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La passione colora la vita ..per non smarrirsi nelle strade buie della depressione Meri Lolini
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La Passione Colora La Vita di Meri Lolini

Jan 22, 2018

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La passione colora la vita..per non smarrirsi nelle strade buie della depressione

Meri Lolini

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La passione colora la vita

…per non smarrirsi nelle strade buie della depressione ...

Meri Lolini

La Narrativa di Harmakis06

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© Tutti i diritti riservati alla Harmakis EdizioniDivisione S.E.A. Servizi Editoriali Avanzati,Sede Legale in Via Del Mocarini, 11 - 52025 Montevarchi (AR)Sede Operativa, la medesima sopra citata.

[email protected]: Universal Book

I fatti e le opinioni riportate in questo libro impegnano esclusivamente gli Autori.Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale.Possono essere pubblicati nell’Opera varie informazioni, comunque di pubblico dominio, salvo dove diversamente specificato.

ISBN 978-88-98301-13-3

Finito di stampare Febbraio 2015© Impaginazione ed elaborazione grafica: Sara Barbagli

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INTRODUZIONE

Scrivere significa dare un senso alle emozioni, alle sensazioni che mi hanno fatto compagnia fino ad ora e hanno contribuito alla costruzione della mia personalità e di tutta mia esistenza. Ritengo che senza la sensibilità, capace di scuotere le menti e gli animi, l’essere umano non può vivere pienamente la propria umanità. Credo che la nostra vita acquisti un andamento armonico e sia in grado di intonarsi con il coro dove viene cantata la vita degli altri se viene accordata con un “la” speciale che è la passione. Essere appassionati da qualcosa o per qualcosa significa impegnarsi con la gioia di fare ed essere contenti di questo. Le nostre passioni ci rendono meno monotono il quotidiano, e l’interesse che mettiamo per compierle ci gratifica durante lo svolgimento. Esistono passioni diverse da quelle artistiche o di natura scientifica a quelle per qualche disciplina sportiva che ci raffigurano l’insieme dell’umanità vario e vivace. Qui troveremo racconti sia autobiografici che non, descrizioni di avvenimenti divenuti pubblici per caratteristiche diverse, e tutti questi argomenti saranno introdotti da un aforisma, che sarà la fonte di riflessioni o il pretesto per parlare di alcune manifestazioni dell’uomo. L’aforisma, una massima di un autore noto, è utilizzato come introduzione del pensiero e del tema che si svilupperà in quel racconto. Il filo conduttore di tutti questi episodi è la passione, che li unisce è ritenuta l’elemento più importante per la vita dell’uomo.

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Questo ingrediente magico della vita è presente in tutto l’avvicendarsi dell’esistenza ed è stato e sempre sarà il fuoco da tenere acceso nella nostra anima, per dare un valido sviluppo all’espletarsi delle nostre azioni sia materiali che del pensiero. La passione dà colore alla nostra vita e la vivacizza per renderla più umana con le emozioni che ci dona. Mi scopro, ogni giorno di più, tifosa della passione in tutte le sue espressioni e credo fermamente che questo sentimento sia stato il motore che ha mosso le coscienze facendo emergere sia pensieri importanti che la realizzazione di grandi opere artistiche e letterarie. Senza la passione di illustri scienziati non ci sarebbero stati progressi nella medicina, nella chimica e in tutte le altre discipline scientifiche che hanno migliorato la vita dell’essere umano con la cure di gravi malattie ed epidemie. Perché parlare della passione? Sicuramente per diffondere questo credo e ribadire l’importanza di impostare la vita su questa scia, che come nel mare aperto segna la via per poter solcare le onde alte della quotidianità. Per non farsi travolgere dall’oceano grande e cupo del pessimismo e dare luce, come un faro, allo specchio di mare della nostra esistenza. Appassioniamoci alla vita e nonostante le prove e le fatiche che dovremo affrontare cerchiamo la forza con il timone della speranza e la vela della tenacia mossa dal vento della passione, che difficilmente ci tradirà se veramente l’abbiamo coltivata.Con questo mio racconto ho l’intenzione di stillare gocce di ottimismo, aiutata nel mio intento da grandiosi poeti e filosofi, che mi hanno fornito l’attacco giusto per la sinfonia della vita nel concerto del mondo.

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PASSIONE

Ad ogni essere umano è consegnato un bene importante: “la vita”. Per i credenti questo bene è consegnato dal Creatore, per gli atei dalla combinazione genetica dei propri genitori, ma in ogni caso la vita c’è. C’è già la vita, come periodo nel quale l’uomo può decidere il suo comportamento, mettere in atto azioni più o meno nobili e svolgere attività di qualsiasi genere. C’è la vita, scorrere delle quotidianità dalla sua nascita alla sua morte, con le emozioni che si genereranno nel suo animo e nel suo cuore e che saranno le artefici delle sue azioni e delle sue decisioni. Si può vivere in maniera passiva, accettando in modo rassegnato il succedersi degli eventi senza partecipazione e con ignavia, quasi estraniandosi da sé stessi per pigrizia e per scarsa stima di sé. Esiste un ingrediente magico nella nostra profondità, che se coltivato amabilmente può essere determinante per noi e per chi ci sta accanto. Darà a tutti noi quel “non so che” che ci renderà interessati ed interessanti agli occhi del prossimo.Credo che questo pizzico di qualità “sia la passione” per le cose, per le attività, per i sentimenti che ci ruotano attorno.

