 130/199 pz fi
(65.3%). Ciò significa che almeno un pazientefi
su tre che viene sottoposto a terapia intravitreale
presenta una carica batterica a livello delle pal-
pebre nonostante l’effetto sinergico tra antibio-
tico e iodopovidone, riaffermando ancora una
volta la necessità di un effi cace isolamento delfi
margine palpebrale dal campo operatorio me-
diante l’uso di telo sterile e blefarostato.
Migliori risultati sono stati ottenuti a livello con-
giuntivale dove in 153/199 pazienti (76.9%) la
coltura ha dato esito negativo. I migliori risultati
a livello della congiuntiva del trattamento con
iodopovidone si sono concretizzati anche in ter-
mini di: un unico ceppo batterico nei tamponi
positivi; una ridotta carica batterica (<1000 nel
95.6% dei casi); assenza di Gram-. In ogni caso,
il 23,1% dei pazienti ha una carica residua, ov-
vero più di un paziente su 4 giunge al momento
dell’infi ssione dell’ago nella sclera con un certofi
grado di carica batterica.
Dato che in nessuno dei pazienti inclusi nel-
lo studio sono stati evidenziati segni clinici di
contaminazione batterica del vitreo, dobbiamo
ipotizzare che la carica batterica, al momento
dell’iniezione, fosse comunque insuffi ciente per fi
indurre una infezione intraoculare.
Per quanto concerne il confronto fra i due anti-
biotici utilizzati i nostri dati mostrano una sostan-
ziale equivalenza dei due preparati.
Le percentuali di campioni negativi non mostra-
no una differenza statisticamente significativa trafi
i due antibiotici.
Per quanto concerne l’ago abbiamo rilevato
una percentuale di colture sterili dell’89.9%.
Tale dato non è peraltro correlato con il decorso
post-operatorio dei pazienti che, come eviden-
ziato in precedenza, non hanno manifestato sin-
tomi correlabili a contaminazione vitreale.
La positività delle colture degli aghi potrebbe esse-
re anche dovuta ad una contaminazione occasiona-
le correlata alle manovre di isolamento e trasporto.
Lo Staphylococcus epidermidis è ad ogni tem-
po il ceppo batterico più frequentemente iso-
lato. Pur essendo un normale saprofi ta è unofi
dei batteri più frequentemente implicato come
causa di endoftalmite (Kresloff et al 1998). A con-
ferma che la superfi cie e gli annessi oculari co-fi
stituiscono la fonte primaria dei ceppi batterici
causa di endoftalmite.
Nella randomizzazione del trattamento non ab-
biamo tenuto conto del fattore sesso, per cui
nell’analisi dei risultati è emersa la presenza di
un bias nel nostro campione: i soggetti di sesso
maschile sono stati trattati più frequentemente
con Azitromicina 1.5% mentre i soggetti di ses-
so femminile con Levofl oxacina 0.5% (p=0.005). fl
Quando siamo andati ad analizzare il tratta-
mento antibiotico impiegato rispetto alle spe-
cie batteriche rinvenute al tempo 0 suddivise
in “aggressive” Vs “comuni saprofiti” era statofi
somministrato indifferentemente nei due gruppi.
Tale errore di campionamento sembra, quindi,
non in grado di infl uenzare la bontà dei nostrifl
risultati.
Un solo paziente in terapia con Azitromicina
1.5% ha riportato una reazione al trattamento di
natura idiosincrasica tale da renderne necessa-
ria la sospensione. Gli altri effetti collaterali rife-
riti dai pazienti in terapia con Azitromicina 1.5%
sono stati transitori ed insignificanti da un punto fi
di vista clinico.
In conclusione il nostro lavoro dimostra che la tera-
pia antibiotica ha un effetto limitato nella riduzione
della carica batterica in pazienti sottoposti a te-
rapia intravitreale e che tale “ineffi cacia” è molto fi
maggiore sulle palpebre rispetto alla congiuntiva.
Nella migliore ipotesi almeno il 90% dei pazien-
ti presenta una carica batterica residua a livello
delle palpebre ed il 60% a livello della congiun-
tiva nella fase pre-operatoria, dopo la terapia
antibiotica topica a largo spettro!
Sicuramente la profi lassi antibiotica pre-opera-fi
toria porta ad una riduzione della carica batte-
rica, in quanto il numero di colonie ottenute nei
campioni positivi è inferiore rispetto a quelle
prima del trattamento. Si riduce, inoltre, la per-
centuale di tamponi positivi per più ceppi batte-
rici e si riducono i batteri più “aggressivi”.
I risultati ottenuti pongono l’attenzione sull’im-
Riduzione della carica batterica della superfi cie oculare in pazienti sottoposti a Terapia Intravitreale (IVT),
mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato aprofi lassi con Iodopovidone
14 viscochirurgia 1 • 2012
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portanza di istituire, in fase operatoria, delle ma-
novre volte a minimizzare il rischio di contamina-
zione vitreale, quali:
• la profi lassi con iodopovidone, che deve esserefi
sempre effettuata nei modi e nei tempi stabiliti
• l’applicazione corretta del telo sterile e del
blefarostato, in modo da evitare la contiguità
fra margine palpebrale e campo operatorio.
Lo studio dimostra infi ne che non ci sono diffe-fi
renze significative nella riduzione della carica fi
batterica indotta dai due antibiotici sottoposti a
monitoraggio.
La ridotta posologia dell’Azitromicina 1.5% e
la lunga durata del suo effetto possono esse-
re fattori importanti che possono aiutare nella
scelta dell’antibiotico locale da preferire come
profilassi. fi �
15viscochirurgia1 • 2012
Studio preliminare sulla penetrazione di antibiotici in camera anteriore dopo somministrazione topica
Carlo Cagini � Francesco Piccinelli � Gianluigi Tosi � Anna Bartolini � Francesca Riccitelli �
Marco Lupidi � Antonio Garritano � Amedeo Pieri �
Università degli Studi di Perugia, Dipartimento di Specialità Medico Chirurgiche e Sanità Pubblica, Sezione di Oculistica (Direttore: Prof. Carlo Cagini)
>>
RIASSUNTOScopo del lavoro: Determinare la capacità di penetrazione in camera anteriore di alcuni antibiotici comunemente utilizzati in oftalmologia: cloramfenicolo, netilmicina e tobramicina.Materiali e Metodi: In un gruppo di 40 pazienti operandi di cataratta prima dell’intervento è stata instillata una gocciadi collirio a base netilmicina o tobramicina oppure una goccia di sospensione o di gel a base di cloramfenicolo. Subito prima dell’intervento è stato quindi prelevato a ciascuno di essi un campione di umore acqueo, in un intervallo com-preso tra 1 e 4 ore dall’instillazione, al fi ne di determinare con metodica HPLC i livelli di concentrazione degli antibioticifiin camera anteriore.Risultati: È stata rilevata una concentrazione media di cloramfenicolo pari a 0,23 + 0,21 μg/mL nella formulazionein sospensione e 0,127 + 0,14 μg/mL nella formulazione in gel, mentre non sono state rilevate quantità sensibili di tobramicina e netilmicina. Conclusioni: Il dato che il cloramfenicolo, sia in formulazione sospensione che gel, si ritrova nell’acqueo dopo singola somministrazione in un intervallo di tempo compreso tra una e quattro ore, ci sembra particolarmente importante: ciò infatti conferma che il farmaco penetra in camera anteriore a differenza degli altri antibiotici testati che non penetrano in camera anteriore dopo somministrazione topica.
ABSTRACT Aim of the study: This study purposes to determine the ability of penetration in anterior chamber of some antibiotics commonly used in ophthalmology, in particular the chloramphenicol, the netilmycin and the tobramycin. Materials and Methods: Netilmycin and tobramycin ophthalmic solution and chloramphenicol ophthalmic gel or su-spension were topically applied in 40 patients at various times before cataract surgery. The aqueous humor was obtai-ned at the time of surgery, in an interval included among 1 and 4 hours from the application, and analyzed for ne-tilmycin, tobramycin and chloramphenicol concentration using the HPLC method.Results: Chloramphenicol aqueous humor concentration levels were 0.23 + 0.21 μg/ml for ophthalmic suspension and 0.127 + 0.14 μg/ml for ophthalmic gel. There were no traces of tobramycin and netilmycin in aqueous humor.Conclusions: Chloramphenicol was found in aqueous humor after ophthalmic suspension and gel application. This fact not only proves that chloramphenicol penetrates in anterior chamber after a single topical application, but also that tobramycin and netilmycin don’t soak in after a drop instillation.
>> IntroduzioneIn Oftalmologia, in presenza di infezioni del seg-
mento anteriore, vengono utilizzati colliri anti-
biotici a largo spettro di azione, sia da soli sia in
associazione con steroidi. In particolare molto
frequentemente vengono impiegati il cloram-
fenicolo o un aminoglicoside: essi possiedono
infatti un ampio spettro di azione, efficace sia fi
nei confronti dei germi gram positivi che gram
negativi, e consentono di risolvere la maggior
parte delle infezioni della superficie oculare. fi
Per questo motivo, il cloramfenicolo e gli ami-
noglicosidi sono largamente utilizzati in tutto il
mondo in presenza di congiuntiviti, cherato-
congiuntiviti, blefariti e spesso nel trattamento
di pazienti sottoposti a chirurgia del segmento
anteriore o della vitreo-retina.
È noto inoltre che alcuni antibiotici possiedono
la capacità di superare la barriera corneale e
penetrare in camera anteriore. Questa loro ca-
ratteristica consente di utilizzare razionalmente
il farmaco, anche in presenza di una infezione
intraoculare o nel postoperatorio nella profilassi fi
delle infezioni.
Lo scopo di questo studio è investigare la capa-
cità di penetrazione in camera anteriore di alcuni
PAROLE CHIAVE colliriopenetrazione in C. A.cloramfenicolo
KEY WORDS eye dropspenetration in A.C.chloramphenicol
16 viscochirurgia 1 • 2012
C. Cagini, F. Piccinelli, G. Tosi, A. Bartolini, F. Riccitelli, M. Lupidi, A. Garritano, A. Pieri
antibiotici comunemente utilizzati in oftalmologia,
in particolare il cloramfenicolo, la netilmicina e la
tobramicina, e di verificare se le concentrazionifi
eventualmente raggiunte in camera anteriore
sono effi caci nella profifi lassi o nella terapia delle fi
infezioni intraoculari.
