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Dec 10, 2018

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Questa pubblicazione trae origine dal libro “La famiglia Unieco” (a cura di Amus Fontanesi, Comma Editore, 1994)rappresentandone una nuova versione aggiornata ed ampliata nei suoi contenuti.

Editing: Azio MinardiProgetto grafico: Angelo RazzoliUfficio Comunicazione Unieco: Monia Scaltriti, Adriano MilelliConsulenza redazionale: Giorgio Barani, Paolo Rozzi, Fausto Ficarelli

T&M Associati Editore, Reggio EmiliaPrinted in Italy, gennaio 2010

FONTI ICONOGRAFICHE Le fotografie sono tratte da documenti d’archivio, fonti private, l’Archivio fotografico Unieco, Archivio T&M Associati, Studio Fotografico Manzotti e dalle seguenti pubblicazioni:

• Vladimiro Ferretti, “Riformisti di Lenin”, Tecnostampa edizioni,• Amus Fontanesi, “CCPL, 1904 - 1994. Le vocazioni industriali di una cooperativa di cooperative”, Comma Editrice, Reggio Emilia, 1994• “Mattone su mattone”, T&M Associati, 1982• Renzo Barazzoni, “Bibbiano. Immagini e vicende sul filo della memoria”, Tecnograf, Reggio Emilia• Ciles. 50 anni di attività

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FAMIGLIA UNIECO

La storia delle cooperative che hanno dato origine a UNIECO

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Partendo dalla premessa che il mondo non si adegua adUnieco, fa davvero piacere vedere come Unieco si siacontinuamente adeguata (e anche ora continui ad ade-guarsi) al mondo che cambia.Leggendo la storia di Unieco questa non è stata certouna fatica da poco.Ho ripassato nella mia mente le infinite operazioni difusione e di concentrazione avvenute in passato fra lenumerose cooperative di muratori, braccianti, manova-li e “affini”.Il filo conduttore di tutti questi cambiamenti è statoproprio la necessità di interpretare i nuovi tempi.Cooperative nate come uno strumento di elementaresolidarietà all’interno di piccoli paesi e che vivevano supiccole iniziative locali si trovano via via a operare in unmercato che diventa sempre più grande e che si trova difronte a concorrenti nuovi e a mercati sempre diversi.E allora, con pazienza e tra mille difficoltà esse si met-tono assieme, ampliano il raggio della propria azione,modificano, complicano e raffinano la propria strutturaproduttiva.Nessuna di queste operazioni è indolore.Alcune durano anni e anni non solo per la paura delnuovo o per effetto dell’istinto di conservazione che tuttinoi abbiamo, ma anche per il ben condividibile obietti-vo di mantenere valori e relazioni che avevano unitopersone e famiglie e protetto la vita di intere comunità. E tutti sappiamo bene che più questo spirito di corpo equesto senso di appartenenza sono diffusi più è difficilee complessa la dinamica dell’accorpamento.

In alcuni casi, come le cooperative dalla montagna, lapiù accentuata diversità e lontananza costituisce unostacolo ancora maggiore.In altri casi le tensioni e le difficoltà delle scelte vengo-no rese ancora più visibili dal fatto che una parte deidirigenti e dei tecnici delle cooperative non accettano ilcambiamento e spesso si “mettono in proprio”, diven-tando imprenditori e, ovviamente, concorrenti dellecooperative stesse.Anche queste diversità di scelte fanno parte della storiadelle cooperative, che crescono e prosperano in modosano soprattutto quando operano in un ambiente pro-tetto dallo spirito di solidarietà ma non da particolariprivilegi.È tuttavia un patrimonio di non poco conto anche l’a-ver dato origine (insieme ad una struttura produttivasempre più forte e robusta) a nuovi imprenditori che,operando in cooperativa, avevano imparato non solo unmestiere ma la complessità del lavoro di impresa.Questa prima fase di crescita è avvenuta concentrando(e quindi facendo scomparire) una serie di realtà cheavevano davvero segnato la nascita di una nuova econo-mia in tutta la provincia di Reggio Emilia.Nel capoluogo, nella montagna, e nella “bassa” sonostati cancellati tanti gloriosi nomi di cooperative cheerano state le protagoniste della ricostruzione del dopo-guerra e delle prime iniziative moderne di tutta la pro-vincia.Questa fase si è naturalmente esaurita e ne è seguita unaseconda, guidata non solo dalla dimensione, dalla forza

Prefazione di Romano Prodi

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finanziaria e dalla capacità progettuale delle nuovecooperative, da IRCOOP a UNICOOP e, infine, aUnieco, ma soprattutto caratterizzata da nuovi obiettivistrategici.Il nuovo quadro esterno non si accontenta infatti delraggiungimento di una maggiore dimensione ma obbli-ga a specializzazioni particolari sia nel campo tecnicoche nel modello organizzativo.In coerenza a questi obiettivi si è entrati nel settore del-l’ecologia e della realizzazione e manutenzione dellelinee ferroviarie.Al di là dei settori specifici, si tratta di scelte che obbli-gano da un lato all’uscita sempre più frequente dal ter-ritorio di origine delle cooperative e, dall’altro, impon-gono una cultura di carattere tecnico ed organizzativomolto più complessa rispetto a quella che era richiestain passato.Non si cresce più sommando realtà simili tra di loro masi mettono in comune realtà diverse, ciascuna dellequali deve raggiungere, nel suo campo specifico, unlivello di assoluta eccellenza a livello mondiale sia sottoil profilo tecnico che sotto quello della capacità digestione organizzativa e finanziaria.Il difficile ma affascinante quadro dell’Unieco di oggi èproprio quello di avere una struttura capace di assegna-re compiti e risorse alle sue diverse componenti specia-lizzate, ciascuna delle quali deve però raggiungere nelsuo settore particolare, le dimensioni, la forza e l’eccel-lenza necessarie per fare meglio di una concorrenzasempre più numerosa e più forte.

La dimensione complessiva dell’Unieco è quindi impor-tante perché le esigenze, i problemi e le situazioni dimercato delle diverse componenti sono profondamentediverse tra di loro e cambiano rapidamente nel tempoma ancora più importanti sono i livelli di efficienza, lecapacità concorrenziali e le dimensioni delle singolecomponenti perché ognuna ha di fronte a sé una realtàdiversa e ognuna deve essere così forte da primeggiarenel suo campo.Unieco ha quindi di fronte a sé la bella ma difficile sfidadi raggiungere l’eccellenza nei campi in cui ha scelto diagire e di mettere insieme la forza di queste eccellenzecon la propria capacità di direzione e coordinamentostrategico.Un delicato equilibrio fra strutture centrali e strutturedirettamente operative nell’ambito di un quadro con-correnziale ormai a livello mondiale.Siamo quindi lontani cento anni luce dall’ambiente incui operavano le diverse piccole cooperative di murato-ri, braccianti, manovali ed “affini” che osservavo quan-do giravo in bici per le strade della Provincia!Anni luce di distanza. I problemi di oggi hanno bisognodi dirigenti tecnici e lavoratori con una preparazioneraffinata e globale, capaci di guardare in faccia ai pro-blemi dentro e fuori dal confine del nostro Paese e delnostro continente.Ma hanno anche bisogno dello stesso spirito di solida-rietà e della stessa capacità di collaborazione di ieri.Questa è la sfida dell’Unieco di oggi e di domani.

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Introduzione di Mauro Casoli

La prima edizione della Famiglia Unieco data 1994,centodieci anni dopo la fondazione della CooperativaMuratori e Braccianti di Reggio Emilia, primo nucleo diun percorso di successive unificazioni che, lungo il filoconduttore mai interrotto costituito dalla CooperativaMuratori di Campagnola, nata nel 1904, porterà allacostituzione di UNIECO nel 1985.Il lavoro del compianto Amus Fontanesi, cooperatore estorico del movimento cooperativo reggiano, al qualedobbiamo questa preziosa ricostruzione genealogicadella Famiglia UNIECO, arrivava a considerare i primianni della nuova cooperativa sorta dalla fusione di UNI-COOP di Correggio e IRCOOP di Reggio Emilia, arre-standosi alle soglie degli anni novanta. Sono venticinque anni che UNIECO porta questonome, e, in occasione di questo anniversario, abbiamovoluto presentare questa nuova edizione del libro difamiglia, aggiornata con gli avvenimenti più recenti diuna storia ultracentenaria. Non per raccontare i fatti, tanti, che sono accaduti, maper lasciare una traccia, attorno alla quale ciascuno puòrecuperare i suoi ricordi. Una linea per la memoria, unbene così difficile da salvaguardare, oggi che il tempocorre molto più veloce. In questi venticinque anniUNIECO è cresciuta, è diventata una realtà articolata ecomplessa, una protagonista nella società e nei mercatiin cui opera. Abbiamo conosciuto formidabili cambiamenti ma, infondo, siamo rimasti gli stessi, uomini e donne che per-corrono un pezzo di strada assieme, nel corso di un

cammino iniziato molto tempo fa, guardando in avanti. Persone che credono nel proprio lavoro ma anche nelfatto che lavorare insieme, cooperare, abbia un signifi-cato più ampio, un valore più alto. Persone che, parte-cipando per gran parte della propria vita a questa storiacomune che si chiama UNIECO, portano il loro con-tributo a un fine collettivo, ad una speranza di progres-so, di miglioramento. Una famiglia, una grande famiglia che, come nellatradizione emiliana, lavora per i propri figli, non soloper trasmettere loro un patrimonio avuto pro temporein affidamento, ma per migliorare il mondo in cuivivranno. Un patrimonio costituito da beni materialima anche da ideali, sacrificio, speranza, passione. Possono sembrare affermazioni retoriche, ma tutti sap-piamo quanto ci sia bisogno di questi valori, oggi, nelmondo in cui viviamo.Valori che abbiamo mantenuto dentro di noi e senza iquali non si spiegherebbe tutto il cammino percorso, igrandi risultati ottenuti, il profondo legame che esistetuttora tra la cooperativa e chi vi lavora quotidiana-mente.Un ringraziamento collettivo e un augurio per il futuroa tutti coloro che hanno partecipato a questa avventura,a quelli che hanno lasciato il testimone e a quelli chestanno portando avanti una tradizione di lavoro, diemancipazione e di libertà. Un ringraziamento particolare al Presidente Prodi, chesentiamo vicino a noi per affinità territoriale ma,soprattutto, ideale.

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In questa prima sezione sono raggruppate

le vicende ed il profilo storico di quelle esperienze

cooperative che confluiranno, nel 1975,

nel primo grande organismo associativo (Ircoop)

che preluderà alla nascita di Unieco.

Siamo nella zona centrale della Val d’Enza

le cui cooperative incroceranno il loro percorso

con quello della grande Cooperativa

Muratori e Braccianti

di Reggio Emilia.

Prima parte

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La Cooperativa del capoluogo viene fondata nel 1884da Giacomo Maffei e Luigi Roversi ed abbraccia inizial-mente anche altri comuni della provincia.I primi anni della sua attivitàsono molto intensi e portano aduna crescita tumultuosa cheobbliga la cooperativa, cinqueanni più tardi, a dividersi in due:da una parte la CooperativaBraccianti e dall’altra laCooperativa Muratori. Con oltre2.000 soci è la prima organizza-zione operaia della provincia diispirazione socialista e classista.

La Cooperativa Muratori e Braccianti – con la sua diva-ricazione - è, fino al 1901 (anno di fondazione dellaCamera del Lavoro), un precursore del futuro modellodi sindacato, incarnando ben quattro funzioni: 1) è un’impresa che assume lavori 2) una lega sindacale che organizza scioperi 3) ufficio di collocamento per i soci 4) fa assistenza per gli stessi.

Nel 1886 organizza lo sciopero dei muratori e braccian-ti, un’azione che segna l’inizio della lotta di classe nellanostra provincia. E’ il primo vero esperimento di scio-pero generale che dura diverse giornate e riscuote ungrande successo e risultati concreti.La giornata di lavoro, che all’epoca era disciplinata dalsole e durava dalle12 alle 13 ore, viene portata a 11 ore;la paga giornaliera viene aumentata per i muratori da1,60 a 2,15 lire, per i manovali da 0,90 a 1,40, per ibraccianti da 1,50 a 1,75.Il terzo giorno di sciopero viene organizzato un corteo

al quale partecipano circa 3 mila persone, tra le qualidonne, vecchi e bambini. Il giornale socialista “LaGiustizia” così commentava l’avvenimento: “Il loro convoglio aveva qualche cosa di funebre.Spettro invisibile, la morte lenta che lima la loro esi-stenza, si sentiva presente dovunque essi passavano conle loro facce smunte, a testa china, muti, con l’andaturalenta e dinoccolata di gente stracca, sfinita”. Sempre nel1886 un giornale locale definisce in questo modo lecondizioni di vita dei muratori e dei braccianti: “Essiabitano in case che non sono case, ma tane da bestie. Iloro abiti sono cenci. Il loro vitto quotidiano: pane,cipolla e acqua”.Uno dei lavori più importanti che esegue la cooperativanel secolo scorso è l’abbattimento delle mura cittadine.Nel 1901 le cooperative muratori e braccianti delcomune di Reggio Emilia si fanno promotrici di unanuova agitazione sindacale e riescono a conquistare unagiornata lavorativa limitata alle 10 ore e la paga oraria(prima giornaliera). La paga oraria, minima e massima,diviene la seguente: muratori da L. 0,22 L. 0,26 orarie;manovali da L 0,12 a L. 0,20; braccianti da L. 0,15 a L.0,19.

Braccianti e muratori, nel secolo scorso, rappresentava-no l’avanguardia del proletariato reggiano dal momentoche non esisteva ancora la moderna industria manifat-turiera con il suo proletariato. Nello stesso periodo è lacooperazione ad organizzare la lotta di classe e quindi adare il vero e proprio inizio alla storia del movimentooperaio, anche perché non erano ancora sorte le leghesindacali e lo stesso partito socialista si costituirà solonel 1892.

COOPERATIVA MURATORI E

BRACCIANTI DI REGGIO EMILIA 1884 - 1889

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Luigi Roversi

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Foto a lato:1913: sciopero dei muratori del Comune di Reggio Emilia

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La Muratori viene costituita l’8 dicembre 1889 in viaAsineria, da 69 soci (di cui 34 sono analfabeti) che ver-sano, ciascuno, una quota sociale di L. 6 per un totaledi 414 Lire.Essi si impegnano a versare ogni anno un’azione da L.6 (50 centesimi al mese). La società viene denominataSocietà Anonima Cooperativa fra Muratori ed ArtiAffini del Comune di Reggio Emilia. Presidente vieneeletto Giovanni Morini di Rivalta, vicepresidenteTeobaldo Tagliavini di Villa Canali. Questi i consiglieri: Barlam Panciroli, EnricoMontecchi, Giacomo Grassi, Giovanni Grassi,Alessandro Conti, Giovanni Bolognesi, Mosè Soncini,Vincenzo Vergnani. Sindaci effettivi sono nominati:dott. Giacomo Maffei, dott. Genesio Mazzocchi, rag.Leopoldo Bertolini.

Il segretario è il rag. Luigi Roversi. Nel mese di lugliodel 1891 la cooperativa conta oltre 200 soci, di cui unatrentina non hanno diritto al voto perché minorenni.Alcuni anni dopo il prefetto invita la cooperativa adadottare il principio della patria potestà e nelle assem-blee deliberative sono i genitori a votare per i figliminorenni. Il primo bilancio annuale, quello del 1890,registra un utile di L. 3.550. Su una proposta del socioGiuseppe Corradini, nella prima assemblea di bilancioviene istituita una commissione tecnica per poter veri-ficare, al termine di ogni lavoro, se gli eventuali risulta-ti negativi siano dovuti ai limitati prezzi d’asta, oppurea trascuratezza dei soci impiegati in detti lavori, o adaltro. Come si evince dallo statuto la cooperativa svol-ge un ruolo non solo economico, ma anche sindacale,di collocamento e assistenziale (mutuo soccorso).

COOPERATIVA MURATORI

DI REGGIO EMILIA 1889 - 1974

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Ecco alcuni articoli dello statuto della Cooperativa Muratori di ReggioEmilia, approvato nel 1889, che serviranno da modello per la costi-tuzione di molte altre cooperative.

Articolo 2La Società si propone principalmente di:a) Assicurare per contro proprio lavori pubblici e privatib) Fondare magazzeni sociali che forniscano ai soci utensili da lavoro,calce, gesso, legname da costruzione ecc. al minimi prezzo.Secondariamentea) di aiutare con mezzi materiali e morali (prestiti in danaro, raccoman-dazioni, ecc) i soci che si recano a lavorare fuori di provincia e all’estero;b) di tenere aperto un ufficio di informazioni per mezzo del quale i socivengono a conoscere il luogo dove vi è domanda di braccia;c) di soccorerere i soci bisognosi con sovvenzioni e sussidi permanenti oprecari a seconda dei casi e delle condizioni finanziarie della società;d) di assicurare i soci contro gli infortuni sul lavoro.

Articolo 7Il capitale sociale è illimitato ed è costituito:a) dalle tasse di ammissione (di L. 1 cadauna);b) dall’importo delle azioni sottoscritte dai soci (L. 6 cadauna);c) dal fondo di riserva;d) da altri eventuali proventi

Articolo 8Per far parte della società occorre essere muratori e manuali ed esercitarel’arte affine, come quella di birocciaio, imbianchino, falegname, fabbro edavere una buona condotta morale ed una età non inferiore ai 12, né supe-riore ai 50 anni.

Articolo 9Il socio si obbliga:a) a pagare, all’atto in cui entra a fare parte della società, la tassa diammissione di cui all’art. 6, e la contribuzione al fondo di riserva, chesarà determinata ogni anno dal consiglio di amministrazione, dividendol’importo del fondo di riserva, risultante dall’ultimo bilancio, per ilnumero totale delle azioni;b) ad acquistare tutti gli anni, e fino a che dura la società, un’azione dapagarsi in rate mensili, anticipate di centesimi 50 cadauna.

Articolo 11Il socio che, con l’approvazione del consiglio di amministrazione, cedealla società l’esecuzione di lavori privati da lui assunti, percepirà a tito-lo di Premio il 20% dell’utile netto ricavato.

Articolo 16Il socio che ha pagato la tassa di ammissione, la contribuzione al fondosociale e per lo meno la metà di un’azione e che sia socio da oltre sei mesiha diritto:a) di essere chiamato per turno ai lavori assunti dalla societàb) di votare nelle assemblee, sempre che abbia raggiunto l’età di 18 anni

c) di essere eleggibile alle cariche sociali, salvo che non sia in minoreetà.

Articolo 21Gli utili risultanti dal bilancio saranno così ripartiti:- il 40% ai soci e sulle azioni completamente liberate al 31 dicembre diogni anno;- il 40% ai lavoratori ed in ragione delle giornate impiegate nell’anno incui si riferisce il bilancio;- il 20% al fondo di riserva

Articolo 22Il fondo di riserva è formato col prelevamento annuo sugli utili, a normadel precedente articolo. Allorché il fondo di riserva abbia raggiunto laquarta parte del capitale rappresentato dalle azioni, la quota di utiledestinata a formarlo andrà ad aumento degli utili netti da ripartirsi frai soci.

Articolo 23I dividendi saranno pagati entro il trimestre successivo all’approvazionedel bilancio.

Articolo 24Amministrano la società:a) l’assemblea generale dei soci;b) il consiglio di amministrazione;c) i delegati di ogni gruppo sociale;d) il comitato dei sindaci.

Articolo 33Ogni socio ha un solo voto, consultivo e deliberativo, nell’assembleagenerale, malgrado possieda più di un’azione.

Articolo 36 Il consiglio di amministrazione si compone:a) di un presidente;b) di un vice-presidente;c) di otto consiglieri e tutti sono eletti dall’assemblea generale fra i socieleggibili ed a maggioranza relativa dei voti

Articolo 37 Il consiglio di amministrazione si raduna ordinariamente alla domenica.

Articolo 39Il consiglio nomina tutti quegli impiegati necessari al buon andamentodell’azienda, ne fissa le retribuzioni e gli stipendi ed ha inoltre facoltàdi sospenderli o revocarli.

Articolo 42I soci di una Villa o più Ville unite insieme, nominano un delegato, ilquale ha diritto di assistere, ma senza voto, alla seduta del consiglio, edi presentare a questo i reclami o le proposte dei suoi.

Gli articoli che hanno fatto la storia

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Famiglia Unieco x

Cerca di trovare lavoro ai propri soci assumendo lavoriin proprio, ma anche collocandoli presso imprese priva-te locali o all’estero. Pratica il prestito ai soci, particolar-mente a quelli che si recano all’estero, i quali con i pro-venti del proprio lavoro avrebbero saldato successiva-mente il loro debito. Nel primo bilancio del 1890 lacooperativa eroga prestiti ai soci per 567 lire e, nel1893, viene costituito, stornando la somma dal fondo diriserva, un fondo per il prestitoai soci.

Nel bilancio del 1891 si realizzaun utile di 3.300 lire. Nell’assemblea di bilancio lamaggioranza dei soci non è d’ac-cordo sulla modifica dell’art. 21dello statuto della società, cheintroduce il principio secondocui il capitale sociale deve esse-re remunerato non oltre il 5%(cioè non oltre l’ammontare del-l’interesse legale), come vuole lanuova legge sulla cooperazione,pena la perdita dei requisiti mutualistici. Alla fine peròsi approva la modifica.Nel 1898 si modifica lo statuto per adeguarlo al nuovoregio decreto del 9 giugno 1898 riguardante le societàcooperative di produzione e lavoro. Viene così abrogato l’art. 11, che permetteva al socio diassumere lavori privati e di avere un premio se li cede-va alla cooperativa; modificato l’art. 5, nel senso cheviene indicato ne “La Giustizia” il giornale locale chepubblicherà gli atti della cooperativa; modificato l’art.20 che ora prevede la partecipazione anche del lavora-tore ausiliario alla distribuzione degli utili annuali,come avviene per il socio. A quest’ultimo, rispettoall’ausiliario, spetta in più solamente la remunerazione

del capitale sociale versato, nella misura di non oltre il5%. Con il 1898 il consigliere Giovanni Bolognesi, diVilla Rivalta, diventa prima presidente della cooperati-va, poi nel 1904 assume anche la carica di presidentedel CCPL ed infine, nel 1919, diventa presidente delConsorzio Reggiano delle Cooperative di Lavoro eProduzione (in quest’ultimo Consorzio la Muratori diReggio Emilia ha ben tre consiglieri).

Alla sua morte (dicembre 1919),che suscita un vasto cordogliofra i cooperatori reggiani,Bolognesi copriva ancora questetre importanti cariche sociali.Come presidente della coopera-tiva gli succede Luigi Bonacini.

Negli undici bilanci dell’800(1890-1900) la cooperativadenuncia sempre utili, anche sescarsi, fatta eccezione per l’anno1895 nel quale dichiara una per-dita di L. 1.350. A fine secolo il

suo patrimonio ammonta a circa40.000 lire. A cominciare dal 1899 assicura gli operaicontro gli infortuni sul lavoro spendendo 275 lire.

Nel 1901, sorgendo la Camera del Lavoro, la cooperati-va è spogliata della funzione di guida delle agitazionisindacali per il miglioramento delle condizioni di lavo-ro. Ciò segna l’inizio di una nuova fase della sua attivi-tà, nella quale l’azione economico-imprenditorialediventa nettamente prevalente su quella sindacale-assi-stenziale e di collocamento. La cooperativa vuole a que-sto punto imporsi decisamente sul mercato dei lavorinel comune di Reggio Emilia perché, con il nuovo seco-lo e Giolitti a capo del governo, si apre un’epoca di fortesviluppo economico e di grandi lavori pubblici.

Il tesserino per l’ordine di turnazione quindicinale dellamanovalanza

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La concorrenza e le lotte spietate delle imprese privateper contrastare il peso alla cooperativa sono sempremaggiori; diventa quindi impellente la necessità di unaorganizzazione interna rispondente ai nuovi compiti. Si decide di assumere un tecnico perché i lavori acqui-siti diventano sempre più importanti. In precedenza siutilizzavano tecnici esterni e le spese relative eranochiamate “spese di sorveglianza”.Nel 1903 realizza l’utile più alto fino ad allora consegui-

to: 26.000 lire; l’assemblea decide di remunerare anchele azioni per l’anno precedente quando non si eranoripartiti utili, perché ammontavano solo a L. 955. Sidelibera anche di devolvere 100 lire al sindacato di cate-goria e di versare a questo 600 lire (0,60 lire per ognisocio) come quota sindacale annuale. Nel 1904 i socidella cooperativa sono 1047. Vengono apportate leseguenti modifiche allo statuto:1) La società viene denominata S.A. Cooperativa fra

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Muratori sui tetti nel centro cittadino. Sullo sfondo la Basilica di San Prospero

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Famiglia Unieco x

Muratori e Manovali di Reggio Emilia.2) Si istituisce un fondo collettivo per l’acquisto dimateriali e utensili da lavoro3) Per l’assunzione occorre avere un’età che va dai 14 ai55 anni e non più dai 12 ai 50.4) Il socio non può assumere per conto proprio, né d’al-tri, lavori a contratto ed a cottimo sia pubblici che pri-vati, fermo restando per il socio la facoltà di prestare lasua mano d’opera retribuita a giornata.5) Il socio che a metà anno non ha pagato almeno lametà dell’azione perde il diritto al turno di lavoro, riac-quistandolo solo alla messa in regola.6) Tra gli organi che amministrano la società viene toltala voce “I delegati di ogni gruppo sociale” per inserirviquella di “Commissione per il miglioramento economi-co e morale dei soci” composta da 5 membri nominatidall’assemblea. La commissione nomina un suo presi-dente e segretario e ha potere propositivo verso il con-siglio di amministrazione e l’assemblea dei soci.

Nel 1906 la cooperativa esegue un monte lavori pari a369.116 lire, rispetto alle 51.563 del 1889. La crescita èspettacolare e nel 1909 esegue 776.350 lire di lavorianche se gli utili sono tuttavia abbastanza contenuti(11.000 ire nel 1905, 3.896 nel 1906, 13.759 nel 1909).Di conseguenza il patrimonio netto accumulato non èmolto alto. Nel 1905 esso ammonta a 66.828 lire(42.000 di capitale versato, 19.000 di fondo di riserva,1.268 di fondo collettivo per i prestiti ai soci, 3.896 diutile netto nel 1906). Le spese vengono così imputate:32,26% per salari, 63,44% per acquisto materiali, 4,30%di utile lordo).Nell’assemblea del 1906 il socio Giovanni Marzi propo-ne che dall’utile siano prelevate 500 lire per fare frontealle spese delle prossime elezioni amministrative. Vieneinvece approvata la proposta di Achille Iotti di preleva-re le 500 lire da ripartire, a discrezione del consiglio, tra

la Camera del Lavoro e il giornale “La Giustizia”. Nel 1904 diventa segretario amministrativo GiovanniPiazzi. Nel 1911 i sindaci invitano a mettere maggioreordine nell’amministrazione, perché si presentano ibilanci con un anno di ritardo, il libro soci è in disordi-ne e vi sono troppi crediti da riscuotere. Si nomina diconseguenza un nuovo segretario nella persona diGuido Mercuri. In quell’anno l’utile è di L. 8.844. Ilcapitale versato, compreso le riserve, è di L. 94.825,somma insufficiente per una impresa che ha eseguitolavori per 768.320 lire e intende svilupparsi ulterior-mente. Si prendono subito due misure per accrescere ilcapitale sociale: versare rapidamente il capitale sotto-scritto e rinunciare, in conto azioni, del dividendo sugliutili. Per accrescere l’efficienza aziendale si modifica poilo statuto aggiungendo queste voci:1) oltre all’azione annuale il socio deve acquistare 10azioni da pagarsi in ragione di L. 12 all’anno con gliutili annuali o, in mancanza di questi, con versamentiin contanti;2) il socio è comunque sempre obbligato a prestare l’o-pera sua per eseguire i lavori assunti dalla società, ogniqualvolta sia richiesto dal consiglio di amministrazionee con preavviso di 8 giorni in caso che si trovasse alledipendenze di altra impresa.Nel 1912 la situazione migliora perché si realizza unutile di 25.306 lire, pari al 3% sull’importo dei lavori.Nel 1913, in piena crisi economica, l’utile è più scarsoma viene vinta un’importante battaglia sindacale con ilcontributo della cooperativa. I muratori del comune diReggio Emilia scioperano dal 5 maggio al 20 agosto,poiché i capomastri si rifiutano di versare un centesimol’ora alla Cassa di previdenza e resistenza fra gli operaistessi. In quella occasione per sostenere la lotta degliedili la cooperativa occupa per turno quanti più sciope-ranti possibile, costringendo alla fine i capomastri acedere.

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Nel 1913 il consiglio di amministrazione è così compo-sto: Giovanni Bolognesi (presidente), Giovanni Marzi,Enrico Gandolfi, Natale Bertocchi, Diego Beltrami,Angelo Bovini, Giacomo Ronzieri. Dimissionari: SanteFornaciari, Amedeo Scalabrini e Ludovico Schiatti.Emigrato: Panciroli.Nel 1912 si costituisce un “fondo vecchiaia”, mancan-do ancora le pensioni. Nel 1913 il patrimonio netto salea circa 150.000 lire, di cui 94.500 di capitale sociale. Icrediti, però, ammontano a L. 469.000: cifra rilevantedovuta anche al fatto che lo “sciopero produttivo” diquell’anno aveva contribuito ad elevarla. Il numero deisoci supera sempre le mille unità.Con il 1914 si entra nella prima guerra mondiale ed ibilanci iniziano prima a perdere utili e poi ad andare inpassivo. Ciò avviene perché diminuisce drasticamente illavoro ed i prezzi dei materiali è in continuo aumento,la mano d’opera più produttiva (i giovani) viene richia-mata alle armi e il lavoro a turno diventa generalizzato,anche se si è consapevoli che questa forma di organiz-zazione del lavoro, dal punto di vista produttivo, è dis-astrosa.La cooperativa esce indebolita dal periodo bellico, incui l’inflazione dimezza in pratica il patrimonio nettonominale.Nel dopoguerra la cooperativa si riprende pur non rea-lizzando ingenti utili: 9.579 lire nel 1919 (segretarioUmberto Menozzi) e 26.517 nel 1920, quando esegue 8milioni di lavori, potenzia il magazzino materiali sia peril proprio fabbisogno che per il commercio, ed investe100.000 lire per acquistare una nuova sede. La coopera-tiva è attrezzata per affrontare qualsiasi richiesta dilavoro.Nel 1921, quando realizza un utile di L. 34.548 eaumenta di 80.000 lire il capitale sociale, inizia amigliorare la sua situazione economica e patrimonialeanche rispetto al 1913. Ma l’anno successivo il fascismo

prende il potere. I lavori per la cooperativa, che nonvuole fascistizzarsi, cominciano a diminuire. Negli anni ‘20 il lavoro è ridotto al lumicino, i migliorioperai abbandonano la cooperativa per trovare lavoroaltrove, le perdite di bilancio sono ingenti.Nel 1924, con la crisi politica derivante dal delittoMatteotti, si cerca di limitare le difficoltà modificandolo statuto: si assumono solo operai muratori che nonabbiano superato i 40 anni e i manovali da 14 a 18 anniper svecchiare la cooperativa che, nel 1922, conta ben1.308 soci; solo gli operai del comune capoluogo pos-sono diventare soci. Ma queste misure risultano dei pal-liativi rispetto alla situazione politica generale, che peg-giora l’anno seguente. Sempre nel 1924 viene elettoquesto consiglio di amministrazione: Luigi Bonacini(presidente), Sperindio Bovini (vice presidente),Secondo Ferrarini, Enrico Gandolfi (cassiere dal 1889al 1925), Virginio Cerini, Eugenio Fantuzzi, BernardoNironi Adelmo Paterlini, Enrico Bonaretti, EnricoLasagni, Amedeo Scalabrini ed Ernesto Veroni.Nel novembre del 1925 si tiene l’assemblea che chiedela liquidazione della società. Liquidatori della coopera-tiva sono nominati il ag. Ferruccio Valli della Cassa diRisparmio e il rag. Gaspare Galluppo dell’Istituto di cre-dito della Cooperazione, quali maggiori creditori dellacooperativa, e Adelmo Cigarini, quale rappresentantedei soci. Dal bilancio di liquidazione, chiuso nel 1929,risulta una perdita di 483.006 lire che viene coperta da69.630 lire del fondo di riserva, 218.920 lire stornati dalcapitale sociale, 194.456 lire pagati dall’Istituto di cre-dito per la Cooperazione, che copre circa il 40% del pas-sivo. In questo modo l’onore della cooperativa e dellacooperazione è salvato, dal momento che tutti gli altricreditori sono stati pagati. Le attrezzature dellaMuratori vengono vendute dai liquidatori alla S.A.Cooperativa Nazionale Edile di Reggio Emilia, nata suispirazione fascista.

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La Muratori di Reggio Emilia è stata chiamata anche “laGrànda” o “la gròsa”, perché la più numerosa e la piùforte della provincia nel settore edile. Era un fiore all’occhiello dei cooperatori socialisti reg-giani tanto da lasciare una grande impronta sia per lelotte da essa condotte ed i grandi lavori eseguiti, sia perla risonanza e la stima che godeva tra i lavoratori edili. Fra i suoi maggiori lavori sono da ricordare gli edificiscolastici delle Ville del comune di Reggio Emilia, ilmacello e il frigorifero comunale, il ponte di Puianello,gli edifici della Società case popolari, i fabbricati delmanicomio criminale, decine di nuove sedi di coopera-tive di consumo, i fabbricati delle diverse società diimpiegati dello stato e dell’Ente autonomo per le casepopolari e la suola professionale di Gardenia.Il fascismo teneva in modo particolare ad eliminare unacooperativa così numerosa, centro di aggregazione anti-fascista per oltre un migliaio di lavoratori edili e bandie-ra per tutta la cooperazione socialista.