Mi piace questo aforisma di Beltasar Graciàn sulla passione, che recita così: La passione tinge dei propri colori tutto ciò che tocca. Così immagino che la vita vissuta con passione sia celeste ed aleggi leggera intorno a colui che la disegna con tanto amore per questo alito

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profumato di rosa che respira, appunto nella vita. Il rosso è il colore adatto alla passione che vive una madre per i suoi figli, che partorisce con tanto dolore e che è pronta a difendere da ogni possibile pericolo in ogni istante fino a quando vivrà. Le passioni che si palesano nella vita vanno dalle più arcane alle più pratiche e materiali, ma tutte concorrono a migliorare la nostra esistenza e la nostra identificazione agli occhi degli altri. I colori delle passioni potrebbero essere scomposti con un prisma ottico come la luce bianca, che appunto si rivela composta da tutti i colori dell’arcobaleno che si staglia nel cielo dopo un temporale. Sì è propro così: quando noi nasciamo penso che la luce della nostra “passione” sia bianca, poi ogni giorno della vita vediamo ed impariamo qualcosa che orienta a poco a poco le nostre energie verso una cosa piuttosto che verso un’altra. Ecco che il nostro prisma ottico comincia a scomporre la quella luce bianca e noi inizieremo a seguire un interesse, a fare alcune cose o a pensarne altre. E così si delineerà, come il tratto di un evidenziatore colorato, il nostro percorso di vita e noi saremo identificati da quei colori che sono i nostri e guai se li perderemo: significherebbe rimanere al buio, la luce bianca vergine non si può ricomporre. Bisogna amare e coltivare le nostre passioni perché saranno la nostra forza quando ci sentiremo stanchi, ci faranno vedere quando saremo “ciechi” davanti alle strade della nostra vita. Basterà avere un briciolo di forza per schiudere una palpebra e quel colore ci guiderà nello smarrimento del momento. E’ doveroso essere appassionati alla vita, per non smarrirsi negli abissi bui della depressione. La passione sarà la chiave di volta per aprire la porta agli interessi che ci faranno stare bene. I colori che con i loro toni si contrappongono delineano percorsi diversi e ci obbligano a prendere le decisioni a schierarci da una parte piuttosto che da un’altra.

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Pensiamo alla politica che identifica spesso i suoi ideali in colori che sono diventati per i cittadini riconducibili a sistemi più o meno democratici. Nell’arte, le tonalità ed i simboli che denotano i dipinti, hanno fatto vibrare il cuore di tante persone che hanno visitato mostre superbe di pittura e dato il vento alle ali della fantasia nelle loro menti stimolate da quelle bellezze.Quanti amori sono sbocciati ammirando un tramonto, dove un sole infuocato si tuffava in un mare indaco quasi a cercare la voglia di continuare a vivere il domani senza morire del suo incendio? Quindi le cose che ci appassionano colorano la nostra vita, la illuminano e ci rendono vivi, più amabili ed amati, perché grazie a queste limitiamo i nostri egoismi ed apriamo agli altri i nostri sentimenti. Appassioniamoci alla vita e a tutto quello che c’è nel suo grande forziere pieno di tesori importanti, che ci arricchiranno continuamente.

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LA PASSIONE NON OTTIENE mAIIL PERDONO

Pier Paolo Pasolini

In questa massima dell’esimio poeta e scrittore trovo una verità illuminante. Quando provi una passione, di qualsiasi tipo essa sia, questa ti costringerà a rincorrerla, a perpetrarla e senza mai liberartene pienamente. Ti occuperà la mente come un bisogno continuo, quasi maniacale, di realizzarla ed onorarla, e se dovessi trascurarla non sarai mai perdonato né da te stesso né dagli altri, che sanno e conoscono la tua passione. Non sarai giustificato se sbaglierai nei suoi confronti. Ogni passione ti connota nel fisico e nella mente e traspare attraverso te. Una passione così forte può manifestarsi nei confronti di una professione, o di un passatempo, che ti ricompensa della tua fatica e delle energie spese in sua compagnia e con una sensazione che ti fa sentire vivo.Credo di essere presa anch’io da una passione che non mi perdona mai e mi accompagna dall’età di dodici anni. Era ottobre e avevo iniziato l’anno scolastico della mia seconda media. Mi recai con mia madre ad acquistare i libri per la scuola e tra tutti mi colpì quello di scienze per la sua copertina. Era colorata e si distinguevano le foto di pesci, distribuite lungo tutto il perimetro della copertina, ma al centro c’era quella di un microscopio circondato da provette in vetro che contenevano diverse sostanze di colore azzurro,

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giallo e verde. Presi il libro in mano quasi per vedere meglio quelle immagini. Ad un tratto udii la voce del libraio, che mi riportò alla realtà dicendomi: “Ehi! Mi dai questo libro che lo devo mettere nel pacco insieme agli altri!Mia madre si scusò con lui, dicendo che a volte mi incantavo a guardare le cose, poi aggiunse: “Lei è curiosa e quando vede qualcosa che le piace, vuole subito guardare… scusi di nuovo!” L’uomo incartò i libri e così tornammo a casa.Durante la prima lezione di scienze, fui attratta dall’argomento sulla composizione delle cellule. L’insegnante ci disse che per vederle era necessario proprio quel microscopio che era sulla copertina del libro. Allora le chiesi se quei contenitori in vetro erano necessari a qualche cosa. La professoressa ci spiegò che quelle erano provette e contenevano delle soluzioni fatte con sali, e concluse che le avremmo studiate nella parte di chimica. In me scattò una curiosità grandissima. Quando arrivai a casa cominciai a guardare la parte che trattava la chimica in quel libro e qui lessi come fare per eseguire qualche esperimento. Cominciai a sciogliere il sale da cucina nell’acqua di un bicchiere, provai ad aggiungere qualche goccia di alcool e a poco a poco entravo in quel mondo sconosciuto. Camminando in una strada vidi spiccare nella vetrina di un negozio di giocattoli, tra tante confezioni colorate, ma tra tutte una grande scatola con la scritta “IL PICCOLO CHIMICO” e subito realizzai che dovevo averlaArrivò il Natale e chiesi ai miei genitori quel regalo, ma loro non risposero subito, finché la mattina dell’Epifania il mio babbo non riuscì a dirmi di no. Così uscì e rientrò con quella fantastica scatola. Mentre lo scartavo lui mi diceva: “L’ho comprato solo perché mi dispiaceva dirti di no. Guarda che non è un gioco da femmine, quindi non esagerare!” Seguivo passo passo le istruzioni degli esperimenti e potevo usare

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il fornellino a spirito solo se c’era mio padre. Ma ragazzi... quanto mi divertivo con tutti quei sali da sciogliere, quelle miscele da mescolare! Quindi la passione che mi accompagna da sempre è la chimica, con il suo laboratorio e tutti gli strumenti che ogni giorno uso per le analisi, sia routine che di ricerca ed approfondimento.Così appena terminata la scuola dell’obbligo mi iscrissi all’Istituto Tecnico per Periti Chimici e nei cinque anni che seguirono studiai con grande impegno e passione, ottenendo sempre risultati eccellenti.Mi ricordo che appena terminato l’esame di maturità mi ritrovai a valutare alcune ipotesi di possibili sbocchi lavorativi e di studio.

