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SECONDA UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE INFERMIERISTICHE ASSISTENZA INFERMIERISTICA AL PAZIENTE ONCOLOGICO ASPETTI PSICOLOGICI E RELAZIONALI FRA L’INFERMIERE, IL PAZIENTE E LA FAMIGLIA. Relatore: Candidato: Prof. Leonessa Vittorio Ascione Vincenzo ANNO ACCADEMICO 2006/2007
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Assistenza infermieristica al paziente oncologico

Mar 26, 2016

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Assistenza infermieristica al paziente oncologico
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Page 1: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

SECONDA UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI

FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA

CORSO DI LAUREA

IN

SCIENZE INFERMIERISTICHE

ASSISTENZA INFERMIERISTICA AL PAZIENTE

ONCOLOGICO

ASPETTI PSICOLOGICI E RELAZIONALI FRA

L’INFERMIERE, IL PAZIENTE E LA FAMIGLIA.

Relatore: Candidato:

Prof. Leonessa Vittorio Ascione Vincenzo

ANNO ACCADEMICO 2006/2007

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…Non è vero che abbiamo poco

tempo: la verità è che ne perdiamo

troppo…

Seneca

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2

Dedico questo lavoro alla PAZIENZA!

La Pazienza dei miei figli, Pasquale ed Enza, per il

tempo a loro sottratto.

La Pazienza di mia moglie, Rita, che mi è stata vicino.

La Pazienza dei miei colleghi di lavoro per la loro

inesauribile disponibilità.

La Pazienza di tutti coloro che mi conoscono per avermi

sopportato in questa breve parentesi universitaria.

In ultimo, non per importanza, dedico questo lavoro ai

miei cari genitori, e a chi come loro non potrà

partecipare a questo evento, ma sono certo di essere

stato guidato da loro e dalla loro eterna Pazienza.

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3

INTRODUZIONE

Il cancro è uno dei principali problemi sanitari che affligge

ancora oggi la nostra società, anche perché allo stato attuale

mancano: misure preventive di diagnosi precoce, trattamenti

curativi che rispondono totalmente alla domanda di assistenza del

paziente oncologico, e personale adeguatamente preparato; a

questo si aggiungono problematiche legate all’insufficienza delle

strutture.

Un programma di assistenza adeguato alle reali necessità del

paziente oncologico deve prevedere:

• la prevenzione, in modo da evitare l’insorgenza di un

tumore allontanando i fattori di rischio, correggendo gli

stili di vita, consigliando una sana alimentazione e

promuovendo campagne per una diagnosi precoce

• l’informazione e la preparazione agli esami diagnostici a

cui il paziente deve essere sottoposto di volta in volta, in

modo da alleviargli ansie e paure

• il fornire al paziente un supporto psicologico, in quanto la

diagnosi di tumore scatena sempre una serie di reazioni

negative

• la corretta preparazione ed esecuzione della terapia, che

impegna l’infermiere: nel caso della chemioterapia,

nell’approvvigionamento, preparazione, somministrazione

e smaltimento dei chemioterapici; in caso di radioterapia,

nel controllo dei segni e dei sintomi che possono

manifestarsi durante il trattamento; in caso di trattamento

chirurgico nell’assistenza pre, intra e post-operatoria con

particolare attenzione alla ristabilizzazione dei parametri

vitali e alla prevenzione di eventuali complicanze.

Page 5: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

4

• l’attivazione delle cure palliative attraverso l’assistenza

ospedaliera, domiciliare, il DH oncologico o gli Hospice

allo scopo di migliorare la qualità di vita del paziente

oncologico in fase terminale.

Tutto quanto è possibile solo se l’infermiere ha una solida

formazione che gli consenta di riconoscere i principali sintomi e

segni della patologia e abbia le basi per un’assistenza specifica.

DEFINIZIONE

Il termine tumore, usato per indicare un processo patologico di

tumefazione di una parte qualsiasi del corpo, oggi è sinonimo di

neoplasia, cioè neoformazione locale di un tessuto atipico; e sta

ad identificare una serie di affezioni che hanno il loro

denominatore comune nella perdita di controllo della crescita

cellulare che porta a una “nuova formazione”, appunto neoplasia.

I tumori a seconda dell’influenza che esercita sull’ospite vengono

distinti in:

1)benigni quando presentano: una crescita lenta, centrale ed

espansiva; con struttura e morfologia molto simile al tessuto di

origine; un metabolismo che non interferisce con quello

dell’ospite (non causa cachessia); non da metastasi e non tende a

recidivare se viene asportato;

2)maligni quando presentano: una crescita veloce, periferica e

infiltrante; una struttura e una morfologia diversa dal tessuto di

origine; un metabolismo che interferisce con quello dell’ospite

causando la cachessia; da metastasi e può dare recidive se

asportato;

Bisogna ricordare però che il concetto di benigno e maligno è più

clinico che fisiopatologico, in quanto vi sono dei tumori che in

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base alle caratteristiche sovra esposte sono da considerarsi

benigni, ma in base alla sede in cui si sviluppano rientrano fra

quelli maligni. Come pure, tumori che in origine sono benigni col

tempo subiscono una trasformazione maligna.

In rapporto al tessuto che viene interessato dal processo

neoplastico i tumori si classificano in:

1) carcinomi se interessa le cellule epiteliali;

2) sarcomi se interessa il tessuto connettivo;

3) gliomi se interessa le cellule gliali del SNC;

4) linfomi se interessa il tessuto linfatico;

5) leucemie se interessa gli organi emopoietici.

Acquista un ruolo fondamentale anche, la classificazione T.N.M.

codificata dalla Unione Internazionale Contro il Cancro (UICC),

che distingue il cancro in stadi, valutandone l’estensione

anatomica in base ai tre componenti espressi dalle lettere:

T: estensione del tumore primitivo

N: assenza o presenza di metastasi ai linfonodi regionali

M: metastasi a distanza.

Da tener presente che il tumore (o cancro) oggi è la seconda

causa di morte dopo le malattie cardiovascolari. Gli organi più

colpiti sono la prostata nell’uomo e la mammella nella donna;

seguono il colon-retto ed il polmone in entrambi i sessi.

Esistono delle differenze nell’incidenza di specifiche neoplasie in

diverse aree geografiche, come ad esempio, il carcinoma dello

stomaco e del fegato hanno in Giappone una frequenza più alta

che in qualsiasi altra parte del mondo, mentre il carcinoma della

mammella e del colon, nello stesso paese, sono relativamente

rari; però, il giapponese che emigra in America acquisisce la

stessa incidenza neoplastica della popolazione americana dopo

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solo una o due generazioni di residenza, ciò indica che il cancro

anche se origina da fattori genetici, è altamente influenzato da

fattori ambientali.

In conclusione, possiamo dire che il tumore è una malattia

multifattoriale, dove i fattori determinanti, quali:

1)genetico ereditario;

2)ambientali (inquinamento da agenti chimiche e fisici);

3)psico-emozionali;

4)socio-relazionali.

singolarmente costituiscono una causa necessaria al loro sviluppo

ma non sufficiente per manifestare la patologia, quest’ultima si

scatena dall’interazione dei vari fattori, che hanno un ruolo

causale sulle mutazioni dei geni che regolano la crescita e la

divisione cellulare fino al punto di trasformarle in carcerogene.

GENETICA ED EZIOLOGIA DEI TUMORI

Il cancro è primitivamente dovuto a una mutazione genetica. Di

regola la mutazione è somatica (non germinale) perché colpisce

una cellula dell’organismo, per cui la loro trasmissione non

avviene per via ereditaria; questo spiega perchè la maggior parte

dei tumori non viene ereditata dalle successive generazioni.

Ma esistono alcune eccezioni, infatti alcuni tumori segregano,

nelle famiglie, come patologie ereditarie. Questi tumori sono

molto rari come il retinoblastoma (tumore della retina), tuttavia

anche alcuni tumori abbastanza comuni, come quelli della

mammella e del colon, possono occasionalmente essere ereditati.

Questo spiega perchè nei familiari dei pazienti neoplastici il

rischio di sviluppare la stessa neoplasia è significativamente

aumentato.

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Geneticamente i tumori hanno origine monoclonale. Le

mutazioni che colpiscono i geni che controllano la crescita e la

differenziazione cellulare danno origine a una cellula tumorale

all’interno di una popolazione cellulare in crescita.

Si conoscono tre specie di geni regolatori della crescita cellulare:

1) gli oncogeni, che sono segmenti di DNA presenti di norma

nella cellula, sono deputati alla proliferazione e alla riparazione

cellulare, e possono promuovere la neoplasia se attivati o

potenziati da alterazioni dei proto-oncogeni;

2) i proto-oncogeni, che sono normali costituenti delle cellule e

sono fondamentali per la crescita e la differenziazione cellulare;

3) gli onco-soppressori, che svolgono un ruolo nel controllo della

normale crescita cellulare;

uno squilibrio tra l’attivazione degli oncogeni e l’inattivazione

degli onco-soppressori è alla base della cancerogenesi, processo

attraverso il quale una singola cellula mutata proliferando e

differenziandosi sviluppa la massa neoplastica.

La cancerogenesi è costituita da due eventi distinti: l’iniziazione

e la promozione. Durante l’iniziazione avvengono alterazioni

irreversibili a carico del patrimonio genetico causate da agenti

inizianti (carcinogeni) come alcuni conservanti per alimenti,

agenti inquinanti e derivati del fumo di tabacco. L’iniziazione da

sola non è in grado di causare la degenerazione neoplastica, ma

una cellula alterata può trasmettere alla sua progenie la

potenzialità di diventare cellula cancerogena. Nella promozione,

invece, gli agenti promuoventi (co-carcinogeni) determinano

cambiamenti della proliferazione cellulare, infatti nei primi stadi

della promozione si verifica un’intensa proliferazione cellulare

sia a carico delle cellule iniziate che delle cellule sane, in una

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seconda fase l’azione iperplastica diventa selettiva solo per le

cellule iniziate.

Inoltre, sono da citare alcuni agenti che possiedono sia la

proprietà di iniziazione che di promozione e quindi da soli

possono indurre neoplasie, questi vengono definiti carcinogeni

completi, come ad esempio le radiazioni ionizzanti.

Coinvolti nella trasformazione delle cellule neoplastiche sono da

menzionare, ancora, diversi virus come ad esempio il virus del

papilloma che è responsabile del cancro della cervice.

SCREENING ONCOLOGICO

Gli esami radiologici di routine raramente evidenziano

neoformazioni del volume inferiore ad 1 cm cubo, per questo

motivo negli ultimi tempi la diagnosi di tumore viene posta con

la ricerca nei liquidi biologici di molecole prodotte in modo

specifico dalle cellule neoplastiche, i cosiddetti marcatori

tumorali, come:

1) la CEA (antigene carcinoembrionario), presente nelle

neoplasie del polmone, della mammella e dell’apparato

gastro-enterico;

2) l’alfafetoproteina, presente nelle neoplasie del fegato, dello

stomaco, del pancreas, del colon, del polmone;

3) la gonadotropina corionica umana, presente nelle neoplasie

del fegato, dello stomaco, del pancreas, e dell’ovaio;

4) il PSA (antigene prostatico specifico), presente nelle

neoplasie della prostata, del mieloma multiplo e delle

metastasi ossee;

5) la CA-125, presente nei tumori dell’ovaio;

6) la beta 2 microglobulina, presente nel mieloma multiplo.

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Da tener presente che un periodico esame obiettivo completo e i

comuni esami del sangue e delle urine sono gli elementi

fondamentali per la diagnosi precoce dei tumori maligni; come

pure l’esplorazione rettale, l’esame obiettivo della mammella e

dei testicoli sono i mezzi più efficaci per la diagnosi precoce

delle neoplasie dei vari organi.

In merito alle neoplasie dei vari organi possiamo affermare che:

• l’ecografia del seno, come pure la mammografia sono gli

esami fondamentale per la prevenzione e valutazione delle

neoplasie mammarie seguite dall’agoaspirato ecoguidato o

con stereotassica mammografia in caso di noduli sospetti e

non palpabili.

• Il primo esame da effettuare in caso di sospetta neoplasia

polmonare è la radiografia del torace, seguita quasi sempre

dalla TAC toracica. Seguono: l’esame dell’escreato, la

broncoscopia e l’agobiopsia per cutanea TAC-guidata che

permettono l’identificazione istologica della neoplasia.

• La gastroscopia è l’esame principe per diagnosticare i

tumori dello stomaco, questa permette anche una diagnosi

differenziale fra le lesioni neoplastiche e quelle di origine

infiammatorie e/o ulcerative; inoltre permette di praticare

prelievi bioptici. Il quadro diagnostico può essere

completato dalla ricerca di sangue occulto nelle feci e da

un emocromo.

• La coloscopia ha ormai larghissima diffusione nella pratica

clinica per la prevenzione, diagnosi e controllo del cancro

del colon-retto, con eventuale prelievo bioptico; come pure

il clisma opaco con la metodica a doppio contrasto.

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Affiancato sempre dall’esplorazione rettale e dalla ricerca

di sangue occulto nelle feci.

EFFETTI SISTEMICI DELLE NEOPLASIE

Molti sintomi provocati da una neoplasia sono dovuti alla

presenza fisica della stessa o dalle sue metastasi, questi possono

essere indiretti come l’anoressia; e particolari conseguenti

l’azione di mediatori rilasciati dalla cellula tumorale stessa (le

cosiddette sindromi paraneoplastiche). I sintomi più frequenti

sono:

Anoressia e cachessia

La cachessia, cioè l’estremo decadimento psico-organico, è

dovuta a svariati e complessi fattori:

1) anoressia;

2) depressione e malessere generale;

3) effetti generali della chemio e/o radioterapia;

4) alterazioni proteiche e del metabolismo energetico;

5) aumento del catabolismo conseguente alla febbre;

6) fuoriuscita di proteine nei cosiddetti terzi spazi (es.

versamento pleurico).