In questo periodo, in conseguenza della liquidazionedella “grànda”, sorgono alcune piccole cooperative nelcomune capoluogo, che non possono così dare moltofastidio dal punto di vista politico. Nel 1925 si costitui-sce la Cooperativa Nazionale Fascista Edile di ReggioEmilia che, nello stesso anno, aderisce al costituendoCCPL fascista. Nel 1927 nasce, ispirata dal fascismo, laCooperativa Muratori “Il Tricolore”. Molti soci nonsono fascisti, anche se questi avevano un loro uomonella cooperativa al fine di controllarla. Tra i presidentiGiuseppe Rinaldi, socialista. I soci sono circa 30.L’adesione al CCPL è del 1933. Nel 1932 nasce laCooperativa Nazionale Fascista Edile di Cadè e tre annidopo si costituisce anche la Cooperativa MuratoriFascisti, Mutilati, Combattenti.Nel 1927 un gruppo di cooperatori, provenienti dalladisciolta Cooperativa Muratori e Manovali di Reggio

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Il “passamano”

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Emilia, costituisce la Società Anonima CostruzioniEdili “il Trentino” di Reggio Emilia, con un capitalemolto esiguo ma con tanta buona volontà. Pur senzafidi e clienti, erano decisi a non prestare il loro lavoro aquei capomastri che di tutto avevano fatto purchèmorisse la cooperativa. Con la denominazione “il Trentino” non si volevanorichiamare alla cultura nazionalista del dopoguerra, maal fatto che i fondatori della società erano trenta sociirriducibili. Infatti non si uniscono in cooperativa, per-ché i fascisti nelle cooperative potevano penetrare eassumerne il controllo.Si costituiscono quindi in società privata di capitale,impedendo al fascismo di farne parte e sentendosi inessa protetti dalla legge pur dovendo rinunciare ai van-taggi della forma cooperativa. Questa società (privatasolo nella forma) è un esempio di irriducibile resisten-za politica ed ideologica al fascismo che riesce adimporsi con tenacia e sacrifici, anche se per anni non leriesce possibile lavorare nelle pubbliche amministrazio-ni. La pianta della “grande” - disse Bellelli - era statatagliata dal fascismo, ma le radici rimanevano e quelleradici erano i soci del cosiddetto “Trentino”. Presidentedella società “il Trentino” è, nell’ultimo periodo,Adelmo Cigarini. Nel giugno del 1945 si costituisce la nuova CooperativaMuratori del Comune di Reggio Emilia che idealmentee nei fatti vuole essere la continuazione di quella prece-dente, sciolta nel 1925.

Il presidente della Federcoop, Arturo Bellelli, lamentache purtroppo altre cooperative del comune non hannoaderito all’obiettivo di ricostituire una cooperativaunica del comune capoluogo. Si riferisce evidentemen-te alla Cooperativa Combattenti e Mutilati e a quella diCadè. Alla fondazione della cooperativa partecipanoanche Arturo Bellelli, Giovanni Rinaldi, Ivano Curti e

Arturo Piccinini, dando così il segno dell’importanzache il movimento cooperativo attribuisce alla ricostitu-zione della grande cooperativa del capoluogo.Presidente della nuova cooperativa è nominato AdelmoCigarini (che sarà poi vicepresidente del CCPL), giàpresidente della società “il Trentino”, mentre vicepresi-dente è Giuseppe Rinaldi, già presidene della“Tricolore”.Al 31 dicembre 1945 i soci che sottoscrivono un capita-le sociale di L. 1.660.000 (10 mila lire ciascuno) sonogià 161. Nel maggio 1946 sono 295 e la cooperativa, nelcomplesso, ha oltre 800 dipendenti e paga circa 2 milio-ni di lire di salario ogni quindicina. Nel giro di un anno la “grànda” è di nuovo in piedi. Nelbilancio chiuso il 31 dicembre, dopo sei mesi di vita,denuncia un utile di 62.000 lire che vengono così ripar-tite come prevede lo statuto sociale:il 60% a favore degliaddetti che hanno lavorato con la cooperativa durantel’esercizio, il 20% al fondo di riserva, il 20% a disposi-zione dell’assemblea dei soci per opere di previdenza,assistenza ed istruzione.

Un cantiere stradale nell’Appennino reggiano

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Nei verbali di bilancio si dice che:“I grandi lavori che la nostra cooperativa esegue (Palazzodi via Leopoldo Nobili, ricostruzione Palazzo Impiegatinella stessa via, case popolari di via Bainsizza e villaggioPistelli, ponte sul Secchia a Rubiera, costruzione capanno-ni alle officine Reggiane, nuovo ospedale Gallinari diReggio Emilia) non sono stati assunti direttamente dallacooperativa ma attraverso il CCPL, per conto della stessa.Il CCPL è il finanziatore della cooperativa sia attraversoil finanziamento propriamente detto, sia attraverso la for-nitura di tutti i materiali occorrenti per le cooperative affi-liate”.Certamente non deve essere stato facile, per una strut-tura cooperativa appena sorta, organizzare e dirigere,solo un anno dopo, oltre 800 lavoratori edili.

Nel 1946 per le elezioni del nuovo consiglio di ammi-nistrazione (in scadenza ogni anno) l’assemblea eleggeuna commissione elettorale composta da 13 soci chedeve scegliere e proporre 14 nominativi tra i quali eleg-gere 9 consiglieri a voto segreto. Anche il presidente evicepresidente vengono eletti direttamente dall’assem-blea e non dal consiglio, con scheda segreta.L’assemblea nomina anche un comitato di seggio per leelezioni, che si svolgono presso la sede sociale in viaGuido da Castello, 31 a Reggio Emilia nei giorni14,15,16 giugno 1946. Il seggio è composto dal presi-dente (Vincenzo Soncini), dal segretario (Luigi Riccò) eda due scrutatori (Enrico Santi e Domenico Vergalli). Ivotanti sono 244 (su 295). Per la carica di presidente Adelmo Cigarini ottiene 244voti. Per quella di vicepresidente Giuseppe Rinaldiottiene 241 voti. Consiglieri vengono eletti: RenatoFerretti (voti 222), Fermo Bizzarri (voti 217), SocrateCocomeri (voti 206), Ottavio Caleri (voti 187), EnricoVecchi (voti 185), Natale Bonacini (voti 185), ErmeteBagni (voti 173), Luciano Friggeri (voti 137), Giuseppe

Schiatti (voti 127). I Sindaci revisori sono i ragionieriRoberto Notari, Dino Bresciani e Primo Bovini; segreta-rio della cooperativa Luigi Riccò e responsabile tecnicoErmete Bagni.Il presidente della cooperativa è anche vicepresidentedel CCPL.La cooperativa per dare lavoro a tanti soci e ausiliari(quasi 900 unità nel 1949), deve tuttavia assumere sem-pre più lavori fuori provincia, soprattutto con la crisiedilizia del 1949, quando la ricostruzione è ormai ter-minata. Vengono assunti molti lavori tramite CCPL. Si arriva così al 1951-52, anni in cui una grave crisi eco-nomica-finanziaria non consente alla cooperativa dipagare il salario pieno ai suoi lavoratori. L’alternativa èdrammatica: o chiudere i battenti o non pagare partedel salario. Dopo un ampio dibattito che lacera lacooperativa si decide di non pagare la tredicesima pertre anni, per corrisponderla comunque negli anni suc-cessivi; una scelta sofferta che vede tra le sue conse-guenze l’uscita del 40% degli addetti dalla cooperativa,oltre che il cambio di presidente (il nuovo è OttavioCaleri) e del segretario (Lidio Fornaciari). Con l’uscita del 40% delle maestranze (rimangonocomunque le migliori dal punto di vista professionale econ la coscienza cooperativa) la cooperativa è in gradodi fare una più oculata scelta dei lavori anche perché ladiminuzione degli addetti permette di acquisire menocommesse. Cambia anche l’indirizzo politico-imprendi-toriale della cooperativa con la sconfitta del partito deifilo-consortili, capeggiato da Cigarini.

Gli anti-consortili sostengono ormai che il CCPL assu-me lavori a prezzi stracciati ma chi ne paga le conse-guenze è la cooperativa stessa poiché il consorzio pre-tendeva comunque la percentuale del servizio prestato,indipendentemente dai risultati. Non solo, essi lamen-tano che il CCPL non voglia che le cooperative si doti-

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no di proprie strutture direzionali (tecniche, commer-ciali, acquisti) perché così toglierebbero lavoro alConsorzio stesso. Cigarini, tecnicamente molto preparato, viene contesta-to in cooperativa perché abbraccia la tesi secondo laquale una grande cooperativa non può non avere unmercato anche fuori provincia e che questo può essereassicurato solo dal CCPL con i suoi quadri, più prepa-

rati rispetto a quelli delle cooperative. Per cinque anni- dal 1952 al 1957 - la cooperativa si può permettere dinon uscire fuori provincia. Migliora la sua struttura direzionale dotandosi di unufficio tecnico più qualificato, del servizio commercialee acquisto materiali e diventa più autonoma dal CCPLcon il quale mantiene comunque buoni rapporti, senzafare parte però del consiglio di amministrazione.

Un muratore al lavoro (foto anni ‘30)

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Cigarini diventa dipendente del CCPL con la responsa-bilità dell’ufficio acquisti. La ripresa della cooperativa sicostruisce allargando il lavoro in provincia e acquisen-do nuove committenze. Le opere principali eseguitesono: la sede della Cassa di Risparmio, quella dell’Inail,il cinema di Rubiera, lo stabilimento Max Mara, l’allar-gamento della sede delle Latterie, gli stabilimenti delleCantine Riunite e dell’ACM.Anche l’edilizia pubblica viene assunta, in parte, diret-tamente dalla cooperativa, che lavora con il CCPL soloin alcune occasioni. In media l’80% dei lavori è assuntodirettamente e il 20% tramite il Consorzio.Nel 1958, per la necessità di aumentare il fatturato, siritorna a lavorare fuori provincia: un grosso lavoro pri-vato a Milano che impegna più cooperative, ciascunadelle quali ne gestisce una parte; Iacp di Como, doveresta dieci anni; la stazione ferroviaria di Vigevano; Iacpdi Brescia. Si tratta di lavori assunti direttamente, anchese pubblici, che permettono di innalzare il livello dell’i-scrizione all’Albo nazionale dei costruttori. La cooperativa si riprende così anche dal punto di vistafinanziario e vengono così rimborsati ai soci (diretta-mente o come aumento del capitale sociale) gli importicon gli interessi dei tre anni di tredicesima loro tratte-nuti durante la crisi dei primi anni cinquanta. Mentre ilfatturato della cooperativa continua ad aumentare,diminuisce, nel corso degli anni sessanta, il numerodegli addetti permanenti in cooperativa.La crisi del 1951-1952 ha infatti evidenziato la necessi-tà di adeguarsi al mercato facendo investimenti, mecca-nizzandosi, per alleggerire il costo e la quantità di manod’opera. Questo adeguamento riporta l’azienda sui bina-ri normali. Si provvede anche a specializzare settorial-mente la mano d’opera per conseguire maggiore pro-duttività.In secondo luogo si incomincia ad utilizzare il decen-tramento produttivo, cioè il cottimismo.

La cooperativa, restia ad imboccare questa strada edopo avere fatto di tutto per evitarla, si rende conto cheè inevitabile, anche perché diventa sempre più difficilereclutare nuovi giovani, i quali preferiscono la fabbricaalla cooperativa. Infine gruppi di lavoratori, di tanto intanto, escono dalla cooperativa per costituire piccoleimprese artigiane o per fare i cottimisti. Cercano altrestrade per avere maggiore reddito, anche fuori dallacooperazione.Nel 1967 la cooperativa inizia a fare edilizia commercia-le da vendere sul mercato realizzando così un utile com-merciale oltre a quello industriale: un’altra decisioneche provoca accese discussioni politiche, ma che verrà

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Nel 1974 alla vigilia della unificazione in Ircoop,

la Muratori di Reggio Emilia ha 187 addetti tra

soci e dipendenti e un fatturato di 3 miliardi di

lire. In quell’anno la direzione operativa è così for-

mata:

Pierino Boni (presidente)

Gianni Guidetti (vicepresidente e responsabile

organizzazione mano d’opera),

Franco Salsi (responsabile amministrativo)

Luciano Sgarbi (responsabile tecnico)

Ivano Manzotti (responsabile ufficio acquisti).

Il consiglio di amministrazione è così composto:

Pierino Boni (presidente), Gianni Guidetti (vice-

presidente), Lauro Bianchi, Gianpaolo Bottazzi,

Vasco Cucchi, Pierino Ghidoni, Umberto Gozzi,

Ivano Manzotti, Anselmo Spagni, Silvano Zanni,

Guido Zuliani (consiglieri effettivi), Bruno

Giovanardi, Mario Melioli (consiglieri supplenti).

Il Consiglio nel 1974

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presa in modo deciso e che darà buoni risultati econo-mici. Alla fine degli anni cinquanta, viene istituita unamutua interna per concorrere a integrare la pensione ele ore di malattia e infortunio dei soci. Si organizzano la gita e la cena sociali, si distribuisce ilpacco natalizio, si inviano i figli dei soci alle coloniemarine e montane, si mandano alla scuola edile diversisoci perché si formino come capocantiere.

Negli anni settanta, con i bilanci che sono spesso moltobuoni, la cooperativa riesce ad accumulare un discretopatrimonio e una buona liquidità finanziaria (grazieanche al consistente prestito sociale). Così, alla fine dell’anno, una parte dell’utile è distribui-to direttamente o indirettamente ai soci, aumentando laloro quota di capitale sociale che viene regolarmenterivalutata. Nel 1967 muore in un incidente stradale il presidenteOttavio Caleri che sarà sostituito da Pierino Boni, ilquale rimarrà presidente fino all’unificazione in Ircoop(1975).

I vicepresidenti della cooperativa sono GiuseppeRinaldi fino al 1967, poi Libero Riva e, dal 1971, GianniGuidetti. Alla segreteria si succedono Luigi Riccò (finoal 1951), Lidio Fornaciari (fino al 1959), Libero Riva(fino al 1971) e Franco Salsi (fino al 1975). Qualiresponsabili dell’ufficio tecnico si avvicendano ErmeteRagni (fino al 1967) e Luciano Sgarbi (fino al 1975).La sede della cooperativa, dopo alcuni anni, si trasferi-sce da via Guido da Castello in via Battaglione Toscano1, in attesa di stabilirsi definitivamente nel 1960 inlocali di proprietà della cooperativa in via Puccini.

Con il 1° gennaio 1975, dopo un lungo dibattito tra isoci, la Muratori di Reggio Emilia si unifica con lecooperative Muratori di Barco, Montecchio e QuattroCastella, dando vita alla nuova società cooperativaIrcoop (Industrie Reggiane Cooperative), con sede inReggio Emilia e sezioni soci decentrate a Puianello,Barco e Montecchio. Scopo della unificazione per le quattro cooperative èquello di creare una impresa più grande che sia, tecni-camente e finanziariamente, in grado di affrontarenuove produzioni e nuovi mercati. A far parte del consiglio di amministrazione di Ircoopvengono chiamati i seguenti soci della CooperativaMuratori di Reggio Emilia: Pierino Boni, GianniGuidetti, Anselmo Spagni, Silvano Zanni.

1964: foto di gruppo all’interno di una baracca di cantiere

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Foto a lato:1930: foto di gruppo di fornaciai e muratori di Bibbiano

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Si costituisce il 21 gennaio 1901, proprio all’alba delsecolo con 225 soci che versano un capitale sociale di1.700 lire. Il presidente è Ruffino Gallingani e già nel1902 realizza un fatturato di 12.000 lire. I soci lavoranoa turni. La cooperativa vive senza soluzione di continui-tà fino all’avvento del fascismo, quando viene sciolta.Ma il 5 febbraio 1928 verrà ricostituita, con il nome diCooperativa Nazionale fra Muratori di Bibbiano, da 36soci, con presidente Luigi Gambini, socialista. La quota sociale è di 100 lire. Nel periodo della guerradiventa presidente Alberto Fontana. Dopo laLiberazione lo affiancherà come segretario SandroPinarelli.

Nel 1951 il capitale sociale è di 640.000 lire e di 340mila la riserva; in quell’anno realizza un fatturato di 19milioni di lire, leggermente inferiore al 1950, che vienedenunciato come insoddisfacente perché non in gradodi dare lavoro a tutti i soci. D’altronde, si dice nel verbale, “anche un incrementosensibile dei lavori comporterebbe uno sforzo finanzia-rio sproporzionato alle nostre riserve finanziarie per cuile iniziative vanno valutate attentamente al fine di pren-dere lavori finanziati”. Si aggiunge che anche il rendimento del lavoro sui can-tieri non è sempre stato soddisfacente. L’utile d’esercizioè di 77 mila lire.

COOPERATIVA MURATORI

DI BIBBIANO 1901 - 1970

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Nel 1952, il consiglio di amministrazione è così forma-to: Alberto Fontana (presidente), Pietro Mezzani,Cirillo Papani, Guglielmo Fornaciari, Vittorio Elefanti,Guido Anghinolfi, Olindo Perrilli (consiglieri). I socisono 32.“Nel 1952 - riporta il verbale dell’assemblea - il fattura-to sale a 27 milioni di lire dovuto a un lavoro a CerretoAlpi affidatoci dal CCPL. Essendo un lavoro prevalente-mente stradale si è dimostrato inadatto alle nostre capaci-tà tecniche e di mano d’opera e ci ha trovato sprovvistidelle necessarie attrezzature. I prezzi sono risultati remu-nerativi e si tenga presente che per quest’opera abbiamoassunto quasi esclusivamente mano d’opera locale che haavuto una resa bassa perché non legata direttamente agliinteressi della cooperativa. Oggi abbiamo bisogno: dimano d’opera più redditizia, di una migliore attrezzaturain quantità e qualità, di impegnarci in opere che consenta-no un minimo di guadagno”.Nel 1953 il fatturato diminuisce lievemente ma l’occu-pazione dei soci è pressoché totale. L’utile è di 232.000lire.“Siamo riusciti a ridurre gli impegni verso banche e for-nitori. Dobbiamo però adeguare il capitale sociale alleesigenze sempre maggiori della nostra cooperativa perpoter sviluppare l’attrezzatura senza ricorrere a nuoviprestiti”. Nel 1955 i soci sono 32 di cui 30 attivi. Lacooperativa ha, inoltre, alle sue dipendenze in media25 operai ausiliari. Da un’ispezione della Federcoop del 1955 si legge que-sto giudizio: “La situazione patrimoniale reale ha un atti-vo di 3,5 milioni e la situazione finanziaria è pesante perritardi nei pagamenti e riscossioni. L’età media avanzatadei soci (e relativa mentalità) costringe la cooperativa alavorare esclusivamente nell’ambito del Comune, per dipiù con attrezzature inadeguate: ha una betumiera vec-chia, due vecchi montacarichi e un camion usato e ponta-me, il tutto per un valore di 800.000 lire.

Pertanto occorre: 1) più cura nella riscossione crediti 2)migliorare l’attrezzatura 3) studiare i costi di cantiere per-ché lavorando nel comune in concorrenza con i privati(che non assicurano regolarmente gli operai e non corri-spondono loro le tariffe sindacali) non sono oggi competi-tivi”. Il fatturato sale in quell’anno a 44 miioni di lire, ilcapitale sociale a L. 640.000 e il fondo riserva ordinarioe straordinario a 1.100.000 lire. Tutto l’utile (636.000lire) viene portato a riserva. Il lavoro continua ad esse-re svolto in zona e tutti i soci sono occupati.Nel febbraio del 1955, in seguito alla morte del presi-dente Alberto Fontana, è nominato presidente PierinoVezzani. Nel 1956 si realizza un utile netto di 511 mila lire su unfatturato di 47 milioni (neanche l’1,1%) e nel 1957 ilfatturato è di 51 milioni di lire con 690.000 lire di utile.Si inizia la costruzione della nuova sede sociale cheviene completata nel 1958 grazie al grande contributodi tutti i soci. I soci diminuiscono a 29. Nel 1960 lacooperativa ha un fatturato di 90 milioni di lire e unutile di 520.000 lire. Il capitale sociale è di L. 620.000 ele riserve ammontano a 5 milioni. Sono però già istitui-ti un fondo ammortamenti di 2 milioni, un fondo sva-

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In posa dopo l’Assemblea dei soci

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lutazione e tasse di 2 milioni e un fondo di indennità dilicenziamento di 2,3 milioni. In questo caso l’utile nonviene tutto destinato a riserva ma il 50% alla creazionedi un fondo di mutualità ed assistenza, conforme all’art.19 dello statuto, per integrare le pensioni ai soci. Nel 1961 il monte lavori è di 96 milioni di lire, con unutile di 1 milione che viene così destinato: 20% a riser-va, 10% a propaganda cooperativa, 70% al fondomutualità. Si lamenta che l’utile è scarso e che non con-sente un miglioramento radicale dell’azienda. Si ringra-zia il CCPL perché ha assegnato alla cooperativa diBibbiano la costruzione della sede della FederazioneProvinciale delle Cooperative a Reggio Emilia. E’ nomi-nato vicepresidente Giuseppe Tesauri. Nel 1962 il monte lavori passa a 121 milioni di lire(+25% rispetto al 1961). Si acquistano un autocarro,una gru, due betoniere, pale raschianti e altra attrezza-tura per un valore di 11 milioni. Ciò comporta un appe-santimento della situazione finanziaria. Ma gli Istitutidi credito danno il loro benevolo appoggio accettandole obbligazioni degli amministratori. Si opera unanuova impostazione dei cantieri adottando l’organizza-zione su scala industriale nelle costruzioni, ma i risul-

tati non corrispondono all’investimento, per una certadifficoltà ad adottare metodi nuovi. Nonostante ciòvengono assegnati 2 milioni di lire al fondo di ammor-tamento e si registra un utile di 1.200.000 lire. Nel 1963diventa vicepresidente Romano Morelli. I soci sonosempre 31 e gli ausiliari sono 36 di cui 4 impiegati tec-nici e due amministrativi. L’anno successivo la crisi edi-lizia mette in difficoltà la cooperativa, che registra unmonte lavori di 138 milioni di lire rispetto ai 154 del-l’anno precedente. L’utile è esiguo (L. 324.000) e l’inde-bitamento bancario cresce. Con la crisi edile del 1963-65 la cooperativa assume lavori anche fuori provincia(Fiorenzuola e Genova) che nel biennio 1964-65 rap-presentano circa il 40% del fatturato ed occupano 10soci e 20 ausiliari. Con la congiuntura sfavorevole lacooperativa Muratori di Bibbiano, già precedentementein difficoltà, entra in crisi (finanziaria, di lavoro, dicompetitività), a causa di una insufficiente accumula-zione di riserve finanziarie, continuando comunquesempre a sopravvivere. L’Associazione Provinciale delle Cooperative diProduzione e Lavoro propone alla cooperativa diBibbiano una incorporazione in altra cooperativa piùsolida, indicandola come unica unica soluzione alterna-tiva ad una prossima inevitabile liquidazione. Per que-sto motivo nel 1970 decide di unificarsi con la coopera-tiva Muratori di Barco. Alcuni soci della cooperativa diBibbiano che non condividono l’unificazione esconodalla cooperativa e costituiscono piccole imprese locali.Tra essi vi è anche il presidente Vezzani. Se si escludeva il comune di Reggio Emilia, nel 1970solo nei comuni di Bibbiano e Gualtieri operavano ecoesistevano due cooperative muratori. Il motivo erasoprattutto riconducibile a ragioni campanilistiche dalmomento che a livello imprenditoriale niente potevagiustificare l’esistenza di due imprese analoghe in unostesso comune.

Ricevuta del versamento della quota sociale (anno 1954)

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Foto a lato:Fine anni ‘40: la costruzione di un ponte lungo la S.S. 63

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La cooperativa Muratori di Barco si costituisce il 7 mag-gio 1928 con i seguenti soci fondatori: Ermanno Caleri(presidente), Raul Grisendi (segretario), Egidio Ruini,Battista Burani e Francesco Gardini. Con l’avvento delfascismo in parecchie località, tra cui Barco di Bibbiano,le pubbliche amministrazioni tentano di liquidare lecooperative socialiste esistenti assegnando l’esecuzionedei lavori al Sindacato Muratori Fascista corporativo(che associa lavoratori e capomastri) che funzionaanche come impresa.

Quando, nel 1928, il Sindacato Muratori di Barco falli-sce si costituisce la cooperativa Nazionale Muratori diBarco, che deve rilevare i lavori del disciolto SindacatoMuratori con l’onere di pagarne tutte le pendenze.

Dopo tre mesi, il presidente Caleri viene espulso dallacooperativa perché operava contro la stessa e vienesostituito da Raul Grisendi. Nella seduta del 17 settem-bre 1928 i consiglieri rivolgono un plauso al PNF, alDuce e a tutti i membri della cooperazione italiana e,nello stesso anno, il presidente Grisendi viene invitatoa Roma per acclamare il Duce che parla al Colosseo.Nei primi anni il presidente guida una delegazione dalpodestà per chiedere lavoro al fine di alleviare la disoc-cupazione. La cooperativa acquisisce così un grossolavoro dal signor Leoncini, che riconosce la qualitàdella manodopera della cooperativa di Barco. Il bilancio del 1928 si chiude con 247 lire di utile su80.000 lire di fatturato, ma già nel 1930 la crisi di mer-cato è grave, tanto che il fatturato è di sole 38.000 lire.

COOPERATIVA MURATORI

DI BARCO 1928 - 1970

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Nel 1932 si ha una perdita di 416 lire. A partire da que-sti anni, grazie anche ad un incremento del numero deisoci, che nel 1933 passano da 8 a 15, e ad un aumentodi valore delle quote societarie, che passano da 500 a1.000 lire (nel 1938), il fatturato cresce, raggiungendodi nuovo le 102.000 lire e arrivando a 191.000 lire nel1939, con un utile di 775 lire.

Nel 1932 viene nominato presidente FrancescoGardini, che resterà in carica per ben 32 anni. Nel 1936diventa segretario Arturo Arduini che ricoprirà l’incari-co fino al 1961. L’ingegner Giuseppe Alai segue invecel’area tecnica.Nel 1940 si acquista un frantoio a Fornovo spendendo50.000 lire, ma due anni più tardi si è costretti a riven-derlo, per difficoltà gestionali, al prezzo di sole 12.800lire. Nel 1944 la cooperativa ha una base sociale di circa 30unità e realizza un fatturato di 390.000 lire con un utiledi 4.800 lire. Al termine della guerra viene convocataun’assemblea straordinaria per rinnovare le carichesociali e per espellere i soci che avevano collaborato conil fascismo. Presidente e segretario vengono mantenutiai loro posti.Negli anni successivi la cooperativa affronta un perio-dodo di grandi difficoltà, la crisi di lavoro spinge nel1947 il consiglio di amministrazione a suggerire unariduzione del numero dei soci. Nel 1949, però, per potere aderire agli appalti pubblicisi propone di modificare nuovamente lo statuto al finedi elevare a 25 il numero dei soci. Come tutte quellesorte nel periodo fascista, anche la cooperativa di Barconasce come cooperativa “chiusa” con pochi soci e talerimane anche dopo la Liberazione. Di fronte alla scarsi-tà di lavoro si tende a restringere la base sociale piutto-sto che affrontare i turni di lavoro con una base socialepiù larga. La cooperativa “chiusa” genera però contrad-

dizioni; ad esempio, nel 1950 si constata che i soci dellacooperativa sono troppo anziani e rendono l’impresapoco competitiva. Nel 1952 viene acquisito, insiemealla cooperativa di Bibbiano, un importante lavoro alCerreto. Si tratta di un’opera in grado di risollevare le sorti dellacoop Barco. Si trova infatti tra i documenti di quell’anno una letteraal CCPL per chiedere il pagamento degli “stati di avan-zamento lavori”, pena la stessa vita dell’azienda. L’anno successivo la cooperativa fa registrare 23 soci eun fatturato di 15 milioni di lire. Nel 1954 inizia a cede-re dei lavori in subappalto per la costruzione di un ser-batoio pensile alla Cooperativa Carpentieri di ReggioEmilia per 340.000 lire e nel 1958 realizza un fatturatodi 25 milioni di lire e un utile netto di 842.000 lire.Nel 1959 viene acquistata la prima gru, di cui vienenominato conduttore il nuovo assunto Vito Barazzoni.Nel 1960, nel pieno del boom economico ed edilizio, èpreso alle dipendenze anche il geometra EnzoRovacchi. Nel 1961 diventa segretario Tonino Iotti. La cooperati-va investe anche in strutture (sede e magazzino) e inattrezzature di cantiere (gru, betoniere) oltre che inrisorse umane (tecnici e amministratori). La base sociale rimante moto ristretta: i soci sono solo14, meno cioè degli ausiliari. Nel 1963 realizza un fat-turato di 44 milioni di lire con un utile netto di 427.000lire. Nel 1966 ha un capitale sociale di 3.800.000 lire(alto per quel periodo). La cooperativa di Barco ha sem-pre lavorato poco per gli enti pubblici e molto per i pri-vati. All’inizio del 1968 muore il presidente FrancescoGardini e lo sostituisce Oliviero Cervi. In questo perio-do si comincia a fare edilizia commerciale e viene desi-gnato direttore tecnico il geometra Franco Fusoni. Isoci sono 20, come gli ausiliari. Il fatturato sale a 101milioni di lire ma l’utile è di sole 40.000 lire.

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Famiglia Unieco x

Nel 1969 il CCPL propo-ne alle cooperative diBibbiano e Barco di unifi-carsi in quanto non hapiù senso la presenza didue cooperative murato-ri concorrenti tra loro inuno stesso comune ed èsempre più forte il biso-gno di imprese più solideper conquistare nuovimercati fuori provincia. In un primo momento laMuratori di Barco è con-traria ma in seguito, nel1970, aderisce a questoprogetto incorporando laCooperativa NazionaleMuratori di Bibbiano,che ha una situazionepatrimoniale ancora atti-va ma finanziariamente difficile e buone risorse umane(26 soci e 15 ausiliari molto più giovani di quelli diBarco).

Nasce EdilcoopLa cooperativa unificata assume il nome Edilcoop consede in Barco. Nel 1970 realizza un fatturato di 246milioni di lire e un utile di 1.254.000 lire. Con il nuovo gruppo dirigente che si viene a formarealla fine degli anni sessanta (Oliviero Cervi alla presi-denza e Franco Fusoni alla direzione tecnica), la coope-rativa di Barco cessa di essere una cooperativa chiusaper prendere parte più attivamente alla politica delmovimento cooperativo a livello provinciale. In precedenza la Federcoop e l’Associazione Provincialenon venivano neppure invitate alle assemblee di bilan-

cio della cooperativa. Il consiglio di amministrazionedel 1971 è formato da Oliviero Cervi (presidente),Romano Morelli (vicepresidente), Fabio Magnani,Arturo Colli, Franco Moraffi, Ideo Spaggiari, MarioCasamatti. Nel 1974 Edilcoop di Barco conta 65 addetti fra soci edipendenti e realizza un fatturato di 850 milioni di lire.Su progetto dell’Associazione provinciale, Edilcoop nel1975 prenderà parte alla costituzione della IRCOOP,della quale entreranno a far parte anche la CooperativaMuratori di Reggio Emilia e altre cooperative del com-prensorio pedecollinare (Quattro Castella eMontecchio). Quella di Barco rimane una sede decentrata e una sezio-ne soci di IRCOOP.

Una cena sociale della Cooperativa al Teatro di Barco

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Sono 97 i soci che nel 1902 costituiscono laCooperativa di Lavoro fra Braccianti, Muratori eBirocciai a San Polo d’Enza: il capitale iniziale sotto-scritto è di 2.328 lire, di cui 500 versate. Il primo presi-dente è Luigi Guarnieri.Nel 1920 il numero dei soci sale a 230, ma, così comealtrove, con l’avvento del fascismo il comune ostacolal’attività della cooperativa non assegnandole più alcunlavoro ed istituendo tre cooperative “nazionali” separa-te tra di loro (birocciai, braccianti, muratori).Nel 1924 sono ancora una trentina i soci che “resisto-no” (presidente è Luigi Rubaltelli, socialista, e segreta-rio Nino Ruffini), indebitandosi con le banche e dandoanche garanzie personali per accedere al credito. Il 10 giugno 1926 si tiene l’assemblea per approvare ilbilancio dell’anno precedente ma contestualmente sivota anche lo scioglimento stesso della società “perché– come si ricava dal verbale – dopo la costituzione delletre singole Cooperative Nazionali delle tre categorieBraccianti, Birocciai e Muratori non ha più ragion d’es-sere e funzionare l’attuale società”.Si vota all’unanimità lo scioglimento della società ediversi sono i soci costretti ad emigrare all’estero perpagare i debiti contratti.

La creazione di tre cooperative da parte dei fascisti nondà però i risultati sperati e si ritorna ad accorpare i brac-cianti ed i muratori in un’unica cooperativa anche alfine di assicurare un minimo di lavoro ad entrambe lecategorie e di evitare un’aspra concorrenza fra due pic-cole imprese che operavano in un mercato locale moltopovero. Così, nel 1936, si ricostituisce la cooperativacon la denominazione di Società Cooperativa Nazionalefra Muratori Manovali e Braccianti del Comune di SanPolo d’Enza che nel 1938 aderisce al CCPL.

I birocciai rimangono però in cooperativa autonoma;presidente è Antonio Pattacini, un socialista, che si ade-gua solo formalmente iscrivendosi al PNF, rimanendoantifascista.Nel 1945 diventa presidente Giuseppe Maccari e dueanni dopo la cooperativa conta 47 soci (il massimodella sua espansione sarà 50 addetti). Nel 1958 vienenominato presidente Giusto Guberti che ricopre la cari-ca fino alla unificazione, nel 1966, con la CooperativaMuratori di Montecchio. Segretari della cooperativasono Mario Ruozzi, dopo la Liberazione, ed EgistoManghi dal 1960.La cooperativa unificata assume il nome di CooperativaEdile Val d’Enza con sede in Montecchio: si tratta neifatti di un’incorporazione, anche se la cooperativa diSan Polo aveva ancora una situazione patrimoniale atti-va (pur in presenza di notevoli difficoltà finanziarie).L’unificazione, patrocinata anche da Federcoop,dall’Associazione provinciale e dal CCPL, si propone didar vita ad una struttura imprenditoriale più efficiente,in grado di stare meglio sul mercato. Tra le prime con-seguenze, al fine di migliorare la situazione finanziariadella nuova cooperativa, vi è la vendita della sede di SanPolo. Dalla cooperativa di S. Polo escono però, perchénon favorevoli alla fusione, 7 muratori e 5 braccianti emanovali, gran parte dei quali costituiscono nel 1971 lacooperativa Edilsanpolese.