La luce del sole filtrava attraverso le chiome dei pini, il celeste del cielo si contrapponeva al verde che le foglie aghiformi espandono lassù. La brezza soffiava leggera, il frinire di qualche cicala solcava il silenzio di quei caldi pomeriggi estivi. Io ero sdraiata in pineta e lo sguardo seguiva quel sovrapporsi di colori, i pensieri erano liberi, mi stavo godendo quella pace dopo l’esito degli esami di maturità. Dovevo valutare e decidere cosa fare… da grande. Con il mio diploma potevo lavorare, oppure proseguire gli studi. Entrambe queste soluzioni comportavano decisioni importanti: se scegliessi di lavorare dovrei lasciare questo paese, ma sarebbe lo stesso se andassi all’università. Quindi le due scelte avevano una cosa in comune… lasciare la mia casa. Però se lavorassi sarei indipendente ed eviterei ai miei genitori di fare sacrifici. I pensieri mi facevano compagnia, mentre i miei dubbi mi lasceranno appena una delle situazioni prenderà corpo. La brezza marina era come uno scrigno di odori, che agitandosi porta ora il profumo della salsedine, ora quello della resina che sta trasudando dalle piante. Sono questi piacevoli amici che mi hanno accompagnato nella mia

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giovinezza, ed in quei momenti si manifestavano prepotentemente ai miei sensi quasi a volermi trattenere in quella realtà stupenda, ma forse troppo stretta per i miei sogni di donna.Pensai di non scartare nessuna delle due soluzioni, però prima avrei provato a cercare lavoro e poi avrei deciso definitivamente.Così arrivò la fine del caldissimo mese di agosto e un venerdì mattina squillò il telefono: la mamma mi disse che stavano cercando me.Presi la cornetta e dall’altro capo un uomo con la voce profonda e decisa iniziò a farmi qualche domanda di circostanza e poi mi chiese di presentarmi presso la sua azienda per sostenere un colloquio. Dopo alcuni istanti di perplessità realizzai che mi stavano offrendo un posto di lavoro.Il signore mi salutò e riattaccò, la telefonata si concluse con gli accordi per il colloquio. Ricordo lo sguardo preoccupato e meravigliato di mia madre, era lì accanto a me e sicuramente aveva capito che sua figlia era ormai grande e avrebbe deciso per il suo futuro. Dopo aver raccontato ai miei quello che mi aveva detto quel signore, dissi loro che lo avrei incontrato. Nei giorni seguenti, ripensando a quello sconosciuto, cercai di dargli delle sembianze e di immaginare cosa mi avrebbe chiesto per valutare se ero adatta a quel posto di lavoro. Io avevo vissuto in un paese dove tutti si conoscono e avrei dovuto affrontare un viaggio in treno fino a Firenze per incontrare persone estranee… bene, un po’ di paura mi faceva compagnia.Ero abituata a vivere sul mare, e specialmente in estate non si usavano abiti eleganti, come quelli indossati dai villeggianti, che venivano dalla città. Non sapevo come vestirmi: come mi sarei dovuta comportare per far buona impressione a chi non conoscevo?Alla fine trovai una soluzione per stare tranquilla: avrei indossato il vestito degli esami di maturità, sarei andata dal parrucchiere, e speriamo bene. Sarei stata in grado di valutare l’ambiente e le persone

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che avrei conosciuto in quel breve incontro? Certo anche questa non era una cosa semplice, così chiesi a mia sorella di accompagnarmi e la sua presenza fu per me di grande aiuto.La città era assolata e ci stancammo presto di quel clima così umido. Arrivammo davanti alla ditta, ma era ancora chiusa per la pausa pranzo. Da fuori non si vedeva molto, e questo non mi aiutava a lasciarmi supporre cosa mi avrebbero chiesto.Per non farci trovare davanti all’ingresso, ci incamminammo lungo un viale alberato cercando un po’ di ombra. Mia sorella era molto innervosita dal caldo e mi faceva notare a cosa sarei andata incontro qualora avessi accettato.L’ora dell’appuntamento era giunta, così io mi presentai davanti all’ingresso, il cuore che mi batteva quasi fosse impazzito e la mia voce era tremante quando chiesi del signore che mi aveva convocata.Avevo davanti un uomo che nonostante l’età voleva apparire ancora piacente: camicia sbottonata, maniche rovesciate.Dopo le presentazioni iniziò il colloquio. Lui insisteva sulle qualità dell’azienda e sul fatto di volere persone laboriose, intelligenti e ben istruite. Concluse il suo monologo con un breve elenco delle mansioni che avrei dovuto svolgere: fare analisi dell’acqua, eseguire la progettazione degli impianti per la depurazione idrica, consigliare la clientela sulle tecniche impiantistiche.Mi congedò dicendo che avrei ricevuto presto una sua telefonata.L’argomento del viaggio di ritorno fu quello strano colloquio di lavoro, per noi quel signore era senza dubbio un po’ strano e troppo pieno di sé. A casa dissi che dovevo aspettare la sua telefonata, ma ero già convinta che se mi avessero chiamata avrei accettato quel primo posto di lavoro. Dopo pochi giorni il telefono squillò e quel signore disse che il posto era mio. La mia intraprendenza era stata premiata!