Alterazioni ematologiche

Generalmente si assiste ad anomalie importanti nel sistema di

coagulazione ed in tutte le linee cellulari ematopoietiche.

Manifestazioni neurologiche

Le metastasi cerebrali costituiscono la principale causa di

disfunzioni neurologiche, queste possono derivare anche da

anomalie metaboliche, infezioni opportunistiche del SNC o da un

suo insulto ischemica o emorragico.

Manifestazioni renali

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Le cause delle disfunzioni renali sono molteplici: neoplasia

primitiva, ostruzioni delle vie urinarie, squilibri elettrolitici,

tossicità da chemioterapia.

Manifestazioni endocrine

Alcune neoplasie sviluppano una notevole capacità di rilasciare

in circolo ormoni naturali in modo indipendente dai normali

meccanismi di regolazione, per cui si hanno le cosiddette

sindromi paraneoplastiche; come ad esempio il carcinoma

polmonare detto a piccole cellule, la cui peculiarità consiste nel

fatto che può dare varie sindromi a seconda dell’ormone

prodotto: la sindrome di Cushing (ACTH), la diminuzione della

concentrazione di sodio (ADH), la ginecomastia (HCG).

TERAPIA ONCOLOGICA

Negli ultimi anni grazie alla genetica sono notevolmente

aumentate le conoscenze sugli eventi che trasformano una cellula

normale in cellula tumorale, queste conoscenze hanno permesso

un miglioramento della diagnosi, della prevenzione e del

trattamento dei tumori. Come pure, i notevoli progressi fatti nel

campo medico, chirurgico e radioterapico hanno permesso a

molte neoplasie di diventare curabili.

Infatti, oggi, contro i tumori si può intervenire con:

Trattamento chirurgico

La resezione chirurgica totale è la più antica forma di

trattamento scelta nella maggior parte delle neoplasie solide

localizzate; poiché molte di esse hanno già dato micrometastasi

al momento della diagnosi, si è soliti integrare il trattamento

chirurgico con altre metodiche per ottenere il controllo locale e a

distanza della neoplasia stessa. Esempio classico è rappresentato

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dal carcinoma mammario localizzato che viene trattato oltre che

chirurgicamente anche con l’impiego combinato della radio e

chemioterapia.

L’intervento chirurgico può anche essere solo palliativo, mirante

a risolvere le complicanze di un carcinoma quali compressione di

strutture vitali, ostruzioni intestinali e biliari, emorragie e

perforazioni.

Infine c’è la chirurgia ricostruttiva e plastica che partecipa alla

riabilitazione dei pazienti oncologici già trattati; basti pensare

alla ricostruzione del seno dopo mastectomia, e alla risoluzione

delle contratture indotte dalla radioterapia.

Radioterapia

Circa il 60% dei pazienti oncologici trovano giovamento

dall’impiego della radioterapia. Attualmente i notevoli progressi

in campo tecnologico e le avanzate ricerche in campo della

radiobiologia hanno fatto si che questa terapia abbia raggiunto

livelli molto sofisticati con grande efficacia e con limitazione

della tossicità.

La radioterapia usa radiazioni ionizzanti ad alta energia per

distruggere le cellule neoplastiche, causando la rottura di uno o

più legami all’interno del DNA in modo da inibire la crescita e la

replicazione cellulare. L’azione selettiva delle radiazioni si base

proprio sulla differente capacità che hanno le cellule di riparare i

danni a carico del DNA, infatti mentre le cellule sane anche se

alterate dalle radiazioni sono in grado di riparare i danni del

DNA, le cellule neoplastiche invece vanno incontro ad un danno

irreparabile e quindi alla distruzione.

La sensibilità delle cellule tumorali all’azione delle radiazioni

dipende anche dalla presenza di ossigeno; infatti la distruzione

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delle cellule in condizioni di ipossia richiede da 2 a 3 volte una

dose maggiore rispetto a quella necessaria per le cellule ben

ossigenate. L’ipossia cellulare si manifesta specie quando la

crescita neoplastica supera la capacità di apporto nutrizionale dei

vasi sanguigni come avviene soprattutto nella zona centrale del

tumore dove si creano zone di necrosi.

Le onde elettromagnetiche impiegate sono solitamente: i raggi

X, generati da acceleratori lineari per il trattamento radiante

esterno, queste radiazioni sono in grado di penetrare negli strati

profondi dove è sito il tumore risparmiando quelli superficiali e

quelli posti al di fuori della posizione geografica del fascio di

radiazione; e i raggi gamma derivanti da isotopi radioattivi quali

il cobalto 60 per la radioterapia interna.

La dose da somministrare dipende dalla radiosensibilità del

tumore, dalla tolleranza dei tessuti sani e dal volume del tessuto

da irradiare. Siccome la somministrazione di una unica dose

potrebbe dar luogo ad una tossicità eccessiva, il trattamento

prevede applicazioni giornaliere di radiazioni, somministrate in

frazioni da 1.8 a 2.5 Gray per 10 minuti, per 5 giorni a settimana

per un totale di 7 – 8 settimane consecutive. Tale frazionamento

migliora l’indice terapeutico (margine di sicurezza tra dose

terapeutica e dose tossica), minimizza i danni ai tessuti sani e in

più la graduale riduzione della massa neoplastica fa si che le

cellule ipossiche tumorali giungano a stretto contatto col sistema

vascolare diventando più ossigenate e quindi più suscettibili alle

radiazioni. Inoltre vengono effettuati intervalli settimanali del

trattamento per permettere al paziente di riprendersi dalla

tossicità acuta e alle cellule di riossigenarsi. Purtroppo per alcuni

tumori, che presentano un maggior rischio di recidive, è

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necessario la somministrazione di una dose alta del mezzo

radiante in una zona circoscritta.

Lo scopo della radioterapia è quello di distruggere le cellule

neoplastiche risparmiando quelle sane, ma la probabilità di

arrecare danno a queste ultime aumenta con la dose. I tessuti più

colpiti sono quelli che richiedono una rapida e continua

proliferazione cellulare, come la cute, il midollo osseo, la mucosa

gastrointestinale, per cui vanno soggetto a tossicità acuta che si

manifesta con stomatiti, diarrea, leucopenia, mielodepressione;

mentre la tossicità tardiva, che dipende dalla dose totale

somministrata e dal tipo di frazionamento, si manifesta con

fibrosi, necrosi, ed ulcerazione.

In ultimo c’è da dire che, anche se la radioterapia costituisce il

trattamento primario per alcuni tumori (carcinomi della cute),

spesso viene combinata con la terapia chirurgica, come ad

esempio la radioterapia post-operatoria utilizzata per ridurre il

rischio di recidive locoregionale (dopo interventi alla mammella,

polmone, ecc.); o quella pre-operatoria che viene usata per

ridurre le dimensioni del tumore in modo che l’intervento

chirurgico possa essere radicale e più conservativo.

Chemioterapia

Qualsiasi tumore ha un caratteristico tempo di crescita che va da

2 giorni a tre mesi ed oltre; in un primo tempo la crescita è di

tipo esponenziale (ciò spiega perché le neoplasie si raddoppiano

circa 30 volte prima di essere clinicamente rilevabili), in seguito

una percentuale sempre maggiore di cellule entra nel pool non

proliferativi a causa della morte e della differenziazione cellulare

(fase di riposo del ciclo cellulare). Quest’ultima diminuisce la

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suscettibilità dei tumori agli agenti antineoplastici, che sono più

attivi nei riguardi delle cellule che si dividono più rapidamente.

Infatti, tutti i chemioterapici agiscono sulla divisione cellulare:

gli antimetaboliti, agendo come analoghi di substrati fisiologici

vitali, inibiscono la sintesi del DNA (il methotrexate è analogo

all’acido folico, la citosina arabinoside è analogo alla

pirimidina); gli agenti alchilanti, come la ciclofosfamide,

interagiscono chimicamente con il DNA causandone la rottura;

gli alcaloidi della vinca (vincristina, vinblastina) sono prodotti

vegetali che arrestano il ciclo cellulare inibendo la funzione dei

microtubuli; molti antibiotici ad attività antitumorale come le

antracicline si intercalano nella doppia elica del DNA.

La forte correlazione fra la dose letale e la dose necessaria per la

cura dei tumori maligni giustifica la tossicità dei trattamenti;

tossicità che, anche in questo caso, può essere di tipo acuto con

nausea, vomito, alopecia, insufficienza renale, mielosoppressione

e cistite emorragica; tossicità cronica con leucemia, fibrosi

polmonare, sindrome emolitico-uremica, neuropatia periferica e

sterilità.

La causa più frequente del fallimento della chemioterapia è la

resistenza ai farmaci e la probabilità di svilupparla che è

proporzionale alle dimensioni del tumore e al grado di mutazione

del gene della farmacoresistenza, il cui prodotto è una proteina

che impedisce l’accumulo intracellulare del farmaco stesso.

COME GLI INFERMIERI POSSONO AIUTARE I

PAZIENTI ONCOLOGICI

Il paziente oncologico necessita di continue cure dal momento

della diagnosi fino alla guarigione o alla morte, per cui

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rappresenta una realtà complessa vuoi per il tipo di malattia che

per la “devastazione” che la stessa determina sul suo corpo, sulla

sua psiche, sulla sua vita, sulla sua famiglia e sugli operatori

sanitari che lo assistono. Una realtà composita, variabile da caso

a caso, per la quale è difficile una standardizzazione

dell’assistenza, perché un paziente differisce dall’altro a parità di

malattia per: carattere, sensibilità, modalità di reazione all’evento

malattia, rapporti familiari e sociali, condizioni economiche,

capacità di comunicazione, fede religiosa. Quindi ogni persona

ha una sua unicità irripetibile con bisogni e richieste proprie. Per

questo motivo “curare bene” il paziente non basta, ma è

necessario che il paziente abbia anche una risposta ai problemi di

carattere psicologico etico e sociale che insorgono nelle varie fasi

della malattia e anche nel periodo successivo alla guarigione.

L'infermiere è la persona che passa più tempo in compagnia del

paziente, è la persona a cui il paziente, spaventato e confuso per

tutto quello che gli sta succedendo, spesso dall'oggi al domani

(diagnosi di tumore, intervento in tempi brevi, necessità di

trattamento chemioterapico), rivolgerà più domande; per cui le

sue funzioni debbono essere finalizzate all’identificazione e alla

soddisfazione della maggior parte dei bisogni di questo tipo di

pazienti. Bisogni che interessano diverse aree:

1)L’area fisiologica: maggior controllo dei sintomi; ripristino

della qualità dell’alimentazione, del sonno e della cura della

persona.

2)L’area emotiva: bisogno di rassicurazione, di informazione

sullo stato della malattia.

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3)L’area sociale: bisogno di comunicare con i familiari e le

persone care, di occupare la giornata in modo soddisfacente, di

assistenza per le necessità pratiche.

In tale contesto l’infermiere deve:

• informare il paziente per alleviare in lui ansie e paure

• praticare la terapia antiblastica

• provvedere alla manutenzione dei vari presidi utilizzati

(sistema port, CVC, ecc.)

• preparare il paziente all’intervento chirurgico

• prevenire eventuali complicanze legate ai trattamenti

antitumorali e all’evolversi della patologia

• alleviare i sintomi e il dolore ricorrendo anche a cure

palliative

In questi casi gli infermieri debbono:

• saper ascoltare ed osservare

• saper comprendere anche la comunicazione non verbale e

notare eventuali discrepanze tra comunicazione verbale e

non verbale

• essere in grado di rapportarsi e comunicare con tutti

• saper individuare i problemi del paziente, risolverli da

solo, quando possibile, o con l'aiuto di altri membri

dell'equipe (medici, psicologi, altri operatori sanitari,

famigliari)

• saper dare informazioni e spiegazioni in modo chiaro e

preciso, verificando sempre che il paziente abbia capito,

(ciò diminuisce l'ansia).

Per fare tutto ciò e dare delle risposte professionali è necessario

che l'infermiere sia a conoscenza della patologia del paziente in

Page 19: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

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questione, del tipo di protocollo terapeutico stabilito dal medico,

degli effetti collaterali dei farmaci, del tipo di follow-up previsto

una volta finito il ciclo di terapia. Senza queste conoscenze di

base è molto difficile affrontare una conversazione con un

paziente oncologico che ha bisogno di continue conferme e

rassicurazioni, che spesso cercherà in tutti i membri dell' equipe.

Se non si vogliono creare delle ulteriori ansie, tutti i membri

dell’equipe assistenziale dovranno dare delle risposte basate su

evidenze scientifiche, in modo tale che ad ogni domanda posta

dal paziente, la risposta sarà sovrapponibile anche se data da

persone diverse.

LA CHEMIOTERAPIA

La chemioterapia si avvale dell'uso di farmaci in grado di

eradicare buona parte di cellule tumorali distruggendo anche le

metastasi, con minimo danno alle cellule sane. I meccanismi

d'azione dei chemioterapici sono:

• inibizione della biosintesi del DNA, del RNA e delle

proteine;

• inibizione della replicazione, trascrizione e traslocazione

del materiale genetico;

• inibizione della mitosi.

Anche se l'obiettivo della chemioterapia è prettamente quello di

distruggere le cellule tumorali, è inevitabile che vengano colpite

anche alcune cellule sane, quelle che subiranno di più l’azione

lesiva di questi farmaci sono tutte le cellule che si riproducono

velocemente come quelle dei bulbi piliferi, della mucosa

gastrointestinale, del midollo osseo, delle gonadi. Di

conseguenza compaiono come effetti collaterali, alopecia,

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disturbi dell’appetito, nausea e/o vomito, diarrea o stipsi,

mucositi, depressione midollare, sterilità.