>> Materiali e MetodiSono stati arruolati 48 pazienti adulti di entram-
bi i sessi afferenti all’ambulatorio oculistico della
Clinica Oculistica dell’Università di Perugia, con
diagnosi di cataratta e candidati ad intervento di
facoemulsifi cazione ed impianto di IOL. Sono statifi
esclusi i pazienti già sottoposti a precedenti trat-
tamenti di chirurgia oftalmica e sono stati esclusi i
pazienti con anamnesi positiva per patologie flo-fl
liri. Dopo l’inclusione nello studio, i pazienti sono
stati suddivisi in maniera randomizzata in quattro
gruppi. La mattina dell’intervento ai pazienti del
Gruppo 1 (14 pazienti) è stata instillata una goc-
cia di sospensione a base di cloramfenicolo e
betametasone (Betapioptal sospensione, Farmila-
Théa Farmaceutici S.p.A., Settimo Milanese, Mila-
no, Italia). Ai pazienti del Gruppo 2 (12 pazienti)
è stata effettuata una applicazione di gel a base
di cloramfenicolo e betametasone (Betapioptal
gel, Farmila-Théa Farmaceutici S.p.A., Settimo
Milanese, Milano, Italia). Ai pazienti del Gruppo 3
(11 pazienti) è stata instillata una goccia di collirio
a base di netilmicina e desametasone (Netildex
collirio, SIFI spa, Catania, Italia), mentre ai pa-
zienti del Gruppo 4 (13 pazienti) è stata instillata
una goccia di collirio a base di tobramicina e
desametasone (Tobradex collirio, Alcon Labo-
ratories, South Freeway Fort Worth, Texas USA).
In tutti i pazienti è quindi stata seguita la nor-
male routine chirurgica, ovvero è stata indotta
la midriasi inserendo circa 60‘ prima dell’atto
chirurgico una compressa di Mydriasert (tropi-
camide 0,28 mg e fenilefrina cloridrato 5,4 mg.,
SOOFT Italia), la quale è stata quindi rimossa su-
bito prima della chirurgia. Poco prima dell’inter-
vento è stato inoltre applicato un collirio a base di
lidocaina 4% (3 o 4 somministrazioni) ed è stata
eseguita la disinfezione della cute periobitaria e
dei fornici congiuntivali con una soluzione a base
di iodiopovidone (Oftasteril, Alfa Intes, Casoria,
Napoli, Italia). Subito dopo l’esecuzione dell‘inci-
sione chirurgica principale, taglio di 2.2 mm. in
cornea chiara nel settore temporale, è stato pre-
levato a ciascun paziente un campione di 40-120
μL di umore acqueo, mediante paracentesi della
camera anteriore con siringa per insulina ed il
campione è stato immediatamente trasferito in
una fi ala Eppendorf e conservato a –20°C. Sull’e-fi
tichetta di ciascuna fi ala è stato riportato il nume-fi
ro di randomizzazione del paziente e l’intervallo
di tempo intercorso tra la somministrazione del
prodotto in studio ed il momento del prelievo. Tut-
ti i prelievi sono stati eseguiti in un intervallo di
tempo fra la somministrazione ed il prelievo com-
preso fra i 70 minuti e i 300 minuti. L’intervento di
cataratta è stato poi realizzato secondo le proce-
dure standard in uso presso il reparto e tutti gli
interventi sono stati completati senza alcuna com-
plicanza intra o post operatoria.
I campioni prelevati sono stati successivamente
trasportati ed analizzati presso il laboratorio del
Dipartimento di Chimica dell’Università degli Stu-
di di Perugia al fine di determinare i livelli di con-fi
centrazione degli antibiotici presenti nei singoli
campioni prelevati: tale indagine è stata eseguita
mediante gas cromatografia - spettrometria di fi
massa (GC / MS) con pre-trattamento del cam-
pione, secondo la metodica già descritta in pre-
cedenza1.
>> RisultatiNei pazienti del gruppo 1, dopo la somministra-
zione di cloramfenicolo in sospensione (Beta-
bioptal collirio), è stata riscontrata una concentra-
zione media del farmaco pari a 0,23 + 0,21 μg/
mL; inoltre esso raggiunge un picco di concen-
trazione dopo circa 120 minuti ed è rilevabile
fi no a circa 210 minutifi (Figura 1). Nei pazienti del
Gruppo 2, dopo la somministrazione di cloramfe-
nicolo in gel (Betabioptal gel), è stata riscontrata
una concentrazione media del farmaco di 0,127 +
0,14 μg/mL; il picco di concentrazione è presen-
te dopo circa 180 minuti dalla somministrazione
e l’antibiotico è rilevabile fi no a circa 240 minuti fi
(Figura 2). Nel Gruppo 3 (Netildex collirio) e nel
Gruppo 4 (Tobradex collirio) non sono state rile-
vate quantità sensibili di antibiotico.
17viscochirurgia1 • 2012
Studio preliminare sulla penetrazione di antibiotici in camera anteriore dopo somministrazione topica
>> Discussione
Il nostro studio ha quindi dimostrato il passaggio
in camera anteriore di cloramfenicolo, sia quando
questo viene somministrato in sospensione che
in gel. La tobramicina e la netilmicina, al contra-
rio, non sono state rilevate in camera anteriore in
quantità apprezzabili.
Il passaggio del cloramfenicolo in camera ante-
riore è stato già in passato dimostrato ed è dovuto
all‘elevata liposolubilità della molecola, mentre, a
nostra conoscenza, non è mai stato dimostrato il
passaggio in camera anteriore né della netilmici-
na né della tobramicina: il nostro studio concorda
su questo fatto.
Il fatto che il cloramfenicolo, sia in formulazione
sospensione che gel, penetra in camera anterio-
re e che si ritrova nell’acqueo dopo singola som-
ministrazione in un intervallo di tempo compreso
tra una e quattro ore, ci sembra particolarmente
importante: ciò, infatti, conferma che il regime po-
sologico generalmente utilizzato è appropriato ai
fi ni di garantire la presenza del farmaco in came-fi
ra anteriore. I dati presenti in Letteratura sono, pe-
raltro, abbastanza scarsi e non ci consentono di
confrontare i nostri risultati con quelli di altri Au-
tori dopo singola somministrazione dell’antibioti-
co, né siamo in condizioni di escludere eventuali
interazioni del corticosteroide associato nella pe-
netrazione dei due aminoglicosidi testati.
Occorre premettere che questo nostro studio
rappresenta solo la fase pilota di uno studio più
completo, atto a valutare le capacità di penetra-
zione di alcuni antibiotici in camera anteriore.
Ci riproponiamo, infatti, di aumentare il cam-
pione studiato, di verificare le concentrazioni fi
nell’umor acqueo dopo somministrazioni ri-
petute e di confrontare le concentrazioni intra-
oculari ottenute con le concentrazioni minime
inibenti la crescita dei germi più comunemente
responsabili delle infezioni intraoculari. Il nostro
studio preliminare ci ha, in questo momento,
consentito di confermare la penetrazione del
cloramfenicolo in camera anteriore dopo som-
ministrazione topica. �
Figura 1Penetrazione del cloramfenicolo in camera anteriore dopo somministrazione in sospensione
Figura 2Penetrazione del cloramfenicolo in camera anteriore doposomministrazione in gel
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A pochi giorni dal Congresso SITRAC il Prof. Emilio Balestrazzi ha avuto la cortesia di ospitarmi per questa Viscointervista.Il tempo trascorso insieme quella mattina di poche settimane fa è trascorso simpaticamente, tra antichi ricordi, qualche risata al ricordo di piccoli episodi del passato e, fondamentalmente, su un piano di affetto reciproco e, da parte mia, di rispetto e gratitudi-ne per chi ha avuto 30 e più anni fa fi ducia professionale in me, dicendomi una sera “… quel distacco di retina domani lo fai tu.”… quella notte sembrò non passare mai!
Vittorio Picardo
VISC
OC
HIRU
RGIA
Caro Professore,
la Sua formazione professionale si è svolta a
Bari, dove i campi di interesse se non ricordo
male, erano glaucoma e retina chirurgica.
A queste sub specialità però Lei affian-
cò presto un’intensa attività di ricerca
di anatomia patologica oculare.
Come si conciliavano tutti questi interessi?
Sì, a quei tempi, nelle Cliniche Oculistiche era-
vamo in pochi, relativamente alle attività didatti-
che (Scuola di Specializzazione) e cliniche; basti
pensare che la Clinica Oculistica dell’Università
di Bari contava 130 letti di degenza oltre a quat-
tro sale operatorie. Era così indispensabile sa-
pere fare un po’ di tutto, perché c’era bisogno di
“braccia” per mandare avanti una mole di lavoro
simile. Per questo il nostro Maestro, il Prof. Scu-
deri ci dava la possibilità di lavorare presto in
prima persona, anche chirurgicamente, una vol-
ta addestrati da quello che era il nostro fratello
maggiore ed il suo Aiuto, il Prof. Cardia.
Fu così che dopo aver diretto il Centro di Glau-
coma per qualche anno, dovetti prendere in pri-
ma persona la responsabilità della chirurgia del
distacco di retina fi no allora gestita dal Prof. Car-fi
dia, che avevoaa aiutato per anni e che era stato
trasferito sulla Cattedra di Sassari.
L’Anatomia Patologica oculare era un grande
amore coltivato fi n dal 1962, quando divennifi
interno presso l’Istituto di Anatomia Patologia
dell’Università di Bari e dove rimasi fi no al 1967, fi
partecipando all’attività autoptica ed acquisen-
do un’autonomia nella diagnostica istopatologi-
ca al microscopio, che mi consentì di installare
un Laboratorio di Istopatologia Oculare nella
Clinica Oculistica. Ciò mi permise di svolgere
tutta l’attività bioptica autonomamente, dappri-
ma coadiuvato da un tecnico di laboratorio e
dopo qualche anno dalla preziosissima opera
del Dott. Nicola delle Noci, oggi Direttore della
Clinica Oculistica dell’Università di Foggia, nel
frattempo iscrittosi alla nostra Scuola di Specia-
lizzazione a Bari, che divenne così il mio primo
collaboratore. Tutto questo materiale ci permise
di dare alle stampe l’unico testo in lingua italiana
di Anatomia Patologica Oculare nel 1984.
Tutti questi interessi potevano essere coltivati
grazie alla nostra giovane età, al nostro entu-
siasmo ed alla grande voglia di imparare e di
emergere (si rimaneva in Clinica fino all’ora difi
cena…).
Nel 1978 il trasferimento da Bari a Roma, in-sieme al Suo Maestro, Prof. Scuderi.Da quel momento fino al concorso per Pro-fessore Ordinario Lei ha di fatto gestito tutte le attività assistenziali della Seconda Clinica Oculistica dell’Università di Roma, a soli 36 anni di età. Come ricorda tutti quegli anni?