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Bene: nella mia testa risuonò forte e chiaro: “Perché no?!”, perché non provare, lasciare scappare questa occasione. In fondo, se non mi fosse piaciuto, avrei potuto sempre licenziarmi, ma avrei avuto sicuramente un rigo in più sul mio curriculum.Da quel momento seppi dove avrei lavorato, ma non dove avrei dormito e vissuto, e a quell’ incertezza sovrapposi un’idea formidabile: “Comincia la mia avventura nella vita”.Questa fu la mia forza contrapposta a tante incertezze.Affrontai molte difficoltà nelle scelte quotidiane, imparai a conquistare la fiducia della gente e a capire la loro diffidenza, a farmi rispettare.Comunque la cosa più difficile, per me, era essere una donna giovane e sola che aveva deciso di scegliere il suo avvenire e questo era il prezzo da pagare per la mia ostinazione a voler essere prima “persona” e poi “donna”.Tutto questo mi piace! Ecco cosa mi ripeto quando devo sopportare un periodo di lavoro impegnativo.Grazie a Dio faccio un lavoro che mi piace, il chimico in laboratorio, e questa mia attività impegnativa mi ha regalato momenti di grande soddisfazione. Quando circa vent’anni fa mi è stato proposto di lavorare in questo laboratorio, non ho avuto nessuna esitazione. Anche se sapevo di dover affrontare diverse difficoltà e dedicare a questa professione molto tempo e tante energie, e dovevo sicuramente destreggiarmi fra gli impegni familiari e lavorativi. “Lei è da noi!”, mi disse il vecchio responsabile del laboratorio la mattina che presi servizio. Questo signore intorno alla sessantina, calvo, con un fisico asciutto e alto di statura, mi accompagnò nel giro di presentazione alle varie persone che lavoravano nei diversi reparti del laboratorio. Poi arrivammo nell’edificio della mia nuova destinazione lavorativa. Mi fece accomodare nel suo ufficio ed iniziò il

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suo monologo per spiegarmi l’attività che si svolgeva in quel reparto. Mi parlò delle difficoltà connesse a questa tipologia di analisi a causa della mancanza di metodi analitici da seguire, e quindi mi disse che era era importante costruire le metodiche di lavoro evidentemente efficaci e dimostrabili. Per questo bisognava lavorare in maniera stretta con l’Istituto Superiore di Sanità a Roma, che era il nostro controllore nell’allestimento dei metodi analitici. Compresi subito che lui non era ben predisposto verso il gentil sesso, che considerava a priori non adatto ad attività impegnative a causa del ruolo di madre e moglie che spesso poteva prevalere.Capii subito che avrei dovuto dimostrare molto per avere la stessa considerazione dei colleghi “maschietti”. Dopo alcune settimane trascorse per prendere confidenza con la strumentazione da usare, fui convocata insieme ad un collega dal dirigente. Con l’aria di chi vuol far partecipe qualcuno di un segreto, e spera che l’incarico che sta per affidargli sia svolto al meglio, iniziò a spiegarci che in città c’era il problema della chiusura immediata del termovalorizzatore per problematiche strutturali, e che alcuni comitati avevano preteso il campionamento di ortaggi e frutta coltivata nelle immediate vicinanze dell’inceneritore. Conclude: “Ragazzi, abbiamo gli occhi addosso, dobbiamo analizzare questi alimenti, ma non abbiamo il metodo analitico, avete capito il problema… abbiamo il culo alla finestra… Il congelatore è vostro, fate tutto il possibile!”Accettammo la sfida a denti stretti e cominciò un periodo veramente faticoso, fatto di momenti di euforia e momenti di grande abbattimento. Iniziammo a studiare le composizioni dei vari ortaggi e frutti per sapere la quantità di acqua che ci dovevamo aspettare oppure la quantità di grassi vegetali che dovevamo aspettarci di trovare, e facendo vari tentativi riuscimmo a costruire un metodo di analisi adatto. Dopo circa

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sette mesi il lavoro fu terminato con l’ok dell’ISS (Istituto Superiore sanità) e la pubblicazione scientifica internazionale.Bene, quello che sembrava un evento lavorativo oltre che una sfida raccolta e vinta, non immaginavo che sarebbe diventato il mio modo di lavorare quotidiano.Infatti, sempre con questa attenzione, l’impegno meticoloso e la stessa costanza, sono state allestite ulteriori metodiche per altre matrici sia ambientali che alimentari, ed ogni volta è stato un evento importante.Oggi si rivolgono a questa struttura molti enti pubblici per emergenze ambientali di grande portata e questa fiducia mi ripaga di tanta fatica e tempo dedicato a questo lavoro .Ultimamente le calamità più frequenti sono gli incendi di siti industriali. Per questa tipologia di evento viene condotto un piano di campionamento composito che prevede le matrici di aria, acqua, suoli ed alimenti presenti nelle zone di ricaduta dei fumi sviluppatisi durante l’incendio.E’ scoppiato un incendio nella mia Maremma, purtroppo in questa esplosione industriale è morto anche un operaio e subito è stato chiesto al mio laboratorio di intervenire sia per allestire il piano di campionamento che le analisi di tutti i campioni effettuati. Naturalmente non mi sono risparmiata ed ho lavorato per quindici giorni senza riposo in modo da poter dare i risultati il prima possibile e consentire così la possibilità agli agricoltori di riprendere a consumare la loro frutta e la loro verdura. Finalmente ho terminato il lavoro, alle 10 di sera del venerdì. Il sabato mattina sono partita alla volta del mare nella mia Maremma. Appena arrivata sono andata a fare la spesa dall’l’erbivendolo che mi ha regalato un mazzo di prezzemolo dicendomi: “Tieni bimba, è di regalo, sai, ieri sera hanno sbloccato l’ordinanza per la frutta e la verdura dopo l’incendio… hanno detto che è tutto a posto”. Lui mi conosce ma non sa che lavoro faccio a

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Firenze, e la sua contentezza dovuta al poter di nuovo vendere la sua merce mi ha ricompensato del sacrificio che ho fatto.Sono certissima che il mio lavoro è la passione per la chimica che vive con me da sempre e non mi consente di perdonarmi se trascuro qualche aspetto della sperimentazione e né mi fa sentire altrettanto libera se per questo sottraggo tempo ed attenzione alla mia famiglia, che pazientemente mi ha sempre supportato e sopportato in questa mia grande passione.Spesso il commento che viene espresso quando dico qual è il mio lavoro, è più o meno questo: “Che lavoro strano... per me la chimica è una cosa quasi fantascientifica...”, e così faccio notare che la chimica ci riguarda più di quanto si possa immaginare. Basta pensare alla tinteggiatura di una parete, oppure alle fibre sintetiche e ai detergenti che usiamo per “solubilizzare lo sporco” sia dei nostri ambienti che del nostro corpo. In questo modo io mi sento meno “diversa” dai tanti amici impiegati, e automaticamente loro iniziano a fare le domande più disparate e si meravigliano delle mie risposte scientifiche impostate per essere facili da comprendere anche ai non addetti ai lavori.