Gli effetti tossici o collaterali della chemioterapia possono essere

suddivisi in:

1)comuni, come: l'alopecia (comparsa dopo 20 giorni), i disturbi

dell'appetito (comparsa dopo ore o giorni). la depressione

midollare (comparsa tra i 7 ed i 14 giorni), la mucosite (comparsa

tra i 7 ed i 14 giorni);

2)specifici, come: la cistite emorragica (da ciclofosfamide ad alte

dosi, ifosfamide), la cardiotossicità (da antracicline), la

nefrotossicità (da cisplatino e methotrexate), la tossicità

polmonare (da bleomicina), la neurotossicità (da cisplatino,

taxolo, vincristina, vinorelbina, oxaliplatino), la congiuntivite (da

ciclofosfamide, fluorouracile)

3)immediati, come: la nausea o il vomito. Sono effetti reversibili,

dovuti alle caratteristiche chimico-fisiche dei farmaci;

4)precoci, come: l'anemia, la trombocitopenia, la leucopenia,

l'alopecia, ecc. Sono anche questi effetti reversibili legati alle

proprietà citotossiche e citostatiche dei farmaci;

5)tardivi, come: l'azoospermia, l'amenorrea, la teratogenesi, la

fibrosi epatica, le miocardiopatie, l'induzione a tumori secondari,

ecc. sono effetti irreversibili legati all'azione antiproliferativa dei

farmaci, che possono manifestarsi dopo periodi più o meno

lunghi dalla somministrazione del farmaco;

6)locali, come: la flebite, la sclerosi venosa, le ulcere e le necrosi

dei tessuti circostanti la zona di stravaso.

Nella gestione degli effetti collaterali da farmaci antiblastici è

fondamentale conoscere la probabilità di avere una risposta

tossica, in modo da poter intervenire con un approccio

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sistematico incentrato su una continua valutazione del paziente,

prima, durante e dopo il trattamento, infine, raccogliere e

registrare le informazioni ottenute per poterle usufruire durante i

trattamenti successivi.

Un fattore determinante per la riuscita del trattamento

chemioterapico è quello legato alle caratteristiche del farmaco

stesso:

• caratteristiche farmacocinetiche: durata ed intensità di

esposizione del tumore al farmaco, conseguente alla: dose,

via di somministrazione, distribuzione, metabolismo e

eliminazione del farmaco stesso;

• caratteristiche farmacodinamiche: “che cosa il farmaco fa"

all'organismo, ciò permette al clinico di ottimizzare i

trattamenti individuando le modalità di somministrazione e

i dosaggi ottimali atti a controllare la crescita neoplastica;

• caratteristiche di farmaco-resistenza: resistenza del tumore

nei confronti del farmaco, nel senso che il tumore può

essere aggredito farmacologicamente con una temporanea

remissione completa della neoplasia, ma, in caso di

recidiva, se trattato una seconda volta con lo stesso

farmaco spesso non vi sarà alcuna risposta.

La chemioterapia, in base al momento clinico in cui viene

applicata, può essere distinta in:

• neoadiuvante è quella che viene fatta prima dell'intervento

chirurgico generalmente per ridurre la massa tumorale ed

eliminare le micrometastasi;.

• primaria è quella che viene fatta quando il tumore può

essere trattato solo farmacologicamente;

Page 22: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

21

• adiuvante è quella che viene fatta dopo l'intervento

chirurgico;

• palliativa è quella che viene fatta dopo una ripresa della

malattia e/o presenza di metastasi.

EFFETTI COLLATERALI DELLA CHEMIOTERAPIA

I più frequenti effetti collaterali della chemioterapia sono:

1)L’alopecia, rappresenta un effetto collaterale dal forte impatto

psicologico per il paziente, ma di nessuna rilevanza medica

importante. Il paziente sottoposto a chemioterapia con farmaci

alopecizzanti (ciclofosfamide, etoposide, adriamicina, ecc.) è

generalmente soggetto ad ansia e paura per il rischio della perdita

dei capelli e dei peli, a cui consegue un’alterazione della propria

immagine corporea. La caduta dei capelli è comunque, sempre

reversibile ed è legata al fatto che capelli e peli sono formati da

cellule ad elevata attività mitotica, per cui facile bersaglio di

alcuni antiblastici.

Il modo migliore per affrontare questo problema e quello di

informare il paziente circa il meccanismo che causa l'alopecia;

informarlo dei tempi della possibile comparsa, della sua entità e

della sua reversibilità; spiegargli la possibilità di variazione

dell'aspetto e del colore della capigliatura al momento della

ricrescita; consigliargli l'uso di parrucche, foulard e copricapo per

attenuare eventuale disagio; l'uso di shampoo delicato e spazzole

morbide al momento della ricrescita.

2)I disturbi dell' appetito sono conseguenti alla somministrazione

di farmaci antiblastici e si manifestano con la diminuzione

dell'appetito più o meno accompagnato da senso di sazietà

precoce, e dall'alterazione del gusto, che può influire sull'appetito

Page 23: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

22

e sulla dieta; in entrambi i casi vanno suggerite al paziente alcune

procedure utili a diminuire queste spiacevoli inconvenienze. In

particolare si dovrà consigliare al paziente di:

• curare in modo particolare l'igiene orale

• aumentare la quantità di spezie e condimenti nei cibi

• aumentare il consumo di caramelle

• consumare pollo, pesce e formaggi in alternativa alla carne

rossa

• sconsigliare al paziente di prepararsi da solo i pasti

• impiegare cibi freddi se gli odori costituiscono un

problema

• marinare la carne e il pollo con aromi e spezie per

mascherarne il sapore

• evitare cibi insipidi

• individuare le modificazioni giornaliere dell' appetito in

modo da affrontare il problema della nutrizione e della

dieta negli orari più appropriati.

E' comunque di fondamentale importanza affrontare il problema

nutrizionale e dietologico come parte integrante del programma

di assistenza del paziente oncologico.

3)La nausea e il vomito, rappresentano gli effetti collaterali più

frequenti legati al trattamento chemioterapico con farmaci

antiblastici, infatti colpisce più dell'80% dei pazienti trattati.

Questi fenomeni sono favoriti da alcuni fattori quali il dosaggio

del farmaco, la via di somministrazione, la diluizione, l'uso e il

tipo di antiemetici, e lo stress.

La nausea è una sensazione spiacevole associata a sintomi fisici

quali pallore, sudorazione, vertigini, avversione al cibo, mentre il

Page 24: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

23

vomito è l'espulsione forzata attraverso la bocca e/o il naso del

contenuto gastrico. In genere è preceduto da sudorazione, pallore,

variazione di frequenza cardiaca, vertigini, sensazione di vuoto

alla testa e modificazione del respiro.

Dal punto di vista clinico i fenomeni emetici si presentano

secondo tre modalità di esordio:

a) acuto si manifesta entro 24 ore dal trattamento, con un picco di

insorgenza intorno alla 5 - 6 ora; facilmente controllabile con la

somministrazione di antiemetici;

b) ritardato si manifesta dopo le prime 24 ore dal trattamento,

con un picco d'insorgenza intorno al terzo giorno, ed è più

difficile da controllare farmacologicamente;

c) anticipatorio si manifesta prima della somministrazione della

chemioterapia e trova la sua causa nella predisposizione

psicologica del paziente che ha subito un'esperienza negativa nel

controllo dell'emesi in trattamenti precedenti.

I pazienti affetti da nausea e dal vomito vengono trattati con

terapia farmacologica stabilita dal medico (e supportata

dall’infermiere), sulla valutazione del potenziale emetizzante dei

farmaci antiblastici utilizzati, sui tempi di insorgenza e sulla

durata dell’episodio emetico, allo scopo di garantire al paziente

un'adeguata copertura temporale della remissione dei sintomi in

base all’utilizzo di tutti i farmaci a disposizione compresi gli

steroidi (che possono potenziare l'azione degli antiemetici), e gli

ansiolitici.

Oltre al trattamento farmacologico vi sono una serie di norme

generali e suggerimenti che l'infermiere può dare al paziente per

alleviare i fenomeni emetici:

Page 25: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

24

• informarlo sugli effetti emetizzanti del trattamento e sui

farmaci utili per ridurlo

• consigliarlo di alimentarsi poco e spesso in presenza di

nausea

• suggerirgli di sciacquarsi spesso la bocca per evitare

secchezza delle fauci e di assumere liquidi in quantità

ridotta durante i fenomeni emetici

• raccomandargli di stare in piedi almeno un'ora dopo i pasti

e di concedersi distrazioni come la lettura o l'ascolto della

musica o fare quello che più gli piace

• nel caso di nausea e vomito anticipatori, consigliarlo di

eseguire tecniche di rilassamento che lo aiuteranno a

prevenire questo fenomeno

• favorire comunque e sempre risposte concrete ai quesiti

esposti dal paziente in modo da ridurre l’ansia

4)Mucositi: per mucosite si intende l’infiammazione delle

mucose, si presentano sotto varie forme a seconda della mucosa

interessata (stomatite, esofagite, cistite, congiuntivite, ecc.). Ci

occuperemo delle stomatiti e delle esofagiti, perché si

manifestano più frequentemente in caso di somministrazione di

5FU, methotrexate e doxorubicina.

L'assistenza infermieristico, in questo caso si basa principalmente

sulla prevenzione, attraverso:

• il controllo quotidiano del cavo orale

• la segnalazione al medico di ogni minimo arrossamento

• la richiesta di collaborazione da parte del paziente affinché

segnali l'insorgenza di bruciori

Page 26: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

25

• l'istruzione del paziente ad una corretta igiene del cavo

orale (spazzolini morbidi, sciacqui con bicarbonato di

sodio o colluttori)

• la pulizia delle protesi dentarie, in quanto i portatori vanno

incontro con maggiore frequenza a stomatiti

• l'astensione dal fumo e dall'alcool

Nel caso di disturbi leggeri l'applicazione di ghiaccio, il

consumo di gelati e/o bevande fredde possono dare sollievo;

mentre in caso di stomatite severa si dovrà consigliare: una

corretta dieta evitando cibi troppo caldi, consumando frullati,

integratori e assumendo liquidi abbondante, o intervenire con

l'impiego, su indicazione del medico, di anestetici o antimicotici

locali e, nei casi più severi, di antimicotici per via sistemica.

5)Diarrea e stipsi, sono fenomeni frequenti, dovuti al fatto che la

mucosa intestinale essendo costituita da cellule in attiva

proliferazione sono molto sensibili all'azione citotossica dei

chemioterapici.

La diarrea è provocata specie dall’uso di: 5FU, methotrexate,

actinomicina, irinotecan, nitrosuree. A questo si aggiunge la

sovrapposizione di infezioni e l’alterazione della dieta che vanno

ad aggravare la situazione. Anche se la diarrea può diventare

pericolosa per i fenomeni di disidratazione ad essa legati

(soprattutto negli anziani e nei soggetti debilitati), è comunque

generalmente risolvibile con un'adeguata terapia medica e

l'applicazione di alcuni accorgimenti che richiedono l'intervento

dell’infermiere:

• avvisare i pazienti sulla necessità di segnalare l'insorgenza

di diarrea

Page 27: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

26

• individuare precocemente i problemi relativi a alla diarrea:

disidratazione, squilibri idroelettrolitici, astenia e calo

ponderale

• modificare la dieta, evitando cibi irritanti per l'intestino

• consigliare al paziente pasti piccoli e frequenti, e

l’assunzione di liquidi ricchi di elettroliti

• applicare localmente anestetici, nel caso di irritazioni anali

• impiegare farmaci antidiarroici.

La stipsi è dovuta ad una diminuzione della frequenza della

peristalsi intestinale con conseguente difficoltà di fuoriuscita

delle feci che diventano dure e secche. Questo effetto può essere

legato ad una scarsa dieta liquida e attività motoria, alla stessa

patologia tumorale (se localizzata all'intestino), al concomitante

uso di farmaci antiemetici ed analgesici.

L'intervento infermieristico si fonda sull'applicazione di alcune

semplici norme igienico-sanitarie:

• l'assunzione di una dieta ad elevato contenuto di fibre e di

un’adeguata quantità di liquidi

• la non sottovalutazione dello stimolo alla defecazione

• lo svolgimento di un'attività fisica quotidiana

• l'impiego di agenti emollienti o di blandi lassativi

(preferibilmente derivati dalla senna).

6)Mielodepressione, anche i progenitori delle cellule ematiche

sono elementi in continua proliferazione, quindi molto sensibili

all'azione citotossica degli antiblastici come: carboplatino,

cisplatino, oxaliplatino. L'entità dell'effetto mielotossico è legato

al tipo di farmaco utilizzato, al dosaggio, alla tollerabilità

Page 28: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

27

individuale, alla concomitante radioterapia e ad eventuali

trattamenti precedenti.

In generale la mielodepressione è caratterizzata dalla

diminuzione dei valori assoluti dei leucociti (leucopenia GB <

3500/mm3), eritrociti (anemia GR < 4.000.000/mm3), piastrine

(piastrinopenia PLTS < 150.000/mm3).

Per quanto riguarda la leucopenia, in particolare la neutropenia, è

caratterizzata da una diminuzione del numero di granulociti

neutrofili, quest’ultima si definisce severa quando il numero dei

neutrofili è < 500/mm3 , in questi casi possono facilmente

comparire febbre, mucositi, infezioni delle vie respiratorie,

urinarie ed enterocoliti. La presenza di febbre alta può rendere

necessario il ricovero in ospedale per il trattamento con

antibiotici e con fattori di crescita che stimolano le cellule

staminali midollari a produrre nuovi leucociti.