Il Prof. Scuderi, avendo portato a Roma al suo
seguito, oltre me, i dott. Scorcia, Recupero e te
19viscochirurgia1 • 2012
LELE VISCOVISCO INTERVISTE INTERVISTE
che eri ancora uno specializzando. Mi affi dò i fi
compiti di Primo Aiuto, così da gestire, per Suo
conto, le attività assistenziali della II Clinica
Oculistica della Sapienza al Policlinico Umber-
to I, dove trovammo i “vecchi” collaboratori del
Prof. G. B. Bietti.
Sono stati 9 anni molti duri, faticosi e possiamo
dire che con uno spirito di corpo molto forte, ab-
biamo portato lì le innovazioni che il nostro Ma-
estro ci aveva imposto e, a sorpresa, abbiamo
svolto un’intensa attività chirurgica, anche e so-
prattutto, nel settore della chirurgia episclerale
dei distacchi di retina oltre che nella vitrectomia,
allora agli esordi.
Fu in quegli anni che nacque un altro amore, che
dura ancora oggi, quello dei trapianti di cornea,
fi no ad allora molto poco praticato in Italia, se nonfi
in piccole sacche, come Pavia, Mestre, Napoli ed
anche Bari dove il nostro Maestro ci aveva iniziati.
E fu così che nel 1981, nell’occasione del varo
della Legge che regolava i prelievi ed i trapianti
di cornea, effettuai il mio primo trapianto di cor-
nea, coadiuvato proprio da te, ricordi?
Certo, anzi il prelievo lo facemmo proprio
qui al Gemelli e il donatore era un sacerdo-
te, e poi onde evitare qualunque errore, pas-
sammo alcune ore a casa tua a ripassarci tut-
ta la procedura e i compiti di ciascuno di noi.
Sì, è proprio vero, Vittorio, e da allora molti altri
ne sono seguiti, fi no ad oggi, così da poter con-fi
tare nella mia carriera oltre duemila procedure
di trapianti, oltre ai tanti effettuati dai miei allievi,
il Prof. Spadea ed il Dr. Mosca.
Vinto nel 1982 il Concorso per Professore Asso-
ciato, ottenni l’insegnamento di Oftalmologia Pe-
diatrica, che ricoprii fi no al 1986 sempre a Roma.fi
Poi il concorso nazionale per Prof. Ordinario
vinto nel 1986 e la chiamata presso la Facoltà di
Medicina e Chirurgia dell’Università di L’Aqui-
la e la Direzione dell’Ottica Fisiopatologica nel
1986 e della Clinica Oculistica nel 1987 con la
riorganizzazione della struttura assistenziale,
prima al vecchio Ospedale e successivamente
nel nuovo Policlinico di Coppito.
Anni formativi e di grande impegno, imma-
gino. Dal 2004 Direttore dell’Istituto di Of-
talmologia dell’Università Cattolica del Sa-
cro Cuore di Roma, al Policlinico Gemelli, in
un momento in cui le strutture assistenziali
si modificavano sensibilmente, passando
dal vecchio concetto di tanti letti di degenza
e ricoveri di lunga durata, a strutture di day
hospital, con un incremento esponenziale
della attività sugli “out patients”, sia per le
attività di diagnostica che per quelle clinico
assistenziali mediche e chirurgiche.
Come possiamo sintetizzare tutti questi anni?
Per quanto riguarda i 18 anni trascorsi a L’Aquila,
le tappe fondamentali raggiunte con i collabo-
ratori trovati lì e con i “ragazzi partiti da Roma”,
sopra tutti Blasi, Marullo, Spadea, Sabetti e Pin-
tucci sono state:
- L’istituzione della Scuola di Specializzazione in
Oftalmologia e della Scuola di Ortottica, prime
in assoluto nella regione Abruzzo, da cui si do-
veva fi no ad allora emigrare per conseguire talifi
titoli di studio.
- La Fondazione Banca degli Occhi de L’Aquila,
Centro di Riferimento per la Regione Abruzzo
per il prelievo ed il trapianto di cornea, otte-
nuta grazie ad un fi nanziamento della Regionefi
Abruzzo, a riconoscimento dell’intensa attività
chirurgica nel settore specifico.fi
- L’istituzione di un Servizio di Oncologia Ocula-
re che offriva la possibilità (ottenuta con decreto
comunale e regionale) di applicare placche di
Rutenio per la brachiterapia dei tumori endobul-
bari, prima sede nel Centro-Sud.
- In defi nitiva, grazie a tali “eccellenze”, oltre chefi
all’istituzione della chirurgia rifrattiva con Laser
ad eccimeri, il raggiungimento di un traguardo
enorme per una piccola città decentrata come
L’Aquila: il 60 % di pazienti da fuori Regione, ol-
tre ai fuori Provincia.
Come ha gestito questa rivoluzione, mante-
nendo però alti i livelli di assistenza?
Tornato fi nalmente a Roma, al Policlinico Gemel-fi
li, ho messo subito in pratica quanto avevo ap-aa
preso in tanti anni di attività clinica “sul campo”
e soprattutto quanto l’Amministrazione dell’O-
spedale di L’Aquila (allora molto effi ciente…) ci fi
aveva fatto apprendere, in tema di management
sanitario, con ripetuti corsi espletati da docen-
20 viscochirurgia 1 • 2012
ti della Bocconi di Milano a domicilio, presso
l’Ospedale aquilano. Così portai subito i letti di
degenza da 44 trovati al mio arrivo, a 8 letti per
ricovero ordinario e 22 per Day-Surgery.
Vennero così trasformate le attività chirurgiche
prevalentemente in Day Surgery e chirurgia am-
bulatoriale, riducendo la degenza media da 7.2
giorni a 2.4 ed aumentando di pari passo il peso
delle procedure chirurgiche, allestendo 3 sale
operatorie, più la sala operatoria per il laser a
femtosecondi ed il laser ad eccimeri.
Oltre a ciò, gli spazi guadagnati con la riduzione
dei posti letto, sono stati utilizzati per gli ambu-
latori speciali al II piano, decongestionando così
l’ambulatorio divisionale, situato al I piano.
Come si concilia tutto questo con un’intensa
attività scientifica?
Il livello dell’attività scientifi ca è stato mante-fi
nuto nonostante questa mole di attività clinica,
grazie all’impegno dei miei collaboratori, co-
ordinati da un eccellente ricercatore, come il
Prof. Falsini.
I vecchi amori ritornano e così da qualche
anno nella Sua Clinica è nato un centro di
oncologia oculare, una piccola eccellenza.
Che attività vi vengono svolte?
Il servizio di Oncologia Oculare è uno dei no-
stri fi ori all’occhiello. Ho dovuto faticare con le fi
pratiche burocratiche per ottenere i permessi
per la brachiterapia con Placche di Rutenio e
di Iodio, iniziando tale attività, in attesa dell’ar-
rivo, quanto mai opportuno e tempestivo del-
la Prof.ssa Blasi, chiamata per trasferimento
presso la nostra Facoltà dall’Università di L’A-
quila. La Prof.ssa Blasi, con la sua riconosciuta
competenza ed esperienza ha preso in mano
la Direzione di quel servizio, incrementandola
sempre più.
Vengono lì espletate appunto le procedure di
Brachiterapia con Placche di Rutenio e di Iodio,
la TTT (termoterapia trans pupillare), la che-
mioterapia topica, la immunoterapia iniettiva, la
chirurgia conservativa e demolitiva dei tumori
oculari oltre alla chirurgia ricostruttiva.
Il Servizio attrae pazienti di ogni parte d’Italia
e, per dare un’idea dei volumi di attività, svol-
ge un’attività ambulatoriale per circa 15 pazienti
oncologici al giorno, con una media di 8/10 nuo-
vi casi di melanoma uveale al mese.
Infine, da qualche tempo, possedete un La-
ser a femtosecondi per le attività di chirur-
gia corneale. Che indicazioni suggerisce?
Che risultati avete?
Dal 2005, avendo compreso le grandi poten-
zialità di questa macchina, ho dotato, grazie al
sostegno della mia Istituzione, la Clinica Ocu-
listica del Gemelli del Laser a Femtosecondi
(Intralase).
Dopo 7 anni di utilizzo, possiamo senz’altro
concludere che le indicazioni più entusia-
smanti sono per le cosiddette I-Lasik per la
correzione delle miopie, degli astigmatismi e
soprattutto delle ipermetropie medio-elevate,
non correggibili con altre tecniche. Altre indi-
cazioni che offrono ottimi risultati, ripetibili e
prevedibili, sono le cheratoplastiche lamella-
ri, per quanto riguarda degenerazioni eredo-
familiari della cornea, le opacità post infettive e
post traumatiche.
LELE VISCOVISCO INTERVISTE INTERVISTE
Attività chirurgica Polo Nazionale postazione di training
21viscochirurgia1 • 2012
LELE VISCOVISCO INTERVISTE INTERVISTE
Il tutto monitorato dalle notizie forniteci, per la
scelta dell’approccio, dalla microscopia confo-
cale e dall’OCT del segmento anteriore.
Per quanto riguarda il cheratocono e le pato-
logie ectasiche, i risultati sono meno buoni e
le cheratoplastiche lamellari manuali (in par-
ticolare la tecnica Big Bubble) danni risultati
migliori, così come, quando indicate, la “vec-
chia” ma pur sempre valida, cheratoplastica
perforante.
Per concludere desiderò però ricordare tutti i
miei validissimi collaboratori che operano nei
vari settori della Clinica e senza dei quali non
avrei potuto raggiungere i livelli che tutti insie-
me abbiamo ottenuto:
- I Dottori Angelo M. Minnella, Andrea Scupola,
Guglielmo D’Amico, Tomaso Caporossi per la
Retina Medica e Chirurgica, oltre al Prof. France-
sco Focosi, recentemente andato in quiescenza
e che fi no a tale data ha coordinato il settore.fi
- La Prof.ssa Maria Antonietta Blasi, la Dr.ssa Mo-
nica Pagliara per l’Oncologia Oculare
- I Dott. Fernando Molle e Domenico Lepore per
la Retinopatia del Prematuro (ROP) e per la Re-
tina chirurgica.
- Il Dott. Luigi Mosca per la Cornea
- La Dr.ssa Romina Fasciani per la Cornea e per
l’Ipovisione
- I Dott. Andrea Giudice e. Tommaso Salgarello
per il Glaucoma
- La Dr.sse Anna Dickmann e la Annabella Salerni
per l’Oftalmologia Pediatrica
- Il Dott. Gustavo Savino per l’Oftalmologia Pe-
diatrica e per l’Oftalmoplastica.
- Il Prof. Benedetto Falsini per l’Elettrofisiologia e fi
la Neuroftalmologia.