Qui rappresento la mia Italia

I risultati sperimentali vengono raccolti e corredati di commenti e conclusioni. E’ così che si redige una relazione scientifica prima di essere presentata in qualche congresso di rilevanza nazionale o internazionale. Tutto questo si trasforma in una pubblicazione scientifica che contribuisce alla sviluppo della ricerca, fornendo altri elementi per la crescita della conoscenza. In qualche occasione sono stata presente a questi grandi congressi come autrice e come relatrice del lavoro pubblicato, e queste esperienze sono

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state per me eccezionali sia dal punto di vista emotivo che psicologico. Mi sono sentita in profondo imbarazzo ma anche contentissima di essere là come una lavoratrice italiana… ancora sento in me il tremito e il disorientamento che provavo.In questi viaggi ho potuto incontrare luminari della scienza di tutto il mondo. Mi sentivo piccola piccola al loro cospetto ed avevo una paura grandissima di fare qualche gaffe, così rispondevo a monosillabi e con frasi delle quali ero certissima, per non incorrere in errori. Tutti mi considerano una persona molto spontanea e pronta ad entrare in relazione con gli altri, mettendo a proprio agio le persone che incontro. In queste occasioni sentivo il peso della rappresentanza della mia cara Italia e quindi stavo “con due piedi in una scarpa”. Ho fatto e continuo a fare tutto questo per non tradire la mia grande passione. I congressi nazionali sono più facili perché la lingua ufficiale è la nostra, mentre per quelli internazionali è in uso la lingua inglese.In Europa sono stata in Germania ed in Spagna.Era maggio 2001, avevamo terminato la sperimentazione per il campionamento e l’analisi delle emissioni dei termovalorizzatori per il dosaggio delle “diossine” e l’ente normatore tedesco ci contatta per allestire un congresso informativo e divulgativo su questa tematica. Volevano formare un gruppo di lavoro europeo per redigere la normativa per il controllo di questi impianti! Velocemente viene organizzammo il viaggio: volo e soggiorno a Dusseldorf. L’aereo partiva da Firenze, ma quando si arrivò a Milano iniziò lo sciopero della compagnia aerea... quindi solo alle 23 si ripartì da Milano con una compagnia tedesca che faceva scalo a Francoforte. Qui successe un nuovo guaio, infatti i bagagli rimasero a Francoforte in aeroporto e così arrivai a Dusseldorf alle 3 del mattino senza neanche un minimo cambio, e tra meno di cinque ore iniziava il congresso...

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andiamo bene, pensai. Il bagaglio lo ritrovai in albergo la sera stessa... che stress! La tavola rotonda era molto interessante e c’erano molti contributi tra i vari stati europei per redigere una prima linea guida per i controlli e le analisi di queste tipologie impiantistiche. Venne allestito il gruppo di lavoro europeo con l’impegno di incontrarsi almeno una volta all’anno nelle varie città europee e comunque mantenersi in contatto tra noi. La persona che più mi ispirava simpatia era una signora tedesca, e con lei organizzammo l’anno successivo un nuovo incontro a Firenze. Che spettacolo vedere tutti i colleghi europei entusiasti del posto dove avevamo allestito il congresso - appunto Fiesole - e delle varie pietanze servite in quell’occasione; è stata una bella faticata, ma la soddisfazione dei colleghi è per me la cosa più importante. Questa tematica di studio e successivo allestimento è proseguita fino ad oggi, e circa dieci anni è diventata una prassi sia per il controllo che per le analisi.Ogni anno viene allestito il congresso mondiale per i POP (Persistent Organic Pollutants), cioè inquinanti persistenti che rimangono nell’ambiente per molti, moltissimi anni. La “diossina” è appunto una dei POP. I vari chimici che lavorano su questa molecola possono inviare i loro lavori, che saranno le pubblicazioni scientifiche del congresso, e possono partecipare sia come relatori che come semplici uditori alle varie sessioni di lavoro allestite nell’ambito del congresso. Ho partecipato frequentemente con le pubblicazioni ed ho avuto il piacere di essere a Barcellona nel 2002. Spesso siamo un gruppetto di italiani, e ritrovarsi in questi eventi fa a tutti molto piacere, ci fa sentire uniti e fa sì che ci aiutiamo per rendere al meglio in queste occasioni. Questa manifestazione è realizzata sempre in agosto e dura una settimana, è una bella maratona scientifica che impegna ed appassiona molte persone per indirizzare i loro lavori alla luce delle nuove

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scoperte presentate. Del congresso a Barcellona è rimasta nel mio cuore l’architettura della città con lo stile inconfondibile di Gaudì, il profumo dei succulenti piatti di pesce come la paella e l’accoglienza degli spagnoli. Qui gli alberi sono letteralmente colonizzati dai pappagalli, che con il loro cinguettio danno colore a questa città così solare e piena di giardini dove la palma regna sovrana. La visita alla Sagrada Familia rende evidente la lunga costruzione artistica di un’opera d’arte che sarà lasciata ai posteri come un tesoro inestimabile sia di creazione che di ingegno. Dalla collina del Tibidabo, alta circa 500 metri, è possibile ammirare la città e il santuario dedicato al Sacro Cuore di Gesù fatto costruire dopo un sogno profetico di Don Bosco. La parola “Tibidabo” deriva da due termini latini: “Ti darò”, che ricordano la terza tentazione di Satana a Gesù nel deserto, quando il diavolo gli disse: “Tutte queste cose io ti darò se tu prostrandoti mi adorerai!”. Questo magnifico santuario fu costruito per sconfiggere la presenza del diavolo a Barcellona.Le passeggiate sulla Rambla mi hanno lasciato nella mente il modo scanzonato di vivere dei catalani, con le loro strade piene di gente e le cerveceria affollate per gustarsi una buona birra.