In tale situazione l'infermiere deve salvaguardare l'integrità delle

barriere di difesa dell' organismo:

• evitando, se possibile, procedure diagnostico-terapeutiche

invasive (es. cateterismo vescicale)

• controllando la sede di inserzione degli accessi venosi

periferici

• usando tecniche asettiche nella gestione dei dispositivi

venosi centrali (CVC o port)

• mantenendo l'integrità delle mucose e della cute

• consigliando al paziente tutte le procedure igieniche atte a

prevenire infezioni e contagi

L'infermiere deve anche saper ridurre le potenziali cause

ambientali di infezione:

Page 29: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

28

• lavandosi accuratamente le mani prima e dopo ogni

contatto con il malato

• assicurandosi che tutta l'attrezzatura sanitaria che viene a

contatto con il malato sia lavata e disinfettata

• evitando fiori e piante nella stanza del paziente

• sconsigliando l'uso di saponette che possono rappresentare

un ottimo terreno di coltura per gli agenti infettivi

• tenendo i pazienti ricoverati in stanze di isolamento in

modo da evitare il contatto con persone recentemente

vaccinate o con bambini

• consigliando al paziente una dieta a bassa carica batterica,

usando solo cibi cotti ed escludendo frutta e verdura cruda

• applicando l'eventuale profilassi antibiotica.

L’anemia è caratterizzata dal calo del numero dei globuli rossi,

dell'ematocrito e dell'emoglobina (GR < 3.500.000/mm3; Hb

< 10g/dl; HTC < 30%); la sua sintomatologia è condizionata

dalla rapidità con cui si instaura; in genere nell' anemia indotta

dalla chemioterapia c'è un calo graduale dell' emoglobina e dell'

ematocrito, spesso con una sintomatologia minima o assente. In

presenza di anemia moderata e severa il paziente lamenterà

dispnea, pallore, sudorazione, astenia, tachicardia.

Oltre agli esami clinici una prima valutazione dello stato anemico

potrà essere fatta anche dall'infermiere controllando le mucose, la

cute e il letto ungueale. Accertato lo stato anemico, l'intervento

infermieristico consiste essenzialmente nel:

• favorire il riposo per facilitare il risparmio di energie

• consigliare un'alimentazione ricca di carni rosse, fegato e

verdure ricche di ferro

Page 30: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

29

• somministrare eritropoietina e, nei casi più gravi (Hb

< 8g/dl) infondere emazie concentrate secondo prescrizione

medica

Per quanto riguarda la piastrinopenia essa consiste nella

riduzione del numero delle piastrine < 100.000/mm3 (<

20.000/mm3 vi è un elevato rischio di sanguinamento). La

prevenzione in questo caso si attua:

• valutando eventuale comparsa di ecchimosi, petecchie

• evitando, ove possibile, le procedure invasive e l’uso di

farmaci che interferiscano con la funzionalità piastrinica e

l'emostasi

• utilizzando aghi sottili per la venopuntura e riducendo il

tempo di applicazione del laccio emostatico

• esercitando una pressione locale di almeno 5 minuti nella

sede di un eventuale prelievo o iniezione

• consigliando al paziente di evitare traumatismi da sport, da

vita quotidiana e dall’uso di effetti personali (spazzolini da

denti, rasoi, ecc.)

7)Lo stravaso, è un altro effetto collaterale indesiderato; si

verifica in seguito alla fuoriuscita del farmaco, in corso di

somministrazione parenterale di chemioterapici, dal lume vasale

nei tessuti perivascolari. Le sue conseguenze sono definite da una

serie di variabili quali: la sede, il tipo di farmaco, la sua

concentrazione e la tempestività d'intervento.

Lo stravaso può provocare seri danni funzionali ed estetici,

alcune volte con conseguenze irreversibili tanto da costituire un

problema medico-legale; per cui il Ministero della Sanità col

D.L. 18 febbraio 1999 limita l'utilizzo degli antiblastici iniettabili

all'interno degli Ospedali e afferma “sono anche frequenti i rischi

Page 31: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

30

di lesioni necrotico-ulcerative dei tessuti molli nella sede di

iniezione in seguito a stravaso del farmaco”.

Lo stravaso di farmaci antiblastici è un'emergenza che chiunque

li somministri può trovarsi ad affrontare, è quindi fondamentale

che gli addetti a tale compito abbiano adeguate conoscenze

riguardo la tossicità locale degli stessi, in modo da poter attuare

tempestivamente interventi idonei a prevenire o attenuare i danni

conseguenti a questa evenienza.

Il personale infermieristico è responsabile dello stravaso quando

non sa riconoscere i segni e i sintomi che lo identificano, perché

inesperto, e quindi non li documenta perché li sottostima; infatti

per valutare correttamente l'entità dello stravaso ci si affida ad

alcuni parametri generali: dolore, rossore, gonfiore, ritorno

venoso.

I farmaci chemioterapici antiblastici, in base alla loro natura e al

loro meccanismo d'azione, si possono suddividere in: inerti

(methotrexate, ciclofosfamide) non sono né irritanti né

vescicanti; irritanti (irinotecan, cisplatino) che possono causare

sofferenza venosa con o senza reazione flogistica cutanea, edema

ma senza nessun danno tissutale; vescicanti (mitomicina,

antraciclina) che provocano danno tissutale con formazione di

bolle o vesciche e ulcere necrotiche irreversibili. Studi clinici

hanno dimostrato, però, che farmaci ritenuti non vescicanti,

quali il 5FU, cisplatino, carboplatino, ifosfamide, hanno

provocato gravi danni locali da stravaso.

In seguito ad uno stravaso venoso si possono avere varie

reazioni, come ad esempio l’eritema con possibile formazione di

papule; queste possono evolvere in noduli o pustole suppurative;

e, infine, in ulcerazioni necrotiche.

Page 32: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

31

Il trattamento standard in caso di stravaso comprende una serie di

manovre che possono essere attuate dall'infermiere senza il

consulto medico e altre che prevedono, invece, la supervisione

del medico. Infatti, qualora si abbia il dubbio che sia avvenuto

uno stravaso si procede con le seguenti azioni:

• interrompere la somministrazione del farmaco in corso

senza rimuovere l’ago;

• tentare di aspirare qualche millilitro di sangue per

rimuovere la maggiore quantità possibile di farmaco;

• rimuovere l'ago e sollevare l'arto per favorire il deflusso

venoso;

• utilizzare l’antidoto adatto e praticare impacchi caldi o

freddi a seconda le indicazioni riportate sul prodotto;

• non comprimere o frizionare la cute;

• circoscrivere la zona con penna termografica per tenerla

sotto osservazione per almeno 1 o 2 settimane;

• se necessario chiedere un consulto del dermatologo o del

chirurgo.

L'utilizzo di FANS (per controllare il dolore e la reazione

infiammatoria) e di antibiotici specifici rientra in quella seconda

parte di manovre dove è necessaria la presenza del medico e la

sua prescrizione.

MANIPOLAZIONE IN SICUREZZA DEI FARMACI

ANTIPROLIFERATIVI

Nell'ultima decade i farmaci antiproliferativi hanno trovato una

più ampia applicazione per l’aumento dell’incidenza delle

neoplasie e per il successo ottenuto dai trattamenti farmacologici,

Page 33: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

32

grazie anche all’uso di nuove vie di somministrazione

(endocavitaria, loco-regionale, intra-arteriosa).

La necessità di somministrare i chemioterapici ai pazienti affetti

da tumore richiede, sul piano operativo, un' attività complessa

(approvvigionamento, preparazione, trasporto, somministrazione,

smaltimento) che impegna il personale sanitario (tecnici,

infermieri, farmacisti, medici) in numero variabile e per tempi

diversi in rapporto alle singole esigenze terapeutiche.

In un reparto oncologico, ciò che compete all’infermiere per

quello che riguarda l’utilizzo dei farmaci antiblastici è la loro

conservazione, preparazione e somministrazione adottando i

dispositivi di protezione individuali (D.P.I.) e le procedure di

sicurezza in modo da ridurre al minimo il rischio di esposizione

professionale e ambientale, visto che questi farmaci sono

altamente cancerogeni, mutogeni e teratogeni.

A questo scopo la Commissione Oncologica Nazionale ha

deliberato per formulare linee-guida per la prevenzione del

rischio e la manipolazione in sicurezza di questi farmaci, nonché

di fornire idonee indicazioni di formazione/informazione per le

categorie professionalmente esposte.

Nelle linee-guida del 1999, il Ministero della Sanità raccomanda

che ogni centro (ospedale, istituti universitari o a carattere

scientifico) che utilizza farmaci antiproliferativi istituisca una

specifica “Unità Farmaci Antitumorali” (UFA) centralizzata,

isolata, chiusa, protetta e segnalata; con adeguati locali da adibire

alla conservazione, manipolazione e preparazione dei farmaci e

con personale specificamente formato.

La messa a punto di metodiche molto sensibili ha permesso di

rilevare che la contaminazione dell'ambiente e dell'operatore, da

Page 34: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

33

parte di questi farmaci, anche in condizioni di buona protezione

individuale ed ambientale appare possibile come conseguenza di

errori nella manipolazione.

Infatti, la manipolazione di tali farmaci dalla loro consegna, da

parte dell'azienda produttrice, fino allo smaltimento dei rifiuti,

comporta una serie di procedure che, se non eseguite

correttamente in sicurezza, possono divenire occasione di

contaminazione. Le confezioni di farmaci danneggiate durante il

trasporto, la preparazione dei flaconi contenenti il farmaco

liofilizzato, la diluizione, l’apertura delle fiale, il riempimento

delle siringhe, il trasferimento in sacche, l’espulsione dell' aria

dalle siringhe, costituiscono un rischio di esposizione e di

contaminazione diretta con vapori e/o con gocce di liquido; come

pure la pulizia quotidiana della cappa, la somministrazione dei

farmaci e lo smaltimento dei residui degli stessi possono essere

causa di contaminazione.

Accertato che la contaminazione è comunque possibile ed

imprevedibile, in tutte le UFA dovrebbe essere presente un

protocollo di pronto intervento e un kit per l'emergenza

contaminazione, dotato di tutti i mezzi idonei all’evenienza e

delle relative istruzioni di impiego per far fronte all’emergenza

stessa.

Va comunque ricordato che in caso di contaminazione bisogna:

togliere subito gli indumenti contaminati e lavare la zona

interessata con acqua e sapone; avvertire sempre il medico

competente che consiglierà quale antidoto usare; riferire

l’accaduto al Responsabile del Servizio di Prevenzione e

Protezione (R.S.P.P.) e alla Direzione Sanitaria.

Page 35: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

34

LE CURE PALLIATIVE

In base ai dati della letteratura e all’esperienza si può calcolare

che il 70% circa dei pazienti che muoiono per neoplasia abbia la

necessità di cure palliative, soprattutto nella fase terminale.

La “medicina palliativa” è un termine coniato in Gran Bretagna

nel 1987, ed indica lo studio e la gestione dei pazienti con

malattia attiva in progressione avanzatissima per i quali la

prognosi è limitata all’obiettivo della cura e della qualità di vita.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce le cure

palliative come: La cura o meglio l’assistenza (care) attiva,

globale di quei pazienti la cui malattia non risponde più ai

trattamenti curativi.

Le cure palliative hanno come scopo:

• affermare il valore della vita, considerando la morte come

evento naturale;

• non incidere temporalmente sull’esistenza del paziente;

• provvedere al sollievo dal dolore e dagli altri sintomi;

• integrare gli aspetti psicologici, sociali e spirituali

dell’assistenza;

• offrire un sistema di supporto per aiutare: il paziente a

vivere il più normalmente possibile fino alla morte, e la

famiglia a convivere con la malattia e poi con il lutto;

Le cure palliative, possono essere adottate anche nel corso della

malattia in concomitanza con i trattamenti antiblastici, perché

mirano a far vivere i malati terminali nel miglior modo possibile,

compatibilmente con la loro patologia e di farli morire con

dignità, facendoli rimanere a casa con i loro famigliari sfruttando

l’assistenza domiciliare, o di godere di ambienti idonei alle

proprie esigenze, quali: reparti oncologici ospedalieri, DH

Page 36: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

35

oncologici e Hospice, dove possono ricevere le cure più

appropriate.

DIPARTIMENTO ONCOLOGICO

L’assistenza oncologica deve avere un’azione propositiva oltre

che essere in linea con le indicazioni del Piano Sanitario

Nazionale e Regionale che tende a costruire una rete di attività

funzionalmente integrate e, a collegare i servizi ospedalieri con

quelli territoriali e domiciliari attraverso la costituzione del

Dipartimento Oncologico.

Di questo, l’ospedale oltre che interessarsi del ricovero e

dell’assistenza pre, intra e post-operatoria del paziente

oncologico, contribuisce anche alla cura dei malati neoplastici

gravi formalizzando procedure di accesso facilitato alle

prestazioni in regime di ricovero e DH, nonché di consulenza

specialistica, a carattere diagnostico o trattamentale a scopo

palliativo, per tutti gli assistiti in regime domiciliare o di ricovero

in hospice.

Le prestazioni di ricovero in regime ordinario o di DH possono

essere richieste dal medico esperto di cure palliative e, nel caso

in cui l’assistenza sia fornita in regime di Assistenza Domiciliare

Integrata (ADI), anche dal Medico di Medicina Generale,

comunque previa valutazione in Unità Operativa Dipartimentale

(U.O.D.).

Da tener presente che il ricovero, comunque si configura,

rappresenta per il malato, la famiglia e l’istituzione sempre un

momento di crisi:

• Per il malato la preoccupazione per la malattia, la

dipendenza dal personale ospedaliere, l’obbligo di adattarsi

Page 37: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

36

a ritmi che gli sembrano assurdi, l’isolamento dal proprio

ambiente familiare e sociale.

• Per la famiglia il senso di colpa e di sconfitta di fronte all’

incapacità di curare il proprio congiunto, e ai cambiamenti

dei ruoli e delle abitudini.

• Per le istituzioni le procedure di ammissione, l’incertezza

sulle competenze, gli esami di routine, il posto letto che

più volentieri viene assegnato al paziente guaribile.

Comunque il ricovero in ospedale è: corretto, se rappresenta la

soluzione di un problema acuto o serve almeno a migliorare la

qualità di vita del paziente; scorretto, se è richiesto per problemi

che possono essere risolti da una adeguata assistenza domiciliare,

in regime di DH o residenziale.