- La Dr.ssa Chiara Manganelli per le malattie in-
fi ammatorie ed autoimmunifi
- Il Dott. Erasmo Merendino per il Reparto di de-
genza e per la Day Surgery
- La Dr.ssa Carmela Grazia Caputo per l’eco-
grafia ocularefi
Essi hanno anche permesso un’attività di adde-
stramento degli specializzandi tale da immette-
re “sul mercato” specialisti completi, anche dal
punto di vista chirurgico, così come imporreb-
bero le norme ministeriali…
E così, dopo 2 ore di chiacchierata amichevole e
informale, il Prof. Balestrazzi mi ha invitato per un
gito nelle varie Strutture, tutte belle e ben orga-
nizzate. E in me, quanta nostalgia.
Lì, al cosiddetto 2° P, avevo cominciato il mio in-
ternato da studente e lì nel 1976 mi sono laureato.
Sigh!! �
Vittorio Picardo
Ingresso Polo Nazionale
22 viscochirurgia 1 • 2012
>> Terapia combinata con fotodinamica-verterporfi rina e Ranibizumab intravitreale per il trattamento della Retinal Angiomatous Proliferation correlata alla degenerazione maculare senile� Rosalia Giustolisi � � Simone De Gaetano � � Mariateresa Staltari � � Jessica Marchiori� � Federica Mirra�
Dipartimento di Oftalmologia, Facoltà di Medicina, Università “Sapienza” di Roma
RIASSUNTOScopo del lavoro: Valutare la risposta in termini anatomici e funzionali al trattamento combinato con terapia fotodinamica con verterporfi rina (PDT-V) e Ranibizumab per via intravitreale nei pazienti con Retinal Angiomatous fiProliferation (RAP) correlata alla degenerazione maculare legata all’età (DMLE).Tipo di studio: Studio prospettico randomizzato, monocentrico, case series, open-label.Materiali e Metodi: 6 occhi affetti da RAP correlata a DMLE sono stati trattati con terapia combinata ovvero con somministrazione nello stesso giorno di PDT-V e Ranibizumab 0.5mg per via intravitreale, riservando ulteriori iniezioniintravitreali per le lesioni ancora in fase attiva. Il follow-up è stato eseguito con visite ogni 4 settimane comprendenti la misurazione della Best Corrected Visual Acuity (BCVA), la Tomografia a Coerenza Ottica (OCT) con valutazione delfiCentral Macular Thickness (CMT) e la Fluorangiografia (FAG). La durata totale dello studio è di 12 mesi.fiRisultati: La BCVA iniziale media è di 27,8 (LogMar 0,576) (DS±14,6) lettere che a T12 diventa 33,3 (LogMar0,466) (DS±16,6) con un guadagno medio di 5,5 lettere (LogMar 1,01). In T0 ovvero alla baseline il CMT medio èdi 393,8μm(±84,7), che dopo il trattamento in T12 diviene 250,7 μm (±82,4). La riduzione media è di 143,2 μm.Per quel che riguarda la presenza di leakage alla FAG in T12 si osserva assenza in 4 occhi (66,6%), mentre in 2occhi vi è persistenza (33,3%). I pazienti che entro il T12 necessitano di ritrattamento sono il 33,3 % (2 occhi su 6). Il numero di IVT necessarie è stata in media di 2,7 ad occhio.Discussione e Conclusioni: Dal nostro studio emerge come esista un miglioramento sia funzionale che anatomi-co evidente fi n dal primo mese di follow-up dopo il primo trattamento. Ciò si manifesta in modo particolarmente fieclatante all’OCT sotto forma di risoluzione dell’edema intraretinico. Il trattamento si è dimostrato sicuro sia dalpunto di vista oculare che sistemico.
ABSTRACTPurpose: To evaluate the effi cacy and safety of the combination of Photodynamic Therapy (PDT) with standard fl uence verteporfi n and Ranibizumab 0.5mg administered on the same day, in patients with the neovascolar AMD (Aged Macular Degeneration) known as RAP (Retinal angiomatous proliferation).Type of study: Open-label, monocentric, randomized case series trial.Materials and Methods: 6 eyes of 6 patients were consecutively enrolled and treated with combined therapy defi ned as standard fl uence PDT and intravitreal Ranibizumab 0.5mg on the same day. More injection were ad-ministrated as needed. Best corrected visual acuity (BCVA), central macular thickness (CMT) on optical coherence tomography (OCT) and Fluorescein angiography (FAG) were examined before and after treatment every 4 weeks. Patients were followed-up for twelve months.Results: The mean baseline BCVA (± standard deviation, SD) was 27,8 (LogMar 0,576) (±14,6) (p=), at 12 months after treatment mean BCVA was 33,3 (LogMar 0,466 ) (±16,6) (p=). The mean CMT at baseline was 393,8 μm (±82,4) (p=) at 12 months was 250,7 μm (±82,4) (p=). The mean reduction was 142,2 μm. At 12 months in 4 eyes (66,6%) there was the absence of leakage on FAG. After 12 months, the rate of retreated eyes was 33,3 % (2 of 6 eyes).Discussion and Conclusion: In conclusion the treatment shows a functional and anatomical improvement since the fi rst month after treatment. OCT shows this improvement as a great reduction of intraretinal edema. No ocular or systemic adverse effects from treatment were encountered.
PAROLE CHIAVEDMLEPDT-V
RAPRanibizumab
KEY WORDSDMLEPDT-V
RAPRanibizumab
23viscochirurgia1 • 2012
>> IntroduzioneNella DMLE la neovascolarizzazione coroideale
(CNV) prolifera attraverso l’epitelio pigmentato
retinico (EPR), infiltra la retina e comunica con la fi
circolazione retinica costituendo un’anastomosi
retino-coroideale1.
Il processo inverso si verifi ca in una parte di fi
pazienti affetti dalla forma neovascolare. Questa
forma distinta di DMLE che si associa alla proli-
ferazione dei capillari retinici e ad una risposta
telengectasica dei vasi contigui è stata definita fi
RAP (Retinal angiomatous proliferation)2. È pos-
sibile distinguere tre stadi di RAP in base a cri-
teri clinici e angiografici: stadio 1, proliferazionefi
di capillari intraretinici originati da un comples-
so retinico profondo (Neovascolarizzazione in-
traretinica); stadio 2, crescita di capillari retinici
nello spazio subretinico (Neovascolarizzazione
subretinica) con (stadio II B) o senza (stadio II A)
distacco dell’epitelio pigmentato (DEP); stadio
3, anastomosi tra neovasi retinici e coroideali.
La RAP è qualche volta definita come neovasco-fi
larizzazione di tipo 3 secondo la classificazione fi
anatomica descritta da Gass, differenziandola
dalla tipo1 (neovascolarizzazione occulta) e dal-
la tipo 2 (neovascolarizzazione classica)4-5.
Questa patologia interessa approssimativamen-
te il 12-15% dei pazienti con diagnosi di AMD
neovascolare6.
Le manifestazioni cliniche includono emorragie
pre/intraretiniche, essudati, edema intraretinico
e distacco sieroso dell’epitelio pigmentato reti-
nico. La crescita dei neovasi aberranti all’interno
o al di sotto della retina è causa di un irreversibi-
le danno retinico e perdita della visione.
Il naturale decorso della RAP differisce da quel-
lo dell’AMD essudativa tipica ed ha una progno-
si peggiore7.
Tra le diverse opzioni terapeutiche la fotocoa-
gulazione laser, la termoterapia transpupillare
e l’ablazione chirurgica non si sono dimostrate
efficaci mentre la terapia fotodinamica ha dimo-fi
strato un successo limitato7-14.
Studi recenti hanno dimostrato che l’utilizzo di
agenti anti-VEGF (Ranibizumab, Pegaptanib so-
dico, Bevacizumab) per via intravitreale blocca
la progressione della CNV riducendo il leakage
vascolare e migliora l’acuità visiva15-18.
Corticosteroidi come il triamcinolone e il desa-
metasone hanno dimostrato avere effetti antian-
giogenetici, antinfiammatori e anti-VEGFfi 19.
Una nuova opzione terapeutica è costituita dal-
la terapia combinata con PDT-V e farmaci anti-
VEGF e/o antinfi ammatori (Triamcinolone) per fi
via intravitreale20-22.
Lo scopo del nostro studio è valutare la rispo-
sta in termini anatomici e funzionali alla terapia
combinata con PDT-V e Ranibizumab per via in-
travitreale nei pazienti con RAP.
>> Materiali e MetodiIl nostro è uno studio prospettico randomizzato,
monocentrico, case series, in cui 6 occhi affetti
da RAP correlata a DMLE sono stati trattati con
terapia combinata secondo il nostro modello,
ovvero con la somministrazione nello stesso
giorno di terapia fotodinamica con verterporfi-fi
rins e ranibizumab 0.5mg per via intravitreale
riservando ulteriori iniezioni intravitreali per le
lesioni ancora in fase attiva. Tutti i pazienti ri-
sultati eleggibili per lo studio hanno firmato ilfi
consenso informato. Questo studio non ha spe-
cifi che limitazioni circa il numero di pazienti ar-fi
ruolati ed è in linea con le Good Clinical Practice
e Declaration of Helsinki.
Criteri di inclusione comprendono una Best
Corrected Visual Acuity (BCVA) � 10 lettere
ETDRS (Early Treatment Diabetic Retinopaty
Study), CNV maculare correlata a DMLE di tipo
classico, prevalentemente classico od occulta,
Greatest Linear Dimension (GLD) � 5400μm,
età � 55 anni e presenza di una RAP correlata a
DMLE in fase attiva, defi nita come la presenza di fi
edema alla tomografia a coerenza ottica (OCT) fi
e di leakage alla fl uorangiografifl a (FAG).fi
Criteri di esclusione sono stati precedenti trat-
tamenti con bevacizumab o pegaptanib. Non
sono stati esclusi pazienti precedentemente trat-
tati con PDT-V. Sono stati esclusi pazienti affetti
da diabete non controllato, disordini della coa-
gulazione, accidenti cerebrovascolari, embolia
polmonare o trombosi venosa, ipertensione si-
stemica non controllata, insufficienza renale cro-fi
nica, infarto del miocardio nei precedenti 6 mesi
o interventi chirurgici nei 6 mesi antecedenti il
trattamento, qualsiasi affezione oculare capace
Terapia combinata con fotodinamica-verterporfi rina e Ranibizumab intravitreale per il trattamento della Retinal Angiomatous Proliferation correlata alla degenerazione maculare senile
24 viscochirurgia 1 • 2012
di infl uire sull’acuità visiva come glaucoma, striefl
nuti (velocità 3ml al minuto); luce laser con lun-
ghezza d’onda 689nm(colore rosso), intensità
600mW/cm2, dose 50 J/cm2; inizio applicazione
laser pari a 15 minuti dopo l’inizio dell’infusione;
tempo di esposizione al laser di 83 secondi.