La cooperativa di San Polo - specializzata in costruzio-ni edili, lavori idraulici e lavori stradali - opera preva-lentemente nel mercato locale, toccando comuni delparmense e della provincia di Reggio Emilia, soprattut-to in montagna e collina.

COOPERATIVA DI LAVORO TRA BRACCIANTI, MURATORI E BIROCCIAI DI SAN POLO 1902 - 1966

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Foto a lato:Primi anni ‘60: l’on. Ivano Curti inaugura la sede della cooperativa montecchiese

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Nel 1902 a Montecchio si costituisce la CooperativaMuratori e Birocciai che conta 76 soci e un capitale sot-toscritto di L. 760 (versato di L. 359). Presidente èFerdinando Boni.Nel 1911 la cooperativa si scioglie per dare vita a duedistinti organismi: la cooperativa Birocciai e la coopera-tiva Muratori (che si costituisce formalmente l’annosuccessivo con 9 soci ed un capitale sociale di 60 lire).Quest’ultima partecipa nel 1922 all’esposizione agrico-la industriale di Reggio Emilia, forte dei suoi 38 soci,11.000 lire di capitale sociale, 6.000 lire di riserve ed unfatturato di 328.000 lire. La cooperativa è costituita dauomini che si identificavano con il partito socialista e difatto non sarà mai sciolta fino al momento dell’unifica-zione in Ircoop (1975). Nel periodo 1929-1933, inseguito alla grave congiuntura economica, entrano incrisi sia la cooperativa sia i capomastri privati diMontecchio, che rimangono senza lavoro. Il fascio loca-le interviene riunendo, nel 1935, i soci della cooperati-

va e gli artigiani locali in crisi in un’unica nuova impre-sa cooperativa denominata “Società An. CooperativaEdile fra Muratori del Comune di Montecchio Emilia”. Gli artigiani Rabitti, Gilioli, Aleotti, figurano infatti nelnuovo consiglio di amministrazione che è così formato:Umberto Friggeri (presidente), Primo Lanciotti, PietroRabitti, Ugo Aleotti, Olindo Gardoni, Flaminio Gilioli(consiglieri). I soci sono 17. I dirigenti della cooperati-va (Friggeri, Lanciotti, Gilioli) continuano anche inquesta fase ad essere legati al partito socialista (nellaclandestinità). Il fascio locale si accontenta di avere unsuo iscritto (il geom. Giuseppe Bezzi) nel collegio sin-dacale. Nel 1934 la cooperativa aderisce al CCPL persuperare le difficoltà a reperire lavoro in proprio.L’azienda comincia a lavorare nel 1935 con la costruzio-ne delle scuole di Montecchio. Lo statuto riporta che “lacooperativa è chiamata ad assistere e sovvenzionare conmezzi materiali e morali i soci che si recano al lavorofuori provincia e all’estero”.

COOPERATIVA MURATORI

DI MONTECCHIO EMILIA 1902 - 1966

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Ciò caratterizza bene il periodo in cui si costituisce lanuova cooperativa e i suoi obiettivi principali. Primadella fine della seconda guerra mondiale la cooperativaesegue lavori importanti a Reggio Emilia (case popolaridi via Bainsizza e capannoni delle OMI Reggiane) e aFornovo (capannoni militari). In questo periodo molti muratori di Montecchio emi-grano all’estero per trovare lavoro. Dopo il 1945 lacooperativa subisce diverse variazioni nella sua deno-minazione: nel 1949 si trasforma da “Società An.” in“Società cooperativa” e diventa “Società CooperativaEdile fra Muratori del Comune di Montecchio Emilia”;nel 1962 “Cooperativa fra Muratori ed Affini diMontecchio Emilia”; nel 1966, con l’incorporazionedella Cooperativa Muratori e Braccianti di S. Polod’Enza, la denominazione diventa “Cooperativa EdileVal d’Enza”. La cooperativa fattura 181 milioni di lirenel 1960 e cresce gradualmente fino ad arrivare a 825milioni nel 1974, sfruttando in gran parte il lavoro fuoriprovincia, soprattutto nei periodi di crisi economica ededilizia: a Crotone negli anni ’50 e poi a Milano, Trento,Genova. L’esigenza di andare fuori provincia per trova-re lavoro crea comunque forti tensioni nell’azienda e tra

i soci, per ragioni sia economiche (fuori era meno faci-le guadagnare) sia sociali (per i maggiori disagi legatialla trasferta). La specializzazione produttiva dellacooperativa è l’edilizia civile e industriale. Alla finedegli anni sessanta l’attività è così suddivisa: 36% lavo-ri pubblici, 60% lavori privati, 4% edilizia commerciale.Il mercato geografico è così composto: 45% del lavoro aReggio Emilia; 5% a Parma; 15% a Genova; 35% aMilano e Trento. Il lavoro di edilizia commerciale, davendere sul mercato, comincia a svilupparsi nel 1973-74, in convenzione con il Comune. In pratica ilComune, al fine di calmierare il prezzo degli apparta-menti, rinuncia all’utile commerciale e si accontentadell’utile industriale. Negli anni sessanta la cooperativa comincia anche adutilizzare i “cottimisti”, inizialmente solo fuori provin-cia poi anche a Reggio, sfidando il parere contrario diFedercoop, sindacato e molti soci: tra questi c’è anchechi definisce l’uso dei cottimisti “lo sfruttamento demo-cratico dei lavoratori”, una contraddizione che i diri-genti devono gestire e che crea grossi problemi nei rap-porti con il sindacato.Alla carica di presidente e vicepresidente si succedono:dal 1935 al 1942 Umberto Friggeri e Primo Lanciotti;dal 1943 al 1964 Angiolino Ferrari e Walter Catellani;dal 1965 al 1975 William Giglioli e Mario Imovilli.Negli anni settanta il Consiglio di amministrazione ècosì composto: William Giglioli (presidente), MarioImovilli (vicepresidente), Luigi Imovilli, GiuseppeRiccò, Giuseppe Davoli, Mario Romagnani, Ildo Boni,Fausto Ficarelli, Silvano Fontana, Giovanni Fornaciari,Angiolino Fornaciari (consiglieri). Il collegio sindacale è formato da ArmandoFranceschetti, Giacomo Montanari, Pietro Ferrari,Jones Boni e Walter Fornaciari. Fanno parte della dire-zione operativa William Gilioli (presidente), DanteMeli (segretario) Giovanni Fornaciari (responsabile

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L’on. Ivano Curti inaugura la sede di San Polo

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Famiglia Unieco x

tecnico), Walter Fornaciari, Fausto Ficarelli, RosaBurani. Segretario della cooperativa è LanfrancoPasquali dal 1955 al 1957, non sempre a tempo pieno,poi gli subentra Dante Meli. Per anni nella cooperativavi è un insanabile contrasto nel gruppo dirigente sulcome guidare l’impresa: una parte è per un ferreo azien-dalismo e l’altra parte per una più accentuata funzionepolitico-sociale dell’azienda. A questo vanno aggiuntipoi i forti contrasti personali tra gli amministratori. In seguito a ciò, nel 1965, si ha la prima importanteuscita da parte di un gruppo di soci, capeggiati dal pre-sidente Angiolino Ferrari, che vanno a costituire unasocietà privata, la SMEA, che opererà poi sul mercatolocale. In seguito si registrano uscite di singoli soci,maturate non per dissensi politici o per la gestione del-l’impresa ma semplicemente per il desiderio di diventa-re lavoratori autonomi (artigiani o cottimisti) al fine direalizzare un maggiore guadagno immediato. Come attività sociale, la cooperativa, nella fase iniziale,si limita a fare opera di beneficenza verso gli Enti assi-stenziali ed iniziative tra i soci: cene, gite, invio dei figlialle colonie, i pacchi natalizi.

Successivamente si istituisce un fondo interno per l’in-tegrazione delle pensioni ai soci e si incentiva la parte-cipazione a corsi professionali e alla scuola per capo-cantiere. In questo modo si incrementa la professionali-tà dei soci e gli eccellenti risultati per la cooperativasono conseguenti alla formazione di ottimi capocantie-ri come Rino Codeluppi, Ildo Boni, Giuseppe Davoli,che saranno le colonne portanti della cooperativa diMontecchio e della futura Ircoop. La retribuzione, siadei soci che dei non soci, è sempre quella prevista daicontratti sindacali, anche nel periodo di maggiore crisi,ossia nella fase iniziale della vita dell’azienda. A volte ènecessario lavorare anche qualche ora in più senza esse-re pagati, ma negli ultimi anni si distribuisce qualchepremio di produzione. Lo stato patrimoniale dellacooperativa non permette di fare di più. Durante la suaesistenza, nei periodi di crisi, la cooperativa chiudealcune annate in perdita. I rapporti fra CCPL e coope-rativa sono sempre (specialmente fino al 1966) formal-mente corretti come possono essere quelli tra una pic-cola azienda e un grande complesso del quale non sipuò fare a meno. Nel 1975 la cooperativa aderisce al progettodell’Associazione Provinciale delle Cooperative diProduzione Lavoro di costituire una nuova impresacooperativa, la Ircoop, attraverso la fusione tra lecooperative Muratori di Reggio Emilia, Montecchio,Barco, Quattro Castella. Questo perché il mercatorichiede imprese di più grandi dimensioni, in grado direalizzare opere importanti che le piccole e medieimprese non riescono ad affrontare. Partecipano allacommissione di studio per l’unificazione, per la coope-rativa di Montecchio William Giglioli (presidente),Rino Codeluppi (consigliere, Giovanni Fornaciari(responsabile tecnico), Mario Imovilli (vicepresidente),Dante Meli (segretario). Il 1° gennaio 1975 nasce la nuova cooperativa Ircoop. Cooperatori montecchiesi in trasferta

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Nel 1920 si costituisce la Cooperativa Edilizia fraMuratori e Manovali di Vezzano. Viene sciolta con l’av-vento del fascismo e ricostituita nel periodo fascista il26 febbraio 1935 con 12 soci: presidente è GiuseppeBeccari, un uomo vicino al regime fascista.Nel 1938 aderisce al CCPL, vantando un capitale socia-le di 8.000 lire e una riserva di L. 846 e realizzando unfatturato di L. 130.000 con un utile di L. 840. Il segre-tario è Diodato Bottazzi.Nel 1944 realizza un fatturato di L. 1,4 milioni lavoran-do soprattutto per l’organizzazione tedesca TOT. Ladenominazione esatta è Società Cooperativa Muratoried Arti Affini di Vezzano sul Crostoso. Nel 1945 il pre-sidente è Giacomo Sonauro e dal 1952 GiuseppeGennari. Il vicepresidente Bruno Benassi rimane in cari-ca per dieci anni. Segretario dal 1945 al 1962 è FeliceValcavi. La cooperativa esegue prevalentemente lavori di manu-tenzione stradale, lavori stradali veri e propri (strade,ponti, manufatti) e ha in appalto la manutenzione dellestrade provinciali Sparavalle-Ramiseto-Andrella eVezzano-Pecorile-Paullo-Casina.Il lavoro edile vero e proprio è scarso per la forte con-correnza sul territorio: qualche manutenzione e qual-che piccola casa, nessun lavoro immobiliare in un mer-cato locale, quello di Vezzano, poverissimo.I soci in media sono 40, di cui 25 muratori e 15 mano-vali. Non si registra mai alcuna uscita dalla cooperativase non al momento dell’unificazione con la cooperativamuratori di Quattro Castella nel 1963, quando qualchesocio passa ai privati. Durante i lavori stradali nelcomune di Ramiseto (1950) la cooperativa ha alle pro-prie dipendenze 250 operai del luogo. Proprio in que-sta occasione iniziano a manifestarsi alcune difficoltàlegate all’innovazione. Ad esempio nei lavori di sterro

gli operai di Ramiseto sono fortemente contrari all’uti-lizzo di macchine escavatrici, che ridurrebbero le ore dilavoro manuale, e minacciano lo sciopero. Vince così il lavoro ma perde la cooperativa comeimpresa, non potendo attuare il necessario salto di qua-lità richiesto da un mercato in cambiamento. Il contra-sto lavoro-impresa si manifesta, così, anche all’internodella impresa cooperativa.La cooperativa arriva ad avere fino 300 addetti alle suedipendenze. I rapporti con il CCPL sono buoni e molti lavori vengo-no acquisiti dal Consorzio ed affidati alla cooperativa diVezzano sul Crostolo, specialmente lavori stradali.Nel 1956 esegue lavori per 70 milioni di lire con unutile di sole 65.000 lire; ha un capitale sociale di1.789.000 lire (molto alto per quel tempo) e un fondodi riserva pari a 269.000 (molto basso per un fatturatodi 70 milioni). Ciò significa che per dare un po’ di liqui-dità all’azienda, i soci sono chiamati a sottoscriverecontinuamente aumenti di capitale sociale, in quantonon si conseguono utili di bilancio adeguati.

Nel 1963 la Cooperativa si unifica con la CooperativaMuratori di Quattro Castella e la denominazione dellacooperativa diventa S.C. Muratori di Quattro Castella eVezzano sul Crostoso.Le ragioni dell’unificazione sono da ricercare nell’aspraconcorrenza esistente fra le cooperative anche per l’as-sunzione di piccoli lavori locali e dalle difficoltà finan-ziarie insorte nella cooperativa di Vezzano.La Federazione delle cooperative indirizza quest’ultimaverso l’unificazione anche per formare una cooperativadi maggiori dimensioni in grado di impegnarsi in lavo-ri più importanti.

COOPERATIVA MURATORI

DI VEZZANO SUL CROSTOLO 1920 - 1963

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Foto a lato:Fine anni ‘60: lavoratori alla Fornace

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Sono 58 operai e capomastri del Comune di QuattroCastella a fondare, il 21 luglio 1945, la SocietàCooperativa Muratori e Lavoratori di Quattro Castella eVille. Nasce come cooperativa non chiusa, alla qualeaderiscono quasi tutti i muratori del comune. La quotasociale è di 1.000 lire e la società parte con un capitaledi 58.000 lire. Il primo presidente è Giovanni Bosi,capomastro, poi sindaco socialista del comune. La sede amministrativa è per 13 anni una sala nella casadi un privato, la signora Fernice Cantoni, democristia-na, segretaria della cooperativa. Un capannone aMontecavolo serve da magazzino e per tenere le riunio-ni del consiglio di amministrazione. Nel 1958 si costi-tuisce la nuova sede amministrativa adiacente al capan-none di Montecavolo e qui rimane fino all’unificazionein IRCOOP, nel 1975.

Dal 1946 si susseguono alla presidenza della cooperati-va Roberto Ruozzi (1946-48), socialista di Puianello;Renato Toschi (1948-60), capocantiere di Montecavolo,comunista; Igino Giberti (1960-67), vicepresidentedella cooperativa dalla fondazione, comunista; GineproAlbertini (1967-69) di Quattro Castella; Enzo Grasselli(1969-75), che dirige la cooperativa fino alla unificazio-ne. Il primo tecnico, Sergio Pedrazzoli, viene assuntonel 1960. A lui succede, cinque anni dopo, EnzoGrasselli e nel 1969 si assume anche un secondo tecni-co, Giorgio Osello.Nel 1963 Loris Guerrieri diventa segretario e la exsegretaria rimane come impiegata amministrativa.L’anno successivo la cooperativa realizza 310 milioni dilire di fatturato e solo 240 nel 1965 a causa della crisiedilizia.

COOPERATIVA MURATORI DI

QUATTRO CASTELLA E VILLE 1945 - 1974

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Gli addetti sono 97: 64 soci, tutti operai, e 33 non socifra i quali vi sono due impiegati tecnici e tre impiegatiamministrativi. Il capitale sociale è di oltre 3 milioni dilire e il fondo di riserva di 714.000 lire.Nel 1969 si forma alla guida della cooperativa un trio didirettori molto valido: Grasselli (presidente), Guerrieri(segretario), Osello (responsabile tecnico).

Nei cinque anni successivi, fino alla unificazione, lacooperativa, grazie alla congiuntura economica favore-vole e all’ottima direzione tecnica, compie un nettobalzo in avanti.E’ proprio in questa fase che si consolida il patrimonioche non ha mai avuto momenti di gravi difficoltà eco-nomiche. Nel 1963, su suggerimento della Federcoop,avviene l’unificazione con la Società CooperatoriMuratori di Quattro Castella e Vezzano sul Crostolo.Nell’unificazione la cooperativa di Vezzano non portasolo risorse patrimoniali ma soprattutto molta manodo-pera giovane, fondamentale per una cooperativa comeQuattro Castella, che sta registrando la fuoriuscita didiversi soci, che si mettono a lavorare in proprio comeartigiani, cottimisti o come imprenditori veri e propri.

La cooperativa raggiunge la sua massima espansione(102 soci) dopo l’unificazione con Vezzano. GiuseppeGennari, che sarà poi Sindaco di Vezzano, è il vicepre-sidente.La specializzazione della cooperativa è nelle costruzio-ni edili in genere, mentre nel settore infrastrutture silimita a qualche opera stradale di fognatura. La coope-rativa inizia ad intraprendere l’edilizia commercialeimmobiliare solo nel 1969, ma questi interventi nonhanno mai un grande peso nel fatturato globale. Grazie ad una buona organizzazione produttiva riesce atrarre l’utile essenziale dal profitto industriale, in unmercato tipicamente comunale e provinciale, con qual-che lavoro anche a Parma e Sassuolo. L’unico interven-to rilevante fuori provincia è quello di Niguarda(Milano) fatto in “associazionismo” con altre coopera-tive muratori di Reggio Emilia. Si tratta di case di abita-zione IACP e delle cooperative di abitazione milanesi.L’attività sociale interna della cooperativa è limitata:pranzi sociali e gite in Unione Sovietica per tutti i soci,a turno.

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Cantiere presso la Rocca di Scandiano

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Famiglia Unieco x

Non viene erogata remunerazione cooperativa oltre latariffa sindacale e tutto l’utile finisce in accumulazioneaziendale.In certi momenti di leggera difficoltà finanziaria, i socisono chiamati a fare dei sacrifici: qualche stipendio nonviene pagato ma accreditato ai soci sul “libretto rosso”,dove vengono annotati i crediti vantati nei confrontidella cooperativa. Tutte le trattenute saranno restituitenegli anni successivi con gli interessi maturati. Il consiglio di amministrazione nel 1974 decide di ade-rire all’unificazione in IRCOOP. Ne fanno parte: EnzoGrasselli (presidente), Alfredo Grisendi (vicepresiden-

te), Adriano Musi, Rino Taddei, Dino Molini, FrancoCarbognani, Giacomo Cervi (consiglieri). E’ opportunorilevare che, soprattutto nella prima fase della vita dellacooperativa, i consiglieri sono scelti dai soci sulla basedi due criteri: la capacità e l’affidabilità ed il possesso diuna disponibilità patrimoniale in grado di dare garanziealle banche al fine di ottenere fidi.Al momento dell’unificazione la cooperativa ha 68addetti fra soci e dipendenti e il fatturato è di 1,3 miliar-di di lire.La sede di Quattro Castella (Puianello) rimarrà unadelle sezioni soci di IRCOOP.

La fornace di Quattro Castella

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Foto a lato:1981: centro direzionale Reggio Ovest di Via Premuda

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Sono quattro le cooperative che fondendosi danno vitail 1° gennaio 1975 ad Ircoop (Industrie ReggianeCooperative): Muratori di Reggio Emilia, Muratori diQuattro Castella, Edilcoop di Barco ed Edile Val d’Enza.A questo progetto di unificazione, promossodall’Associazione Provinciale, non aderiscono le coope-rative muratori di Cavriago ed Albinea.I soci e i dipendenti delle quattro cooperative che siunificano sono 364: Muratori di Reggio Emilia 187,Edile Val d’Enza 44, Edilcoop Barco 65, Muratori diQuattro Castella 68.Rispettivamente hanno fatturato, nel 1974, un totale di6 miliardi di lire così suddiviso: 850 milioni Barco, 830milioni Edile Val d’Enza, 1,3 miliardi Quattro Castella,3 miliardi Reggio Emilia.

Le quattro cooperative hanno un patrimonio di 1,7miliardi di lire e 344 milioni di prestito dai soci. La sede della Muratori di Reggio Emilia viene ampliatae diventa la sede centrale di Ircoop che mantienecomunque sedi decentrate a Bibbiano, Quattro Castellae Montecchio. Si costituiscono poi anche le sezioni socidi Reggio, Quattro Castella (Puianello), Montecchio eBarco (queste ultime si unificheranno più tardi in un’u-nica sezione soci).La struttura direzionale di Ircoop alla sua costituzione èformata da:Pierino Boni (presidente), Oliviero Cervi (vice presi-dente), Gianni Guidetti e Fausto Ficarelli (attivitàsociali), Franco Fusoni, Enzo Grasselli e WilliamGiglioli (centro operativo), Franco Salsi (amministra-

I.R.COOP1975 - 1984

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zione), Luciano Sgarbi e Giorgio Osello (direzione tec-nica), Dante Meli (programmazione e controllo gestio-ne), Loris Guerrieri (commerciale immobiliare).Gli obiettivi strategici che la cooperativa si dà nella fasedella sua costituzione sono i seguenti: allargare il mer-cato fuori provincia; sviluppare l’industrializzazione eprefabbricazione delle costruzioni; effettuare investi-menti in settori non edili per diversificare la produzio-ne; promuovere cooperazione a livello locale e, soprat-tutto, fuori provincia.

Un mercato più ampioSolo due delle quattro cooperative che si fondono inI.r.coop lavoravano fuori provincia: la Muratori diReggio Emilia in Lombardia e la Edile Val d’Enza saltua-riamente in Liguria. La nuova cooperativa deve peròdarsi un mercato extraprovinciale più ampio (per esi-genze di fatturato), più stabile, e nello stesso tempogeograficamente più circoscritto, al fine di creare unrapporto di fiducia con la pubblica amministrazione epromuovere cooperazione sul posto.

Così, in accordo con il resto del movimento cooperati-vo (reggiano e lombardo), viene scelta la provincia diBrescia come mercato esterno e zona di produzione perla Ircoop (in questa provincia lavorava già la Muratoridi Reggio Emilia): qui viene creata una sede decentratacon uffici e magazzino. Vengono così assunti operai etecnici bresciani e costituita la sezione soci di Brescia,che arriva a contare 50-60 soci alla fine degli anni set-tanta. In questa fase un quinto del monte lavori dellaIrcoop proviene da Brescia, dove lavora per Enti pubbli-ci, cooperative di abitazione, clienti privati e intrapren-de anche iniziative immobiliari in proprio.Con il tempo diventa una delle più importanti aziendedi costruzione che opera stabilmente sul mercato bre-sciano. Nella prima fase, per conquistare il mercato,

lavora anche in perdita, ma negli anni successivi ci sonodei ritorni positivi anche in termini economici.

Prefabbricazione e industrializzazioneI.R.COOP effettua notevoli investimenti nell’industria-lizzato utilizzando la tecnologia “couffrages-tunnel”. Inquesto modo realizza tre importanti interventi per loIACP (due a Brescia, uno a Parma). Ircoop costituisceanche una società con Ape, un’azienda reggiana cheproduce prefabbricati, per utilizzarne la tecnologia. Allafine degli anni settanta, anche per i mutamenti nel mer-cato e nella situazione politica, questi settori entranoperò in crisi e la cooperativa decide di non investire piùsu questi prodotti.

Diversificazione produttiva (Coopel 6)Nel 1979 Ircoop e CETI danno vita ad una cooperativadi secondo grado, la Coopel 6 (Cooperativa

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Un momento dell’assemblea costitutiva

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Famiglia Unieco x

Elettricisti). Il numero 6 indicava che si trattava dellasesta cooperativa di secondo grado costituita dal movi-mento cooperativo reggiano di produzione e lavoro. Coopel 6 produce e commercializza quadri elettrici cheprima la CETI costruiva in proprio, come parte dellasua produzione generale di impianti elettrici e che perònon commercializzava.In questa operazione la CETI mette a disposizione lemaestranze, cioè l’esperienza produttiva, e la Ircoop lerisorse finanziarie. L’investimento è consistente e si tra-duce in un nuovo stabilimento a Corte Tegge(Cavriago) e nell’acquisto di nuovi macchinari. Gliaddetti allo stabilimento sono 25 fra operai, tecnici edimpiegati. L’avvio della produzione si ha nel 1980.Il primo presidente di Coopel 6 è Gino Ognibene dellaCETI, più tardi sostituito da Adelmo Bonvicini.L’iniziativa non dà però risultati economici positivi: ilprodotto appartiene infatti ad un segmento piuttostoesposto alla concorrenza dei produttori artigiani cheriescono a farbbricarlo a costi inferiori. Si cerca succes-sivamente di puntare su un segmento di mercato piùalto ma questo si rivela saldamente presidiato dallemultinazionali. Coopel 6 si dimostra impresa non idonea ad affrontareil mercato e, circa sette anni dopo, viene trasformata insocietà a responsabilità limitata e ceduta ad un gruppodi tecnici, ex soci della cooperativa.

Edilizia commercialeI.R.COOP è la principale cooperativa reggiana nella rea-lizzazione di edilizia commerciale. Il mercato della cittàdi Reggio, dove ha la sede, avanza una domanda moltovivace di nuove abitazioni. La cooperativa si è specializ-zata in questa produzione e si è costruita una buonaimmagine presso l’utenza sia per i prezzi praticati siaper la qualità del prodotto. Quasi un terzo del fatturatodell’azienda è prodotto dall’attività immobiliare e ciò

permette ai soci di lavorare in provincia e con unabuona redditività. Quando, nel 1977, l’azienda decidedi non assumere più lavori inferiori ai 200 milioni dilire nel comprensorio della pedecollina, perché nonremunerativi per un’impresa di grandi dimensioni, sicrea un certo malcontento tra i soci dei comuni diBibbiano, Montecchio e Quattro Castella che devonoandare più spesso a lavorare fuori zona.Si evidenzia così una certa contraddizione fra l’esigenzadel socio lavoratore e la strategia aziendale. Questo con-trasto viene attenuato aumentando gli investimenti inedilizia commerciale in quei comuni.Come si vede I.R.COOP è coerente nel portare avantitutti gli obiettivi che si è posta al momento della unifi-cazione. Dal punto di vista della redditività non tutti sirivelano però positivi. Attraverso queste iniziative l’a-zienda acquisisce comunque esperienza e cresceimprenditorialmente.

La votazione

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I risultati di bilancio della I.R.COOP sono infatti buonifino al 1981-82: i soci ricevono una buona remunera-zione cooperativa che arriva, negli anni migliori, fino al20% dell’utile netto. In I.R.COOP è molto sviluppataanche l’attività sociale, soprattutto nella prima fase divita. Si appronta il budget delle attività sociali nel qualesi stanziano cifre annuali consistenti per l’attività com-plessiva e per le singole sezioni soci. Queste spese sociali sono poi in gran parte tagliate conla crisi del 1982-83. La recessione colpisce il settoreedile in genere e, in particolare, l’attività immobiliare in

cui I.R.COOP detiene una fetta di mercato importante:si devono così svendere decine di appartamenti. La dif-ficoltà, questa volta, non è però solo legata ad una crisiciclica del settore, ma è segnata da un vero e propriomutamento del mercato ed al cambiamento della situa-zione economica e politica del paese. Nella nuova situa-zione appaiono velleitari molti obiettivi di I.R.COOPdel 1976: azienda di fiducia dell’Ente pubblico, lotta alcottimismo, promozione cooperativa, industrializzazio-ne e altri. Si tratta ora di cambiare strategia per adeguar-si al mercato nuovo, al mercato reale.

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Una manifestazione dei lavoratori Ircoop a Bologna

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Famiglia Unieco x

Di fronte a questa prospettiva la cooperativa dal puntodi vista produttivo appare più svantaggiata perché fortesolo nel settore edile tradizionale e nell’attività immobi-liare. Conserva però il vantaggio di affrontare la crisi con undiscreto patrimonio. Per fare fronte a questa nuova fasedi competizione e di riconversione i gruppi dirigenti diIrcoop e Unicoop decidono di unificare le due aziendee di crearne una nuova, in grado di affrontare meglio lamutata situazione.

Cronistoria dei cambiamenti nella struttura direzionale Nel 1977 i responsabili tecnici di I.R.COOP, Sgarbi eOsello, abbandonano l’azienda e si mettono in propriocreando un’azienda privata, la Edil 4.

Successivamente esce dall’azienda anche il vicepresi-dente Cervi, che costituisce un’altra impresa, la Gale.Entrambe le iniziative portano con sé la fuoriuscita diuna ventina di soci della cooperativa (capicantieri emuratori). Siamo in pieno boom edilizio e non è diffici-le per gente preparata professionalmente creare nuoveaziende nel settore. Nuovo responsabile tecnico dellacooperativa è nominato Ivano Manzotti e vicepresiden-te Franco Fusoni. Sempre nel 1977 si costituisce l’uffi-cio personale e a ricoprire questo incarico viene chia-mato Mauro Degola. Successivamente Gianni Guidettisostituisce Loris Guerrieri (che si dimette dall’azienda)alla direzione dell’attività immobiliare. Paolo Rozzi sub-entra a Guidetti per seguire le attività sociali. Nel 1979va in pensione il presidente Boni.Il movimento cooperativo mette a disposizione diI.R.COOP Corrado Torrenti, che in quel momento lavo-rava presso l’Associazione provinciale. Il consiglio diamministrazione della cooperativa accetta la proposta eTorrenti diventa il nuovo presidente della cooperativacon la delega alla direzione commerciale. Unico “neo”riscontrato al candidato presidente, la sua vecchia divi-sa di militante e socio della Cooperativa Rinascente,acerrima rivale democratica della Muratori di ReggioEmilia sul mercato del Comune di Reggio.Il numero dei soci di I.R.COOP, nel corso della sua vita,è tendenzialmente diminuito, per pensionamenti e perabbandoni causati anche dall’eccessivo appiattimentodelle retribuzioni. E’ del resto la stessa cooperativa, perfronteggiare l’eccessiva fuoriuscita di personale qualifi-cato, ad affrontare per prima il problema salariale connon pochi scontri interni e soprattutto con il sindacato,portando i trattamenti ad una differenza tra minimo emassimo a 100-200. Tra il 1975 e il 1984 I.R.COOP passa da 311 soci a 218(gli addetti sono naturalmente molti di più); il montelavori passa da 7 a 36 miliardi di lire.

Il primo consiglio eletto il 31 dicembre 1975:

Pierino Boni (presidente)

Oliviero Cervi (vice presidente)

Rino Codeluppi, Giuseppe Davoli, Franco Fusoni,

William Giglioli, Enzo Grasselli, Alfredo Grisendi,

Gianni Guidetti, Anselmo Spagni, Rino Taddei,

Guglielmo Tagliavini, Silvano Zanni (consiglieri).

L’ultimo consiglio di amministrazione di Ircoop, elet-

to nel 1983:

Corrado Torrenti (presidente)

Franco Fusoni (vice presidente)

Giuseppe Davoli, Giorgio Ferraresi, Alberto Ravelli,

Pierino Santi, Rino Taddei, Giuseppe Visani,

Gianpaolo Bottazzi, Enzo Grasselli, Adriano Musi,

Silvano Zanni, Emidio Bartoli, Luigi Catellani,

Angiolino Fornaciari (consiglieri).

I consigli “storici“

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Nella zona a nord-est della provincia

di Reggio, sei cooperative si

fonderanno nel 1975 andando

a formare UNICOOP,

il secondo grande pilastro

alla base della nascita di Unieco.

Seconda parte

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Foto a lato:1958: operai della Cooperativa Muratori di Bagnolo al lavoro

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Nel 1898 si costituisce la Cooperativa MuratoriIntercomunale di Bagnolo, Novellara, Campagnola,Fabbrico e Rolo, con sede in Bagnolo. Già 4-5 annidopo si scioglie e al suo posto sorgono le singole coope-rative comunali. Così nel 1903 si ricostituisce laCooperativa Muratori di Bagnolo. Nel 1903 la coopera-tiva ha 181 soci con un capitale sociale versato di L.2.401 e un fondo di riserva di L. 280. Esegue lavori perL. 35.205 con un utile di L. 2.262. Il presidente èGiuseppe Ballabeni. La cooperativa non sarà mai sciol-ta fino all’unificazione in Unicoop nel 1975 e non cam-bierà mai nome, neppure nel periodo fascista. Nel 1923presidente è Antonio Tamagnini e vicepresidenteArturo Galleno (nel 1930 gli subentrerà il socialistaEttore Bianchini). Nel dopoguerra diventa presidenteAngelo Rossi, seguito nel 1963 da Fernando Corradini.Il vicepresidente è Clodoveo Gatti, a lui succede WalterFornaciari nel 1963. Mentre il presidente FernandoCorradini rimarrà in carica fino all’unificazione inUnicoop, alla carica di vicepresidente si succederannoNevio Melloni (1966) ed Emilio Bianchini (1974).

Si tratta di una cooperativa non molto politicizzata,tanto che il fascismo si accontenta di avere un suoiscritto nel collegio sindacale. La cooperativa viene costituita da soli capomastri:muratori, manovali, e garzoni non sono soci. Nel dopo-guerra diventeranno tutti soci. Nel 1945 conta 35 socie 35 dipendenti ed ha un fatturato di 100 milioni di lire.Si fanno normalmente più ore di quelle che vengonopagate. Il socio, in mancanza di lavoro in cooperativa, èautorizzato a lavorare in proprio. Nel comune esiste unpositivo rapporto di collaborazione intercooperativo: isoci della Cooperativa Braccianti, quando non hannolavoro, lavorano per la Cooperativa Muratori in econo-mia; i muratori nelle stesse condizioni vengono assuntidalla Cooperativa Cantina Sociale per i lavori stagiona-li della vendemmia. A partire dal dopoguerra registra sempre un utile diesercizio (dal 2 all’8% sul fatturato), a testimonianza diuna buona direzione e di ottime maestranze. La coope-rativa comincia ad operare fuori provincia nel 1949-50,a Rimini, con 10 persone.