ASSISTENZA ONCOLOGICA DOMICILIARE

I pazienti oncologici in fase terminale esprimono quasi sempre il

desiderio di trascorrere gli ultimi giorni della propria vita a casa

fra le comodità e la sicurezza domestica e in compagnia dei

propri familiari; per questo, negli ultimi tempi, si sta diffondendo

l’abitudine di assistere i pazienti oncologici al proprio domicilio

anche perché questo sembra provocare, in loro, un minor livello

di ansia, di dolore e di depressione. Inoltre, esperienze di altri

paesi hanno dimostrato che i malati oncologici in fase terminale

possono essere seguiti a domicilio fino al decesso, con notevole

miglioramento della qualità di vita purché venga garantita loro

una adeguata assistenza e alla famiglia un adeguato supporto.

Il Ministro della Sanità con la Gazzetta Ufficiale del 01/06/1996,

ha definito le linee guida per le cure domiciliari nel paziente

Page 38: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

37

oncologico ponendo come obiettivo principale e come valore

assoluto “la qualità della vita”.

Per poter realizzare l’assistenza domiciliare in modo concreto è

necessario:

• il consenso da parte del paziente

• adeguate caratteristiche igienico, sanitarie e tecnologiche

dell’abitazione

• un grado adeguato di accettazione da parte della famiglia

• un’equipe multidisciplinare che lavora in sinergia

• un’accurata istruzione del paziente e della famiglia per

l’utilizzo e la cura dei vari presidi

• enfatizzare l’igiene e la disinfezione come misure di

profilassi per le infezioni

• spiegare al paziente e ai famigliari i sintomi di eventuali

complicanze, in modo da poterle distinguere per trattarle

• dare ai familiari dei recapiti per poter contattare il medico

o l’infermiere in caso di necessità.

Comunque il personale sanitario è tenuto ad eseguire controlli

periodici in base ad un programma di follow-up che prevede un

calendario di visite a seconda del tipo di assistenza domiciliare

che il paziente ha bisogno:

1)Assistenza domiciliare programmata (ADP), deve essere

strutturata in modo tale da fornire il minimo livello assistenziale

da parte del medico di medicina generale con almeno una visita

programmata a settimana. Inoltre viene garantito il servizio di

guardia medica nelle ore scoperte dal medico di base.

2)Assistenza domiciliare integrata (ADI), prevede una

necessaria integrazione tra il medico di medicina generale, le

Page 39: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

38

strutture sanitarie distrettuali e le Unità Operative per le cure

Palliative (UOCP) in modo da garantire un intervento

continuativo. Il medico di medicina generale dovrà fornire almeno

due visite domiciliari settimanali e un’assistenza diurna. Durante

le fasce orarie non coperte dal medico di medicina generale, il

servizio di guardia medica si prenderà carico dell’assistenza.

L’integrazione con le UOCP prevede visite domiciliari da parte

del medico e dell’infermiere una volta ogni quindici giorni.

3)Assistenza continuativa palliativa domiciliare, è una modalità

di assistenza con la quale la gestione del paziente è affidata al

responsabile della UOCP che può collaborare con il medico di

medicina generale. La continuità delle cure deve essere garantita

24 ore su 24 per 365 giorni l’anno (per questo ospedalizzazione

domiciliare); devono anche essere garantite almeno tre visite

specialistiche e quattro visite infermieristiche settimanali.

Nei tre casi l’attività deve essere necessariamente integrata

con quella infermieristica; perché, l’infermiere, rappresenta

l’anello di congiunzione tra il paziente, la famiglia e il medico; e

tra quest’ultimo e la struttura.

Tuttavia per poter realizzare una assistenza domiciliare

continuativa è necessario che la famiglia, che rappresenta il

mezzo attraverso cui essa si concretizza, sia sufficientemente

preparata a svolgere un compito che si presenta assai difficile; per

cui l’equipe prende in carico non solo il malato, ma tutto il

contesto familiare con i suoi bisogni e le sue ansie, rendendosi

conto che non è sempre il malato ad avere bisogno di un maggior

sostegno pisicologico.

Infatti le difficoltà di una famiglia di fronte a un malato terminale

nascono dall’impatto con una situazione straordinaria che impone

Page 40: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

39

aspetti nuovi da capire e da gestire, che portano ad uno

sconvolgimento della routine quotidiana e all’alterazione delle

loro abitudini (saltano i riposi, le ferie, non si hanno più orari); a

tutto ciò va aggiunto il clima di sofferenza psicoaffettiva in cui è

costretta a muoversi. Infatti, non dobbiamo dimenticare che la

malattia oncologica è un evento che apre una crisi nel sistema

familiare alterando le normali dinamiche e relazioni parentali. Le

risorse, le modalità di funzionamento, la forza e la coesione del

sistema familiare vengono messe a dura prova.

Il modo con cui una famiglia reagisce e si confronta con lo stress

intrapersonale ed interpersonale dipende dalle precedenti

dinamiche familiari e dalla capacità dell’equipe di offrire un reale

sostegno e contenimento dei sentimenti evocati e messi a nudo

dalla malattia e dall’assistenza domiciliare continuativa.

Nel corso dell’assistenza domiciliare, la famiglia e l’equipe

rappresentano due poli che nel momento in cui vengono a

contatto devono continuamente ridefinire il proprio ruolo durante

tutto l’iter assistenziale. Il tutto ruota intorno al malato terminale

che si trova ad affrontare la crisi più grande e più importante

della sua vita, quella di sentire la vicinanza della morte e il

precipitare delle proprie condizioni fisiche.

Bisogna ricordare che ci sono alcuni fattori sfavorevoli alla scelta

dell’assistenza domiciliare, infatti possono esistere difficoltà nel

fronteggiare situazioni di emergenza, la casa non è provvista di

tecnologie igienico-sanitarie adatte, spesso si può verificare una

carenza dei controlli da parte dell’equipe multidisciplinare di

assistenza (medico di base, infermiere, fisioterapista, assistente

sociale, specialisti, ecc.), ecc..

Page 41: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

40

DAY HOSPITAL ONCOLOGICO

Negli ultimi anni, la tendenza delle Aziende Sanitarie è stata

quella di potenziare i ricoveri in DH per i pazienti oncologici,

specie quelli che debbano essere sottoposti a trattamento

chemioterapico e quelli che si trovano nella fase terminale della

malattia, in modo da ridurre i ricoveri nel reparto di oncologia

solo per quei pazienti particolarmente critici o in caso di

somministrazioni di farmaci altamente tossici che necessitano di

un monitoraggio continuo.

Se consideriamo principi: la qualità di vita, l'abbattimento dei

costi, la possibilità di curare più persone fornendo comunque un

servizio di alto livello, possiamo capire meglio perché sia più

opportuno somministrare un ciclo di chemioterapia in regime di

DH, piuttosto che in regime di ricovero ordinario. Trattandosi di

terapie che, generalmente, prevedono una durata di poche ore a

somministrazione, ma che si prolungano nel tempo (un ciclo può

prolungarsi dalle 6 settimane ai 6 mesi), risulta evidente il

disagio che si creerebbe al malato e ai suoi familiari nel dover

affrontare un ricovero di tre giorni per ogni seduta (per il DRG il

ricovero minimo è di 3 giorni) che deve essere ripetuta ogni 7-

15-21 giorni a seconda del protocollo terapeutico.

Per il ricovero in regime di DH, il paziente dopo la diagnosi di

neoplasia può:

1)essere sottoposto ad intervento chirurgico e fare la "prima

visita" oncologica presso il DH, con il referto dell'esame

istologico e tutta la documentazione in suo possesso. In questa

fase l'oncologo decide se è necessaria la chemioterapia; in caso

affermativo stabilirà il protocollo adeguato in base al tipo di

Page 42: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

41

tumore, allo stadio, al grado di replicazione, all'età del paziente e

alle sue condizioni fisiche;

2)essere sottoposto subito a "prima visita" oncologica presso il

DH perché la neoplasia è: a) inoperabile per stadio avanzato,

metastasi, patologie concomitanti e quindi il paziente ha solo

bisogno di cure palliative; b)operabile, ma bisogna ridurre la

massa trattandola prima con la chemioterapia o con trattamenti

combinati di chemio e radioterapia; c)si tratta di tumore che

risponde bene alla chemioterapia (linfomi, mielomi).

Da tener presente, però, che l'ultima scelta spetta comunque al

paziente, che è libero di curarsi o meno in base alle informazioni

ricevute.

Dopo la "prima visita", se il paziente accetta di essere sottoposto

al trattamento chemioterapico o ha bisogno di cure palliative,

verrà indirizzato agli infermieri che si occuperanno della

programmazione della terapia, previo posizionamento del CVC

o del sistema port (quando il protocollo terapeutico preveda

somministrazioni prolungate, nel caso di farmaci necrotizzanti, in

pazienti con vene periferiche compromesse.

L'infermiere dovrà spiegare al paziente e ai suoi accompagnatori

il funzionamento del DH, gli orari, le regole da rispettare (che

non dovrebbero essere infrante, se si vuole mantenere un buon

funzionamento della struttura), come sarà la giornata del paziente

che viene sottoposto a chemioterapia o cure palliative, i tempi, e

se è necessario il digiuno e perché và osservato; accertarsi che

abbia firmato il consenso informato e verificare che le

informazioni ricevute dal medico siano state effettivamente

recepite. Alla fine spiegare al paziente che una volta completata

la terapia potrà tornare a casa.

Page 43: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

42

I CENTRI RESIDENZIALI PER LE CURE PALLIATIVE

(GLI HOSPICE)

Il termine hospice deriva dal nome di una istituzione molto

diffusa in Europa nel periodo medievale e indicava luoghi di

accoglienza gestiti da ordini religiosi, nei quali il pellegrino

riceveva asilo, protezione e cure. Dagli inizi degli anni sessanta

si sono sviluppate, dapprima in Gran Bretagna e poi in altre parti

del mondo, iniziative che comprendono servizi di assistenza

continua per malati di cancro in fase avanzata tramite ricoveri in

hospice. Attualmente si definisce hospice il centro residenziale

per le cure palliative, una struttura con completa autonomia

strutturale e funzionale che prende in carico i malati di cancro

inguaribili o in fase avanzata che necessitano di protezione,

assistenza sanitaria e/o sociale temporanea o permanente.

Il ricovero, in questo tipo di struttura, mira a fornire

un’assistenza specialistica per le cure palliative e, nel contempo,

a offrire un ambiente confortevole al paziente e alla famiglia.

Le principali funzioni dell’hospice sono:

• ricovero per i pazienti per i quali non sussistano le

condizioni necessarie all’assistenza domiciliare

• supporto alle famiglie per alleviare lo stress conseguente al

prendersi in cura il proprio congiunto

• attività assistenziale di tipo diurno

• valutazione e monitoraggio delle cure palliative inefficaci

in regime domiciliare.

Queste possono essere garantite attraverso:

• hospice extra-ospedaliero, funzionalmente autonomo e

fisicamente separato dalla struttura ospedaliera. E’

Page 44: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

43

caratterizzato dalle piccole dimensioni, dal basso

contenuto tecnologico e sanitario e dall’elevato contenuto

umano con interventi di sostegno psicologico, relazionale e

spirituale. Tali strutture dovranno di norma essere allocate

all’interno di strutture residenziali più ampie e complesse

• hospice intra-ospedaliero (hospital hospice), collocato

all’interno di una struttura ospedaliera e dotato di

autonomia funzionale; questo modello consente la

coesistenza di un’assistenza sanitaria avanzata e

specializzata nel trattamento dei sintomi che

accompagnano la fase terminale della malattia, con un

approccio alla sofferenza globale del paziente ricco di

contenuti umani. L’hospice intra-ospedaliero può essere

suddiviso in: sezione a degenza breve, con un maggior

contenuto sanitario destinato a brevi periodi di ricovero per

trattamenti non eseguibili a domicilio e come supporto alle

cure domiciliari o a quelle prestate attraverso gli hospice

extra-ospedalieri; sezioni a degenza media/lunga che è

simile all’hospice vero e proprio.

L’accoglienza nella struttura residenziale è vincolata alla

necessità di trattamenti che non richiedono un ricovero presso

l’unita oncologica ospedaliera e alla presenza di almeno una delle

seguenti condizioni:

• assenza o non idoneità della famiglia a prendersi cura del

paziente

• inadeguatezza della casa a trattamenti domiciliari

• impossibilità di controllare adeguatamente i sintomi a

domicilio.

Page 45: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

44

ASSISTENZA ALLA FAMIGLIA IN PREVISIONE DEL

LUTTO

Un ulteriore problema evocato dalla malattia terminale riguarda

l’elaborazione del lutto sia nel corso dell’assistenza quando i

segni della malattia sono tangibili al punto tale che la prospettiva

della morte e quindi della perdita della persona cara è presente

(lutto anticipatorio), che quando effettivamente il paziente viene

a mancare e la famiglia si trova a dover gestire la perdita.

E’ questo uno degli aspetti più sottovalutato e trascurato dalla

medicina e dagli interventi socio-assistenziali nonostante diverse

ricerche abbiano dimostrato la sostanziale vulnerabilità psichica e

fisica della persona di fronte al lutto. In tal senso appare

ragionevole prevedere che l’aiuto fornito durante una malattia

terminale non dovrà avere solo un momentaneo beneficio per il

paziente e i parenti stretti, ma creare le condizioni tali, da

permettere alla famiglia di poter successivamente affrontare il

lutto con una reazione meno gravosa.

Oggi dato il vuoto culturale nei confronti della morte e la perdita

dei significati del lutto, affinché vi sia un superamento positivo di

tale esperienze, si deve confidare nelle capacità psicologiche dei

superstiti e in una serie di coincidenze sociali fortuite:

• contesto familiare allargato o limitato ad un nucleo

ristretto

• contesto sociale che permette relazioni (come esempio un

area rurale rispetto ad un area urbana)

• presenza di interessi ed attività che possono aiutare e

spostare l’attenzione

Page 46: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

45

Per evitare che i familiari arrivino impreparati a questa fase si

devono operare nei loro confronti degli interventi di supporto atti

ad aiutarli prima, durante e dopo l’exitus.