La terapia intravitreale con ranibizumab è attua-
ta con fl aconcini da usare una sola volta, solo fl
per uso intravitreale. Il ranibizumab è stato som-
ministrato da un oculista qualifi cato, esperto in fi
iniezioni intravitreali. La dose raccomandata per
ranibizumab è 0.5mg (0.05 ml). L’iniezione è
attuata a ore 6 a 3.5/4 mm dal limbus, in stret-
te condizioni di asepsi. Prima del trattamento, il
paziente deve essere istruito ad instillarsi gocce
antibiotiche (quattro volte al giorno nei 3 giorni
precedenti e successivi ad ogni iniezione).
In generale dopo il primo ciclo di trattamento
abbiamo considerato migliorati o peggiorati i
pazienti in base a: valutazione dell’acuità visiva
misurata in lettere e linee ETDRS, per cui consi-
deriamo migliorati i pazienti con incremento �di 10 lettere (pari a 2 linee ETDRS), peggiorati
i pazienti con perdita � di 10 lettere e stabili i
restanti (cambiamento inferiore alle 2 linee);
valutazione dello spessore retinico centrale mi-
surata mediante OCT-HRT, da cui consideriamo
migliorati i pazienti con riduzione dello spesso-
re � 10%, peggiorati i pazienti con incremento
dello spessore � 10%, stabili i rimanenti; presen-
za di attività della membrana all’esame fl uoran-fl
giografico e al verde d’indocianina.fi
Il ritrattamento è previsto qualora siano presenti
segni di attività della lesione quali presenza di
leakage alla FAG ed edema maculare all’OCT.
Figura 1PBCVA media: follow-up di 12 mesi
Figura 2CMT medio: follow-up 12 mesi
Tabella riassuntiva dei pazienti trattati
Paziente Sesso Età BCVA
Baseline
BCVA a 1 anno
Modifi ca Lettere ETDRS
CMT
Baseline
CMTa 1 anno
Modifi ca
CMT
Ritrattamento
1 F 79 10 10 0 511 148 -363 no2 M 84 34 46 12 414 478 64 sì3 F 89 45 41 -4 275 466 191 sì4 M 72 10 14 4 403 136 -267 no5 F 72 38 46 8 440 133 -307 no6 M 75 30 43 13 320 143 -177 no
tabella 1
R. Giustolisi, S.De Gaetano, M. Staltari, J. Marchiori, F. Mirra, P. Mazzotta, G. Aloe, O. Mastrangelo, C. Balacco Gabrieli
25viscochirurgia1 • 2012
>> RisultatiAbbiamo considerato globalmente 6 occhi di
sei pazienti affetti da RAP trattati con terapia
combinata. L’età media è 78,5 anni (±6,8), il rap-
porto M:F è 1:1. I parametri da noi considerati
sono stati:
• valutazione della BCVA in linee ETDRS
• valutazione dello spessore centrale retinico
all’OCT-HRT.
• presenza di leakage alla FAG
• necessità di ritrattamenti
Tutti i parametri sono stati valutati alla baseline
(T0) e poi mensilmente per un totale di 12 mesi.
Per quel che riguarda la valutazione della BCVA
mediante tabella di Bailey-Lovie (ETDRS) alla
baseline la BCVA media è di 27,8 (LogMar
0,576) (DS±14,6) lettere che a T12 diventa 33,3
(LogMar 0,466) (DS±16,6) con un guadagno
medio di 5,5 lettere (LogMar 1,01).
In T12, 2 pazienti pari al 33,3% hanno un gua-
dagno in lettere �10 lettere pari a 2 linee
ETDRS, nessun paziente ha una perdita �10
lettere,mentre i restanti 4 pazienti pari al 66,6 %
si mantengono stabili (Figura 1).
Il secondo parametro da noi considerato è lo
spessore retinico centrale valutato tramite OCT-
HRT. In T0 ovvero alla baseline lo spessore retini-
co centrale medio è in media di 393,8μm (±84,7),
che dopo il trattamento in T12 diviene 250,7 μm
(±82,4). La riduzione media è di 143,2 μm.
In T6 su 6 pazienti trattati abbiamo riscontrato
in 4 pazienti una riduzione dello spessore > del
10% pari al 66,6% del totale, in 2 pazienti un in-
cremento dello spessore retinico > del 10% pari
al 33,3% (Figura 2).
Per quel che riguarda la presenza/assenza di
leakage alla FAG, in T12 potremo osservare as-
senza in 4 occhi (66,6%) dei casi, mentre in 2
occhi vi è persistenza (33,3%).
La percentuale di pazienti che entro il T12
necessitano di ritrattamento è del 33,3 % (2
pazienti su 6). In T12 su sei pazienti la quota
totale di IVT necessarie è stata in media di 2,7
(Tabelle 1 e 2).
>> Discussione e ConclusioniAllo stato attuale non esistono studi randomiz-
zati controllati sulle varie opzioni terapeutiche
disponibili per il trattamento delle RAP. Relativa-
mente al trattamento fotocoagulativo, Hartnett et
al, hanno dimostrato l’efficacia del laser focale fi
nello stabilizzare della lesione, ma non nell’in-
cremento dell’acuità visiva, inoltre il suo effetto
ha una durata limitata nel tempo23.
Lo studio condotto da Bottoni et al. mostra come
a 24 mesi, il 25% dei 12 occhi trattati mostra una
chiusura dei neovasi7.
È diffi cile prevedere l’andamento delle RAP trat-fi
tate con la terapia fotodinamica con verterpor-
fi rina in quanto la PDT ha come target la CNV fi
(neovascolarizzazione coroidale) e non i vasi
retinici che sono invece tipici della RAP. Inoltre il
rischio di lacerazioni acute retiniche è maggiore
nei pazienti con RAP associata a DEP. L’evidenza
Terapia combinata Ranibizumab e PDT: B. C.V.A., Esame OCT, fl uorangiografifl a.fi Modifi che anatomiche e necessità di ritrattamento a 1 anno dal trattamento.fi
Numero di occhi trattati (totale 6)
BCVA a 1 anno:Guadagno �10 lettereinvariatoPerdita di �10 letters
4 (66,6%)2 (33,3%)0 (0%)
CMT modifi che a 1 anno:fiDiminuzione del 10% o piùInvariatoAumento del 10% o più
4 (66,6%)0 (0%)2 (33,3%)
FAG leakage: modifiche a 1 anno fiAssenza Persistenza
4 (66,6%)2 (33,2%)
Necessità di ritrattamento 2 (33,3%)
tabella 2
Terapia combinata con fotodinamica-verterporfi rina e Ranibizumab intravitreale per il trattamento della Retinal Angiomatous Proliferation correlata alla degenerazione maculare senile
26 viscochirurgia 1 • 2012
di vari studi dimostra una perdita media di -10
lettere al sesto mese24-25.
L’aumento dell’espressione del VEGF è l’even-
to iniziatore della neovascolarizzazione retinica
profonda propria delle RAP. Tutti e tre gli agenti
anti-VEGF attualmente disponibili (ranibizumab,
bevacizumab e pegaptanib sodium) hanno di-
mostrato effi cacia nel ridurre il leakage vascola-fi
re ed aumentare l’acuità visiva.
Lo studio condotto da Gharbya et al. analizza
l’effi cacia a breve termine del bevacizumabfi
(protocollo comprendente tre iniezioni mensili
in tre mesi). Al dodicesimo mese la BCVA media
è signifi cativamente migliorata, con l’88.2% deifi
pazienti che guadagna una o più linee ETDRS,
mentre il CMT medio è significativamente ridot-fi
to rispetto alla baseline26.
Anche l’utilizzo del ranibizumab ha dimostrato
la sua effi cacia in diversi studi. Kromann et al. fi
hanno utilizzato un protocollo che prevedeva
tre iniezioni in tre mesi (la cosiddetta loading
dose o fase di caricamento) seguita da ulteriori
iniezioni in caso di leakage persistente alla FAG.
I loro risultati mostrano che il miglioramento
dell’acuità visiva inizia già dopo 4 settimane dal-
la prima iniezione ma è più pronunciato al terzo
mese conclusa la fase di caricamento27.
Gli effetti dei corticosteroidi sono principalmen-
te dovuti alla loro capacità di controllare la ca-
scata infi ammatoria. Gli effetti del triamcinolone fi
si esplicano in una riduzione dell’essudazione e
dal decremento del fl uido sottoretinico, ma nonfl
arresta permanentemente la crescita dei neo-
vasi, l’effetto del triamcinolone è infatti limitato
nel tempo. La possibilità di associare il triamci-
nolone ad altre opzioni terapeutiche potrebbe
quindi dimostrarsi maggiormente efficace. Vari fi
studi valutano gli effetti della combinazione di
IVTA (Intravitreal Triamcinolone) e PDT. Questi
dimostrano la stabilizzazione a 6 mesi della le-
sione associata ad un incremento dell’incidenza
di aumento della IOP e di cataratta28-29.
Un altro possibile protocollo di terapia combina-
ta prevede l’associazione di farmaci anti-VEGF e
PDT-V. Rouvas et al. hanno studiato l’associazio-
ne del ranibizumab e della PDT alla baseline in
cui la PDT è effettuata 7±2 giorni dopo l’iniezio-
ne di ranibizumab, seguita da altre due iniezioni
al mese 1 e 2 (loading dose). I risultati mostrano
un 38.4% di pazienti che hanno migliorato la loro
BCVA, un 23% peggiorano mentre i restanti ri-
mangono stabili21.
Nel nostro studio 6 occhi affetti da RAP correlata
ad AMD sono stati trattati con terapia combina-
ta secondo il nostro protocollo che prevede la
somministrazione nello stesso giorno di terapia
fotodinamica e ranibizumab 0.5mg per via intra-
vitreale alla baseline, riservando ulteriori iniezio-
ni intravitreali per le lesioni ancora in fase attiva.
I nostri risultati mostrano al dodicesimo mese di
follow-up un miglioramento valutato in termini di
BCVA �10 lettere nel 33,3% degli occhi. I restanti
occhi pari al 66,6% si mantengono stabili, nessu-
no peggiora.
Per quel che riguarda lo spessore retinico cen-
trale valutato tramite OCT su 6 pazienti trattati
abbiamo riscontrato in 4 occhi una riduzione
dello spessore � 10% pari al 66,6% del totale, in
2 occhi un incremento dello spessore retinico �del 10% pari al 33,3%.