COOPERATIVA MURATORI

E AFFINI DI BAGNOLO IN PIANO 1898 - 1974

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Inizio anni ‘70: il presidente Corradini segue i lavori in trincea

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grare l’assistenza di malattia e pensioni-stica e, successivamente, fornisce borsedi studio ai soci con figli studenti. C’è poiuna consistente attività sociale esternacon contributi in denaro e in lavoro elar-giti a favore delle associazioni culturali,sportive, ricreative del comune. Per tuttequeste ragioni (alta professionalità deidirigenti e delle maestranze, attivitàsociale svolta a vantaggio dei soci e dellacollettività) la Cooperativa Muratori di

Bagnolo diventa l’azienda di fiducia dell’Ente pubblico(soprattutto Comune e Bonifica Parmigiana-Moglia),degli utenti e degli operatori economici locali. Nel 1974 il consigli di amministrazione dellaCooperativa Muratori di Bagnolo è così formato:Fernando Corradini (presidente), Emilio Bianchini(vice), responsabile collocamento mano d’opera emezzi d’opera, Renato Davoli, segretario amministrati-vo coadiuvato da Renzo Vergnani (contabilità e cassa),Luisa Miari (paghe), Renata Spaggiari (segreteria), LinoBolognesi e Gherardo Gherardi, tecnici responsabili diproduzione e degli acquisti per i relativi settori. Nel 1970 (anno di maggiore sviluppo) i soci sono 80 e 80sono anche gli ausiliari. Di questi ultimi una sessantinasono di Roma. Al momento della unificazione, nel 1975,

la cooperativa conterà 80 soci e 30ausiliari con un fatturato di 1,6miliardi di lire ed un patrimonio di450 milioni circa. Nel 1975 avvienel’unificazione fra le cooperativeMuratori di Bagnolo Edile eStradale di Correggio, Muratori diCampagnola, Muratori di RioSaliceto e Fornaciai di Fosdondo diCorreggio che danno vita adUnicoop con sede in Correggio.

Nel 1963 lavora a Roma (per costruirecase dell’IACP) dove rimane per 10 annie qui assume una sessantina di operailocali. A dirigere il cantiere di Roma è ilvicepresidente Nevio Melloni che nel1974 esce dalla cooperativa per costituireun’impresa privata. A Roma, per l’ottimolivello di professionalità dimostrata,riesce anche ad acquisire diversi lavoriprivati. Trovandosi bene a lavorare incooperativa, diversi lavoratori romanisi sitrasferiscono a Bagnolo, dove tutt’ora risiedono. La cooperativa ha due spiccate specializzazioni: da unlato i lavori idraulici in cemento armato (acquedotti,impianti di sollevamento e così via). La cooperativa lavora soprattutto per la bonificaParmigiana-Moglia e costruisce anche l’impianto di sol-levamento delle acque reflue del Po a Boretto. Grandespecialista, anche dal punto di vista tecnico, era lo stes-so presidente Fernando Corradini. Altro settore di rilie-vo è l’edilizia civile. A Bagnolo, anche per la scarsa poli-ticizzazione e per l’elevata professionalità, il 90% deilavori viene eseguito dalla Cooperativa Muratori. Non si sviluppano imprese private vere e proprie nellecostruzioni. La cooperativa può così beneficiare quasiin esclusiva del grande sviluppo economico del comu-ne di Bagnolo. Nel 1966 cominciaa fare edilizia commercialecostruendo un condominio per 18alloggi. Nel 1970, quando il patri-monio della cooperativa è consoli-dato e gli utili diventano più consi-stenti, inizia a dare ai soci unaremunerazione cooperativa (oltre aquella sindacale) distribuendo unaparte dell’utile. La cooperativa isti-tuisce una mutua interna per inte-

Emilio Bianchini con la prima bandiera

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Famiglia Unieco x

Soci “calciatori” (anno 1971)

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Foto a lato:1954: foto di gruppo dei soci di Campagnola

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Nel 1904 nasce la Società Anonima CooperativaMuratori di Campagnola, fondata da 15 soci. Si tratta diun gruppo di muratori che cercano nella forma associa-tiva della cooperazione la possibilità di migliorare laloro situazione economica e nel contempo di mettere inpratica il loro credo politico di ispirazione sindacale esocialista.Il capitale sottoscritto è di 20 azioni da L. 6 ognuna, chesi impegnano a versare nell’arco di 2 anni. Lo statutoprevede che possano essere ammessi come soci sola-mente mastri muratori, carpentieri e ferraioli che abbia-no compiuto il 21° anno di età. Tale articolo rimane in vigore fino all’anno 1962, quan-do viene modificato in favore dell’ammissione di chi nefaccia domanda e che abbia capacità lavorative inerentil’attività svolta dalla cooperativa stessa.

La Cooperativa Muratori di Campagnola non è maisciolta o liquidata e rimane in vita fino al 1974, quandocon delibera assembleare si decide l’unificazione,mediante incorporazione nella medesima, delleCooperative Muratori di Rio Saliceto, Edile stradale diCorreggio, Cooperativa Fornaciai Fosdondo e Muratoridi Bagnolo, dando vita alla Unicoop, di cui il primo pre-sidente sarà Gastone Righi, allora presidente dellaCooperativa Muratori Campagnola. Da menzionare ilfatto che tra il 1915 e il 1918 l’attività della cooperativaviene sospesa a causa degli eventi bellici, per mancanzadi commesse e principalmente perché la totalità dei sociera in servizio militare o al fronte.L’attività riprende nel gennaio 1919; l’anno successivo isoci saranno già 70. Il numero dei soci rimarrà semprecostante (dai 25 ai 35) sino al 1960, con un rapporto tra

COOPERATIVA MURATORI

DI CAMPAGNOLA 1904 - 1974

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il numero dei dipendenti e quello dei soci di circa il40%. Nel 1965 i soci sono 55 e nel 1974 sono 73.Una caratteristica particolare della cooperativa è che sindalla sua fondazione associa intere famiglie per diversegenerazioni. Ne citiamo alcune: i Bompani, iGianferrari, i Righi, i Bigliardi. La cooperativa allanascita si rivolge al mercato locale, operando nell’edili-zia rurale e nei lavori di bonifica. Con il passare deltempo incomincia ad intervenire nelle opere in cemen-to armato. Una delle opere più significative, eseguite aCampagnola nel 1924, sono le scuole elementari,costruzione di grande bellezza e imponenza che tuttoraben figura. Nel periodo pre-bellico l’attività preponderante è l’edi-lizia. Essendo già tradizione il lavoro fuori sede sicomincia con la ricostruzione della stazione ferroviariadi Faenza e delle pensiline nella stazione di Bologna. Durante il regime fascista la cooperativa subisce, già apartire dal 1923, una serie continua di irruzioni, basto-nature e provocazioni. Il 15 aprile 1945, poi, viene col-pita in prima persona quando il figlio del presidente, ilgiovane Carlo Salati, è barbaramente trucidato per rap-presaglia da una squadraccia fascista.Negli anni cinquanta e sessanta lavora nelle opere dibonifica per irrigazione e nell’edilizia industriale e civi-le. Nel periodo 1957-65 interviene in modo notevolesulla piazza di Milano, e in quei lavori la cooperativa hala possibilità di sviluppare le sue capacità produttive eimprenditoriali, creando numerosi operai specializzati ei futuri quadri dirigenti che porteranno l’azienda allemassime fortune nel periodo antecedente l’unificazio-ne. L’andamento economico della Cooperativa Muratori diCampagnola in linea generale risulta sempre abbastan-za buono in rapporto alle esigenze aziendali. Il capitalesociale è sempre considerevole, anche per il fatto che labase sociale non pretende mai dividenti all’infuori della

remunerazione del capitale sociale, come del resto pre-vedeva lo statuto.Negli anni 1961-62 si tenta di fare un salto di qualitàallargando il monte lavori, ma le tecnologie sono obso-lete e la struttura tecnica - amministrativa non adegua-ta al bisogno. Si pensi che ancora nel 1962 la strutturadirigente della cooperativa è formata da un presidente,da un segretario e un impiegato (solo un impiegato inpiù rispetto al 1904). La tabella mette in evidenza una notevole perdita nelbiennio 1961-62, perdita che mette in serio pericolo l’e-sistenza stessa della cooperativa.

Per rimediare e salvare la cooperativa si devono adotta-re provvedimenti di carattere economico dolorosi per labase sociale. I soci, salvo scarsissime defezioni, rinun-ciano ai loro averi come capitale sociale e liquidazionee si impegnano a continuare a lavorare in cooperativacon salario ridotto sino alla normalizzazione dellasituazione finanziaria. Si cerca aiuto anche da privati,trovando grande disponibilità nel sig. Gerolamo

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Anno Attività Utile

1910 £ 15.273 £ 3501925 £ 332.226 £ 1.7871935 £ 304.360 £ 7141945 £ 584.579 £ 12.2001948 £ 953.390 £ 50.0431952 £ 7.912.893 £ 102.1881960 £ 106.022.847 £ 1.528.4731961-62 £ 320.958.600 £ - 13.000.0001965 £ 103.608.000 £ 6.459.6371968 £ 260.246.036 £ 2.004.8411974 £ 422.261.645 £ 3.105.200

L’andamento economico

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Famiglia Unieco x

Fontanesi, che congela momentaneamente i notevolicrediti vantati nei confronti della cooperativa. Unimportante sostegno arriva anche da parte del CCPL.E’ in quei momenti drammatici che si evidenzia la veranatura dei soci e della cooperazione, fatta di notevoleattaccamento aziendale e di solidarietà fra loro. Si può ritenere che quella fase difficile, poi brillante-mente superata, sia la molla che fa scattare l’orgoglio di

parecchi giovani cooperatori, i quali, caricati di nuoveresponsabilità avviano la prima ristrutturazione azien-dale. Si assumono tecnici e amministrativi di provatacapacità: si comincia (nel 1963) ad operare con squadrespecializzate interne e con cottimisti in diverse fasi dilavoro; si sperimentano forme di salario legate al rendi-mento, in forma collettiva o per singoli cantieri. Lacooperativa inizia a farsi valere nel mercato per qualità

Fine anni ‘50: trasporto di materiale in cantiere

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e serietà, diventando per tali meriti impresa di fiducia didiverse stazioni appaltanti. Risistemata la situazione finanziaria e patrimoniale siintraprende l’attività immobiliare, puntando sulla qua-lità delle opere eseguite. Anche in questi lavori nonmancano i riconoscimenti da parte degli acquirenti.Si cerca, infine, anche una diversificazione produttiva,creando un impianto per al produzione di solai prefab-bricati. Questa scelta viene intrapresa anche per assu-mere nuova mano d’opera locale proveniente dalla cam-pagna in fase di recesso. La politica aziendale è sempre concordata con gli orga-ni provinciali di appartenenza, Federcoop e CCPL, dicui la cooperativa ha sempre seguito gli indirizzi, salvonaturalmente la volontà della base sociale. Ne fa fedeanche l’impegno della Muratori di Campagnola per lapolitica di sviluppo nazionale del movimento coopera-tivo, partecipando alla nascita della Coopre in Toscana

e a Piacenza. La vita interna della cooperativa è unmodello di perfetta democrazia autogestita. Consiglio di amministrazione e assemblee vengonoconvocate di frequente ed ognuno è informato di tuttoquanto avviene. Le elezioni per le cariche sociali, tutte,avvengono a scrutinio segreto. Il salario di ogni lavora-tore socio è stabilito annualmente da un’apposita com-missione elettiva, che inoltre gestisce, per quell’annata,le attività sociali: gite, sussidi di studio, colonie, regaliper la befana, aiuto ad istituzioni varie (cose che trova-no sempre sensibili e disponibili i soci). Non mancanoinsomma momenti veramente belli di leale fraternitàLo spirito dei fondatori continua ed a rammentare illoro lascito vi è la sede sociale costruita negli anni venticon totale lavoro volontario, insieme ad un campo dabocce per passare in compagnia il tempo libero. Agliinizi degli anni ‘70 la Lega Nazionale indirizza le sueassociate a ristrutturarsi mediante unificazioni per ade-

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Foto di gruppo dei soci (anno 1974)

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Famiglia Unieco x

guare le strutture cooperative alle esigenze del rinnova-to mercato di settore e all’avanzare di nuove tecnologie.La Muratori di Campagnola si mostra sensibile a taleprogetto, considerato che le singole cooperative, ingenere, sono imprese di media entità con le stesse carat-teristiche produttive e che si scontrano spesso sul mer-cato provinciale ove si verificano casi di concorrenza frale stesse. Si ritiene giusto dover intraprendere scelte dispecializzazione produttiva, assumere nuove tecnologieper dare nuovi sbocchi di lavoro e concorrere ai grossiappalti nazionali. Per raggiungere tali obiettivi sononecessari anche grandi capitali che singolarmente nes-suno possiede. La partecipazione della cooperativa diCampagnola a tale progetto si articola in tre momenti.Dopo avere verificato che non vi sono le condizioni peruna fusione a due, prima con la Muratori di Novellara,poi con la Muratori di Rio Saliceto, decide per la solu-zione più ampia, arrivando, con una notevole maggio-ranza di voti, ad aderire alla nascita di Unicoop consede in Correggio. Questa la composizione del consigliodi amministrazione e del collegio sindacale in caricaalla data dell’unificazione: Gastone Righi (presidente),Vincenza Ghizzoni (vicepresidente), Aldo Gambarati,

Franco Valla, Lino Rossi, Ivo Gianferrari, GianniPederzoli (consiglieri). Collegio sindacale: dott. ZenoPanarari, geom Corrado Caselli, rag. Romano Salsi.Questo l’organigramma della “direzione” nel 1974:Gastone Righi (presidente), Amelia Verzellesi (respon-sabile amministrazione), Gianni Barbieri (responsabilesettore solai), Fausto Bedogni (responsabile bustepaghe), Luciano Castellani (responsabile tecnico),Teresa Bompani e Cosetta Tagliavini (impiegate),Luciano Iori e Adriano Ferrari, Oscar Bonini.

1904-1910: Pietro Margotti (presidente),Anselmo Campedelli (vicepresidente)1991-1918: Anselmo Campedelli (presidente),Alcide Salati (vicepresidente)1919-1954: Alcide Salati (presidente), SerafinoPecorari (vicepresidente)1955-1962: Ancello Turci (presidente), ErioGozzi (vicepresidente);1963-1967: Savino Campioli (presidente),Gastone Righi (vicepresidente)1968-1974: Gastone Righi (presidente),Vincenzo Ghizzoni (vicepresidente)

Alcide Salati, oltre che essere tra i fondatori dellacooperativa, ne è per ben 35 anni il presidente. I soci, in segno di deferenza e rispetto, gli attribuis-cono il titolo di “presidente galantuomo” per la suarettitudine ed onestà esemplare. Celebre resta la suaintransigenza durante la crisi del 1929 nell’e-spellere dalla cooperativa sei soci che si erano com-portati slealmente nei confronti dello statuto e delregolamento interno.Altra figura di grande prestigio è quella di AntonioGozzi, segretario della cooperativa dal 1929 al1954. Alcide Salati e Gastone Righi saranno ancheconsiglieri del CCPL.

I Presidenti

L’assemblea in occasione del 70° (anno 1974)

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Foto a lato:1954-1956: realizzazione del canale Cartoccio

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Fondata l’8 aprile 1901, al 31 dicembre dell’anno suc-cessivo conta già 133 soci. Nel 1902 ha un capitalesociale sottoscritto di 2.600 lire (versato L. 693) ed ese-gue lavori per 3.500 lire. Il suo presidente è UlpignoBigi, cui seguiranno Saulle Canepari e NapoleonePelgreffi. Nel 1920 la cooperativa, che nel periodo dellaprima guerra mondiale si era indebolita, conta oltre 200soci. Complessivamente le tre cooperative di lavoro eproduzione esistenti nel comune (Birocciai, Braccianti eMuratori) contano 394 soci. La reazione fascista sidimostra particolarmente virulenta contro le organizza-zioni operarie socialiste correggesi: il 31 dicembre 1920vengono assassinati i giovani dirigenti socialisti MarioGasparini e Agostino Zaccarelli. Utilizzando l’armadella paura i fascisti, nel 1921, dopo la devastazionedella sede della Casa del Popolo, riescono in un’assem-blea delle cooperative di lavoro correggesi a strapparnel’adesione ai sorgenti sindacati fascisti.La Cooperativa Braccianti in questi anni si scioglie eviene ricostituita il 9 aprile 1927 con la denominazionedi S.A. Cooperativa di Lavoro “Filippo Corridoni” fra iBraccianti del Comune di Correggio. Sono nominaticonsiglieri: Alfredo Panini (presidente), RicciardoZaccarelli, Eleuterio Andreoli, Vito Montanari,

Claudio Ferrari, Giovanni Fusari, Renzo Cavazzuti. Ilsegretario è Primo Corradi, il direttore lavori GiuseppeAscari.I soci fondatori sono 17 e nel 1930 i soci raggiungonole 230 unità. Nei primi cinque anni (1927-31), si realiz-zano utili ma molto scarsi. Nel 1931 su un monte lavo-ri di 483.830 lire l’utile è di 880 lire. Il lavoro, semprescarso anche per la cooperativa, viene spesso sollecita-to ed acquisito con l’interessamento delle autorità, deisindacati locali, del segretario politico locale del fascio,i quali impongono spesso vincoli di assunzione di manod’opera. Da qui l’insorgere di continue conflittualità fracooperativa e sindacato sulla direzione dei lavori, dellamano d’opera, delle paghe, del diritto al lavoro, per isoci come per i non soci.

Perciò, dato che normalmente gli ausiliari del sindacatosono meno specializzati e, spesso, meno solerti e menointeressati alla produttività nel lavoro, si procede adintercalare un socio della cooperativa con un operaiodel sindacato, il tutto ben direttoe vigilato dai capisquadra della

COOPERATIVA BRACCIANTI DI

CORREGGIO 1901 - 1972

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cooperativa, in modo che tutti siano obbligati a mante-nere il passo dei migliori scariolanti. Questo sistemafunziona anche successivamente, nel dopoguerra.Nel periodo fascista la cooperativa esegue i seguentilavori: cavo Tresinaro, cavo Argine, cavo Arginello,canale quarto e terzo di sollevamento, cavo Vittoria,canalazzo Tassone, arginatura Crostolo.Diversi soci della cooperativa partecipano a manifesta-zioni o atti antifascisti o di protesta per la scarsità dilavoro. E’ anche in seguito a queste proteste contro ladisoccupazione (alle quali prendono parte molti operaidi Budrio) che nei primi anni trenta viene costituitaanche la Cooperativa Braccianti di Budrio, che nel 1937aderisce al CCPL.Come conseguenza di questo malcontento si assegnanonel 1931 alla Cooperativa Braccianti di Correggio duepoderi da coltivare (podere Viazza e podere via Argine)di complessive 94 biolche. Questa decisione vieneaccolta con molto favore dai soci perché sembra apriremigliori prospettive di lavoro. Ma le cose non procedono così bene perché per fare

rendere i poderi occorrevano notevoli investimenti inmacchine e bestiame. Tant’è che dopo alcuni anni lagestione dei poderi viene abbandonata per essere ripre-sa nel secondo dopoguerra. Nei primi anni trenta si dis-solve la Cooperativa Muratori e, come conseguenza, laCooperativa Braccianti modifica nel 1939 lo statuto,allargando la propria sfera di attività ai lavori murari edi trasporto e ammettendo fra i soci, di conseguenza,anche i muratori ed i carrettieri. Con la conquista dell’Etiopia e soprattutto dopo l’entra-ta in guerra, l’ingerenza fascista nella vita della coope-rativa diventa sempre più pesante: prima con la nominadello squadrista Tommaso Righi alla presidenza (1940)e poi di Quirino Codeluppi, che diventerà anche segre-tario locale del fascio, a direttore della società (1942). Sempre nello stesso anno, essendo il Righi richiamatoalle armi, diventa presidente Antonio Tasselli. Il consiglio di amministrazione del 1944 è così forma-to: Antonio Tasselli (presidente), Vito Codeluppi,Armando Rangiferri, Remo Toschi, Renzo Cavazzuti,Aldo Rizzi, Fernando Lucenti. Dai primi anni trenta ilnumero dei soci comincia a diminuire e nel 1944 sono98 di cui molti (una quindicina) militari o in Germaniaper lavoro. I bilanci della cooperativa per tutti gli annitrenta e fino al 1943 sono altalenanti, mentre quelli del1944-45 registrano un forte attivo: 485.713 lire di utilenetto nel 1945, risultato attribuito certamente all’azio-ne politica intimidatoria del direttore Codeluppi cheimpone (anche sotto la minaccia della pistola), comedirettore della cooperativa e segretario del fascio, ai pro-prietari di dare lavoro alla cooperativa e ai prezzi da luiimposti. Il Codeluppi viene ucciso in un agguato il 3maggio 1944 nel centro di Correggio. Dopo laLiberazione viene eletto questo consiglio di ammini-strazione: Antonio Tasselli (presidente), Nello Bonezzi,Vito Codeluppi, Renzo Cavazzuti, Aldo Rizzi, RemoToschi, Armando Rangiferri.

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A presidente della cooperativa nel periodo fascista

si succedono Alfredo Panini, Giuseppe Ascari,

Eleuterio Andreoli, Ricciardo Zaccarelli, Dante

Lucenti, Appio Bernini, Domenico Maselli, dal

1939 Tommaso Righi (squadrista), e, dal 1942,

Quirino Codeluppi.

Sempre nello stesso periodo a coprire la carica di

segretario della cooperativa sono Primo Corradi,

Disman Moscardini, Antenore Guasti, Lelio

Fallini. Il primo segretario viene condannato per

malversazione, per un ammanco di 13 mila lire.

I primi Presidenti

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Famiglia Unieco x

Dopo la Liberazione si ha una continuità nel gruppodirigente della cooperativa anche se intervengonoimportanti mutamenti. La cooperativa assume la deno-minazione di Società Cooperativa fra i Braccianti diCorreggio “Venerio Bonezzi e Ugo Bizzarri”, martiriantifascisti, sempre con sede in via Roma, 5. La Cooperativa Braccianti si trasforma dopo l’aprile1945 in una cooperativa mista agricolo-industriale, ese-guendo lavori di tipo industriale e di tipo agricolo (con-duzione di terreni a mezzadria e in affitto).Poco dopo la Liberazione il presidente Antonio Tassellidiventa vice presidente del CCPL e funzionario dellostesso e alla presidenza della cooperativa viene nomina-to Renzo Cavazzuti. I risultati di bilancio non cambia-no di molto rispetto al periodo precedente: si alternanoanni positivi ad altri negativi. Nel 1948-49 la Federcoop preme affinché le diversecooperative braccianti, agricole e industriali presenti inuno stesso comune si unifichino fra di loro costituendoun’unica cooperativa.

A Correggio esistevano ben 8 cooperative di braccianti(in parte solo industriali, in parte agricolo-industriali):Correggio, Lemizzone, S. Biagio, S. Prospero, Prato,Canolo, Budrio, S. Martino e Mandrio. Nel 1950 solo leprime quattro si unificano fra di loro, le altre si rifiuta-no. Così la Braccianti di Correggio, che ha incorporatoquella di Lemizzone, S. Biagio e S. Prospero, arriva acontare in quel momento fino a 474 soci. Tra questi visono parecchie donne addette ai lavori agricoli. Con launificazione la cooperativa arriva a condurre sei poderi(quattro a Correggio e due a Lemizzone) in affitto e amezzadria. A causa di contrasti carattere aziendale epolitico non viene rieletto il presidente Cavazzuti. Nel 1951 egli esce dalla cooperativa e fonda laCooperativa Agricola Industriale di Correggio, aderen-te alle ACLI, che senza avere grande peso (dai 15 ai 25soci) rimane in vita fino alla fine degli anni sessanta.Assieme a Cavazzuti vengono radiati dalla cooperativaaltri 23 soci. Alla presidenza sale Nino Bizzarri e dopo poco tempoDavide Romani che la dirige fino al 1958 senza esaltan-ti risultati di bilancio. In quegli anni il numero dei socifluttua tra le 150 e le 250 unità. I lavori eseguiti sonoagricoli e di bonifica; sono da ricordare le opere al cavoTresinaro, canale Mandriolo, canale Ronchi, canaleCartoccio, cavo Alberello. La cooperativa realizza ancheil disarmo della ferrovia da Bagnolo a Carpi (1956).Durante questi lavori si verificano parecchi scontri tra ibraccianti, che praticavano gli scioperi “a rovescio” e lapolizia celere. Il punto debole della cooperativa rimane,però, la scarsa dotazione di attrezzature e macchine peril movimento terra e per la conduzione agricola dei ter-reni. I lavori più importanti, soprattutto quelli di boni-fica, vengono assunti tramite il CCPL e suddivisi fra levarie cooperative braccianti, ciascuna delle quali negestisce un tronco. Nel periodo 1955-60 la cooperativaassume anche parecchi lavori di “casamento” degliGli scariolanti

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alberi per conto dei proprietari terrieri. Si tratta dell’ab-battimento pressoché totale dei filari di olmi, maritatialla vite, caratteristica e secolare piantumazione dellapianura reggiana, strettamente legata alla coltura agri-cola locale. Al posto dei filari di olmi, ormai disecono-mici ed ingombranti per una moderna agricoltura, sor-gono moderni vigneti. La stessa cosa del resto era acca-duta qualche decennio prima per la piantumazioni digelso per la coltura del baco da seta. Per vari motivi (continue discussioni sui turni di lavo-ro, difficoltà finanziarie per gli investimenti) si dismet-te gradatamente (come negli anni trenta) la conduzionedi poderi. Nel 1958 viene eletto presidente l’ex segreta-rio Gibbo Gasparini che dà alla cooperativa un indiriz-zo sempre più industriale e sempre meno agricolo.Infatti nel 1958-59 assume l’appalto per la metanizza-zione della città e per l’abbattimento dell’albergo Posta. L’assistenza tecnica però è fornita da tecnici esterniall’impresa. I lavori di metanizzazione risultano quindinon remunerativi e nella demolizione dell’albergo tro-vano la morte due operai della cooperativa: AttilioAnceschi e Ermes Vergnani.

Nello stesso periodo un altro socio muore per un inci-dente sul lavoro nel “cavamento” dei pioppi.In seguito a questi fatti si dimette dalla presidenzaGasparini al quale succede Tonino Rizzi. Nel 1960viene assunto il primo tecnico, il geom. Ivo Masoni. Si compra la prima escavatrice Laltesi vincendo le resi-stenze di coloro che sostenevano che la macchinatoglieva il lavoro agli uomini. Con mutui si acquistanopoi anche autocarri, altre cinque escavatrici e diversealtre attrezzature. Nel 1960 si compra anche un appez-zamento di terreno al Villaggio artigiano per dare corsoalla costruzione della nuova sede sociale con uffici ecapannone in via Primo Maggio, 21.Tra il 1959 e il 1963 il numero dei soci cala continua-mente, sia perché si è dismessa l’attività agricola, siaperché una parte di braccianti viene assorbita dallo svi-luppo industriale. I soci scendono da 195 a 67 unità.Per ragioni di carattere economico-sociale, all’iniziodegli anni sessanta la maggioranza delle cooperativebraccianti della provincia chiude i battenti. Ne rimangono in vita solo alcune perché sanno attrez-zarsi, fare investimenti, e specializzarsi.

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Inaugurazione di un canale irriguo Lavori sul fiume Po

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Famiglia Unieco x

La Braccianti di Correggio si specializza infatti nei lavo-ri stradali. Si passa a realizzare opere importanti comel’allargamento e la sistemazione della strada provincialeGavassa-S.Martino in Rio (1963). Poi, con contrastiinterni intuibili si cercano spazi di lavoro fuori provin-cia e regione (fognature nel mantovano, cavi telefonicinel piacentino). La cooperativa si specializza così anchein lavori di fognatura e di sistemazione idraulica cherichiedono l’opera anche di muratori, carpentieri e fer-rarioli. I lavori fuori provincia si rivelano però scarsa-mente remunerativi.Nel 1964 si modifica lo statuto sociale e si cambia ladenominazione, che diventa Cooperativa Edilstrade“Venerio Bonezzi e Ugo Bizzarri”. Nel 1965 diventa presidente Ivo Masoni che conservaanche la direzione tecnica. Tonino Rizzi da presidentepassa a vicepresidente. I soci sono 55. In quell’annoviene eletto il seguente consiglio di amministrazione:Ivo Masoni (presidente), Tonino Rizzi (vicepresidente),Mario Vecchi, Luciano Pinotti, Ferrino Catellani, LuigiBurani, Antonio Malavasi, Odoardo Vaccari, CesarinoCatellani, Eliso Rossi, Gaetano Malavasi, EnosCatellani, Ivo Gasparini.

Il nuovo slancio produttivo intrapreso dalla cooperati-va (aumento degli investimenti in macchinari, dellaproduttività e del monte lavori) porta ad una grave crisifinanziaria dell’azienda a metà degli anni sessanta. Crisidovuta ad una crescita incontrollata: dal 1960 al 1965 ilfatturato aumenta di 7 volte. Così la cooperativa scoprei vincoli finanziari e che per crescere ulteriormentedeve patrimonializzarsi di più. La crisi viene superatagrazie al sacrificio unanime dei soci: trattenuta al 10%sulla busta paga come prestito forzoso alla cooperativa.Con queste ed altre misure la cooperativa si riprende econtinua il suo sviluppo dividendi a fine anno.Nel 1967 muore il segretario Bruno Sologni che vienesostituito da Luciano Catellani. Si rafforza l’ufficio tec-nico, con l’assunzione nel 1969 dei geometri NinoTagliavini e Ordene Fornaciari. Nel 1971 si intraprendela costruzione di una nuova sede nel Villaggio indu-striale, ma la prossima unificazione porta alla venditadel tutto. Con il 1° febbraio 1973 si unificano la Edilstrade diCorreggio e la Muratori di Correggio, dando vita allaCooperativa Edile Stradale di Correggio.All’unificazione si arriva dopo un lungo dibattito cherende evidente come non abbia più senso una divisionelocale con la locale Cooperativa Muratori quando que-st’ultima necessiti del lavoro di Edilstrade e l’Edilstradevada assumendo muratori, carpentieri e lavori di carat-tere edile. Al momento dell’unificazione la CooperativaBraccianti conta 38 soci e una decina di ausiliari conqueste cariche sociali: Ivo Masoni (presidente e diretto-re tecnico), Tonino Rizzi (vice presidente), LucianoCatellani (segretario), Nino Tagliavini, OrdeneFornaciari (tecnici), Luciano Pinotti, Enos Catellani,Eliso Rossi, Ferrino Catellani, Odoardo Vaccari,Guglielmo Guidetti, Cesarino Catellani, (consiglieri);Nino Tagliavini, Renato Bonilauri, Ugo Pinotti (sindacirevisori).

1954 £ 26.247.633 £ 4.200.000 £ 446.0411955 £ 17.077.837 £ 4.000.000 £ 376.8421956 £ 20.406.934 £ 5.000.000 £ 1.653.5981957 £ 26.506.022 £ 4.000.000 £ 368.8411958 £ 19.165.580 £ 2.000.000 £ 328.3141959 £ 33.408.007 £ 2.000.000 £ 69.4001960 £ 37.724.798 £ 2.000.000 £ 3.814.0261961 £ 55.192.617 £ 2.600.000 £ 3.585.5281962 £ 76.245.787 0 £ 93.933

Bilanci dal 1954 al 1962Monte lavori Gestione agricola Utile

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Foto a lato:Primi anni ‘60: lavori di copertura di un fabbricato

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Anche se alcuni fanno risalire la costituzione dellaCooperativa Muratori addirittura al 1891, Bonaccioli eRagazzi, nel loro libro “Resistenza, Cooperazione ePrevidenza nella provincia di Reggio Emilia” - edito nel1925 - datano la fondazione della cooperativa al 22aprile 1901. L’anno successivo conta già 116 soci con un capitalesottoscritto di 6.720 lire, di cui 741 versate; il fondo diriserva ammonta a L. 908 e i lavori eseguiti a L. 30.158.Il presidente è in quell’anno Ottavio Maioli. Più tardi glisuccederà Giovanni Gandolfi.Nel 1906 la cooperativa conta 155 soci e, nel 1909,diventa intercomunale assumendo la denominazionesociale: “S.A. Cooperativa Muratori e Manovali diCorreggio e Rio Saliceto”, con sede in Correggio. In questo periodo presidente è Virginio Cuccolini di

Correggio: sarà una cooperativa che avrà un peso note-vole nella lotta e nella crescita politica ed organizzativadel movimento operaio di Correggio e di Rio Saliceto.

Alla data del 31 dicembre 1911 risultano sottoscritte247 azioni da L. 100. Il bilancio si chiude con un utiledi 2.219 lire su un totale delle rendite di L. 182.170,determinando un riparto fra i soci partecipanti ai lavoridi L. 722,50. Il segretario è Venerio Lodi.Nel 1913 (5 maggio-21 giugno) al motto “uno per tuttie tutti per uno” la cooperativa guida lo sciopero deimuratori di Correggio e di Rio Saliceto per il nuovocontratto e per obbligare gli imprenditori edili locali aversare le quote alla Cassa Edile di resistenza e previ-denza e ad assumere solo operai organizzati attraversol’ufficio di collocamento gestito dalla Lega sindacale.

COOPERATIVA MURATORI

E MANOVALI DI CORREGGIO 1901 - 1972

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Lo sciopero si conclude con successo: si ottiene un pic-colo aumento di salario, il riconoscimento politico dellaorganizzazione sindacale, dell’ufficio di collocamento edella Cassa di previdenza. Dopo i muratori, che sono inquesto periodo all’avanguardia nelle lotte operaie, con-quistano la Cassa di previdenza anche gli operai metal-lurgici. Nel 1921 la cooperativa, sotto la pressione poli-tica e la violenza fascista, viene indotta ad aderire allenascenti organizzazioni sindacali fasciste. Negli annitrenta sarà liquidata e diversi di questi muratori diven-teranno soci e dipendenti della Cooperativa Braccianti“Filippo Corridoni”, che da quel momento assumeràanche lavori murari. Altri andranno a fare parte dellaCooperativa Muratori “Laboremus”, sempre diCorreggio, della quale si ignora se sia stata costituitaproprio in quell’occasione o precedentemente. Il presi-dente di questa cooperativa è Fermo Bizzarri.Dopo la Liberazione si unificherà con le cooperative “ilTrentino” e “il Tricolore” del comune di Reggio Emiliaper dare vita alla rinnovata Cooperativa Muratori eManovali di Reggio Emilia, chiamata “la granda”.