COSA SIGNIFICA RICEVERE UNA DIAGNOSI DI

CANCRO

Il primo pensiero per chi riceve una diagnosi di cancro, anche in

caso di una prognosi buona, continua ancora oggi ad essere:

“Non mi rimane molto tempo da vivere". Questa idea è spesso

dettata più dalla paura che la malattia evoca che dalla realtà,

infatti in medicina esistono molte malattie che mettono a rischio

la vita, come ad esempio: l’infarto, l’ictus, le malattie

neurologiche degenerative; che tuttavia non spaventano così

tanto il paziente.

Questa visione negativa è spesso alimentata dai media che

definiscono il cancro come una malattia incurabile. In realtà l’

oncologia non è una disciplina della medicina disperata e senza

speranze, visto che dati statistici documentano la possibilità di

curare validamente una buona parte di tumori e di guarirne

definitivamente altri. Infatti, se diagnosticati agli stadi iniziali il

cancro del collo dell'utero, della tiroide, del testicolo, della

vescica, il linfoma di Hodgkin, alcuni tumori della pelle e alcune

forme di leucemia infantile possono essere curati con curve di

sopravvivenza, dopo 5 anni dalla diagnosi, molto elevate.

Un caso a parte è rappresentato dal cancro della mammella, nella

cura del quale, grazie alla prevenzione e alla diagnosi precoce, si

sono fatti negli ultimi anni importanti progressi. Infatti i tumori

alla mammella localizzati, di stadio I e II, hanno una

sopravvivenza del 90% dopo 5 anni dalla diagnosi.

Page 47: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

46

Tuttavia esistono anche tumori ad alta letalità come quelli: del

polmone, dell'esofago, dello stomaco, del pancreas, del fegato,

alcuni tumori cerebrali, che hanno una sopravvivenza piuttosto

bassa.

Possiamo comunque affermare che l'equivalenza “cancro =

morte” che il paziente elabora nella sua mente in realtà è

sbagliata, infatti non tutti i tumori hanno la stessa prognosi, essa

dipende da molti fattori: tipo di tumore, stadio (TNM), grado di

malignità, ma nonostante questa visione alquanto positiva,

rimane comunque una patologia che crea al paziente ed ai suoi

famigliari molti problemi.

Infatti la diagnosi di tumore scatena in entrambi una moltitudine

di interrogativi e paure che richiedono da parte di un medico

comprensivo ed esperto aiutato da personale infermieristico ben

preparato molta attenzione e dedizione.

Inoltre è da tener presente che secondo la classificazione di

Sinsheimer e Holland i pazienti si dividono in quattro categorie

psicologiche distinte in base all’atteggiamento che essi hanno di

fronte alla comunicazione dello stato di salute:

Tipo I: persona con mentalità tradizionale, la quale pensa che la

scelta della cura e dei piani assistenziali siano compiti

esclusivamente del personale sanitario; quindi essere informato

in dettaglio sarebbe come essere caricato di una responsabilità

non desiderata, e ciò aumenterebbe inutilmente la sua ansia e il

suo disagio.

Tipo II: persona abituata ai ruoli di responsabilità, la quale fa le

sue osservazioni e si documenta. In questo caso l’infermiere è

considerato l’interlocutore tecnico, un consigliere che rispetta le

decisioni del paziente.

Page 48: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

47

Tipo III: persona in preda al panico, la quale non è in grado di

partecipare alla sua condizione e non riesce a prendere nessuna

decisione in merito perché è presa dalla minaccia della malattia

che pende sulla sua vita. In queste una consulenza psicologica o

psichiatrica può favorire gradualmente una partecipazione alle

decisioni che lo riguardano.

Tipo IV: persona che riesce a controllare la propria ansia per cui

necessita di essere guidato perché è capace di accettare consigli e

di integrarli con le proprie preferenze.

PROBLEMI PSICOLOGICI DEL PAZIENTE

ONCOLOGICO

La malattia oncologica è una minaccia esistenziale che avrà

conseguenze sul ruolo lavorativo, sociale, familiare; inoltre potrà

provocare trasformazioni fisiche tali da costituire una crisi per il

paziente. Questa crisi può sfociare in una fase di shock o in una

fase di reazione. La fase di shock è immediatamente successiva

alla diagnosi, ed è vissuta in genere come una catastrofe di fronte

alla quale il paziente mette in atto meccanismi di difesa (come la

negazione) che lo portano a dilazionare il confronto diretto con

una realtà che non è pronto ad affrontare, è importante in questa

fase rispettare i suoi tempi e il suo stato d'animo senza forzarlo

ad affrontare la situazione; nella fase di reazione la realtà

s'impone attraverso le procedure mediche e i trattamenti

chemioterapici o radianti.

Infatti, l'impatto con la realtà suscita angoscia, rabbia,

disperazione, amarezza. Il paziente potrebbe mettere in atto

meccanismi difensivi quali la difesa maniacale (non sono mai

stato così bene), la regressione a comportamenti infantili, la

Page 49: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

48

proiezione (aggressività verso i medici e i propri cari a cui

attribuisce la causa della malattia), l’isolamento delle emozioni

dai fatti (parla della diagnosi con indifferenza). Sono questi

meccanismi che, in altri contesti, farebbero pensare ad una

struttura nevrotica o psicotica di personalità i cui livelli di ansia,

rabbia e depressione sono indici della normale reazione del

paziente nei confronti della malattia. Quando tali livelli sono

elevati e non proporzionali agli stimoli, con manifestazioni

ripetute e associate a reazioni interpersonali disturbate e ad una

sofferenza soggettiva evidente, siamo di fronte a una reazione

patologica del paziente nei confronti della malattia.

Di particolare interesse in ambito oncologico è l'emergere di

sindromi fobiche e ansiose, come nausea e vomito anticipatorio

causato da uno stato di condizionamento psico-fisiologico del

paziente agli effetti collaterali della chemioterapia tale che il

disturbo viene evocato al solo pensiero della stessa.

Tra le sindromi affettive si possono riscontrare: l'episodio

depressivo e la sindrome depressiva ricorrente e persistente,

come la distimia che porta dal punto di vista psicologico ad un

abbassamento del tono dell'umore e del livello dell’autostima con

idee di colpa, autoaggressività, disturbi del sonno, ansia e

angoscia.

Dal punto di vista biologico la situazione si complica poiché i

sintomi quali la perdita d'interessi, la riduzione della capacità di

provare piacere, il risveglio precoce, il peggioramento della

depressione (specie al mattino), il rallentamento o l'agitazione

psicomotoria, la perdita dell'appetito e di peso, la marcata

riduzione della libido, possono essere imputate tanto alla

sindrome depressiva quanto alla malattia cancerosa in sé stessa.

Page 50: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

49

Non sono rari nei pazienti neoplastici stati confusionali e

delirium conseguenti alla somministrazione di chemioterapici, o

demenza con conseguente alterazione delle funzioni della

memoria (calcolo, apprendimento, capacità critica, giudizio e

linguaggio) in assenza di alterazioni della coscienza.

Di particolare rilevanza sono i problemi inerenti alla sessualità

nei pazienti con carcinoma prostatico, comprendenti disturbi del

desiderio, dell’eccitamento sessuale e dell' orgasmo. In questi

pazienti la neoplasia può interferire con la risposta sessuale e con

la capacità riproduttiva perché va ad alterare l'apparato genitale,

neurologico, vascolare e ormonale; a cui si aggiunge spesso,

dolore, malessere generale e astenia.

Possono insorgere preoccupazioni relative allo svolgimento

dell'attività sessuale in seguito a modificazioni dell’apparato

genitale conseguenti a interventi demolitivi, ripresa della

malattia, possibilità di contagio, perdita della fertilità. A livello

di coppia i problemi possono insorgere a seguito dei cambiamenti

dei ruoli o della risposta emozionale e sessuale del partner verso

la condizione del paziente. Tutto questo può essere correlato

all’ansia e alla depressione.

Tra i vari problemi psicologici che affliggono il paziente

neoplastico, tre sono particolarmente difficile da gestire: la

mancanza di iniziativa; la perdita del controllo (economico e

personale) del presente e del futuro; la paura del dolore e di

eventuali mutilazioni. Infatti, accettata l’ipotesi secondo cui

l’evoluzione della malattia sia influenzata dalla personalità del

soggetto, dalla sua resistenza psichica e dalla rassegnazione che

ne consegue; vediamo che ogni individuo ha una propria,

Page 51: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

50

specifica reazione fisica e psicologica di fronte alla malattia, in

quando costituisce un’unità psico-somatica unica e irripetibile.

Nel passaggio dallo stato di salute a quello di malattia vengono

interessate le tre dimensioni dell' esistenza umana: quella fisica,

quella psichica e quella sociale. Infatti l'insorgere di una grave

malattia rompe l'equilibrio dell'unità mente-corpo, per cui il

paziente tende a percepire il proprio corpo come fonte di

sofferenza e di insicurezza.

L'incertezza dell'attesa di una diagnosi di cancro e la conseguente

attuazione del programma terapeutico comportano mutamenti

nell'identità del paziente che incidono in modo rilevante sulla sua

vita e su quella della sua famiglia. Le terapie a cui deve

sottoporsi modificano il ritmo di vita, producendo cambiamenti

che possono creargli confusione e squilibrio sia a livello interiore

che a livello relazionale.

Questi aspetti possono assumere una dimensione rilevante per i

pazienti con una neoplasia per la quale sia necessaria una terapia

chirurgica demolitiva (tumore della mammella, tumore del colon-

retto, tumore del distretti cervico cefalico), perchè sono costretti

a rivedere la relazione che hanno con il proprio corpo che, a

seguito dell’intervento chirurgico, subisce delle modificazioni

permanenti di aspetto, di funzione e di rapporto con il mondo

esterno. Tutto ciò può avere delle ripercussioni sulla propria

identità emozionale, lavorativa, famigliare e sociale.

Ansia, depressione, irritabilità e rabbia sono reazioni comuni nei

malati di cancro e sono comportamenti di una normale risposta

dell'individuo all'esperienza che sta vivendo. La manifestazione

di queste emozioni oltre ad avere un significato di adattamento

Page 52: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

51

alla realtà da parte della persona ammalata, gli permette anche di

liberare tensioni interne e malesseri non altrimenti gestibili.

Gli stati di disagio possono essere ricorrenti e intensi e possono

compromettere la compliance del paziente, innescando una

reazione emotiva che può svilupparsi verso se stessi e/o verso gli

altri generando atteggiamenti di instabilità interna e relazionale.

L’instabilità interna può manifestarsi con stati di angoscia,

vergogna, colpa e raggiungere comportamenti autopunitivi di

rifiuto delle cure, di negazione della realtà e della malattia o

evidenziare rassegnazione e passività.

L’instabilità relazionale si rivela con la tendenza all'isolamento

sociale, il rifiuto a comunicare con gli altri, l'interruzione delle

attività lavorative e l'insorgenza di problemi di coppia, familiari e

sessuali.

REAZIONI PSICOLOGICHE DEL PAZIENTE

ONCOLOGICO

Esistono molti fattori che concorrono a determinare le reazioni

psicologiche di una persona di fronte alla diagnosi di cancro:

Fattori generali

• età

• sesso

Fattori psico-sociali

• personalità

• grado di informazione del paziente circa la sua malattia

• ‘status quo’ con cui inizia l’iter della malattia

• condizioni sociali e livello culturale

• ambiente familiare

Page 53: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

52

• rapporti con persone “significative” per il paziente

Fattori medici

• tipo, sede e grado di malignità del tumore

• prognosi (sopravvivenza a breve, medio, lungo termine)

• decorso (presenza o meno di complicanze, dolori, ecc.)

• trattamenti terapeutici (chirurgici, chemioterapici, ecc.)

Fattori assistenziali

• rapporto medico-paziente

• network assistenziale (medici, infermieri, psicologi)

• strutture logistiche assistenziali (casa, ospedale, DH, ecc.)

A questo si aggiunge che una patologia così particolare mette a

dura prova le capacità adattative del portatore, per cui né

scaturisce che alcuni pazienti sembrano adattarsi meglio degli

altri alla malattia. Nonostante la specificità della reazione

individuale, è possibile identificare delle risposte adattative

statisticamente più frequenti, in relazione all’andamento

clinico della malattia. Ecco perché risulta opportuno esaminare le

reazioni psicologiche del paziente in rapporto alle diverse fasi

della malattia:

1)Fase precedente alla diagnosi (o fase del dubbio): comprende

l’arco di tempo che intercorre tra la rilevazione soggettiva dei

sintomi premonitori da parte del paziente e quella della

comunicazione di una diagnosi da parte del medico.

A causa degli approfondimenti diagnostici e delle comunicazioni

infraverbali, il paziente intuisce di avere qualcosa di grave e

viene colto da una forte ansia. Quando il sospetto si palesa in

qualcosa di probabile, scattano nel paziente, meccanismi di

difesa connessi alla paura e all’angoscia per la morte.

Page 54: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

53

Un fenomeno abbastanza diffuso in questa fase è il cosiddetto

“ritardo diagnostico”, infatti molti pazienti al posto di recarsi

subito dal medico alla scoperta dei primi sintomi, ritardano la

visita.

2)Fase diagnostica: la formulazione di una diagnosi e l’eventuale

comunicazione è uno dei momenti più difficile per l’equipe

assistenziale, il paziente e la famiglia perchè genera ansia in

quanto viene vissuta come una sentenza liberatoria o di

condanna.