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LE PASSIONI NON fANNO mAIcALcOLI SbAgLIATI

Honorè De Balzac

Credere in qualche cosa ci sostiene nei momenti difficili che a volte ci riserva la vita e per onorare questa massima bisogna assolutamente pensare in modo positivo proprio perché il calcolo della passione è giusto.Questa frase potrebbe essere trasposta alla passione per la vita richiesta ad ogni persona che purtroppo sta affrontando una grave malattia, perché il suo amore per la vita le permetterà di conservare questo bene prezioso... speriamo.La sua forza profusa in ogni manifestazione per preservare il suo stato vitale non sarà vano, bisogna avere coraggio e lottare a denti stretti ed appassionandosi alla vita per noi e per i nostri cari.In questi anni abbiamo affrontato una malattia grave dovuta ad una patologia tumorale che ha colpito mio marito... non ci siamo mai rassegnati, ci siamo spesso impauriti ed abbiamo avuto molto coraggio e determinazione per rialzarci ogni volta. Nei miei ricordi si palesano emozioni ed immagini che destano in me paure e smarrimenti drammatici. Eravamo andati al pronto soccorso dopo che mio marito aveva subito una banale caduta di bicicletta. Era una domenica pomeriggio di novembre, il cielo era nuvoloso ed appena arrivati trovammo una fila

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interminabile di pazienti che aspettavano di essere visitati.Durante la lunga attesa il pensiero andava a possibili traumi da caduta e quindi di facile risoluzione, e questo mi rendeva piuttosto tranquilla in quelle ore. Intorno alle23, vidi mio marito aprire la porta dell’ambulatorio e dirmi: “Non ci sono né fratture né rotture di costole...”. Poi con una smorfia continuò: “Però dall’ecografia hanno visto una massa nel cavo addominale”, e il suo sguardo preoccupato incontrò il mio che si incupì subito. Ritornando a casa concordammo di fare la mattina seguente una TAC. La nottata fu per noi colma di paura e preoccupazione, ma entrambi ci mentivamo volutamente e con il fiato corto ed il cuore inondato dall’angoscia telefonai ad un centro privato per fare subito quell’indagine. Convinti che bisognava chiarire e capire subito di che cosa si trattasse, andammo a fare quella TAC. La risposta lasciò pochissimi dubbi sul fatto che fosse una forma tumorale. Allora iniziò il pietoso pellegrinaggio alla ricerca dello specialista più competente per poter capire cosa fare, e proprio durante questa fase un medico, senza dubbio bravo ma senza il minimo tatto, ci disse: “E’ un tumore linfatico, non è operabile, però è necessario fare un intervento chirurgico per prelevare il tessuto e procedere con l’esame istologico”. Io reagii malissimo, e fra un singhiozzo e un altro gli feci capire che non condividevo il modo con il quale si era relazionato con noi. Fu l’inizio di un percorso faticoso e denso di ostacoli, che a distanza di quattro anni posso definire una vera odissea nella quale abbiamo incontrato momenti di buio profondo ma anche di grande luce, durante i quali ci siamo rincuorati ed abbiamo avuto speranza e fiducia grazie alla grande passione per la vita che non ci mai abbandonato. Nel corso di questi anni ci sono stati inciampi di percorso, che hanno complicato la nostra quotidianità ed allungato i periodi di cura previsti,

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assieme all’accavallarsi di altre dinamiche sia di tipo medico che farmacologico. Un “inciampo” di questo sentiero pieno di buche e rovi è stato, senza dubbio, l’embolia polmonare. Questa si manifestò subito dopo l’intervento per il prelievo del reperto istologico per lo stesso esame. Rientrati a casa dopo questo intervento, iniziarono dei forti dolori alle spalle che accompagnavano una difficoltà respiratoria, prima lieve e poi sempre più evidente, con compensazione al livello sia carotideo che della giugulare. Lo sguardo di mio marito trasmetteva una sofferenza profonda, e la paura per quei sintomi lo rendeva sempre più avvilito. In quel periodo stavo seguendo un corso di malattie polmonari presso la facoltà di medicina, e questo fu per noi una coincidenza benedetta e perché capii subito che poteva essere un problema di ostruzione polmonare. Ci recammo al pronto soccorso ed i medici ci rincuorarono parlando di una semplice infezione polmonare, e suggerendoci di continuare a prendere gli antibiotici. Realizzai che non potevo e non dovevo rinunciare ai miei sospetti, perché se avessi avuto ragione mio marito sarebbe stato in grave pericolo. Allora, ricorrendo a tutta la mia determinazione, chiesi che fosse fatta una TAC ai polmoni, ma mi risposero che loro non erano d’accordo. Ero sgomenta, così dopo qualche considerazione presi il telefono e senza mezzi termini minacciai il medico che avrei fatto fare la TAC chiamando la forza pubblica. Dopo pochi minuti arrivò il medico radiologo che volle saper come mai ero così convinta dei sintomi. Gli spiegai cosa avevo visto e lo invitai a visitare mio marito valutando quello che io dicevo. Fu fatta la TAC e purtroppo c’era un embolia polmonare bilaterale in corso. Mi ritrovai sfinita nel corridoio del reparto, mentre mio marito veniva sottoposto ad un monitoraggio cardio-polmonare ed a una