Uniformemente ai risultati dell’OCT la FAG mo-
stra in 4 occhi la completa risoluzione del leaka-
ge fl uoresceinico (66,6%) mentre in due occhi èfl
presente evidenza di leakage con segni di attività
della membrana neovascolare. (Vedi tabelle 1 e 2).22
Dal nostro studio emerge come esista un miglio-
ramento sia funzionale che anatomico evidente
fi n dal primo mese di follow-up dopo il primofi
trattamento.
Ciò si manifesta in modo particolarmente ecla-
tante all’OCT sotto forma di risoluzione dell’e-
dema intraretinico (Figura 2).
Non si sono evidenziati effetti avversi oculari e/o
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Terapia combinata con fotodinamica-verterporfi rina e Ranibizumab intravitreale per il trattamento della Retinal Angiomatous Proliferation correlata alla degenerazione maculare senile
28 viscochirurgia 1 • 2012
Emicrania oftalmica con “aura” e pervietà del forame ovale: studio clinico��Vito Gasparri � Walter Calcatelli � Elisabetta Calcatelli
Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina, Unità Operativa Complessa di Oculistica, Roma
RIASSUNTOL’emicrania oftalmica con e senza aura è una patologia molto frequente.Spesso il paziente si rivolge all’oculista perchè la sintomatologia prodromica è caratterizzata da disturbi visivi,come fosfeni e riduzione transitoria del campo visivo, dovuti ad eccitazione della porzione occipitale del cervello.Già da tempo è stata messa in relazione l’emicrania con aura e la pervietà del forame ovale. Questa anomaliacardiaca sembra essere anche la causa di disturbi vascolari cerebrali e retinici nei giovani.Finora i dati in Letteratura sono stati riportati soprattutto da cardiologi e neurologi. Ci è sembrato utile evidenziareanche un contributo oftalmologico.Abbiamo pertanto descritto un nostro studio su 10 pazienti affetti da emicrania;si è rilevato che il 40% di essi pre-sentava un forame ovale pervio e in un caso un paziente aveva avuto un problema vascolare retinico e alterazioni di tipo ischemico alla RMN dell’encefalo.È quindi utile, nei pazienti soggetti a ripetuti episodi di emicrania oftalmica con aura, studiare l’integrità del settointeratriale attraverso doppler transcranico con contrasto, completando eventualmente le indagini con ecocardio-gramma transesofageo.
ABSTRACTThe ophthalmic migraine with and without aura is a very frequent pathology.Often the patient comes to the ophthalmologist because the prodromal symptoms are characterized by visual disturbances such as phosphenes and transient reduction of the visual fi eld due to excitation of the occipital portion of the brain.For some time, it had been linked to the migraine with aura and the patent foramen ovale. Furthermore, this cardiac anomaly appears to cause brain and retinal vascular disorders in young people. The data so far has been reported in the literature mainly by cardiologists and neurologists. It seemed useful to us to also place in evidence an ophthalmological contribution.We have, therefore, described our study of ten patients with migraines where we found that 40% of them had a patent foramen ovale and in one case a patient had also had a vascular retinal problem and showed alterations of an ischemic type of the RMN of the brain.It is useful, therefore, in patients with repeated episodes of ophthalmic migraine with aura to study also the integrity of the interatrial septum with Transcranial Doppler with contrast, then eventually completing the investi-gations with transesophageal echocardiogram.
PAROLE CHIAVEpervietà forame ovale
emicraniaictus
doppler trancranico
KEY WORDSpatent foramen ovale
migrainestroke
transcranial doppler
L’emicrania è una patologia caratterizzata da at-
tacchi intermittenti di cefalea, associati a manife-
stazioni vegetative.
È più frequente nelle donne di età compresa tra
i 15 e i 25 anni, con un rapporto di 3 a 1 rispetto
agli uomini. Si ritiene che la predominanza fem-
minile sia legata a fattori endocrino-metabolici
capaci di innescare le crisi.
La frequenza familiare sembra aumentata so-
prattutto in un tipo di emicrania, definita “emi-fi
plegica familiare”.
Diversi fattori possono scatenare l’attacco:
stress, cambiamenti del ritmo sonno-veglia, ali-
mentazione (alcool, cioccolato, frutti tropicali,
formaggio, ecc.), caffeina (astinenza improvvisa
dopo consumo elevato), rumore, freddo e cam-
biamenti ormonali (mestruazioni, contraccettivi
orali, terapia ormonale sostitutiva nel climaterio/
menopausa).
L’emicrania oftalmica con aura, che spesso indu-
ce i pazienti a chiedere una visita oculistica, si
presenta con prodromi riferiti a fenomeni ecci-
29viscochirurgia1 • 2012
Emicrania oftalmica con “aura” e pervieta’ del forame ovale: studio clinico
tatori a livello occipitale, come fosfeni, scotomi
fi no ad arrivare ad episodi di emianopsia transi-fi
toria. Dopo 20-30 min. diminuiscono i fenomeni
visivi e inizia la fase algica, associata spesso a
nausea e malessere generale.
Talvolta, nella cosiddetta “emicrania oftalmica
senza cefalea”, l’”aura” non è seguita da sinto-
matologia dolorosa.
Già da qualche anno è stata evidenziata da di-
versi Autori, soprattutto cardiologi e neurologi,
l’associazione tra emicrania con aura,deficit cir-fi
colatori cerebrali (stroke) e pervietà del forame
ovale (patent foramen ovale - PFO).
Inoltre sono stati descritti fenomeni embolici re-
tinici, più frequenti in giovani pazienti con storia
di emicrania con aura e PFO.
Il forame ovale pervio è presente nel 30% circa
dei soggetti sani e in condizioni normali non da
shunt, poiché la pressione atriale sinistra mantie-
ne accollata la membrana. Soltanto in determi-
nate situazioni, quando la pressione atriale de-
stra eccede quella sinistra si verifica uno shuntfi
destro-sinistro a livello del setto interatriale.
Così materiale embolico può passare dal siste-
ma venoso a quello arterioso (“embolia para-
dossa”).
Il primo caso di “embolia paradossa” attraver-
so il PFO è stato descritto da Cohnheim nel
1877: l’embolo fu evidenziato in corrispondenza
dell’arteria cerebrale media in un paziente con
trombosi venosa profonda della gamba.
Tra i vari studi sull’argomento ve ne è uno svolto
nell’ University Hospital di Berna dove neurologi
e cardiologi hanno sottoposto a ecocardiografia fi
transesofagea 183 individui,di cui 93 con una
storia di emicrania con aura da circa 18 anni.
La pervietà del forame ovale era presente in 44
pazienti con storia di emicrania e soltanto in 16
pazienti sani .
Anche in altri lavori è stato messa in correlazione
questa anomalia congenita con l’emicrania con
aura e con eventi ischemici transitori, soprattutto
nei giovani ed è stato riscontrato che i soggetti
con PFO possono presentare episodi di emicra-
nia con aura, con un’incidenza da 2 a 5 volte su-
periore rispetto al resto della popolazione.
Dai dati in Letteratura si è visto inoltre che l’emi-
crania oftalmica con aura era più frequente nei pa-
zienti con PFO associato ad aneurisma del setto
interatriale (ASA); mentre erano scarsi i dati riguar-
danti l’associazione tra ASA isolato ed emicrania.
Figura 1Crisi di emicrania
Pervietà del forame ovale: ricordi anatomiciNel feto, i polmoni non hanno la funzione di ossige-nare il sangue e l’ossigeno è trasportato dal circolo ematico ombelicale della placenta. Attraverso unacomunicazione tra atrio destro e atrio sinistro (fo-rame ovale), il sangue raggiunge il versante sinistro del cuore e il sistema arterioso. Soltanto una piccolapercentuale attraversa la via fi siologica dei polmoni. fiAlla nascita, al primo vagito del neonato, i polmonisi espandono e aspirano aria. La pressione all’inter-no dell’atrio destro si riduce improvvisamente e per-mette la chiusura della valvola tra i due atri, che sicompleta nei giorni successivi. Talvolta questa valvola non si chiude del tutto e permane un’apertura di di-mensioni variabili.
differenze significative nella riduzione sia dei fi
giorni che dell’entità delle cefalee, a favore del
gruppo trattato con chiusura percutanea (79%
contro 40%).
Tra le ipotesi avanzate per spiegare l’aumento
di incidenza di emicrania, soprattutto con aura,
in pazienti con PFO, una evidenzia che il passag-
gio di piccoli emboli venosi attraverso il forame
ovale possa favorire l’insorgere di un’onda di
depolarizzazione,alla base dell’emicrania. Un
recente studio ha dimostrato un’incidenza mag-
giore di lesioni alla RMN encefalo nei pazienti
con emicrania rispetto ai controlli.
Secondo un’altra ipotesi, sostanze chimiche
vasoattive inducenti l’emicrania, passando at-
traverso il forame, arrivano direttamente nella
Figura 2Difficoltà di concentrazionefi
circolazione sistemica, senza essere filtrate a fi
livello polmonare.
>> Esami diagnosticiGli esami utili per evidenziare la pervietà del
forame ovale vengono eseguiti con infusione di
contrasto (aria ed emagel) e con la manovra di
Valsalva (condizione che crea un aumento della
pressione nelle cavità destre e quindi possibile
shunt destro-sinistro).
L’ecodoppler transcranico è un esame non inva-
sivo, che viene eseguito su un’arteria cerebrale,
in genere l’arteria cerebrale media.
La positività dell’esame è data dalla comparsa
di “spike” durante manovra di Valsalva o dal
rilevamento di alterazioni della normale onda
fl ussimetrica, per il passaggio di microbolle difl
aria,per shunt destro-sinistro,dopo iniezione en-
dovenosa di soluzione fi siologica miscelata con fi
aria (“bubble test”).
Un altro esame fondamentale per la diagnosi è
l’ecocardiogramma transesofageo. Questa meto-
dica, a differenza dell’ecocardiogramma transto-
racico, permette di esaminare, da una posizione
più vicina, il cuore, evitando strutture della gab-
bia toracica che potrebbero inficiare il risultato.fi
L’esame prevede l’introduzione di una sonda in
esofago, che per il paziente equivale all’esecu-
zione di una comune gastroscopia.
>> Materiali e MetodiAbbiamo reclutato 10 pazienti di età compresa
tra 18 e 52 anni, 7 femmine e 3 maschi, che ri-
ferivano in anamnesi sintomatologia emicranica
con aura almeno una volta al mese da più di cin-
que anni.