Generalmente la diagnosi viene data ai familiari e non

direttamente al paziente. Inizia così un “gioco”, in cui i membri

della famiglia, da una parte, cercano di creare un’alleanza e una

complicità con l’equipe assistenziale all’insaputa del paziente;

questo, dall’altra parte, cerca di scoprire la verità ed entrambi si

nascondono reciprocamente le notizie che sono riuscite ad

ottenere. D’altra parte, per molti pazienti essere informati della

realtà diagnostica direttamente può significare che il medico ha

fiducia in loro, anche se nella maggior parte dei casi la verità

genera sempre un intenso stato di angoscia.

Di fronte a una realtà così angosciante, spesso l’individuo pone

in atto, anche se inconsciamente, delle strategie che tendono a

proteggere il suo equilibrio e che gli consentono di attudire

gradualmente l’evento traumatico.

Uno dei meccanismi di difesa dei pazienti oncologici in questa

fase è una sorte di negazione della realtà che tende a scomparire

nel giro di qualche giorno per essere sostituita da altre strategie

difensive che consentono la progressiva accettazione della realtà

che stanno vivendo.

Page 55: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

54

Al termine di questa fase di negazione si assiste frequentemente a

brusche e ingiustificate reazioni di collera che sottendono penosi

interrogativi (es. perché proprio a me) che poi sfociano in una

marcata depressione, sottesa dall’angosciosa paura di morire.

Accanto a questo tema cardine della depressione, si collocano

altre paure legate ad ulteriori perdite (reali o presunte) che

l’individuo dovrà subire (perdita della propria identità, degli

affetti, del lavoro, ecc.) durante l’iter terapeutico.

Insonnia, anoressia, perdita dei normali interessi, incapacità di

concentrazione sono parte integrante della reazione depressiva

che può trasformarsi in un quadro pisicologico caratterizzato da

manifestazioni autolesive che possono portare, nella fase

avanzata della malattia, al suicidio.

Nelle persone che ben si adattano, il superamento dello shock

diagnostico avviene con lo sviluppo di una sorte di alleanza

terapeutica con l’equipe assistenziale e con la programmazione

del trattamento terapeutico stesso, poiché quest’ultimo implica

una speranza di guarigione, per cui il paziente è fortemente

motivato ad affrontare tutti i disagi ad esso correlati.

Accanto a questa reazione, definita “normale”, c’è tutta una vasta

gamma di reazioni disadattative che vanno dal rifiuto di ogni

forma di assistenza ad una affannosa ricerca di una diagnosi

meno angosciante e ad una irrazionale fiducia in ciarlatani e

santoni. Naturalmente è sottointeso che la reazione del malato è

determinata anche dal modo in cui viene data la comunicazione

della diagnosi e del programma terapeutico.

3)Fase terapeutica: le tre forme di intervento terapeutiche più

usate (chirurgica, radioterapica e chemioterapica) comportano

specifiche reazioni psicologiche per il paziente, a cui bisogna

Page 56: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

55

aggiungere quelle conseguenti all’ospedalizzazione in se stessa

(come la separazione dalla famiglia, dal proprio ambiente, dal

proprio ruolo) che vanno a rafforzare l’ansia e la depressione.

E’ da tener presente che al paziente giova molto essere informato

circa la malattia, la terapia, i modi di somministrazione, la sua

finalità, ed eventuali effetti collaterali; infatti questo lo rendono

meno ansioso e più collaborante.

Per quanto riguarda la terapia chirurgica, bisogna tener presente

che il paziente, nei confronti dell’intervento, di solito ha un

atteggiamento ambivalente perché se da un lato lo considera

come il fulcro della speranza, dall’altro lo considera pericoloso e

mutilante. Infatti nella fase pre-operatoria per proteggere

l’equilibrio psicologico del paziente, entrano automaticamente in

atto strategie difensive, in particolare la razionalizzazione che

giustifica l’utilità dell’intervento e ne sottolinea la funzione

positiva (es. devo vivere perché ho ancora i figli da crescere).

Nella fase post-operatoria invece tende ad emergere l’aspetto

mutilante dell’intervento, infatti il paziente è costretto a prendere

atto dell’effettiva entità della menomazione subita e in che

misura intacca il suo aspetto esteriore. La perdita di una parte del

proprio corpo porta a un successivo crollo dell’autostima che lo

fanno precipitare in una profonda crisi che intacca l’equilibrio

preesistente alla malattia e all’intervento. Per questo bisogna

porre in atto tutte quelle strategie che possono aiutare il paziente

ad accettare la perdita subita e reinvestire al massimo sulla

normalità residua, in modo da poter collaborare attivamente al

rimanente programma terapeutico al fine di giungere al recupero

di una vita il più normale possibile.

Page 57: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

56

Purtroppo spesso avviene un blocco con il sopraggiungere di una

depressione reattiva sostenuta dal timore che le recidive e/o le

metastasi fanno si che la malattia diventi persistente e invasiva.

Di conseguenza l’individuo tende progressivamente ad

autoisolarsi e a restringere l’ambito dei suoi interessi; questo si

ripercuote negativamente sulle aree più significative della sua

esistenza (famiglia, lavoro, sesso, ecc.).

I fattori che possono aiutare il paziente ad avvicinarsi

all’intervento con maggior serenità sono: una adeguata

informazione pre-oparatoria, un rapporto di fiducia con il

chirurgo, tempi di attesa non troppo lunghi, l’incontro con

persone che hanno già subito e positivamente superato, anche sul

piano psicologico e sociale, un intervento simile (a tale scopo in

molte nazioni si sono costituiti associazioni e comitati).

Nel caso di interventi che compromettono l’integrità sessuale,

sembra utile il coinvolgimento del partner già nella fase pre-

operatoria, visto che anche per lui è necessario un certo periodo

per elaborare la nuova situazione e per adattarsi ad essa.

Per quando riguarda la radioterapia, è da tener presente che il

trattamento scatena nel paziente reazioni ansiose e depressive

prima e dopo il ciclo. Per attenuare questo stato ansioso è

opportuno spiegare al paziente il tipo di terapia, le modalità delle

applicazioni e gli eventuali effetti collaterali che essa comporta,

soffermandosi sul fatto che essi sono temporanei e in buona parte

controllabili.

Per quando riguarda la chemioterapia vale lo stesso discorso

rassicurativo della radioterapia, infatti una buona informazione e

un buon rapporto con l’oncologo sono la premessa indispensabile

Page 58: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

57

per sgombrare il campo da interpretazioni errate o parziali e per

affrontare le difficoltà e i disagi che la terapia stessa comporta.

Un altro aspetto della chemioterapia da non sottovalutare per le

sue ripercussioni psicologiche è l’uso sperimentale dei farmaci;

per questo è importante la richiesta del consenso scritto da parte

del paziente e la convinzione che il medico deve trasmettergli

che il nuovo farmaco, anche se non completamente sperimentato,

ha delle buone probabilità di essere efficace (in modo da non

farlo sentire una cavia). Non è infrequente che il malato accetti di

sottoporsi ad un trattamento sperimentale nella speranza che tutto

ciò che si acquisisce, anche se non gioverà a lui direttamente,

potrà essere utile a qualcuno altro.

4)Fase della remissione e della guarigione: quando la terapia da

risultati positivi, il paziente diventa più ottimista e meno

angosciato circa il suo futuro, anche se deve ancora affrontare i

disagi della terapia a cui è sottoposto; egli si sente incoraggiato

per essere riuscito a superare i momenti più critici della malattia.

La fase della remissione rappresenta dopo lo shock iniziale la

fase nella quale si accendono speranze di guarigione e si

allontana lo spettro della morte. E’ a questo punto che la

riabilitazione fisica e psicologica ha un’enorme importanza,

anche se permane la necessità per il paziente di verificare se è

realmente guarito. Infatti l’ansia relativa a possibili recidive o a

metastasi, che aumenta fortemente ad ogni check up, tende a

decrescere con il passare degli anni ma non a scomparire

totalmente.

5)Fase della progressione della malattia: la comparsa di recidive

o di metastasi portano di nuovo il paziente all’iniziale sconforto

perché, percependo il fallimento della terapia, si riapre in lui quel

Page 59: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

58

senso di ingiustizia, di impotenza e di perdita di controllo della

situazione.

La decadenza fisica, il dolore, l’incapacità a svolgere i propri

compiti familiari e lavorativi, l’impotenza a combattere la

malattia (che progredisce in modo incontrollabile) concorrono a

rafforzare lo stato depressivo che si era instaurato. Le reazioni

psicologiche scatenate da questi problemi se affrontate con

l’aiuto di personale comprensivo ed esperto possono essere

meno eclatanti così da ottenere un progressivo adattamento.

Infatti alcuni soggetti portatori di neoplasie incurabili riescono ad

adattarsi alla nuova situazione e a riorganizzare la propria vita.

6)Fase terminale: in questa fase il paziente diventa, solitamente,

incapace di autonomia ed appare sempre più debole, magro e

sofferente, per cui non ha più bisogno di essere incoraggiato o

rassicurato, ma gli giova essere aiutato ad esternare tutto il suo

dolore e a distaccarsi gradualmente dalle persone a lui care. E’

attraverso un rapporto empatico che l’infermiere istaura col

paziente, che questo, si sentirà meno abbandonato alla sua

solitudine e alla sua sofferenza. Secondo E. K. Ross le reazioni

psicologiche del paziente in fase terminale sono le seguenti:

• Fase I, per il soggetto non è possibile accettare ciò che è stato

detto, entrano quindi in azione meccanismi di difesa, di rifiuto

e di negazione. Il paziente non vuole vedere, non vuole

sentire, non vuole pensare, ma può dimenticare o convincersi

di un errore. In questa fase è importante che l’infermiere non

lo contraddica e non gli neghi i propri progetti anche se sono

di rifiuto della realtà

• Fase II, “perché proprio a me?” è la fase in cui il soggetto ha

un senso di perdita per il futuro che non è più quello sperato.

Page 60: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

59

Il paziente è in collera, aggressivo, rivendicativo, prova

invidia, rabbia e risentimento verso l’esterno, per le persone

sane, attribuendosi colpe e responsabilità.

• Fase III, in questa fase il paziente cerca dei compromessi con

la vita, con Dio, con il destino, si sente in balìa di un genitore

onnipotente che ha il potere di salvarlo. Le sue preghiere sono

anche un tentativo di fuga dalla realtà e dalla malattia.

• Fase IV, è la fase in cui il paziente avverte un forte dolore

psichico, si trova in uno stato di depressione: esiste una

depressione reattiva dove l’ammalato non può più nascondersi

la verità sulle sue reali condizioni a causa dell’aggravarsi dei

sintomi; il soggetto vive dei grandi cambiamenti relativi alla

sua immagine, alla perdita dell’autonomia, dell’identità, del

ruolo sociale e familiare. Esiste anche una depressione

preparatoria in cui il paziente si avvia all’accettazione della

morte e del suo destino; si sente inutile, come peso per i

parenti e completamente impotente. In questo periodo

particolare è molto utile per lui un più serrato rapporto umano

soprattutto per ridurre i numerosi e profondi sensi di colpa che

accompagnano la sua depressione.

• Fase V, il paziente tende ad accettare la situazione, ciò non

significa assenza di sofferenza, ma una sorte di vuoto di

sentimenti in cui il dolore viene sostituito da silenzi profondi.

L’accettazione della morte non equivale ad assenza di

sofferenza fisica o psichica, ma piuttosto ad avere con essa un

rapporto ricco di significativi. In questa fase, in genere, il

paziente desidera avere vicino solo le persone a lui più care.

E’ importante ricordare che le cinque fasi che sono state indicate

non sono da considerarsi in sequenza cronologica e ordinata, in

Page 61: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

60

quanto queste possono avere una durata variabile e si possono

addirittura sovrapporre in tutto o in parte ed evolvere in forme

spesso differenziate.

ASPETTI PSICOLOGICI E RELAZIONALI FRA

L’INFERMIERE, IL PAZIENTE E LA FAMIGLIA

Di fronte ai problemi e alle reazioni psicologiche che affliggono

il paziente oncologico la psicologia può offrire il suo contributo

analizzando le possibili interazioni tra gli stati mentali dei

soggetti (equipe assistenziale, paziente e familiari) e le possibili

patologie sul loro nascere e sul loro divenire, seconda una

prospettiva trattamentale atta ad accompagnare il paziente e le

persone che lo circondano in un percorso doloroso e intriso di

cambiamenti.

Il trattamento comprende diversi modelli di intervento psico-

terapeutico:

• incoraggiare il paziente a verbalizzare i pensieri e i

sentimenti negativi relativi alla propria malattia

• chiarire l'influenza di eventuali esperienze precedenti sulla

reazione attuale del paziente di fronte alla diagnosi di

cancro

• valutare il peso psichico aggiuntivo e la necessità di

trattare le situazioni stressanti concomitanti ed

indipendenti dalla malattia (ad esempio licenziamenti)

• aiutare il paziente ad affrontare l'incertezza del futuro e le

tematiche esistenziali generalmente associate alla diagnosi

di neoplasia maligna

• chiarire ed interpretare comportamenti ed emozioni

disadattive relative al cancro

Page 62: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

61

• favorire la comunicazione tra i membri della famiglia

• aiutare il paziente e i familiari a trovare soluzioni

alternative ai problemi pratici posti dalla malattia e dal

trattamento.

Considerando la famiglia come un "organismo" dotato di una

propria omeostasi, bisogna guardare la neoplasia con un’ottica

diversa della "semplice" malattia fisica del paziente, perché

questa è anche la causa della rottura di quei legami e quei

rapporti familiari che prima erano stabili. Per cui anche la

famiglia, come il paziente, sperimenta nel corso della malattia

tutta una serie di emozioni (paura, rabbia, ansia, impotenza,

depressione) che sono del tutto normali e comprensibili.

L’intensità di queste emozioni assume spesso un valore negativo

agli occhi dei familiari spingendoli a reprimere, negare,

anestetizzare le proprie e le altrui emozioni; questo controllo

emozionale si traduce, spesso, in un incremento del reciproco

senso di solitudine che porta all’aumento della distanza emotiva

all’interno della famiglia stessa.