La Muratori di Correggio non è più ricostituita nelperiodo fascista, ma risorgerà solo nel 1946 grazie adOttavio Morgotti, che ne è anche è anche il primo pre-sidente. Muratore, classe 1909, già attivista antifascista,arrestato per attività sovversive nel 1935, deferito alTribunale speciale e condannato con sentenza del 18febbraio 1936 ad otto anni di carcere, dopo l’intensalotta partigiana e l’avvenuta Liberazione, Morgotti siadopera per ampliare la base sociale tanto che, al set-tembre dello stesso anno, i soci sono già 81.Come molte iniziative sorte in quel periodo, anche laneocostituita Cooperativa Muratori viene intestata adue antifascisti caduti nella guerra di Liberazione:Dario Gaiti (classe 1897) e Romeo Benassi (classe1907). Erano ambedue muratori, compagni di lotte delMorgotti, arrestati per rappresaglia e condannati amorte, con processo sommario, dal Tribunale speciale efucilati al poligono di tiro di Reggio Emilia il 30 aprile1944 insieme a Luciano Dodi e Destino Giovannetti,pure correggesi, ed altri, fra cui Don Pasquino Borghi.Il consiglio di amministrazione è così composto: OttavoMorgotti (presidente), Vito Codeluppi (vice presiden-te), Luigi Marchi, Nemesio Salvarani, ArmandoRangiferri, Silvio Beltrami, Remo Toschi (consiglieri).Segretario della cooperativa è Alberto Camponi. Sindacirevisori: sig. Ezio Lini, prof. Franco Zanichelli e ing.Gino Montessori, poi sostituiti da Giovanni Salami,Erasmo Rabitti e Camillo Bertolini.Negli anni iniziali la situazione è ovviamente difficile.Si affrontano i primi lavori: torre acquedotto, casaReduci, case Iacp (1946-47), Dispensario, OspedaleReggio Emilia (in parte), canale Mandriolo, lavora aScandolara (Cr), cimitero Correggio (1948-49), caseFanfani, casa di Prato, scuola di Budrio, CooperativaEdificatrice Bertacchi di Milano (1949-52) e altri.C’è disoccupazione, si richiedono finanziamenti per ilavori acquisiti e restrizioni finanziarie ai soci in attesa

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Lavori per la realizzazione di un tetto

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del pagamento dei lavori Iacp, mentre si pagano, inve-ce, regolarmente gli ausiliari (delibera consiliare 2 set-tembre 1950). La sede sociale con magazzino, in affittoa L. 30.000 annue (1947-48) è situata in viaBorgovecchio, 41. Qui rimane fino al luglio del 1950,quando si trasferisce in via Fazzano 2. Si decide poi diacquistare, il 24 giugno 1951, un terreno dai fratelliGallinari, in via Vallicella e con un lato su viale Battisti,di 2.500 mq per la costruzione delal nuova sede socialecon magazzino (anche per la vendita diretta al pubblicodi materiali edili), subito avviata, con l’apporto anchedi ore gratuite ai soci.Nel 1948 la cooperativa aderisce alla Lega Nazionaledelle Cooperative e Mutue. L’anno successivo vieneconferita delega alla firma degli atti sociali al vicepresi-dente Vito Codeluppi per “sopravvenuta impossibilitàdel presidente di svolgere la sua attività in cooperativa”.Il 10 maggio 1949 lo stesso Codeluppi viene eletto pre-sidente con vice Remo Toschi. Il 15 aprile 1950, con ilrientro di Morgotti, si ristabiliscono le vecchie cariche.

La cooperativa, pur nella ristrettezza delle possibilità,non manca agli impegni di mutualità e solidarietà versoi soci. Si concedono prestiti per generi alimentari ai piùbisognosi; si costituisce un fondo di previdenza internoben regolamentato; si mandano soci giovani ad un cosodi sei mesi per capi-cantieri al quale partecipa GinoBaracchi, che sarà, più tardi, presidente della cooperati-va; si mandano figli dei soci in colonia e così via.D’altro canto si registra un atteggiamento di chiusuraverso i giovani che chiedono di entrare come soci incooperativa. In data 2 maggio 1951 il consiglio, infatti,respinge la proposta del presidente di ammettere nuovigiovani soci che hanno seguito un corso per l’edilizia,anche pratico sui cantieri. In un crescendo costante e senza sussulti economico-finanziari eclatanti, la cooperativa continua il suo cam-mino. Viene frattanto assunto il geom. Iler Montanari(marzo 1952). Nel 1953 il vicepresidente Codeluppi,che esplicava anche le funzioni di direttore tecnico, siammala venendo a mancare l’anno successivo.Alla data del 24 aprile 1954 i soci sono 79 e il consigliorisulta così composto: Ottavo Morgotti (presidente),Remo Toschi (vicepresidente), Gino Baracchi, JosèGalloni, Lino Folloni, Armando Rangiferri, DanteMorgotti (consiglieri); segretario Alberto Camponi; sin-daci revisori: Ezio Lini, Pietro Gibertoni, IlerMontanari. In data 28 dicembre 1954, con assemblea straordinaria,si procede alla modifica dello statuto per adeguarlo alledisposizioni della legge 6 agosto 1954 e nell’agosto del1957 si approva un nuovo Fondo mutualistico internocon relativo regolamento.Nell’aprile 1956 viene eletto alla vicepresidenza GinoBaracchi, mentre due anni più tardi, a seguito dell’usci-ta di Morgotti, sale alla presidenza Armando Guiorci.Egli rappresenta bene, in quel momento, la cooperativa,avendo buona conoscenza della stessa per esservi

I ventisei soci fondatori sono:

Ottavo Morgotti, Vito Codeluppi, Remo Toschi,

Luigi Marchi, Nemesio Salvarani, Armando

Rangiferri, Silvio Beltrami, Arnaldo Beltrami,

Alfredo Braghiroli, Cesare Incerti, Enrico Tegani,

Roberto Tondelli, Donnino Lazzaretti, Ferruccio

Rustichelli, Ruggero Corghi, Fernando Griminelli,

Aldarico Vezzani, Giuseppe Lasagna, Giuseppe

Rabitti, Achille Galloni, Corinzio Vecchi, Gino

Giuliani, Daniele Manicardi, Giuseppe Gobbi,

Umberto Pisa, Antonio Lorenzani.

I soci fondatori

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impiegato già dai primi anni della sua costituzione(1948-1949). L’uscita di Morgotti, a soli 49 anni, non èun fatto trascurabile, e nemmeno le insistenze dei con-siglieri valsero a trattenerlo. Il suo carattere dinamico e vulcanico ed un istintosoprattutto commerciale contrastavano spesso con l’at-teggiamento prudenziale e conservatore del consigliostesso che non gradiva avventure soprattutto immobi-liari, preferendo limitarsi all’esecuzione dei lavori.Morgotti, con la motivazione di impegni personali,lascia la cooperativa e si dedica in proprio conto, suc-cessivamente, a vari interventi immobiliari, in societàcon Pietro Gibertoni (sindaco revisore) ed altri.L’eredità raccolta dal Guiorci nella conduzione dell’a-zienda non è certamente semplice. Egli, persona sem-plice ed onesta, pur non possedendo l’intraprendenzadel predecessore, riesce tuttavia a condurre bene lacooperativa senza grossi balzi o scossoni, seppure conun modesto calo del monte lavori (da L. 96.640.095 del1959 a L. 89.349.807 del 1963).Purtroppo nel 1964, a seguito di una lunga malattia,viene a mancare. Il suo mandato alla cooperativa coin-cide, per buona parte, con l’avvento alla segreteria delrag. Renato Bonilauri (1960 - 1963), a seguito dell’usci-ta di Alberto Camponi (che rientrerà in cooperativa nel1963 fino al pensionamento); con l’assunzione delgeom. Ladislao Nicolini (13 giugno 1962), e della rag.Alda Bertacchini (maggio 1961- gennaio 1966), che siaggiunge in aiuto a Graziella Tegani già in cooperativadal 1956.

Nel 1960 si verifica una nuova variazione al regolamen-to del Fondo mutualistico che precede in sostanza ladecadenza da socio al sessantesimo anno di età ed unadeguamento della pensione interna fino a L. 8.000mensili per tre anni, o L. 5.000 mensili per cinque anni. Continua l’atteggiamento di chiusura del Consiglio.

In data 22 maggio 1959, ad esempio, non vengonoammessi come soci alcuni operai con la sola motivazio-ne che sono manovali (cosa abbastanza curiosa trattan-dosi della Cooperativa Muratori e Manovali). Il 2 ottobre 1959, la società viene sollecitata al ringiova-nimento ed all’ammodernamento delle attrezzature per-sino dall’Associazione provinciale. Per vari anni, tutta-via, si trascina nell’indecisione la revisione o la sostitu-zione dell’obsoleto autocarro (autista AugustoGonzaga), all’ordine del giorno almeno in una decina diconsigli e finalmente risolta con la vendita del rottamenell’agosto 1966, quando il Gonzaga diventa magazzi-niere. Sul fronte dei lavori si eseguono soprattuttoopere per privati. Molti lavori immobiliari di terzi(numerosi proprio per il Morgotti) come l’ex garageForoni, la Sagip di Gibertoni a Rubiera, altri grossi con-domini a Rubiera, poi il lavoro Cuccolini (1958-59), lecase Griminelli, lo stabilimento Cagarelli, la Gianco diGianfranceschi, la Manzini pompe, la nuova CantinaFosdondo, la Cantina Gallo di Fosdondo, moltissimeristrutturazioni, nuove latterie (Canolo, Budrio, LaFamigliare, S. Biagio, via Ardione) e porcilaie.

Il 17 febbraio 1960, previe richieste di appoggio alCCPL, è nominato direttore tecnico il geom. CorradoCaselli del Consorzio stesso. Il 14 gennaio 1961 esconodalla cooperativa alcuni soci per mettersi in proprio, fradi essi Virginio Becchi, Paolo Ognibene e DuilioVergnani. Nel 1963 Iler Montanari è nominato diretto-re tecnico, carica che sarà poi assunta per l’Albocostruttori da Gino Baracchi il 5 novembre dell’annosuccessivo. Tutti questi cambiamenti della direzionetecnica dimostrano una grande incertezza del consiglioed una atteggiamento critico e di scarsa collaborazionenei confronti dei tecnici.All’assemblea di bilancio del 26 aprile 1964 vengonoeletti: Gino Baracchi (presidente), Iler Montanari (vice-

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presidente), Enzo Borghi, Gianfranco Razzini, ArtemioBeltrami, Franco Rossi, Giuseppe Piccinin (consiglieri),Learco Fieni, Aristide Marani (consiglieri supplenti);geom. Corrado Caselli, geom. Ladislao Nicolini, rag.Pietro Gibertoni (poi sostituito dal rag. Ezio Lini) (sin-daci revisori). Tutto sembra scorrere normalmentedurante la presidenza Baracchi, seppure con i problemidi ogni cooperativa. Vi è un leggero calo dei soci, da 80negli anni 1956-57 a 58 all’atto della sua elezione(1964), poi una risalita a 68 nel 1968.

Il monte lavori passa tra il 1963 e il 1966, da 89 a 162milioni di lire con risultati sempre in utile, seppur dipoco, e sempre con qualche difficoltà finanziaria. Nei primi anni ‘60 non sono molti i lavori pubblici(asilo Ghidoni, asilo nido, scuole medie con palestra(1960-61), case Iacp di Prato e Canolo e altri). Moltilavori, ovviamente, sono assunti tramite il CCPL, ma irapporti fra lo stesso e la cooperativa non sono mai statimolto buoni, fin dai tempi di Morgotti che pur ne eraconsigliere.

Mostra esposizione al Palazzo dei Principi a Correggio

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A metà del 1965 viene acquisito un importante lavoro aTorino (Quartiere Le Vallette) che avrà come capocan-tiere Nellusco Marchi ed aiuto Romolo Guidetti. I risul-tati sono incoraggianti sia dal lato tecnico sia da quelloeconomico. Nel 1967-68 vengono acquisiti, fra gli altri,due lavori: uno per conto Iacp Gescal di Livorno, eduno per conto delle Ferrovie dello Stato (alloggi ferro-vie nelle stazioni di Parma e Modena).Il primo è assunto assieme ad altre cooperativeGattatico e Novellara, dopo che altre si sono defilaterinunciando all’impegno (la prima chiude i battenti e

viene assorbita da altre; la seconda, più forte, si salva,certamente anche per una migliore gestione).Il poco tempo a disposizione non permette di esamina-re approfonditamente il lavoro, obbligando la coopera-tiva a fidarsi dell’operato del Consorzio. I prezzi si rivelano disastrosi, tali da non pagare il costodei materiali. Se a questo si aggiungono anche alcunegravissime negligenze da parte della cooperativa nellaconduzione del cantiere, il risultato si può facilmenteimmaginare. Intanto, nel dicembre 1966, si decide l’ac-quisto di un appezzamento di terreno con la costruzio-

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ne della nuova sede, dai fratelli Pellacani, in viaFosdondo,4 di circa 7.500 mq.; si trasforma la vecchiasede in residenza con la costruzione e vendita di allog-gi (operazione non molto redditizia); si porta provviso-riamente la sede in viale Cottafavi, 5; si modifica, anco-ra una volta, il Fondo mutualistico interno (29 aprile1967) con aumenti delle varie quote di previdenzainterna. Al 31 dicembre 1967 i soci sono 68.Il 17 maggio 1966, il consiglio ritiene intempestivo ade-rire ad una proposta di unificazione della CooperativaEdilstrade, avanzata tramite l’Associazione ed il CCPLdi Reggio Emilia, reiterata il 21 dicembre 1966. In taleriunione le cooperative Muratori di Correggio, S.Martino e Campagnola manifestano perplessità ritenen-do l’operazione prematura sia per il timore di costituireuna impresa troppo grande e perciò difficile da gestire,sia per la difesa campanilistica della propria cooperati-va, mentre la Cooperativa Edisltrade, quella di RioSaliceto e quella di Fabbrico, si pronunciano favorevol-mente. Si prosegue, comunque, fra molti problemi, finoal 26 maggio 1969 quando i soci, per la prima voltanella storia della cooperativa, approvano un bilancionegativo con una perdita di L. 2.987.400.

Con assemblea straordinaria l’11 ottobre 1969 (presen-ti 55 soci su 63) si decidono provvedimenti anticrisi: unprogramma impegnativo e bene dettagliato di assunzio-ne, gestione e controllo tecnico dei lavori e nomina diuna commissione tecnica direzionale. Ma la decisionepiù importante e sofferta è l’impegno da parte di tutti isoci alla sottoscrizione di un effetto, a garanzia dellafirma personale dei consiglieri su un mutuo con laBanca Nazionale del Lavoro e l’adeguamento dellaquota sociale al massimo consentito dalla vigente nor-mativa. Anche l’anno successivo, nonostante le drastiche misu-re intraprese, la cooperativa risente della situazione

negativa, tanto che al 31 dicembre 1969 il patrimonio èpraticamente azzerato. All’assemblea di bilancio, in due sedute successive (4 e10 aprile 1970), il presidente Baracchi, rieletto in con-siglio, non accetta la carica e decide di uscire dallasocietà di cui era socio fin dal 1946. Anche il geom.Nicolini, eletto vicepresidente, respinge l’incarico purrimanendo in cooperativa.Viene eletta una nuova presidenza che risulta la seguen-te: Natale Gandolfi (presidente), Nellusco Marchi (vice-presidente), Artemio Beltrami, Enzo Borghi, RomoloGuidetti, Franco Marchi, Franco Rossi (consiglieri). Insindaci revisori sono: rag. Ezio Lini, geom. CorradoCaselli, Adorno Stazzoni.Gandolfi si adopera subito in armonia con i suoi colla-boratori, per la ripresa aziendale e, grazie ad iniziativepositive intraprese in collaborazione con privati, ibilanci 1970-71 ritornano in positivo.

Si ricordano, oltre agli amministratori già citati(Rangiferri, Toschi, Codeluppi, Baracchi, D. Morgotti,N. Marchi, F. Marchi, Guidetti, Razzini, Rossi, Marani eFieni), anche Bruno Tasselli, Ostero Soragni, LinoFolloni, Armando Saccani, Agide Lugli, Luciano Davolie tanti ancora.Infine, il 26 novembre 1971, con assemblea straordina-ria, si procede all’adeguamento dello statuto alle dispo-sizioni della legge 17 febbraio 1971 n. 127 nel senso dipromuovere e stimolare l’autofinanziamento dellasocietà. Si giunge così in data 30 agosto 1972, a decidere all’u-nanimità la fusione con la locale Cooperativa Edistrade“Bonezzi e Bizzarri” da cui prenderà corpo e vita, il 1°febbraio 1973, la Società Cooperativa Edile Stradale diCorreggio.

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Foto a lato:Fine anni ‘50: lavori stradali in centro storico

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Con assemblea straordinaria unitaria rispettivamentedella Cooperativa Muratori e Manovali “Gaiti eBenassi” di Correggio e della Cooperativa Edistrade“Venerio Bonezzi e Ugo Bizzarri” di Correggio, in data30 agosto 1972, si decide all’unanimità l’unificazionedelle due società, per l’incorporazione di quest’ultimanella prima e viene costituita la Soc. Cooperativa EdileStradale di Correggio. I soci a quella data sono 93 (55+38) e le cariche socialirisultano le seguenti: Ivo Masoni (presidente), NataleGandolfi (vice), Artemio Beltrami, Nellusco Marchi(assistente lavori edili), Franco Marchi, Enzo Borghi,Franco Rossi, Tonino Rizzi (assistente lavori stradali),Ferrino Catellani, Cesarino Castellani, Luciano Pinotti(consiglieri); rag. Ezio Lini, geom Corrado Caselli,

Adorno Stazzoni (sindaci revisori). Oltre a queste cariche sociali, che varieranno solo e dipoco relativamente a qualche consigliere, ricordiamoanche lo staff tecnico ed amministrativo: AlbertoCamponi (segretario), Luciano Catellani (vicesegretarioresponsabile programmazione e controllo), LorettaCibiroli, Graziella Tegani, Adriana Vaccari (impiegatiamministrativi); poi dal 17 settembre 1973: GiovanniRabitti, Ivo Masoni (direzione tecnica), Iler Montanari,Ladislao Nicolini, Nino Tagliavini, Ordene Fornaciari,Fabrizio Tedeschi (tecnici).Gli uffici e la sede sono accentrati con qualche modifi-ca in via Fosdondo, 4, sede della Muratori, che ben siprestava al caso.

COOPERATIVA EDILE

STRADALE DI CORREGGIO 1973 - 1974

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Contemporaneamente vengono cedute la sede ed imagazzini della Edilstrade di via Primo Maggio, 21 e divia della Costituzione al Villaggio Industriale aCorreggio. Nel breve periodo di vita della cooperativa,che termina col 1° gennaio del 1975, quando vienecostituita la Unicoop di Correggio, non avvengono fattidi rilievo. Ci limitiamo pertanto solo a segnalare qual-che lavoro eseguito a cavallo del periodo interessato: iquattro condomini di via Don Minzoni per la Degfer, ilGelso di viale dei Mille, i condomini Diana, Perla,Corallo e altri, la fognatura di corso Cavour, molteurbanizzazioni frazionali ed altri lotti al VillaggioIndustriale, molte bitumature di strade comunali, lametanizzazione di Rio Saliceto, Lemizzone e Prato.

Presto ci si rende conto che è necessario un salto diqualità economico e sociale. Le caratteristiche, le tipo-logie, l’ubicazione, il modo di affrontare i nuovi lavoriche si presentano, l’industrializzazione, la carenza,ormai fortemente avvertita, di mano d’opera sempre piùspecializzata in diversi rami produttivi, l’intreccio plu-risettoriale degli interventi in essere e programmati

impongono un consolidamento patrimoniale, unamigliore solidità finanziaria ed una visione molto piùproiettata verso il futuro. Alcune vicissitudini finanzia-rie, prima della Edilstrade, poi della Muratori, avevanorafforzato le ancora incerte convinzioni di un necessa-rio sviluppo ad un livello superiore, nella speranza dicontare di più come aziende, ma anche e soprattuttocome movimento cooperativo di produzione e lavoro.

Una necessità avvertita e caldeggiata in particolare dagliorgani dirigenti del settore in provincia di ReggioEmilia e non solo. Gli obiettivi dunque sono chiari. Ilconsolidamento patrimoniale e finanziario. Senza trop-pi azzardi ed eccessivi rischi, si irrobustisce la coopera-tiva, aumentando notevolmente il giro d’affari con fat-turato intorno ai due miliardi di lire e con discreti mar-gini. Nel contempo si svolge una grande opera socialecon molte attività per meglio legare i nuovi soci.L’amalgama per il vero è anche facilitata da una buonaunitarietà d’intenti, a porte sempre aperte che favorisco-no l’ammissione a soci degli ausiliari, tanto che la basesociale arriva intorno alle 115 unità.

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Cantieri stradali nel centro cittadino

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Soprattutto, però, la cooperativa opera molto in primafila, nella prospettiva di un ulteriore balzo qualitativo enella conquista a questa idea di altre cooperative limi-trofe, in ciò confortata e sospinta dagli organismi pro-vinciali.Già alcuni anni prima, nel maggio del 1966, ed ancoranel dicembre dello stesso anno e poi negli anni seguen-ti, erano state avanzate da parte dell’Associazione e delCCPL proposte di unificazione delle cooperative dellazona (Edilstrade e Muratori di Correggio, Muratori di S.

Martino in Rio, Muratori di Campagnola, Muratori diRio Saliceto e di Fabbrico) ma senza esito.I tempi e le convinzioni maturano finalmente nel 1974grazie anche agli sforzi di altri convinti cooperatori. Ilconsiglio, insieme a Ivo Masoni, firma l’atto di fusioneper incorporazione nella gloriosa Cooperativa diCampagnola, dando vita il 1° gennaio 1975 allaUnicoop scarl con sede in Correggio, via Fosdondo, 4,presidente Aldo Piccinini.

Lavori di asfaltatura a San Martino in Rio

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Foto a lato:1953: soci e dipendenti della cooperativa di Fosdondo

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La Cooperativa Fornaciai Laterizi del Comune diCorreggio si costituisce il 25 giugno 1945, quandomolti operai fornaciai erano senza un’occupazione.Una trentina di loro decidono di affittare la fornace deifratelli Giovannetti, inattiva da alcuni anni, e di ricerca-re le prime attrezzature e scorte di carbone per avviarela produzione.Si acquistano soprattutto carriole, vanghe, badili ezappe, dal momento che l’argilla si cava e lavoramanualmente: si ricorre quindi ad un prestito bancariodi un milione di lire che viene avvallato dall’industriale

Arrigo Cagarella e garantito da 700.000 mattoni crudiprodotti.Il primo consiglio di amministrazione è così composto:Edoardo Setti (presidente), Nando Tirabassi (vicepresi-dente), Umberto Galloni, Alderico Oliva (consiglieri).Segretario è Abdon Bellelli. Pietro Gibertoni fa parte delcollegio sindacale.Nell’agosto 1948 muore sul posto di lavoro il presiden-te Setti al quale subentra così Abdon Bellelli. Segretariadiventa Elsa Morlini.

COOPERATIVA FORNACIAI

DI FOSDONDO 1945 - 1974

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Nel dicembre del 1945 sidecide di accendere per laprima volta il fuoco, anche senon è la stagione propizia, alfine di avere prodotti da ven-dere per pagare operai e cre-ditori. Una prima fornitura di300.000 mattoni viene fatta alCCPL al solo costo di produ-zione (4,80 lire al mattone)per potere introitare liquidità.E’ un lavoro stagionale che sieffettua nel periodo tra aprilee ottobre e tutti gli anni ven-gono licenziati gli addetti.La cooperativa, nonostante continuino le difficoltàfinanziarie, aumenta costantemente la produzione e nel1948 i soci sono già 52. L’anno successivo la quotasociale viene portata a lire 5.000. Nel 1954 l’utile di bilancio viene così ripartito: 800.000lire al fondo di riserva legale; 120.000 lire a disposizio-ne del consiglio per propaganda cooperativa; 100.250lire per dare il 5% sulle quotesociali; 38.047 lire a fondomiglioramento mensa;106.000 lire da accreditare aisoci in ragione di 2.000 lireciascuno da destinare a capi-tale sociale. In quell’anno siattua l’elettrificazione dellafornace, mentre prima ognimacchina era azionata damotori a scoppio. Si tratta diun passaggio fondamentaleche permette l’adozione dellemigliori tecnologie del setto-re negli anni successivi.

Nel 1956 permane, ancora inparte, la produzione manua-le del mattone che si consi-dera però antieconomica. Nel 1960 l’utilizzo del meta-no come combustibile per lacottura in sostituzione delcarbone rappresenta ungrande vantaggio di carattereeconomico e ambientale.Sempre nel 1960 vieneacquista dalla cooperativa lafornace e l’area annessa, pre-cedentemente in affitto. L’acquisto costituisce la base

per operare investimenti di larga portata che non eraragionevole fare prima, su terreni e immobili in affitto.Nello stesso anno ha termine la stagionalità del lavoro esi lavora tutto l’anno grazie all’uso di più essicatoi. Daquel momento ha inizio un vero e proprio rilancio dellafornace e gli investimenti su susseguono.Negli anni sessanta la cooperativa tenta di produrre

case unifamiliari prefabbri-cate utilizzando i prodottidella fornace e in particolareil facciavista, ma questa pro-duzione, dopo qualche espe-rimento, verrà presto abban-donata.Nel 1968 si installa il primoforno a tunnel dando ancorapiù impulso alla produzionedel facciavista, prodotto peril quale la cooperativa gode-va già di una buona fama sulmercato. E’ un altro progres-so fondamentale che le con-

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La predisposizione dei mattoni per la fase dell’essicazione

Lavori in cava

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all’unificazione con altre importanti cooperative del ter-ritorio per arrivare alla costituzione di Unicoop. A questa iniziativa aderisce la stragrande maggioranzadei soci che hanno sempre manifestato un grande attac-camento alla cooperativa. Le maestranze hanno acquisito, oltre ad una elevatacoscienza politica, anche un elevato livello di professio-nalità. La partecipazione dei soci alla vita economica,sociale e politica della cooperativa era talmente alta dapoter parlare veramenteper questa azienda di“autogestione operaia”.Nei primi anni per mante-nere in vita l’impresa ilavoratori-soci devonocompiere notevoli sacrificiin termini di ore di lavorogratuito e di ritardato paga-mento dei salari. In seguitosi arriva a corrispondere unsalario sindacale con rego-larità e negli ultimi anni sioffre ai soci un trattamentoeconomico e normativosuperiore alla media delsettore. Negli anni sessanta funziona anche una mutua internaper integrare le ancora scarse prestazioni assistenziali,mutualistiche e previdenziali che lo Stato fornisce ailavoratori dipendenti. Al momento dell’unificazione gli addetti sono 70 e lostato patrimoniale della cooperativa molto buono. Il consiglio di amministrazione che nel 1974 decide l’u-nificazione in Unicoop è così formato: Arnaldo Oliva(presidente), Luigi Boccoli, Ermes Romani, EmidioCorradi (consiglieri).

sente di diventare una delle fornaci leader a livelloregionale. Nel 1975 si apre un secondo forno a tunnel,unitamente alla realizzazione di un impianto modernoper la prelevazione dell’argilla e di un essiccatoio parti-colarmente adatto a un miglior prodotto a facciavista.Nel 1972 il presidente Bellelli va in pensione e vienesostituito da Arnaldo Oliva, che conduce la cooperativa

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Famiglia Unieco x

Una delegazione africana in visita

Un certificato azionario

Linea di produzione dei mattoni

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I socialisti, al fine di evitare degenerazioni di tipo cor-porativo nella cooperazione sono particolarmente favo-revoli a costituire, nella logica della solidarietà di clas-se, cooperative a larga base sociale e territoriale checomprendano muratori e manovali, i lavoratori di tuttele ville di un comune e alle volte di due o più comuni. Per questo si battono affinché nella stessa denominazio-ne sociale della cooperativa sia inserito il termine di“muratori e manovali”; si battono altresì per inserire iltermine “del comune di…” al fine di affermare che essadeve abbracciare tutti i lavoratori del comune. La cooperativa non deve servire solamente a migliorarele condizioni di vita dei propri soci, ma deve essereanche lo strumento fondamentale per costruire la

nuova società socialista fondata sulla collettivizzazionedei mezzi di produzione. Deve quindi essere anche unostrumento politico e non solo economico.Così sorgono sotto il fascismo diverse cooperative nelcomune di Reggio al posto dell’unica cooperativacomunale precedente: l’unico criterio che viene seguitosembra quello di evitare eccessive concentrazioni dilavoratori in un’unica impresa perché ciò potrebbediventare troppo pericoloso per il regime che segue ilmotto: divide et impera. Del resto proprio in questoperiodo viene creata anche la Cooperativa Muratori diBarco e la Braccianti di Budrio.

Nel 1909 di fronte ad un gruppo non molto numerosodi lavoratori edili di Rio Saliceto (comune con pocapopolazione e con un mercato locale de le costruzioniasfittico perché esclusivamente agricolo), i socialistiorientano questi a non costituire una cooperativa auto-noma, che avrebbe avuto scarse possibilità di successo,ma una cooperativa unica con i lavoratori edili diCorreggio, già organizzati in cooperativa. Perché la cosariesca è inoltre necessario convincere i soci della coope-rativa di Correggio che l’allargamento della loro basesociale è un atto politico di classe importante per tutti.Se nei soci di Correggio fosse prevalso lo spirito corpo-rativo, l’interesse immediato e non quello di classe, l’o-perazione non sarebbe certamente riuscita. Ma questonon avviene e così quell’anno si costituisce laS.A.Cooperativa Muratori e Manovali dei Comuni diCorreggio e Rio Saliceto, con sede in Correggio.Presidente è nominato Virginio Cucciolini. Questacooperativa, nel 1915, costruisce per conto del Comunedi Reggio Emilia una stalla bovina doppia sul podereGuzzona di Rio Saliceto, che era coltivato dalla coope-rativa agricola di quel comune in affittanza collettiva.

COOPERATIVA MURATORI

DI RIO SALICETO 1929 - 1974

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Cooperatori in trasferta in un cantiere a Cinquale

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Famiglia Unieco x

Dopo essere stata liquidata all’inizio degli anni venti,nel 1929, in pieno regime fascista, si ricostituirà su basecomunale la S.A.Cooperativa Nazionale Muratori di RioSaliceto con 21 soci. La cooperativa, come tutte le altredurante il fascismo, è controllata dal regime. I soci sot-toscrivono un’azione da L. 100: non ha però lungadurata e a metà degli anni trenta verrà liquidata.Solo nel tardo 1946 si ricostituisce la CooperativaNazionale Muratori di Rio Saliceto. I soci fondatorisono Costante Bulgarelli, Metodio Sabbadini, GiovanniLusuardi, Pietro Masneri, Fernando Gadda, TeobaldoLosi, Giorgio Bondavalli, Adolfo Signorelli, SeverinoAscari. Questi soci versano cinque azioni ognuno di L.100, e così l’impresa parte con un capitale di 4.500 lire.Il primo consiglio di amministrazione è così formato:Pietro Manieri (presidente), Adolfo Signorelli (vicepre-sidente), Giovanni Lusuardi, Costante Bulgarelli,Fernando Gadda (consiglieri).Nel 1949 ha già 32 soci. Nel 1954 i soci sono 34 e pre-sidente diventa Fernando Gadda, poi sostituito da IvoBulgarelli. Nel 1969 diventa presidente Ilio Guaitoliniche copre la carica fino alla unificazione in Unicoop nel1975.A segretario della cooperativa si sono succeduti ToninoBrunetti, Giuseppe Franchini e, dal 1969, GiancarloMassari. A tecnici della stessa si sono susseguiti: ToninoVerlato (primo tecnico della cooperativa assunto nel1958), Remo Bocedi, Gianpaolo Ferrari, AntonioBenassi, Walter Fornasari, Luciano Bonezzi.La cooperativa cresce continuamente e arriva all’unifi-cazione nel 1975 con 70 soci e alcuni ausiliari.Specializzata nell’edilizia civile e industriale, operaprincipalmente nei comuni di Rio Saliceto, Correggio eCarpi. Nel comune esistevano solo alcune imprese pri-vate e artigiane e i lavori pubblici e privati maggiorivengono eseguiti tutti dalla cooperativa. L’80% del lavo-ro è svolto per clienti privati.

La cooperativa lavora solo in due occasioni fuori pro-vincia: durante la crisi del 1955-56, a Novara, con risul-tati economici pessimi e, alla fine degli anni ‘60, aMilano, per il CCPL in associazionismo con altrecooperative, questa volta con risultati economici positi-vi. Opera nell’edilizia commerciale soprattutto a RioSaliceto, lavorando poco per il CCPL (Milano, ScuolaPappagnocca a Reggio Emilia e PEEP di Scandiano). Sicrea una discreta immagine grazie alle buone maestran-ze e ciò dà fiducia alla clientela privata. Al fine di con-seguire una maggiore specializzazione la cooperativaorganizza squadre specializzate (pavimentatori, faccia avista, intonaci e così via), conseguendo buoni risultati.Dal punto di vista economico è però quasi sempre indifficoltà, particolarmente tra il 1967 e il 1968. Con la presidenza Guaitolini e la segreteria Massari, l’a-zienda si riprende e negli ultimi cinque anni di vitariesce a formarsi un piccolo patrimonio. In alcunimomenti i soci compiono sacrifici per salvare l’azienda.L’ultimo è quello richiesto per costruire, con il volonta-riato, la nuova sede della cooperativa (1973). Negli ultimi anni con i risultati di bilancio discreti si èanche dato un premio di bilancio ai soci.