Figura 3Ecocardiogramma
transesofageo prima (A) e dopo (B) infusione
endovenosa di soluzione fi siologica miscelata con aria
in PFO
Vito Gasparri, Walter Calcatelli, Elisabetta Calcatelli
A B
31viscochirurgia1 • 2012
Figura 4Fluorangiografia retinica:fiesiti di occlusione vascolarecon macroaneurisma inpaziente con PFO
Tutti i pazienti sono stati sottoposti a un esame
oculistico completo e ad esami volti ad esclude-
re altre patologie vascolari:
• screening trombofilico
VES – Emocromo –PCR – Sideremia, Ferriti-
na – PT, PTT, INR e Ratio – Fibrinogeno – LAC
– Antitrombina III (ATIII), Proteina C (PC),
Proteina S (PS) – Mutazioni del fattore V di
Leiden, della metilenetetraidrofaolatoridut-
tasi (MTHFR) – Omocisteinemia – Anticorpi
anticardiolipina (IgG/IgM) – D Dimero
• controllo della pressione arteriosa• ECG
Soltanto 4 pazienti erano modici fumatori (meno
di 10 sigarette al dì).
Nessuna delle donne faceva uso di contraccet-
tivi orali.
Tutti i pazienti sono stati sottoposti a ecodoppler
transcranico con “bubble test” e con manovra di
Valsalva.
Quattro di essi presentavano positività all’esame
per pervietà del forame ovale che successiva-
mente è stata accertata con ecocardiogramma
transesofageo.
Uno dei quattro pazienti aveva avuto anche
un’alterazione vascolare retinica con formazione
di macroaneurisma e presentava alla RMN una
lesione lacunare a livello del braccio posteriore
della capsula interna.
Su indicazione dei colleghi cardiologi due dei
quattro pazienti sono stati operati, mentre agli
altri due è stata prescritta terapia con antiag-
greganti.
Tutti i pazienti trattati hanno riferito netta ridu-
zione del numero degli episodi emicranici in un
follow-up che ad oggi è di oltre un anno.
Pervietà del forame ovale: indicazioni terapeutiche L’intervento di chiusura del forame ovale pervio viene eseguito per via percutanea, mediante un catetere che siintroduce dalla vena femorale a livello inguinale e che permette di posizionare un dispositivo ad “ombrello” per chiudere l’apertura interatriale a cielo chiuso.
Emicrania oftalmica con “aura” e pervieta’ del forame ovale: studio clinico
32 viscochirurgia 1 • 2012
>> Discussione e ConclusioniÈ consigliabile, per i pazienti con storia di emi-
crania ricorrente, soprattutto con aura, effettuare
una valutazione dei fattori di rischio aggiuntivi
per patologie vascolari, quali il fumo, la pres-
sione arteriosa, la terapia anticoncezionale, lo
studio della coagulazione e della trombofilia.fi
Inoltre è opportuno effettuare altri esami per
evidenziare un’eventuale PFO cardiaco.
Per questo, come riferito, un primo esame di
semplice esecuzione è il doppler transcranico,
eseguito mediante iniezione endovenosa di so-
luzione fi siologica miscelata con aria, associata fi
a manovra di Valsalva.
Ovviamente i pazienti con PFO andranno indiriz-
zati ai colleghi cardiologi, per l’esatta valutazione
della patologia e dell’indicazione terapeutica.
Anche se la chiusura del forame ovale sembra
contribuire al miglioramento dell’emicrania, non
vi sono ancora in Letteratura evidenze suffi cientifi
per avere delle conclusioni definitive.fi
La sola sintomatologia emicranica con aura, se-
condo alcuni Autori, non costituisce indicazione
alla chiusura della comunicazione interatriale,
ad eccezione di categorie a rischio, come i su-
bacquei (“embolia gassosa”).
Lo studio da noi presentato riporta una casistica
molto limitata, che andrà ampliata e perfeziona-
ta nel tempo.
I risultati ottenuti concordano con i dati della Let-
teratura ed è interessante il rilievo della presenza
di PFO nel paziente con esiti di patologia vasco-
lare retinica: coincidenza o causa del problema?
Concludendo, ci è sembrato utile riportare un
contributo oftalmologico su una patologia,che ci
coinvolge direttamente, perché spesso i pazien-
ti si rivolgono all’oculista spaventati da “scotomi
scintillanti” associati a emicrania. �
>> Bibliografia
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Vito Gasparri, Walter Calcatelli, Elisabetta Calcatelli
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALEYellox 0,9 mg/ml collirio, soluzione
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVAUn ml di soluzione contiene 0,9 mg di bromfenac (come sodio sesquidrato). Una goccia contiene appros-simativamente 33 microgrammi di bromfenac. Eccipiente: ogni ml di soluzione contiene 50 microgrammi di benzalconio cloruro. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
3. FORMA FARMACEUTICACollirio, soluzione.Soluzione gialla limpida.pH: 8,1-8,5; osmolalità: 270-330 mOsmol/kg
4. INFORMAZIONI CLINICHE4.1 Indicazioni terapeuticheTrattamento dell’infi ammazione oculare postoperatoria dopo estrazione di cataratta nell’adulto.4.2 Posologia e modo di somministrazionePosologia Uso negli adulti, anziani compresi. La dose è di una goccia di Yellox nell’occhio o negli occhi interessati due volte al giorno, a iniziare dal giorno successivo all’intervento di cataratta e proseguendo nelle prime 2 settimane di postoperatorio. La durata del trattamento non deve superare le 2 settimane, perché non sono disponibili dati di sicurezza per trattamenti di durata superiore. Popolazione pediatrica La sicurezza e l’effi cacia del bromfenac nei pazienti pediatrici non sono state stabilite. Non ci sono dati disponibili. Insuffi cienza epatica e renale Yellox non è stato studiato nei pazienti con epatopatia o insuffi -cienza renale. Modo di somministrazione Per uso oftalmico. Nel caso in cui si utilizzi più di un medicinale oftalmico per uso topico, i medicinali devono essere somministrati a distanza di almeno 5 minuti l’uno dall’altro. Per prevenire la contaminazione del contagocce e della soluzione occorre prestare attenzione a non toccare le palpebre, le aree circostanti o altre superfi ci il contagocce del fl acone. Istruire il paziente a tenere il fl acone saldamente chiuso quando non viene utilizzato. Durante il trattamento con Yellox non devono essere indossate lenti a contatto (vedere paragrafo 4.4).4.3 ControindicazioniYellox non deve essere utilizzato nei pazienti con ipersensibilità nota al bromfenac, ad uno qualsiasi degli eccipienti o ad altri medicinali antinfi ammatori non steroidei (FANS). Yellox è controindicato nei pazienti nei quali l’acido acetilsalicilico o altri medicinali inibitori della prostaglandina-sintetasi precipitano crisi di asma, orticaria o rinite acuta.4.4 Avvertenze speciali e precauzioni di impiegoTutti i FANS per uso topico possono rallentare o ritardare il processo di guarigione come i corticosteroidi per uso topico. L’uso concomitante di FANS e steroidi per uso topico può aumentare il rischio di disturbi del processo di guarigione. Yellox contiene sodio solfi to che può indurre reazioni di tipo allergico, com-prendenti sintomi di anafi lassi ed episodi di asma con pericolo di vita oppure meno gravi nei pazienti suscettibili. Sensibilità crociata Esiste il rischio potenziale di sensibilità crociata all’acido acetilsalicilico, ai derivati dell’acido fenilacetico e ad altri FANS. Si deve quindi usare cautela nel trattamento di persone che in precedenza si sono mostrate sensibili a questi medicinali e i potenziali rischi e benefi ci devono essere valutati con attenzione. Persone suscettibili Nei pazienti suscettibili, l’impiego continuato di FANS per uso topico, compreso Yellox, può indurre degenerazione epiteliale, assottigliamento corneale, erosione cor-neale, ulcerazione corneale o perforazione corneale. Tali eventi possono compromettere la vista. I pazienti con evidenza di degenerazione dell’epitelio corneale devono interrompere immediatamente l’impiego dei FANS per uso topico ed essere sottoposti a stretto monitoraggio dello stato di salute della cornea. Di conseguenza, nei pazienti a rischio l’uso concomitante di corticosteroidi per uso oftalmico e FANS può aumentare il rischio di eventi avversi a carico della cornea. Esperienza post-marketingL’esperienza post-marketing con i FANS per uso topico suggerisce che i pazienti sottoposti a interventi im-pegnativi sull’occhio e con denervazione corneale, difetti dell’epitelio corneale, diabete mellito e malattie della superfi cie oculare, ad es. sindrome dell’occhio secco, artrite reumatoide oripetuti interventi chirurgici sull’occhio in un breve arco di tempo possono presentare un rischio aumenta-to di reazioni avverse a carico della cornea, che possono compromettere la vista. I FANS per uso topico devono essere utilizzati con cautela in questi pazienti. È stato segnalato che i FANS per uso oftalmico possono causare un aumento delle emorragie nei tessuti oculari (ifema incluso) associate alla chirurgia oculare. Yellox deve essere utilizzato con cautela nei pazienti con nota tendenza alle emorragie o trattati con altri medicinali che possono prolungare il tempo di emorragia.Infezione oculare Un’infezione oculare acuta può essere mascherata dall’uso topico di medicinali antin-fi ammatori. Uso di lenti a contatto In generale, si sconsiglia l’uso delle lenti a contatto nel periodo posto-peratorio dopo intervento di cataratta. Pertanto, i pazienti devono essere informati di non indossare lenti a contatto durante il trattamento con Yellox. Eccipienti Poiché Yellox contiene benzalconio cloruro, in caso di uso frequente o prolungato è necessario uno stretto monitoraggio. Il benzalconio cloruro altera il colore delle lenti a contatto morbide. Il contatto con lenti a contattomorbide deve essere evitato. È stato segnalato che il benzalconio cloruro causa irritazione oculare, chera-topatia puntata e/o cheratopatia ulcerativa tossica.4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazioneNon sono stati effettuati studi di interazione formali, ma non sono state segnalate interazioni con i colliri antibiotici utilizzati in occasione degli interventi chirurgici.
