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Diritto Civile Contemporaneo Rivista trimestrale online ad accesso gratuito ISSN 2384-8537 www.dirittocivilecontemporaneo.com Anno I, numero III, ottobre/dicembre 2014 Il contratto costitutivo di una “servitù irregolare” di parcheggio è nullo per impossibilità dell’oggetto: considerazioni a margine di una decisione oscura Armando Plaia
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Diritto Civile Contemporaneo

Rivista trimestrale online ad accesso gratuito ISSN 2384-8537

www.dirittocivilecontemporaneo.com

Anno I, numero III, ottobre/dicembre 2014

 

Il contratto costitutivo di una “servitù irregolare” di parcheggio è nullo per impossibilità dell’oggetto: considerazioni a margine di una decisione oscura

Armando Plaia  

   

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Il contratto costitutivo di una “servitù irregolare” di parcheggio è nullo per

impossibilità dell’oggetto: considerazioni a margine di una decisione

oscura

di Armando Plaia

Cass. 6 novembre 2014 n. 23708 Rel. R. M. Triola, ritiene la nullità della clausola

con cui, con un contratto “a favore di terzo” – così come qualificato dai giudici di

merito di prima e seconda istanza – il venditore ceda all’acquirente un fondo,

dando atto che sullo stesso insiste una “servitù di parcheggio” a favore di un

soggetto terzo.

In sostanza, l’acquirente del fondo si sarebbe impegnato a concedere ad un terzo

soggetto (nipote della venditrice) la facoltà di parcheggiare due autoveicoli. Tale

prestazione, a dire della cassazione, sarebbe impossibile.

Nel caso del parcheggio difetta, infatti, la realitas, intesa come inerenza al fondo

dominante dell’utilità, così come al fondo servente del peso, mentre la mera

commoditas di parcheggiare l’auto non integra gli estremi dell’utilità inerente al

fondo stesso, risolvendosi in un vantaggio personale dei proprietari.

In effetti, la giurisprudenza di legittimità sembra orientata a qualificare la c.d.

servitù di parcheggio come una convenzione obbligatoria che vincola una parte a

far godere un’altra parte di uno spazio, difettando il requisito dell’utilitas, che

consentirebbe di qualificare la stessa convenzione come costitutiva di un diritto

reale di servitù.

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Tale assunto non risulta sia stato oggetto di critica in dottrina, con qualche rara e

timida eccezione (cfr. Cass. 22 settembre 2009 n. 20409, con nota di F. Esposito,

Considerazioni sull’ammissibilità della servitù di parcheggio, in Nuova giur. civ. comm., 2010,

279, la quale appare critica rispetto alla perentorietà della posizione della più

recente giurisprudenza di legittimità, che nega il carattere di realità al diritto di

parcheggiare sul fondo del vicino).

Tuttavia, la decisione che si segnala non si limita a negare che la costituzione di un

diritto di parcheggio non possa dirsi costitutiva di un diritto reale, ma piuttosto di

un diritto di credito. Al contrario, la Cassazione ritiene che tale contratto o

clausola sarebbe da considerare nulla per impossibilità dell’oggetto, difettando la

realità.

Tale impegnativa conclusione non è peraltro in alcun modo argomentata.

Occorre segnalare che, nel caso di specie, creditore della prestazione è un soggetto

terzo, il nipote della venditrice del “fondo servente”. Da qui, la qualifica del

contratto di vendita (contenente la clausola costitutiva della servitù, regolare o

irregolare che sia) in termini di contratto a favore di terzo.

Nel cassare senza rinvio la decisione di seconda istanza della Corte di appello di

Firenze del 5 maggio 2008 che, confermando la decisione di prime cure (Trib.

Livorno, sez. Portoferraio 11 marzo 2005), aveva qualificato l’accordo come

contratto a favore di terzo costitutivo di diritto reale, la Cassazione decide nel

merito, rigetta la domanda ed afferma:

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“Ne consegue che sia che si voglia ritenere che nella specie non rileva accertare se

la Corte di Appello nella sua confusa motivazione ha inteso affermare che le parti

con il contratto in data 21 agosto 1990 avevano dato vita ad un riconoscimento di

una servitù già esistente oppure che avevano costituito una servitù a favore di

terzo, essendo in entrambi i casi nulla la volontà negoziale per impossibilità

dell’oggetto”.

Al netto del refuso sintattico della statuizione, con la quale si è peraltro inteso

stigmatizzare la “confusa motivazione” della sentenza di seconde cure, la stessa

rimane tuttavia poco chiara.

Intanto, sembra agevole replicare che, se è plausibile l’opzione ermeneutica che

non riconosce al diritto di parcheggio la statura del diritto reale di servitù, non

risulta invece comprensibile perché mai il contratto in questione non possa

intendersi come valida convenzione produttiva di effetti meramente obbligatori.

In altre parole, può anche condividersi l’idea che la c.d. servitù di parcheggio – che

stando alla lettera della clausola del contratto in questione, graverebbe sul

“terreno” a favore della “proprietà” (diritto che la resistente ha peraltro ereditato

dal beneficiario) – sia in realtà da qualificarsi come vincolo personale che

coinvolge esclusivamente le parti del contratto, e comunque due soggetti e non i

rispettivi fondi.

Del tutto oscura risulta invece la conclusione, peraltro priva di argomentazione,

cui perviene la Cassazione e cioè che la costituzione di un diritto di parcheggio, a

favore del contraente o di un terzo, debba ritenersi nulla per impossibilità

dell’oggetto.

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D’altro canto, la stessa giurisprudenza di legittimità che nega la realità del diritto in

questione, le cui argomentazioni sono condivise dalla decisione che si commenta,

non dubita che il contratto costitutivo di un diritto di parcheggio sia un contratto

con effetti obbligatori, e non già un contratto nullo.