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terapia scoagulante.Mi sono guadagnata la stima di questo radiologo che segue da sempre mio marito per tutti gli esami diagnostici e radiologici, e per noi è stato molto facile entrare in relazione con lui. Lo devo ringraziare per questa sua considerazione e per la passione e la professionalità che mette nel suo lavoro.Il miscuglio di paura e di sofferenza che accompagna i malati di queste patologie ed i loro familiari è di una grandezza inestimabile, ma quello che serve per poter vivere in situazioni del genere è la fiducia nei medici e la passione per la vita che non ci deve mai abbandonare, assieme alla forza necessaria per ristrutturare le proprie dinamiche di vita in virtù delle capacità del momento che si sta attraversando.Se prima della malattia una persona si dedicava ad attività sportive o intellettuali, durante le cure le sue energie diminuiscono e quindi dovrà avere la forza di trovare altri passatempi che la gratifichino e la facciano sentire “meno malata” alleviandone la sofferenza.Ragazzi la chemioterapia… che effetti! “Ecco che la mia barba se ne sta andando!”. Così disse una mattina Marco, lavandosi la faccia. Già, la sua barba, che faceva bella mostra di sé sul suo viso da più di trent’anni. Questa cosa lo intristì moltissimo, e non fu la sola.Le dosi massicce di cortisone stavano cambiando la sua corporatura, e spesso era smarrito quando passava davanti a uno specchio. Ricordo la mia tristezza quando andavamo a mangiare in qualche ristorante e lui mi diceva: “Vedi quel curioso come mi sta scrutando… ora quasi quasi mi alzo e gli dico che è un gran maleducato, e non importa che si faccia troppe domande... io faccio la chemio!”. La sua sofferenza cadeva come un macigno sul mio cuore e facevo molta fatica a fargli coraggio. La cura con il tempo ha fatto il suo effetto e per fortuna ora questa

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è per noi un’esperienza complicata nelle manifestazioni dei suoi effetti collaterali, ma suprema per la prevaricazione sulla malattia, che attualmente é un ricordo.La malattia ci ha cambiato l’obiettivo della macchina fotografica “vita”, infatti se prima si pensava a un futuro con una temporalità a spanne, ora abbiamo una visione millimetrica dei nostri tempi per affrontare i possibili inciampi, e tutto questo ci fa apprezzare ogni momento sereno insieme. Certo non possiamo dire grazie alla malattia, ma dobbiamo essere fieri della nostra passione per la vita, che non ci ha mai abbandonato. Devo gridare con quanto fiato ho in gola un BRAVO a mio marito che non si è mai avvilito ed ha affrontato tutto con tanta forza, anche se la sofferenza non l’ha certo risparmiato.Sono sicura che è stato determinante il contributo della struttura di ematologia di Firenze, con i suoi medici molto disponibili e le sue infermiere infaticabili che donano ogni giorno un “cucchiaio di speranza” attraverso una dose di flebo. Grazie a tutti.Ritornando all’aforisma che ho usato per introdurre questo tema, credo che la passione per la vita non abbia fatto calcoli sbagliati, perché ci ha ridato la speranza per questa cosa preziosa che è la vita stessa.Pensando al percorso che abbiamo fatto ed a quello che purtroppo ci è già stato detto che dovremo affrontare, anche se un po’ affaticati... ci siamo.Abbiamo perduto affetti importanti ai quali non è bastata la fiducia e la passione per la vita, ed il ricordo in questo momento va ad una mia carissima amica che ahimè non c’è più.La ricordo nella mia mente e nel mio cuore con questi due brevi brani che le dedicai quando la sofferenza non le dava tregua, proprio per fissare l’emozione ed il dolore che mi avviliva in quei momenti.

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Lei, un’amica

La luce filtra attraverso le tapparelle della finestra di una stanza dove tutto il contesto chiede rispetto per un dolore immenso, per la sopportazione di una malattia tremenda, per la pietà che dobbiamo avere accanto a quel letto di ospedale. Sì, è così! Questa donna ancora troppo giovane, madre di una ragazzina ancora troppo incredula, è vittima di uno dei peggiori martiri che affliggono e che assume mille nomi e si identificandosi in uno solo: tumore. I medici hanno tentato il possibile, ma l’unica cosa certa per affrontare la quotidianità di tanto strazio è un trattamento antidolore. Il dolore è sempre lì e lei deve trovare ogni istante la forza per combatterlo. Questo continuo pungolo speriamo che la distragga dai pensieri angoscianti e inquietanti che si annidano nella mente dei malati consapevoli che purtroppo per loro non c’è speranza. Vorrei che avvenisse un miracolo stupefacente: la guarigione. Vedere il suo sguardo abbassato e il suo viso contratto in smorfie che testimoniano la sua sofferenza, mi da quel senso di vertigine quando ci si sente sul ciglio di un baratro del quale si ignora la profondità.Sono disorientata da questa storia che è stata così repentina così tragica per la mia cara amica. Di fronte a tanto sconforto anche il mio “Perché no?” ottimista vacilla, quasi che la maturità della vita, nel suo avanzare, non mi faccia più sconti e non mi permetta di ritrovare la bambina che alberga in me. Al suo capezzale non riesco a confortarla né ad entrare in comunicazione con i suoi pensieri e le sue paure, e allora mi esprimo con cose banali che odio e che annullano in me le motivazioni per le quali sono là. Non sono brava, non ci riesco e questo mi deprime: l’ingiustizia di un destino personale mi appare sempre più evidente.Le flebo stillano i tanto preziosi farmaci per aiutarla in questa

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esperienza così dura, che lei definisce “un’avventura”. Chiamo a raccolta tutti i Santi e chiedo loro un aiuto per questa creatura così avvilita ed impotente davanti a un male mostruoso.

E’ il 5 Maggio…

La mia cara amica, purtroppo, oggi è morta!Le tante persone che sono venute a renderle omaggio assumono atteggiamenti tanto banali quanto unici, come sempre avviene in questi tragici momenti.Lei è lì, immobile, nella sua smorfia di dolore. Trasformata dalla malattia che tanto l’ha tormentata in questi tre lunghi mesi. Sono pochi, tre mesi, per salutare tutti i tuoi cari, la luce del sole e la consapevolezza che arriverà un nuovo giorno. Ti ho guardato poco in questa occasione, quasi per rispetto e perché volevo conservare la tua immagine ed il tuo ricordo di quando ancora non conoscevi il tuo tragico destino.In questi giorni ho chiaro nelle mie orecchie il suono della tua voce durante l’ultima nostra telefonata, e mi fa rabbia pensare che non mi chiamerai più. Forse è assurdo, ma non sono riuscita a cancellare il tuo numero dal mio cellulare. Non riesco ad accettare che non ci sei più.