Il consiglio di amministrazione nel 1974 approva l’uni-ficazione in Unicoop. E’ così composto: Ilio Guaitolini(presidente), Ermanno Pellacani (vicepresidente),Luciano Lusuardi, Dino Pantaloni, Gianpaolo Ferrari,Bonfiglio Carletti, Romano Magnani, Contrano Vezzali,Giuseppe Signorelli, Amleto Bisi, Giancarlo Lusuardi(consiglieri).

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Foto a lato:1975: Aldo Piccinini nell’assemblea di unificazione

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Si costituisce nel 1° gennaio 1975 in seguito all’unifica-zione di cinque cooperative del Comprensorio diCorreggio: Edilstrade di Correggio, Muratori diBagnolo, Muratori di Campagnola, Muratori di RioSaliceto, Fornaciai di Fosdondo. La fusione è promossadall’Associazione Provinciale, che mette a disposizionedella nuova azienda un dirigente di levatura provincia-le, Aldo Piccinini (allora vicepresidente del CCPL), chene diventa Presidente. Al progetto non partecipa laCooperativa Muratori di S. Martino in Rio.

Unicoop ha sede a Correggio, nella ex sede dellaCooperativa Edilstrade, che viene ampliata. Il suo consiglio di amministrazione è composto dai rap-presentanti di tutte le cooperative unificande. Si costituiscono anche le sezioni soci nei vari comuni diradicamento: Correggio, Bagnolo, Rio Saliceto eCampagnola. Unicoop opera in vari settori: nel campoedile, nel settore stradale (fognature ed acquedotti) enel settore industriale (fornace di Fosdondo e solai diCampagnola).

UNICOOP1975 - 1984

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Nella fase iniziale questa intersettorialità è ereditatasemplicemente dalla somma delle produzioni delle sin-gole cooperative che hanno dato vita ad Unicoop.All’atto della costituzione, la nuova cooperativa nascecon la finalità di proporsi al mercato con maggiore forzae propositività di quanto avrebbero potuto fare le singo-le cooperative sul territorio. Per fare questo la strategia adottata si basa inzialmentesu quattro punti fondamentali: 1) allargare il mercato dell’azienda fuori provincia, inparticolare in Liguria e Piemonte, sotto la guida delCCPL;2) introdurre nel processo produttivo la industrializza-zione e prefabbricazione al fine di ridurre i costi delleabitazioni, limitando al contempo l’uso dei cottimisti;3) diversificare la produzione entrando in nuovi settoriindustriali non edili;4) fare promozione cooperativa soprattutto fuori pro-vincia.La struttura direzionale dell’azienda alla sua costituzio-ne è così articolata: Aldo Piccinini (presidente con fun-zioni di direttore), Ivo Masoni (vice presidente eresponsabile del settore strade), Gastone Righi (diretto-re tecnico-commerciale), Arnando Oliva (responsabile

settore industriale), Fernando Corradini (responsabilesettore idraulici), Ilio Guaitolini (responsabile ufficioacquisti), Amelia Verzellesi (responsabile amministrati-va), Romano Bigliardi (responsabile controllo gestio-ne), Giancarlo Massari (responsabile finanziario).L’anno successivo Amelia Verzellesi viene chiamata inAssociazione, Romano Bigliardi diventa amministratoree Renzo Vergnani passa al controllo di gestione. Dueanni dopo viene assunto Sergio Nasi come responsabiledel personale e delle attività sociali.

L’ampliamento del mercatoLa cooperativa acquisisce subito un grosso lavoroidraulico a Milano (un grande collettore) e successiva-mente lavori importanti a Genova e in Piemonte(soprattutto Torino) per gli IACP e le cooperative diabitazione. Alla fine degli anni settanta Unicoop ha allesue dipendenze 45 operai e 2 tecnici locali a Torino e 53operai e 4 tecnici locali a Genova. Le maestranze reggiane che lavorano nei cantieri ester-

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La prima idropulitrice “Unieco 21” ideata da Unicoop

Gastone Righi (presidente Cooperativa Muratori di Campagnola) Ilio Guaitolini (presidente Cooperativa Muratori di Rio Saliceto) Arnaldo Oliva (presidente Cooperativa Fornaciai di Fosdondo) Fernando Corradini(presidente Cooperativa Muratori di Bagnolo in Piano)Ivo Masoni(presidente cooperativa Edile Stradale di Correggio

I presidenti che conducono alla fusione

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Famiglia Unieco x

ni invece sono solo 27 (20 operai e 7 tecnici). Sul com-prensorio di Correggio, Unicoop favorisce la costruzio-ne di una cooperativa di abitazione, riuscendo in que-sto modo ad incrementare la propria presenza sul terri-torio. Il boom edilizio della seconda metà degli annisettanta induce la cooperativa ad inserirsi ancora di piùnell’attività immobiliare. La cooperativa riesce, così, adampliare notevolmente il suo mercato, stabilendo rap-porti di fiducia con gli Enti pubblici di altre provincie econ la cooperazione di abitazione. Ciò avviene utiliz-

zando mano d’opera di altre province e non locale,come temevano inizialmente i soci. Così la cooperativaallarga la sua base sociale creando due sezioni soci, unaa Torino e una a Genova. Si forma, pertanto, non soloun mercato ma anche una base sociale interprovinciale.I risultati economici della gestione dei cantieri fuoriprovincia, a differenza di quelli in provincia, non sonoperò molto buoni. Sorgono allora in cooperativa delleperplessità sulla scelta, considerando che nel reggianoci sono molto lavoro e buoni guadagni.

Il pullmino della cooperativa Unicoop

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Industrializzazione e prefabbricazioneUnicoop opera notevoli investimenti sui settori indu-striali. Si acquistano nuove attrezzature e si forma ilpersonale per poter produrre con il sistema chiamato“couffrages-tunnel” e con quello semindustrializzatochiamato “table-banches”. Queste tecnologie di produ-zione vengono impiegate soprattutto nei cantieri diGenova. Si investe anche per automatizzare la produ-zione dei solai nello stabilimento di Campagnola e,soprattutto, per adottare il sistema di prefabbricazione“pica” in laterizio, che permette a Unicoop di utilizzareanche i mattoni da essa prodotti. Questo nel settoredelle costruzioni civili, soprattutto per la grandi coope-rative di abitazione (Correggio, Bologna, Firenze). Si costituisce anche una società di commercializzazionedel prefabbricato con l’Ape (un’industria privata di pre-fabbricati). Tra la fine degli anni settanta e l’inizio deglianni ottanta, però, la politica di programmazione entrain crisi perché non più sostenuta dagli Enti Pubblici, ecosì accade per la industrializzazione e per la prefabbri-cazione in edilizia, ormai non più attuali. Come conseguenza nel 1980 si chiude lo stabilimentodei solai a Campagnola e successivamente diventanoinoperanti le tecnologie dell’industrializzato e del pre-fabbricato, che tra l’altro, avevano anche permesso dioccupare molta mano d’opera femminile. Dal punto divista economico si rivela un’operazione in perdita.

Diversificazione produttivaA Rio Saliceto un gruppo di lavoratori disoccupati delsettore della carpenteria metallica decide di costituirsiin cooperativa. Unicoop sostiene il progetto costituen-do al suo interno il settore meccanico, nell’ottica di svi-luppare, col tempo, una produzione propria utilizzandoquesta manodopera specializzata. Inizialmente si pro-duce carpenteria generica, poi si progetta un’autopuli-trice che viene fabbricata e venduta sul mercato.

L’area si pone in diretta concorrenza con parecchieaziende già consolidate e con un maggiore esperienzasu questo tipo di produzione. Il numero degli operaioscilla sempre tra le 20 e le 30 unità. Responsabile di questo stabilimento è AlessandroGuardasoni. Si avvia anche la produzione di idropulitri-ci, che cessa, però, nel 1984. All’inizio degli anni ottan-ta Unicoop istituisce il settore ambiente e depurazionedelle acque, in grado di progettare e produrre depurato-ri utilizzando le maestranze del settore meccanico.Fabbrica e costruisce depuratori civili (Reggio Emilia eRoncocesi) curando direttamente sia l’allestimentomeccanico sia la realizzazione edile. Responsabile èl’ing. Graziano Ligabue.

Sviluppo della fornaceIn questo settore (il più redditizio dell’azienda) si effet-tuano investimenti consistenti al fine di mantenere quelruolo di leadership, conquistato sul mercato regionale.Si costruisce un nuovo forno, il secondo tunnel, ini-ziando a sostituire con prodotti di qualità (faccia a vistae alveolato) la tradizionale produzione di mattonicomuni. Dall’esame dei risultati conseguiti, seguendo la strategiaadottata nel 1975, appare in sostanza un buon anda-mento pur con esiti molto diversi tra i vari settori. Dalpunto di vista puramente economico, sono la fornace el’edilizia tradizionale e commerciale a tenere in vita e afar crescere l’azienda, permettendo di fare sperimenta-zioni nella prefabbricazione, in mercati fuori provinciae in altri settori produttivi, tra cui quello ambientale.Il numero dei soci dell’azienda, anche se aumenta ildecentramento produttivo, non diminuisce di molto,perché le nuove attività intraprese creano occupazione.Solo nell’ultima fase della vita di Unicoop i soci calanosensibilmente, infatti, a causa della crisi edilizia, l’azien-da ricorre alla Cassa integrazione straordinaria.

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Famiglia Unieco x

Nella cooperativa unificata, isoci incontrano qualche disagioperché la loro partecipazionealle decisioni dell’azienda èmeno diretta che nelle piccolecooperative in cui vivevanoprima. L’attaccamento all’impresa rima-ne buono e lo si vede anche dalnotevole livello del prestitosociale. La struttura direzionale azien-dale subisce, nel tempo, modifi-che: nel 1977 diventa vicepresi-dente Gastone Righi; nel 1979 ildott. Mauro Casoli viene assun-to per ricoprire la responsabilitàdel controllo di gestione e sosti-tuisce Renzo Vergnani che vienechiamato all’Associazione; nel 1980 Piccinini vienerichiamato al CCPL, di cui diventerà presidente nel1982 e al suo posto viene nominato Sergio Nasi, che dalpersonale era da poco passato a dirigere il settore indu-striale. Con il pensionamento del vicepresidente Righi nel1982; la carica è assunta da Giancarlo Massari e respon-sabile del settore commerciale diventa Nino Tagliavini.L’incarico di responsabile del settore industriale vieneaffidato a Renzo Vergnani rientrato dall’Associazione. La grave crisi edilizia del 1982-83 crea a Reggio grossedifficoltà per tutte le aziende (cooperative e private) delsettore. Si comprende che l’edilizia abitativa e industria-le non potrà più toccare, in provincia, i livelli del bien-nio 1980-81 e che è necessario operare riconversioniproduttive e investimenti in altri settori. La parola d’ordine è di riposizionare le aziende sul mer-cato.

Ciò significa dirigersi sul mercato delle grandi infra-strutture nel settore delle costruzioni ed anche che leimprese devono adeguarsi ai costi del mercato abbando-nando il tema della programmazione, e quindidell’”azienda di fiducia dell’Ente pubblico”, della “lottaal cottimismo”, della “promozione cooperativa”.Non è scoppiata solo la crisi edilizia, è cambiata anchela situazione economica e politica del paese, alla quale,le imprese cooperative, se intendono sopravvivere,devono ora adeguarsi. Per affrontare questa nuova fasedi competizione e di riconversione i gruppi dirigenti diUnicoop ed Ircoop decidono di unificarsi per creareun’azienda più solida, meglio in grado di affrontarequeste nuove esigenze.

Lavoratori Unicoop impegnati nel cantiere del Collettore Est a Milano (1975-’79).

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Anche in montagna la cooperazione si nutre

di esperienze e di storie importanti, in un contesto

sociale e territoriale molto differente dal resto

della provincia e che sconta prospettive

e possibilità di sviluppo evidentemente

più difficili e limitate.

Ciononostante, anche qui la forza di

penetrazione dei valori e degli strumenti della

cooperazione sarà significativa e segnerà

in diversi casi l’alleviamento dalle condizioni

di povertà e di sfruttamento di parte

della popolazione.

Terza parte

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La cooperativa di Carpineti si costituisce il 1° febbraiodel 1932 con il nome di Società Anonima CooperativaNazionale Muratori e Manovali di Carpineti ad opera diun gruppo di muratori del comune. Le ragioni economiche e sociali che spingono questogruppo di operai a costituirsi in cooperativa vannoricercate nelle condizione di estrema povertà in cui sitrovano in quegli anni difficili le popolazioni dellamontagna, costrette ad un duro lavoro sfruttato dai pro-prietari terrieri dell’epoca, che in cambio offrono unsalario spesso insufficiente a soddisfare anche i bisognielementari delle famiglie. Le condizioni di lavoro sonoestremamente precarie. I muratori e soprattutto i mano-vali eseguono lavori saltuari, a chiamata, dai proprieta-ri terrieri, per lavori di miglioria. Non esiste in zonaalcuna impresa organizzata. Molto probabilmente lapresa di coscienza delle proprie condizioni di sfrutta-mento e la necessità di associarsi per migliorare la pro-pria situazione di lavoro e di vita, spingono quel primogruppo di muratori a costituirsi in cooperativa sull’e-sempio di quanto già accadeva in altre zone della pro-

vincia fino dagli ultimi anni del 1800. Un ruolo senzadubbio importante per la formazione della cooperativaè svolto dal primo presidente Battista Cavalletti. Questo operaio, forte di una superiore coscienza politi-ca, oltre che di una esperienza notevole acquisita neilunghi anni di lavoro all’estero, è il principale promoto-re della cooperativa. Si ricorda una sua frase “dobbiamosmetterla di farci sfruttare” che nella sua semplicità rac-chiude tutti i principi sociali e politici che hanno ispi-rato la costituzione della cooperativa.Un’altra figura significativa e di fondamentale impor-tanza nei primi anni di vita della cooperativa è il segre-tario Francesco Borghi, unico impiegato fino al dopo-guerra. Dotato di una cultura e una preparazione tecni-ca notevole e allora non comune fra le classi popolari,Borghi dedica tutta la sua vita alla cooperativa dandoprova di onestà e indubbia capacità amministrativa.Pur con difficoltà dovute alla scarsità del lavoro, sicomincia ad organizzare un’impresa in grado di acqui-sire lavori di una certa importanza, di partecipare agliappalti della amministrazione pubblica e di garantire aisoci un minimo di continuità nel lavoro e nelle retribu-zioni. Si espande in questi anni la base sociale ed entra-no gli ausiliari, operai poco specializzati che eseguonolavori di manovalanza, ai quali la cooperativa garantiscel’occupazione per quindici giorni al mese. I primi lavori eseguiti di una certa importanza sono lacasa di Giacomo Giberti nei dintorni di Carpineti, lastrada provinciale La Braglia-Casa Spadaccini e la VillaMinozzo - Costabona. Indubbia è la matrice socialistadei principi alla base di questa, come di altre, coopera-tive. Il regime fascista non vede certamente di buonocchio il sorgere di queste imprese. Tuttavia le pressio-ni a livello politico si limitano spesso ad imposizioni dicarattere formale, come quel “nazionale” aggiunto al

COOPERATIVA NAZIONALEMURATORI E MANOVALI DI CARPINETI 1932 - 1967

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Operai al lavoro in Appennino

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nome della cooperativa e l’inizio di alcuni verbali diassemblea, quando il segretario era costretto a scrivere:“L’assemblea di…è aperta al grido di W il Duce!”.Un episodio significativo accaduto nel 1935 lo raccon-ta Francesco Borghi: “Arriva in cooperativa ilCommissario politico fascista dicendo che una societàcon 60 soci deve aderire al fascio iscrivendo al partitoalmeno tutto il Consiglio, in caso contrario avrebbeprovveduto a mettere in difficoltà la cooperativa fino afarla fallire. Il segretario ricorda ai membri del consiglioche non necessariamente quello che sta scritto su unpezzo di carta rispecchia l’autentica convinzione dellepersone. Tutti i consiglieri comprendono subito che ilsignificato politico della sopravvivenza della cooperati-va è più importante dell’umiliazione personale che inquel momento devono subire, e danno la loro adesioneformale al partito fascista”.Nel 1940 l’Italia fascista entra in guerra, si aggravanoulteriormente le condizioni già precarie delle popola-zioni in montagna, diventa ancora più difficile reperirelavoro. Talvolta le intimidazioni e il clima di paurainstaurato dai fascisti non consentono neppure di recar-si sul luogo di lavoro. Ma anche in quel periodo buio emalgrado l’occupazione nazista la cooperativa continuaad esistere e con essa le aspirazioni di pace, libertà esocialismo. E’ proprio in quegli anni che queste aspira-zioni, per lungo tempo represse, si organizzano e siconcretizzano nella lotta partigiana; proprio sullenostre montagne nascono i primo moti di resistenzaarmata al fascismo e all’occupazione nazista. LaResistenza coinvolge anche la cooperativa: il presidenteappoggia personalmente le azioni partigiane, ma, quelche più interessa, dalle idee di libertà e socialismo cheispirano la lotta partigiana si vanno formando lecoscienze degli uomini che dirigeranno nel dopoguerrail movimento cooperativo e la sinistra italiana.Il numero dei soci che nel 1935 era di 60 arriva ad 80

nel 1939, per diventare di circa 200 nel 1957, seguendole direttive del movimento cooperativo che in quelmomento indicano di aprire le porte e di fare più socipossibili. Il fatturato della cooperativa, senz’altro scarsonel periodo anteguerra in quanto il lavoro era poco enemmeno continuativo, nel 1951, grazie anche al lavo-ro di costruzione della strada provinciale Colombaia-Ponte Cavola (eseguito soltanto con pietrame, badili,carriole, muli per il trasporto degli inerti, manovali infila indiana con secchi per il trasporto dell’acqua), arri-va a circa 5 milioni di lire e va incrementandosi tutti glianni fino ad arrivare, nel 1967, al momento dell’unifi-cazione con la cooperativa di Gatta, a circa L. 900 milio-ni. Primo presidente della cooperativa di Carpineti èBattista Cavalletti (vicepresidente Sergio Montermini)che la dirige fino al 1954. Gli subentra SergioMontermini (vicepresidente Flavio Valcavi) fino al1957, anno in cui viene eletto presidente WalterPredieri (vicepresidente per alcuni anni PellegrinoCavalletti poi Amos Gatti). In questo periodo la cooperativa opera prettamente inlavori edili, stradali, idraulici. La vita del movimentocooperativo in montagna è sempre dura, il lavoro èpoco ed inoltre la cooperativa, definita “rossa”, eraanche discriminata negli appalti. Del resto lo sviluppoindustriale del paese viene promosso solo in funzionedel profitto capitalista e permangono condizioni disfruttamento della classe operaia. Si fanno investimentisolo nei grossi centri del Nord Italia penalizzando ilmeridione e le zone montane, le cui economie, basatequasi esclusivamente sull’agricoltura, si indebolisconodi anno in anno, non potendo più garantire alle popo-lazioni un reddito adeguato. Così, negli anni cinquantae sessanta una parte rilevante della popolazione monta-na è costretta ad emigrare per sfuggire alla miseria e allaricerca di condizioni economiche più dignitose. Le aziende cooperative della montagna, ancora di

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Famiglia Unieco x

modeste dimensioni, non riescono in quegli anni adeterminare una inversione di tendenza ed opporsi allalogica che vedeva la montagna solo come serbatoio dimano d’opera da impiegare nelle industrie dei grossicentri. Del resto la mancanza di un’adeguata politica dipromozione cooperativa, soprattutto la scarsità degliinvestimenti e la discriminazione negli appalti operatanei confronti delle cooperative gestite dalla sinistra,non consentono per lunghi anni un rapido sviluppodelle aziende determinando condizioni di difficoltà etalvolta motivi di disaccordo tra gli stessi dirigenti. A talproposito, si ricorda il tentativo di dividere il movimen-to cooperativo operato a Carpineti nel primo dopoguer-ra con la costituzione di una cooperativa cosiddetta“bianca” che, malgrado fosse favorita negli appalti, deveben presto cedere, non avendo alle spalle l’esperienza,le capacità e le basi popolari del movimento.Il mercato, come già detto, era scarso e non sufficienteper tutti. Nella fase che va dagli anni cinquanta ai set-tanta su una media di circa 150 soci, la cooperativariesce a garantire lavoro a non più di 70 soci nel perio-do che va da aprile a ottobre. Si lavora quindi a turni,una quindicina di giorni di lavoro per regolarizzare illibretto della mutua, poi si da il turno ad altri soci ecosì via, mese dopo mese, anno dopo anno, finché molti(e sono quasi sempre i migliori, stanchi ed avviliti daquesta situazione) prendono la via delle città (Milano,Genova ecc.) o all’estero (Svizzera e Francia). Altri sonopronti a subentrare in cooperativa per avere, anche seper poco, una certa garanzia di lavoro. L’andamento economico non è mai soddisfacente pervari motivi: la continua rotazione della mano d’opera; lecondizioni ambientali, con inverni lunghi e maltempoche permettono di lavorare in media 7 mesi all’anno, daaprile a ottobre, con spese generali che incidono enor-memente; la perenne scarsità di lavoro da acquisire inconcorrenza con imprese private.

La cooperativa è costretta a forti ribassi pur di aggiudi-carsi il lavoro che il più delle volte è di piccola entità equindi molto dispersivo e poco redditizio. Il mercato della cooperativa è quello della zona monta-na, salvo qualche lavoro stradale fuori provincia ottenu-to tramite il CCPL (nel 1952-55 strada statale Collagna-Gabellina, strada statale Cles-Mostizzolo nel 1955-56,strada statale Fosdinovo-Massa Carrara nel 1964-65,strada provinciale Civitella-Arezzo nel 1966-68) edalcuni lavori di costruzione di ceramiche nella zona diCasalgrande-Sassuolo negli anni sessanta. In queste condizioni è impensabile l’uso dei cottimistiessendo il lavoro non sufficiente per i soci. Il subappal-to si limita ai lavori specializzati: ruspisti, camionisti,falegnami, elettricisti, fabbri, idraulici. La politica inter-na verso i soci in questi anni è praticamente nulla, limi-tandosi solamente a qualche cena e a qualche gita socia-le. La remunerazione è strettamente quella da contrat-to. Nonostante questo, non si sono mai verificate“fughe” importanti dalla cooperativa, se si escludonoquelle già menzionate che avvengono però alla spiccio-lata e l’uscita del presidente Montermini per costituireun’impresa privata con alcuni fratelli e parenti. Verso la fine degli anni sessanta la Federcoop incomin-cia a suggerire l’idea delle unificazioni, per formarecooperative più grandi in grado di pesare maggiormen-te sul mercato, di operare investimenti migliori, di uti-lizzare meglio uomini e attrezzature. La cooperativa di Carpineti e quella di Gatta-VillaMinozzo aderiscono subito a questa politica e sono trale prime ad unificarsi dando origine alla cooperativaCiles con sede in Felina. Al momento della unificazio-ne il quadro dirigente della cooperativa di Carpineti ècosì composto: Walter Predieri (presidente), AmosGatti (vicepresidente, operante però sui cantieri), rag.Mario Corradini (segretario), geom. Brenno Casini, rag.Pier Luigi Galeotti (tecnici amministrativi).

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La cooperativa fra gli Operai di Gatta si costituisce il 18settembre 1945. Il primo presidente è Armando Nicolidi Gatta, nel 1952 viene eletto presidente Tonarini e nel1954 sotto la presidenza di Gino Cavecchi, la coopera-tiva ha 20 dipendenti.La Cooperativa fra Operai di Gatta esegue lavori edili,stradali e di sistemazione idraulico-forestale. I piùimportanti sono la costruzione delle scuole elementaridi Castelnovo ne’ Monti, la strada di Campolungo, lestrade provinciali Sologno-Cerrè, Carù-Braglie e Carù-Provinciale.I lavori vengono eseguiti ancora tutti a mano con l’im-piego di piccone, badile e carriola. Pur comparendo inquegli anni le prime macchine operatrici, le stazioniappaltanti ne vietano l’uso per favorire l’impiego dellamano d’opera. Poiché gli interventi principali di queglianni sono nel comune di Villa, entrano in cooperativamolti operai di questo comune. Per questo, nel 1960 lacooperativa di Gatta cambia ragione sociale, diventaCooperativa fra Operai di Gatta e Villa Minozzo e portala sua sede a Villa. Nel 1962 Wulten Peretti, che fino aquel momento aveva svolto funzioni di tecnico, succe-de al presidente Cavecchi.Il mercato della cooperativa di Gatta è simile a quellodella cooperativa di Carpineti relegato per la maggiorparte nella zona sud del comprensorio montano e nelcomune di Villa Minozzo in particolare. Anche per que-sta cooperativa il lavoro è scarso, insufficiente, acquisi-to spesso in accanita concorrenza con imprese privatedel posto. Per le stesse ragioni illustrate per la coopera-tiva di Carpineti, anche la cooperativa di Gatta ha sem-pre avuto scarsi risultati economici, riuscendo a tirareavanti con grandi difficoltà e con enormi sacrifici daparte dei soci che, in un certo periodo, rinunciano addi-rittura alle loro spettanze contrattuali (gratifica natali-

zia) a favore della cooperativa stessa perché questapotesse far quadrare meglio il bilancio e riuscisse così atirare avanti.Anche per la cooperativa di Gatta il problema dei cotti-misti non è mai esistito. La politica interna verso i sociè quasi inesistente per le difficoltà di bilancio e si limi-ta a qualche cena e qualche gita sociale. Nonostante legrandi difficoltà, la cooperativa non registra “fughe”,tranne l’uscita isolata del presidente Cavecchi, checostituisce una piccola impresa privata. Anche nellacooperativa di Gatta il numero dei soci aumenta neglianni passando dai 20 del 1952 ai 41 del 1967, almomento dell’unificazione con Carpineti. Il fatturato èin quel periodo scarso, anche se in aumento ogni anno,fino ad arrivare, al momento dell’unificazione, a circa400 milioni di lire. A metà degli anni sessanta, quindipoco prima dell’unificazione, il gruppo dirigente dellacooperativa è il seguente: Wulten Peretti (presidente),Palmiro Pellegrini (vicepresidente, operante sui cantie-ri), dott. Carlo Baldi (segretario, che poi passerà alCCPL), geom. Aurelio Castellini, rag. Rita Coloretti(tecnici amministrativi).

COOPERATIVA FRA OPERAI

DI GATTA E VILLA MINOZZO 1945 - 1967

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Lavori stradali in Appennino

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Foto a lato:Anni sessanta: lavori in montagna

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Negli anni sessanta e settanta il movimento cooperativoche si va via via rafforzando, specialmente nelle zonepiù forti della bassa, promuove, tramite le unificazioni,la formazione di aziende più grandi che siano in gradodi incidere con maggiore peso sul mercato e di operareinvestimenti per aumentare la produttività e la compe-titività dando al tempo stesso migliori garanzie di occu-pazione ai soci. Il suggerimento viene subito raccoltodai dirigenti e dai soci delle cooperative di Carpineti eGatta-Villa Minozzo che comprendono le prospettivenuove e il significato che può assumere la presenza diuna grossa azienda cooperativa in montagna. Così il 29dicembre 1967 le cooperative nazionali Muratori eManovali di Carpineti e degli Operai di Gatta e VillaMinozzo si unificano formando la CooperativaIntercomunale Lavoratori Edili e Stradali - Ciles.

Il presidente della cooperativa di Carpineti, WalterPredieri, diventa il primo presidente della Ciles. Il pre-sidente della cooperativa di Gatta, Wulten Peretti, va aricoprire la carica di vice-presidente. Questi gli altriconsiglieri: Nino Mercati, Palmiro Pellegrini, EnnioFerrari, Marco Cardellini, Icilio Gualandri, FulvioTincani, Giuseppe Saccaggi, Nino Cavalletti, LorenzoBedeschi. Sindaci: Renzo Pini, Primo Olmi, AlfioCeccarelli. Il geom. Aurelio Castellini viene in seguitonominato segretario. La Ciles opera subito investimen-ti qualificanti: viene costruita la nuova sede a Felina epoco dopo il reparto prefabbricati (produzione di solai,coperture ecc.). Altri investimenti importanti vengonofatti per l’acquisto di attrezzatura per lavori stradali.Negli anni successivi si sviluppano ulteriormente i set-tori edile e infrastrutturale.

C.I.L.E.S. Cooperativa Intercomunale Lavoratori Edili e Stradali 1968 - 1990

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La cooperativa Ciles si dà in poco tempo una strutturatecnica e amministrativa adeguata alle nuove esigenze epassa dai 6 impiegati che ha al momento dell’unificazio-ne, ai 36 nella metà degli anni ottanta.Anche nella occupazione operaia la Ciles svolge unafunzione importante, diventando la più grossa aziendain montagna con oltre 200 operai, dei quali più di unquarto non superano i 30 anni di età.Anche il fatturato, passato dai 1.300 milioni di lire almomento dell’unificazione ai 12 miliardi del 1982, dà,malgrado l’inflazione,il senso dei progressifatti. Sono questi glianni migliori dellacooperativa Ciles.Il monte lavoriaumenta di anno inanno in tutti i settoridi attività: prefabbri-cati, lavori stradali,edilizia idraulica, conbuoni risultati econo-mici. Ottimo soprat-tutto il mercato deilavori stradali (bitu-mature in particolare) che la cooperativa riesce adaggiudicarsi negli anni che vanno dal settanta all’ottan-ta, anche se in presenza di una certa concorrenza daparte di imprese private. Circa l’80% delle asfaltaturedelle strade provinciali in montagna nei comuni diCarpineti, Casina, Toano, Villa Minozzo, Ligonchio,Collagna, Busana, Ramiseto e Castelnovo ne’ Montivengono eseguite in questi anni dalla cooperativa Ciles.I migliori risultati economici permettono alla coopera-tiva anche una certa politica sociale. L’operaio, oltre a percepire la tariffa contrattuale, ottie-ne anche premi di produzione e, in aggiunta, indennità

per uso vettura personale, trasferte, ecc. Per Nataleviene elargito un pacco regalo a base di generi alimen-tari, si organizzano cene e gite sociali (anche all’estero).Anche i figli dei soci e dipendenti possono godere diquesto benessere, ricevendo il giorno della Befana unbel regalo nel corso di una festa organizzata apposita-mente per loro. E’ di questi anni anche l’organizzazioneda parte della cooperatva del Trofeo Ciles, corsa ciclisti-ca per professionisti che si svolgeva nella zona diCarpineti e alla quale partecipano i migliori professio-

nisti del ciclismo ita-liano, seguita congrande interesse dagente di tutte le partidel nostro paese.In questo periodo irapporti con il CCPLsono buoni. Con lapresidenza Spaggiarisi sono compresi ireali bisogni dellacooperativa, ossia lanecessità di un aiutoper l’assunzione dilavori. Un aiuto che

era mancato prima e che mancherà purtroppo dopo lapresidenza Spaggiari. Buoni i rapporti anche con laFedercoop, attraverso consigli e direttive utili per lacooperativa.Nel 1981, raggiunti i limiti per la pensione, lasciano lacooperativa il presidente Walter Predieri e il vice presi-dente Wulten Peretti. Gli subentrano rispettivamentel’ing. Giuliano Del Rio e il rag. Dante Ligabue.Nel corso dei primi anni ottanta la Ciles continua a cre-scere: l’organico giunge a toccare le 250 unità. L’attività si allarga al settore immobiliare, con interven-ti di grandi dimensioni.

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Nel piazzale del centro operativo a Felina

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Famiglia Unieco x

La crisi dell’edilizia manifestatasi nel corso degli annisuccessivi coglie la cooperativa in un momento delica-to. La tradizionale sottocapitalizzazione di Ciles, difronte ad una stasi del mercato immobiliare, si traducein forti esposizioni finanziarie. Inoltre la diminuzionedella capacità di spesa degli enti locali, che genera unacaduta di investimenti in montagna, crea gravi proble-mi dal punto di vista produttivo.

Il portafoglio lavori si rivela insufficiente per le dimen-sioni raggiunte da Ciles edanche la ricerca di nuovisbocchi commerciali nellavicina Toscana non dà risul-tati sperati. Nel 1985 vienechiuso il reparto prefabbri-cati e si intraprende unpiano di ristrutturazioneaziendale che prevedeampio utilizzo della Cassaintegrazione guadagni. Laportata dei problemi ha peròdimensioni così rilevantiche, nonostante la produtti-vità si mantenga su livellibuoni ed i soci si prestino ad una politica di sacrifici, ilpeso dell’esposizione finanziaria e la scarsità del porta-foglio lavori non permettono il raggiungimento di risul-tati economici positivi. Inizia un progressivo ridimensionamento occupaziona-le, ma presto appare evidente che con le proprie forzeCiles non può risolvere in modo duraturo i propri pro-blemi. Si apre così una fase di ricerca per una soluzionedi “movimento”. Nel settembre 1988 le tre maggiori cooperative di pro-duzione e lavoro della provincia di Reggio Emilia, cioèCoopsette, Sirio ed Unieco, entrano in Ciles come soci.

Il dr. Sergio Nasi, presidente di Unieco, assume la pre-sidenza di Ciles. Circa un anno prima il dr. StefanoElisetti era stato nominato vicepresidente. Con un’operazione di solidarietà intercooperativa coor-dinata dalla Federcoop – che vede il contributo econo-mico di Coopsette, Orion (nata dall’unificazione diSirio e Bredil), Unieco, CREI e CCPL – Ciles viene libe-rata dal peso rilevante costituito dalla partecipazionenella società immobiliare “Belfiore” e viene agevolatoun processo di smobilizzo delle attività immobiliari

dirette. Parallelamente, sulversante interno dellacooperativa, si attiva unariorganizzazione e raziona-lizzazione aziendale cheporta ad un ridimensiona-mento occupazionale (l’or-ganico al 31 dicembre 1989è di poco superiore allecento unità) ottenuto senzaricorrere a licenziamenti.Si ridefinisce inoltre la poli-tica commerciale e produtti-va dell’azienda, migliorandoqualitativamente il portafo-

glio e perseguendo concretamente la specializzazionenei settori infrastrutturali e della viabilità. Grazie allasolidarietà cooperativa ed all’impegno encomiabile deisoci lavoratori di Ciles, gli obiettivi di risanamento ven-gono raggiunti: dopo anni di difficoltà il bilancio 1989si chiude in sostanziale pareggio. All’inizio del 1990 ildr. Stefano Elisetti assume la presidenza della coopera-tiva ed Oscar Serri la vicepresidenza. Nell’assemblea dibilancio tenuta in maggio, il geom. Enrico Giovanellisostituisce Serri alla vicepresidenza e viene deliberata ladecisione che porterà all’unificazione mediante incor-porazione di Ciles in Unieco il 31 dicembre 1990.