4.6 Fertilità, gravidanza e allattamentoGravidanza Non vi sono dati adeguati relativi all’uso di bromfenac in donne in gravidanza. Gli studi sugli animali hanno mostrato una tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3). Il rischio potenziale per gli esseri umani non è conosciuto. Poiché, dopo il trattamento con Yellox, l’esposizione sistemica nelle donne non in gravidanza è trascurabile, il rischio durante la gravidanza può essere considerato basso. Tuttavia, a causa dei noti effetti dei medicinali inibitori della biosintesi delle prostaglandine sul sistema cardiovascolare fetale (chiusura del dotto arterioso), deve essere evitato l’uso di Yellox durante il terzo trimestre di gravi-danza. In generale, l’uso di Yellox non è raccomandato durante la gravidanza, a meno che i benefi ci non superino i potenziali rischi. Allattamento Non è noto se il bromfenac o i suoi metaboliti siano escreti nel latte materno. Gli studi sugli animali hanno mostrato che il bromfenac è escreto nel latte del ratto in seguito alla somministrazione di dosi orali molto elevate (vedere paragrafo 5.3). Non si ritiene che bromfenac possa causare effetti su neonati/lattanti, dal momento che l’esposizione sistemica a bromfenac di donne che allattano è trascurabile. Yellox può essere usato durante l’allattamento. Fertilità Negli studi sugli animali non sono stati osservati effetti del bromfenac sulla fertilità. Inoltre, l’esposizione sistemica al bromfenac è trascurabile; pertanto non è necessario effettuare test di gravidanza o adottare misure contraccettive.4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinariAl momento dell’instillazione può verifi carsi un transitorio offuscamento della vista. In caso di offusca-mento della vista al momento dell’instillazione, astenersi dalla guida o dall’uso di macchinari fi no a che la vista non sia tornata nitida.4.8 Effetti indesideratiSommario del profi lo di sicurezzaIn base a un’analisi condotta su tutti i pazienti trattati con Yellox in uno studio clinico per il trattamento dell’infi ammazione postoperatoria in seguito a chirurgia di cataratta (n=973, di cui n=356 in studi effet-tuati negli USA e n=617 in studi effettuati in Giappone), un totale del 3,4% dei pazienti (6,7% negli studi condotti in USA e 1,3% negli studi giapponesi) ha manifestato una o più reazioni avverse. Le reazioni più comuni o più importanti negli studi analizzati congiuntamente sono state sensazione anomala nell’occhio (0,5%), erosione corneale (lieve o moderata) (0,4%), prurito oculare (0,4%), dolore oculare (0,3%) e arrossamento oculare (0,3%). Reazioni avverse a carico della cornea sono state osservate solo nella po-polazione giapponese. Raramente le reazioni avverse hanno causato un’interruzione del trattamento, con un totale di 8 pazienti (0,8%) che ha interrotto prematuramente il trattamento in uno studio a causa di una reazione avversa. Questi hanno compreso 3 pazienti (0,3%) con lieve erosione corneale, 2 pazienti (0,2%) con edema palpebrale e, rispettivamente, 1 paziente (0,1%) con sensazione anomala nell’occhio, edema corneale o prurito oculare. Elenco tabellare delle reazioni avverse Le seguenti reazioni avverse sono clas-sifi cate in base alla convenzione seguente: molto comune(�1/10), comune (�1/100, < 1/10), non comune (�1/1.000, < 1/100), raro (�1/10.000, < 1/1.000), molto raro (< 1/10.000). All’interno di ciascuna classe di frequenza, le reazioni avverse sono riportate in ordine decrescente di gravità.La tabella sottostante riporta le reazioni avverse in base alla classifi cazione per sistemi e organi e alla frequenza.I pazienti con evidenza di degenerazione dell’epitelio corneale devono interrompere immediatamente l’uso di Yellox ed essere sottoposti a stretto monitoraggio dello stato di salute della cornea (vedere pa-ragrafo 4.4).4.9 SovradosaggioIn caso di ingestione accidentale di Yellox, devono essere assunti liquidi per diluire il medicinale.
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE5.1 Proprietà farmacodinamicheCategoria farmacoterapeutica: oftalmologici, agenti antinfi ammatori, non steroidei, codice ATC: S01BC11Meccanismo d’azioneIl bromfenac è un farmaco antinfi ammatorio non steroideo (FANS), dotato di attività antinfi ammatoria che si ritiene dovuta alla sua capacità di bloccare la sintesi delle prostaglandine soprattutto tramite l’inibizione della ciclossigenasi 2 (COX-2). La ciclossigenasi 1 (COX-1) è inibita solo in lieve misura. In vitro, il brom-fenac ha inibito la sintesi delle prostaglandine nel corpo ciliare dell’iride di coniglio. I valori di IC
50 sono
stati più bassi per il bromfenac (1,1 μM) in confronto all’indometacina (4,2 μM) e al pranoprofene (11,9 μM). A concentrazioni di 0,02%, 0,05%, 0,1% e 0,2%, il bromfenac ha inibito pressoché tutti i segni di infi ammazione oculare in un modello di uveite sperimentale nel coniglio.Effi cacia clinicaDue studi multicentrici di fase II, randomizzati, in doppio cieco, a gruppi paralleli sono stati condotti in Giappone e due studi multicentrici di fase III, randomizzati (2:1), in doppio cieco, a gruppi paralleli, controllati con placebo sono stati condotti negli USA per determinare la sicurezza ed effi cacia clinica di Yellox somministrato due volte al giorno nel trattamento dell’infi ammazione postoperatoria in pazienti sot-toposti a chirurgia di cataratta. In questi studi, la sostanza oggetto di studio è stata somministrata appros-simativamente 24 ore dopo l’intervento di cataratta e per un periodo massimo di 14 giorni. L’effi cacia del trattamento è stata determinata per un massimo di 29 giorni. Una percentuale signifi cativamente maggiore di pazienti nel gruppo Yellox, pari al 64,0% vs. 43,3% nel gruppo placebo (p<0,0001), ha presentato una regressione completa dell’infi ammazione oculare il giorno 15 dello studio. È stato riscontato un numero signifi cativamente minore di cellule e fl are in camera anteriore nelle prime 2 settimane postoperatorie (85,1% di pazienti con punteggio di fl are �1) vs. placebo (52%). La differenza di percentuale di regres-sione dell’infi ammazione è stata già evidente il giorno 3. In un ampio studio ben controllato condotto in Giappone, Yellox si è dimostrato effi cace come il pranoprofene soluzione oftalmica.Popolazione pediatricaL’Agenzia Europea dei Medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con Yellox in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per l’infi ammazione oculare postoperatoria (vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico).5.2 Proprietà farmacocineticheAssorbimentoIl bromfenac permea con effi cacia la cornea dei pazienti con cataratta: una dose singola ha indotto un picco medio di concentrazione nell’umore acqueo di 79±68 ng/ml a 150-180 minuti dopo la somministra-zione. Queste concentrazioni si sono mantenute per 12 ore nell’umore acqueo con livelli misurabili fi no a 24 ore nei principali tessuti oculari, retina compresa. Dopo due somministrazioni giornaliere di bromfenac collirio, le concentrazioni plasmatiche non sono state quantifi cabili.
Riassunto dellecaratteristiche del prodotto
Bromfenac sodico sesquidrato
Classifi cazione per Frequenza Reazioni avverse sistemi e organi secondo MedDRA Patologie dell’occhio Non comune Riduzione dell’acuità visiva Retinopatia emorragica Difetto dell’epitelio corneale** Erosione corneale (lieve o moderata) Disturbo dell’epitelio corneale Edema corneale Essudati retinici Dolore oculare Emorragia palpebrale Offuscamento della vista Fotofobia Edema palpebrale Secrezione oculare Prurito oculare Irritazione oculare Arrossamento oculare Iperemia congiuntivale Sensazione anomala nell’occhio Fastidio oculare
Patologie respiratorie, Non comune Epistassi toraciche e mediastiniche Tosse Drenaggio dei seni nasali
Raro Asma*
Patologie sistemiche e Non comune Gonfi ore del viso condizioni relative alla sede di somministrazione
*Grave, rapporti isolati dall’esperienza post-marketing in oltre 20 milioni di pazienti ** Osservato con quattro dosi giornaliere
Depo
sita
to p
ress
o A
IFA in
dat
a 17
/01/
2012
Cod.
RCP
Y01
Bromfenac sodico sesquidrato
DistribuzioneIl bromfenac presenta un alto legame alle proteine plasmatiche. In vitro, il 99,8% è stato legato alle pro-teine nel plasma umano. Non è stato osservato alcun legame biologicamente rilevante con la melanina in vitro. Gli studi condotti nel coniglio con bromfenac radiomarcato hanno dimostrato che le concentrazioni maggiori dopo somministrazione topica si osservano nella cornea, seguita dalla congiuntiva e dall’umore acqueo. Nel cristallino e nel corpo vitreo sono state osservate solo concentrazioni basse.BiotrasformazioneGli studi in vitro indicano che il bromfenac è metabolizzato principalmente dal CYP2C9, che è assente sia nel corpo irido-ciliare, sia nella retina/coroide e i livelli di questo enzima nella cornea sono inferiori all’1% in confronto ai corrispondenti livelli epatici. Nelle persone trattate per via orale, il composto parentale immodifi cato è il componente principale nel plasma. Sono stati identifi cati diversi metaboliti coniugati e non coniugati e l’ammide ciclica è il metabolita principale nelle urine.EscrezioneDopo somministrazione oculare, l’emivita del bromfenac nell’umore acqueo è di 1,4 h e indica una rapida eliminazione. Dopo somministrazione orale di 14C-bromfenac a volontari sani, l’escrezione urinaria è stata
la via principale di escrezione della sostanza radioattiva con l’82% circa, mentre l’escrezione fecale è stata del 13% circa della dose.5.3 Dati preclinici di sicurezzaI dati non-clinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di safety pharmaco-logy, tossicità a dosi ripetute, genotossicità e potenziale cancerogeno. Tuttavia, la somministrazione orale di 0,9 mg/kg/die nel ratto (900 volte la dose oftalmica raccomandata) ha causato letalità embrio-fetale, aumento della mortalità neonatale e ridotta crescita postnatale. I conigli in gravidanza trattati per via orale con 7,5 mg/kg/die (7.500 volte la dose oftalmica raccomandata) hanno presentato un aumento delle perdite post-impianto (vedere paragrafo 4.6). Gli studi sugli animali hanno dimostrato che il bromfenac è escreto nel latte dopo somministrazio-ne orale di dosi di 2,35 mg/kg, pari a 2.350 volte la dose oftalmica raccomandata. Tuttavia, dopo somministrazione oculare, i livelli plasmatici non sono stati rilevabili (vedere paragrafo 5.2).
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE6.1 Elenco degli eccipientiAcido borico, Borace, Sodio solfi to anidro (E221), Tiloxapol, Povidone, Benzalconio cloruro, Disodio edetato, Acqua per preparazioni iniettabili, Sodio idrossido (per regolare il pH)6.2 IncompatibilitàNon pertinente.6.3 Periodo di validitàNon aperto: 24 mesiEliminare il prodotto non utilizzato 4 settimane dopo la prima apertura.6.4 Precauzioni particolari per la conservazioneNon conservare a temperatura superiore ai 25°C.6.5 Natura e contenuto del contenitore5 ml di soluzione in un fl acone comprimibile in plastica polietilene con contagocce e tappo a vite in
polietilene. Confezione da 1 fl acone.6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimentoNessuna istruzione particolare.Il medicinale non utilizzato ed i rifi uti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.