Come è noto, si è soliti discutere, in questi casi di di “servitù irregolari” o

“personali” perché il servizio è prestato da un fondo a favore di un soggetto (cfr.

R. TRIOLA, Le servitù, artt. 1027-1099 c.c., in Il codice civile. Commentario, fondato da

Schlesinger e diretto da Busnelli, 2008, Milano, 11). E’ il caso ad esempio del

diritto attribuito ad una persona di passare sul fondo altrui, non già per un

migliore accesso al fondo dominante, ma per esercitarvi la pesca (Cass. 13

settembre 2012 n. 15334).

In altre parole, i diritti reali costituiscono un numerus clausus, ma nulla vieta al

proprietario di un fondo di obbligarsi a consentire il parcheggio di un’automobile

ad un soggetto, indipendentemente dalla qualità di proprietario di altro fondo (cfr.

R. TRIOLA, Le servitù, artt. 1027-1099 c.c., in Il codice civile. Commentario, fondato da

Schlesinger e diretto da Busnelli, 2008, Milano, 12): il contratto avrà effetti

obbligatori limitati al concedente, mentre non si avrà efficacia erga omnes cioè

contro ogni successivo possessore del fondo (Cass. 4 febbraio 2010, n. 2651).

Ferma la non opponibilità erga omnes del vincolo, non sembra possa aver alcuna

rilevanza, la circostanza che, nel caso di specie, il beneficiario-creditore sia un

terzo e non una delle due parti contraenti. In ogni caso, ammesso che sia questo il

punto, e cioè che la servitù irregolare possa costituirsi tra le parti, ma non a favore

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di un soggetto terzo, il passaggio avrebbe dovuto essere argomentato, mentre la

Cassazione nulla dice (tanto che è lecito dubitare che sia questa peculiarità della

vicenda ad aver indotto il Giudice alla curiosa soluzione).

Il principio di diritto affermato, dunque, oltre che poco convincente, si pone in

netto contrasto con i precedenti di legittimità richiamati (salvo quanto si dirà più

avanti).

La possibilità dell’oggetto, infatti, indica la materiale eseguibilità della prestazione:

la manualistica più diffusa reca l’esempio della prestazione di consegnare una cosa

inesistente (TORRENTE-SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, a cura di

Anelli e Granelli, Milano, 2013, 559).

Non che l’impossibilità non possa essere anche giuridica: si pensi alla costituzione

di una s.r.l. per l’esercizio di un’attività che la legge riserva alle s.p.a. (ROPPO, Il

contratto, Milano, 2011, 322).

Nel nostro caso, tuttavia, non si vede quale causa fisica o giuridica renderebbe

impossibile la prestazione dell’acquirente, il quale si impegna a concedere ad un

terzo il diritto di parcheggiare sul proprio fondo.

In questo senso, l’unico argomento che il ricorrente avrebbe forse potuto

spendere – a meno di non voler porre addirittura in dubbio la stessa trasmissibilità

del diritto personale all’erede resistente – non è quello della non realità del diritto,

ma semmai quello dell’inesistenza di un’obbligazione: il punto è infatti se la

clausola contenuta nel contratto, così come formulata – “(…) si dà atto tra le parti

che il terreno compravenduto è gravato da servitù di parcheggio (…)” – possa

intendersi come costitutiva di un’obbligazione gravante sull’acquirente del fondo.

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Non può escludersi, peraltro, che l’argomento per così dire “ermeneutico” possa

aver spinto la stessa Cassazione alla soluzione altrimenti davvero opaca. E’

possibile cioè che il giudice abbia ritenuto che non fosse processualmente

possibile per il giudice di legittimità, alla luce della volontà negoziale così come

ricostruita dal giudice di merito – inequivocabilmente rivolta ad accertare o

costituire un diritto reale di servitù – interpretare diversamente il contratto.

Se così fosse, potrebbe obiettarsi, la Cassazione avrebbe comunque dovuto, anche

solo per escluderla, porsi la questione della conversione del contratto costitutivo

del diritto reale, a suo dire nullo, in contratto costitutivo di servitù irregolare. Ed

eventualmente, come si diceva, escludere l’operatività dell’art. 1424 c.c. proprio in

ragione del fatto che le parti, se avessero conosciuto la nullità, non avrebbero

voluto un contratto diverso.

Anche qui, per la verità, non può escludersi che così sia stato.

Anche questo passaggio argomentativo, cioé, può essere rimasto implicito, posto

che si ritiene che il potere officioso di rilevazione della nullità – comunque

riservato al giudice di merito (Cass. 30 aprile 2012 n. 6633) – non può estendersi

alla nullità ex art. 1424 c.c. (Cass. sez. un. 12 dicembre 2014 n. 26242).

Questo argomentare, qui supposto, varrebbe anche a riconciliare la decisione in

commento con i precedenti citati che, come si è detto, non dubitano della validità

del contratto costitutivo di servitù irregolare. Potrebbe cioè ritenersi che il giudice

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di legittimità non abbia inteso escludere, in astratto, la validità del contratto

costitutivo di servitù irregolare; e tuttavia, avendo riguardo alla volontà delle parti,

desunta dalla concreta formulazione della clausola, abbia ritenuto non rinnovabile

(né censurabile per difetto di motivazione) l’interpretazione del contratto del

giudice di merito, ed al contempo non convertibile il contratto ex art. 1424 c.c.

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Questa Nota può essere così citata:

A. Plaia, Il contratto costitutivo di una “servitù irregolare” di parcheggio è nullo

per impossibilità dell’oggetto: considerazioni a margine di una decisione oscura, in

Dir. civ. cont., 10 novembre 2014