Lavori di asfaltatura

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Il 9 febbraio 1933, davanti al Notaio Emilio Canali, ungruppo di dodici persone fonda la Società AnonimaCooperativa Nazionale di Lavoro con sede in Baiso.Sciolta coattivamente dal fascismo, si ricostruisce conatto del 25 maggio 1947, ritoccando la ragione socialeda Società Anonima Cooperativa in “SocietàCooperativa Nazionale di Lavoro di Baiso” s.c.r.l.Gli esordi della Repubblica segnano tempi difficili eanche per le cooperative i problemi sono numerosi: l’in-capacità di appaltare lavori di una certa consistenza, lamancanza di una sede adeguata, e soprattutto il protrar-si di una congiuntura socio-economica particolarmentedifficile. In questo contesto la Cooperativa si mostraquale unico punto di riferimento per la comunità loca-le, che si contrappone ad una condizione del lavorocaratterizzata dall’emigrazione e dalla sottoccupazione.

Con la quasi assoluta mancanza di lavoro ed il più ele-vato numero di maestranze mai verificatosi, quasi tre-cento unità lavorative, deve procedere alla spartizionedei pochi lavori presi in appalto, fra le proprie squadredi lavoro. E’ così che si istituiscono turni di lavoro delladurata quindicinale, in modo che, conciliando le esi-genze del lavoro con quelle dei lavoratori, si riesca agarantire un minimo di salario e, quindi, di sussistenzaad ogni socio. Salario che però non veniva percepito ascadenze ragionevolmente prefissate, ma quando lepossibilità economiche lo consentono, vale a dire quan-do la stazione appaltante paga. La gestione cooperativa ha il merito di far risaltare ivalori del rapporto societario attraverso una nuovaorganizzazione del lavoro, che rende responsabile ilsocio, in grado di intervenire realmente nelle scelte per

COOPERATIVA NAZIONALE

DI LAVORO DI BAISO 1933 - 2006

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Lavori di scavo per la realizzazione di muri di sostegno Costruzione di villette a Camandoli (GE) nel 1953

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la gestione e lo sviluppo dell’azienda. Quei fattori por-tano ben presto ad un ulteriore accrescimento dellaforza lavoro e all’acquisizione di appalti pubblici, inquanto l’edilizia privata esistente non era in grado dioffrire ulteiori sviluppi. Alla cooperativa viene affidatala prima commessa pubblica ragguardevole: una siste-mazione idrogeologica nel territorio del Comune diBaiso. Questo lavoro serve come banco di prova, dalquale emergono le capacità esecutive ed imprenditoria-li di una azienda destinata ad affermarsi. Dopo questoprimo lavoro ne seguono altri commissionati da enti

pubblici, e la cooperativa cresce e consolida la propriaimmagine. E’ in questo periodo che si acquisisconoappalti a Genova, Padova, Vicenza, Bolzano, attinentil’edilizia civile ed infrastrutturale. E’ il periodo eroicodella “Muratori di Baiso”, che appartiene alla memoriastorica della cooperativa che dura fino ai primi anni ’60.Gli anni a seguire, fino al ’70, continuano a registrareacquisizioni di lavori fuori provincia in appalto direttoma si sviluppa anche una nuova forma di lavoro, conaltre cooperative consorziate al CCPL. Dal 1970 in poi,terminati i lavori fuori provincia, la cooperativa ritorna

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Ancora una fase di costruzione di villette a Camandoli (GE) nel 1953

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Famiglia Unieco x

sul mercato locale continuando a concorrere agli appal-ti pubblici e privati, ma anche dando origine ad unapropria attività immobiliare, confortata e sostenuta dalnotevole “boom” edilizio di quel periodo. Al volgere delnuovo secolo l’azienda è presente in tutte le attività delsettore riguardanti le opere edili e affini, quali l’ediliziaresidenziale e industriale, le infrastrutture, gli interven-ti di edilizia conservativa e la difesa del suolo, con unadeguato parco macchine per il trasporto delle mae-stranze, la mobilitazione delle merci, macchine da can-tiere ed operatrici per il movimento terra. Sensibile allaproblematica dei centri storici quali punti di aggrega-zione civile e patrimonio dei sedimenti culturali checostituiscono l’identità dei borghi e delle città, sollecitala committenza ad un razionale recupero e valorizzazio-ne dell’ambiente urbano in degrado. E’ infatti sul restauro architettonico che si assesta granparte del lavoro della cooperativa degli ultimi anni,come sulla sua manutenzione e la conservazione.Anche la bonifica e la tutela dell’ambiente sono oggettodi sempre maggiore attenzione, e la costruzione di con-dotte fognarie e di impianti di depurazione ed opere didifesa idrogeologica del suolo, sono visti dall’azienda

come concrete possibilità di lavoro. D’altra parte, suquesto “segmento” del mercato la cooperativa non èall’anno zero. L’azienda si era già significativamenteimpegnata in opere importanti. La duttilità dimostratadalla cooperativa consente alla “Muratori Baiso” di rac-cogliere la domanda di un mercato in continua evolu-zione. Una valida base societaria e finanziaria, unita-mente ad una buona esperienza ed organizzazione, chele permettono competitività, sono le sue armi migliori.Nel 2006, dopo 70 anni di attività, la cooperativa vieneincorporata nel gruppo Unieco.

Amedeo Borghi, muratore, presidenteAdelmo Mazzoli, muratore, vice presidenteIldebrando Costi, bracciante, consigliereEmilio Palladini, muratore, consigliereAlberto Schenetti, carrettiere, consigliereRemo Tirelli, bracciante, consigliereG.Domenico Zanni, muratore, consigliereVittorio Benassi, bracciante, socioGiovanni Carnia, bracciante, socioFrancesco Donadelli, bracciante, socioIrmo Montecchi, cattettiere, socioPalmiro Teneggi, bracciante, socio

I 12 fondatori della Cooperativa

Lavori per la realizzazione di un’autostrada

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Quarta parte

Lungo un secolo, gli ideali e lo spirito della cooperazione

hanno originato e consolidato esperienze di lavoro

e di progresso civile in tutta la provincia reggiana.

Ora arriva il tempo di raccogliere i frutti “unitari”

del percorso storico e culturale vissuto

da tante generazioni differenti.

Nasce così, nel 1985, la cooperativa UNIECO,

che porta a sintesi il meglio delle esperienze

cooperative nel settore edilizio e costruttivo

e si attrezza in modo innovativo per diventare

un soggetto protagonista del mercato globale

del terzo millennio.

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Foto a lato:1994: i presidenti delle varie cooperative che hanno costituito Unieco

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di Massimiliano Panarari

Esiste una mentalità, quella che potremmo chiamareuna vera e propria “forma mentis”, di tipo cooperativo?Sì, è fatta, come ha scritto lo storico dell’economiaGiulio Sapelli, di tre dimensioni originali peculiari, ditre genetici “caratteri distintivi”: «una costitutività sub-culturale politica, una costitutività precipuamente eco-nomica, una costitutività organizzativa». Lo studioso, da sempre, infatti, insiste sulla particolari-tà della cooperazione come caratteristica intrinseca estrutturale di un modo di fare economia “alternativo”(per molti versi, nei fatti e nella vision) rispetto a quel-lo che muove il capitalismo. La peculiarità del movi-mento cooperativo risiede effettivamente e realmentenelle idealità che lo muovono, rendendolo irriducibilealla logica del profitto (concezione prevista e interioriz-

zata proprio da quella che Sapelli definisce la “costitu-tività precipuamente economica” della cooperazione).Ecco perché, anche i momenti complicati o i travisa-menti non possono mai inficiare quanto sempre Sapellichiama il “significato profondo e civilizzatore della que-stione cooperativa, al di là delle sue imperfezioni”. Il ruolo di civilizzazione delle relazioni economiche esociali introdotto dalla cooperazione in quei luoghi(come l’Emilia) in cui essa è fiorita e prosperata rappre-senterà costantemente uno dei meriti essenziali delmovimento che l’ha promosso e la promuove oggi, informe rimodernate; una funzione preziosa e impagabi-le. Una funzione di questa natura ha bisogno di rifles-sione sulla sua provenienza. Ha bisogno di storia. E ilsenso delle storie – anche di quelle di impresa, special-mente se l’impresa ha una natura e una ragione socialespeciale, quale quella cooperativa – diventa compiuta-

UNIECO, IL FUTURO IN OPERA1985 - 2010

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mente tale soltanto invirtù di uno sguardolungo. Ovvero, di unosguardo prospettico,che si posi sugli eventi,i pensieri, le strategie eche racchiuda, comeun grandangolo, lospazio temporale a noipiù vicino. Ovvero, glianni più recenti dell’“avventura” o, se sipreferisce, di quella che potremmo chiamare “l’epopeaUnieco”, dal 1985 sino agli ultimissimi tempi. Uno sguardo lungo volto, come consideriamo giusto, acollocare un’intrapresa vivente, di qualunque naturaessa sia, lungo la profondità del tempo da cui essa pro-viene. Ma, al tempo stesso, aspetto che riteniamoanch’esso decisamente significativo, provando a fornireuna valutazione degli ultimissimi decenni della coope-rativa non con parametri unicamente “storiografici” o“cronachistici”, ma attenti quanto più possibile alladimensione contestuale, al radicamento e al significatopresente di un’impresa fatta di donne e uomini, di per-sone che, per l’appunto operano e sono attive nella lorocomunità e nella società attuale. Perché la continuità,aggiornata, è uno dei valori su cui il movimento coope-

rativo fonda la propriaessenza ed esistenza. E Unieco è una esem-plare espressione della“Provincia cooperati-va”, quel territorio reg-giano che vanta unapresenza e una diffusio-ne capillare di coopera-tive, alle quali va, inparte rilevante, anche ilmerito di avere contri-

buito alla coesione sociale e alla crescita civile dellacomunità locale. Un merito che vanta una storia ultra-centenaria, ma che si rinnova giorno dopo giorno, e lacui importanza per la convivenza nei giorni presentiappare, si può dire, sempre più decisiva. Quella di Unieco è un’epopea che prende le mosse, il 1gennaio del 1985, dall’unificazione di Ircoop di Reggio(1975-’84) e di Unicoop di Correggio (1975-’84), l’attodi nascita e la genesi in senso proprio della coop dicostruzioni (e molto altro). Primo presidente è SergioNasi, già presidente di Unicoop, uno degli assertori piùconvinti e dei “registi” dell’operazione (oltre a esserestato, come viene spesso ricordato, il “primo dottoreassunto in cooperativa”); e primo vicepresidente èFranco Fusoni – che, successivamente, diventerà anche

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L’assemblea dell’unifcazione

Il Cda dal 1987 al 1989

Sergio Nasi (Presidente), Franco Fusoni (vice presidente),Livio Barilli, Emidio Bartoli, Laura Bigi, Teresa Bompani,Tiziano Bonini, Gianpaolo Bottazzi, Luciano Catellani,Rino Codeluppi, Giuseppe Davoli, Ivo Davoli, GianpaoloFerrari, Enzo Grasselli, Ilio Guaitolini, Ivo Masoni,Giancarlo Massari, Massimo Pinotti, Alberto Ravelli, PaoloRozzi, Silvano Zanni.

Il primo Cda di Unieco

Sergio Nasi (Presidente), Franco Fusoni (vice presidente),Agide Lugli, Dino Pantaleoni, Ilio Guaitolini, Livio Barilli,Luciano Catellani, Enzo Grasselli, Corrado Torrenti,Adriano Musi, Emidio Bartoli, Giuseppe Davoli, G. PaoloBottazzi, Alberto Ravelli, Tiziano Bonini, EmilioBianchini, Maria Bertolucci, Giancarlo Massari.

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presidente (dal 1992 al 1994), e si renderà protagonista,tra le varie operazioni, dell’edificazione del primo cen-tro commerciale di Reggio Emilia, il “Meridiana”. Ilocali già della Ircoop, in via Puccini a Reggio Emilia,ospitano la prima sede della coop unificata, che, allafine del 1990, si trasferirà nei nuovi spazi di via BrigataReggio. È quella la fase delle grandi fusioni tra le coope-rative di produzione e lavoro, una stagione che contrad-distingue fortemente il movimento cooperativo reggia-no nel corso degli anni Ottanta.

E Unieco nasce, de facto, dalla seconda importanteondata di unificazioni tra cooperative con storie, tipo-logie lavorative e caratteristiche differenti che, via via,hanno finito per dare vita all’attuale cooperativa di viaMeuccio Ruini, 10. Proprio ai diversi “codici genetici” e connotati di taliaziende, Unieco deve, in gran parte, quella capacità diadattarsi e di introiettare modalità operazionali, proces-si produttivi e mentalità diversificate che, rispetto adaltre cooperative maggiormente “monistiche”, ne confi-

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Famiglia Unieco x

“Sono persone pragmatiche i cooperatori, hanno la cultura delfare, ma hanno questo collante che è il perché fare, perché cosafare, hanno questa attenzione ai problemi e ai bisogni dell’uomoe anche ai sogni delle persone cioè i desideri, la volontà di eman-cipazione delle persone e questo è un tratto di fondo. C’è una particolarità nella proposta cooperativa di coniugareeconomia e socialità che è quella di un impegno sociale non con-siderato semplicemente come carità, il vero impegno sociale non èla carità, il vero impegno sociale è quello che sa aiutare gli altri aintraprendere, a fare da sé. Ne parlavamo prima, un attimo, il punto e il dubbio che c’è ques-ta forza che viene da un radicamento storico, da un radicamentoterritoriale delle cooperative con questa capacità di essere radicatisul territorio avendo responsabilità per il territorio ma essereaperti al mondo avendo una responsabilità che oggi coniuga stret-

tamente il locale con il globale, il fondamentale con il particolare.Ma c’è questo dato che appunto vede nella innovazione, nellacreazione di conoscenza l’altro corollario fondamentale che è ladiffusione di conoscenza, la forma cooperativa è questo, ha succes-so quando appunto riesce non solo a produrre conoscenza ma adiffondere conoscenza e questo credo che sia anche un contributo,un’esperienza culturale che serve anche al nostro paese.Serve a ragionare sullo sviluppo e su un vero sviluppo economicoche per essere tale non basta avere un punto in più del pil devetradursi in miglioramento degli standard della qualità della vitaaltrimenti non è vero sviluppo, e la cooperazione e questo, ed perquesto che io credo abbia un futuro ed è per questo che io credo cheoggi si presenti come la forma di impresa più idonea ad affrontarei problemi del 21° secolo”.

estratto dall’intervento in occasione del Centenario Unieco

di Ivano Barberini

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gurano la peculiarità. Diceva l’indimenticato IvanoBarberini (che fu anche presidente di Eurocoop edell’Alleanza Cooperativa Internazionale) nel libro –divenuto una sorta di ideale testamento spirituale –“Come vola il calabrone”, a proposito di quelli che con-sidera i “pilastri” del progetto cooperativo, che «sonoquattro: un binomio, costituito da libertà e sicurezza si

coniuga con un altro, formato da imprenditorialità epartecipazione, in un rapporto inscindibile. Insieme pongono in sintonia l’iniziativa cooperativacon i grandi problemi del nostro tempo». E specificava: «per l’impresa cooperativa l’imprendito-rialità consiste in una cultura d’impresa che pone alcentro la persona, crea e condivide la conoscenza, con-

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Il depuratore di Nosedo alle porte di Milano

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giunge la produzione alla distribuzio-ne di ricchezza, promuove la coopera-zione tra le cooperative e la creazionedi reti». Nelle parole di Barberini, sitrovano, per molti versi, le motivazio-ni ideali e imprenditoriali alla basedelle varie fusioni da cui scaturiscequesta cooperativa, che accede, divolta in volta, a una condizionedimensionale e operativa più grande,grazie alla quale può misurarsi seria-mente e con maggiore forza sui mer-cati.Lo scenario di fondo in cui avvienel’unificazione del 1985 appare segna-to dalle difficoltà, di tipo economico(vari anni di stasi del mercato edile) edi tipo sociale (con la crisi dei tradi-zionali “referenti” politici e culturali,ovvero la sinistra istituzionale) delperiodo, a cui si sente la necessità,non più rinviabile, di reagire. Ilrischio per certe imprese di mediadimensione è, dunque, forte: non sol-tanto la perdita di consistenti quote dimercato, ma persino problemi ditenuta complessiva. Un contesto cheinduce, pertanto, i gruppi dirigenti aeffettuare una riflessione generale suquella che, in termini aziendali, sichiamerebbe la mission delle impresecooperative di fronte all’evoluzione(e, talvolta, all’involuzione) del mer-cato. L’unificazione diventa, quindi, nontanto e non solo una formula di ade-guamento “tattico” ai mutamenti di

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Famiglia Unieco x

scenario in atto, ma una rispostastrutturale e, quindi, “strategica” adassetti che vanno configurandosi inmodo profondamente differenterispetto alla prassi imprenditiva eimprenditoriale cui erano abituatetalune cooperative. La finalità deigruppi dirigenti delle due cooperativeche si erano fuse andavano chiara-mente nella direzione della moder-nizzazione: si voleva generare un’a-zienda in grado di competere seria-mente sul piano nazionale (e interna-zionale), e con le “antenne dritte” perrecepire e sfruttare adeguatamente lenovità che si sarebbero prodotte divolta in volta in un mercato semprepiù mobile e dinamico (e, come tale,anche difficile e complicato).L’operazione, che avviene in modoautonomo dal Consorzio e dai partitipolitici della sinistra reggiana, non è,naturalmente, una “passeggiata disalute”. Non tutto è “rose e fiori”, male caratteristiche delle imprese coin-volte (per molti tratti, complementa-ri) e la volontà ferma dei gruppi diri-genti di tenere la “barra dritta” con-sentono loro di fronteggiare vittorio-samente le diverse perplessità odobiezioni provenienti dalla basesociale, dalla Lega delle cooperative edai sindacati.Vince, in definitiva, l’idea di costruireun’impresa moderna e un playerimportante dell’edilizia (che ha tra isuoi punti di forza la fornace diDue immagini relative alla costruzione della gal-

leria della Croce a Castelnovo nè Monti (RE)

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Fosdondo), destinato a inserirsi significativamente neiprocessi di espansione costruttiva pubblica e privata enei grandi lavori e grandi opere che, dalla fine deglianni Ottanta, avrebbero ampiamente mutato il voltodelle città, del territorio e delle infrastrutture in Emilia-Romagna e in Italia. Un’azienda in grado di ottenerel’inserimento all’interno dell’Albo nazionale costruttorinella fascia cosiddetta dell’”importo illimitato”, lungol’arco di un decennio nel corso del quale si sarebbe veri-ficato uno sviluppo senza eguali dell’interventismodella pubblica amministrazione dal punto di vista del-l’infrastrutturazione del Paese. Vince, quindi, la volon-tà di strutturare un’impresa che scaturisce da due azien-

de di entità assimilabile, anche contro la visione preva-lente in Federcoop (la quale tendeva a privilegiare esostenere unificazioni tra una coop di dimensioni mag-giori e una più debole), e anche contro la politica.Questa coop, difatti, assai più di altre realtà del movi-mento, si caratterizza per la considerevole autonomiarispetto alla politica e ai partiti della sinistra, con i qualile relazioni e le “cinghie di trasmissione”, ancora neglianni Ottanta, risultavano significative. Lo scarso colla-teralismo è una delle costanti della storia Unieco, stret-tamente intrecciata con la sua storia e natura – aspettoche ne spiega le ragioni – di impresa di produzione elavoro assai più concentrata sulla dimensione industria-le che politica.Cominciavano in quella fase i lavori di grandi dimen-sioni, contrassegnati da caratteristiche innovative (cheoggi rientrerebbero nella ormai conosciutissima dizionedi project financing); una delle prime esperienze inquesto senso, avvenne con l’offerta, insieme ad altreimprese, per la realizzazione del depuratore di Nosedoa Milano, in seguito acquisito e la cui effettiva realizza-zione, dopo un lunghissimo iter procedurale, è avvenu-ta nel 2001-2003. Si trattava, dunque, di candidarsi a effettuare opere inun’ottica, contemporaneamente, di costruzione egestione; un’attività inedita e complessa, una sorta di“isola vergine” e sconosciuta sulla quale la cooperativa,

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L’inaugurazione di un acquedotto a Gibuti

Il Cda dal 1990 al 1991

Nino Tagliavini ( Presidente), Franco Fusoni (vice presi-dente), Emidio Bartoli, Laura Bigi, Rino Codeluppi,Giuseppe Davoli, Ivo Davoli, Gianpaolo Ferrari, EnzoGrasselli, Ilio Guaitolini, Gianni Guidetti, Katia Marzi, IvoMasoni, Giancarlo Massari, Roberto Paterlini, GiorgioPergolizzi, Alberto Ravelli, Valerio Rustichelli, SilvanoValla, Danilo Varini, Silvano Zanni.

Il Cda dal 1989 al 1990

Sergio Nasi ( Presidente), Franco Fusoni (vice presidente),Emidio Bartoli, Laura Bigi, Tiziano Bonini, Rino Codeluppi,Giuseppe Davoli, Ivo Davoli, Gianpaolo Ferrari, EnzoGrasselli, Ilio Guaitolini, Gianni Guidetti, Katia Marzi, IvoMasoni, Giancarlo Massari, Massimo Pinotti, GiancarloPantaleoni, Alberto Ravelli, Paolo Rozzi, Silvano Valla,Silvano Zanni.

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Famiglia Unieco x

prima di altri, si affacciava, con il carico di ansie, aspet-tative, intuizioni e coraggio che caratterizza ogninuova, “temeraria”, intrapresa, che sia umana o di natu-ra economica. Un altro fronte aperto all’insegna dellamedesima volontà di innovazione è quello imperniatosulla logica delle iniziative autopromosse (la modalitàrealizzativa che sta anche dietro i centri commerciali),grandi operazioni per cui, all’interno di un unico con-tenitore, si offriva a una comunità una molteplicità diservizi, di genere commerciale, direzionale e, per l’ap-punto, immobiliare. Una tipologia innovativa che anda-va ad affiancare (e, in prospettiva, a provare a subentra-re parzialmente) l’immobiliare tradizionale. L’idea che siandava diffondendo all’interno del gruppo dirigente erache si dovesse posizionare una parte rilevante dell’atti-vità di impresa su segmenti di mercato maggiormenteinnovativi; una visione lungimirante, i cui esiti e fruttivennero raccolti pienamente, infatti, in seguito, nelcorso degli anni Novanta. I processi di fusione nonsono mai semplicissimi, presentano incertezze, compli-cazioni, variabili di ogni genere; e, tuttavia, visti adistanza degli anni che sono nel frattempo trascorsi,appaiono ora “abbastanza facili”.

Tutti gli attori (base sociale e dirigenza) percepivano l’e-sigenza, o l’indifferibilità, di tale scelta; si comprendevabene, in buona sostanza, la sfida di qualità e riposizio-namento che ne sarebbe derivata. Si cominciò a parlare di questa ipotesi tra la fine del1983 e l’inizio dell’84; e, quando avvenne, il 1 gennaiodel 1985, sia pur, naturalmente, dopo un percorso fattodi decine di assemblee, parve uno sbocco pressochénaturale, un’operazione, giustappunto, “abbastanzasemplice”. Il processo di transizione durò all’incirca unanno, al termine del quale si giunse al giusto amalgamadi linguaggi, saperi, processi, approcci, tradizioni emodalità lavorative. Trascorso un biennio, nessuno“sentiva” o “avvertiva” più la propria provenienza d’ori-gine. Il biennio iniziale è sofferto: vengono chiusi alcu-ni impianti (tra cui quello produttore dei pannelli pre-fabbricati in laterizio), si giunge alla cessione di Coopel6, si incentiva il decentramento di altri settori così daridurre i costi (mentre si procede alla riconversionepresso altre attività e settori interni del personale chelavorava in quei rami dell’azienda), e, per la primavolta, viene presentata istanza di cassa integrazione e siprocede a una serie di prepensionamenti. Il Tribunale di Brescia

L’ospedale di Lecco

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Ma negli anni immediatamente successivi, dal 1987 al1992, Unieco cresce costantemente e rafforza progressi-vamente il suo posizionamento di mercato e produttivo,intraprendendo con decisione quel processo di moder-nizzazione delle funzioni interne di un’impresa coope-rativa che rappresentava una delle spinte fondamentalidel gruppo dirigente che aveva sovrinteso alla fusione. Unieco riesce così a superare l’inevitabile problematicadella duplicazione dei ruoli (derivante dalla fusione), esi dota di un “combattivo” settore commerciale e di unadeguato ufficio di gestione finanziaria, e comincia acoltivare quell’attenzione alle risorse umane che identi-fica un’altra delle sue particolarità più felici (e vincen-ti). In pochi anni, dunque, la nascente Unieco riesce a

definire esattamente quadri, settori e strategie, con unosforzo notevole, che produce rapidamente buona partedei risultati attesi. Nasce così – anche grazie a unmaster organizzato insieme all’Università “Bocconi” diMilano (con materie quali finanza e controllo, organiz-zazione del lavoro, strategie) – un “linguaggio unitario”della nuova azienda, un’identità e una cultura manage-riale comune (anche sperimentando, per la prima volta,le tecniche, già note nelle aziende maggiormente avan-zate, del team building). Nel 1989, viene elaborato ilprimo piano triennale, vale a dire la ratifica manageria-le e direzionale in senso formale della “strategia d’assal-to” e offensiva – indispensabile per non subire il merca-to – che animava la neonata impresa.

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Il quartiere San Polino a Brescia

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Nel 1990, Unieco si trova a dover fronteggiare la crisi,assai pesante, di una cooperativa della montagna reg-giana, la Ciles di Felina. E, rispondendo alle richieste disolidarietà del movimento cooperativo (come è accadu-to anche in vari altri casi), avvalendosi anche del con-tributo di altre cooperative reggiane di produzione elavoro, si fa carico della sua gestione, incorporandolal’anno successivo, mantenendo una sezione di soci conuna settantina di persone e una sede decentrata del set-tore Asfalti nella località dell’Appennino. Quanto avvenne con Ciles non è che una tappa deinumerosi processi di incorporazione e di fusione avve-nuti che costellano le cronache di Unieco, e che hannorisposto a una strategia organizzativa più generale e difondo del movimento cooperativo, che implementava emetteva in pratica il regime di solidarietà su cui si fondal’idea stessa di cooperazione. Ecco perché questa tipolo-gia di policy aziendale rappresenta un vero e proprioleitmotiv della storia di Unieco. Così come una dellequalità essenziali della coop si esprime nella capacità difare alleanze e di sviluppare sinergie e partnership,all’insegna di una visione del fare impresa consensualee fondata sulla valorizzazione delle competenze di altri;come accadrà, per esempio, nel caso di Reggio Emilia,con l’implementazione e la realizzazione del Piano

regolatore generale della seconda metà degli anniOttanta, occasione in cui Unieco collaborò positiva-mente con la Società Cattolica di costruzioni, laCooperativa Cattolica di costruzioni e con l’impresaEdilgrisendi. Intorno al Monte Amiata, la RegioneToscana finanziò in quegli anni un ampio progetto diriconversione di quelle aree (che avevano visto un’inte-sa attività estrattiva dalle miniere di mercurio ormaiesauritesi) nella direzione della costituzione di unafiliera dell’agroalimentare; un processo di trasformazio-ne che venne guidato proprio da Unieco. In quel periodo, la cooperativa si collocò al centro dinumerose realizzazioni importanti, come la partecipa-zione al consorzio di imprese che operarono sullaFalconara-Orte (una commessa di dimensioni assaicospicue, nell’ambito della quale Unieco si occupò dellaparte dei lavori civilistici) e la realizzazione del Carceree del Tribunale di Reggio Emilia, opere di notevole rilie-vo, i due lavori pubblici sicuramente più impegnativi diquell’epoca. Unieco, che collocò la propria sede all’interno delKennedy Center di via Brigata Reggio (dove è rimastaper dodici anni), si impegnò anche per cercare di salva-re l’impresa Degola e Ferretti, la società reggiana piùimportante nel settore edile di quella fase e collaborò in

Il Cda dal 1991 al 1992(incorporazione Ciles)

Nino Tagliavini (Presidente), Franco Fusoni (vice presi-dente), Emidio Bartoli, Laura Bigi, Rino Codeluppi, ClaraCatellani, Giuseppe Davoli, Ivo Davoli, Stefano Elisetti,Adriano Ferrari, Giorgio Fornaciari, Enrico Giovannelli,Enzo Grasselli, Ilio Guaitolini, Gianni Guidetti,Giancarlo Massari, Roberto Paterlini, Giorgio Pergolizzi,Alberto Ravelli, Valerio Rustichelli, Sergio Spadoni,Danilo Varini, Silvano Zanni.

Famiglia Unieco x

Lavori per la costruzione di uno snodo autostadale a Trevi

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modo positivo, sotto il profilo della compravendita diterreni, con la Curia reggiana. Una vision, dunque, improntata sin dall’inizio allaricerca di intese, collaborazioni, partnership che anda-vano al di là della sfera esclusiva del business, nellaconvinzione – una persuasione intrinseca alla storia delmovimento cooperativo, giustamente – che “fare eco-nomia” con altri soggetti rappresenti un modo di inten-sificare le relazioni con il territorio e i suoi attori, senzamettere in campo quelle pregiudiziali che in altri tempiavrebbero giocato un ruolo. Sempre nel ‘90, Sergio Nasi lascia Unieco e viene chia-mato alla presidenza delle Cantine cooperative riunite

(le famose “Riunite”, come le si è sempre chiamate aReggio Emilia); a sostituirlo alla testa della coop di pro-duzione e lavoro è Nino Tagliavini. Si annuncia unperiodo non facile, quello di Tangentopoli, che vedrà,tra il 1992 e il ’94, l’emergere di vicende interne allacooperativa (già indebolita dal crollo del mercato degliappalti seguito all’inchiesta del pool milanese di “Manipulite”) che ne turbano la tranquillità, non da ultimauna non serena diarchia ai vertici aziendali. Infatti, nelfrattempo, era stato nominato alla presidenza FrancoFusoni, che aveva accettato per spirito di servizio, ma lacontemporanea presenza dell’ex presidente non con-sentiva una gestione unitaria. Le dimissioni di Fusoniconducono a una consultazione dei soci dalla quale sca-turisce il nome di Mauro Casoli, attuale presidente di

Il Cda dal 1992 al 1993Il 23/12/1992 si dimette Tagliavini da presidente e diventapresidente Fusoni. Tagliavini rimane consigliere).Nino Tagliavini (Presidente), Franco Fusoni (vice presi-dente), Emidio Bartoli, Laura Bigi, Rino Codeluppi, ClaraCatellani, Giuseppe Davoli, Ivo Davoli, Adriano Ferrari,Giorgio Fornaciari, Ordene Fornaciari, Enrico Giovannelli,Enzo Grasselli, Ilio Guaitolini, Gianni Guidetti, GiancarloMassari, Ivo Masoni, Roberto Paterlini, Giorgio Pergolizzi,Paolo Rozzi, Alberto Ravelli, Valerio Rustichelli, SergioSpadoni.

Il Cda dal 1993 al 1995Franco Fusoni (Presidente), Maria Bertolucci, Laura Bigi,Patrizia Bonetti, Antonio Bononi, Luciano Catellani, RinoCodeluppi, Ordene Fornaciari, Enzo Grasselli, LuigiGuidetti, Giorgio Pergolizzi, Paolo Rozzi, Pietro Serri, NinoTagliavini, Silvano Zaccarelli.Il 26 agosto 1994 viene eletto presidente Mauro Casolidopo le dimissioni di Fusoni avvenute il 24 Agosto.

Il restauro di Palazzo Aldrovandi-Montanari a Bologna

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Unieco, proveniente da una cultura precipuamenteindustriale e la cui persuasione è che una delle ragionidel successo, davvero ragguardevole, della coop neglianni a venire, vada individuata in un gruppo dirigenteche ha saputo raccogliere un’impresa considerata in dif-ficoltà dopo il periodo di Tangentopoli. Si trattò di una stagione complessa e tormentata, pertanti attori economici del nostro Paese, alcuni conni-venti, altri che pagarono per un clima generato da altri,e per colpe a loro non imputabili. Ma la capacità di rea-zione fu esemplare. Dopo la “bufera Tangentopoli”, come già accadutomolte volte nelle loro “vite precedenti”, i cooperatori diUnieco si rimboccano le maniche e tirano fuori alcunedoti essenziali: la flessibilità, l’elasticità, la dedizione,l’intelligenza di vocarsi a lavori e situazioni differenti edi adattarsi anche a cantieri minimi, riuscendo in talmodo a fare fronte alle difficoltà. Andando all’estero, epotenziando le attività internazionali: nel 1993, è statoinaugurato l’acquedotto di Gibuti, un’opera iniziata conla progettazione nel 1990. E dando vita a rami d’impre-sa originali.