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ESISTE SOLO UNA PASSIONE,LA PASSIONE PER LA fELIcITà

Denis Diderot

Già: la “felicità” è una condizione molto, molto soggettiva. Per il dizionario i sinonimi di questa condizione sono contentezza, gioia, soddisfazione. Inseguire la felicità, per ogni essere umano, significa ritrovarla nella concretezza di una sua aspirazione o di un suo traguardo, quindi il significato ultimo di questa parola così poco riconducibile a un concetto unilaterale può essere realizzato da noi attraverso i modi più vari e in base a quelle che sono le nostre aspettative. La felicità può essere intesa come soddisfazione di un bisogno o di un desiderio che può essere ravvisabile nel superamento delle difficoltà materiali e quotidiane di tutte quelle persone che non hanno nemmeno il necessario per vivere. La passione per la felicità può essere quella di una madre verso la gioia dei suoi figli, ma anche la capacità di accontentarsi sempre della propria condizione, non come rinuncia a migliorarsi, ma constatazione oggettiva che rende del nostro portare avanti una quotidianità positiva per noi e per gli altri.L’andamento della felicità nella vita di una persona potrebbe essere

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rappresentato come la risultante di due grandezze quali l’aspettativa e l’obiettivo raggiunto. La disposizione dei punti che formano questa linea dovrebbe essere sempre parallela all’asse dell’ascisse, riscontrando un andamento costante. Solo quando accade qualcosa di negativo o di positivo che incrementa o decrementa la contentezza questa linea si alzerà o si abbasserà. Quindi, per essere contento e vivere serenamente, ognuno di noi dovrebbe tenere fede all’impegno mettendo in essere tutte quelle azioni che lo fanno stare bene e quando nonostante tutto qualcosa va storto, bisogna avere la capacità mentale per valutare la situazione che si è creata e che gli ha tolto il buonumore, e cercando la forza di rialzarsi ed apprezzare tutta la fatica fatta per non “morire” nell’anima intristita.A questo proposito mi viene in mente una frase di Dante Alighieri che dice: “Lo viso mostra lo color del cuore”. Queste parole colgono la spontaneità del viso di un bimbo, che accende i suoi occhi quando gli viene data una carezza o viene gratificato con un complimento. Che bellezza avrebbe l’umanità se potesse conservare il candore di un fanciullo, e che grandezza di uomo otterremmo unendo questo candore con la ragionevolezza e la competenza acquisite durante la crescita. Il mio pensiero ora viaggia per trovare un’immagine corrispondente a quello che ho appena detto, non si tratta semplicemente di trasporto letterario, ma di un’autenticità della vita. Nella mia mente arriva il sorriso di mia nipote, il suo sguardo cristallino, con quelli occhioni azzurri pieni di stupore per qualsiasi cosa le sovvenga e le doni una sorpresa. Ecco… quando penso alla contentezza la raffiguro con il suo viso che mostra il colore del suo cuore e che sarà sicuramente “rosa”, dal momento che lei dice che per lei questo è il colore delle femmine. La piccoletta ha appena quattro anni, ma anche se è così piccola sa bene come rincorrere la sua felicità,

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pronta a orientare le scelte dei suoi genitori verso quello che più le piace... Brava, piccolo amore mio: appassionati alla felicità e vedrai che questa fede non ti tradirà neanche nei momenti meno belli che purtroppo sarai costretta a vivere! “Nonna, che cosa stai scrivendo?”, domanda mia nipote. Rispondo: “In questo libro parlo della passione. Sai che cos’è?”. Lei mi guarda incuriosita e così io le spiego che quando facciamo qualcosa che ci piace e ci fa stare bene, quella è una passione. Allora lei si rivolge a me e per vedere se ha capito mi dice che anche lei ha delle passioni. Alza mano e comincia a elencare le sue passioni. Inizia dicendo: “Scrivere, come te nonna; colorare come fa il nonno, andare a ginnastica artistica, andare in piscina!”. Infine mi guarda con aria soddisfatta e continua: “Poi c’è una cosa che piace anche a te ed al nonno... la spiaggia!”. A questo punto conta le dita della mano ed esclama: “Nonna, ho cinque passioni!”, ed io la guardo contenta che lei abbia fatto proprio il concetto di passione.

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La passione dà colore alla nostra vita e la vivacizza per renderla più umana con le emozioni che ci dona. Credo che la nostra vita acquisti un andamento armonico e sia in grado di intonarsi con il coro dove viene cantata la vita degli altri se viene accordata con un “la” speciale che è la passione. Essere appassionati da qualcosa o per qualcosa è impegnarsi con la gioia di fare ed essere contenti di questo. Le nostre passioni ci rendono meno monotono il quotidiano e l’interesse che mettiamo per svolgerle ci gratifica durante lo svolgimento. Qui sono raccolti quattordici racconti dove vengono elaborate le varie passioni, come la passione alla vita della persona malata, la passione per l’artigianato o quella per la scrittura. L’obiettivo è quello di “dare una spazzolata” alla polvere dell’anima umana e far di nuovo emergere l’attaccamento alla vita che vissuta con passione ha veramente valore per ognuno di noi e per gli altri. La passione come insegnamento alla vita è quello da trasmettere ai nostri figli con l’intento di infondere nei loro cuori un sentimento di fiducia in ogni istante della loro vita. Meri

Euro 13,50

ISBN 978-88-98301-13-3 ISBN 978-88-98301-13-3

Meri Lolini è nata a Massa Marittima (Grosseto)Il primo Giugno 1958, vive a Firenze.Lavora come analista chimico in un ente pubblico.La Passione colora la vita è il secondo libro, il primo è Una goccia nel mare.