La famiglia può andare incontro ad un ipercoinvolgimento, in

questo caso tende ad essere iperprotettiva e invadente nei

confronti del malato e dello staff assistenziale; o a mostrare

scarsa partecipazione e disinteresse dei problemi del congiunto

malato. Una struttura famigliare ottimale dovrebbe presentare

delle caratteristiche di coesione ed intimità, espressione aperta

alle emozioni, mancanza di conflitti importanti; ciò che crea, nel

corso della sua esperienza, una propria convinzione e modalità di

risposta agli eventi e quindi determina la storia della famiglia

stessa. La situazione è più complicata se la storia familiare è

costellata da lutti per cancro, poiché risulterà più difficile la

Page 63: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

62

gestione delle problematiche e dei cambiamenti legati alla

malattia stessa. Naturalmente, le variabili culturali (popolazione

d'origine, costumi, tradizioni e religione) influenzano lo stile

comunicativo all'interno della famiglia, l'adattamento alla

malattia, la relazione con lo staff e con le istituzioni.

Il supporto che il paziente e i familiari ricevono dalle strutture

oncologiche e dai servizi sanitari rappresenta una variabile

importante nel rapporto tra staff, paziente e famiglia al punto tale

che va ad influenzare il significato affettivo, informativo e

pratico che assume la relazione che intercorre tra essi.

Spesso, le strutture sanitarie pongono poca attenzione alla

famiglia del paziente che viene posta su un secondo piano perchè

considerata come ostacolo al trattamento; dal canto suo, questa

non si rassegna al fatto di doversi tenere in disparte mentre la

struttura si prende in pieno carico il congiunto. Per cui entrano in

conflitto.

Altre volte, l'operatore tenda a dare informazioni chiare ai

familiari raccomandando di non far sapere troppo al paziente, per

questo l’incontro avviene, spesso, in maniera segreta quasi a

definire un campo neutro. In questo modo, il paziente può

fraintendere i messaggi che riceve al punto tale di sentirsi

ingannato, incompreso dallo staff e dai familiari con uno scarso

grado di controllo degli eventi e di collaborazione.

Successivamente, nella fase terminale della malattia, la famiglia

assume un ruolo marginale dal momento che deve limitarsi ad

attendere solo l'evento finale senza poter far nulla. Per cui il

coinvolgimento della famiglia dovrebbe basarsi sul presupposto

che essa rappresenta, in questa occasione, un potente strumento

"terapeutico" se opportunamente aiutata a superare le difficoltà

Page 64: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

63

che si presentano senza essere abbandonata a sé stessa. Infatti, il

confronto con più figure sanitarie (oncologi, infermieri,

chirurghi) può aumentare, nei familiari, la sensazione di essere

avvolti in un sistema a rete che li protegge e li sostiene in questa

battaglia “già persa”.

Tenendo presente questi aspetti, l’intervento dell’infermiere può

concretizzarsi nella possibilità di offrire al paziente e alla

famiglia:

• sostegno e valorizzazione alle risorse familiari

• contenimento delle sofferenze e dello stress intrapersonale

e interpersonale

• creazione di uno spazio di comunicazione tra familiari e

l’equipe, e tra i familiari e il paziente

• ascolto e informazioni rispetto alle decisioni da prendere

in ordine ai diversi problemi che si presentano durante

tutto l’iter della malattia

• Preparazione e aiuto nella fase dell’elaborazione del lutto

Uno dei compiti più difficili per l'operatore è mantenere un punto

di vista esterno in modo da potersi rendere conto delle reazioni

della famiglia e dello staff stesso rispetto alla malattia e al

malato. A tale scopo è determinante che lo staff sia integrato e

multifunzionale.

E' importante definire in maniera chiara i modi di comunicare col

paziente e con l'intera famiglia, identificando all'interno di questa

ultima una figura chiave con cui si "intermedierà" l'approccio

terapeutico, le procedure d'intervento (suddividendole secondo

criteri e modalità tecniche) e tutto quanto interesserà il paziente e

la malattia. Quindi l’equipe assistenziale deve:

• Informare chiaramente i pazienti e i familiari

Page 65: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

64

• Identificare figure a cui ci si possa rivolgere per domande e

chiarimenti

• Coinvolgere la famiglia nella cura del paziente

• Essere realista differenziando desideri e speranze

• Preparare i familiari a realizzare la perdita in caso di

diagnosi maligna e, ad identificare i sentimenti ed

esprimerli

• Abituare i familiari a vivere senza il congiunto in modo da

evitare che si chiudono in sé stessi

• Interpretare i comportamenti del familiare, di fronte alla

malattia, come reazione normale

• Far comprendere alla famiglia che ciascuno reagisce a

modo proprio di fronte alla malattia

• Supportare tutti in maniera continuata

• Valutare i meccanismi difensivi dei familiari

• Identificare eventuali problemi e disturbi conseguenti al

lutto.

L’EQUIPE ASSISTENZIALE DIFRONTE AL TEMA

“MORTE”

Il confronto con il tema della morte è un'esperienza centrale per

chi lavora in oncologia, questo contribuisce a far sì che gli

operatori sanitari (compresi gli infermieri) siano soggetti a

rischio di una particolare forma di stress lavorativo, burn out,

tipica delle cosiddette professioni di aiuto. Ciò deriva dal fatto

che spesso risulta particolarmente penoso per il personale

sanitario:

• comunicare una diagnosi di cancro

Page 66: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

65

• assistere i pazienti durante l’iter terapeutico o in fase

terminale

• aiutare i familiari ad essere di supporto per il paziente

• confrontarsi con le trasformazioni e il deterioramento

psico-fisico di chi si è conosciuto prima che la malattia

intaccasse la sua totale integrità.

Comportamenti quali risposte evasive alla richiesta di dialogo da

parte del paziente, bugie palesi sulla diagnosi, freddezza e

cinismo nella relazione possono manifestare il desiderio di

difendersi dal rischio di una immedesimazione con i problemi del

paziente stesso; va poi sottolineato come i soggetti più giovani

riferiscano di sentirsi maggiormente colpiti dal problema della

malattia terminale, esprimendo nel complesso una maggiore

difficoltà nel gestire il contatto con un paziente destinato a

morire.

Ciò sottolinea la necessità di riconsiderare seriamente il

problema della formazione dei medici e degli infermieri e la

creazione di strumenti di supporto per il personale più giovane,

anche perché indagini recenti hanno evidenziato che le domande

più frequenti di formazione attuate dal personale curante

riguardano una richiesta di aiuto personale per poter rapportarsi

con il paziente nei momenti critici quali la comunicazione della

diagnosi di cancro, della fase terminale; e ai familiari la

prospettiva del lutto.

Per questi motivi, oggi, nei corsi di laurea e di specializzazione

sanitarie vengono trattati anche gli aspetti psicologici nella cura

delle malattie terminali, per dare agli operatori sanitari una

conoscenza generale della dinamica psicologica ed una capacità

di gestire le relazioni con questi pazienti e con i loro familiari.

Page 67: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

66

Da ricordare che grandi passi in merito sono stati fatti dal 1965 in

poi, quando la psichiatra Kubler-Ross cercò di organizzare il

primo seminario sulla morte e sull’esperienza del morire rivolto

ai medici, allora parve una proposta "sconcertante"; Oggi invece

è ampiamente riconosciuto il bisogno di training specifici e di

conoscenze psicologiche di base per chi lavora con pazienti

malati di cancro, e vari autori hanno sottolineato come la

mancanza di una formazione psicologica adeguata possa indurre

il personale sanitario a reazioni difensive nell'impatto con il

malato e con i familiari.

Va sottolineato che questi training, non hanno l’obiettivo di far

diventare psicologi gli oncologi o gli infermieri ma di fornire

loro un aiuto concreto, di cui anche il paziente trarrà benefici.

Quindi sullo staff che lavora in ambito oncologico si può

intervenire con:

• Criteri di selezione del personale

• Training formativi in psico-oncologia

• Interventi formativi per medici ed infermieri (seminari,

workshop, gruppi di supporto).

I possibili criteri di selezione del personale in oncologia

riguardano procedure utilizzate in altri settori, anche se

generalmente non è prevista nel campo della sanità per molteplici

cause:

• Abilità cognitive interpersonali (saper percepire il punto di

vista altrui, empatia, cordialità) e capacità tecniche

• Una personalità che favorisca l'adattamento di fronte a

situazioni stressanti di lavoro (alta affidabilità con

impegno e senso di responsabilità il lavoro)

Page 68: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

67

• Buon sistema di supporto sociale (relazioni sociali valide,

interessi vari)

• Buon adattamento nei confronti di esperienze precedenti in

cui si è già avuto a che fare con la morte.

CONCLUSIONI

Le ultime riforme sanitarie sono ispirate da principi quali il

rispetto della dignità della persona, la soddisfazione del bisogno

di salute, l'equità dell'accesso alla cura, l'appropriatezza delle

prestazioni, l'economicità nell'impiego delle risorse.

Questi principi si concretizzano in una serie di obiettivi:

• volontà di apportare un miglioramento alla salute,

• fornire un'assistenza sanitaria a tutti i cittadini in base al

bisogno,

• garantire il miglioramento continuo della qualità dell'

assistenza sanitaria,

• assicurare la finalizzazione dell'assistenza ai bisogni,

• una maggiore efficienza nell'impiego delle risorse per far

fronte ai bisogni crescenti.

Le strategie utilizzate per raggiungere questi obiettivi sono di:

controllo della domanda e dei costi; aumento della qualità, dell'

efficienza e dell' efficacia delle prestazioni.

Questi Principi, obiettivi e strategie richiedono da parte delle

organizzazioni sanitarie e dell’equipe assistenziale una profonda

innovazione. Lo stesso Infermiere per adeguarsi a quanto sopra e

per offrire un'assistenza individualizzata al paziente, specie

quello oncologico, deve riesaminare il proprio approccio

assistenziale, trasformando il suo lavoro in un nursing autonomo

basato sui bisogni del malato, perché solo in questo modo può

Page 69: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

68

superare il suo ruolo tradizionale (legato alla dipendenza del

medico) ed avere una maggiore responsabilità, autonomia e

controllo gestionale ed organizzativo. Quello di cui ha bisogno

questa figura professionale in quanto sicura di poter offrire

un’assistenza migliore grazie al proprio grado di cultura che gli

ha permesso di assumere un ruolo più attivo, più autonomo e

indipendente.

Quindi possiamo affermare che il progresso in campo

tecnologico e scientifico, oltre a promuovere un salto qualitativo

in tutti i settori della medicina, ha messo in evidenza

l’importanza del ruolo che l’infermiere riveste nella cura del

paziente, questa importanza emerge in modo particolare anche

perché, spesso i ruoli del medico e dell’infermiere finiscono per

integrarsi in modo tale da pregiudicare sulla rapidità, efficacia e

efficienza dell’intervento.

Da ricordare, inoltre, l’importanza della presa in carico di una

persona malata a cui è legata in maniera imprescindibile

l’educazione sanitaria che è uno strumento terapeutico specifico

che richiede un’accurata preparazione dell’educatore, sia esso

medico o infermiere, per cui i programmi di formazione del

personale dovrebbero mirare a identificare e migliorare queste

qualità, anziché trasmettere solo informazioni di tipo scientifico.

L’educazione del paziente dovrebbe essere inclusa come materia

fondamentale nei corsi di laurea per medici e infermieri, visto

che la grande maggioranza di questi termina gli studi senza mai

aver sentito parlare di ascolto attivo, di comunicazione efficace,

di atteggiamento empatico e dei fattori psico-sociali che possono

influenzare il paziente.

Page 70: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

69

Concludendo, al fine di apportare miglioramenti e adeguamenti

all’assistenza infermieristica, specie quella riguardando il

paziente oncologico, non devono sussistere remore a confrontarci

con altre realtà e, a modificare gli aspetti organizzativi, le

modalità assistenziali e gli atteggiamenti culturali, al fine di

delineare nuovi modelli assistenziali in grado di migliorare

veramente la qualità di vita di questi pazienti e delle loro

famiglie.

Page 71: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

70

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Manipolazione in Sicurezza dei Farmaci Chemioterapici

Antiblastici, www.rionordest.it, 2005;

Page 73: Assistenza infermieristica al paziente oncologico

72

INDICE

� Introduzione……...………………………………...pag. 3

� Definizione.………………………………………..pag. 4

� Genetica ed Eziologia dei Tumori………………....pag. 6

� Screening oncologico……………………………....pag. 8

� Effetti sistemici delle neoplasie…………………....pag. 10

� Terapia oncologica………………………………...pag. 11

� Come gli Infermieri possono aiutare i Pazienti

oncologici…………..……………………………...pag. 15

� La Chemioterapia………………………………….pag. 18

� Effetti collaterali della chemioterapia………..........pag. 21

� Manipolazione in sicurezza dei farmaci

antiproliferativi……………………………….........pag. 31

� Le Cure Palliative……………………………........pag. 34

� Dipartimento oncologico…………………….........pag. 35

� Assistenza oncologica domiciliare………………..pag. 36

� Day Hospital oncologico…………………….........pag. 40

� I centri residenziali per le cure palliative

(gli Hospice)……………………………………....pag. 42

� Assistenza alla famiglia in previsione del lutto…...pag. 44

� Cosa significa ricevere una diagnosi di cancro…...pag. 45

� Problemi psicologici del paziente oncologico…….pag. 47

� Reazioni Psicologiche del paziente oncologico…..pag. 51

� Aspetti psicologici e relazionali fra l’infermiere,

il paziente e la famiglia……………………….......pag. 60

� L’equipe assistenziale di fronte al tema “morte”…pag. 64

� Conclusioni……………………………………….pag. 67

� Bibliografia……………………………………….pag. 70

� Indice………………………………………….......pag. 72

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