Famiglia Unieco x

Nasce nel 1995, infatti, la Divisione Ambiente, il cuiincubatore è Unieco Ecologia, sorta nel biennio 1991-‘92. Potremmo dire che, con un congruo anticiporispetto al diffondersi (oggi acquisito) della centralitàdella cosiddetta green economy (l’economia verde), ilgruppo dirigente di Unieco avesse intuito le potenziali-tà dell’ingresso nel già allora promettente, ma per moltiversi avanguardistico, settore dell’ambiente. Un ingresso non “avventuristico”, naturalmente, mache, comunque, per alcuni versi, si potrebbe indicarecome il frutto di quella che gli anglosassoni chiamereb-bero la serendipity (la “serendipità”, ovvero la sensazio-ne – e la collegata capacità – di fare una scoperta men-tre si stava ricercando altro). Ecco, la “scoperta” del settore ecologico e ambientaleda parte di Unieco rappresenta l’esito di una concomi-tanza di elementi in cui si mescolano vari fattori: dallavolontà di rischiare alla casualità fortunata e, soprattut-to, al sedimentarsi di skills e competenze specifiche inquell’ambito (anche sulla scorta del background diconoscenze tecniche legate al primato Unicoop nellaproduzione di spazzatrici industriali, nato da un incon-tro casuale – le casualità fortunate, giustappunto – conun ingegnere tedesco impegnato nel campo delle spaz-zatrici stradali). Il Business Park a Bologna

L’ampliamento del Mulino Barilla di Parma

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I risultati soddisfacenti della Divisione Ambiente rap-presentano la conferma di quello che è uno dei paradig-mi fondanti delle strategie d’impresa dell’ultimaUnieco, ovvero il “modello divisionale”, divenuto for-malmente operativo nel 2004, dopo un lungo periododi sperimentazione interna. Verso la fine degli anni Ottanta, infatti, la cooperativaera già significativamente articolata in una serie di set-tori (accanto all’immobiliare, stradale, laterizi eambientale), che verranno successivamente formalizza-ti nelle “Divisioni”, le quali caratterizzavano efficace-mente la configurazione attuale della cooperativa:Costruzioni Italia, Costruzioni Emilia, Ambiente,Laterizi e Ferroviario. Si tratta, sotto il profilo manageriale, di un “paradigmamultibusiness”, fondato sull’autonomia gestionale dellecomponenti dell’azienda, che consente la diversificazio-ne produttiva e si radica nella cultura d’impresa piùsentita da parte della dirigenza e del corpo sociale diUnieco, che rimane, rivisitata, una cultura profonda-mente industriale, produttiva, nella quale la finanza

non è demonizzata, ma considerata(come dev’essere) un’“ancella”, un’atti-vità di supporto e servizio all’economiareale. Una cultura (anche se oggi,potremmo dire, “postmoderna”) dacooperativa di produzione e lavoro.Arrivano così gli anni buoni della cro-naca più recente; anni non soltanto dicrescita dimensionale, ma anche di svi-luppo della complessità e di espansionee incremento delle aree di intervento.Unieco si colloca tra le prime dieci real-tà imprenditoriali di costruzioni delPaese, e ricomprende numerose societàcontrollate e collegate che hanno sapu-to evitare l’annacquamento e l’indeboli-

Il decennio degli anni Ottanta è, in tutto il mondo occi-dentale, quello del propagarsi della coscienza ecologica,e l’economia, come sempre accade, ne intuisce rapida-mente le opportunità di sviluppo. La progettazione diinceneritori, depuratori, discariche e impianti di tratta-mento rifiuti diventa, a partire da quel periodo, unaimportante occasione di business. La cooperativa reggiana, che comprende con lungimi-ranza le significative prospettive del settore, dà vita adalcuni progetti pilota in Piemonte e Toscana che costi-tuiranno un ottimo “biglietto da visita” presso enti pub-blici e soggetti privati, documentandone la professiona-lità quasi “ante litteram”. Il debutto avviene con il depuratore diReggio, per l’ex Enia, e di Milano-Peschiera e, successivamente, con larealizzazione di una discarica a Carpi e,subito dopo, di una per rifiuti tossicispeciali a Torino. “Un eco business tra-sparente”, come è stato definito con unsimpatico (e veritiero) gioco di parole,ma anche l’avvio di un percorso di dif-ferenziazione nelle risorse umane inter-ne, poiché a partire da queste esigenzeinedite la cooperativa procederà adassunzioni di ingegneri e personale tec-nico per seguire queste nuove tipologiedi attività.

Il Cda dal 1995 al 1997Mauro Casoli (Presidente), Laura Bigi (vice presidente),Luciano Bertozzi, Patrizia Bonetti, Tiziano Bonini, GiorgioFornaciari, Ordene Fornaciari, Enrico Giovannelli,Gherardo Gherardi, Luigi Guidetti, Gaetano Parenti,Roberto Paterlini, Paolo Rozzi, Enrico Vezzani, SilvanoZaccarelli.

Lavoratori del settore asfalti

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Famiglia Unieco x

Cooperativa Manutenzioni Ferroviarie – entra definiti-vamente nel Gruppo Unieco nel 2000, portando la suacospicua esperienza lavorativa, che l’ha resa la primaazienda nazionale per importanza nel settore dell’arma-mento e delle linee ferroviarie (dalla realizzazione allamanutenzione e al rinnovo), con il record dei quattroquinti della costruzione delle vie ferrate più recenti.

mento dei principi mutualistici iscritti nel codice gene-tico del movimento cooperativo. Come emerge nella vicenda della fusione per incorpora-zione della Società Coop. Lavori Ferroviari di Bologna,operazione portata a compimento nel 1999. Clf – chevanta una storia lunga e gloriosa, iniziata all’indomanidella guerra, nel 1945, con la denominazione di

Il Cda dal 1997 al 2000

Mauro Casoli (Presidente) - Patrizia Bonetti, AvioBrancolini, Graziano Carpeggiani, Luciana Catellani,Gherardo Gherardi, Mara Gianferrari, Luigi Guidetti,Adriano Milelli, Claudio Nepenti, Gaetano Parenti,Giovanni Reverberi, Paolo Rozzi, Roberto Torelli, EnricoVezzani.

I lavori per l’Alta Velocità all’altezza del ponte di Calatrava a Reggio Emilia

Il Cda dal 2000 al 2001(incorporazione CLF)

Mauro Casoli Presidente), Pina Biondi, Patrizia Bonetti,Avio Brancolini, Graziano Carpeggiani, Luciana Catellani,Raffaele Gasparini, Gherardo Gherardi, Mara Gianferrari,Luigi Guidetti, Gian Carlo Massari, Adriano Milelli,Claudio Nepenti, Giuseppe Nicolini, Gaetano Parenti,Giovanni Reverberi, Roberto Torelli, Enrico Vezzani.

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La Clf che giunge all’unificazione con Unieco è unacoop sostanzialmente solida dal punto di vista patrimo-niale e con buone basi e capacità produttive. Clf rappresenta uno dei pochissimi casi (se non l’unico)di cooperativa che esce da un regime di amministrazio-ne controllata (intervenuta nel periodo 1996-1998) inbonis. Va precisato, al riguardo, che la precipitazionenella situazione di amministrazione controllata eraavvenuta non sul core business ferroviario (ambito nelquale ha sempre mantenuto una continuità importantedi leadership di mercato), ma a causa della differenzia-

zione delle attività (dalla tv ad alcune concessionarieautomobilistiche, sino alla Company Service, la primaagenzia di noleggi italiana), che avevano portato Clf adannoverare, nel proprio portafoglio, 25 società. Clf dimostrò una considerevole “forza d’animo” (anchele imprese hanno un’anima) e seppe sfruttare al meglioil contesto che si era andato delineando nella collabora-zione con il colosso olandese Strukton giunto in Italiaper realizzare un grande lavoro, che si confermava peròcontinuativamente in perdita. La coop bolognese scelse di superare l’idea di contrap-posizione nei confronti della grande impresa nordica(di fronte alla quale le altre aziende italiane facevanomuro) e optò per un profilo collaborativo, sfruttandol’occasione per evidenziare la propria bravura e affida-bilità, e per mostrare sul campo i vantaggi che poteva-no derivare da forme di cooperazione. Clf riuscì, con-temporaneamente, nell’impresa di tamponare le perditeesponenziali che affliggevano Strukton e a guadagnare,sebbene si trovasse assoggettata al regime di ammini-strazione controllata. Clf coop dà così vita a una socie-tà per azioni che cede a Strukton per una quota chearriva al 40%; la multinazionale olandese acquista imacchinari dalla cooperativa bolognese, che utilizza larisorse ottenute dalla vendita per pagare i fornitori, e seli fa poi noleggiare dall’impresa partner. Si instaurò cosìuna forma di collaborazione virtuosa tra le parti, checonsentì a Clf di recuperare sufficiente liquidità per tor-

Il Cda dal 2001 al 2004

Mauro Casoli (Presidente), Pina Biondi, Avio Brancolini,Cristina Campani, Guido Carboni, Graziano Carpeggiani,Mauro Casarini, Giorgio Fornaciari, Mara Gianferrari,Eleonora Iori, Gian Carlo Massari, Adriano Milelli,Giuseppe Nicolini, Gaetano Parenti, Giovanni Reverberi,Roberto Torelli, Enrico Vezzani.

La relazione del Presidente Casoli alle celebrazioni del Centenario

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pre più connotanti e identitari, diventando una missionaziendale: produrre valore, difendendo la salubrità deiluoghi e tutelando e riciclando le risorse naturali,accanto alla difesa della salute dei lavoratori e dei citta-dini sulle cui comunità insistono i servizi ambientaliresi dall’impresa reggiana. Nel 2003, il Gruppo Unieco si arricchisce inoltre dellapresenza di Cofar (Cooperativa operai forestaliAppennino reggiano), attiva in campo forestale, nellagestione vivaistica, in lavori di tipo idraulico, nell’agri-coltura di montagna, nella produzione e trasformazionedi prodotti del sottobosco e in possesso di una falegna-meria specializzata in arredi urbani e giochi. Tutto ciò produce una interessante visiting card arric-chita da una formula “tutto compreso” – nella quale,accanto all’edificazione degli impianti rientra anche lagestione di un ventaglio di servizi integrati per l’am-biente – che rappresenterà una innovazione di tuttorilievo (e che tanto esprimerà le sue potenzialità inseguito), ovvero l’anticamera del project financing, cheUnieco è, per l’appunto, una delle prime aziende a spe-rimentare.

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Famiglia Unieco x

nare sul mercato sana e in forze, ristabilendo la situa-zione originaria. Con Clf, Unieco diventa protagonista e soggetto impor-tante dei grandi lavori ferroviari dell’alta velocità. Già presente, attraverso il CCC in Cepav, sulle commes-se ferroviarie dell’alta velocità Milano-Bologna, Uniecosi fece assegnare tutti i lavori di armamento dell’interatratta che, grazie alle competenze di Clf, ha realizzatocon successo, ricevendo considerevoli apprezzamentidall’ente appaltante. Nel 1999, Unieco ha avvertito l’esigenza, anticipandotutto il dibattito dei primi anni del Duemila sullaresponsabilità sociale d’impresa (la cosiddetta CSR,Corporate Social Responsibility), di rendicontare aisuoi interlocutori attraverso il bilancio sociale la pro-pria coerenza con la missione e le finalità mutualistichenel raggiungimento dei risultati contabili dell’anno.All’anno 2002, redige anche il primo bilancio ambienta-le, espressione specifica della diffusione della sensibili-tà per i bilanci di tipo sociale, il giusto coronamento diquella che, sicuramente è una fonte di business per lacooperativa, ma che ha anche via via assunto tratti sem-

La visita al Quirinale in occasione del Centenario Le cooperative reggiane “centenarie” ricevute dal Presidente Ciampi

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qualità e affidabilità d’impresa. Tra gli ultimi nati in“casa Unieco” va inoltre annoverata Uin srl. Nel giugno 2009, la divisione Laterizi & Co. ha acqui-sito da Ccpl un ramo d’azienda dotato di due linee pro-duttive (pannelli e travetti per solai in latero-cemento eautobloccanti di cordoli in cemento). Uin (acronimo diUniecoINdustrie), controllata della casa madre, ha rile-vato da Ccpl impianti, attività commerciali e magazzinoprodotti, e si propone come una risposta al complicatocontesto introdotto nell’economia dalla crisi (globale egenerale) iniziata nel 2008.

1 Giulio Sapelli, Coop. Il futuro dell’impresa cooperativa, Einaudi,

Torino, 2006, p. 77. 2 Ivano Barberini (con Miriam Accardo), Come vola il calabrone, pp.

262-263, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2009.

La finanza di progetto – una tecnica finanziaria che sitraduce in una modalità di realizzazione di opere pub-bliche mediante il coinvolgimento di privati nelle ope-razioni di finanziamento, costruzione e gestione delleinfrastrutture di servizi di pubblica utilità. Una frontie-ra, per così, postmoderna che Unieco ha saputo inter-cettare prima di altri e consapevolmente. Nel 2006 avviene l’ultima incorporazione, che ha peroggetto “Coop Nazionale di lavoro di Baiso” e rispondenuovamente alla duplice logica dell’acquisizione dinuovi saperi e skills produttivi e della salvaguardia dicooperatori lavoratori. Sempre nello stesso anno, Unieco consegue la qualificadi “General Contractor di II livello”, per concorrere eoperare nell’ambito di gare che prevedono importi sinoai 700 milioni di euro, che si va ad aggiungere alle altrecertificazioni acquisite nel corso degli anni, garanzia di

Gruppo di cooperatrici sul sagrato della Basilica di San Prospero

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Famiglia Unieco x

“Stile Unieco” Un’economia autenticamente solida

Leggendo la storia della “galassia Unieco”, quali ten-denze emergono? Quali elaborazioni e tematiche si pos-sono trarre dai decenni di vita di una realtà cooperativache figura tra le teste di serie dell’economia italiana, e lacui raffigurazione sotto le sembianze di un rizomainduce, ragionevolmente a riflettere (in continuità conla suggestione dell’immagine botanica) su quali siano leradici forti e autorevoli da cui essa trae linfa e operati-vità? Unieco si pone come un’impresa cooperativa di“catalizzatori dell’innovazione” (per usare un’espressio-ne di Mauro Casoli).La cooperativa hacostruito parte dellasua neoidentità, attra-verso alcune scommes-se. Ovvero, assi ineditidi azione e l’individua-zione di strade origina-li, e non battute prece-dentemente, da percor-rere. Tra questi, certa-mente, la dimensionedel Piano come sceltastrategica, che non èstata perseguita, inmodo così coerente edesaustivo, da altre coop. Una delle “anime” di Unieco siesprime, difatti, attraverso il rifiuto della logica ribassi-sta e “dimessa” del day by day, e mediante il ricorso allemetodologie della pianificazione, come il PianoPoliennale 2009-2012, uno «strumento di lavoro, occa-sione di crescita culturale e di identificazione valoriale,[che] alimenta nuove energie e le coagula su obiettivicomuni condivisi», cui è affidato il compito di traghet-

tare l’azienda nel futuro prossimo venturo, al di là dellarecessione e della crisi economica in corso dal 2008. E,sicuramente, la green economy, un ambito destinato adiventare, a giudizio di numerosi studiosi ed esperti,una delle modalità principali di riconversione dell’eco-nomia, dopo una certa sbornia finanziaria che, daglianni Ottanta, ha ininterrottamente imperversato nell’e-conomia globale e, quindi, di riflesso, sempre maggior-mente anche in quella locale, nonostante le tradizionicomunitarie fossero di natura differente. E rispetto alla quale, a onor del vero, va ricordato comeUnieco abbia sempre indiscutibilmente privilegiato – incontinuità con quella logica “glocale” che ne marca

significativamente leattività – un approcciodi tipo industriale (e,dunque, come potrem-mo affermare, di “eco-nomia vera”: reale,fondata sulla produ-zione e, in sintesi,estremamente solidain confronto con l’a-leatorietà dei bytedelle transazioni borsi-stiche). Si trattò di un elemen-to decisivo, non daultimo, perché intro-

dusse un’attenzione e una “sensibilità” inedite, e testi-moniò un approccio innovativo, che andava ben al di làdi qualunque idea di pura “crescita conservativa”, tradi-zionalmente associabile ai grandi operatori del settoreedile e immobiliare. Nelle indagini del Romano Prodieconomista industriale, emergeva in modo rilevante l’i-dea del modello renano, ovvero dell’economia sociale dimercato, quale solo capitalismo in grado di assicurare

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un futuro adeguatoall’Europa e di assu-mersi le necessarieresponsabilità colletti-ve. Ecco, il movimentocooperativo va certa-mente considerato allastregua di un’espres-sione e di un attoreessenziale del modellorenano. La cooperativa reinve-ste gli utili e, in questomodo, dà un sensomolto concreto aun’attività di riavvici-namento tra le sfere dell’economia e del sociale, che ilcapitalismo (soprattutto nelle sue versioni successiveagli anni Settanta del Novecento, sotto un certo profilopericolosamente similari a quelle ottocentesche domi-nate dagli “spiriti animali”) tende a separare. E ledimensioni valoriali di democrazia, trasparenza,responsabilità sociale tipiche di una cooperativa (e,quindi, di Unieco) di quel modello renano rappresenta-no altrettante espressioni di fondo. In questo senso,Unieco è certamente una bella e completa manifestazio-ne di cultura riformista dell’impresa. L’intergenerazionalità, ovvero la convinzione di poter

costruire qualcosa diutile e di solido ancheper chi viene dopo, perle generazioni succes-sive, rappresenta unadelle radici costitutivedel movimento coope-rativo. Dimensione chesi collega a una proble-matica per tanti versiinedita nelle implica-zioni e nelle caratteriz-zazioni (sebbene tradi-zionalissima, per cosìdire…), con cui, sem-pre più le imprese e le

organizzazioni – e, dunque, anche le coop – si trovanoa doversi confrontare. E cioè, come ha sottolineato invari suoi lavori Daniele Marini , la socializzazione allefinalità e alla “carta dei valori” aziendali delle nuovegenerazioni. La trasmissione delle finalità nel tempo, almutare dei tempi, e dei connotati delle generazioni,declinando valori che si vogliono (giustamente) peren-ni con la modificazione dei costumi e degli stili di vita.Leggendo la storia (tutta, ma, in particolare, quellarecente, che contiene molti elementi paradigmaticidelle trasformazioni profonde del tessuto produttivo edegli aggiornamenti da introdurre nella vocazionesociale del movimento cooperativo) di Unieco emergecon forza il trittico capacità, merito e valori. Vale a dire,un concerto di ambiti che prevalgono, nel mondo dellacooperazione, su quella competizione individuale che,invece, è programmaticamente la cifra distintiva, insie-me al perseguimento della logica di profitto, dell’impre-sa privata. E che ha prodotto, prima (ma, sfortunata-mente, a dimostrazione della mancata comprensionedella lezione, anche dopo) della crisi economico-finan-

Il Cda dal 2004 al 2007

Mauro Casoli (Presidente), Pina Biondi, Tiziano Bonini,Cristina Campani, Graziano Carpeggiani, Mauro Casarini,Michele Fierro, Giorgio Fornaciari, Paolo Ghizzoni, MaraGianferrari, Eleonora Iori, Giancarlo Massari, GiuseppeNicolini, Roberto Paterlini, Giovanni Reverberi, RobertoTorelli e Enrico Vezzani.

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ziaria comunemente detta “dei subprime”, un incre-mento abnorme e inaccettabile dei bonus di alcuni topmanager e banchieri (in condizioni, peraltro – un tipi-co “effetto collaterale” della visione neoliberista – disganciamento rispetto ai risultati reali da essi prodotti,se non l’innalzamento di azioni e stock options per sestessi e la proprietà, spesso al prezzo di drammaticheriduzione del personale, gli “esuberi” come vengonodefiniti da un certo gergo aziendalese). Di qui, l’idea costante di “investire sulle persone” esulle loro intelligenze: una visione di “apprendimentocontinuo”, di formazione e autoformazione di chi lavo-ra nella cooperativa, che diviene così parte integrante,un momento costitutivo dell’esistenza e del senso stes-so dell’organizzazione.

Accrescere il “potenziale cognitivo” (questo, in definiti-va, significa l’insieme di competenze e facoltà professio-nali, unito all’intelligenza di ciascuno) delle persone –ovvero ciò che Unieco, pur nelle difficoltà di ogni siste-ma umano, fa quotidianamente – rappresenta anche unmodo di essere fedeli e di tradurre concretamente inpratica la nozione di intergenerazionalità cooperativa. Unieco si pone costantemente la problematica decisivadel passaggio di testimone e della continuità generazio-nale, e con i suoi “vivai” e le esperienze di formazione,ha messo al centro delle proprie attenzioni anche iltema della crescitae del ricambio con-tinuo del gruppodirigente interno.

Due immagini del Fidenza Village

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Una tematica non da poco in un sistema di stakeholderse rappresentanze politiche ed economiche che, in modomalinteso, ha a volte equivocato la funzione dei gruppidirigenti, che, in modo un po’ autoreferenziale, si sonopensati come “insostituibili” o “eterni”. Non è questo il caso di Unieco, che ha puntato da sem-pre sulla crescita dei ruoli dirigenziali interni (mentre,sulla scorta degli anni Ottanta, ancora loro, qualchecoop si era innamorata a sproposito dell’idea del “gran-de manager” esterno). Il processo di valorizzazione difigure nuove e di distribuzione dei nuovi ruoli è avve-

nuto sostanzialmente senza traumi. Insomma, se dasempre, e specialmente in sistemi molto coesi e concaratteristiche di forte stabilità come quelli alla basedell’Emilia-Romagna, si pone in modo rilevante il temadel ricambio dei gruppi e ruoli dirigenti, Unieco haavvertito sempre in modo sereno e fruttuoso la centra-lità della questione. “I più vecchi hanno aiutato i giovani e i giovani hannotratto il meglio dall’esperienza dei più vecchi”: è unaconsiderazione che si adatta perfettamente al “modelloUnieco”. Naturalmente, gli aspetti critici esistono.Come notava Amus Fontanesi – sempre rimpiantacoscienza storiografica della cooperazione reggiana edemiliana (e responsabile del settore edile di Federcoop

quando Unieco muoveva i primi passi) – nel suo lavorosu La Famiglia Unieco, «con la crescita della dimensio-ne e della qualità imprenditoriale diventa più comples-so il rapporto sociale nella cooperativa. Sotto la spintadi una società in evoluzione, cambiano i bisogni deisoci. Diventa molto più articolato lo stesso corpo sociale.L’esigenza di partecipazione richiede nuove risposte.Nasce di qui la necessità di capire, anche su questofronte, la novità: un nuovo orizzonte tutto da esplora-re». La mutazione della base sociale è, infatti, una que-stione centrale per il futuro del movimento cooperativoe di Unieco, cooperativa che è stata sempre guidata daisoci, e non eterodiretta. E non si tratta di una problema-

Il Cda dal 2007 al 2010Mauro Casoli, Cristina Campani, Mauro Casarini, SandraCasini, Rino Codeluppi, Giorgio Fornaciari, PaoloGhizzoni, Eleonora Iori, Giuseppe Nicolini, GaetanoParenti, Roberto Paterlini, Uber Pignedoli, GiovanniReverberi, Enrico Vezzani, Tullio Vincetti

L’asilo promosso da Unieco a Belo Horizonte (Brasile)

Approvazione del bilancio 2007

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tica di facile risoluzione, al pari di quella del manteni-mento di un’energia elevata di partecipazione e demo-crazia interna. Ma è un tema che Unieco ha cominciato ad affrontare,all’insegna del suo metodo di lavoro, ispirato ancorauna volta alla coerenza e all’applicazione di paradigmisemplici; la stessa logica che ha deciso di seguire nelsuo lavoro quotidiano. Attraverso un percorso di condivisione, assai più cheseguendo una logica di“comando e controllo”,l’Unieco degli ultimis-simi anni pare avereimpostato la sua visionaziendale sulla concre-tezza sul “buon senso”(con tutto quello chene consegue) comestile di lavoro e cifradel “fare impresa”. La cooperativa si è cosìallontanata da unacerta tipologia di com-messa e domanda pub-blica (quella “stileappalti Anas”, per intendersi), e ha rivolto la propriaattenzione verso lavori di scala minore, meno “altiso-nanti”, e più strettamente industriali. Di qui, la vera epropria opportunità rappresentata da Clf, che ha con-sentito al “sistema Unieco” di “vivere” l’esperienza del-l’alta velocità, che, al di là dei giudizi specifici, ha certa-mente rappresentato la stagione più importante nelcampo delle opere pubbliche (dotate, per soprammer-cato, di contenuti tecnologici avanzati) dell’ultimodecennio e oltre, e che ha assicurato volumi rilevanti. E, dunque, “più” ambiente e immobiliare, sia pure in“stile moderato” e non aggressivo come hanno scelto di

fare altri soggetti economici e cooperativi, particolar-mente negli anni Novanta, e soprattutto più mercatopubblico. Insomma, Unieco ha privilegiato – pur nellanotevole diversificazione delle sue attività – quella chepotremmo chiamare la “logica del buon padre di fami-glia”, maggiormente attenta al buon senso rispettoall’immagine, privilegiata da una larga parte del mondoimprenditoriale italiano. Nel 2004, al Teatro “RomoloValli” di Reggio Emilia, viene celebrato il primo cente-

nario della “galassiaUnieco”. Un appunta-mento importante,che, nell’ultima fase,viene raccontato beneanche dalle cifre (nonaridi numeri, ma reso-conto di storie): dai130 miliardi delle vec-chie lire (ultimo bilan-cio firmato da Nasi) ai600 milioni di euro delbilancio più recente.Tra l’uno e l’altro scor-re la vita recente diuna delle più grandi

imprese cooperative del Paese. Una coop alla quale siattanaglia bene lo slogan del “Ritorno al futuro”, non acaso, il titolo – e, soprattutto, il tema – dell’assemblea dibilancio 2008, momento di raccordo tra la conclusionedel Piano poliennale 2005-2008 e il debutto del nuovoPiano 2009-2012.

1 A cura di Daniele Marini, Il lavoro in un’impresa di valore. Le coope-

rative di produzione e lavoro in Italia, Venezia, Marsilio, 2008. 2 A. Fontanesi (a cura di), La Famiglia Unieco, Comma, Reggio Emilia,

1994.

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CLFCooperativa Lavori Ferroviari

L’attività della Cooperativa Lavori Ferroviari inizia nel1945 come Cooperativa Manutenzioni Ferroviarie.Successivamente, nel 1976, si fonde con la Cooperativa“Silvestri” di Modena e con la Cooperativa Armamento eManutenzioni Ferroviarie costituendo così la C.L.F –Cooperativa Lavori Ferroviari. L’esperienza di tutte e tre le cooperative si era modellata,quasi a carattere artigianale, nell’ambito degli appaltiper i lavori di ricostruzione post-bellici tramite i rispet-tivi Consorzi Provinciali delle Cooperative di Produzionee Lavoro.La situazione rimane stazionaria fino ai primi anni ses-santa, quando subentra un deciso processo di meccaniz-zazione favorito anche dagli incentivi promossi dalMinistero dei Trasporti.

Con la meccanizzazione la potenzialità delle 3 coopera-tive accresce notevolmente; si ipotizza perciò fino dallametà degli anni ’60 la possibilità di un’unificazione perfavorire la costituzione di una forte struttura cooperativaed accedere così ad appalti di maggior importo. In attesa di una formale unificazione si mantiene un cor-retto comportamento di rispetto territoriale nell’appaltodei lavori con scambi di informazioni e utilizzo incomune delle attrezzature. Nell’aprile del 1975, dopo ilsuperamento di comprensibili resistenze, le tre assembleestraordinarie delle cooperative deliberano l’unificazionemediante l’incorporazione nella CooperativaManutenzioni Ferroviarie di Reggio Emilia, che assumeil nome di “Cooperativa Lavori Ferroviari” e trasferiscela propria sede a Bologna.

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Nello stesso periodo si dà inizio ad un programma diinvestimenti che ha permesso alla CLF di collocarsi aimassimi livelli di potenzialità nel proprio settore dilavoro. Allo stesso tempo si registra anche la progressiva espan-sione della base sociale e delle collaborazioni nel fer-rarese, nel mantovano e in Veneto.Nel 2000 CLF entra poi a fare parte del Gruppo Uniecoe viene ricostituita come CLF S.p.a. (Cooperativa lavoriferroviari) ed oggi, con i suoi 227 dipendenti, è la piùgrande azienda italiana operante nel settore dell’arma-mento ferroviario e metropolitano ancora in pieno svilup-po. La CLF dispone di una struttura tecnico produttiva alta-mente specializzata con una capacità di analisi e pro-grammazione che le permettono di affrontare i lavori piùcomplessi, sia di manutenzione che di rinnovo dellecostruzioni delle strade ferrate. Circa l’80% delle nuovecostruzioni sono state realizzate, in Italia, da CLF.I sistemi di lavorazione altamente specializzati associatia mezzi tecnologicamente avanzati permettono di rag-giungere importanti risultati: alta qualificazione dellaproduzione, accrescimento continuo delle professionalitàimpegnate nella gestione ed attuazione dei lavori, miglio-ramento complessivo dell’organizzazione, della sicurezzae delle condizioni di lavoro.

Ermes Garavaldi (1976-77)

Luigi Boni (1977-1980)

William Tavoni ( 1980-1986)

Corrado Torrenti (1986-1992)

Sandro Bonvicini (1992-1995)

Giuseppe Neri (1995- )

I presidenti

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COFAR Cooperativa Operai Forestali dell’Appennino Reggiano

COFAR si costituisce nel 1974 a Castelnovo né Monti conil contributo e l’apporto in forme diverse di organi politi-ci e sindacati del Comprensorio montano dell’Appenninoreggiano, della Lega e della Confederazione delleCooperative. Si tratta di una scommessa ardita – è laprima cooperativa del genere in Italia – ma che porta consé caratteri profondamente innovativi e lungimiranti.Nella cooperativa confluiscono da subito operai giàdipendenti dell’Ispettorato Dipartimentale delle Forestedi Reggio Emilia ed alcuni tecnici del settore, ma scopodell’operazione è comunque quella di unire la forza pro-duttiva (in quel periodo solo braccia) dei lavoratori fore-stali dell’Appennino per garantire lavoro ed accrescere leopportunità di sviluppo della montagna.L’obiettivo è quello di assumere lavori di forestazione edifesa del suolo, di gestire vivai ed attività agricole tipi-che dei territori montani, oltre ad una falegnameria perla costruzione di arredi urbani e giochi in legno.Per molti anni la mission aziendale resta immutata manei primi anni ’90 la cooperativa si trasforma gradual-mente in impresa generale per il verde e per l’ambiente.Un passaggio che si attua grazie ad investimenti mirati

in attrezzature e moderne tecnologie, ed in acquisizionidi sempre maggiori conoscenze tecnico-professionali.

Nel 1994 si separa l’attività della falegnameria e si creauna nuova società (ARCA LAND S.p.A.), ponendosi l’o-biettivo di lanciare sul mercato interregionale una produ-zione che, sino a quel momento, era limitata ad unristretto ambito territoriale. Il mercato di COFAR siamplia anche in diverse regioni (Toscana, Liguria,Piemonte ed altre) ed il portafoglio clienti acquisisce conil tempo committenti prestigiosi come i Comuni di Torino,Milano, Genova, Firenze, la Snam, Enel ed altri ancora.E’ poi del 1997 l’avviamento di una società con privatiper la gestione di un vivaio forestale nella zona montana,che va ad integrare le attività principali dell’azienda.

La svolta che conduce all’”età della maturità” risale al2003, con l’ingresso nel gruppo Unieco, un passaggio chesi attua comunque nel solco dei valori e della tradizioneoriginaria della cooperativa e che le garantisce unampliamento delle competenze e delle opportunità di cre-scita e sviluppo.

(1974-2003)

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COFAR non viene assorbita interamente, ma vivrà inpiena autonomia all’interno del Gruppo: una scelta chesalvaguarda il marchio, il quale aveva conquistato un suospazio di mercato, e che rimarca la volontà di presidiaresettori particolari quali quelli del verde e dell’assettoidrogeologico, fortemente complementari alle attivitàUnieco.Le moderne capacità produttive spaziano dai nuoviimpianti boschivi alla preparazione del terreno, dallecure colturali ai piani di rimboschimento, dagli interven-ti di forestazione naturalistica al miglioramento dell’atti-vità sentieristica. Più precisamente oggi COFAR opera nei seguenti 4 settori:- Forestazione tradizionale, che resta l’attività prevalente- Difesa del suolo e recuperi ambientali (ingegneria natu-ralistica)- Costruzione e manutenzione verde pubblico e privato- Produzione e montaggio di arredi e di giochi per parchie giardini e di arredo per uffici in legno massello.

In diversi di questi settori il mercato di riferimento haormai superato i confini provinciali e COFAR è diventa-ta leader anche in Liguria, Toscana, Piemonte ed è pre-sente, più saltuariamente, anche in diverse altre regioni.Significativo in questi ultimi anni l’ingresso in cooperati-va di molti giovani, un fattore che, unitamente alla cre-scita della sensibilità sui temi ambientali e alla qualitàdella vita, garantisce un futuro solido e nuove e diverseopportunità di lavoro. Dai più semplici, come lo sfalcio di un prato, ai più com-plessi, come la creazione di un giardino su di un terrenonudo o cure particolari alle piante come la dendrochirur-gia. Molti sono anche i casi in cui viene richiesto un ser-vizio completo: dal progetto alla realizzazione fino allamanutenzione.COFAR è stata incorporata in Unieco nel 2003.

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AppendiceLA COMUNICAZIONE IN “STILE UNIECO”

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Oggi

Ieri

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PREFAZIONEdi Romano Prodi

INTRODUZIONEdi Mauro Casoli

PRIMA PARTECooperativa Muratori e Braccianti di Reggio Emilia (1884-1889)

Cooperativa Muratori di Reggio Emilia (1889-1974)

Cooperativa Muratori di Bibbiano

Cooperativa Muratori di Barco - Edilcoop

Cooperativa di Lavoro fra Braccianti, Muratori e Birocciai di San Polo

Cooperativa Muratori di Montecchio - Cooperativa Edile Val d’Enza

Cooperativa Muratori ed Arti Affini di Vezzano sul Crostolo

Cooperativa Muratori di Quattro Castella e Ville

IRCOOP

SECONDA PARTECooperativa Muratori e Affini di Bagnolo in Piano

Cooperativa Muratori di Campagnola

Cooperativa Braccianti di Correggio

Cooperativa Muratori e Manovali di Correggio

Cooperativa Edile Stradale Correggio

Cooperativa Fornaciai di Fosdondo

Cooperativa Muratori di Rio Saliceto

UNICOOP

TERZA PARTECooperativa Nazionale Muratori e Manovali di Carpineti

Cooperativa fra Operai di Gatta e di Villa Minozzo

CILES - Cooperativa Intercomunale Lavoratori Edili e Stradali

Cooperativa Nazionale di Lavoro di Baiso

QUARTA PARTE UNIECO: il futuro in opera

di Massimiliano Panarari

APPENDICE

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Finito di stampare gennaio 2010

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